Primo Piano

“Lo Spettacolo Popolare, un mondo ambasciatore di gioia e speranza”. Il 9 settembre un seminario online

31 Luglio 2025 - Il 9 settembre 2025 dalle ore 15:30 alle 17:30 è in programma il seminario on line “Lo Spettacolo Popolare, un mondo ambasciatore di gioia e speranza”, organizzato dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e dalla Fondazione Migrantes. Il programma:
  • “Lo spettacolo popolare nel magistero pontificio”. Salvatore Luciano Bonventre, assessore nazionale Federazione Italiana Tradizioni Popolari
  • “La speranza in scena: lo spettacolo popolare come cuore vivo delle comunità”. Fulvia Caruso, professore associato di Etnomusicologia presso Università di Pavia.
  • “L’annuncio del vangelo tra i viaggianti” p. Sascha Ellinghaus, direttore nazionale della pastorale dello Spettacolo popolare della Conferenza episcopale tedesca.
  • “Criticità per le comunità dello spettacolo popolare: presentazione della buona prassi della scuola itinerante” . Sara Vatteroni, direttore regionale Fondazione Migrantes.
  • “La speranza nella religiosità popolare”. José Luis Alonso Ponga, già professore titolare di Antropologia sociale presso l’Universidad de Valladolid.
  • “Un circo per tutti. Lo spettacolo popolare tra gioia e speranza”. Alessandro Serena, direttore scientifico di Open Circus, già Docente dell'Università degli Studi di Milano.
Modera gli interventi don Mirko Dalla Torre, responsabile diocesano e regionale Fondazione Migrantes.

💡 Per partecipare, inquadra il QrCode.

Seminario Spettacolo popolare QrCode

Giubileo dei Giovani: coscienza, città e speranza. Una catechesi di mons. Perego

30 Luglio 2025 - L’atmosfera della Capitale è segnata dalla presenza di migliaia di giovani che, con il loro entusiasmo, trasformano queste giornate in un’esperienza di incontro, preghiera e festa. Il Giubileo diventa così un tempo intenso di fraternità e di speranza, un invito concreto al cammino condiviso e alla costruzione di legami nuovi. Tra i numerosi eventi, l’iniziativa “12 parole per dire speranza” anima oggi e domani, 31 luglio, un percorso diffuso di ascolto e confronto ospitato in 12 chiese giubilari di Roma. Ogni chiesa è dedicata a una parola-chiave che racconta la speranza nel linguaggio della vita concreta: coraggio, soglia, riscatto, abito, responsabilità, coscienza, senso e consenso, scoperta, promessa, popolo, gioia piena, abbraccio. Promossa dal Servizio nazionale per la pastorale giovanile della Cei, l’esperienza si ispira al sussidio "Pellegrini di speranza" e alla bolla giubilare Spes non confundit, offrendo ai giovani spazi di ascolto, dialogo e crescita, dove la parola della Chiesa incontra la vita quotidiana. I gruppi italiani partecipano a momenti specificamente preparati: testimonianze, catechesi e laboratori che aiutano a leggere la propria vita alla luce della speranza. Attorno a ciascuna parola si intrecciano le voci di chi, nella quotidianità personale e professionale, incarna segni concreti di fiducia e di futuro, insieme alle esperienze dei giovani e alla parola dei vescovi, in un dialogo che diventa occasione di discernimento e crescita comunitaria. Tra gli incontri di oggi, quello ospitato nella chiesa della Natività di Nostro Signore Gesù Cristo è stato animato da mons. Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes. È stato il primo di tre appuntamenti dedicati alla parola “coscienza”, declinata nel suo rapporto con la città. L’incontro si è aperto con le testimonianze di Pilar Shannon Perez Brown (Spagna) e Vittoriana Sanitate (Italia) del Consiglio dei giovani del Mediterraneo, il “Sinodo” laico under 35 fortemente voluto dalla Cei, che da due anni riunisce 37 giovani cattolici delle diverse sponde del Mediterraneo. Si tratta di un’esperienza nata come opera segno del primo Convegno dei sindaci e dei vescovi del Mediterraneo, tenutosi a Firenze nel 2022, che aveva posto al centro il sogno profetico – caro a Giorgio La Pira – di un Mediterraneo non più segnato da muri e conflitti, ma vissuto come “casa comune”, laboratorio di pace, dialogo e cooperazione. A seguire, mons. Perego ha offerto una riflessione intensa e articolata, ponendo in dialogo coscienza e città alla luce della Parola di Dio e del Magistero sociale della Chiesa. La coscienza – ha spiegato – è “la voce interiore che si accende nell’incontro con Dio e con gli altri, capace di orientare la vita personale e sociale”. A partire dalla Costituzione conciliare Gaudium et spes, di cui quest’anno ricorre il 60° anniversario, ha evidenziato come la Chiesa si senta intimamente solidale con il mondo, chiamata a leggere i “segni dei tempi” e a trasformarli in “segni di speranza”. La cittadinanza, ha ricordato, non è solo un insieme di diritti e doveri formali, ma un percorso di fraternità, bene comune e partecipazione attiva. Da qui tre impegni concreti: l’opzione preferenziale per i poveri, l’amore ai nemici e l’obiezione di coscienza alle armi, insieme al superamento di ogni discriminazione. Mons. Perego ha richiamato anche alcuni tra i drammi del nostro tempo: i conflitti come quello di Gaza, il Mediterraneo trasformato da via di collegamento a “cimitero”, e le inumane condizioni di detenzione dei migranti in Libia e Tunisia. «Se il mondo è la nostra casa – ha detto – dobbiamo coniugare coscienza e cittadinanza: libertà e servizio, pace e giustizia, tutela della persona e del creato». Un messaggio, quello del presidente della Fondazione Migrantes, che vede nei giovani i protagonisti più consapevoli della sfida di essere cittadini del mondo: donne e uomini chiamati a impegnarsi nel volontariato, nella cittadinanza attiva e nella solidarietà sociale, contribuendo a un impegno trasformativo e rigenerativo delle società in cui vivono e operano. Mons. Perego ha, inoltre, richiamato la necessità di contrastare ogni forma di disinteresse sociale e di disaffezione politica, che finisce per colpire i più deboli, e di recuperare il valore dell’impegno e dell’educazione alla politica come strumenti essenziali per costruire il bene comune. Un richiamo che si lega alle parole di papa Leone sull’impegno sociale e sull’educazione alla pace, che oggi più che mai appaiono indispensabili. «La Gaudium et spes – ha concluso – ci invita a non essere cittadini di una sola città, ma a riconoscerci cittadini di un mondo senza confini, capaci di assumere una prospettiva “glocal”, come ci ha insegnato papa Francesco: radicati nel territorio e, al tempo stesso, con lo sguardo aperto all’intera umanità». Un impegno che richiede una virtù fondamentale: la speranza. Chi ne è privo fatica a guardare oltre il proprio orizzonte; chi, invece, vive di speranza sa “guardare insieme” il mondo, cercando nel dialogo e nella partecipazione le vie privilegiate per costruire un futuro di pace e fraternità. (Elia Tornesi) Perego Giubileo dei giovani 12 parole

Terra Santa, card. Zuppi (Cei): “Siamo prossimi alla comunità con la preghiera e con l’aiuto concreto”

30 Luglio 2025 - La Conferenza episcopale italiana resta accanto alle comunità della Terra Santa, provate da anni di violenze e ora da un conflitto che sta seminando morte e distruzione, con pesanti ricadute anche nei territori limitrofi. In questa regione così martoriata, il Servizio nazionale per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli ha finanziato 143 progetti per quasi 43 milioni di euro. Nei mesi scorsi, per l’emergenza a causa della chiusura degli altri ospedali e il grande afflusso dei profughi, è stato necessario finanziare l’ospedale nel Karak, gestito dalle Missionarie Comboniane al confine con la Cisgiordania, e in questi giorni sono stati messi a disposizione ulteriori 300mila euro. Inoltre, attraverso Caritas Italiana, sono stati sostenuti progetti di Caritas Gerusalemme e di altri partner della società civile palestinese e israeliana. Negli ultimi due anni sono stati destinati 1.645.000 euro per far fronte all’emergenza umanitaria, offrire cure mediche e supporto psicosociale alle famiglie di Gaza, di Gerusalemme Est e della Cisgiordania, avviare percorsi di riabilitazione socioeconomica, tessere un dialogo tra israeliani e palestinesi, non perdendo mai la speranza di una pace duratura. “Siamo prossimi alla comunità della Terra Santa con la preghiera e con l’aiuto concreto: il loro dolore è il nostro dolore, le loro lacrime sono le nostre. Non ci abituiamo al grido che giorno e notte sale a Dio, ma anche alle nostre orecchie. Esserci fa la differenza e promuove davvero la pace, una pace di cui la Terra Santa e il mondo intero hanno bisogno”, afferma il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei. (Fonte: Cei) [caption id="attachment_62326" align="aligncenter" width="1024"]Palestina Gaza (Foto AFP/SIR)[/caption]

“Ferite di confine”: il Tai ha presentato un nuovo report sul “modello Albania”

30 Luglio 2025 - Il nuovo assetto operativo del cosiddetto "modello Albania" è un dispositivo di "detenzione amministrativa transnazionale a bassa trasparenza e ad alto potenziale lesivo dei diritti fondamentali". Lo denuncia il nuovo report del Tavolo asilo e immigrazione (Tai), intitolato Ferite di confine, che documenta la nuova fase operativa del Protocollo Italia-Albania, con un focus sui trasferimenti coatti nel centro di Gjader, convertito di recente in Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr), aggiungendosi così agli 11 già esistenti sul territorio italiano. Secondo quanto ricostruito dalle 47 organizzazioni aderenti al Tai - tra cui Amnesty International, Emergency, Caritas italiana, Fondazione Migrantes, Medici per i Diritti Umani, Save the Children, Arci e molte altre - il trasferimento di persone migranti già trattenute nei Cpr italiani verso la struttura albanese è avvenuto finora senza alcun provvedimento scritto e motivato. Le persone, ammanettate con fascette anche per 20-24 ore, sono state prelevate all'improvviso, spesso di notte, e condotte all'estero senza sapere la destinazione finale. Un'operazione definita nel report "illegittima, disumana e lesiva della dignità", in aperta violazione della Costituzione e delle norme europee sui rimpatri forzati. Ma non è solo la procedura a essere criticata. Le condizioni materiali nel centro di Gjader - spiega il Report - aggravano ulteriormente la vulnerabilità dei trattenuti. Le testimonianze raccolte dagli operatori durante le missioni di monitoraggio parlano di isolamento, carenza di mediazione culturale, accesso alle cure e alla tutela legale limitato e forte incidenza di episodi autolesivi. In poco più di un mese, si sono registrati almeno 42 "eventi critici", di cui 21 episodi di autolesionismo o intenti suicidari.

🔗 Scarica il Report

Il TAI sottolinea anche la "grammatica opaca" con cui viene gestita tutta l'operazione: un blackout informativo che esclude Parlamento, giornalisti e società civile da ogni forma di controllo. Le richieste di accesso agli atti rimangono inevase, i parlamentari in missione ottengono risposte parziali o nulle o comunque, come ha sottolineato al parlamentare Rachele Scarpa, non congruenti con quanto rilevato nelle visite in loco. Numeri alla mano, l'intera operazione - finora costata circa 800 milioni di euro in cinque anni - ha prodotto, al momento del Report, il trasferimento di appena 132 persone, con soli 32 rimpatri effettivi. In sintesi, secondo il Tai, da un punto di vista giuridico, sono 3 le principali questioni confermate dal nuovo Report:
  1. il trasferimento e trattenimento coattivo senza provvedimento giudiziario e senza comunicazione della motivazione.
  2. l'enorme affievolimento o non esercitabilità dei diritti delle persone trattenute,  anche se formalmente vigenti.
  3. la non conformità con la normativa Ue, anche quella "in cantiere", prevista nel Patto per la migrazione e l'asilo.
Alla luce delle gravi violazioni documentate, il Tavolo asilo e immigrazione chiede la sospensione immediata dei trasferimenti, la cancellazione del Protocollo con l'Albania e l'apertura di un'inchiesta indipendente sul funzionamento del centro di Gjader. Ferite di confine TAI Report

Le conseguenze culturali delle migrazioni. Se ne parla il 1° agosto al Festival “Andata e ritorno” di Curcuris (OR)

29 Luglio 2025 - Diversità e convivenza. Le conseguenze culturali delle migrazioni. È il titolo del libro del sociologo Stefano Allievi, che verrà presentato venerdì 1° agosto alle 19 presso Casa Pilloni, a Curcuris (OR). L’evento, inserito nel programma del festival comunitario “Andata e ritorno”, vedrà anche la partecipazione dello storico e saggista della Fondazione Migrantes, Simone Varisco, e la professoressa Aide Esu, sociologa dell’Università di Cagliari. Prendendo spunto dall’ultimo lavoro di Allievi, professore dell’Università di Padova, l’incontro-dibattito, affronterà il tema delle migrazioni e le relative sfide che attendono l’Italia e l’Europa sotto i diversi profili della pluralità culturale, identitaria, religiosa che i fenomeni migratori necessariamente pongono all’attenzione dei cittadini. Il festival comunitario di Curcuris è organizzato dal Comune con il patrocinio della Fondazione di Sardegna e il partenariato della Diocesi di Ales-Terralba. Curcuris 2025 programma

Tavolo Asilo, oggi la presentazione del rapporto sulle visite di monitoraggio nel centro di Gjadër in Albania

29 Luglio 2025 - Oggi, alle ore 16, presso la sala stampa della Camera, in Via della Missione 4, a Roma, si terrà la conferenza stampa di presentazione del report del Tavolo Asilo e Immigrazione Ferite di confine. La nuova fase del modello Albania, sulle visite di monitoraggio nel centro di Gjadër effettuate in collaborazione con il Gruppo di contatto del Parlamento italiano e di quello dell’Ue. Il report nasce come prosecuzione e aggiornamento della pubblicazione “Oltre la frontiera. L'accordo Italia-Albania e la sospensione dei diritti”, realizzato dal Tavolo Asilo e Immigrazione a marzo 2025. Gli obiettivi di questo secondo report sono duplici: da un lato, documentare con rigore i contorni giuridici, organizzativi e materiali e le ulteriori criticità sanitarie di questa nuova fase del cosiddetto “modello Albania”; dall’altro, analizzare criticamente gli effetti sulle garanzie individuali e sull’assetto democratico della gestione dei flussi migratori. Tra i parlamentari saranno presenti, tra gli altri, Matteo Orfini, Matteo Mauri, Rachele Scarpa e Paolo Ciani. Ferite di confine TAI

“Che Italia!”: l’Italia plurale che già esiste. Una nuova campagna di comunicazione

25 Luglio 2025 - Raccontare l’Italia reale, quotidiana, già viva e in movimento, fatta anche di nuove italiane e nuovi italiani con background migratorio che ogni giorno contribuiscono alla crescita del Paese. È l’obiettivo di “Che Italia!”, la nuova campagna di comunicazione promossa da una rete di organizzazioni civiche attive sul tema della cittadinanza, della partecipazione e dei diritti. Il progetto – online da oggi con un video racconto collettivo e materiali scaricabili per scuole, associazioni e cittadini – nasce per costruire una narrazione più autentica e inclusiva dell’Italia di oggi. Un’Italia spesso oscurata da stereotipi e divisioni, ma che nelle sue diversità trova energie, competenze e visioni comuni. Promossa da realtà come CISV, CoNNGI, Codiasco, Secondo Welfare, Acra, Generazione Ponte, Viaggi Solidali, Soomaaliya, Nuovi Profili e Migrantour, la campagna è il frutto di un anno di lavoro condiviso tra nuove generazioni, enti del terzo settore e reti educative: "Siamo una coalizione di organizzazioni nata con l’obiettivo di promuovere un concetto di italianità autentico, inclusivo e aperto". Tutte le informazioni, il video e i materiali della campagna sono disponibili sul sito del Cisv Torino. Le scuole, le associazioni e i singoli cittadini sono invitati a contribuire e a promuovere iniziative locali sotto il segno di “Che Italia!”. (fonte: Askanews/Cisv) https://youtu.be/mS8rFh6naCk?si=8yZFxZaFKaPAmx5-

Soccorso in mare, le Ong chiedono cessazione dell’ostruzionismo sistematico contro le loro operazioni

25 Luglio 2025 - Ostacolare le imbarcazioni di ricerca e soccorso significa causare centinaia di morti in mare. 32 organizzazioni chiedono l'immediata cessazione dell'ostruzionismo sistematico contro le operazioni di ricerca e soccorso (Sar) delle Ong da parte dello Stato italiano. "Soltanto nell'ultimo mese, le imbarcazioni delle Ong sono state fermate tre volte a causa di accuse basate sul Decreto Piantedosi", si legge in una nota pubblicata diffusa il 25 luglio. Secondo le Ong, l'introduzione di questi ostacoli legali e amministrativi "persegue un obiettivo evidente: tenere le imbarcazioni Sar lontane dalle aree operative". Da febbraio 2023, le imbarcazioni delle ONG sono state oggetto di 29 fermi amministrativi, per un totale di 700 giorni trascorsi in porto invece di salvare vite umane in mare. Le stesse navi hanno trascorso altri 822 giorni in mare per raggiungere porti assegnati a distanze ingiustificabili, per un totale di 330.000 chilometri di navigazione. Tali misure - si precisa nella nota - "inizialmente riguardavano solo le navi SAR delle organizzazioni non governative" mentre ora estese anche alle imbarcazioni più piccole con un ruolo di monitoraggio. Le organizzazioni firmatarie della nota congiunta chiedono che:
  • I Decreti Piantedosi e Flussi siano immediatamente abrogati, per mettere fine alle disumane richieste che impongono alle imbarcazioni di soccorso di procedere a sbarchi selettivi e all’assegnazione di porti distanti. In conformità con il diritto marittimo internazionale, le persone soccorse devono essere sbarcate senza ritardo nel luogo sicuro più vicino; non possono essere costrette a sostenere lunghi viaggi a fini di strumentalizzazione politica.
  • L'imbarcazione di monitoraggio “Nadir” sia immediatamente rilasciata e che siano definitivamente rimossi gli ostacoli e le pratiche di criminalizzazione contro le attività delle ONG impegnate nella ricerca e soccorso in mare.
  • Gli Stati membri dell'UE adempiano al loro dovere di soccorso in mare e rispettino il diritto internazionale. Le autorità dovrebbero fornire a tutte le imbarcazioni SAR il supporto necessario nelle operazioni di soccorso e assumersi la responsabilità e il coordinamento delle attività di salvataggio di chi si trova in situazione di pericolo in mare.
  • Sia istituita una missione di ricerca e soccorso finanziata e coordinata dall'UE.
  • Siano garantite vie di accesso sicure e legali verso l'Europa, per impedire che chiunque debba salire a bordo di imbarcazioni precarie ed intraprendere viaggi pericolosi o perfino mortali.

(Fonte: Mediterranea)

[caption id="attachment_62159" align="aligncenter" width="1024"]Soccorso in mare (Sar) Mediterranea (foto: Mediterranea)[/caption]

GMMR 2025, mons. Perego: il Papa ci indica “condivisione” e “cooperazione” come segni di speranza

25 Luglio 2025 - Il presidente della Fondazione Migrantes sul Messaggio di papa Leone XIV per la 111a Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato. “La speranza, virtù al centro del Giubileo, guida anche il Messaggio della 111a Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. È il primo messaggio per questa Giornata di papa Leone XIV, in cui, fedele alla scelta di papa Francesco di far coincidere il Giubileo dei migranti e dei missionari – non la Giornata –, egli coniuga insieme i tre temi: speranza, migrazione e missione». Con queste parole il presidente della Fondazione Migrantes e della Commissione episcopale per le migrazioni, S.E. mons. Gian Carlo Perego, accoglie la pubblicazione del testo del Messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, dal tema “Migranti, missionari di speranza”, che si celebrerà nei giorni 4 e 5 ottobre 2025. «Il tema delle migrazioni – continua mons. Perego – richiama la necessità della “condivisione” e della “cooperazione”, contro ogni forma di chiusura e di nazionalismo. La speranza è la virtù che guida il cammino dei migranti, come risulta anche da molte testimonianze dei migranti stessi. Ma anche la fede è una virtù che i migranti donano alle nostre Chiese, una “benedizione” ripete Leone XIV, come già Benedetto XVI e Francesco, per le nostre Chiese e le nostre città, che sono chiamate a impegnarsi in una valorizzazione dei migranti e a costruire un inedito dialogo interreligioso».

👉 Leggi il Messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2025.

Aperte le iscrizioni al Master di II livello in “Diritto delle migrazioni” dell’Università di Bergamo

25 Luglio 2025 - Si sono aperte le iscrizioni (scadenza 16 febbraio 2026) alla XVI edizione del Master di II livello in "Diritto delle migrazioni" dell'Università degli studi di Bergamo, realizzato in collaborazione con Oim (International Organization for Migration), Icmc (International Catholic Migration Commission) e Cir (Consiglio italiano per i rifugiati) e diretto dalla prof.ssa Paola Scevi . Il Master è finalizzato a rispondere alla crescente domanda di competenze professionali necessarie per affrontare le complesse tematiche connesse ai processi migratori, che coinvolgono e segnano in maniera strutturale e permanente il contesto sociale. I destinatari del corso sono i laureati con Laurea magistrale o equipollente (o Laureandi che conseguono il titolo entro tre mesi dalla data di avvio del Master), interessati a sviluppare approfondite conoscenze e competenze specialistiche, nel settore delle migrazioni. Ma anche gli appartenenti ai vari rami dell’Amministrazione centrale e locale, nonché dei servizi alla persona; coloro che operano nel settore delle Organizzazioni internazionali, dei Ministeri, delle Regioni, degli Enti locali, nelle strutture didattiche di vario livello, nonché nelle strutture giurisdizionali, quali giudici di pace e Tribunali per i minorenni; operatori di Onlus, Ong, associazioni di immigrati, organismi di volontariato. gestione delle migrazioni. Il master, che avrà inizio il 10 aprile 2026, ha una durata complessiva di 1500 ore per un totale di 60 CFU, ed è così articolato:
  • 380 ore di formazione (di cui 195 ore in aula e 185 ore in didattica a distanza).
  • 350 ore di stage, progetto di ricerca.
  • 570 ore studio individuale.
  • 200 ore di elaborazione tesi finale.

ℹ Maggiori informazioni sono disponibili nella pagina web del corso: sdm.unibg.it

CONTATTI Per informazioni amministrative: master@unibg.it Per informazioni didattiche: mastermigrazioni@unibg.it Telefono: +39 035 2052872

ActionAid e UniBari, Cpr: rimpatri ai minimi storici e costi altissimi della detenzione

24 Luglio 2025 - Sulla piattaforma “Trattenuti”, promossa da ActionAid e UniBari, i nuovi dati inediti dei 14 centri detentivi attivi in Italia e in Albania. ActionAid e UniBari per la prima volta hanno ricostruito quanti milioni sono stati effettivamente impegnati per l’allestimento dell'operazione Albania fino a marzo 2025, nonostante i centri non siano stati completati: i dati sono ora pubblici sulla piattaforma “Trattenuti”. Ammontano a 570mila euro i pagamenti fatti dalla Prefettura di Roma all’ente gestore Medihospes per 5 giorni di reale operatività: 114mila euro al giorno per detenere 20 persone, tra metà ottobre e fine dicembre 2024, liberate poi tutte in poche ore.   L’allestimento di un posto effettivamente disponibile in Albania è costato oltre 153mila euro. Nel 2024 il Ctra di Porto Empedocle (AG) è costato 1 milione di euro per realizzare 50 posti effettivi (poco più di 21.000 euro a posto). Secondo la nota diffusa da ActionAid, i Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) esistenti alla fine del 2024 erano 11, per una capienza ufficiale del sistema detentivo per stranieri pari a 1522 posti. A ciò si devono aggiungere i 1033 posti ufficialmente realizzati presso i 3 Centri di trattenimento per richiedenti asilo (Ctra) che portano il totale dei posti a 2555. Ma a causa dei ritardi negli allestimenti, delle ripetute proteste e dei continui danneggiamenti subiti dalle strutture, il sistema funziona al 46% della capienza ufficiale a fine 2024. La giustificazione principale per l’esistenza dei Cpr è che rendano più efficace la politica di rimpatrio. Ma il ricorso alla detenzione non appare incidere sul numero di rimpatri effettuati. Nel 2024 si registra il minimo storico dal 2014: solo il 41,8% (2.576) delle persone in ingresso in un centro di detenzione, su un totale di 6.164, è stato rimpatriato. Nella nota, infine, si fa anche presente che nel sistema detentivo sono cresciuti negli ultimi anni i richiedenti asilo, arrivando a essere oltre il 45% delle persone trattenute nel 2024. Il 21% di questi non aveva ancora ricevuto un provvedimento di allontanamento, ma erano trattenuti solo in quanto richiedenti asilo.

Istat: al 31 dicembre 2024 erano 6 milioni e 382 mila gli italiani residenti all’estero

24 Luglio 2025 -
Secondo le stime provvisorie fornite dall’Istat, i cittadini italiani che dimorano abitualmente all’estero al 31 dicembre 2024 sono 6 milioni e 382 mila, 243 mila individui in più rispetto all’inizio dell’anno (6 milioni e 138 mila) per un incremento pari al 4,0%. Sono principalmente uomini (quasi il 52%), risiedono in Europa (54%) e in America (40,9%) mentre il restante 5,1% vive in Africa (1,1%), Asia (1,3%) e Oceania (2,7%). Poco meno di un italiano residente all’estero su tre è nato in Italia e ci sono anche nuovi fenomeni, come quelli che una volta ottenuta la cittadinanza si trasferiscono in un altro paese europeo. L’aumento del numero di cittadini italiani residenti all’estero, spiega l’Istat, è trainato soprattutto dalle acquisizioni di cittadinanza italiana e da una vivace dinamica migratoria. Il saldo migratorio, pari a +103 mila nel 2024, è quasi raddoppiato rispetto al 2023 quando risultò pari a +53 mila. Tale significativa crescita è effetto di un aumento degli espatri e di una riduzione dei rimpatri che, se per l’Italia costituisce una perdita di capitale umano, nei Paesi esteri si tramuta in guadagno. Le nascite (oltre 27mila nel 2024) superano i decessi (oltre 8mila), determinando un saldo naturale di 19mila unità, analogo a quello riscontrato nel 2023. Le nascite si registrano in prevalenza nei Paesi europei (il 68,1%), in particolare in Germania (16,8%), in Svizzera (14,2%) e nel Regno Unito (8,8%). Tra i Paesi dell’Unione europea, la Spagna presenta il tasso di natalità più elevato (5,6 per mille), seguita dalla Germania (5,5) e dalla Francia (5,0), mentre tra i Paesi extra-Ue spiccano la Svizzera (6,0) e il Regno Unito (4,9). I tassi di natalità nel continente americano risultano più contenuti (2,7 per mille), anche laddove si concentra una quota importante di italiani, come ad esempio in Brasile (3,6 per mille) o in Argentina (2,0). Per quanto concerne le acquisizioni della cittadinanza italiana, l’Istituto Nazionale di Statistica ha spiegato che avvengono nella maggior parte dei casi (52% nel 2023, secondo gli ultimi dati definitivi) per discendenza (iure sanguinis). Seguono le acquisizioni per trasmissione al minore convivente (37%) e per matrimonio (11%). (Fonte: Aise/Istat) Istat italiani all'estero

Annecy (Francia): installata la nuova statua di s. Francesco di Sales nella “chiesa degli italiani”

23 Luglio 2025 - Nel corso della celebrazione dell'Eucarestia di domenica 20 luglio, la comunità italiana e tutti coloro che frequentano la cosiddetta "chiesa degli italiani" di Annecy, in Francia, dedicata a San Francesco di Sales, hanno festeggiato l'installazione di una statua dedicata al Santo, dopo la processione e la benedizione dell'opera, tra canti e preghiere. Al termine tutti presenti hanno condiviso nun momento conviviale preparato dalla comunità italiana. Si è trattato di "un ritorno alle radici", ha spiegato don Pasquale Avena, parroco e coordinatore nazionale per le missioni italiane in Francia. "Perché questa chiesa ci accoglie da più di 100 anni, e nel nome di San Francesco di Sales abbiamo ricevuto i doni che il Signore ci ha fatto attraverso la Missione cattolica italiana. Questa chiesa piena di storia, piena di preghiera, di speranza, di lacrime ha ospitato tanti e tanti italiani". Per don Avena, san Francesco di Sales è un uomo e un santo "da riscoprire"; un uomo "preveggente" che "ha saputo percepire e assumere tutte le difficoltà del suo tempo, ha saputo dare con grande saggezza consigli che vanno bene per tutti, direi anche per i non credenti, un uomo di una grande umanità".

Migranti, campagna “Ero Straniero”: più quote senza tutele aumentano l’irregolarità. Serve permesso per attesa occupazione

22 Luglio 2025 - “Aumentare e programmare le quote d’ingresso è positivo, ma non basta: il sistema dei decreti flussi continua a generare irregolarità, sfruttamento e precarietà. Serve un permesso di soggiorno per attesa occupazione per chi resta senza contratto per cause indipendenti dalla propria volontà”. È l’appello che le organizzazioni promotrici della campagna “Ero Straniero” rivolgono in queste ore ai parlamentari chiamati a esprimere un parere sul Dpcm flussi 2026-2028, approvato in via preliminare il 30 giugno scorso. Secondo l’analisi della campagna, aggiornata a giugno 2025, solo il 20% dei richiedenti del 2023 e appena il 12% di quelli del 2024 ha ottenuto un permesso di soggiorno per lavoro. “Il resto – si legge nel documento – vive in precarietà e senza documenti, a rischio sfruttamento, dopo essere entrato regolarmente con visto ma senza riuscire a formalizzare il contratto”. Una delle poche tutele possibili, il permesso per attesa occupazione, “non viene applicato in modo sistematico”: nel 2023 ne sono stati rilasciati solo 648 (0,49% delle quote), mentre nel 2024 appena 179 (0,12%). “Chiediamo – scrivono i promotori – che ne venga prevista l’applicazione automatica in caso di fallimento della procedura per responsabilità del datore di lavoro, e che venga garantita piena informazione ai lavoratori coinvolti”. “Più quote senza tutele – conclude Ero Straniero – significano più invisibili. Il governo lo sa: non si può continuare a ignorare l’elefante nella stanza dell’irregolarità prodotta dallo stesso sistema dei flussi”. (fonte: SIR)

Summer School 2025 sulla mobilità umana: il 31 luglio scadono i termini di iscrizione

21 Luglio 2025 - La XIII edizione della Summer School “Mobilità Umana e Giustizia Globale”, in programma dal 25 al 28 agosto 2025, approda quest’anno a Castellammare di Stabia (NA) e si focalizzerà sul tema dei “figli dell’immigrazione”, confrontandosi con la delicata questione delle seconde generazioni. Le iscrizioni sono aperte fino al 31 luglio 2025. Come avvenuto in tutti i Paesi d’immigrazione, anche in Italia l’irrompere sulla scena pubblica dei giovani con un background migratorio ha l’effetto di ridisegnare l’intero rapporto tra società e immigrazione, facendo emergere tutti i limiti dei “modelli” di integrazione. Al tempo stesso, la condizione e le attese di questi giovani hanno un valore fortemente sfidante.
Il programma
Lunedì 25 agosto, mattina (9.30-13.00)
  • Presentazione della Scuola estiva e del Programma della settimana
Prima sessione tematica: Seconde generazioni a chi?
  • Relazione introduttiva: Laura Zanfrini, professore ordinario di Sociologia delle migrazioni e della convivenza interetnica e direttore scientifico della Summer School, Università Cattolica del Sacro Cuore.
  • Testimonianza: Toni Ricciardi, Associazione “Tesoro” di Zurigo e docente di Storia delle migrazioni Università di Ginevra.
Martedì 26 agosto, mattina (9.30-13.00) Seconda sessione tematica: L’inquietudine identitaria degli adolescenti e giovani con background migratorio.
  • Relazione introduttiva: padre Aldo Skoda, direttore dello Scalabrini International Migration Institute.
  • Testimonianza: Murphy Tomadin, psicologo e psicoterapeuta.
Martedì 26 agosto, pomeriggio (15.00-18.00)
  • Laboratorio condotto dalla Cooperativa Sociale Dedalus, Napoli.
Mercoledì 27 agosto, mattina
  • Visita al “Parco Verde” di Caivano e incontro con don Maurizio Patriciello.
Mercoledì 27 agosto, pomeriggio (14.30-18.00) Terza sessione tematica: Dare un futuro ai ragazzi anche quando la famiglia “non c’è” (o sembra non esserci).
  • Relazione introduttiva: Giovanni Giulio Valtolina, ordinario di Psicologia dello sviluppo UCSC e responsabile settore Minori e Famiglia della Fondazione Ismu Ets, Milano.
  • Testimonianza: Anna Borando, dirigente scolastico.
Giovedì 28 agosto, mattina (9.30-13.00) Quarta sessione tematica: Generatori di bene comune. L’attivismo civico e politico delle nuove generazioni.
  • Relazione introduttiva: Noura Ghazoui, presidente Conngi - Coordinamento nazionale nuove generazioni italiane.
  • Testimonianza: monsignor Pierpaolo Felicolo, direttore generale Fondazione Migrantes.
  • La parola ai partecipanti: impressioni e proposte a ruota libera.
Giovedì 28 agosto, pomeriggio Tavola rotonda. Aprite le porte alla speranza. La cura del futuro come impegno per la Chiesa e la società. Partecipano:
  • S.E. mons. Francesco Alfano, arcivescovo di Sorrento - Castellammare di Stabia;
  • S.Em. card. Fabio Baggio, sottosegretario del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale;
  • Michele Di Bari, prefetto di Napoli;
  • S.E. mons. Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes e arcivescovo di Ferrara - Comacchio.
La Summer School
La Scuola, promossa dalla Fondazione Migrantes, è organizzata insieme all’Università Cattolica del Sacro Cuore e al SIMI (Scalabrini International Migration Institute). Essa persegue un riposizionamento di prospettiva, collocando l’analisi dei processi di mobilità umana all’interno di una riflessione più ampia, che rinvia appunto alla questione della giustizia globale, letta in tutte le sue implicazioni: economiche, politiche, sociali, culturali, etiche e pastorali. La proposta è rivolta in particolare ai direttori regionali, diocesani e collaboratori della Fondazione Migrantes. È indirizzata anche ai Coordinatori nazionali e Cappellani etnici e ai Delegati/Coordinatori nazionali e ai cappellani per gli italiani all’estero.

Per ulteriori informazioni valentina.cerutti@unicatt.it +39 02 7234 5718 formazionecontinua.unicatt.it

Teologia pastorale interculturale e Teologia della mobilità umana alla Pontificia Università Urbaniana

19 Luglio 2025 - 18 Luglio 2025 - La Facoltà di Teologia della Pontificia Università Urbaniana propone per l'anno accademico 2025/2026 la licenza/dottorato in Teologia pastorale interculturale e Teologia della mobilità umana. L’obiettivo del percorso accademico è quello di abilitare gli studenti alla comprensione dei percorsi e paradigmi interpretativi della teologia e della prassi (pastorale, missione, evangelizzazione) nei processi glocali segnati dal fenomeno della mobilità umana e nei contesti sociali ed ecclesiali caratterizzati dalla multiculturalità. Tale percorso, sia nella dimensione teorica che della prassi, attinge dalle scienze teologiche e umane/sociali, privilegiando il confronto tra le diverse discipline per formare esperti e operatori con competenze di analisi, interpretazione, dialogo, comunicazione e progettazione. Il conseguimento del titolo di Licenza si ottiene maturando un totale di 120 ECTS (72 per corsi e seminari, 30 per l’elaborato scritto, 18 per l’esame comprensivo). Nel biennio lo studente dovrà frequentare 5 corsi comuni a tutte le specializzazioni, 16 corsi propri e 3 seminari.

ℹ Per dettagli e maggiori informazioni, si può consultare la brochure e/o visitare il sito dell'Università.

Università

“Conosci la tua patria, l’Ungheria”. Il campo scuola per i bambini ungheresi residenti in Italia

19 Luglio 2025 - Tra il 5 e il 12 luglio 2025 si è tenuta a Roma presso la Casa di Santo Stefano il secondo campo scuola per i bambini della diaspora ungherese residenti in Italia, con il tema “Conosci la tua patria, l'Ungheria”. Il campo è stato reso possibile dall'Associazione degli Scout Ungheresi all'estero, con il sostegno del Ministero ungherese della Presidenza del Primo Ministro ungherese e del Servizio pastorale ungherese all'estero della Conferenza episcopale cattolica ungherese. Don András Törő, il coordinatore nazionale degli ungheresi in Italia, ha supervisionato ogni momento del campo. In questa seconda edizione hanno partecipato al campo 27 bambini di età compresa tra i 6 e i 14 anni, che hanno lavorato in tre gruppi con tre insegnanti qualificati per un'ora e mezza due volte al giorno. Il tema di quest'anno ha offerto una ricca varietà di opportunità: i bambini hanno imparato a conoscere la geografia, la storia, la letteratura, le belle arti e le tradizioni dell'Ungheria e a leggere e scrivere in ungherese. Ogni giorno, in programma, anche tante attività ludiche, animate da due scout provenienti dall'Ungheria e dalla Transilvania. [caption id="attachment_61806" align="aligncenter" width="1024"]Campo Scuola bambini ungheresi (foto: Fondazione Santo Stefano d’Ungheria)[/caption]

Mons. Savino (Cei): “Senza accoglienza, l’Europa perde sé stessa”

18 Luglio 2025 - A margine della tavola ro­tonda “I Nord e i Sud del mondo: quali relazioni oggi?”, promossa da Progetto Continenti il 14 giugno pres­so il Convento di Sant’Andrea a Collevecchio (RI), "Migran­ti Press" ha intervistato S.E. mons. Francesco Savino, ve­scovo di Cassano all’Jonio e vi­cepresidente della Conferenza episcopale italiana per l’Italia meridionale. Eccellenza, c’è stato un tempo in cui l’Europa discuteva animata­mente circa la propria identità e le proprie radici cristiane. Oggi quel­ le radici sembrano affiorare solo nei discorsi, ma non nelle scelte. Di fronte a un’Europa che si chiu­de, che si mostra fragile e diso­rientata sul tema delle migrazio­ni, lei ha parlato di “smarrimento”. È forse questo lo smarrimento di chi ha perso memoria delle pro­prie radici? Sì, ho parlato volutamente di smarrimento. Non si tratta solo di una crisi politica o sociale: è, prima ancora, una crisi di sen­so. L’Europa sembra aver perso il filo della propria narrazione fondativa, quello che univa di­ritto e misericordia, giustizia e accoglienza. Il dibattito sul­le “radici cristiane” si è spes­so ridotto a una sterile conte­sa ideologica, dimenticando che il Vangelo è innanzitut­to prossimità, non uno slogan identitario. Oggi quelle radici affiorano nei discorsi, ma raramente ispira­no scelte coraggiose. Occorre­rebbe tornare a ciò che san Pa­olo VI chiamava “umanesimo integrale”: un’Europa fonda­ta su un’idea alta dell’umano, capace di custodire i più fragi­li come pietre angolari del pro­getto comune (cfr Ef 2,20). Lo smarrimento attuale è il segno di una memoria tradita. Non si può custodire la memoria sen­za la fatica del discernimento storico e spirituale. La gestione delle migrazioni è la cartina al tornasole di una civiltà. Quando l’altro è visto solo come un capro espiatorio e non come una rivelazione di senso, significa che abbiamo reciso le radici evangeliche che parlano di “forestiero accolto” (cfr Mt 25,35). L’Europa che si chiude è un’Europa impaurita, e la paura – come insegna Ro­berto Esposito – è sempre cat­tiva consigliera nella costru­zione dell’ordine politico. Ma se tornassimo a vedere in ogni volto migrante il riflesso di Cri­sto, allora sì, quelle radici di­venterebbero carne, decisione, civiltà. “Sogno un’Europa solidale e gene­rosa. Un luogo accogliente ed ospi­tale, in cui la carità – che è som­ma virtù cristiana – vinca ogni forma di indifferenza e di egoi­smo”, scriveva papa Francesco nel 2020. Oggi, però, sembra preva­lere un’Europa chiusa e impauri­ta, che fatica a riconoscere il vol­to umano del migrante. Quanto ci siamo allontanati da quel sogno? Ci siamo allontanati da quel sogno tanto quanto ci siamo allontanati dal Vangelo. Per­ché quel sogno non è un’u­topia astratta: è il riflesso più concreto dell’annuncio cristia­no, che ci chiede di riconoscere nel volto dell’altro – soprattut­to nel volto sofferente, stranie­ro, vulnerabile – la carne stessa di Cristo. Oggi l’Europa sembra vivere una forma di afasia mo­rale: non trova più le parole, né le categorie, per riconoscere l’altro come fratello. È il segno di una deriva cultu­rale e spirituale, in cui il sogno della fraternità è stato sop­piantato dalla retorica della paura. In molti Paesi europei assistiamo al riemergere di for­me di nazionalismo difensivo, che costruiscono l’identità sul rifiuto dell’altro. Come ha luci­damente osservato Tony Judt, il problema non è solo l’oblio, ma la manipolazione del passato a fini identitari: la costruzione della nazione si accompagna troppo spesso a un racconto mitico, epurato dalle respon­sabilità storiche, che giustifica chiusure e autoassoluzioni. Anche Paul Ricoeur, nella sua opera La memoria, la storia, l’o­blio, ci ammonisce sull’ambi­valenza della memoria: essa può essere forza di riconcilia­zione, ma anche strumento di esclusione, se ridotta a narra­zione unilaterale. Ecco perché una memoria davvero cristia­na deve essere memoria ospi­tale, aperta all’altro e capa­ce di trasformare la storia in responsabilità. Oggi, al contrario, si innalzano muri, si esternalizzano le fron­tiere, si criminalizza il soccor­so. Eppure, la carità, che papa Francesco chiamava “somma virtù cristiana”, non è un’ap­pendice dell’agire politico: è il suo cuore dimenticato. Sen­za carità, anche la giustizia si svuota. E senza accoglienza, l’Europa tradisce sé stessa. Siamo dunque lontani da quel sogno, sì. Ma il sogno resta. Ed è nostro compito – come Chie­sa e come cittadini – renderlo ancora abitabile. La speranza non è ingenuità, ma forza tra­sformativa. Abbiamo bisogno di un’Europa più unita nella compassione che nei trattati, capace di riconoscere che la di­fesa della dignità umana viene prima di ogni confine. Dal 2013 si stima che oltre 30.000 persone abbiano perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Euro­pa attraversando il Mediterraneo. Dopo la tragedia di Cutro, nel feb­braio 2023, lei ha parlato di un “fallimento collettivo” che pesa come una colpa storica, denuncian­do una “miopia politica”, ma anche una “cecità spirituale”. Le migra­zioni ci interpellano come cristia­ni, ancor prima che come cittadini. Non dovremmo allora chiederci se, oltre all’inadeguatezza della poli­tica, vi sia anche una difficoltà pro­pria del Popolo di Dio nel ricono­scere nelle migrazioni un autentico “segno dei tempi” da leggere e in­terpretare alla luce del Vangelo? Sì, è una domanda profonda e imprescindibile. Le migrazio­ni non sono soltanto un feno­meno sociale o politico, ma un segno dei tempi, nel senso più vero che il Concilio Vaticano II ha dato a questa espressione. Sono il grido della storia che reclama di essere ascoltato alla luce del Vangelo. Se non impa­riamo a leggere questi drammi come vere e proprie realtà teo­logiche, rischiamo di separare la fede dalla realtà, il culto dalla giustizia, la liturgia dalla carità. La tragedia di Cutro, come le migliaia di vite spezzate nel Mediterraneo, sono “epifa­nie” della nostra indifferenza strutturale: riflettono una ci­viltà che ha smarrito la gram­matica della compassione. Per questo parlai – e oggi ribadisco – di un fallimento collettivo, che riguarda non solo le isti­tuzioni, ma anche la coscien­za ecclesiale e della comunità. Se un’intera generazione re­sta muta davanti alla morte dei poveri in mare, significa che qualcosa si è rotto non solo nel sistema, ma anche nell’anima. La Chiesa, Popolo di Dio in cammino, è chiamata a una conversione profonda: non può restare neutrale davanti al gri­do dei migranti, né limitarsi a offrire solo assistenza caritati­va, per quanto indispensabile. È tempo di una pastorale pro­fetica, capace di alzare la voce contro le ingiustizie strutturali e di accompagnare i migran­ti come sacramenti di una pre­senza divina che ci visita nel povero, nel perseguitato, nel naufrago. In questo senso, il Vangelo ci precede: non ci chiede il per­messo per essere annunciato nelle periferie del mondo. “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’og­gi [...] sono anche le gioie e le speranze, le tristezze e le an­gosce dei discepoli di Cristo” (GS 1). Il fenomeno migrato­rio è oggi uno dei nodi centrali della storia della salvezza, per­ché ci obbliga a domandarci non solo “cosa dobbiamo fare”, ma soprattutto “chi vogliamo essere”. Non possiamo accettare che il Mediterraneo sia ormai un grande cimitero liquido, né re­stare prigionieri di una spi­ritualità disincarnata, che consola ma non converte. Ac­cogliere non è solo un gesto etico, ma una scelta escatolo­gica: una risposta concreta alla presenza viva di Dio nei poveri. Vorrei concludere spostando il no­stro sguardo dalle migrazioni for­zate a quella presenza silenziosa – o, meglio, silenziata – costituita da oltre 5 milioni di stranieri rego­larmente e stabilmente residenti nel nostro Paese. Il cardinale Zup­pi, in più occasioni, ha denunciato i rischi di una lettura politicizzata e strumentale del fenomeno migra­torio, sottolineando, invece, la ne­cessità di affrontarlo con coraggio politico e senso di responsabilità sociale. Alla luce dell’esito del re­cente referendum sulla cittadinan­za, le chiedo: possiamo dire che, allo stato attuale, in Italia manchi­no proprio quel coraggio politico e quel senso di responsabilità auspi­cati dal presidente della Cei? Sì, possiamo dire che in Italia manca ancora quel coraggio politico e quel senso di respon­sabilità sociale auspicati dal cardinale Zuppi. Il referendum sulla cittadinanza ha mostra­to quanto il tema resti fragile, spesso banalizzato o strumen­talizzato politicamente, nono­stante si tratti di una questio­ne fondamentale per la qualità della nostra democrazia. Parliamo di oltre 5 milioni di persone straniere stabilmen­te residenti, molte delle qua­li pienamente integrate nella vita del Paese, ma escluse dal riconoscimento giuridico. È una zona grigia che contraddi­ce il principio di giustizia. Detto questo, è importante ri­conoscere anche i segnali posi­tivi. Penso al recente Protocol­lo d’intesa firmato tra la Cei e il ministero dell’Interno, che rafforza la colla­borazione tra istituzioni civili e realtà ecclesiali per un’acco­glienza diffusa, dignitosa e so­stenibile. È un passo concreto che dimostra come sia possi­bile coniugare legalità e soli­darietà, coesione sociale e ri­spetto delle regole. Da queste sinergie può nascere una po­litica migratoria più giusta, umana e lungimirante. Come cristiani, non possiamo accontentarci di uno sguar­do neutrale o rinunciatario. La Parola di Dio ci interpella con forza: ci chiama a essere un popolo dell’accoglienza, non spettatori passivi di un mon­do ferito, ma testimoni attivi di una storia di riconciliazione. Non basta osservare le ingiu­stizie da lontano: siamo chia­mati a incarnare il Vangelo nei luoghi dove si decide il destino dell’umano. La cittadinanza, in questa pro­spettiva, non è solo un atto le­gislativo, ma una forma di re­sponsabilità reciproca: è il gesto con cui riconosciamo l’altro non come ospite tempo­raneo, ma come parte viva del­la comunità. Come ha scritto papa France­sco nella Fratelli tutti, “nessu­no può affrontare la vita isola­tamente” (n. 30). È un principio che vale anche per le nazio­ni. Riconoscere i nuovi italia­ni, accompagnare i percorsi di integrazione, superare la logi­ca dell’eccezione e della paura: sono tutte tappe essenziali per costruire una società più giusta, matura e fedele al Vangelo. (Elia Tornesi in Migranti Press 6 2025) [caption id="attachment_61802" align="aligncenter" width="1024"]Europa, Futuro (foto: Calvarese/SIR)[/caption]

Migranti: “Sportellino”, una guida digitale per chi affronta la burocrazia italiana

18 Luglio 2025 - “Una delle difficoltà maggiori è trovare informazioni affidabili e aggiornate in una lingua comprensibile – inclusi i documenti richiesti per appuntamenti specifici, dove andare per richiedere determinati permessi e come funzionano davvero le pratiche nella realtà”. A dirlo è Viktor Seibert, 32 anni, giovane imprenditore sociale tedesco e fondatore di “Sportellino”, un chatbot basato su intelligenza artificiale disponibile su WhatsApp e Telegram, pensato per aiutare le persone con background migratorio ad orientarsi nella burocrazia italiana. Il servizio è anonimo, gratuito, multilingue e aggiornato sulla base di fonti ufficiali e verifiche condotte con operatori e facilitatori. “L’intelligenza artificiale – spiega Seibert – non sostituisce l’intervento umano, ma agisce come prima linea di orientamento, riducendo lo stress e i tempi d’attesa, e permettendo alle persone di arrivare più preparate ai loro appuntamenti”. Il progetto, realizzato da un piccolo team di esperti del settore, intende offrire uno strumento semplice e accessibile per garantire diritti e inclusione. “Se usata nel modo giusto, la tecnologia può rendere informazioni e servizi più accessibili, far sentire meno smarrite le persone e offrire loro una migliore possibilità di partecipare alla società”, conclude Seibert. (fonte: Sir) Sportellino

Un documento dei giovani del Comece sulle politiche migratorie e di asilo dell’Unione europea

17 Luglio 2025 - Si intitola “Politiche migratorie e di asilo nell’Ue: un focus sull’integrazione” il documento redatto da Youth Net, organo consultivo all’interno del Segretariato della Comece (Commissione degli episcopati dell’Unione europea). Il testo, pubblicato oggi a Bruxelles, sede della Comece, è stato definito durante l’incontro primaverile di Youth Net a Budapest, che ha riunito giovani delegati delle Conferenze episcopali dell’Ue. Il documento esplora le dimensioni chiave dell’integrazione, tra cui la realizzazione professionale e il rispetto della dignità umana, la crisi demografica e il ruolo degli approcci basati sulla comunità, nonché il rapporto tra migrazione e sicurezza. La stesura del documento – precisa il segretariato Comece – incorpora i risultati di un sondaggio diffuso durante l’anno trascorso tra i membri di Youth Net. Sulla base delle risposte, i giovani hanno formulato raccomandazioni alle istituzioni dell’Ue e agli Stati membri per “migliorare l’integrazione dei migranti in tutto il continente”. Tra i suggerimenti politici inclusi nel contributo, che giungono dopo una diffusa analisi del fenomeno migratorio, figurano: rafforzare il dibattito pubblico attraverso l’educazione e la trasparenza dei dati sulla migrazione; rafforzare la cooperazione e la coerenza delle politiche a livello Ue, in particolare nell’attuazione del Patto sull’asilo e la migrazione; promuovere società inclusive sostenendo le comunità locali; promuovere programmi di integrazione coerenti. (fonte: Sir/Comece)