Tag: Mci

Gli italiani nel mondo. E la Chiesa con loro: martedì una puntata con la comunità italiana di Bruxelles

19 Gennaio 2022 - Roma -  Martedì 25 gennaio 2022, andrà in onda la quinta puntata de «Gli italiani nel mondo. E la Chiesa con loro».  Due saranno i collegamenti. Il primo, con Don Gregorio Aiello residente a Genk e responsabile della locale Missione Cattolica Italiana. Il secondo, con don Claudio Visconti e Alessia Martinelli. Entrambi attivi nel Foyer Cattolico Europeo di Bruxelles, all’interno del quale la comunità di lingua italiana è presente sin dalla fondazione. Il buon nome degli italiani, in quella nazione, è stato onorato da generazioni di emigrati e dal loro faticoso lavoro. Stima, hanno raccolto pure figure apicali. Come Paola Ruffo di Calabria, nata in Italia, attualmente regina madre dei Belgi; e David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, scomparso prematuramente lo scorso 11 gennaio. La trasmissione - in diretta su Radio Mater dalle ore 17.30 alle ore 18.30, l’ultimo martedì di ogni mese - presenta alcune Missioni cattoliche italiane, soprattutto europee. Esse, sono animate da circa 700 operatori (laici/laiche consacrati e non, sacerdoti diocesani e religiosi, suore). > La rubrica è ideata e condotta da Massimo Pavanello, sacerdote della diocesi di Milano, con la consulenza della Fondazione Migrantes. Come ascoltare la Radio: Radio www.radiomater.org si può ascoltare - in Italia - attraverso la radio o la televisione. In tutto il mondo, scaricando la app dedicata; oppure, all’indirizzo internet https://www.radiomater.org/it/streaming.htm  

Mci: un ricordo di don Eraldo Carpanese

17 Gennaio 2022 -

Roma - “Se il pane può diventare Gesù, io posso diventare Gesù!”: questa intuizione del fanciullo Eraldo alla sua Prima Comunione è la cifra di lettura della vita e dell’opera del sacerdote don Eraldo Carpanese, della cui morte il 29 luglio 2021 in età di 85anni abbiamo saputo soltanto recentemente. Una “intuizione”, quella del fanciullo confermatasi in lui già sacerdote con una riflessione dello scienziato focolarino Piero Pasolini: diventare uni in Cristo è “come l’idrogeno e l’ossigeno, che pur rimanendo idrogeno e ossigeno, unendosi diventano acqua. È il principio fondamentale dell’evoluzione”. La famiglia di provenienza è una famiglia religiosa e numerosa: sei fratelli, due femmine e quattro maschi di cui uno   sacerdote morto dieci anni fa. Ed Eraldo, ultimogenito, diventerà a sua volta sacerdote della diocesi di Bobbio nel maggio 1961. E viene inviato in aiuto al fratello Giovanni parroco. Nel 1965 partecipa alla “Scuola sacerdotale” presso il Movimento dei Focolari fondato da Chiara Lubich.  Fu per lui una rivelazione esistenziale della centralità dell’amore di Dio nella vita dell’uomo: “ero già prete, poi ho incontrato Dio” scriverà. Con questo spirito accetta nel 1966 l’invito del suo Vescovo, mons. Pietro Zuccarino, di partire missionario per gli emigrati italiani in Germania ove gli viene affidata la filiale Muelbacker della Missione Cattolica Italiana di Ludwigsburg nel Baden-Wuettenberg.  Ma già nel 1968 gli viene chiesto di spostarsi a Londra nel pieno delle contestazioni giovanili per sostenere il Centro Giovanile Italiano della locale Missione italiana. Dopo due anni gli viene chiesto un ulteriore spostamento, questa volta in Svezia a Stoccolma, una sede resasi vacante per il rientro in Italia in quell’anno del padre francescano conventuale Giulio Masiero dopo 15 anni di intenso ministero. La Svezia notoriamente avanzata nei servizi sociali e con   una prospera situazione economica è un paese fortemente laico e libertario, ma con un tasso di suicidi dell’11,73 % l’anno su 100mila abitanti e con   la religione preminente, la evangelica, al 56% della popolazione ed una frequenza del 2% e quella minoritaria, la cattolica, era soltanto l’1,6% della popolazione. Tempo atmosferico freddo, sistemazione precaria e strutture pastorali al minimo, dispersione degli italiani, non conoscenza della lingua, comunità cattolica locale di stile rigido. Unica consolazione: un gruppo femminile di focolarine al servizio del Vescovo Taylor.  Dopo otto giorni conclude: “ma qui non si può vivere”.  E tenta Dio facendo testa e croce con una monetina: croce vuol dire restare, testa invece partire. Vien fuori tre volte croce. E resta dopo le non poche perplessità iniziali per ben 18 anni, concludendo: “ho capito che quello che vuole il Signore è veramente la cosa migliore”. A Stoccolma, inserendosi nel servizio della chiesa cattedrale St. Erik, e favorito dal buon lavoro del citato predecessore p. Masiero, esprime la ricchezza e la gioia dei suoi doni di immaginazione, entusiasmo e dedizione impostando la pastorale della città e zona sui giovani e fanciulli, costruendo un clima familiare, aperto, fondato sull’amicizia e lo stare insieme anche con convivenze e nel servizio ai fratelli vicini e lontani sempre con accoglienza cordiale, aperta senza pregiudizi od esclusioni.  Nell’intento anche di coinvolgere la comunità intera. Nei primi due anni lo raggiunge don Pierino Rogliardi da Torino, pure focolarino.  Insieme   organizzano il Gruppo A.G.I.  (Associazione Giovani Italiani) che si articolava in cinque sottogruppi: i giovani (30 membri) per approfondire la fede; coro e bambini (25 giovanissimi) per vivacizzare le feste, le Messe, gli incontri, sport (due squadre di “azzurri”), cultura (genitori ed insegnanti) per corsi di lingua, ripetizione ed altro. Dopo la Messa domenicale il catechismo ai bambini mentre i genitori si trattenevano insieme in una sala adiacente con offerta di colazione.

Il vescovo mons. Brandenburg, che lo stimava molto, ha chiesto ed ottenuto che divenisse “cameriere segreto di S. Santità”, con il titolo di “monsignore”. Nel 1988 viene richiamato in diocesi dal suo Vescovo di Bobbio Mons. Giacomo Barberino per divenire parroco di Rovegno in Val Trabbia (200 abitanti) ove resta fino al 1993. Anno in cui, e fino al 2000, è parroco moderatore di Bardi insieme a due confratelli, don Carlo Tagliaferri e don Dante Concari, con i quali servire 13 parrocchie vivendo in comunità. Nel 2000 viene trasferito nella sua parrocchia di origine, S. Stefano d’Aveto. Un gradito ritorno. Ma un male insidioso, il Parkinson, insorge e lo obbliga a rinunciare nel 2006.  Pittura e musica erano la sua passione. Con dispiacere non riesce più a suonare la chitarra, compone tuttavia ancora inni (“San Sté”, inno a S. Stefano, nel 2008 e nel 2011 un pezzo per corale polifonica “Ti voglio bene”). Riesce invece per più lungo tempo a dipingere. Nel 2013 conclude una tavola di due metri per quattro dedicata a Maria Madre delle Genti che ancora oggi decora la facciata del Santuario di Val di Strà in Val Tidone.  Ha scritto anche sei libri con poesie e riflessioni molto apprezzate. Pittura e musica soprattutto ma anche gli scritti rivelano la sua interiore ricchezza e una fede serena. Arte e malattia il suo ultimo insegnamento.

Bene ha riassunto vita ed opera di don Eraldo il suo vescovo mons. Adriano  Cevolotto celebrandone i funerali  il 31 luglio nella chiesa-santuario della Madonna di Guadalupe di S.Stefano d’Aveto:  “respiro di universalità della Chiesa e  testimonianza evangelica”. Da Stoccolma l’attuale missionario mons. Furio Cesare   ha inviato la commossa e riconoscente partecipazione della comunità italiana che lo ricorda ancora in benedizione. (mons. Silvano Ridolfi)

La rete: strumento per costruire ponti anche con i giovani delle MCI

22 Marzo 2021 - Milano - Dallo scorso marzo 2020 la nostra vita è stata stravolta dal Covid19 che ci ha costretto a chiuderci in casa, lavorare da remoto, non poter andare a scuola, fare sport, ecc…. Per le nostre comunità cristiane ciò ha significato perdere la bellezza delle relazioni che caratterizzano tutte le attività che proponiamo ai bambini, preadolescenti, adolescenti, giovani e famiglie nei nostri oratori. Abbiamo dovuto chiudere i cortili e rimetterci in gioco in una dimensione sino ad ora mai percorsa: il Web! Un mondo dove la fede è relegata ad un pubblico di nicchia e la maggior parte dei nostri giovani lo vive solamente per navigare sui social e per giocare ai videogiochi. Il troppo tempo passato nel Web ha portato tanti di loro a chiudersi in mondi virtuali isolanti privi di emozioni relazionali e ha scatenato apatia e fatica. Noi educatori ci siamo interrogati e dopo un primo smarrimento abbiamo trovato nella rete, attraverso incontri e materiali, lo strumento che ha permesso di tenere vivi i rapporti e continuare a trasmettere la bellezza del Vangelo. Anche negli oratori di Busto Arsizio dove lavoro, per la Cooperativa Aquila e Priscilla - Diocesi di Milano come coordinatore, ho pensato che la via da percorrere fosse il Web. Ho cercato di rielaborare con fantasia una nuova proposta educativa e di fede senza copiare nella dimensione social quello che si fa in presenza perché le dinamiche sono diverse e occorre stimolare e dare spunti nuovi per giocarsi ed essere coinvolti. Proprio questa fantasia mi ha permesso, in piena condivisione con il mio parroco don Gaudenzio, di ideare il percorso “La rete: strumento per costruire ponti”. Mi sono chiesto: come possiamo mettere in contatto adolescenti e giovani sparsi per il mondo? Attraverso la rete! Ed ecco che quest’ultima diventa lo strumento per costruire ponti, permette di potersi incontrare in ZOOM per conoscersi, chiacchierare e raccontare come si vive la fede nella comunità in cui si vive. Nel progetto sono state coinvolte la Comunità Cristiana italiana di Barcellona (con don Luigi Usubelli) - Spagna, la Missione Cattolica di lingua italiana nel cantone di Lucerna – Svizzera (con Don Mimmo Basile e le collaboratrici suor Selvije e Maria Carminitana), il Centre Eucharistique Mokolo II Dernier Poteau – Camerun (con Padre Joseph Desiré Mvongo) e gli Oratori SS Redentore e Maria Regina di Busto Arsizio - Italia. Quattro realtà tra loro diverse ma unite dall’amicizia con Gesù e dalla voglia di giocarsi. Quest’ultima ha permesso di dar vita a uno scambio di idee, di storie di vita e di fede tra i giovani collegati. La bellezza di raccontarsi ha aperto anche a storie personali, idee nel campo dello studio, la conoscenza delle abitudini delle città che ospitano le comunità coinvolte e ha dato ai giovani uno strumento per costruire legami che si spera permetterà loro di incontrarsi di persona una volta superata la pandemia. Significativo, attraverso il racconto di Padre Joseph, poter conoscere una realtà parrocchiale e giovanile in Camerun perché ci ha aperto all’universalità della Chiesa. Questa universalità può essere raccontata e vissuta attraverso la rete. Provate a pensare: chi mai avrebbe detto che nel 2021 quattro realtà giovanili tra loro sconosciute si sarebbero incontrate? Ebbene sì è stato possibile utilizzando la rete e facendola diventare strumento per unire e spazio di crescita reciproca. Una cosa che ho imparato in questo tempo inedito è che nulla tornerà come prima e che il Vangelo ha mille strade per essere annunciato e la rete è una di queste. Come diceva Gesù: “avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra.” (Atti 1,8) Noi ci siamo e siamo pronti per questa sfida perché #loratoriocè!  (Davide Romanò)    

La missione oggi: la voce dei missionari con gli italiani nel mondo

15 Ottobre 2020 - Roma - A pochi giorni dalla Giornata Mondiale Missionaria, che si celebrerà domenica prossima, una domanda si pone: “ha senso ancora oggi nel 2020 parlare di missione? Ha senso ancora oggi parlare di missionari?”. Il missionario, meglio il sacerdote, suora o laico/a, che si prende a cuore la cura spirituale dei propri connazionali residenti come lui/lei in una nazione altra dalla propria, è colui – spiega don Valeriano Giacomelli, delegato per le Missioni Cattoliche di Lingua Italiana in Romania - che dovrebbe “mostrare” gli effetti della “presenza di Dio nella sua vita, colui che è cosciente del fatto che il frequentare Dio, nutrirsi di Lui, Parola ed Eucarestia, accogliere Lui nel fratello e nella sorella che incontriamo ogni giorno, mettendosi al loro ‘servizio’, sia la cosa più normale, bella e saggia che una persona possa fare”. Per don Giacomelli occorre “primariamente informare”, cioè far giungere ai nostri connazionali, tramite il passaparola, tramite i normali mezzi di comunicazione e, “perché no, valorizzando e chiedendo ‘ospitalità’ ai vari gruppi social di associazioni italiane già presenti sul territorio, la notizia che, in questa o quella città, c’è una Messa in italiano, ci sono in lingua italiana delle iniziative di tipo aggregativo, catechetico/pastorali. Se si trovano le possibilità, dar vita a delle riviste o gruppi social come abbiamo fatto anche noi qui in Romania con il settimanale Adeste o con il Facebook”. Nella sua riflessione il sacerdote italiano, da oltre venti anni al fianco degli italiani che, per vari motivi, si ritrovano a vivere di passaggio o più o meno stabilmente in Romania, sottolinea che questa esperienza ha “accresciuto” la convinzione che, per “poter rafforzare e/o sostenere la vita di fede, speranza e carità dei nostri connazionali, occorre innanzitutto mettersi umilmente al loro fianco tramite un atteggiamento di ascolto empatico e, con tanta delicatezza, ma anche risolutezza, cercare di aprire loro la mente e il cuore affinché colgano la presenza di Dio che è un buon Padre che ricopre ogni persona del suo affetto e che viene sempre incontro a tutti per accoglierli o riaccoglierli”. “Accoglierli o riaccoglierli” è un’azione questa da parte di Dio che il “missionario” è “chiamato a mediare. Ci sono molti connazionali con i quali occorre primariamente avere un approccio umano e questo perché si tratta di persone che hanno trascurato, già dall’Italia, il loro rapporto di fede”. Per il delegato una sfida importante è quella legata ai giovani italiani che arrivano in Romania per frequentare le università romene in modo stabile o tramite il programma Erasmus: “anche nei loro riguardi credo sia importante andare là dove si trovano e cioè nelle università da loro frequentate e fare loro delle proposte concrete che siano anche di tipo caritativo oltre che spirituale”. Si dice convinto che oggi c’è necessità di essere “per strada” don Luigi Usubelli, missionario con gli italiani a Barcellona: “io, per ironia, mi definisco un ‘prete per strada’ e non un ‘prete di strada’ perché penso che c’è il modo di accogliere il dono dell’imprevedibile che lo Spirito ci suggerisce e ci propone. Bisogna camminare, stare – spiega – concretamente per strada, creare incontri, creare opportunità di incontro e raccogliere quelle opportunità che la vita ci offre”. Don Usubelli parla di “doppio movimento di missione con gli italiani all’estero oggi: radunare e raggiungere”. “Radunare i diversi livelli pastorali quindi fare comunità” e raggiungere cioè “recuperare questa dimensione di uscire e raggiugere le persone italiane che vivono qui con la nostra presenza discreta presente”. Per “chiamare – spiega il sacerdote italiano - bisogna mettersi ‘per’ e raggiungere le persone ed essere raggiungibili”. La scelta di andare a lavorare in Missione per don Pierluigi Vignola, missionario con gli italiani ad Amburgo – “è una scelta di chi dopo anni di servizio, e con una certa ‘base’ alle spalle, voglia fare l’esperienza nuova. Non mi sarei mai immaginato – dice - di venire in una terra la cui lingua per me è sempre stata ostica, e che mi si disse durante il dottorato di studiarla perché serviva per la Teologia. Mai fatto, ma era destino dover studiare il tedesco. Da qui nasce l’esperienza di chi ha avuto ed ha come preoccupazione principale ed attenzioni prioritarie le famiglie in una Missione con circa 30.000 persone: famiglie da istituire o sostenere e quelle da coinvolgere ed animare. Le famiglie italiane – aggiunge don Pierluigi - con la loro religiosità semplice e tanta devozione, non fa sentire il peso del servizio, anzi sempre più la gioia di trasmettere come gli apostoli la Parola di Dio”. Ecco allora che l’essere prete in missione diventa “ogni giorno sempre arricchente. Anche se non sono mancati e non mancano problemi e limiti, posso dire che in questi sei anni ho cercato di far entrare ancor più profondamente la missione nel cuore della nostra gente”.  Effettivamente – aggiunge don Domenico Basile, missionario con gli italiani a Lucerna in Svizzera -   può sembrare superfluo forse usare due termini come missione e missionario, soprattutto “per noi che viviamo in Svizzera. Potevano essere usati una volta per indicare l’opera evangelizzatrice di coloro che partivano per i continenti per annunciare il Vangelo di Gesù a quei popoli che mai avevano sentito parlare di Lui; ma oggi nel mondo della globalizzazione, molti dicono che non ha più senso parlare di missione e di missionari. Eppure, personalmente, penso che soprattutto oggi sia necessario appropriarsi del significato ‘genuino’ di questi due termini che non vanno mai persi (per brevità di spazio non posso dilungarmi sulla mia riflessione) ma penso che sia ‘urgente’ soprattutto oggi parlare di Missione e di missionari e non solo come presbiteri o consacrati, bensì come battezzati”. Don Basile è in Svizzera da 25 anni a servizio delle Comunità di lingua italiana e “il mio essere qui in questo contesto elvetico è come dice il papa Francesco ‘il riflesso della gratitudine di quanto si è ricevuto’: mai finirò di dire grazie al Signore per il dono del Battesimo e ancor più per il dono del Sacerdozio ministeriale”. È vero che la “nostra azione missionaria in Svizzera è cambiata, ma la nostra opera e proposta evangelica rimane sempre valida e attuale per i nostri tempi”.

Raffaele Iaria

Mci Europa: annullato il pellegrinaggio annuale a Lourdes

7 Maggio 2020 - Bruxelles - Il coordinatore del pellegrinaggio europeo delle Missioni Cattoliche Italiane a Lourdes, don Gregorio Aiello della Mci di Genk in Belgio, ha informato che il pellegrinaggio previsto per il 20-24 maggio 2020 è stato annullati. Al momento, infatti, non sono ammessi pellegrinaggi. Il sito internet del santuario (https://www.lourdes-france.org/de/) prevede un accompagnamento per singoli e per piccoli gruppi a partire dal mese di luglio fino a tutto settembre.