24 Marzo 2023 - Roma - Il viaggio in gommone fino in Puglia; i lavori di saldatore e giardiniere nella Penisola. Poi l'incontro con il Vangelo fra Cuneo e Medjugorie Aveva sedici anni quando, nel 1993, salì su un motoscafo insieme a quaranta connazionali per venire in Italia, l'Eldorado sognato da tanti albanesi in fuga da una terra segnata dalla dittatura comunista e da una devastante crisi economica. Trent'anni dopo si ritrova a essere arcivescovo della diocesi di Tirana-Durazzo e a guidare una Chiesa che conosce una nuova fioritura. La storia di monsignor Arjan Dodaj sembra davvero segnata da un disegno provvidenziale che ha molto da insegnare a tutti noi.
Dopo l'approdo sulle coste pugliesi, il trasferimento a Cuneo dove con l'aiuto di alcuni connazionali comincia a lavorare: saldatore, giardiniere, muratore, tutto ciò che è utile per campare.
Poi l'incontro con alcuni giovani della Casa di Maria, una comunità di preghiera particolarmente devota alla Madonna, con i quali nasce «un'amicizia sincera e gratuita che mi ha fatto riscoprire il volto amico di Dio - racconta -. Un volto che da piccolo avevo solo intuito, vedendo mia nonna che ogni sera si affacciava alla finestra e guardava la stalla di fronte a casa tenendo in mano una catenina con noccioli di ulivo. Solo più tardi capii che era una corona del Rosario senza segni religiosi e venni a sapere che al posto della stalla, prima del comunismo, c'era la chiesa del paese. Ricordo anche che la nonna mentre si occupava delle faccende domestiche canticchiava sottovoce, e quando sono venuto in Italia ho riconosciuto le parole di alcune preghiere. Era un modo per conservare nel segreto ciò che aveva imparato a memoria da ragazza, ed è così che i nostri vecchi ci hanno trasmesso la certezza che Dio è sempre presente, anche quando le circostanze costringono a tenere nascosta la fede».
Insieme ai giovani della comunità incontrata a Cuneo, Arjan conosce l'esperienza di Medjugorie e sente crescere il fascino per il cristianesimo, fino a maturare la decisione di intraprende il percorso verso il Battesimo che riceve nel 1994.
«Mi sentivo letteralmente afferrato da Cristo, e intuivo che come il Signore aveva donato tutto se stesso per l'uomo, anche a me veniva chiesta una donazione totale a Lui». Nel suo cuore nasce la vocazione alla vita religiosa, coltivata nella Fraternità dei Figli della Croce a Roma, fino all'ordinazione sacerdotale nel 2003 per le mani di Giovanni Paolo II. Negli anni successivi svolge il suo servizio come parroco e cappellano della comunità albanese a Roma, opera nella borgata del Trullo finché nel 2017 torna nella sua terra come sacerdote fidei donum su richiesta dell'arcivescovo di Tirana-Durazzo, George Frendo, ne diventa poi vicario e nel 2021 suo successore.
La Chiesa in Albania ha radici molto antiche: un villaggio vicino a Tirana è intitolato a san Pietro in ricordo del suo passaggio; nella Lettera ai Romani san Paolo ricorda la sua opera di evangelizzazione in Illiria, il primo vescovo della diocesi di Durazzo fu san Cesare, uno dei 72 discepoli di Gesù, che conobbe la morte nel martirio.
Dopo i secoli di dominazione ottomana, seguiti dalla dittatura comunista che aveva proclamato e attuato l'ateismo di Stato, la Chiesa cattolica sta conoscendo una primavera segnata dalla presenza di tanti giovani. «Le nuove generazioni hanno una sana curiosità nei confronti della fede e, a differenza dei loro genitori, possono esercitarla nella libertà. Se incontrano una proposta che parla al loro cuore sono disponibili a seguirla, senza pregiudizi e sovrastrutture. L'anno scorso nella notte di Pasqua in duecento hanno ricevuto il Battesimo nelle quattro parrocchie di Tirana, più della metà provenivano da famiglie di tradizione musulmana: questo è possibile anche per il clima di amicizia e dialogo presente tra le diverse fedi, che papa Francesco nel suo viaggio apostolico del 2014 ha citato come esempio di cooperazione fraterna».
Molte sono le occasioni di collaborazione con musulmani e ortodossi negli ambiti della cultura, delle donne, della carità e dei migranti: su questo fronte l'arcivescovo Dodaj è impegnato anche come presidente della Caritas albanese, che in questi anni ha affrontato gli arrivi di migliaia di profughi siriani, afghani e iracheni lungo la rotta balcanica. «Il nostro popolo conosce bene l'esperienza della migrazione, che purtroppo continua e ha determinato l'emorragia di risorse giovani e la perdita di tanto capitale umano. Le autorità devono intervenire responsabilmente per favorire l'istruzione e varare provvedimenti che inducano i giovani a restare. E anche chi investe nel nostro Paese non deve farlo all'insegna dello sfruttamento: penso alle tante persone che lavorano per troppe ore e con retribuzioni inadeguate nei call center delocalizzati in Albania. La Caritas è molto impegnata sul fronte della povertà, la Chiesa nelle sue articolazioni si misura con la sfida di permettere a tutti di incontrare un Dio vivente, venendo incontro alle necessità della gente e testimoniando che Cristo è il volto della salvezza. Come è accaduto a me quando a sedici anni sono arrivato in Italia per cercare una vita migliore». (Giorgio Paolucci - Avvenire)
Primo Piano
Migrantes Cosenza-Bisignano: oggi incontro sul soccorso in mare
24 Marzo 2023 - Cosenza - L'Ufficio Migrantes e l'Ufficio Missionario della diocesi di Cosenza-Bisignano, in occasione della 31 ªGiornata dei missionari martiri sul tema "Di me sarete testimoni (At 1,8)", all'interno della rassegna "Migrante: Pensieri, storie e racconti", hanno organizzato per oggi, venerdì alle 19, presso la parrocchia di Sant'Aniello, la presentazione del libro "Pescatori di Uomini". Dopo la preghiera introduttiva di don Victor Velez Loor dell'Ufficio Missionario diocesano, ci sarà l'intervento di don Mattia Ferrari, autore del libro, che racconterà la sua esperienza di cappellano di Mediterranea Saving Humans, ong impegnata nel soccorso in mare delle persone migranti e naufraghe. Sono previsti gli intermezzi musicali di Antonio Bevacqua, animatore del gruppo Teranga. Modererà Pino Fabiano dell'Ufficio Migrantes. Mons. Giovanni Checchinato, arcivescovo di Cosenza-Bisignano, concluderà l'incontro.
Africa: Scalabriniane tra sfollati in fuga ed emergenze migratorie
23 Marzo 2023 - Roma - La Superiora generale delle Suore Missionarie Scalabriniane, suor Neusa de Fátima Mariano, è in visita alle comunità attive in Africa. La visita canonica nella Provincia di Maria Madre dei Migranti – Regione missionaria che fa riferimento al Sud America e Africa - è iniziata da Johannesburg. Dopo la visita alle comunità del Mozambico, a Ressano Garcia e Maputo, ci sarà quella alle missioni in Angola. "L'obiettivo della visita canonica - dice suor Neusa - è quello di incontrare, ascoltare e incoraggiare le suore all'autentica realizzazione della consacrazione religiosa e dell'azione apostolica”. L'incontro della Superiora Generale con le Suore Missionarie Scalabriniane nel continente africano è guidato dal desiderio di esprimere "la coralità del cammino congregazionale per la missione con i migranti e i rifugiati in luoghi dove gravi condizioni di fragilità minacciano uomini, donne e bambini costretti dalla guerra e dalla miseria a fuggire dalle loro case". Continua così la presenza delle Suore Missionarie Scalabriniane in Mozambico, dopo l'esperienza del servizio itinerante con la quale sono state presenti nella diocesi di Pemba fra gli sfollati in fuga dai sanguinosi conflitti che ancora affliggono soprattutto la provincia di Cabo Delgado. "Andare incontro. Questo è il nostro verbo di riferimento. Andiamo insieme a chi va, in un sacramento di comunione - commenta la Superiora Generale - Siamo in queste regioni dell'Africa dove oggi servono tante forze per sostenere le vittime di violenze ed essere un segnale di speranza. Le difficoltà in queste regioni sono tantissime. Ci sono esigenze primarie da garantire: cibo, acqua, salute, istruzione, lavoro. Come ha ricordato di recente il Santo Padre durante il suo viaggio apostolico in Africa, in queste terre ci sono 'terribili forme di sfruttamento, indegne dell'uomo e del creato'. Le Suore Scalabriniane con la loro presenza qui vogliono essere al fianco delle vittime di tutte queste forme di violenza". Le visite in Africa si concluderanno all'inizio di aprile con la comunità attiva a Luanda e Uíge, per passare poi in Sud America a maggio, nelle comunità presenti in Colombia ed Ecuador.
Naufragio in Calabria: si cercano ancora altre 12 persone
23 Marzo 2023 - Roma - Proseguono a oltranza le ricerche degli ultimi dispersi, almeno 12, nel naufragio del 26 febbraio a Steccato di Cutro (che finora conta 88 vittime e 81 sopravvissuti).
L'Ufficio immigrazione della questura di Crotone, la polizia scientifica e l'Asp hanno incrociato i dati con le testimonianze dei superstiti, stabilendo che mancano di sicuro all'appello 6 minori e 6 adulti (3 donne e 3 uomini).
Ma ai 12 potrebbero poi sommarsi altri sei "missing": persone di cui non si hanno notizie, ma che alcuni parenti ritengono fossero a bordo del caicco turco affondato.
Naufragio in Calabria: Pro Civitate Christiana invita a organizzare una “Celebrazione penitenziale di riparazione”
23 Marzo 2023 - Roma - Pro Civitate Christiana di Assisi invita parrocchie e comunità religiose, associazioni e gruppi a organizzare una “Celebrazione penitenziale di riparazione” venerdì 24 marzo. “Un’antica tradizione nella Chiesa – si legge in un comunicato della Cittadella di Assisi – prevede un rito di riparazione ogni volta che viene profanato un luogo di culto, un’immagine sacra, le stesse specie eucaristiche che per noi cattolici sono la presenza viva e vera del corpo di Cristo. La tradizione definisce tale tipo di azione ‘sacrilegio’, categoria che ultimamente lo stesso Papa Francesco ha riservato anche alla guerra. Ebbene nella strage di Cutro e in tutte quelle che l’hanno preceduta e seguita, è l’uomo, tempio santo e immagine di Dio ad essere stato profanato da un sistema iniquo di cui siamo parte, che non permette di riservare un’accoglienza per coloro che fuggono da guerre, persecuzioni e fame”. Per questa ragione, Pro Civitate Christiana invita, nella giornata di venerdì 24 marzo, a vivere una Celebrazione penitenziale di riparazione. “La celebrazione vuole essere un invito ulteriore a prendere coscienza della gravità delle scelte che si compiono sulla pelle dei più poveri – ha dichiarato Tonio Dell’Olio presidente della Pro Civitate Christiana –, a chiedere perdono di questo peccato comunitario e a sollecitare ulteriormente ad accogliere e mettere in campo politiche di accoglienza”. Presso la Cittadella di Assisi la liturgia avrà luogo venerdì 24 marzo alle 18.30. Visitando il sito web www.cittadella.org è possibile scaricare il libretto di una Celebrazione penitenziale di riparazione che ciascuno potrà eventualmente utilizzare.
Mons. Baturi: migranti, “allargare gli spazi dei canali legali”
23 Marzo 2023 -
Roma - “Siamo disponibili a collaborare, forti della nostra esperienza decennale, per allargare gli spazi dei canali legali che permettono di salvaguardare le vite e di togliere ossigeno malato ad organizzazioni malavitose”. Così mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei, riferendosi ai corridoi umanitari ha risposto alle domande dei giornalisti sulle migrazioni, durante la conferenza stampa di chiusura del Consiglio episcopale permanente (Cep), svoltosi a Roma in questi giorni. Nel comunicato finale del Cep, i vescovi hanno evidenziato la “debolezza delle risposte messe in atto” in tale ambito, facendo riferimento alla tragedia di Cutro e definendola “una ferita aperta”. “Ci sono due procedimenti in corso presso due procure, non possiamo entrare su questo”, ha precisato il segretario generale della Cei: “Naturalmente è una ferita aperta, si tratta di persone morte sulle nostre coste”. “Auspichiamo una vera concertazione tra gli Stati europei nella gestione di un fenomeno che è globale e non può essere affrontato se non in modo concertato”, l’appello a nome dei vescovi italiani: “Una politica fatta solo di controllo, di ordine pubblico, di restrizioni e di respingimenti non coglie il problema vero, che è la tutela delle vite delle persone. Bisogna soccorrerle e verificare un’integrazione che è possibile e importante per tutti, perché tutti abbiamo bisogno di una società nuova, a cominciare dall’inserimento nel mondo del lavoro”. A questo proposito, per Baturi, serve “uno sguardo lungimirante che sappia guardare anche ai Paesi di origine, che abbia la capacità di vedere non solo lungo il tempo ma anche nello spazio il punto originante, la povertà, le ragioni economiche e politiche, di persecuzione di guerre che spingono queste persone a partire”. “Una politica globale e lungimirante – ha proseguito il segretario generale della Cei – non può non farsi carico del fatto che la libertà di andare deve essere connessa alla libertà di restare, e ciò è possibile solo se ci sono condizioni di vita dignitose”.
Migrantes: due nuovi coordinatori per la pastorale etnica in Italia
23 Marzo 2023 - Roma - Due nuovi coordinatori Migrantes per la pastorale etnica in Italia. Li ha nominati il Consiglio Permanete della Ceu nel corso dell'ultimo incontro svolti a Roma dal 20 al 22 marzo. Per i cattolici indiani di rito latino del Kerala in Italia è stato nominato Coordinatore nazionale il sacerdote indiano don Paul Sunny Fernandez mentre per i cattolici africani di lingua inglese è stato nominato il sacerdote nigeriano don Cyriacus Eellele. Ai due nuovi coordinatori gliauguri di un fervido lavoro da parte della Fondazione Migrantes.
Cei: politiche lungimeranti per governare il fenomeno migratorio
23 Marzo 2023 - Roma - Durante il Consiglio Permanente della Cei, che si è concluso ieri, i vescovi si sono confrontati sul fenomeno migratorio, a partire dalla “condivisione dell’indignazione” e del “dolore” per la tragedia di Cutro, e sul dramma dei conflitti in atto, in primis quello in Ucraina. Per il presuli il fenomeno migratorio “continua ad essere gestito in modo emergenziale e non strutturale”. La recente tragedia di Cutro, hanno sottolineato i Vescovi nel ringraziare la Chiesa di Crotone per “l’umanità dimostrata”, è “una ferita aperta che mostra la debolezza delle risposte messe in atto. Il limitarsi a chiudere, controllare e respingere non solo non offre soluzioni di ampio respiro, ma contribuisce ad alimentare irregolarità e illegalità”, si legge nel comunicato finale: “servono invece politiche lungimiranti – sul piano nazionale e su quello europeo - capaci di governare i flussi di ingresso attraverso canali legali, ovvero vie sicure che evitino i pericoli dei viaggi in mare, sottraggano quanti sono costretti a lasciare la propria terra a causa della fame e della violenza alla vergogna dei centri di detenzione e diano loro prospettive reali per un futuro migliore”. I vescovi hanno quindi osservato che i corridoi umanitari rappresentano “al contempo un meccanismo di solidarietà internazionale e un potente strumento di politica migratoria” e nel ribadire che il diritto alla vita “va sempre tutelato e che il salvataggio in mare costituisce un obbligo per ogni Stato”, hanno ricordato quanto sia “strategica per il bene comune un’accoglienza dignitosa che abbia nella protezione, nell’integrazione e nella promozione i suoi cardini”. Connesso al fenomeno migratorio è il dramma dei conflitti che insanguinano diversi Paesi nel mondo: tra questi, quello in Ucraina “desta profonda inquietudine per la minaccia nucleare e per lo stallo nelle trattative diplomatiche che sembra allontanare sempre di più il tanto auspicato ‘cessate il fuoco’”. (Raffaele Iaria)
Tutti i bambini disegnano la guerra nello stesso modo: una mostra a Roma fino a domenica
23 Marzo 2023 - Roma - Ci proviamo ogni tanto. Quando penetra le nostre case, filmata e trasmessa in tv, ci proviamo a immaginare com’è la guerra. Abbiamo provato a immedesimarci con il popolo iracheno, con quello afghano, yemenita, congolese, con i siriani, i somali, gli etiopi. Forse non ci siamo mai avvicinati come nell’ultimo anno, quando abbiamo assistito all’invasione di un Paese vicinissimo per geografia e storia, e abbiamo visto migliaia di famiglie ucraine abbandonare le loro quotidianità così simili alle nostre e arrivare nelle nostre città, portando con sé giocattoli, vestiti, animali domestici e racconti di vita proprio identici ai nostri. Non ci siamo riusciti mai. La guerra è quella condizione talmente innaturale che non puoi conoscerla finché non ti capita, e anche allora non la capisci e fatichi a crederci. La Comunità di Sant’Egidio ha trovato una scorciatoia per avvicinarci il più possibile a sentirne il dramma: per mezzo dei bambini, le vittime più meravigliate e insieme più lucide, e della loro forma di espressione più schietta, disegni colorati, accompagnati da piccoli pensieri spontanei. Sono stati raccolti nelle Scuole della Pace, aperte dalla Comunità in tutto il mondo e specialmente nei luoghi in cui l’infanzia è a rischio, dove ai bambini è offerto un percorso scolastico e di educazione, anche alla socialità, alla solidarietà e alla pace, di cui altrimenti resterebbero privi. Infine, sono stati esposti al Palazzo delle Esposizioni, a Roma. Fino al 26 marzo decine di fogli, schizzati dal verde militare dei carrarmati e delle divise dei soldati, dal rosso del fuoco, dal grigio di aerei che sganciano bombe, e di palazzi sventrati come fossero presi a morsi. Popolati da figurine che dicono aiuto, ho paura, che chiamano mamma, che corrono, o stese a terra con gli occhi chiusi. Il visitatore incontra bambini di tutte le provenienze, sperduti davanti all’assurdità della violenza, feriti da un dolore insopportabile eppure teneramente fantasiosi e ottimisti. Assediati a causa di logiche di potere che non comprendono e che non li considerano, privati dei genitori e degli amici, di una casa, della scuola, sopravvissuti per miracolo, ora fanno i conti col trauma e piano piano riprendono a sognare. Con le loro matite colorate, parlano i bambini di Irpin, Kharkiv, Sloviansk svegliati dal rombo degli aerei militari. Raccontano le giornate nei rifugi sottoterra e la distruzione di case, strade e ponti, degli alberi e di tutto il verde. Raccontano la fuga e la nostalgia per i padri rimasti a combattere. Parlano i bambini del Burkina Faso e del Nord Kivu in Congo, di quando i miliziani islamisti sono entrati in casa e hanno rapito gli uomini e violentato le donne. Raccontano i villaggi in fiamme e il ricovero in campi profughi in cui manca tutto e non c’è niente da fare. Parlano i bambini dell’Iraq e dell’Afghanistan, fuggiti anche loro, risalendo le montagne lungo sentieri interminabili, navigando l’Egeo su imbarcazioni da cui qualcuno cadeva e non riaffiorava più, aspettando il proprio turno di partire all’aeroporto di Kabul, mai così affollato. Parlano i bambini siriani, disegnano il loro Paese come un pezzetto di terra circondato da fucili puntati, e si sentono in gabbia, costretti a crescere in campi da cui non possono uscire. Dall’esplodere della violenza alla fuga alla nuova realtà di sradicati che hanno perso tutto, sfollati in tende o rifugiati in Paesi stranieri sconosciuti, lo sguardo dei bambini si poggia sul turbine senza fine degli orrori di una guerra, e ne restituisce l’immagine a colori. Si scopre che il sole e le chiome degli alberi si disegnano ovunque allo stesso modo e che, da una parte all’altra della terra, non cambiano le esperienze e i pensieri di un bambino gettato nella guerra. Dicono la stessa cosa Elsa, 13 anni di Aleppo, e Alliance, 10 anni del Nord Kivu: senza la guerra non avrebbero perso il papà e ora non soffrirebbero così. Universale il dolore, universale la gioia quando lo scontro smette, universale la gratitudine per il volo umanitario che li ha portati in salvo e per chi dopo tanto tempo si prende cura di loro. Universale, infine, la richiesta per i potenti. Proviene dai bambini che hanno vissuto il conflitto, ma anche da quelli delle Scuole di Pace in Italia, come da qualsiasi bambino che ascolti raccontare la guerra. Un grido educato, parole semplici e gentili, dietro le quali pulsa la cieca fiducia dei bambini che una magia possa accadere: per favore, fate finire tutte le guerre, parlate tra voi, fate la pace. E se lo vogliono i bambini di tutto il mondo, se basta una Scuola per imparare la Pace, allora possiamo crederci tutti. (Livia Cefaloni)
Migrantes Padova: domenica la “Festa delle comunità etniche cattoliche”
23 Marzo 2023 - Padova - "Le undici comunità etniche cattoliche presenti nella diocesi di Padova sono contente di incontrare il vescovo mons. Claudio Cipolla, lo sentono veramente come loro padre, come un dono". Lo dice al settimanale "La Difesa del Popolo" don Gianromano Gnesotto, direttore Migrantes a proposito della celebrazione con le comunità etniche della diocesi che si svolgerà domenica 26 marzo alle 16 in Cattedrale. L'occasione dell'incontro è la "Festa delle comunità etniche cattoliche", giunta alla sua seconda edizione, organizzata da Migrantes, realtà che si occupa di seguire pastoralmente - nell'annuncio, nelle celebrazioni, nella vita comunitaria - le persone che fanno parte di queste realtà, coadiuvata dagli undici sacerdoti di riferimento. "L'abbiamo chiamata in questo modo intendendo non soltanto le comunità straniere presenti nel territorio diocesano - aggiunge don Gnesotto - ma di per sé anche quelle italiane: il nostro desiderio è che questo diventi un appuntamento in cui si radunano, in maniera gioiosa come dovrebbe essere la liturgia eucaristica, comunità cattoliche multietniche assieme a quelle italiane presenti nelle zone limitrofe alla Cattedrale". Tra gli appuntamenti previsti nelle prosime settimane quella del 14 maggio, quando ci sarà un pellegrinaggio mariano in un santuario della diocesi e a giugno la consueta tredicina di sant'Antonio, un'iniziativa in preparazione alla festa del patrono. Quest'anno la Festa delle genti, che normalmente si vive a Pentecoste verrà inserita nella tredicina di giugno, per la concomitanza con il sinodo diocesano.