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(foto: Sandra Jaworowski - "Vavunettha" - Concorso letterario naziomale "Lingua Madre")[/caption]
(foto: Sandra Jaworowski - "Vavunettha" - Concorso letterario naziomale "Lingua Madre")[/caption]
(foto: Rosario Zona)[/caption]
(fonte: Ufficio Migrantes / Arcidiocesi di Bologna)
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(foto: Arcidiocesi di Bologna)[/caption] Scarica la sintesi del Report.
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(fonte: mediterranearescue.org)[/caption] (aggiornato il 9 gennaio)
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(foto: madeofficinacreativa.com)[/caption] A Natale il Bambino che nasce è il "Principe della pace", con il quale "la pace non avrà fine". Non possiamo negare, invece, che la situazione di guerra attorno a noi genera incertezza, paura, confusione e chiude ancora di più il nostro cuore e non solo i nostri confini. A Natale gli angeli cantano "la pace in terra agli uomini che il Signore ama", un canto che risuonerà ancora in tutte le nostre chiese. E sono tutti gli uomini e le donne i destinatari. Ma molti uomini e donne, in molte parti del mondo - dalla vicina Ucraina, al Myanmar, al Sud Sudan - vivono in situazione di guerra di conflitto, di violenza e sognano la pace. Anche a Betlemme, nella Terra Santa dove Gesù nacque, c'è guerra. Il canto del Gloria a Natale è soprattutto per loro. Infatti, "I conflitti armati a cui si assiste attualmente - ha denunciato papa Francesco nel suo messaggio al G20 - non sono solo responsabili di un numero significativo di morti, di sfollamenti di massa e di degrado ambientale, ma contribuiscono anche ad aumentare le carestie e la povertà, sia direttamente nelle aree colpite sia indirettamente nei Paesi che si trovano a centinaia o migliaia di chilometri di distanza dalle zone di conflitto, in particolare attraverso l'interruzione delle catene di approvvigionamento. Le guerre continuano ad esercitare una notevole pressione sulle economie nazionali, soprattutto a causa dell'esorbitante quantità di denaro spesa per armi e armamenti". E per questa "esorbitante quantità di denaro spesa per armi e armamenti", il Natale è una provocazione anche per noi, per la nostra cultura di difesa armata, per la crescita della spesa degli armamenti anche nel nostro Paese, per il moltiplicarsi di armi nelle nostre case che generano sempre più violenze, per le parole armate di odio che attraversano i quartieri e le città. Il Natale richiama la pace come condizione di vita, ma anche la costruzione di una cultura della pace, di parole e di scelte di pace nella vita quotidiana, sociale, culturale e politica. Un Natale disarmato, è un Natale dove cresce la gioia, la serenità, la fiducia, il dialogo, il rispetto, valori che generano comunità, risanano la città aperta delle relazioni e la città nascosta dei social. La Vita che nasce a Natale è avvolta da canti di pace. Il Figlio che nasce a Natale, Gesù Cristo, è il Re della pace. Che questa pace entri nelle nostre case, nelle nostre comunità, nella nostra città come dono di questo Natale e trasformi la nostra vita e ciascuno di noi in "artigiani di pace". Buon Natale a tutti.[caption id="attachment_51892" align="aligncenter" width="671"]S.E. mons. Gian Carlo Perego Arcivescovo di Ferrara-Comacchio Presidente della Fondazione Migrantes
Guido Reni, "Adorazione dei pastori".[/caption] 📺 Il video integrale dell'incontro.
Padre Faltas, che da 36 anni vive in Terra Santa, e ha vissuto la prima e la seconda Intifada e altri momenti sanguinosi del conflitto israelo-palestinese, ha dichiarato di non avere "mai visto una situazione del genere. La Chiesa è molto preoccupata, il Santo Padre è molto preoccupato". P. Faltas ha inoltre ricordato che l'Italia "è sempre stata vicina e sensibile al problema della terra Santa", e l'ha descritta come "la coscienza del mondo". Ha chiuso il suo intervento con un appello: "Due stati e due popoli sono l'unica soluzione per avere la pace. Chiedo al popolo italiano di tornare come pellegrini". Daoud Nassar è un esempio di resistenza pacifica: un cristiano palestinese che ha fondato Tent of Nations col motto “ci rifiutiamo di essere nemici e di cadere nella logica dello scontro”. “Dal 1991 - ha spiegato Nassar - abbiamo intrapreso una battaglia legale per evitare la confisca delle terre da parte degli israeliani". Una battaglia lunga 33 anni. "Ma non non ci arrendiamo perché siamo persone di speranza, e persone che credono nella giustizia". Le alternative sono la violenza, sedersi a piangere, oppure abbandonare. "Noi non vogliamo arrenderci e abbandonare - ha detto Nassar -. Le nostre pene, il nostro dolore, sono incanalati in modo costruttivo per resistere. Siamo testimoni di ciò che sta accadendo qui".
(fonte: Associazione Carta di Roma)
Il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) del Consiglio d'Europa ha pubblicato lo scorso 13 dicembre un rapporto sulla sua visita condotta in Italia ad aprile 2024, in quattro Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) a Milano, Gradisca, Potenza e Roma, insieme alla risposta delle autorità italiane.
Il Comitato ha riscontrato diversi casi di accuse di maltrattamenti fisici e uso eccessivo della forza da parte del personale di polizia nei confronti di cittadini stranieri trattenuti nei CPR visitati, di solito a seguito di disordini o atti di vandalismo nei centri. Il rapporto evidenzia l’assenza di un monitoraggio rigoroso e indipendente di tali interventi da parte della polizia e la mancanza di un’accurata registrazione delle lesioni subite dai trattenuti o di una valutazione oggettiva della loro origine. Più in generale, il Comitato formula rilievi critici sulla struttura dell’architettura e sulle disposizioni materiali dei CPR e in particolare l’ambiente carcerario, che potrebbe essere considerato simile a quelli osservati nelle unità di detenzione che ricevono detenuti sotto regime speciale. Il rapporto conclude che i risultati del Comitato, in particolare per quanto riguarda le condizioni materiali molto carenti, l'assenza di un regime di attività, lo sproporzionato approccio alla sicurezza, la qualità variabile delle prestazioni sanitarie e la mancanza di trasparenza nella gestione dei CPR da parte di società private, mettono in discussione l'applicazione di un modello di questo tipo da parte dell'Italia in un contesto extraterritoriale, quale l'Albania. Vale la pena ricordare che pochi giorni prima della pubblicazione del Rapporto dell'organismo europeo di controllo, in Italia, il Tavolo Asilo e Immigrazione (TAI) aveva presentato un proprio Report di monitoraggio su 8 Cpr italiani visitati tra aprile e agosto 2024, rilevando violazioni sistematiche dei diritti, caos gestionale, criticità sanitarie e sperpero di risorse pubbliche. La richiesta del Tai è quello della chiusura definitiva di tali strutture, al fine di ripristinare i principi fondamentali di uno stato di diritto. (Fonte: Consiglio di Europa e Tavolo Asilo e Immigrazione)







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(aggiornato il 5 dicembre 2024)

