Tag: Immigrati e rifugiati

Afghanistan: mobilitazione ed accoglienza della Chiesa

24 Agosto 2021 - Roma - Domenica scorsa nelle chiese italiane si è pregato per l’Afghanistan, oltre che per Haiti. E proprio prendendo spunto da questa iniziativa sono stati diversi i vescovi italiani che hanno invitato le comunità ad accogliere  e aiutare chi fugge dall’Afghanistan, «un dovere che ci viene dalla fede», come ha detto ieri l'arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia. Stessa cosa la diocesi di Trento con il vescovo, mons. Lauro Tisi che si è detto disponibile a dare ospitalità, come accaduto con chi era in fuga dalla Siria, a quanti arriveranno attraverso i corridoi umanitari. Mobilitata anche la diocesi di Savona-Noli, dove il vescovo, mons. Calogero Marino, ha individuato una struttura di accoglienza, che nei prossimi giorni diventerà operativa. Appelli all’accoglienza sono arrivate anche dalla Fondazione Migrantes, dalla Caritas Italiana, dal Centro Astalli, il Centro Italiano Femminile, etc. (R.I.)

Card. Romero: non definire mai la migrazione un problema, il problema è la povertà

24 Agosto 2021 - Loreto  - L’ entusiasmo di raggiungere il colle della santa Casa di Loreto era evidente, per la settantina di partecipanti al Corso di Alta formazione promosso dalla Fondazione Migrantes e iniziato ieri. Un entusiasmo che non si spense neppure con il nubifragio che dopo la messa serale impediva a tutti perfino di uscire dalla Basilica. Presieduta dal arcivescovo di Ancona, mons. Angelo Spina la celebrazione  coronava con la sua abituale semplicità di cuore e nella preghiera, un primo pomeriggio, intenso di testimonianze. Due, infatti, le testimonianze che hanno aperto il convegno. La prima è stata quella del card. Cristobal Lopez Romero, vescovo di Rabat, in Marocco, che era stato visitato nel settembre 2019 da dieci componenti della Migrantes Marche. Il porporato si è collegato on line parlando della sua Chiesa come “la mia sposa”, piccola ma non insignificante realtà in un paese islamico dove i cristiani sono 30 mila su 37 milioni, stranieri, molti europei e moltissimi sub sahariani, studenti e operai, una Chiesa “straniera ma non estranea al Paese, costruttrice di ponti...” come testimoniano le 12 scuole cristiane frequentate da 12mila tra studenti ed insegnanti mussulmani, ma i cui valori sono attinti in modo condiviso dal Vangelo e dal Corano e si richiamano a quelli del Regno di Dio: pace, giustizia, libertà, amore, tutto quanto serve per lo sviluppo umano integrale della società con cui questa chiesa vive in maniera minoritaria ma ampiamente stimata. Un frutto di questa collaborazione è la facoltà teologica ecumenica a Rabat, caso unico al mondo in cui studenti cattolici, protestanti e mussulmani si radunano per studiare reciprocamente la rispettiva fede in modo da abbattere le diffidenze e i pregiudizi che impediscono di costruire con fiducia e mutuo rispetto vie per un mondo più bello per conoscersi, collaborare e perfino  pregare insieme! Il card. Romero ha concluso la sua testimonianza ammonendo di non definire mai la migrazione un problema, ma un fenomeno, perché il problema vero è la povertà. “Se la ricchezza non andrà dai poveri, saranno i poveri ad andare alla ricchezza”. Del resto la libertà di migrare è un diritto garantito dall'art. 13 della Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo. Un invito ad ampliare lo sguardo e andare alla radice del problema che è la povertà, non l'emigrazione, che ne è un effetto,  seguito dall'invito di andarlo a trovare in piccoli gruppi per conoscere sempre più questa realtà così interessante e stimolante di proposte, prospettive e soluzioni nuove. La seconda testimonianza è stata dei coniugi Antonio Calò e Nicoletta Ferrara, due insegnanti del trevigiano, con quattro figli, che all'ennesima notizia di centinaia di migranti morti, abbandonato ogni calcolo, chiesto solo il consenso dei figli (tra i 16 e 22 anni), hanno aperto la loro casa a sei ragazzi africani salvati dai barconi e che poi, hanno appurato, avevano attraversato l'esperienza del carcere, della tortura, raccontando la loro storia nel libro “A casa nostra, la trasformazione della nostra famiglia” edito da Emi. I due coniugi hanno avuto problemi ad abbattere qualche ostacolo (passare dalla mia o tua mamma alla nostra mamma ha richiesto...un esercizio non da poco!!!). Permettere a un loro figlio estroso e geniale ma con la testa sempre un po' sulle nuvole di  partecipare al cammino di Santiago accorgendosi solo il giorno prima di non avere scarpe adatte, grazie al dono di uno dei nuovi fratelli delle sue scarpe è costato qualcosa di davvero sorprendente... Grazie alla fede di questi sei ragazzi mussulmani e alla costante preghiera cinque volte al giorno anche i loro quattro figli, bravi ma poco...inclini a pregare, hanno avuto una trasformazione inaspettata di modo nuovo di accostarsi alla preghiera. Senza mai discutere se meglio l'Islam che il cristianesimo...ma cristiani e mussulmani veri fratelli!!! Importante è stata la cucina etnica. A pranzo una pastasciutta veloce per tutti, la sera l'aria di casa si carica degli aromi delle spezie e del cibo di terre lontane: quello delle loro terre di origine! Sono venuti a contatto con la mamma di uno di loro per telefono, che ha assicurato i nuovi genitori di essere al centro della sua preghiera perché Dio possa benedirli a dismisura. I sei ragazzi hanno attraversato prigione, tortura, pericolo del mare per arrivare fin qui. Questa famiglia ha superato le critiche asprissime dei vicini, nonostante il loro buon rapporto insieme ad ogni tipo di obiezione dei parenti. Ma ne è davvero valsa la pena perché...il bene genera sempre il bene. Proprio due belle testimonianze per iniziare nel migliore dei modi questo corso (Don Alberto Balducci - Migrantes Jesi)

Afghanistan: Afghanistan: appello all’accoglienza dell’arcivescovo di Torino

23 Agosto 2021 - Torino – “Ieri, nelle celebrazioni comunitarie dell’Eucaristia abbiamo pregato per chiedere a Dio il dono della pace e la volontà ferma di cercare, nel dialogo, quanto unisce più che quello che divide. Siamo coinvolti anche noi, come Chiese di Torino e di Susa, nell'impegno ad aiutare quelle persone e quelle famiglie che, per diversi motivi, stanno lasciando il loro Paese. Una parte di queste persone è attesa in Italia e un gruppo è già stato temporaneamente accolto in Piemonte. Occorre, adesso, provare a dare stabilità e qualità all’accoglienza”. Lo dice oggi l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia che rivolge un appello “proprio perché so di poter contare sulla risposta pronta e generosa di comunità e famiglie. Per noi credenti non si tratta solamente di collaborare a una ‘azione umanitaria’, ma di mettere in pratica quel richiamo all'accoglienza e al servizio del prossimo che ci vengono direttamente dall'adesione al Vangelo di Gesù Cristo”. Mons. Nosiglia chiede “un ulteriore sforzo per mettere a disposizione di questi fratelli qualche opportunità di accoglienza abitativa e di primo accompagnamento ai bisogni personali. Comunità parrocchiali – singolarmente o congiuntamente nell’ambito delle Unità Pastorali - comunità e fraternità religiose, gruppi di famiglie o gruppi di impegno religioso valutino come sia loro possibile accogliere una o più persone tra questi nuovi ospiti, in locali comunitari o privati; attraverso il sostegno delle Caritas Parrocchiali e dei gruppi di volontariato provino ad ipotizzare una strategia operativa locale per ben gestire questo segno di prossimità e per animare adeguatamente tutta la comunità e il territorio” La disponibilità va comunicata all’Ufficio Migrantes che potrà, così, indirizzare e coordinare in base alle necessità che verranno segnalate. “La nostra disponibilità – aggiunge l’arcivescovo di Torino - non è supplenza, ma si integra nel percorso che Prefetture ed Enti Locali stanno costruendo e con essi le azioni saranno coordinate e definite”. (R.I.)

L’accoglienza, uno stile da vivere ogni giorno

23 Agosto 2021 - Brescia - Devo ammettere che in questi giorni sono un po' confuso mentre guardo quello che sta succedendo nel mondo. Mi impressiona la natura che ha fatto tremare Haiti, già duramente provato dalla sua situazione socio-politica; mi ha impressionato il precipitare della situazione in Afghanistan, una situazione che è riuscita a rendere tutti, a cavallo del Ferragosto, esperti di politica internazionale; mi ha impressionato vedere il volto bello, soprattutto dei giovani, impegnati a Kabul nel mondo della cooperazione internazionale, mondo spesso dimenticato perché “lo fanno per lavoro”; mi ha impressionato e anche confuso il desiderio di accoglienza che stiamo manifestando verso questi fratelli e sorelle afghani che stanno arrivando sul nostro territorio. Mi auguro che sia davvero una conversione sincera; nell’estate del 2018 una nave della marina militare italiana, la Diciotti, con 177 migranti a bordo, venne tenuta in mare per 5 giorni, nell’estate 2019 la nave militare Gregoretti con 131 migranti a bordo veniva lasciata in mare per diversi giorni perché accogliere era diventato quasi reato. Cito solo questi due casi perché riguardano navi militari, così come sono militari gli aerei che stanno arrivando dall’Afghanistan. Mi chiedo cosa ha fatto scattare in noi un maggior desiderio di accoglienza. Forse se ci fossimo documentati meglio sulla provenienza di coloro che bussavano alle nostre porte, e che erano sulla Diciotti e sulla Gregoretti, saremmo stati meno egoisti nel rispondere. Avremmo capito che dietro a quei numeri ci sono delle storie di vita e di fatica. In questo caldo tempo estivo voglio augurarmi che la vicenda dell’Afghanistan ci aiuti ad accorgerci maggiormente che il fenomeno della mobilità umana è dettato da storie di vita reali caratterizzate dalla sofferenza, dall’ingiustizia e dalla mancanza di libertà. Non ci si muove per comodità ma per poter vivere realmente; cosi come oggi, quasi tutti, anche i Comuni che non avevano progetti di accoglienza, dicono “che è un dovere morale accogliere”, mi auguro che non dimentichiamo che questa scelta è vera: l’accoglienza fa vivere chi la esercita e fa vivere chi la riceve. Nella disgrazia, sento di essere grato al popolo afghano che ci costringe a guardare finalmente in faccia chi accogliamo, rendendoci conto che abbiamo una parte di colpa di questa loro situazione. Era ora che ce ne rendessimo conto; si tratta adesso di non vivere così solo per qualche giorno, ma di allargare questo stile a tutti i fratelli e le sorelle che per motivi diversi hanno bisogno di essere accolti. (don Roberto Ferranti - Direttore Uffici Area Pastorale per la Mondialità - Diocesi di Brescia)  

Mons. Tisi: la diocesi di Trento pronta ad aprire le porte ai profughi afghani

23 Agosto 2021 -
Trento - “L’accoglienza dei profughi afghani è un’emergenza umanitaria alla quale la Diocesi di Trento è pronta ad offrire risposta, per tutto quanto le sarà possibile, d’intesa con le autorità competenti. È il minimo che possiamo fare, anche per compensare le gravi responsabilità dell’Occidente nella gestione della crisi afghana, come già ho avuto modo di denunciare”. Così l’arcivescovo di Trento, mons. Lauro Tisi, in merito all’eventualità di accogliere profughi afghani in strutture diocesane. “Ci impegniamo – aggiunge monsignor Tisi – a dare ospitalità, come accaduto con chi era in fuga dalla Siria, a quanti arriveranno attraverso i corridoi umanitari, ma vorremmo anche richiamare l’attenzione su chi cercherà una via di salvezza attraverso altre strade, come la martoriata rotta balcanica, dimenticata dai media e sulla quale la nostra Diocesi e altre realtà associative trentine da settimane richiamano l’attenzione con la campagna “Cambiamo rotta!”. “La porta di chi ha la fortuna involontaria di vivere in libertà e democrazia – conclude l’Arcivescovo – non può che essere aperta a chi non gode della stessa sorte: lo chiede sì il Vangelo, ma è scritto – se solo lo vogliamo riconoscere – nel DNA stesso di ogni essere umano”.

Moige: l’Italia offra aiuto e rifugio alle famiglie in fuga per prevenire una crisi umanitaria

19 Agosto 2021 -

Roma - L'Italia apra le porte alle famiglie in fuga dall'Afghanistan e offra in questo modo il suo contributo per prevenire una crisi umanitaria ancora più grave: il Movimento Italiano Genitori interviene dopo l'escalation che ha portato alla caduta del governo e all'ingresso nella capitale delle milizie talebane per chiedere al Governo e alla Farnesina di offrire rifugio e tutela a coloro che vogliono lasciare il Paese, ribadendo – una volta di più – la tradizione di accoglienza che caratterizza il nostro Paese.

Per il Moige l'Italia è chiamata a «un intervento diretto»: il nostro Paese «dev’essere in prima fila nell'accoglienza dei civili afgani in fuga, in attesa che l'Unione Europea attivi corridoi umanitari. Le immagini forti, tragiche viste nelle ultime ore e provenienti da Kabul hanno smosso la coscienza di moltissimi italiani: e se uno sforzo nazionale è necessario, per prevenire una crisi umanitaria nel Paese e nella regione, per evitare altre vittime e altri feriti, riteniamo sia il caso di affrontarlo in modo organizzato ed efficace».

«Facciamo la nostra parte. Ospitare chi fugge dal mondo retrogrado e oscurantista dei talebani è un dovere, perciò dobbiamo organizzarci per accogliere, sostenere e proteggere chi fugge dall’Afghanistan», dichiara il direttore generale del Moige, Antonio Affinita; «abbiamo un dovere come comunità: aiutare e accogliere il popolo afgano in ogni modo e con qualsiasi mezzo, per non abbandonare migliaia di persone – soprattutto donne e bambini – a un destino di soprusi e paura».

Migrantes: Afghanistan, un dramma che chiede solidarietà

19 Agosto 2021 - Le ore drammatiche che vivono le persone nelle città e nei paesi in Afghanistan sono sotto gli occhi di tutti. E’ un dramma che dura da anni e che si aggrava in queste ore e che ha portato molti afghani a fuggire dal proprio paese con ogni mezzo e a raggiungere anche l’Italia – dove la comunità afgana è formata da 15.000 persone - e l’Europa. Mille afgani sono sbarcati lo scorso anno in Italia, altrettanti quest’anno; alcuni sono stati accolti, molti di loro hanno continuato il viaggio in Europa. Altri sono stati respinti nei campi e nelle carceri libiche. Il dramma di queste ore dell’Afghanistan ripropone un’azione comune europea nel Mediterraneo che unisca ai controlli, il salvataggio, il riconoscimento e la tutela di coloro che hanno diritto a una protezione internazionale, nelle diverse forme, e la loro accoglienza in tutti i Paesi europei. Al tempo stesso, è necessario favorire e accelerare il ricongiungimento familiare per gli afgani in Italia che hanno nel loro paese i propri familiari. In Afghanistan, oltre a donne e bambini sono presenti anziani, disabili che non possono, come altri, mettersi in fuga e in cammino, ma hanno bisogno da subito di un ponte aereo e poi di corridoi umanitari che possano dare loro accoglienza sicurezza in uno dei Paesi dell’Europa e del mondo che fino ad ora erano stati presenti in Afghanistan solo attraverso i militari e gli eserciti. Come ha comunicato la Presidenza della CEI, le Chiese in Italia continueranno l’ accoglienza degli afgani e di tutti coloro che chiedono una protezione internazionale, collaborando con le istituzioni, ma anche continuando a sollecitare una politica migratoria che esca dalle pieghe ideologiche e si apra alla concretezza dell’accoglienza, della tutela, della promozione e dell’integrazione di ogni migrante.

Mons. Gian Carlo Perego Presidente Cemi e Fondazione Migrantes

Rotta balcanica: “Vacanza solidale” in Bosnia per 50 giovani della Comunità di Sant’Egidio

19 Agosto 2021 -

Roma - Per tutto il mese di agosto, 50 volontari, in maggioranza studenti universitari e giovani da Padova, Treviso, Trieste e Bologna, stanno trascorrendo una “vacanza soldale” e alternativa nel cuore della “rotta balcanica” accanto ai profughi che si trovano nei campi e nei rifugi di fortuna nei dintorni di Bihac. La stagione estiva non ha segnato la fine dell’emergenza in quella regione della Bosnia. Stanchi, affamati, maltrattati, i profughi continuano a percorrere un lungo cammino a piedi, con il sogno di arrivare in Europa, e a riprovare più volte il “game”, ossia il pericoloso passaggio della frontiera con l’Unione. Le condizioni igieniche dei migranti - in maggioranza afgani (a cui si aggiungeranno chissà quanti altri in fuga dalla catastrofe umanitaria di questi giorni), ma anche africani provenienti da diversi paesi - continuano a essere estremamente critiche, senza contare i problemi legati alla scarsità di cibo e alla mancanza di acqua potabile. Una parte del lavoro dei volontari di Sant’Egidio si è svolta in sinergia con il JRS (Jesuit Refugee Service), con cui è attiva da tempo una proficua collaborazione. Inoltre, insieme a IPSIA-ACLI, è stato possibile effettuare visite all’interno del campo di Lipa. Come segno di amicizia e solidarietà, è stata donata a ciascun migrante del campo una maglietta, bene molto prezioso in questa stagione. Molti profughi partecipano con costanza e entusiasmo ad una scuola di lingua, promossa da Sant’Egidio fuori dal campo di Lipa. Le lezioni si tengono in piccoli gruppi, con l’intento di insegnare semplici frasi in inglese, italiano, francese, spagnolo e tedesco: un’occasione per parlare, conoscersi meglio e fare amicizia, ma anche per rafforzare la speranza di un futuro migliore per tutti. La presenza dei giovani di Sant’Egidio «mostra un volto diverso dell’Europa, accogliente, gentile e solidale», si legge in una nota.

Afghanistan: appelli all’accoglienza

19 Agosto 2021 - Roma - Si moltiplicano gli appelli alla solidarietà da parte dell’associazionismo cattolico e del terzo settore per l’accoglienza dei profughi afghani. Il Masci (movimento adulti scout cattolici italiani) si rivolge a tutte le associazioni scout italiane affinché non sia risparmiato alcuno sforzo per contribuire ad azioni umanitarie messe in atto per offrire un fraterno supporto allo scautismo di quel Paese che tanto sta operando per la popolazione civile in questo difficile momento. L’appello del Masci è già stato rivolto anche all’Ifgs (la federazione internazionale dello scautismo adulto) perché attraverso tutte le associazioni scout operi per agire concretamente con aiuti primari. Anche le 100 organizzazioni riunite nella rete "Per un nuovo Welfare" dichiarano la loro immediata disponibilità ad allestire un sistema di corridoi umanitari dall’Afghanistan.

Cei su Afghanistan: promuovere corridoi sanitari e umanitari. Domenica preghiera in tutte le chiese

18 Agosto 2021 - Roma - Guardando agli avvenimenti internazionali di questi giorni, la Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana condivide «l’angoscia per la gravissima crisi umanitaria dell’Afghanistan. Le notizie che giungono - si legge in una nota di oggi dopo la riunione, in modalità online svoltasi ieri - sono davvero allarmanti. E come sempre avviene in queste situazioni, a pagare il prezzo più alto sono i più deboli: gli anziani, le donne e i bambini». Da qui l’appello dei vescovi  all’Italia e alle Istituzioni europee a «fare il possibile per promuovere corridoi sanitari e umanitari». La Presidenza della CEI invita a pregare domenica prossima (22 agosto), in tutte le parrocchie, per la pace in Afghanistan e per le vittime del terremoto di Haiti. Qui il sisma di sabato scorso ha provocato numerosi morti, feriti e ingenti danni materiali. La Presidenza della CEI ha deciso di stanziare un milione di euro dai fondi otto per mille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica, per far fronte all’emergenza haitiana e per rispondere alle necessità della popolazione. (Raffaele Iaria

Acli: “corridoi umanitari per salvare più vite possibile in Afghanistan

18 Agosto 2021 -
Roma - “Quello che sta succedendo in Afghanistan deve smuovere le coscienze di tutti, a partire dalle istituzioni europee, e spingerci prima di tutto a garantire dei corridoi umanitari per salvare più vite possibile e per garantire un futuro alle donne e agli uomini di una terra martoriata. Solo dopo verrà il momento di capire quali siano state le responsabilità e soprattutto quali azioni mettere in campo perché nel nuovo Afghanistan si rispettino i diritti umani”. Questa la posizione delle Acli a proposito del ritorno al potere dei talebani in Afghanistan. “Nel silenzio dei media, da molto tempo le Ong che operano nelle rotte dei profughi dal Medio Oriente, denunciano la presenza di afgani che fuggono dal loro Paese: già oggi sono intorno 30% in Bosnia ed il 45% in Grecia”, ricordano le Acli. Alle persone, sottolineano, “deve essere permesso, come loro diritto, di uscire dal Paese e di essere accolti come rifugiati”. Il Coordinamento donne delle Acli chiede inoltre che “venga posta attenzione sulla condizione delle donne che rischiano, con l’arrivo dei talebani, di perdere tutte le conquiste degli ultimi anni”. Il richiamo all’Europa e, più in generale, alla comunità internazionale di farsi carico dei rifugiati afgani “è lo stesso che da troppo tempo facciamo per le situazioni disumane per le persone che si trovano a Lipa, a Lesbo che chiedono umanità e accoglienza”.

Afghanistan: i comuni italiani pronti ad accogliere le famiglie afghane

17 Agosto 2021 - Roma - “I sindaci italiani sono pronti a fare la loro parte nell'accogliere le famiglie afghane. Non c’è tempo da perdere, sappiamo bene come i civili che hanno collaborato con le nostre missioni in Afghanistan oggi siano in forte pericolo, soprattutto donne e minori. Il Governo si sta muovendo per salvare vite umane, attraverso l'azione delle prefetture sul territorio e i sindaci mettono a disposizione la propria esperienza, per questo abbiamo scritto al ministro dell’Interno Lamorgese e abbiamo avvisato il ministero della Difesa”. Il sindaco Matteo Biffoni, delegato Anci per l’Immigrazione, rappresenta l’impegno di tutti i sindaci italiani a far fronte alla grave crisi umanitaria che si sta consumando in queste ore: “Dobbiamo essere molto concreti. Sarà la storia a dare un giudizio su questi ultimi vent’anni di presenza militare in Afghanistan, oggi siamo consapevoli che è il momento di aiutare il Governo a mettere in salvo vite umane. Come scritto al ministero dell’Interno,  siamo pronti ad ampliare la rete Sai già presente nei nostri territori per poter accogliere e inserire le famiglie che rientrano nel programma di protezione definito dal Governo del personale civile afghano collaboratore del contingente militare nazionale, la cosiddetta Operazione Aquila”. Un intervento che già è stato messo in atto tra il 2014 e il 2019, ma che davanti alla ritirata dei contingenti occidentali assume dimensioni piuttosto maggiori, quanto meno per mettere subito in sicurezza le famiglie dei collaboratori del contingente militare a Kabul e presso il comando di Herat. “Il Governo sta facendo entrare nel Paese queste famiglie: abbiamo scritto al ministero dell'Interno che se la legge che disciplinerà termini e condizioni dell’accoglienza dei cittadini afghani prevederà in tempi brevi l’ampliamento della capacità di accoglienza diffusa sul territorio, con risorse mirate per l’emergenza in corso, noi potremmo ripetere l’esperienza fatta già dal 2014 con l’inserimento dei collaboratori di missioni italiane nella rete Sai - ribadisce Biffoni -. Questa è l’accoglienza adeguata per i rifugiati afghani. Diversi Comuni hanno già manifestato la loro disponibilità a prevedere nei loro progetti Sai posti specifici per i collaboratori afghani e le loro famiglie, come primo passo per garantire nel prossimo futuro accoglienza e integrazione a donne e uomini in queste ore in fuga dal loro Paese. Nella rete Sai già sono presenti rifugiati afghani che stanno manifestando agli operatori la grande preoccupazione per chi è rimasto nel Paese ormai nelle mani dei talebani: noi sindaci con le nostre comunità siamo pronti a fare la nostra parte”.  

Centro Astalli: solidarietà ai rifugiati afgani che vivono in Italia

17 Agosto 2021 - Roma - Il Centro Astalli esprime solidarietà ai rifugiati afgani che vivono in Italia.  “In queste settimane caotiche e in queste ultime ore convulse siamo vicini a tanti giovani rifugiati che negli anni abbiamo accolto e accompagnato. Riteniamo necessario condividere la loro preoccupazione che cresce mentre guardano attoniti e inermi all’Afghanistan e ci chiedono come fare a mettere al sicuro i loro cari”. Lo si legge in una nota del Centro Astalli a commento della situazione che si sta vivendo in Afghanistan. Il presidente del Centro dei gesuiti, p. Camillo Ripamonti, rivolge un appello alla comunità internazionale, a istituzioni europee e nazionali: “si abbia come priorità la sicurezza e la protezione dei civili. Si predispongano modalità agili e sicure di accesso in Europa per chi sta cercando di lasciare l’Afghanistan. Lo dobbiamo – conclude - a un popolo che da decenni vive nel terrore e in guerra, in un Paese in cui siamo stati direttamente coinvolti e per cui abbiamo evidenti responsabilità”.

Viminale: da inizio anno sbarcate 32.806 persone sulle coste italiane

13 Agosto 2021 - Roma - Sono 32.806 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane da inizio anno. Di questi 8.083 sono di nazionalità tunisina (24%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Bangladesh (4.656, 14%), Egitto (2.532, 8%), Costa d’Avorio (2.266, 7%), Guinea (1.520, 5%), Eritrea (1.452, 5%), Iran (1.398, 4%), Sudan (1.347, 4%), Marocco (1.129, 4%), Iraq (941, 3%) a cui si aggiungono 7.482 persone (22%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione. Il dato è stato diffuso dal ministero degli Interni, considerati gli sbarchi rilevati entro le 8 di questa mattina.  

Corridoi umanitari per minori soli: parte il progetto “Pagella in tasca”

13 Agosto 2021 - Roma - ​Terzo settore, organizzazioni internazionali, privati cittadini e istituzioni uniscono le forze per portare in modo sicuro minori soli dal Niger in Italia, accoglierli in famiglia e sostenerli nei loro percorsi di studio e inclusione sociale. È il progetto pilota Pagella in tasca- Canali di studio per minori rifugiati, promosso da INTERSOS e UNHCR e co-finanziato dalla Fondazione Migrantes e da INTERSOS, che verrà realizzato grazie a un Protocollo d'intesa con i ministeri del Lavoro e delle Politiche Sociali, degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e dell'Interno, oltre che con attori locali del progetto: il Comune di Torino, la rete CPIA Piemonte e l'Arcidiocesi di Torino. "Pagella in tasca" coinvolge 35 minori stranieri non accompagnati attualmente rifugiati in Niger, di 16 o 17 anni, con l'obiettivo di portarli gradualmente a Torino e dintorni nell'anno scolastico 2021/2022. Arriveranno in aereo con un visto d'ingresso, evitando le terribili rotte dei flussi irregolari in Africa e nel Mediterraneo. Qui avranno un permesso per studio e saranno iscritti ai CPIA per conseguire il diploma del primo ciclo di istruzione e poi frequentare la scuola secondaria superiore o un percorso di istruzione e formazione professionale.  Ad accoglierli troveranno famiglie affidatarie e tutori volontari, vitto, alloggio, assistenza sanitaria, supporto psicologico e legale e la possibilità di conoscere altri coetanei a scuola e fuori casa, tra sport e altre attività. Borse di studio copriranno i costi sostenuti dalle famiglie durante il primo anno, trascorso il quale sarà possibile inserirli nei progetti del Sistema di Accoglienza e Integrazione  gestiti dalla Città di Torino e da altri Comuni coinvolti o promuovere l'autonomia attraverso altre misure di inserimento lavorativo e abitativo. Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, che ha seguito dal principio lo sviluppo del progetto e ha firmato il protocollo d'intesa, inserirà i beneficiari negli interventi di politica attiva del lavoro per soggetti vulnerabili promossi dalla sua Direzione Generale dell'Immigrazione e delle politiche di integrazione. Inoltre, parteciperà alla valutazione di tutti i percorsi di inclusione messi in campo da Pagella in tasca.    

Vlora: 30 anni fa l’arrivo a Bari di 20mila albanesi

8 Agosto 2021 - Città del Vaticano - «In dieci minuti eravamo in diecimila», disse così un ventenne albanese salito sulla Vlora, nel porto di Durazzo, il 7 agosto 1991. Quella nave, peraltro di fabbricazione italiana, uscita dai cantieri di Ancona negli anni Sessanta, doveva essere “la Nave dolce”, come definita dall’intenso documentario di Daniele Vicari: era una nave diretta in una terra che appariva, al di là dell’Adriatico, accogliente e fortunata. Son passati trent’anni dal quel famoso 8 agosto, ripercorso anche in una giornata di studio della Fondazione Feltrinelli di Milano dal titolo “Il lungo viaggio dei diritti a Bari. 30 anni dallo sbarco dei cittadini albanesi”. Il grande sbarco, come recita il libro dello storico Valerio De Cesaris per i tipi di Guerini, ha rappresentato la scoperta dell’immigrazione in Italia, una scoperta con aspetti contrastanti: già nel luglio 1990 il governo italiano aveva organizzato volontariamente l’espatrio per molti albanesi rifugiatisi nell’ambasciata di Tirana. Questi uomini e queste donne furono mandati in Puglia e lì accolti calorosamente, come si accoglie un amico lontano. L’anno dopo qualcosa cambiò repentinamente. L’arrivo della Vlora non fu proprio un’accoglienza festosa: viveri lanciati dagli elicotteri sulle teste delle persone, persone peraltro rinchiuse nell’afoso stadio di Bari, sotto i 40 gradi di umidità della Puglia agostana. Che cos’era accaduto in così poco tempo? De Cesaris ha scritto: «Nell’arco di pochi mesi, si era compiuto il passaggio degli albanesi da rifugiati bisognosi d’aiuto a pericolosi invasori. Il governo approntò una barriera di navi nell’Adriatico per bloccare i boat people e il dibattito pubblico assunse toni allarmistici. Alla scoperta dell’emigrazione, nel triennio 1989-1991, si accompagnò la nascita di un mito, quello dell’invasione dei migranti». Dall’altra parte del mare, invece, che cosa era accaduto per giustificare un tale esodo di massa? La situazione albanese, quanto mai instabile già da qualche tempo, in quel 1991 era aggravata dal forte isolamento e dai contrasti interni, esacerbati dalla contrapposizione, quasi violenta, tra cittadelle del nord e cittadelle del sud del Paese, tra centri urbani e zone rurali. In questo contesto, l’Albania divenne una polveriera sociale di ragioni iniziate già con quel mondo sgretolato sotto il muro di Berlino, insieme ai regimi comunisti dell’Europa orientale. Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, iniziarono anni duri per l’Est, Albania compresa. Per queste ragioni molti cittadini decisero di migrare verso l’Italia, traghettati da affaristi senza scrupoli, che caricavano sulle navi persone come capi di bestiame. Quel 7 agosto la Vlora, appena tornata da Cuba e carica di zucchero di canna, durante le operazioni di scarico nel porto di Durazzo, venne bloccata. Il comandante Milaqi fu costretto a ripartire, lasciando a terra lo zucchero, con un carico di umanità ammassata, tra cui bambini e ragazzini sugli alberi della nave mercantile per vedere dove si stava andando. Osservando quelle scene dello stadio della Vittoria, dove furono ammassati molti dei profughi, Don Tonino Bello, allora vescovo di Molfetta, disse che quelle genti erano state “accolte” come bestie. Su «Avvenire» scrisse memorabilmente così: «Le persone non possono essere trattate come bestie, prive di assistenza, lasciate nel tanfo delle feci, mantenute a dieta con i panini lanciati a distanza, come allo zoo, senza il minimo di decenza in quel carnaio greve di vomiti e di sudore; forse come credenti avremmo dovuto levare più forte la nostra condanna ed esprimere con maggiore vigore la nostra indignazione». Lo scrittore Predrag Matvejevic, citando lo storico Fernand Braudel, disse che il mare bisogna immaginarselo andando anche oltre il mare stesso. Bisogna vederlo con gli occhi di un uomo antico, come un’immensità ossessiva e meravigliosa. L’orizzonte di quelle genti, provenienti dall’Albania, era questo: l’immaginazione di una seconda possibilità oltre la linea del mare. Su quella Vlora c’era l’Albania giovane, quella con tante speranze nel cuore, che la Puglia, in quell’estate vacanziera, non riuscì a cogliere, vedendo quella nave che solcava le acque e che avanzava con lentezza, avvicinando la sua sagoma alla costa. Alle dieci del mattino erano lì, al porto di Bari, guardati con timore. Un ispettore di polizia, vedendo il gesto della vittoria sulle mani di tanti ragazzi, disse cinicamente: «Ma che cosa hanno vinto? Forse un viaggio di ritorno gratis». (Osservatore Romano)

Lesbo: giovani per la Pace di Padova e Bologna con i giovani migranti

6 Agosto 2021 - Roma - È iniziata da pochi giorni la prima delle quattro missioni estive dei Giovani per la Pace in Bosnia, con la partenza di un gruppo di dodici ragazzi e ragazze delle Comunità di Sant’Egidio di Padova e Bologna. A Bihaç una parte del lavoro si svolge in sinergia con il JRS (Jesuit Refugee Service), con cui è attiva da alcuni mesi una proficua collaborazione. La situazione a Bihaç è in rapido mutamento. Nella stagione estiva i giovani migranti si trattengono solo pochi giorni, pronti a ripartire per proseguire il viaggio. Sono in aumento gli arrivi delle persone dal corno d’Africa – si legge sul sit di Sant’Egidio - come Yusuf (nome di fantasia), ragazzo somalo di 17 anni arrivato in Bosnia col padre e la sorella di 16 anni, ed accampato come tanti altri in mezzo al bosco che circonda Bihaç. Racconta delle violenze e delle umiliazioni subite al confine con la Slovenia: “Ho perso tutto, l’unica cosa che mi è rimasta è la mia anima, che mi consente di rimanere felice…”. Le condizioni igieniche dei migranti continuano ad essere estremamente critiche, con numerosi casi di scabbia sia dentro che fuori dai campi, senza contare i problemi legati alla scarsità di cibo e all’acqua, che oltre ad essere insufficiente spesso non è potabile. Il rapporto con gli abitanti del luogo è sempre più teso e non mancano esplicite manifestazioni di intolleranza nei loro confronti, come quella di chi dice: “se volete vedere uno zoo andate a Lipa”. Stanchi, affamati, maltrattati, i migranti continuano a nascondersi in rifugi di fortuna e a non arrendersi di fronte al sogno di arrivare in Italia e in Europa, al punto di voler riprovare il “game” più volte in una settimana. Molti hanno voluto partecipare in maniera inaspettata, ma grata, ad una scuola di italiano improvvisata dai Giovani per la Pace davanti al campo di Lipa. Resiste la speranza e la voglia di amicizia: pur vivendo in condizioni misere, non mancano da parte loro gentilezza e gesti di generosità, come il desiderio di condividere il poco cibo che hanno. È commovente come, anche in situazioni critiche, il loro spirito ottimista e fiducioso trasmetta un senso di conforto; come ci ha confidato un giovane pakistano in uno dei jungle camp: “Tutti abbiamo dei sogni”.  

Filippini in Italia: una celebrazione per i 500 anni di evangelizzazione

5 Agosto 2021 - Roma - Un pellegrinaggio di fede in occasione del 500° anniversario (1521-2021) dell'arrivo del cristianesimo nelle Filippine. A Roma si sono ritrovati, nella Basilica di Santa Maria Maggiore,  oltre 250 pellegrini filippini provenienti dall'Europa La celebrazione è stata presieduta da mons. Jan Thomas Limchua, ufficiale filippino della segreteria di Stato della Santa Sede che nell'omelia ha ribadito che la comunità filippina può essere testimone di Gesù Cristo condividendo con gli altri la propria fede cristiana insieme ai valori cristiani più genuini. Il prossimo pellegrinaggio della comunità filippina si terrà a Milano nel 2023.

GMMR: un nuovo video di Papa Francesco

5 Agosto 2021 - Città del Vaticano - Un nuovo video di papa Francesco in vista della prossima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che si celebra il 26 settembre. Il Papa, nel  video inedito, invita a imparare a vivere insieme, in armonia e pace, per costruire un futuro arricchito dalla diversità e dalle relazioni interculturali. Nel video, diffuso oggi dalla Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale,  anche la testimonianza diretta di chi quotidianamente lavora insieme nella diversità dimostra la possibilità di realizzare questo futuro “a colori”.   https://youtu.be/aBwi8b9Tc5c  

Eurostat: in un anno 276mila permessi di soggiorno per motivi famigliari a under15 extra-Ue

5 Agosto 2021 - Roma - Nel 2019 è stato rilasciato il primo permesso di soggiorno per motivi familiari nell'UE a 276 200 bambini (cittadini non comunitari) di età inferiore a 15 anni. Si tratta di un rapporto di 504 per 100.000 della popolazione infantile dell'UE di età inferiore a 15 anni. Tra questi bambini, il 60% aveva meno di cinque anni. Il dato è stato fornito da Eurostat che evidenzia che gli Stati membri che hanno rilasciato il maggior numero di questi permessi sono stati la Germania (61 500, pari al 22% del totale dei primi permessi di soggiorno rilasciati nell'UE per motivi familiari a figli di età inferiore ai 15 anni), seguita dalla Spagna (55300, 20%), Italia (41300, 15%) e Svezia (24400, 9%). In termini relativi, il rapporto per 100.000 bambini di età inferiore a 15 anni era più del doppio della media UE in Svezia (1 339), Lussemburgo (1 322) e Slovenia (1 257), mentre era più alto del 50% in altri tre Stati membri: Belgio (897), Portogallo (863) e Spagna (798). Per quanto riguarda il Paese di cittadinanza dei minori di 15 anni a cui è stato concesso il primo permesso di soggiorno per motivi familiari nell'UE, il 35% dei bambini aveva la cittadinanza di un Paese asiatico, il 25% africano, il 23% europeo (extra UE), 9 % Sud e Centro America e 3% Nord America. Il Marocco (12% del totale dei primi permessi di soggiorno rilasciati nell'UE per motivi familiari a minori di 15 anni) è stato il principale Paese di cittadinanza nel 2019, seguito da Siria (7%) e India (6%). Se si esaminano i flussi bilaterali tra Stati membri e paesi terzi nel 2019, i primi 3 flussi di minori di 15 anni provenienti per motivi familiari sono stati osservati tra Marocco e Spagna (24.800 bambini), poi Siria e Germania (12.700). e infine Brasile e Portogallo (6 900).