Primo Piano

Mons. Perego: migranti “segno di vita per le nostre città che rischiano di morire”

22 Ottobre 2024 - "I migranti sono i lavoratori, le famiglie, gli studenti che hanno lasciato la loro terra per una vita migliore". Lo scrive mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, nella lettera pastorale “Segni dei tempi, segni di speranza” che sarà presentata in due incontri pubblici: il primo, il 24 ottobre alle 20.30 in Seminario a Ferrara; il secondo, la sera successiva, stessa ora, nell’Oratorio di Codigoro, come informa il settimanale diocesano La Voce. "Oggi – scrive il presule – sono 2 milioni e mezzo di lavoratori, quasi lo stesso numero di famiglie, un milione di studenti nelle scuole dell’obbligo e nelle Università. Molte sono donne e oltre un milione di loro curano le nostre donne. Li incontriamo in chiesa, in piazza, nei negozi, nei luoghi del tempo libero, sul lavoro, a scuola. Mezzo milione – aggiunge il presule – sono diventati imprenditori, artigiani. Molte nuove famiglie sono miste e molti bambini – ormai più del 25% – sono i nuovi nati da famiglie di immigrati o miste. I migranti sono un segno di vita, sono un segno di speranza per le nostre città che rischiano di morire". Sono “segni di speranza”, si legge nella lettera – i gesti e i progetti di accoglienza anche nelle “nostre Chiese, segni di una cultura dell’incontro che va contro la cultura dello scarto e del rifiuto, ancora troppo presente e troppo alimentata da certa politica e comunicazione". La Pentecoste, tema guida della lettera, chiede infatti "una comunità, chiede un luogo, la Chiesa", scrive mons. Perego.

Fonte: Agenzia Sir.

Cpr in Albania, il tribunale di Roma dispone il rientro in Italia dei migranti

18 Ottobre 2024 - La sezione immigrazione del tribunale di Roma - come riportato dall'agenzia Ansa - non ha convalidato il trattenimento dei migranti all'interno del centro italiano di permanenza per il rimpatrio di Gjader in Albania. Il provvedimento era stato disposto per i 12 stranieri dalla questura di Roma il 17 ottobre scorso, i quali fanno parte dei 16 migranti (dieci provenienti dal Bangladesh e 6 dall'Egitto) trasportati in Albania al Cpr di Gjader dalla nave Libra della Marina militare italiana. Ricordiamo che gli altri quattro sono già rientrati in Italia. Si tratta di due minori e di due vulnerabili che non sono risultati idonei nel corso dei controlli all'hotspot di Schengjin. Nei centri in Albania possono essere trasferiti infatti solo maschi adulti non vulnerabili provenienti da paesi considerati sicuri. I 12 migranti restanti partiranno dunque domani dall'Albania su una nave della Marina militare per tornare in Italia approdando a Bari. Nonostante la loro richiesta di asilo sia già stata respinta - con una rapidità straordinaria rispetto ai tempi consueti - nelle ultime ore, i migranti hanno ancora la possibilità di fare ricorso per poter chiedere nuovamente che gli venga riconosciuto questo status. Per i giudici, anche alla luce di una recente sentenza della Corte di giustizia europea, "il diniego della convalida dei trattenimenti nelle strutture ed aree albanesi, equiparate alle zone di frontiera o di transito italiane, è dovuto all' impossibilità di riconoscere come 'paesi sicuri' gli Stati di provenienza delle persone trattenute (Bangladesh ed Egitto), con la conseguenza dell'inapplicabilità della procedura di frontiera e, come previsto dal Protocollo, del trasferimento al di fuori del territorio albanese delle persone migranti, che hanno quindi diritto ad essere condotte in Italia". Ove, in attesa dell'esito del ricorso, non posso essere trattenute. Trovano dunque conferma diversi elementi di criticità espressi nei giorni scorsi da mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara e presidente del Commissione per le migrazioni della Cei e della Fondazione Migrantes: "Avevamo ragione: soldi buttati a mare".

Rapporto Immigrazione 2024, mons. Felicolo: i migranti “da ‘ospiti’ a soggetti attivi”

17 Ottobre 2024 - “Non sarebbe possibile realizzare un’efficace e autentica accoglienza dei migranti, né una loro protezione, promozione e integrazione, se si curassero solo gli aspetti economici o lavorativo, ignorando le dimensioni sociali e relazionali”. Lo ha dichiarato ieri a Roma all'agenzia SIR, mons. Pierpaolo Felicolo, direttore generale della Fondazione Migrantes, durante la presentazione del XXXIII Rapporto Immigrazione Caritas/Migrantes dal titolo Popoli in cammino. “Né tantomeno si darebbe una risposta adeguata alla persona – ha proseguito – se si ricercasse esclusivamente una soluzione ai problemi abitativi o alimentari che pure la affliggono, senza prestare pari attenzione agli aspetti culturali e religiosi, che costituiscono invece dimensioni essenziali di ogni persona. Qualsiasi concezione di accoglienza che concepisse quest’ultima solo come impegno materiale sarebbe una pericolosa riduzione”. Mons. Felicolo ha concluso invitando a ritrovare “la vocazione di formare una comunità comporta da fratelli e sorelle che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri”. [caption id="" align="aligncenter" width="755"]Mons. Pierpaolo Felicolo (Foto Siciliani - Gennari/SIR)[/caption] Infatti, come ha evidenziato sempre all'agenzia SIR Simone Varisco, il ricercatore della Fondazione Migrantes che ha curato la realizzazione del Rapporto, “la mobilità umana è un fatto comunitario, sia per coloro che migrano sia per chi è chiamato ad accogliere. Si accoglie e si include insieme. All’opposto della comunità c’è l’individualismo che è negazione non solo della comunità e dell’umanità stessa. Occorre passare dall’essere cellule singole a essere corpo sociale”. Sul versante della missionarietà, Varisco ha invitato a guardare ai migranti non come oggetti ma protagonisti attivi. Ha citato i casi di Germania, Norvegia, Islanda, Paesi in cui la componente cattolica della popolazione è ormai rappresentata in maggioranza da persone di origine straniera.

Rapporto Immigrazione 2024: il Paese reale è più avanti del dibattito politico sui migranti

16 Ottobre 2024 - Presentata a Roma la XXXIII edizione del Rapporto Immigrazione Caritas e Migrantes. Sono oltre 5 milioni e 300 mila i cittadini stranieri residenti in Italia (+3,2% rispetto allo scorso anno), oltre 200 mila di loro hanno conseguito la cittadinanza lo scorso anno e in media rappresentano il 9% della popolazione residente in Italia. Questi alcuni dei macro-dati che emergono dalla XXXIII edizione del Rapporto Immigrazione realizzato da Caritas Italiana e Fondazione Migrantes, presentata questa mattina a Roma, e che analizza e rielabora i dati disponibili sul fenomeno migratorio. Un’edizione che è stata integrata da 4 ricerche inedite, frutto delle reti territoriali dei due organismi pastorali della Conferenza episcopale italiana su lavoro, scuola e appartenenza religiosa. Infografica di sintesi del Rapporto Immigrazione 2024 Caritas e Migrantes.
Cittadinanza: aumentano tra i nuovi italiani i neomaggiorenni nati in Italia
Tra coloro che hanno conseguito la cittadinanza lo scorso anno, un dato in linea con gli anni precedenti, prevale la modalità di acquisizione “altro” (46,1%) rispetto alla residenza continuativa (45,1%) e al matrimonio con un/a cittadino/a italiano/a (8,8%). Si tratta prevalentemente dei neomaggiorenni nati in Italia.
Lavoro: cresce occupazione, accanto però ad abbandono scolastico e "working poor"
Lo scorso anno il tasso di occupazione dei lavoratori non-Ue si è avvicinato maggiormente (60,7%) a quello della totalità dei lavoratori (61,5%). Tra il 2019 e il 2023, la domanda di lavoratori immigrati è aumentata significativamente e la quota di lavoratori stranieri sulle assunzioni totali è salita dal 13,6% del 2019 al 19,2% del 2023. I servizi sono l’ambito che ne assorbe di più, e in cui l’aumento delle assunzioni è stato nell’ordine del 58,9%, in particolare, nel settore della cura alle persone e del lavoro domestico (10,6% delle attivazioni). In generale, però, le attivazioni che hanno riguardato i cittadini stranieri sono state come “personale non qualificato”, inoltre, le donne presentano tassi occupazionali inferiori a quello delle italiane e degli stessi lavoratori stranieri e un tasso di disoccupazione più elevato. Il tasso di occupazione più alto è tra i giovani non comunitari (42%), seguito dai comunitari (38,6%) e dagli italiani (34%). Ma non si tratta necessariamente di un dato incoraggiante: si ricollega, almeno in parte, all’alto tasso di abbandono scolastico (quasi un terzo di loro, lascia prematuramente la scuola, tre volte di più rispetto ai giovani italiani). A proposito della fragilità di chi un lavoro lo possiede, i dati raccolti attraverso i Centri d’ascolto e i servizi Caritas, ci dicono che uno straniero su quattro che chiede assistenza è un lavoratore povero (working poor, 28,1%) e che in presenza di difficoltà ad accedere alle misure governative di contrasto alla povertà il supporto familistico e informale è ancora la strategia di resilienza alle situazioni di difficoltà economica più resistente e probabilmente ritenuto più affidabile dai migranti in Italia. Secondo i dati dei Centri d’ascolto e dei servizi Caritas è risultato percettore di RdC (Reddito di Cittadinanza, poi sostituito dall’AdI – Assegno di Inclusione) il 27,2% delle famiglie italiane, a fronte del solo 7,2% di quelle immigrate, soprattutto per l’imposizione del requisito normativo dei 10 anni di residenza.
Scuola e cultura hip-hop: contraddittori spazi di integrazione
Il totale degli alunni con cittadinanza non italiana nell’anno scolastico 2023/2023 è di quasi 915 mila, e la percentuale dei nati in Italia cresce sempre più fino ad arrivare al 65,4%. Tra le principali difficoltà si segnalano la ridotta frequenza della scuola dell’infanzia; il ritardo scolastico; la difficoltà nel completamento e proseguimento degli studi; l’abbandono scolastico, in particolare dopo la scuola secondaria di primo grado. Il fenomeno migratorio è mal rappresentato nei libri di testo scolastici. Secondo una delle ricerche inedite del Rapporto, nei libri di scuola mancano riferimenti al ruolo che delle ong o delle associazioni laiche o religiose nei processi di integrazione dei migranti sul territorio; e alle difficoltà, degli ostacoli burocratici, normativi che i migranti devono affrontare per soggiornare regolarmente in Italia, acquisire diritti e obblighi formali. L’impatto dei doposcuola diocesani nel supporto alla didattica dei minori stranieri, già strutturato in particolare nel periodo della pandemia, è stato pressoché mantenuto e nel 36% dei casi anche ampliato sia nella tipologia dei destinatari (giovani con un’età media più elevata e maggiore partecipazione delle ragazze), sia per il tipo di supporto offerto. La relazione del mondo hip-hop con il tema della cittadinanza e dei “nuovi italiani” è un indicatore. Musica e stili di vita legati a questa cultura molto diffusa tra i giovani sembrano cogliere meglio di altri settori l’evoluzione della società, con una reciproca contaminazione sul piano multiculturale e multilinguistico che, pur fra molte contraddizioni, si rivela uno strumento educativo.
Appartenenza religiosa: il ruolo dei cattolici immigrati in Italia
All’inizio del 2024 i cristiani tornano ad incidere sul totale della popolazione straniera iscritta nelle anagrafi dei comuni italiani per il 53,0% sul totale, mantenendo il proprio ruolo di maggioranza assoluta; quello di maggioranza relativa passa per molto poco ai musulmani, col 29,8% d’incidenza (1 milione 582 mila). Nella pratica religiosa comunitaria il ruolo dei cattolici immigrati – consacrati e laici, provenienti da Paesi extra-europei e in massima parte più giovani rispetto agli autoctoni – appare fondamentale, sebbene ancora oggi non pienamente espresso, anche a causa del perdurare di alcuni stereotipi sull’immigrazione.
Mons. Felicolo (Fondazione Migrantes): migranti, da "ospiti" a soggetti attivi
"Non è possibile realizzare un’efficace e autentica accoglienza dei migranti – né una loro protezione, promozione e integrazione – se si curano solo gli aspetti economici o lavorativi, ignorando le dimensioni sociali e relazionali". Così commenta la nuova edizione del Rapporto Immigrazione, mons. Pierpaolo Felicolo, direttore generale della Fondazione Migrantes, che aggiunge: "Qualsiasi concezione di accoglienza che concepisse quest’ultima solo come impegno materiale sarebbe una pericolosa riduzione". Un'autentica inclusione della persona migrante, secondo Felicolo "può dirsi compiuta quando da ospite (spesso considerato passivo oppure costretto alla passività) diventa soggetto partecipe e attivo, offrendo un contributo personale alla crescita del tessuto sociale, del quale fa parte".
Card. Zuppi (CEI): superare approccio orientato soltanto all’emergenza
“Spesso assistiamo al perdurare di un approccio orientato soltanto all’emergenza – scrive in apertura del volume S. Em. il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana – che trascura promozione e integrazione: dimentichiamo che l’immigrazione, se ben gestita, può essere una risorsa per la società”. Per Zuppi, “l’eccessiva politicizzazione del fenomeno migratorio, fondata sulla ricerca del consenso e sulle paure, impedisce la creazione di un sistema di accoglienza autentico e non opportunistico. Ed è invece di questo che abbiamo bisogno, per la sicurezza reciproca, di chi parte e di chi accoglie”.

✅ Scarica la sintesi del Rapporto: ITALIANO, INGLESE, FRANCESE.

Infografica.

https://youtu.be/1zipxfAquj8?si=ZgX4Kfv_1pPlq8zz

Centri di trattenimento in Albania, mons. Perego: esternalizzazione o prigione?

15 Ottobre 2024 - 15 Ottobre 2024 - Il luogo scelto dall’Italia per «accogliere» i migranti rimanda «ai luoghi dove viene meno la tutela della dignità della persona. Noi sappiamo che sui Cpr ci sono già state condanne dal 2001». Questo il commento rilasciato a Famiglia Cristiana da monsignor Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, e Presidente Cemi e Fondazione Migrantes della CEI, che a proposito della notizia dei primi trasferimenti di richiedenti asilo nei centri allestiti a Schengim e Gjader ricorda la recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Ue. «Sappiamo che in Italia si aspetta fino a due anni per veder esaminata la richiesta. Come potrà avvenire questo in Albania in 4 settimane?»,  si chiede mons. Perego. E sulla prigione annessa aggiunge: «il timore è che lì potrebbe andarci anche solo chi è autore di una semplice manifestazione non violenta». Tra i rischi anche quello di veder divisi i nuclei familiari: «Chi terrà conto della tutela al diritto di famiglia di queste persone, minori, donne o persone con disabilità?». Così l’esternalizzazione diventa prigione.

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“Centomila benvenuti?”. I vescovi irlandesi sull’accoglienza dei migranti

14 Ottobre 2024 - "Come cristiani, la fede nella sacralità della vita e il comandamento di 'amare il prossimo' ci chiamano a prenderci cura di tutti, indipendentemente dal loro background. La parabola del buon samaritano ci ricorda che il nostro prossimo include tutti, indipendentemente dall'etnia o dallo stato. La Conferenza episcopale cattolica irlandese esorta tutti i cristiani e le persone di buona volontà ad accogliere questo invito biblico ad accogliere lo straniero, creando parrocchie e comunità di ospitalità in cui le persone si sentano veramente a casa. Accogliere gli altri non è solo un dovere sociale, ma anche un comando del Vangelo di amare e servire come ha fatto Cristo". Nello scorso fine settimana, durante le messe celebrate nelle parrocchie dell'isola d'Irlanda, i vescovi hanno reso nota una nuova lettera pastorale sull'accoglienza degli immigrati, intitolata: "Centomila benvenuti?" (A Hundred Thousand Welcomes?). La lettera invita i parrocchiani a riflettere su come si accolgono gli immigrati nell'Irlanda contemporanea, e il tema è ispirato alla parabola del Buon Samaritano. Il testo incoraggia le persone ad accogliere gli immigrati e a impegnarsi per aiutare tutti i nuovi arrivati ​​a far parte della vita della comunità; a respingere le voci che seminano divisione; e invita le autorità statali a fornire più risorse per affrontare le carenze sociali ed economiche locali che sono state trascurate per troppo tempo. I vescovi irlandesi vedono come modo di declinare concretamente la "cultura dell'incontro", sulla quale tanto insiste papa Francesco, nella necessità di passare dall'accoglienza all'appartenenza, "che vada oltre la semplice tolleranza verso i nuovi arrivati". Una società "amichevole" inoltre è consapevole che "l'Irlanda affronta sfide significative, come la mancanza di una casa, servizi sanitari sotto pressione e un sistema educativo che lotta per soddisfare le richieste. Tuttavia, questi problemi sono presenti da tempo e non sono stati causati dalla migrazione. I migranti possono aiutare a soddisfare queste esigenze, contribuendo positivamente alla società". Il blog Tra Cielo e Terra ne ha realizzato una traduzione che invitiamo a leggere integralmente.

“Dall’Italia noi siamo partiti”. A 150 anni dalla prima migrazione italiana in Brasile

14 Ottobre 2024 - In occasione dei 30 anni di fondazione (1994-2024) l’associazione Amici del Brasile Onlus organizza l’incontro Dall’Italia noi siamo partiti, in programma giovedì 17 ottobre alle ore 20.45 presso l’auditorium del santuario Santa Maria del fonte di Caravaggio (BG). Un momento di riflessione sul fenomeno della migrazione ieri e oggi e sulla relazione tra migrazione, educazione e integrazione nel 150° anniversario della migrazione italiana in Brasile. Interverranno mons. Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes, e Matteo Cundari, giornalista professionista. In collegamento dal Brasile Fabio Maestri Bagio e la Corale Giuseppe Verdi di Botuverà. A moderare l'incontro, Enrico Fantoni, direttore dell'Ufficio Migrantes di Crema. Dall'Italia noi siamo partiti. La locandina dell'evento
Dal 1994 Amici del Brasile Onlus realizza progetti e iniziative per sostenere le comunità povere
L’associazione Amici del Brasile Onlus viene fondata nel 1994. Il suo scopo è aiutare le comunità più povere dei Paesi in via di sviluppo: formazione scolastica di base a favore dei bambini di età compresa tra i 3 e 15 anni e realizzazione di attività di coinvolgimento delle comunità rurali; assistenza alimentare ai bambini ospiti nelle nostre strutture scolastiche; realizzazione e sostegno di corsi di formazione per gli insegnanti ed educatori che collaborano con l’associazione; laboratori per ragazzi e insegnanti e membri delle comunità; formazione di una cultura di solidarietà e condivisione; valorizzazione in Italia esperienze e modelli relazionali e di sviluppo già realizzati nei paesi dove operiamo.

In memoria di mons. Battista Mutti, missionario di emigrazione in Germania

14 Ottobre 2024 - "Incontrai don Battista Mutti per la prima volta nell’aeroporto di Francoforte sul Meno nel settembre 1955. Io appena arrivato nella sede di Francoforte e lui già navigato missionario di emigrazione dal 1953 a Stoccarda, per partecipare a Berlino, ospiti di don Luigi Fraccari, fondatore di quella Missione Cattolica Italiana, al primo incontro dei missionari di emigrazione in Germania e Scandinavia su invito del direttore nazionale don Aldo Casadei. Quel convegno era presieduto da mons. Luigi Rossi della Sacra Congregazione Concistoriale di Roma. Facemmo conoscenza vicendevole stabilendo amicizia subito in modo semplice e sbrigativo come era nello stile di don Battista, niente fronzoli ed andare subito al sodo. Un atteggiamento che che ho visto poi confermato nella sua ampia attività nel Land Baden-Wuertenberg. Percorreva strade e paesi per incontrare i nostri emigrati - in treno o in Topolino - sempre annotando le poche famiglie e le tante baracche di operai italiani. Ci incontravamo poi qualche volta perché io avevo da assistere i confinanti Land Assia e il Land Renania-Palatinato. Due città erano gomito a gomito, Mannheim per lui e Ludwigshafen per me. E avvertivo il consenso dei suoi italiani, i pochi vecchi ed i tanti nuovi operai. [caption id="" align="aligncenter" width="307"] mons. Battista Mutti[/caption] Credo che il suo libro-testimonianza Cerco l’uomo sia davvero la cifra del suo grande impegno pastorale. Lo hanno avvertito anche i tedeschi, perché il quotidiano di Stoccarda, quando don Mutti ha lasciato la missione, ne ha fatto un ampio elogio intitolato Menschenfischer, ossia pescatore di uomini. In pochi anni aveva già aperto una trentina di succursali della sede centrale di Stoccarda assistito fedelmente e generosamente dalla suor Klotildis, deceduta nel 2008. Ed ovunque Sante Messe, incontri e ascolto per le necessità dei suoi emigrati. Famoso, quasi leggendario, il treno di spaghetti fatto venire dall’Italia per gli operai italiani. A Stoccarda verrà anche aperto il primo Centro Italiano in Germania. Se ne son accorte ben presto anche le autorità religiose, in primis il vescovo Leiprecht che lo ha nominato monsignore, e le autorità civili con la Bundesverdienst Kreuz (cavaliere) al merito da parte del borgomastro Manfred Rommel nel 1994, e la medaglia al merito della cittadinanza sempre dal borgomastro di Stoccarda nel 1994. Il Signore gli ha donato lunga vita, 100 anni, essendo nato 1923 ad Adro (BS), sacerdote a Brescia nel 1948 e nel 1953 inviato missionario di emigrazione in Germania. Ha speso bene i talenti ricevuti. Nel 2018 ha dovuto lasciare la Germania ed ogni attività pastorale diretta sistemandosi in un suo appartamento a Clusone (BG) con la dovuta assistenza. Quando gli telefonavo si mostrava sempre entusiasta e mi diceva di suonare spesso il pianoforte e di mantenere i raccordi possibili. I funerali di don Battista hanno avuto luogo il 5 ottobre presso la parrocchia di Adrio, ove anche è stato sepolto nella cappella dei sacerdoti, e ha presieduto la Messa il vicario generale di Brescia mons. Gaetano Fontana, con grande partecipazione di popolo".

don Silvano Ridolfi

Mons. Perego: “Lo ius Italiae? Un passo indietro segnato dalla paura”

10 Ottobre 2024 - "Lo ius Italiae? Un passo indietro segnato dalla paura, dalla distinzione che si vuole fare, un passo che non valorizza l’importanza di un mondo con milioni di ragazzi che entrano nelle nostre scuole e che dopo un percorso di 5 anni è giusto che possano accedere agli anni successivi anche col titolo della cittadinanza. Il che vuol dire più opportunità lavorative, più opportunità sul piano scolastico". Mons. Gian Carlo Perego, presidente della Commissione Cei che si occupa di immigrazione oltre che presidente della fondazione Migrantes, all’Adnkronos definisce così la proposta di Forza Italia sulla riforma della cittadinanza. Anzi, mons. Perego osserva: "La discussione andrebbe concentrata più sullo ius scholae. Questo cambio di nome, ius Italiae - per segnalare che si tratta di un modello italiano - non mi convince, anzi non vedo nessun modello, piuttosto un passo indietro rispetto allo ius scholae e alla considerazione importante che si deve dare a questo patrimonio di possibili nuovi italiani per il nostro Paese". Di certo, ha osservato mons. Perego riflettendo sullo ius Italiae, "10 anni sono troppi, non hanno senso per tanti studenti che sono nati in Italia e hanno fatto un percorso prima di arrivare a fare la scuola elementare nel nostro Paese. Quindi credo che la proposta dello ius scholae sia più significativa nei tempi precedentemente indicati. Se è vero che la scuola è il luogo fondamentale della formazione anche del cittadino, come è vero, credo che come vale per gli altri bambini, debba valere anche per i bambini di altre nazionalità che frequentano la nostra scuola e il più delle volte sono nati in Italia". Mons. Perego segnala altri aspetti che una nuova legge dovrebbe considerare: “Tenere presente le migliaia di persone che sono nel limbo: gli italiani senza cittadinanza in ragione del reddito o in ragione dell’essere rientrati per motivi significativi nel loro Paese anche per un breve periodo di tempo. Si tratta di migliaia di persone che ormai hanno 25-35-40 anni: madri e padri di famiglia. Per quel che riguarda poi gli italiani all’estero, lo ius scholae non è alternativo allo ius sanguinis. Certamente - sottolinea ancora - rivedere anche i tempi fino a quando si deve arrivare con la richiesta di cittadinanza è molto importante perché, come si sa, oggi moltissimi cittadini dell’America Latina, figli di italiani fino alla quarta generazione, chiedono cittadinanza non per entrare in Italia ma per andare in Europa. Giusto, quindi, rivedere anche il criterio dello ius sanguinis".

La diocesi di Patti e gli indiani di rito latino

6 Ottobre 2024 - Stamattina, don Paul Sunny FERNANDEZ, coordinatore nazionale per gli indiani di rito latino del Kerala, ha presieduto la S. Messa per i suoi connazionali, di rito latino, presenti nella diocesi di Patti. Con lui hanno concelebrato i confratelli giunti da Roma e da altre città dell’Isola, il diacono Santino TORNESI, direttore dell’Ufficio Regionale per le Migrazioni della Conferenza Episcopale Siciliana. Il vescovo, mons. Guglielmo GIOMBANCO, ha accolto favorevolmente la richiesta di don Paul Sunny e ha indicato la parrocchia del “Sacro Cuore di Gesù” in Patti come luogo per gli incontri e le celebrazioni che riguardano gli indiani di rito latino. Ad accogliere i sacerdoti e i fedeli originari dell’India per l’inizio di questa esperienza, che vuole essere espressione dell’attenzione di tutta la chiesa locale, c’erano il parroco, don Giuseppe DI MARTINO, e il viceparroco, don Giuseppe VIVALDI. Il diacono Tornesi, a cui è stato chiesto di prendere la parola, si è complimentato con p. Paul Sunny per la passione e la competenza con cui svolge la missione che gli è stata affidata, e ha portato i saluti a tutti i presenti del vescovo presidente della Fondazione Migrantes, mons. Gian Carlo PEREGO, e del direttore generale della Fondazione, mons. Pierpaolo FELICOLO.

Decreto flussi, mons. Perego: «Non cambia nulla, se non che cresce l’insicurezza»

4 Ottobre 2024 - «Il 2 ottobre scorso è stato approvato il nuovo decreto flussi, figlio del decreto triennale 2023-2025: prevede 165.000 lavoratori stagionali e a tempo indeterminato, con un aumento di 10.000 quote per le collaboratrici familiari. Si tratta numeri di lavoratori insufficienti a fronte delle richieste dei diversi mondi produttivi – industriale, agricolo, commerciale – che ne chiedevano tre volte il numero assegnato. Inoltre, senza incontro tra domanda e offerta di lavoro sul territorio – e senza la possibilità di convertire un permesso di protezione speciale o una richiesta d’asilo in un permesso per il lavoro, prevedendo anche quote adeguate – crescerà nuovamente, di conseguenza, il lavoro irregolare. Parliamo, almeno secondo le stime, di 500.000 lavoratori, per i quali però ci dovrebbe essere più possibilità – teoricamente – di avere un permesso di soggiorno, se denunceranno i caporali e gli imprenditori che li sfruttano. È dimostrato, infatti, come il mondo dei richiedenti asilo siano impegnati in diversi comparti lavorativi, dall’agricoltura all’artigianato e ai servizi. Continuando a non far incontrare domanda e offerta di lavoro, con il sistema attuale dei flussi, perderemo ancora risorse importanti – nella misura di miliardi di euro – per la previdenza, l’assistenza e la salute di cui abbiamo un grande bisogno. Lo ha recentemente confermato anche il presidente dell’Inps, il dott. Gabriele Fava, in un’intervista al quotidiano Avvenire del 6 luglio 2024, parlando dell’obiettivo “di un aumento della base occupazionale e quindi dei contributi previdenziali per garantire maggiore sostenibilità all’intero sistema e pensioni di importo equo per i cittadini. In questa direzione vanno anche una immigrazione meglio governata e aiuti concentrati sulle famiglie”. Assisteremo inoltre ancora a numerose e crescenti morti di immigrati sul lavoro, perché non tutelati nella sicurezza e nella salute: già nei primi sette mesi dell’anno 2024 le morti sul lavoro sono cresciute complessivamente del 3,2%. Corollario del decreto flussi sono, infine, la possibilità da parte delle Forze dell’Ordine di controllare i cellulari dei migranti (“dispositivi e supporti elettronici”) – si dice – a scopo dell’identificazione; e una stretta sulle misure di sicurezza per i mezzi di soccorso delle ONG, solo per giustificare i fermi amministrativi, che significa meno possibilità di soccorso in mare dei migranti in fuga. In altre parole: il decreto flussi genera più insicurezza in terra e in mare per i migranti, ma anche per tutti noi». S.E. mons. Gian Carlo Perego, Arcivescovo Presidente Cemi e Fondazione Migrantes della CEI

Il 16 ottobre la presentazione nazionale del Rapporto Immigrazione 2024 a Roma

2 Ottobre 2024 - Mercoledì 16 ottobre sarà presentato a Roma il XXXIII Rapporto Immigrazione 2024 curato da Caritas Italiana e Fondazione Migrantes. L'evento si svolgerà dalle ore 10.00 presso l'Auditorium Giovanni Paolo II della Pontificia Università Urbaniana (Via Urbano VIII, 16, 00165 Roma). Ingresso libero, seguirà buffet. Nei prossimi giorni verrà diffuso il programma del convegno. Accreditamenti giornalisti Per quanto riguarda l’accredito dei giornalisti è importante e necessario prendere contatti con la Sala Stampa Vaticana e seguire la procedura riportata a questo link: https://press.vatican.va/content/salastampa/it/accrediti/pubblico/accredito.html   Non sarà consentito l'accesso alla Pontificia Università Urbaniana a giornalisti non accreditati e non autorizzati. Rapporto Immigrazione 2024 La mobilità umana si conferma un fenomeno sempre più comunitario: insieme si soffrono le ragioni che spingono a partire, insieme si sogna una vita migliore, insieme si affrontano le insidie del viaggio, insieme si include oppure si rifiuta. Comunitarie sono infatti la partecipazione, la corresponsabilità, la cittadinanza, le culture, la fede e la sinodalità. Sono questi alcuni dei temi dell’edizione 2024 del Rapporto Immigrazione, pubblicazione curata annualmente da Caritas Italiana e da Fondazione Migrantes dedicata agli studi sull’immigrazione in Italia. Vi trovano spazio analisi statistiche, riflessioni qualitative, il mondo della ricerca e quello dell’incontro personale, la lettura del presente, un respiro spirituale e lo sguardo ad un futuro orientato al bene comune, al diritto a vivere in dignità e all’accesso allo sviluppo sostenibile www.migrantes.it

GMMR 2024. Mons. Felicolo: la Calabria «segno di un’accoglienza concreta verso tanti che cercano un futuro diverso»

30 Settembre 2024 - Il “Porto delle Grazie” di Roccella Ionica, nella Diocesi di Locri-Gerace, è divenuto negli anni uno degli approdi principali degli immigrati che attraversano il Mediterraneo alla ricerca di una nuova opportunità. In questo spicchio di terra calabra c’è tanta generosità con la Chiesa, guidata da Mons. Francesco Oliva, che ha aperto le porte all’accoglienza e all’integrazione quali espressioni di umanità e fede, contro ogni pregiudizio. La Chiesa calabrese è quella che ha dato prova di saper affrontare le tante emergenze che si sono susseguite nell’ultimo periodo, quando si sono registrate tante tragedie in mare, da ultimo quella del 17 giugno scorso al largo delle coste ioniche. In questo contesto la Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Cei, ha scelto la regione ecclesiastica della Calabria, nello specifico proprio a Roccella Ionica, per la celebrazione principale della 110a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che si è tenuta domenica 29 settembre, alla presenza dei rappresentanti della Conferenza Episcopale Calabrese. La giornata si è suddivisa in tre momenti collegati tra di loro. Si è iniziato con la celebrazione eucaristica nella chiesa San Nicola di Bari di Roccella Ionica officiata da Mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano dello Ionio e vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana, che ha ribadito l’impegno costante della Chiesa in favore dell’inclusione dei migranti. «Questo mare meraviglioso che è il Mediterraneo, culla di civiltà è diventato un mare di interdizione, dell’impedire, del respingere, del fermare e del difendere. Tutto questo, però, è contrario alla legge del mare che è, invece, quella di custodire, salvare, fraternizzare. Papa Francesco ancora una volta, con audacia e libertà nel messaggio per l’odierna Giornata sottolinea la profezia che è scritta nel corpo nelle biografie di questi fratelli e sorelle immigrati, voi siete oggi profeti che ci interpellate, che graffiate il nostro individualismo, le nostre coscienze perbeniste e voi che viaggiate, perché costretti ad immigrare tra pericoli di legislazioni nazionali e internazionali perverse, tra i pericoli di collusioni criminali, siete come popolo di Israele al tempo di Mosè», ha affermato mons. Savino nel corso dell’omelia, aggiungendo: «Le coste meravigliose di questa nostra Calabria, e non solo, sono diventate miraggi impossibili per la durezza del nostro cuore. Questo mare di umanesimo è divenuto un cimitero di figli di Dio usati e abusati dagli attuali potenti faraoni, più ricchi e più potenti, ma permettetemi anche di dire, più ignoranti di quelli dell’antico Egitto». Mons. Savino ha ricordato i tanti sogni spezzati dal caporalato e altre forme di privazione ma ha anche sottolineato il grande cuore della Calabria e dell’Italia nel saper accogliere e includere i poveri e i migranti. «È una giornata di condivisione e di fraternità – ha affermato Mons. Oliva – dove si mettono insieme tante realtà di accoglienza che ci sono nella Diocesi di Locri-Gerace, con l’incontro e il dialogo tra le tante splendide realtà multietniche presenti sul territorio». «La comunità diocesana di Locri-Gerace e, in particolare, questa comunità di Roccella Ionica stanno compiendo un’azione di accoglienza costante e continua. In questi giorni si sono susseguiti molti sbarchi a dimostrazione che è necessario attrezzarsi per diventare sempre più ospitali, grazie al supporto di tante realtà associative che operano nella Locride. Agli immigrati rivolgo un grazie perché si sono inseriti nelle realtà territoriali con grande discrezione e grande umiltà, dando un apporto positivo alla crescita delle comunità», ha concluso mons. Oliva. Altrettanto intenso è stato l’intervento di mons. Pierpaolo Felicolo, Direttore generale della Fondazione Migrantes, che sulla scelta di Roccella come sede della manifestazione ha affermato: «Abbiamo scelto la Calabria e specificatamente Roccella Ionica, insieme ai vescovi, perché è un luogo dove c’è un segno concreto di questo e di un’accoglienza concreta verso tanti che cercano un futuro diverso nel nostro Paese. Roccella è un luogo significativo dove si vive l’immigrazione, la memoria e l’attualità delle emigrazioni italiane all’estero». La seconda parte della giornata si è svolta al Convento dei Minimi dove si è svolta la “Festa dei popoli”, alla presenza di numerosi immigrati che fanno parte dei progetti di integrazione diocesana e dove varie associazioni, quali “Jungi Mundu” e “Pathos”, insieme a tante altre, hanno dato vita ad un momento di convivialità e di testimonianze. In questo contesto il direttore dell’Ufficio Migrantes della Diocesi di Locri-Gerace, don Rigobert Elanqui, ha ricordato l’impegno delle diocesi calabresi e nazionali in favore degli immigrati ed ha aggiunto: «Questo di oggi è un momento di preghiera e di riflessione per tutti noi, ha una valenza pedagogica perché partendo dall’insegnamento di Cristo rafforzato dal messaggio del Santo Padre, che ci ricorda che Dio cammina con il suo popolo, è importante non dimenticare che il popolo è accanto a Dio, ed allora dobbiamo aprire i nostri cuori per accogliere i fratelli e sorelle in mobilità, ridando loro la dignità di essere persone umane». «Roccella è per noi un luogo molto significativo. Un’occasione per conoscersi e farsi conoscere anche cosa è diventata per noi l’integrazione all’interno della nostra Diocesi. Allo stesso tempo è un momento importante per fare memoria di tutte le vittime dei naufragi che ci sono stati davanti alle coste calabresi», ha sottolineato Carmen Bagalà, direttrice della Caritas Diocesana, che ha aggiunto: «Tra i vari momenti della giornata c’è anche la possibilità di far conoscere le vicende di chi è arrivato da tanto lontano portando con sé una speranza. per questo abbiamo allestito una piccola “biblioteca umana” dove, in cinque minuti i rifugiati e migranti che sono presenti sul nostro territorio raccontano la loro storia. È, questa, un’altra occasione per vivere la fraternità di questo giorno». Il terzo e conclusivo momento della giornata si è svolto sulla banchina del molo del porto delle Grazie dove sono state depositate delle corone di fiori per un momento di preghiera e raccoglimento in memoria delle vittime di tutte le tragedie del mare. Rocco Muscari Ufficio Comunicazioni Sociali Diocesi Locri-Gerace e componente dell’Ufficio Migrantes Diocesano

110^ Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato “DIO CAMMINA CON IL SUO POPOLO”

29 Settembre 2024 - La Chiesa italiana quest’anno ha scelto la Calabria, all’insegna dello slogan “Dio cammina con il suo popolo” La Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana, si è ritrovata nella Locride, ormai da tutti riconosciuta come terra d’accoglienza e di reale solidarietà. Le parole di Mons. Pierpaolo Felicolo, Direttore generale della Fondazione Migrantes,  all'invito del Tgr Calabria: "In questo luogo si vive di immigrazione, si vive questa realtà che è una realtà costante nel nostro Paese, ma si vive anche la memoria e anche l'attualità dell'emigrazione italiana all'estero. Quindi non ci dobbiamo dimenticare di queste due realtà: l'immigrazione e l'emigrazione. Abbiamo scelto la Calabria proprio perché è un segno concreto di questo e di un'accoglienza concreta".

Fonte: Rainews

110^ Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato: Roccella Ionica al centro dell’attenzione

29 Settembre 2024 - Oggi, domenica 29 settembre 2024, la Chiesa celebrerà la 110a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato; la Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Cei, ha scelto la regione ecclesiastica della Calabria per la celebrazione principale che si svolgerà a Roccella Ionica, nella diocesi di Locri-Gerace. Nel messaggio scritto per l’occasione, dal titolo “Dio cammina con il suo popolo”, il Santo Padre Papa Francesco offre alla nostra riflessione l’accostamento di due immagini, quella dell’esodo biblico e quella dei migranti: “Come il popolo d’Israele al tempo di Mosè -scrive papa Francesco- i migranti spesso fuggono da situazioni di oppressione e sopruso, di insicurezza e discriminazione, di mancanza di prospettive di sviluppo. Come gli ebrei nel deserto, i migranti trovano molti ostacoli nel loro cammino: sono provati dalla sete e dalla fame; sono sfiniti dalle fatiche e dalle malattie; sono tentati dalla disperazione. Ma la realtà fondamentale dell’esodo -aggiunge- di ogni esodo, è che Dio precede e accompagna il cammino del suo popolo e di tutti i suoi figli di ogni tempo e luogo”. Con questa certezza la diocesi di Locri-Gerace accoglierà quanti si ritroveranno a Roccella Ionica, assieme ai vescovi della Conferenza Episcopale Calabra e al Direttore di Migrantes, monsignor Pierpaolo Felicolo. S.E. il vescovo, monsignor Francesco Oliva, ha dichiarato che: “La scelta di Roccella Ionica è molto significativa non solo perché il centro jonico è diventato meta continua di flussi migratori che si succedono con evidente carattere emergenziale, ma anche perché la tragedia del 17 giugno scorso non può lasciare nessuno indifferente”. Il programma della Giornata, definito con il coordinamento dell’Ufficio Migrantes diocesano diretto da don Rigobert Elangui, si articolerà in diversi momenti: alle 11,00 è prevista la celebrazione eucaristica nella chiesa San Nicola di Bari di Roccella Ionica (sarà trasmessa in diretta sul canale youtube della Diocesi); alle ore 12:30, presso il Convento dei Minimi, si svolgerà la Festa dei Popoli, caratterizzata dall’allestimento di stand multiculturali ed enogastronomici e dall’esecuzione di musica etnica; seguirà una visita al Porto delle Grazie per un momento di preghiera e raccoglimento in memoria delle vittime della tragedia del mare avvenuta il 17 giugno scorso al largo delle coste ioniche. Vista l’importanza di questa Giornata, monsignor Oliva invita tutta la chiesa Diocesana e i parroci a pregare e a far riflettere le comunità su questo tema di particolare significato ecclesiale. Fonte: Diocesi di Locri-Gerace

Sulla porta del mondo – storie di emigranti italiani

26 Settembre 2024 - “Dolorosa e straziande è stata la spartenza” scriveva Tommaso Bordonaro, contadino illetterato di un piccolo paese in provincia di Palermo, emigrato in America nel 1947 all’età di 38 anni. “Spartenza” è una parola che deriva dal dialetto siciliano. Indica il dividersi l’uno dall’altro con pena. La “spartenza” è straziante, divide ciò che era unito e allontana. È sradicamento, sofferenza del corpo e dell’anima, racchiude in sé tutta l’amarezza e la lacerazione di chi è costretto a separarsi dagli affetti e dai luoghi familiari per partire verso terre sconosciute e una vita piena di incognite. Se partire è un po’ morire, “spartire” è peggio. “Se Dante avesse conosciuto ciò che erano le terze classi dei transatlantici nel 1885, per certo ne avrebbe descritta una e l’avrebbe allogata nell’inferno e vi avrebbe inchiodato i peccatori de’ più neri peccati – scriveva Edmondo De Amicis dopo aver salpato da Genova nel 1884 per arrivare a Buenos Aires a bordo del piroscafo Nord America, insieme a 1.600 emigranti italiani – O miseria errante del mio paese, povero sangue spillato dalle arterie della mia patria, miei fratelli laceri, mie sorelle senza pane”. Storie di emigrazione affiorano dagli album fotografici di ogni famiglia italiana, eppure si tratta di ricordi spesso collettivamente rimossi. Per aiutarci a comprendere e sentire la realtà in cui viviamo, e poter quindi immaginare insieme una società del futuro Luigi Dal Cin, insieme a Fondazione Migrantes, ha voluto fornire ai giovani lettori un quadro esaustivo della storia dell’emigrazione degli italiani nel mondo narrando, nel contempo, una storia emblematica per ciascuna regione italiana. L’Italia è talmente variegata, infatti, che ogni regione ha avuto motivi propri e destinazioni specifiche d'emigrazione, e ha portato nel mondo la propria caratteristica cultura. Un progetto che mancava nella scuola italiana, impegnata da tempo a valorizzare la cultura di chi arriva nelle classi, a volte da lontano. Per un’integrazione accogliente, Dal Cin ha portato l’attenzione anche all’altro piatto della bilancia, all'altra faccia: se si comprende che anche la nostra storia di italiani è fatta di generazioni che hanno vissuto la miseria e la fame e che, per sopravvivere e mantenere i figli, sono emigrate anche molto lontano, e che se i nostri alunni possono oggi acquisire a scuola strumenti per realizzare i propri sogni è anche grazie al viaggio, al coraggio e ai sacrifici di chi un tempo è emigrato, allora lo sguardo verso chi arriva può cambiare. Poi è un attimo percepire una connessione tra la nostra storia di emigranti e ogni migrazione dei nostri tempi. “Perché non c’era qualche donna dal cuore tenero che si prendesse pena di tante miserie, di tante lacrime? – scrive Ernestine Branche, emigrante valdostana, raccontando del suo sbarco a New York nel 1912, ventiduenne – Erano considerati come dell’immondizia umana, e le grida continuavano senza tregua”. Sulla porta del mondo – storie di emigrati italiani di Luigi Dal Cin illustrazioni di Cristiano Lissoni Terre di mezzo Editore, Milano, 2024 in collaborazione con Fondazione Migrantes Il volume verrà presentato giovedì 3 ottobre 2024 ore 15-17  c/o la Sala del Refettorio della Camera dei Deputati in via del Seminario, 76, Roma

Festival dell’Accoglienza a Torino. Mons Felicolo: «Un’occasione unica per fermarsi a riflettere sui significati profondi del verbo “accogliere”»

13 Settembre 2024 - Venerdì 13 settembre 2024, dalle ore 9.30, nella Sala delle Colonne di Palazzo Civico di Torino si tiene la conferenza stampa di presentazione della IV edizione del Festival dell’Accoglienza a cura della Pastorale Migranti diocesana. Dopo l'introduzione musicale di Mohammadreza Mohitmafi, studente di Green Engineering al Politecnico di Torino, si succederanno gli interventi di S. E. Mons. Roberto Repole, Arcivescovo di Torino e Vescovo di Susa; Stefano Lo Russo, Sindaco della Città di Torino; mons. Pierpaolo Felicolo, Direttore Generale della Fondazione Migrantes; Annapaola Venezia, Segretario generale ad interim della Fondazione CRT; Marco Gilli, Presidente della Fondazione Compagnia di San Paolo e Sergio Durando, Responsabile del Festival dell’Accoglienza. Conduce la giornalista Laura De Donato. «Un appuntamento annuale che quest’anno giunge alla sua quarta edizione, nato su iniziativa dell’Ufficio Migrantes della Diocesi di Torino. Una realtà, quest’ultima, da sempre impegnata, con costanza e passione, nella propria missione di accompagnamento, umano e pastorale, degli stranieri presenti sul territorio diocesano. Un Ufficio che sperimenta e testimonia, attraverso le sue innumerevoli attività, la bellezza e la fecondità del “camminare insieme” con i nostri fratelli e sorelle migranti», ha detto mons. Felicolo nel suo intervento. «Anno dopo anno, il Festival dell’Accoglienza, con il suo programma denso di eventi e ricco di personalità, rappresenta un’occasione unica per fermarsi a riflettere sui significati profondi del verbo “accogliere”. Il primo tra i quattro verbi-pastorali che Papa Francesco ci ha indicato nel Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2018. Probabilmente, il più importante tra i verbi-azione che ci propone il Santo Padre o, perlomeno, quello logicamente sovraordinato rispetto agli altri. L’accoglienza rappresenta, infatti, il punto di partenza di un processo integrale che comprende nel proprio divenire i passaggi fondamentali della protezione, della promozione e dell’integrazione. Non potrebbe essere diversamente. Un processo, o se vogliamo un “cammino”, fondato sulla centralità della persona e della dignità umana, che deve condurre alla partecipazione integrata e attiva di ciascun individuo all’interno delle “comunità accoglienti”, tanto “civili” quanto “ecclesiali”. Iniziative come questa ci aiutano, in primis, a riscoprire la centralità dell’accoglienza nel nostro professarci cristiani. Troppo spesso, infatti, ci dimentichiamo di come l’accoglienza rappresenti un luogo teologico, il tempo e lo spazio in cui Dio sceglie di rivelarsi agli uomini e alle donne di ogni tempo» www.migrantes.it

Perché rimandare indietro «sistematicamente e con ogni mezzo» profughi e rifugiati, se fatto «con coscienza e responsabilità», è un «peccato grave».

12 Settembre 2024 - Intervista a Monsignor Gian Carlo Perego, Arcivescovo di Ferrara-Comacchio, Presidente Fondazione Migrantes della Cei. Nella catechesi di mercoledì 28 agosto, papa Francesco ha preso posizione contro chi militarizza le frontiere e pensa di risolvere la questione migranti solo con leggi restrittive e respingimenti. Perché rimandare indietro «sistematicamente e con ogni mezzo» profughi e rifugiati, se fatto «con coscienza e responsabilità», è un «peccato grave». Le sue parole nette e l’impegno sempre maggiore della Conferenza episcopale italiana in questo campo hanno causato attacchi scomposti da parte di esponenti politici della Lega. Quello del Papa è un pronunciamento inedito? «Altre volte papa Francesco aveva fatto riferimento alla necessità di soccorrere i migranti in mare e aveva definito il Mediterraneo “il più grande cimitero”. Mai, però, aveva dedicato una catechesi specifica a questo tema, soprattutto in coincidenza con una missione della nave Mare Ionio dell’Ong Mediterranea, affiancata da una barca della Fondazione Migrantes. Il discorso del Papa ha, poi, un’importante connotazione etica per i cristiani, ma anche per chi non crede». I provocatori dicono «ospitateli in Vaticano». Come rispondere? «Forse i politici dovrebbero informarsi e documentarsi prima di esprimere giudizi falsi e tendenziosi. L’impegno del Vaticano a favore di profughi e rifugiati non è di oggi. Potrei citare molte iniziative di Pio XII o Paolo VI. Questo impegno è passato poi alle Conferenze episcopali, che in Italia operano attraverso la Caritas italiana e la Fondazione Migrantes, che operano con uffici diocesani sul territorio. Nelle strutture ecclesiali sono oggi ospitate 40-50 mila persone, senza poi contare le migliaia accolte negli istituti religiosi: 22 mila nei soli centri dei Gesuiti. Le istituzioni pubbliche – prefetture, forze di polizia e Comuni – fanno continuamente riferimento alle nostre realtà per l’accoglienza e la tutela dei rifugiati, senza le quali lo Stato italiano sarebbe in gravissima difficoltà». Anche la Cei è stata attaccata violentemente, prima per i  finanziamenti alla Ong Mediterranea, poi per la barca salpata da Fano. Perché queste scelte? «I finanziamenti nascono da progetti delle Migrantes diocesane a favore dei migranti e richiedenti asilo e rifugiati, come previsto dal nostro statuto. La Migrantes di Fano ha finanziato il progetto di una barca a vela che ha ospitato due direttori Migrantes e giornalisti dei media cattolici per un’azione di conoscenza diretta della realtà dei soccorsi in mare, documentazione e informazione. Anche questo è un compito statutario della Fondazione Migrantes. Spesso infatti l’opinione pubblica è disinformata sull’azione delle Ong, definite talora “criminali” invece che “supporto sussidiario dell’attività di soccorso alla Guardia costiera da parte di realtà della società civile”. Si parla molto di solidarietà e di sussidiarietà, poi la politica la nega nei fatti e nelle scelte». La legge del mare impone di non abbandonare vite umane alle onde. Ma una volta a terra? «I migranti che sbarcano hanno il diritto – legato alla persona e non al Paese di provenienza – di presentare una domanda di asilo che sarà valutata da una commissione. Purtroppo i tempi di questa valutazione sono lunghi, anche più di un anno. Al termine dell’esame della domanda di asilo, la commissione può dare una forma di protezione – asilo, protezione sussidiaria, protezione speciale – o negarla. Chi riceve una forma di protezione internazionale viene trasferito per un anno in una struttura del Sistema accoglienza integrazione (Sai), realizzate in circa mille Comuni italiani, anche in collaborazione con il mondo del Terzo settore e dell’associazionismo. In caso di negazione il migrante può fare ricorso. Se non fa ricorso, gli viene data l’espulsione oppure viene trattenuto in un Centro permanenza rimpatri (Cpr); qui può essere trattenuto fino a 18 mesi, dopo i quali va rimesso in libertà». La Cei combatte la tratta di vite umane. Come si adopera contro il traffico dei migranti? «Proprio grazie all’impegno della Caritas italiana e della Migrantes è stato inserito l’articolo 18 per la protezione sociale delle vittime di tratta nel Testo unico della Legge Turco-Napolitano del 1998, passato anche nella Legge Bossi-Fini del 2002. Oggi migliaia di vittime, grazie all’impegno di tante strutture ecclesiali, hanno una vita dignitosa, un lavoro e una famiglia. L’impegno continuato anche per l’approvazione dell’articolo 13 che salvaguarda con un permesso di soggiorno le vittime di tratta per lavoro, ancora troppo numerose. Anche attraverso i missionari e il mondo della cooperazione internazionale di ispirazione cattolica – la rete della Focsiv che raccoglie centinaia di Ong – si sono fatte campagne informative nei Paesi dell’Africa, non solo per evitare chei migranti entrino in percorsi illusori di sfruttamento, ma anche per favorire una “cooperazione dal basso” che aiuti a valorizzare le competenze dei migranti nei loro Paesi». Fonte: Settimanale CREDERE ( Paolo Pegoraro )

Migranti: mons. Felicolo a L’Osservatore Romano, “migrazione diritto naturale. Percezione del fenomeno spesso distorta”

10 Settembre 2024 - Secondo le Nazioni Unite, attualmente ci sono 117 milioni di “migranti forzati” nel mondo, persone che non si spostano per scelta o per motivi economici, ma a causa di conflitti, violenze e disastri naturali. Questo fenomeno è in costante aumento, aggravato dalle tensioni internazionali e dagli effetti del cambiamento climatico, che stanno rendendo molte aree del pianeta sempre più inospitali. In occasione dell’ultima Giornata mondiale della terra, la Fondazione Migrantes ha lanciato il documentario “Un grido nella storia”, volto a sensibilizzare l’opinione pubblica sul dramma dei migranti climatici. Questo “grido” è un invito a riflettere e a confrontarsi con le proprie coscienze, spingendo verso un incontro sincero con l’altro. Papa Francesco ha più volte sottolineato che tutti noi siamo migranti su questa Terra, esortando la comunità internazionale a farsi carico di questa sofferenza umana e a essere solidali con coloro che fuggono verso l’ignoto, in cerca di speranza. In vista della 110ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che si celebrerà il 29 settembre, Papa Francesco ha scelto un titolo evocativo: “Dio cammina con il Suo popolo”. Monsignor Pierpaolo Felicolo, direttore generale della Fondazione Migrantes, in un’intervista al quotidiano della Santa Sede, ha spiegato che questa immagine sottolinea l’idea di un Dio che accompagna il suo popolo in cammino, rifiutando di abbandonare chi è più vulnerabile. Tuttavia, l’ultimo rapporto delle Nazioni Unite evidenzia che un terzo dei migranti vive in Europa, un continente che negli ultimi anni ha innalzato numerosi muri, cercando di contenere un fenomeno che, storicamente, ha sempre fatto parte della sua essenza. Felicolo ha ricordato che la migrazione è un diritto naturale e che è un fenomeno che non può essere fermato artificialmente. Sottolinea anche l’importanza di una distinzione chiara tra migranti economici, profughi, rifugiati e richiedenti asilo, poiché ogni gruppo affronta sfide diverse. In Italia, la percezione dell’immigrazione come emergenza è spesso distorta. Il rapporto “Italiani nel Mondo” ha dimostrato che l’emigrazione italiana è ancora maggiore rispetto all’immigrazione e che molti migranti vedono l’Italia come un punto di transito verso altri paesi europei. Mons. Felicolo ha evidenziato la necessità di corridoi umanitari per gestire l’immigrazione clandestina, riducendo così il traffico di esseri umani e promuovendo un’integrazione basata su un’accoglienza dignitosa e strutturata. L’Italia, essendo una terra di frontiera, ha un ruolo cruciale in questo contesto. Sebbene il Paese abbia sempre accolto migranti, spesso l’informazione distorta crea paure ingiustificate. Il vero obiettivo dovrebbe essere migliorare l’accoglienza per favorire una sana integrazione, distinguendo tra “integrazione” e “assimilazione” e rispettando le diversità culturali, linguistiche e religiose dei migranti Fonte AgenSir ( A.R.)

“LI HO VISTI SALVARE VITE NEL MARE DELL’INDIFFERENZA”

30 Agosto 2024 - Con una barca a noleggio di 15 metri il desiderio di essere in mezzo al Mediterraneo centrale per stare accanto a chi quotidianamente salva vite umane si è realizzato. Vedendo con i propri occhi, testimoniando la professionalità dei soccorritori delle navi Ong, il cuore generoso di chi indipendentemente dal credo religioso vuole tendere una mano al fratello che soffre. «Non lasciandoli annegare in un mare di indifferenza», spiega Don Alessandro Messina, 65 anni, direttore dell’ufficio pastorale Migrantes di Fano a bordo insieme a volontari, mediatori culturali, fotografi, nella prima missione di monitoraggio a supporto della Mare Jonio di Mediterranea. «Non si è trattato di una barca della Conferenza episcopale italiana, ma del supporto della Fondazione Migrantes all’iniziativa di una chiesa locale, quella di Fano, per favorire una migliore informazione sul fenomeno migratorio, scevra di pregiudizi e polarizzazioni», ha precisato Monsignor Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente della fondazione Migrantes. Sono state 182 le persone salvate dalla Mare Jonio tra sabato 24 e domenica 25 agosto. Tre imbarcazioni in tre distinte operazioni di salvataggio. La prima nei confronti di un barcone in legno con 67 migranti tra cui 16 donne e bambini, altre 50 persone salvate nella seconda imbarcazione, fino all’ultimo salvataggio dove su poco più di 60 persone 45 erano minori non accompagnati. Don Sandro questo viaggio della testimonianza lo rifarebbe altre mille volte. «È importante vedere cosa accade. Inizialmente siamo stati subito colpiti dalla professionalità e dalla preparazione dei soccorritori spesso ingiustamente accusati, da martedì abbiamo aspettato il miglioramento delle condizioni meteo per poi salpare da Trapani venerdì. Nel momento dei soccorsi i abbiamo visto la delicatezza di come i Rhib della Mare Jonio si avvicinavano alle barche in difficoltà, senza creare agitazioni a bordo, con la freddezza necessaria per portare a termine la missione. È la passione verso l’umanità da soccorrere», racconta Don Sandro. Dopo l’ultimo salvataggio l’equipaggio di Migrantes è salito a bordo della Mare Jonio e ha incontrato i volti dei naufraghi: «La prima cosa che dicevano era no Libia, mostravano i segni delle bastonate sui loro corpi, avevamo davanti storie di persone che erano state vendute due, tre volte per un business che alimentiamo noi con accordi politici», aggiunge ancora Don Sandro che mai dimenticherà la gioia e i sorrisi delle persone salvate. Durante la missione aggiunge il direttore di Migrantes Fano è stato documentato anche come Malta non abbia risposto alla tempestiva richiesta dei soccorsi in quelle che erano acque di responsabilità maltesi. Una missione raccontata nel giorno in cui il Papa torna a chiedere giustizia per i migranti durante l’udienza generale in piazza San Pietro: «Per accompagnare il popolo nel cammino della libertà, Dio stesso attraversa il mare e il deserto; non rimane a distanza, no, condivide il dramma dei migranti, è lì con loro, soffre con loro, piange e spera con loro. Il Signore è con i migranti, non con quelli che li respingono». Quando si respinge ha detto il Pontefice « è un peccato grave». In queste ore dal Mediterraneo continuano ad arrivare richieste di Sos da imbarcazioni di migranti a rischio naufragio. Le Ong impegnate in mare vengono però continuamente ostacolate dal governo, ieri la barca a vela Nadir della Ong Resqship ha raggiunto un gommone con 43 persone che erano già in mare dopo la segnalazione dell’areo di ricognizione Seabird di Sea Watch. Nel frattempo la Geo Barents di Medici Senza Frontiere è stata bloccata in porto a Salerno dalle autorità italiane con un fermo di 60 giorni. L’accusa è di presunte violazioni delle norme di sicurezza marittima, lasciando così ancora una volta il Mediterraneo centrale privo di assetti di soccorsi. «È la ventitreesima volta che una nave di soccorso umanitario viene fermata per via del decreto Piantedosi concepito per ostacolare le attività delle Ong in mare», ha dichiarato Riccardo Gatti, responsabile del team di ricerca e soccorso a bordo della Geo Barents. www.famigliacristiana.it