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La diocesi di Cefalù consegna 240 divise per i bambini della scuola di Obala realizzate con il contributo della Fondazione Migrantes

2 Settembre 2022 - Cefalù - Si è concluso da pochi giorni il secondo viaggio missionario organizzato dalla Diocesi di Cefalù (PA) nella Diocesi sorella di Obala (Camerun). Una seconda tappa che rafforza il rapporto di fraternità e collaborazione tra la Diocesi siciliana e quella camerunense portato avanti per volontà dei due vescovi negli scorsi anni e iniziato con l'accoglienza presso il Seminario di Cefalù dei seminaristi Gabriel Ewodo Evina Messomo, Wilfried Michel Ebode Atangana e Benjamin Patrick Foteu Ndie. Il 16 agosto 2022 presso l'Episcopio della Diocesi di Obala si è svolta la cerimonia per la consegna delle divise per i bambini della scuola Saint Jean Baptiste de Mbassila di Obala. Erano presenti il Vescovo di Obala mons. Sosthène Léopold Bayemi Matjei e in collegamento il Vescovo di Cefalù, mons. Giuseppe Marciante, il Vicario Generale della Diocesi di Cefalù, don Giuseppe Licciardi, suor Thérèse Toba Mbili, direttrice delle Scuole cattoliche di Obala, il diacono Gandolfo Sausa, responsabile del Servizio Pastorale Cooperazione Missionaria tra le Chiese e ufficio Migrantes della diocesi siciliana, i missionari Rosaria, Nicola e Maria accompagnati da don Raphaël Awona Minso. Le divise sono il frutto del lavoro della “Sartoria di Obala” di Caltavuturo che da quasi un anno si impegna per il loro confezionamento e realizzate grazie all’aiuto delle comunità parrocchiali di Scillato, Castellana Sicula, Polizzi Generosa, Campofelice di Roccella e alla collaborazione della “Sartoria solidale”, progetto realizzato con la Fondazione Migrantes, che da lavoro anche a due donne, una iraniana e una afghana, ospiti con le loro famiglie della diocesi siciliana. Il Vescovo Marciante, in collegamento dalla Sicilia, ha raccontato la sua visita presso la sartoria di Obala di Caltavuturo (PA): "Le sarte hanno lavorato per diversi mesi con tanto amore e gioia pensando che dietro a ogni divisa c’è il sorriso di un bambino". Le 240 divise, maschili e femminili di diverse taglie, sono state consegnate alla direttrice delle scuole della Diocesi di Obala. Grazie alla generosità della comunità diocesana durante le iniziative di carità di quest'anno, la Chiesa di Cefalù ha offerto le 240 divise per i bambini delle scuole, 83 banchi per la nuova Chiesa di Etaka - alla costruzione della quale sta collaborando anche la diocesi siciliana - e attrezzi agricoli per i campi.  

Migrantes: oggi la conclusione del Corso di Formazione ad Alghero

2 Settembre 2022 - Alghero - Si concluderà oggi con una celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo di Alghero, Mauro Morfino e dalla presentazione del messaggio di papa Francesco per la prossima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato da parte del direttore generale della Fondazione Migrantes, don Gianni De Robertis, il corso di formazione “Costruire il futuro con…” promosso ad Alghero dalla Fondazione Migrantes e rivolto a tutti i direttori e collaboratori delle diocesi Italiane. Durante la settimana molti interventi e testimonianze. Tra queste quella dell'ex sindaco di Alghero, Mario Bruni, che ha portato l'esperienza della propria Amministrazione nell'inclusione di cittadini rom e sinti in città, nel superamento dei campi. Sullo stesso tema, Antonello Nuvole (collaboratore dell'ufficio Migrantes di Cagliari) ha presentato il  libro "Il cammino dei rom in Sardegna", da lui scritto. «Bisogna conoscere il popolo Rom per potergli offrire la possibilità di integrarsi nella vita sociale delle nostre città. Conoscere più da vicino dal punto di vista sociale, culturale, artistico e religioso il popolo Rom e Sinto che vive in Sardegna», ha detto.    

Mons. Baturi: “la paura costruisce bunker non case, scava trincee non piazze”

31 Agosto 2022 - Alghero - «La paura costruisce bunker non case, scava trincee non piazze». Lo ha detto questa mattina il segretario generale della Cei, mons. Giuseppe Baturi, nell’omelia della messa che ha aperto la terza giornata del Corso di Formazione promosso dalla Fondazione Migrantes ed in corso ad Alghero fino a venerdì. Per mons. Baturi per «costruire una casa serve tanta speranza, l’attesa fondata di una felicità condivisa con persone amate, la promessa di un bene da spartire nell’amicizia sponsale e nella comunità familiare. Per costruire una casa per la famiglia serve una grande gioia per un amore bello, una speranza che dà l’energia per la costruzione. Senza gratitudine, senza la gioia di un incontro amorevole, cosa possiamo costruire? Un bunker o una casa?». E commentando la pagina evangelica della liturgia odierna  ha evidenziato che Gesù annuncia il Regno di Dio e «rende operante nell’incontro sanante con gli uomini che hanno bisogno di salute e salvezza. Gesù – ha aggiunto - è testimone della notizia che annuncia, è stato mandato per essere carne e sangue di un Regno che libera gli uomini che vivono nelle città. Nelle città siamo inviati noi, adesso, a chinarci sugli uomini, a comandare al male, a toccare gli infermi e imporre le mani su di essi. Ecco, noi siamo per grazia chiamati ad essere mano e parola della misericordia di Cristo risorto, a testimoniare la notizia bella che annunciamo». “Costruire il futuro con…” è il tema scelto dalla Fondazione Migrantes per questo corso rivolto a tutti i direttori e collaboratori Migrantes delle diocesi Italiane in corso in Sardegna, la regione scelta dalla Commissione Cei per le Migrazioni per le celebrazioni nazionali della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato del prossimo 25 settembre. Ad aprire il vescovo di Alghero-Bosa, mons. Mauro Maria Morfino, il direttore regionale Migrantes, padre Stefano Messina, il direttore regionale della Caritas Raffaele Callia e una celebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo di Oristano e vescovo di Ales-Terralba, mons. Roberto Carboni. Tra gli interventi quello del vescovo ausiliare di Milano Franco Agnesi e del direttore generale della Fondazione Migrantes, don Giovanni De Robertis. In Sardegna, nella cattedrale di Iglesias, il prossimo 25 settembre, la celebrazione nazionale per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, presieduta da mons. Giovanni Paolo Zedda, vescovo di Iglesias e delegato Migrantes della Conferenza Episcopale Sarda. In vista di questo appuntamento nelle parrocchie italiane e nelle Missioni cattoliche Italiane in Europa sta arrivando in questi giorni il numero della rivista “MigrantiPress” con il commento al messaggio di papa Francesco del presidente della Fondazione Migrantes, l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio, Gian Carlo Perego e del direttore generale don De Robertis e con il contributo di diversi direttori degli Uffici Cei. (Raffaele Iaria)      

Migrantes: Corso formazione, verso una trasformazione della convivenza nella società e nella chiesa

31 Agosto 2022 - Alghero - Le migrazioni continuano ad essere una grande sfida per la società e la chiesa di oggi; tuttavia, l’approccio sembra essere ancora molto influenzato da una visione emergenziale. Il messaggio per la GMMR di quest’anno introducendo la preposizione “con” pone una sfida ed insieme una visione. Una sfida in quanto muove ad ampliare l’orizzonte di lettura e di azione di fronte al fenomeno migratorio segnato spesso dalla paura, dalla crisi, dal sensazionalismo, dalla strumentalizzazione delle persone che migrano a fini sociali, economici e politici. Questa visione ideologizzata intrappola continuamente le persone che vivono l’esperienza migratoria dentro certe categorie riduttive e stereotipate come quella del povero, del bisognoso da aiutare o dell’utile da tollerare. La comunicazione, la realtà sociale, economica e politica, la cultura, le istituzioni e persino le religioni diventano così il terreno dello scontro, dell’esclusione o dell’indifferenza verso l’altro. Oltre ad essere una sfida la preposizione “con” introduce anche una visione che, a partire da un fondamento biblico teologico, cerca di leggere e rispondere propositivamente alle sfide delle migrazioni definite “segno dei tempi”. Il fenomeno della mobilità umana come realtà storica con tutte le sue manifestazioni di opportunità, ma anche di ingiustizia e sofferenza diventa il luogo dove si incarna la storia della salvezza intesa come un cammino di speranza. Passare da un paradigma dell’azione sociopastorale per a quella con i migranti, rifugiati persone e comunità in mobilità non asserisce semplicemente al cambiamento di una proposizione, ma ad una diversa visione antropologica e fenomenologica delle migrazioni e delle persone coinvolte, così come dell’azione concreta che ne consegue. Si tratta in definitiva di mettere in luce non solo quali azioni sono da mettere in atto per i migranti, i rifugiati, sfollati, e persone in mobilità, ma soprattutto quale futuro vogliamo costruire oggi con loro. (p. Aldo Skoda*)   * Sintesi relazione sul tema "Verso una trasformazione della convivenza nella società e nella chiesa" - Corso Formazione Fondazione Migrantes "Costruire il futuro con" - Alghero 29 agosto-2 settembre 2022    

Migrantes: Corso formazione, conflitti, ambiente e migrazioni

31 Agosto 2022 - Alghero - Qui si vuole proporre un quadro dei fenomeni ambientali e dei conflitti che causano movimenti migratori nel mondo che sia un po’ “più reale” di quello che viene solitamente presentato nelle nostre società dai media e alcuni movimenti politici. I conflitti in corso nel mondo in questo momento sono molti di più di quelli che si raccontano, specialmente in questo momento in Europa dove l’attenzione è rivolta quasi completamente al conflitto tra Russia e Ucraina. Per avere un’idea dei molteplici conflitti che causano movimenti migratori importanti è sufficiente consultare il sito della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, nell’area dedicata alle emergenze. Questo sguardo sulla realtà globale serve a non fare distinzioni tra conflitti “degni di nota” e conflitti che si ignorano in modo da evitare anche la distinzione tra migranti “veri” e degni di essere accolti e migranti “clandestini” e “invasori” che non sono degni della nostra attenzione e accoglienza. Purtroppo i criteri di valutazione dei migranti non sono oggettivi, ma pesantemente influenzati da considerazioni politiche, culturali, economiche, razziali e anche religiose, anche se spesso non vogliamo riconoscerlo. Bisogna rompere con questa ipocrisia che è figlia di una mentalità eurocentrica e di un retroterra coloniale. Per quanto riguarda l’ambiente, il cambiamento climatico sta avvenendo ad una velocità inusitata al punto che anche gli scienziati dicono di trovarsi in territorio sconosciuto. I fenomeni del forte aumento delle temperature e della siccità che stanno causando danni ingenti all’agricoltura e mancanza di cibo in tutto il mondo; dello scioglimento dei ghiacciai e delle calotte popolari con il conseguente innalzamento del livello del mare e altri disastri climatici stanno già provocando il movimento di milioni di persone, sfollati climatici interni e internazionali. Alcune ricerche su questo tema prevedono che entro il 2050 ci saranno 200 milioni di sfollati climatici nel mondo. Un pianeta che si deve preparare non solo ad agire insieme per prevenire o gestire responsabilmente e con decisioni e azioni concrete questi fenomeni, ma deve anche dotarsi degli strumenti necessari affinché le persone colpite dal cambiamento climatico non siano abbandonate a sé stesse. Costruire il futuro insieme ai migranti e ai rifugiati vuol dire ascoltare e mettere in pratica gli orientamenti di un magistero ecclesiale che si è dimostrato estremamente attento a queste problematiche soprattutto nelle due encicliche di papa Francesco Laudato si’ del 2015 e Fratelli tutti del 2020. (Gioacchino Campese*)   * Sintesi relazione sul tema "Conflitti, ambiente e migrazioni: quali prospettive - Corso Formazione Fondazione Migrantes "Costruire il futuro con" - Alghero 29 agosto-2 settembre 2022  

Migrantes: gioia per la canonizzazione del Vescovo Scalabrini

27 Agosto 2022 -    La Fondazione Migrantes si unisce alla gioia degli Scalabriniani e delle Scalabriniane, delle Diocesi di Como e Piacenza-Bobbio e di tutta la Chiesa Italiana per la canonizzazione di Mons. Giovanni Battista Scalabrini, che sarà a Roma il 9 ottobre. Il Vescovo Scalabrini, oltre che Pastore della propria Chiesa di Piacenza per oltre trent’anni, è stato un Pastore dei migranti nelle Americhe, che raggiungerà in due viaggi. Insieme all’amico Vescovo di Cremona, Mons. Geremia Bonomelli, saranno i primi a considerare l’importanza del camminare della Chiesa con i migranti: Scalabrini realizzando una Congregazione di religiosi per le Americhe e un gruppo di sacerdoti diocesani e Bonomelli per l’Europa e l’Asia minore. In una Conferenza al Convegno dell’Opera dei Congressi di Ferrara, nel 1899 il Vescovo Scalabrini affermava: “Emigrano i semi sulle ali dei venti, emigrano le piante da continente a continente portate dalle correnti delle acque, emigrano gli uccelli e gli animali, e, più di tutti emigra l’uomo, ora in forma collettiva, ora in forma isolata, ma sempre strumento di quella Provvidenza che presiede agli umani destini e li guida, anche attraverso le catastrofi, verso la meta ultima, che è il perfezionamento dell’uomo sulla terra e la gloria di Dio ne’ cieli” (L’emigrazione degli operai italiani, Ferrara, 1899). L’emigrazione è una costante nella storia e nella vita dell’uomo di ieri e di oggi. Il Vescovo Scalabrini vede poi nella dispersione geografica degli individui e dei popoli il lento cammino della storia umana verso l’unità di una sola famiglia: “si va maturando quaggiù un’opera ben più vasta, ben più nobile, ben più sublime: l’unione in Dio per Gesù Cristo di tutti gli uomini di buon volere…” (Discorso al Catholic Club di New York, 15.10.1901. Una sola famiglia umana, un mondo fraterno è il cammino che ci indica oggi il Magistero della Chiesa, in particolare l’enciclica Fratelli tutti di papa Francesco. Se la Santa Cabrini è stata proclamata la Madre degli emigranti, Scalabrini Santo può essere considerato il Padre degli emigranti: una madre e un padre che accompagnano anche il cammino dei migranti di oggi. (Mons. Gian Carlo Perego - Presidente Fondazione Migrantes)  

Migrantes: 8 agosto, la giornata del lavoro italiano all’estero

8 Agosto 2022 - Roma - L’8 agosto di ogni anno - giorno del ricordo della tragedia di Marcinelle, in Belgio, dove morirono 262 minatori, oltre la metà dei quali italiani – è diventata la Giornata del ricordo dei lavoratori italiani neòl mondo, di ieri e di oggi. L’Europa è stata ricostruita nel Dopoguerra grazie anche il sacrificio di tanti lavoratori italiani emigrati all’estero: come anche la ricostruzione italiana deve molto ai sacrifici e alle rimesse di milioni di lavoratori italiani emigrati all’estero, soprattutto nei Paesi europei, lontani dai loro familiari. Questo sacrificio, questo lavoro dei nostri emigranti continua anche oggi, con molti giovani e famiglie costretti a lavorare all’estero. L’unica Italia che cresce – come ha ricordato l’ultimo Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes -  è l’Italia all’estero. Anche oggi non sempre il lavoro italiano nel mondo, come quello degli immigrati in Italia, viene riconosciuto nei diritti fondamentali: precarietà, lavoro nero, sfruttamento avvengono anche in altri Paesi nei confronti dei nostri lavoratori. Questa Giornata ricorda i tanti lavoratori di ieri, ma non può dimenticare questi tanti lavoratori italiani di oggi che vivono all’estero. C’è un legame che il nostro Paese non può dimenticare e che deve crescere nell’attenzione alla tutela dei diritti civili e sociali, nelle pari opportunità. Anche l’Italia nel mondo è fondata sul lavoro, e i lavoratori all’estero non possono essere dimenticati, anche dalla Chiesa, che cammina con loro. (Mons. Gian Carlo Perego - Presidente Fondazione Migrantes)

Mons. Perego: curiamo il cuore e le relazioni

4 Agosto 2022 - Roma - Nel centro di Civitanova Marche, in questa calda estate, Alika, nigeriano di 39 anni, padre di un bambino di 8 anni e sposato con Charity, è stato ucciso di botte da un coetaneo italiano, Fabrizio, di 32 anni, nell’indifferenza di tutti. Ancora una volta, in una piccola città marchigiana, si è ripetuta la storia biblica di Caino che ha ucciso il fratello Abele. Un fratello ha ucciso un fratello, nell’indifferenza di altri fratelli. ‘Fratelli tutti’. Alika, invalido per un incidente subito più di un anno fa, quando un automobilista ubriaco lo aveva investito, costringendolo a usare ormai una stampella per camminare, offriva ai passanti delle vie vicino alla stazione fazzoletti di carta, accendini e altre piccole cose in cambio di un’offerta, per arrotondare la sua pensione di invalidità di 300 euro. Questo gesto, questa presenza, ha scatenato odio e generato in pochi minuti la morte di un innocente. Alika era arrivato in Italia dalla Nigeria, il più popoloso Paese africano, con 200 milioni di persone, e tante risorse, ma dove miseria e terrorismo, tratta degli esseri umani e instabilità politica costringono i giovani a mettersi in cammino, oltre 100.000 dei quali hanno raggiunto in questi decenni l’Italia, 4000 le Marche, 50 Civitanova. Alla preghiera e al silenzio chiesti dall’arcidiocesi di Fermo di fronte a questo tragica morte, non possiamo non unire alcune domande: cosa ha scatenato questa violenza brutale? Perché questa indifferenza? Siamo consapevoli della fatica del cammino di tanti nostri fratelli migranti? Le risposte a queste domande chiamano in causa la responsabilità di tutti. Una responsabilità anzitutto nella cura delle relazioni, dei gesti e delle parole, troppe volte cariche di violenza, di disprezzo nei confronti di chi arriva da un altro Paese tra noi. Le parole che accompagnano gli sbarchi che si stanno ripetendo in questa estate costruiscono l’idea di una falsa invasione di 40.000 persone sbarcate sulle nostre coste provenienti da Paesi vicini e lontani, Tunisia e Bangladesh, da Paesi da anni in guerra, come la Siria, l’Eritrea, la Somalia, l’Afghanistan. I gesti di disprezzo che si moltiplicano sui social, sulle strade, in tante piazze delle nostre città alimentano gli episodi di razzismo, che da 400 sono diventati nell’ultimo anno più di 2000 in Italia, solo quelli segnalati. La mancanza di relazioni crea pregiudizi e non costruisce esperienze di conoscenza e di amicizia, la cultura dell’incontro che genera comunità e partecipazione, cittadinanza attiva. Senza relazioni manca la cura, soprattutto dei più piccoli, delle persone fragili, e non ci accorgiamo di una madre, che vive tra noi, e che sta lasciando morire di fame e di sete la figlia, la piccola Diana. Senza responsabilità, senza rispetto, senza cittadinanza cresce la paura, il pregiudizio, l’odio, la speculazione politica, con il rischio che le nostre città da luoghi di fraternità si trasformino in luoghi di conflittualità, di violenza. Città morte. (Mons. Gian Carlo Perego, Presidente Cemi e Fondazione Migrantes - Famiglia Cristiana)

Migrantes: 2 agosto, la memoria come sguardo sull’attualità

2 Agosto 2022 - Roma - Il 2 agosto di ogni anno è diventata la Giornata della memoria dell'olocausto dei rom e dei sinti. Le legge antirazziali hanno colpito anche le persone e famiglie rom e sinte, portando alla morte nei lager almeno 500.000 persone rom e sinti, tra cui molti bambini. La memoria ha sempre uno sguardo all'attualità ed oggi anche ad ogni forma di violenza, di disprezzo, di abbandono, di umiliazione delle persone e famiglie rom e sinte. Il loro stile di vita, che talora ci provoca per l'essenzialità, il senso della provvisorietà, è motivo di riflessione e contestazione sul nostro stile di vita. L'amore alla famiglia, alla vita, ai piccoli e agli anziani forse ha qualcosa da insegnare alle nostre famiglie e alle nostre città.  È un giorno, il 2 agosto, che ricorda fino a che punto possa arrivare il disprezzo per un altro uomo, di un'altra religione o minoranza, per essere vigili affinchè non ritorni in altre forme di violenza e disumanità nelle nostre città. È un giorno per ricordare e riflettere, ma anche per impegnarci per un mondo fraterno, dove non esistono più minoranze - come ci ricorda Papa Francesco nell'enciclica Fratelli tutti - ma uomini e donne in cammino insieme nella storia. (Mons. Gian Carlo Perego - Presidete Cemi e Fondazione Migrantes)

Mons. Perego: sbarchi, segno di un mondo povero in movimento

26 Luglio 2022 - Roma - Continuano, anche in questa calda estate, gli sbarchi di persone e famiglie dell’Africa, dell’Asia e del Medio Oriente a Lampedusa, sulle coste siciliane e su altre coste del nostro Sud, e continuano i morti. I nostri vicini, dalle altre coste dello stesso Mare Mediterraneo non si rassegnano a vivere in situazione di guerra, di povertà di persecuzione, o in campi lager, ma si sono messi in cammino. A muoverli talora è la rabbia di essere vittime di Governi che investono più in armi che in salute e scuola, di multinazionali che sfruttano le loro terre, ma anche il desiderio di nuove situazioni di pace e di lavoro per costruire un futuro migliore. Per questo, gli sbarchi continueranno. Cosa fare? Anzitutto, non smobilitare, ma continuare e rafforzare a livello europeo la sicurezza nel Mediterraneo, tutelando chi si trova in mare. Inoltre, si dovrà investire nell’adeguamento e nella sicurezza dei porti importanti per gli arrivi dei migranti, oltre che in personale necessario per l’accompagnamento e la mediazione culturale, la tutela sanitaria. La Tutela di queste persone è la prima parola d’ordine, nel segno del rispetto della dignità di ogni persona. Viene successivamente l’identificazione e la valutazione se una persona abbia diritto a una forma di protezione internazionale, come i tanti minori, le donne in gravidanza, i malati, le vittime della tratta, le persone che provengono da situazioni di guerra o da disastri ambientali o da persecuzioni politiche o religiose. Chi non ha diritto a una forma di protezione internazionale ha comunque il diritto ad essere ascoltato, a una cura e al rispetto, prima del rimpatrio, laddove esistono accordi con i Paesi di provenienza come ad esempio per i tunisini. Un secondo impegno è quello di investire in cooperazione e sviluppo. Oggi l’emergenza ha anzitutto un nome: la povertà, la fame e la sete, le guerre di un Continente come l’Africa al di là del Mediterraneo. La drammatica mobilità delle persone, destinata ad aumentare nei prossimi anni, potrà essere gestita solo con grossi investimenti non in armi e in progetti di sfruttamento di queste terre, ma in azioni diplomatiche di mediazioni dei conflitti, in investimenti in cooperazione allo sviluppo, nel condono del debito estero dei Paesi più poveri, valorizzando anche il cammino migratorio di persone e famiglie come risorsa economica e sociale nel continente europeo, destinato nei prossimi anni – causa la denatalità – a dover far conto su imprenditorialità e manodopera di immigrati. Dall’Europa, la casa comune, sarà indispensabile, poi, che arrivino nuovi segnali di una consapevolezza e responsabilità politica comune: dell’accoglienza e dell’integrazione dei migranti e dei richiedenti asilo condivisa concretamente in maniera proporzionale dagli Stati membri; della valorizzazione delle migrazioni, con un’attenzione particolare alla mobilità delle persone, alla tutela di chi chiede una protezione internazionale, allo scambio di buone prassi. Ogni caduta in letture culturali, sociali e politiche delle migrazioni viziate da pregiudizi che alimentano conflittualità, soprattutto con le elezioni alle porte, continuano a generare violenze e morti, minano le nostre città, tradiscono la democrazia e non costruiscono il futuro insieme. (mons. Gian Carlo Perego - Presidente Cemi e Fondazione Migrantes)     Il testo è stato pubblicato sul sito www.famigliacristiana.it    

Rom e sinti: è morta sr. Mercedes Amostegui

25 Luglio 2022 - Roma - Si è spenta ieri suor Mercedes Amostegui delle Suore Francescane Missionarie di Maria. E’ morta a Pamplona, in Spagna, dove era nata. Intenso nella sua vita l’impegno pastorale a fianco dei rom e sinti e molto vicina all’attività della Fondazione Migrantes insieme all’impegno delle sue consorelle. “Noi della Comunità di Sant’Egidio abbiamo conosciuto a Roma le suore Francescane Missionarie di Maria, quando erano accampate nel quartiere di Tor Bella Monaca, all’inizio degli anni Ottanta. Le Suore si fermavano spesso con i Sinti e con alcuni Rom Xoraxane, condividendo in modo semplice e concreto la loro vita quotidiana, vivendo con loro nell’ascolto e nella condivisione”, ricorda oggi Susanna Placidi della Comunità di Sant’Egidio. Stare con gli zingari -  diceva sr. Mercede durante sun convegno, nel 1990 promosso dal Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti – “è una risposta al Vangelo che viviamo come Missionarie, pronte ad andare ovunque e a tutti per annunciare la salvezza, siamo inviate come priorità a coloro ai quali Cristo non è rivelato e a coloro tra i quali la Chiesa è meno presente… Desideriamo porci sulla linea dell’’Ultimo’ tentando di concretizzare la Parola: ‘Ultimo tra gli ultimi’, vivendo in carovana con la presenza di Cristo Eucarestia. Per noi l’evangelizzazione è fuori del tempo, fuori da schemi, fuori da programmi, essere Chiesa in mezzo ai Rom, cogliendo le occasioni offerte dalla vita quotidiana perché possano conoscere Dio e la sua Provvidenza che salva. Stabilire soprattutto un’amicizia nell’ascolto. Giorno per giorno in una dimensione di Fede che è Luce, Faro, forza alla nostra vita insignificante, ma cristianamente vera”. “Ricordiamo – ci dice Susanna Placidi -  con affetto tanti momenti vissuti insieme di preghiera e di amicizia con i Rom come quando Giovanni Paolo II venne a visitare i Rom accampati a Tor Bella Monaca, ma anche nei momenti bui degli sgomberi romani e nelle messe di Natale con i Sinti nei quartieri della periferia romana”, insieme a don Matteo Zuppi, oggi arcivescovo di Bologna, cardinale e presidente della Cei: “una presenza sempre vicina, silenziosa e attenta ai piccoli, fedele al Vangelo e pronta all’amicizia e all’ascolto. La accompagniamo con la nostra preghiera, che il Signore la accolga come donna di fede, appassionata al popolo Rom e Sinto, riposi in pace”. La Fondazione Migrantes ricorda questo impegno di sr. Mercedes e la affida al Padre ringraziando il Signore “per avercela donata” e come esempio di vicinanza a chi è più povero ed indifeso.

Papa Francesco: il card. Lojudice guiderà anche la diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza

21 Luglio 2022 - Città del Vaticano - Il card. Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena-Colle Val d'Elsa-Montalcino, è stato chiamato da papa Francesco a guidare anche la diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza unendo le due Sedi episcopali in "persona Episcopi". Ordinato sacerdote il 6 maggio 1989 per la Diocesi di Roma nel 2015 è stato nominato vescovo ausiliare di Roma e il 6 maggio 2019 chiamato alla guida della diocesi di Siena-Colle di Val d’Elsa- Montalcino. Nel Concistoro del 28 novembre 2020 è stato creato cardinale da papa Francesco. Oggi è anche membro del Dicastero per i Vescovi e all’interno della Cei  fa parte della Commissione episcopale per le Migrazioni ed è delegato Migrantes della Conferenza Episcopale Toscana.  "Ringrazio il Santo Padre per avere voluto, ancora una volta, accordarmi la sua fiducia affidandomi questo nuovo servizio per la Chiesa di Montepulciano-Chiusi-Pienza che avrò la gioia di incontrare in occasione del mio ingresso in diocesi il prossimo 3 settembre", ha detto il porporato: "la Chiesa mi chiede di accogliere sotto la mia responsabilità un'altra comunità diocesana, la vostra anzi la 'nostra', quella di Montepulciano, Chiusi, Pienza", la cui storia "articolata, complessa" "ci dimostra l'intenso legame tra le nostre due diocesi". Al card. Lojudice gli auguri della Fondazione Migrantes per un proficuo ministero.

GMMR: le celebrazioni in Italia

12 Luglio 2022 - Roma - Le celebrazioni ufficiali della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2022 si svolgeranno quest’anno in Sardegna. L’iniziativa è della Commissione Cei per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes che proprio in questa regione promuoverà, dal 29 agosto al 2 settembre ad Alghero, il Corso di Alta Formazione sul tema “Costruire il futuro con” per tutti i direttori e collaboratori diocesani Migrantes d’Italia. In Sardegna anche la celebrazione eucaristica nazionale che si svolgerà domenica 25 settembre, Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato nella cattedrale di Iglesias, alle ore 11, presieduta da mons. Giovanni Paolo Zedda, Vescovo di Iglesias e delegato Migrantes della Conferenza Episcopale Sarda. (R.Iaria)

Migrantes: Sri Lanka, “seguiamo con preoccupazione la situazione, in particolare con  le comunità cattoliche in Italia”

11 Luglio 2022 - Roma - “La grave crisi politica ed economica in Sri Lanka, ricordata da Papa Francesco all’Angelus di domenica, preoccupa molto la comunità dei srilanchesi in Italia, formata da oltre 110.000 persone, cingalesi e tamil, parimenti formata da uomini e donne, ma anche da 25.000 minori. Si tratta soprattutto di una comunità di lavoratori occupati nei servizi alla persone nelle nostre case e famiglie, concentrati soprattutto nelle grandi città (Milano, Roma, Napoli, Palermo) e l’80% in sole cinque regioni: Lombardia, Campania, Veneto, Lazio e Sicilia: con le loro rimesse – pari a circa 270 milioni di euro – sono una risorsa importante per il Paese. Come Migrantes  seguiamo  con preoccupazione la situazione , in particolare con  le comunità cattoliche, numerose in Italia e seguiti da diversi sacerdoti”. Lo dice a www.migrantesonline.it il presidente della Fondazione Migrantes, mons. Gian Carlo Perego. (R. Iaria)

Cei: mons. Baturi nuovo segretario. Gli auguri della Fondazione Migrantes

5 Luglio 2022 - Roma - Papa Francesco ha nominato mons. Giuseppe Andrea Salvatore Baturi, Arcivescovo di Cagliari, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana. “Accogliamo questa nomina con gioia, fiducia e gratitudine al Santo Padre”, ha detto il card.  Matteo Zuppi, presidente della CEI, commentando la nomina aggiungendo che questa mattina, durante la sessione straordinaria del Consiglio Episcopale Permanente, abbiamo rinnovato il nostro ringraziamento a mons. Stefano Russo per lo stile e lo zelo con cui ha vissuto il suo mandato. "Mi piace leggere la nomina odierna come un ulteriore segno della prossimità e della cura con cui Papa Francesco accompagna il cammino delle nostre Chiese". A Mons. Baturi, che dividerà il suo ministero tra Cagliari e Roma, "vanno la nostra vicinanza, la nostra preghiera e il nostro augurio. Lo ringraziamo già sin d’ora per lo spirito di servizio con cui ha accolto questo incarico”. “Accolgo questa nomina come un’ulteriore chiamata a servire le Chiese che sono in Italia, delle quali la CEI è figura concreta di unità”, ha detto il neosegretario della Cei: “Ringrazio il Santo Padre per la fiducia che rinnova nei miei confronti e per l’attenzione e la premura pastorale verso la Chiesa di Cagliari, di cui resterò pastore. Esprimo un grazie sincero alla Presidenza della CEI e al Consiglio Episcopale Permanente. La mia gratitudine al Presidente, Cardinale Matteo Zuppi, con cui avrò modo di condividere un servizio di comunione. Con lui desidero ringraziare i Cardinali Bagnasco e Bassetti con cui ho condiviso la mia precedente esperienza nella Segreteria Generale, come direttore dell’Ufficio giuridico e sottosegretario. Un pensiero affettuoso ai precedenti Segretari Generali: il Cardinale Betori e i Vescovi Crociata, Galantino e Russo. Consapevole dell’impegno richiesto, confido nella cordiale partecipazione di tutta la Diocesi di Cagliari, che potrà arricchirsi di un più profondo inserimento nel cammino della Chiesa in Italia”. Nato il 21 marzo 1964 a Catania, mons. Baturi mons. Baturi ha conseguito la Laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Catania, il Baccalaureato in Teologia presso lo Studio Teologico San Paolo di Catania e successivamente la Licenza in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Gregoriana. Ordinato sacerdote nel 1993, è stato parroco di Valcorrente, frazione di Belpasso (Catania) dal 1997 al 2010 ed Economo Diocesano (1999-2008). È stato, inoltre, Vicario Episcopale per gli Affari Economici. Dal 2012 al 2019 è stato Direttore dell’Ufficio Nazionale per i Problemi Giuridici e Segretario del Consiglio per gli Affari Giuridici della Conferenza Episcopale Italiana. Eletto alla sede arcivescovile di Cagliari il 16 novembre 2019, lo scorso anno è stato eletto Vice-presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Al neo Segretario generale gli auguri di un proficuo lavoro da parte della Fondazione Migrantes certi del contributo che saprà dare nell’attuale contesto sociale, culturale ee ecclesiale della Chiesa che è in Italia.     [caption id="attachment_28583" align="alignnone" width="200"] Foto Siciliani-Gennari/Sir[/caption]

Inps-Migrantes: Italia, Pensioni e Mobilità, Storie di partenze e di ritorni

4 Luglio 2022 - Roma - “Italia, pensioni e mobilità: storie di partenze e di ritorni”. Questo il tema del convegno che si è svolto oggi, lunedì 4 luglio, presso Palazzo Wedekind, organizzato da Inps e Fondazione Migrantes  con un confronto sul tema dei pensionati italiani all’estero. A introdurre i lavori è stato il Presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, che ha ricordato come i flussi migratori interessino ogni parte del mondo, incluso il nostro Paese, e che la scelta di emigrare non è più necessariamente legata alla necessità o al bisogno, ma può anche essere un’opzione derivante dal perseguire un interesse, un miglioramento della qualità di vita. L’Italia, ha sottolineato Tridico, oltre a disporre politiche di accoglienza, assiste alla partenza di lavoratori giovani e meno giovani, nonché di pensionati che spendono altrove il proprio trattamento pensionistico. Pertanto, dall’analisi dei pagamenti delle pensioni all’estero si possono trarre interessanti spunti di analisi sulle evoluzioni socioeconomiche nel nostro Paese. Rispetto ai fenomeni migratori rilevati, si evidenzia che il mondo delle pensioni Inps in questo momento si trova in una fase di transizione. I trattamenti corrisposti ai protagonisti dei flussi migratori del secolo scorso sono infatti in fase di diminuzione, specie in alcuni Paesi verso cui il flusso migratorio si è esaurito o fortemente limitato in epoca recente. Appare verosimile che tale situazione sia destinata a cambiare nei prossimi anni quando – man mano che i nuovi migranti raggiungeranno i requisiti di legge per l’accesso al pensionamento – anche da un punto di vista numerico le pensioni in regime internazionale e quelle in generale in pagamento all’estero aumenteranno in modo consistente. In prospettiva tali prestazioni non si potranno più considerare una categoria eccezionale o residuale rispetto alla pensione nazionale: si porranno semmai come una componente rilevante dell’universo pensionistico italiano. “Eravamo soliti dire – ha detto Delfina Licata, della Fondazione Migrantes, – che l’Italia contava uguale numero di immigrati soggiornanti nel Paese ed emigrati italiani all’estero. Questa affermazione, stando alle statistiche di oggi, non è più vera: oggi il numero di connazionali che hanno scelto l’estero come luogo di residenza è superiore a quello degli immigrati che risiedono regolarmente nella Penisola. L’unica Italia a crescere è, oggi, quella che mette radici all’estero. L’Italia è uno Stato in cui la popolazione autoctona tramonta inesorabilmente e la popolazione immigrata - complice la crisi economica, la pandemia, i divari territoriali e l’impossibilità di entrare legalmente - non cresce più”. Al 1° gennaio 2021, la comunità dei connazionali residenti all’estero è costituita da 5.652.080 unità, il 9,5% degli oltre 59,2 milioni di italiani residenti in Italia. Mentre l’Italia ha perso quasi 384 mila residenti sul suo territorio (dato ISTAT), ha registrato un aumento del 3% nell’ultimo anno di coloro che risiedono stabilmente all’estero. La mobilità degli italiani con la pandemia non si è arrestata, ma ha sicuramente subito un ridimensionamento che non riguarda, però, le nuove nascite all’estero da cittadini italiani, ma piuttosto le vere e proprie partenze: il numero dei connazionali che hanno materialmente lasciato il Paese recandosi all’estero da gennaio a dicembre 2020. In valore assoluto, si tratta di 109.528 italiani, -21.408 persone rispetto all’anno precedente. Nonostante la generale riduzione, le caratteristiche complessive restano invariate rispetto al 2020: si tratta, cioè, di una mobilità prevalentemente maschile, giovane (il 42,8% ha tra i 18 e i 34 anni, percentuale in rialzo di 2 punti rispetto all’anno precedente) e giovane adulta (il 23,1% ha tra i 35 e i 49 anni). I minori si attestano al 20,2%, confermando i dati delle rilevazioni passate. Degli oltre 109 mila connazionali che hanno spostato la loro residenza dall’Italia all’estero lungo il corso del 2020, il 78,7% lo ha fatto scegliendo l’Europa come continente. Lo scegliere una meta di destinazione vicina risponde a una “strategia di contenimento dei rischi”: non solo per prevenire la possibilità di contrarre il virus, ma per le condizioni del sistema sanitario del luogo prescelto e delle prescrizioni ivi adottate. Nel generale calo registrato nel numero delle partenze, pari a -16,3%, le diminuzioni maggiori si riscontrano per gli anziani (-28,7% nella classe di età 65-74 anni e -24,7% in quella 75-84 anni) e per i minori al di sotto dei 10 anni (-20,3%): nell’anno della pandemia, il “rischio” di uno spostamento è stato volutamente evitato dai profili più fragili. Se nell’ultimo anno l’aumento della popolazione AIRE è stato del 3%, questo dato diventa il 6,9% dal 2019, il 13,6% negli ultimi cinque anni, ben l’82% dal 2006, anno della prima edizione del Rapporto Italiani nel Mondo edito dalla Fondazione Migrantes. A inizio 2021 è ancora più evidente il processo di assottigliamento della differenza di genere iniziato già sedici anni fa quando le connazionali iscritte all’AIRE erano il 46,2% (1.435.150 in valore assoluto), per poi arrivare al 47,8% dieci anni fa nel 2011 (1.967.563 in valore assoluto). Attualmente si registrano 2.718.678 iscrizioni, il 48,1% del totale AIRE. Se i cittadini italiani residenti oltre confine negli ultimi sedici anni sono aumentati dell’82%, le donne in particolare lo hanno fatto dell’89,4%. Un processo che è, allo stesso tempo, di femminilizzazione e di familiarizzazione. A partire, infatti, sono sicuramente tante donne alla ricerca di realizzazione personale e professionale, ma vi sono anche tanti nuclei familiari con figli al seguito, legati o meno da matrimonio. Le donne italiane in mobilità si distinguono essenzialmente in tre profili: le vedove, che a volte rientrano per medio-lunghi periodi prima di fare ritorno all’estero (solitamente nello stesso paese in cui sono state emigrate per diversi anni oppure in nuovi paesi dove sono residenti figli e nipoti); le nonne, che raggiungo figlie, figli e nipoti; e le giovani/giovani adulte che partono da altamente qualificate o con titoli di studio medio-alti. Gabrieli Uselli, Direttore centrale Pensioni Inps, ha approfondito il tema delle pensioni liquidate alle donne, analizzando come si sia evoluta, nel tempo, la domanda di tutela previdenziale della migrante. Le donne, infatti, sono passate dall’essere, nella maggioranza dei casi, prive di forme di assicurazione, destinatarie solo di pensioni ai superstiti, al diventare un soggetto autonomo e indipendente che dà il via a vere e proprie catene migratorie al femminile. Le motivazioni sono principalmente quelle che spingono anche un uomo a partire: la prospettiva di una vita indipendente, un maggior benessere economico e una carriera professionale più gratificante. Oggi le donne emigrano quasi quanto gli uomini. Lo sviluppo di questo fenomeno si traduce nell’aumento delle pensioni di vecchiaia percepite dalle donne, rispetto al trend negativo di quelle ai superstiti. Secondo la Fondazione Migrantes, l’attuale fotografia della popolazione italiana residente all’estero è così costituita: su 5,6 milioni di iscritti il 45,5% ha tra i 18 e i 49 anni d’età (oltre 2,5 milioni), il 15% è minore (848 mila circa di cui il 6,8% ha meno di 10 anni) e il 20,3% ha più di 65 anni (oltre 1,1 milioni e di questi, il 10,7% cioè circa 600 mila, ha più di 75 anni). La longevità femminile appare in tutta la sua evidenza. Su 1.148.612 residenti italiani all’estero di età superiore ai 65 anni, il 52,2% sono donne; il 47,2% hanno 65-74 anni, il 31,6% si colloca nella fascia 75-84 anni. Il 21,2% supera gli 85. Dal 2006 al 2021 la presenza degli anziani italiani in mobilità è cresciuta del 91,5%. Le comunità più numerose si trovano in Argentina, Brasile, Svizzera e Germania. La storia dell’emigrazione italiana, unita al processo di longevità delle donne, porta a rintracciare alcuni paesi in cui il numero delle italiane è superiore a quello degli italiani. Questi paesi sono tutti collocati, e non è un caso, in America Latina: Argentina, Uruguay, Cile, Perù a cui segue il Sudafrica. La narrazione della recente mobilità condiziona anche il tema degli anziani, a volte resi ingiustamente protagonisti di un trend che ha avuto il suo culmine nel 2008 con oltre 9 mila partenze e che si è poi assestato sulle 6 mila unità. “Quello dei pensionati che decidono di emigrare all’estero è un tema di grande attualità. Questi – ha sottolineato Susanna Thomas, della Direzione Centrale Pensioni Inps – si possono suddividere in tre grandi categorie: gli immigrati che, conseguito il diritto a pensione, decidono di far ritorno nel loro Paese; i genitori di persone emigrate, che decidono di raggiungere i figli per aiutarli nella gestione dei nipoti o, più semplicemente, per evitare il senso di solitudine; infine chi lo fa per conseguire vantaggi economico–fiscali previsti da alcuni Paesi. A questi vanno poi aggiunti quei casi sporadici di cittadini che emigrano semplicemente perché cercano luoghi più esotici o maggiormente confortevoli rispetto alle personali esigenze. In questa sede, vengono analizzati i trend delle principali direttrici di emigrazione dei pensionati anche alla luce dell’introduzione di particolari elementi di favore nel trattamento fiscale della pensione”. Lo storico delle migrazioni, Toni Ricciardi, si è quindi soffermato sui principali paesi meta dei flussi migratori, confrontando le pensioni pagate dall’estero in Italia e le pensioni liquidate dall’Italia all’estero. I numeri delle pensioni e le somme di denaro erogate dall’estero in Italia – sebbene le cifre siano da ritenersi ben più alte di quelle ufficiali– confermano il processo migratorio che storicamente ha interessato la penisola. Non è un caso che i principali contributori esteri siano i paesi più attrattivi del secondo dopoguerra. In questa fase si sperimenta la cosiddetta emigrazione assistita e disciplinata dallo Stato, che trova nella stagione d’oro degli accordi di emigrazione la sua consacrazione massima. Cronologicamente, all’accordo con il Belgio del 1946, seguono quello con la Francia nel 1947 e quello con la Svizzera nel 1948, il più significativo del periodo, fino all’accordo del 1955 con l’allora Repubblica federale tedesca, che si inserisce nell’ampio ed articolato processo di integrazione europea. Non è un caso che le direttrici dell’epoca siano anche le stesse che oggi contribuiscono, in una sorta di rimborso postumo, ad accrescere il monte delle pensioni erogate dall’estero a cittadini e cittadine che hanno scelto di rientrare al momento della pensione (Belgio 97 milioni di euro, Francia 279 milioni, Germania 1,1 miliardi di euro, Svizzera 2 miliardi). Inoltre, in paesi specifici ritroviamo fasce sociali che, una volta maturato il diritto alla pensione, scelgono il rientro in Italia per numerose ragioni, tra le quali il differenziale del potere di acquisto (Svizzera e Germania). Se Germania e Svizzera sono i primi contributori in termini di erogazioni, nel caso svizzero, considerato il sistema pensionistico in vigore a partire dal 1986 (secondo pilastro contributivo), la cifra complessiva, con ogni probabilità, è almeno 2-3 volte superiore al monte complessivo. Infine, anche le pensioni erogate dall’Italia all’estero, in termini di monte complessivo, mostrano una mobilità in linea con un processo che si sta stratificando. “Operando un confronto con alcuni Paesi sul numero di pensioni che questi erogano nel nostro territorio e che al contrario l’Inps paga nel loro – ha evidenziato Daniele Russo, dirigente della Direzione Centrale Pensioni Inps – si è rilevato che i paesi che storicamente hanno rappresentato le mete privilegiate dei migranti italiani e che sono vicini ai luoghi di origine - come Germania, Francia, Svizzera, Belgio, ma anche Olanda e Austria - sono quelli che pagano un rilevante numero di pensioni in Italia, a coloro che conclusa l’esperienza lavorativa all’estero hanno deciso di far rientro nei nostri confini. Al contrario, nei paesi più lontani, come Australia, Stati Uniti e Canada, dove gli italiani migrati hanno preferito rimanere perché la lontananza ha contribuito a ridurre i legami con il nostro Paese, l’Inps registra un consistente numero di pensioni da pagare”. Le conclusioni sono state affidate al Presidente della Commissione CEI per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes, l’arcivescovo Mons. Gian Carlo Perego che ha ribadito come siano importanti le occasioni di riflessione e di collaborazione tra enti che hanno il compito di accompagnare le persone. “Il nostro paese vive un momento molto delicato e saranno decisivi i passi che saranno compiuti alla luce della dinamica demografica che ci sta condizionando sempre di più e della strutturalità della mobilità, in uscita e in entrata, che condiziona i nostri territori. Per questo diventa essenziale l’analisi e la lettura di questo legame, rendendo ancora più marcata e ufficiale la collaborazione tra l’Inps e la Fondazione Migrantes attraverso una ricerca nazionale che viene annunciata oggi, aprendosi anche ad altre eventuali realtà nazionali ed estere. L’obiettivo è far emergere quanto il contributo dato, ieri come oggi, dalle lavoratrici e dai lavoratori italiani all’estero e dalle attuali pensionate e pensionati rientrati in Italia sia da sempre ricchezza fondamentale in alcune aree del nostro paese, a maggior ragione nel quadro socio-demografico di cui si è parlato. Così come ricchezza inestimabile è il lavoro oggi di cittadini di altre nazionalità che diventano o potrebbero diventare italiani in futuro, restando in Italia o ritornando nei loro luoghi di origine. Una nuova Italia non potrà che essere figlia della mobilità: giovani che scelgono l’Europa non solo per il lavoro, ma per scrivere una nuova storia familiare, una nuova partecipazione alla vita delle città, una democrazia da costruire e sperimentare”. È seguita poi una tavola rotonda su pandemia, guerra e movimenti migratori alla quale hanno partecipato Pasquale Tridico, presidente INPS, mons. Gian Carlo Perego, Presidente della Fondazione Migrantes, Giovanni Maria De Vita, consigliere del MAECI, e Gabrieli Uselli, Direttore centrale Pensioni Inps. Il convegno è stato moderato da Federico Luperi, giornalista ADNKronos.

Mons. Perego: su Ius scholae non prevalgano polemiche ideologiche

3 Luglio 2022 - Roma - Lo ius scholae "è un tema da 15 anni, che è nato dal 'basso', dalla campagna nel 2011 di 19 Associazioni laiche e cattoliche e che attende un'attenzione trasversale delle forze politiche, perché alla base della cultura democratica, liberale e popolare". Lo ha detto mons. Gian Carlo Perego, presidente della commissione Cei per le migrazioni e della Fondazione Migrantes in una intervista pubblicata oggi sul quotidiano "La Stampa£ a firma di Domenico Agasso. "Questa modifica della legge sulla cittadinanza corrisponde all'attualità indiscutibile di una popolazione che sta mutando - dice - e, guarda al mondo dei 900.000 studenti, di cui il 65% è nato in Italia, favorisce il riconoscimento e la partecipazione alla vita del Paese delle seconde generazioni". L'alto prelato si augura "che le ragioni e la constatazione di una società profondamente diversa rispetto al passato prevalgano sulle polemiche di natura ideologica". Secondo il presule "la legge sullo Ius scholae viene interpretata con pregiudizi e parametri strumentali, identitari e non constatando invece lo stato delle generazioni di oggi e le proiezioni di quelle future". E poi snocciola i dati: "Un milione e quattrocentomila ragazzi, dei quali 900 mila alunni delle nostre scuole e gli altri che hanno più di 18 anni, aspettano legittimamente di poter chiedere di essere cittadini italiani". (R.Iaria)

Ius scholae: mons. Perego, “l’Italia è cambiata”

2 Luglio 2022 - Roma - "La riforma della cittadinanza con lo Ius scholae va incontro alla realtà di un Paese che sta cambiando. Spero che le ragioni e la realtà prevalgano rispetto ai dibattiti ideologici per il bene non solo di chi aspetta questa legge ma anche dell'Italia che è uno dei Paesi più vecchi". Lo ha detto oggi all'Ansa mons. Gian Carlo Perego, Presidente della Commissione episcopale per le migrazioni della Cei e Presidente della Fondazione Migrantes. Per mons. Perego Le contrapposizioni politiche sono legate al fatto che la legge sullo Ius scholae "viene letta con parametri ideologici e non guardando invece alla realtà. Quella di un milione e quattrocentomila ragazzi, dei quali 900mila alunni delle nostre scuole e gli altri che hanno più di 18 anni, che aspettano di essere cittadini italiani", sottolinea aggiungendo che "la realtà, e di questo dovrebbe tenere conto tutta la politica, è quella di un'Italia che è cambiata, con cinque milioni e mezzo di migranti che sono un mondo di famiglie, di studenti, di lavoratori. Occorre leggere la situazione e utilizzare lo strumento della cittadinanza per rendere partecipi di questa trasformazione le persone che attendono ma anche gli italiani che sempre si sono dette favorevoli, nei sondaggi sono oltre il 70 per cento, a questo provvedimento". Per mons. Perego non si tratta di "mettere in contrapposizione lo Ius scholae allo Ius sanguinis che tutela soprattutto i nostri emigranti all'estero. Ma di tutelare e riconoscere una presenza e una risorsa importante sul piano scolastico e lavorativo, per costruire il futuro del Paese. Se le persone non partecipano alla vita delle città, se non vengono riconosciuti cittadini, rischiano di non sentirsi parte del Paese". Il presidente della Migrantes  spiega anche che questo "potrebbe favorire una maggiore mobilità in Europa. Il poter diventare cittadini italiani in un contesto europeo aiuterebbe anche una circolarità del mondo migratorio in Europa". "La Chiesa italiana continuerà a sostenere questo tipo di linea che legge una realtà che già c'è, la politica deve prenderne atto" e "non ha senso affermare che ora ci sono altre emergenze perché questo tema non esiste da oggi ma da anni, almeno quindici". "Ora spetta alla politica fare uno scatto e uscire dalla ideologia", conclude monsignor Perego. . TU

Mons. Perego: il muro di morte di  Melilla

27 Giugno 2022 - Roma - Ormai quella di venerdì sera a Melilla – con Ceuta, una delle città del confine di terra tra la Spagna e il Marocco – si delinea come una vera e propria strage di migranti tra l’Europa e l’Africa, la Spagna e il Marocco. Trentasette i morti, centinaia di feriti, soprattutto tra i migranti, ma anche tra gli agenti. La strage, solo l’ultima - tra quelle che in più di vent’anni hanno generato oltre 4000 morti tra i migranti siriani, palestinesi e oggi soprattutto subsahariani – è avvenuta in Marocco, che insieme alla Spagna, a metà  degli anni ’90, ha innalzato i primi due - a Ceuta (nel 1993) e a Melilla (nel 1996) - dei sedici muri che oggi sono alle frontiere europee. Un muro alto sei metri di recinzione, finanziato dall’Europa, come altri proposti nel piano europeo 2021-2027; come finanziati dall’Europa sono i respingimenti nel Mediterraneo dei migranti che partono dalla Libia o dall’Egitto o dalla Turchia come finanziati dall’Europa sono i campi dei richiedenti asilo della Turchia, del Marocco e della Libia. Alcuni, forse 1000 migranti, sono riusciti, grazie al sacrificio dei loro compagni di viaggio, a raggiungere il territorio spagnolo. Tra loro anche minori non accompagnati, un volto che sempre più stiamo vedendo mettersi in cammino, figli più che fratelli, che meritano una casa, una famiglia e non un muro di violenza e di sofferenze, non un muro di morte. Anche con loro siamo chiamati a costruire il nostro futuro, ci ha ricordato Papa Francesco nel Messaggio della prossima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. In realtà, le immagini che arrivano da Melilla in queste ore, sembrano negare questo invito: negare che le migrazioni siano una benedizione, per cedere invece alla chiusura, alla paura, ai limiti del confine. Anche questa strage, queste morti allontanano il processo di un’Europa solidale che sembrava camminare, grazie anche alla tragedia della guerra Ucraina e dei milioni di rifugiati accolti in Europa. “I muri sono immorali” gridò con tutte le sue forze, ormai gravemente malato, David Sassoli. I muri non servono a fermare migranti e rifugiati, come dimostrano i numeri sempre in crescita di migranti e rifugiati, quest’ultimi arrivati ormai a 100 milioni. Più che i muri servono strade, corridoi che in sicurezza accompagnino il cammino di chi fugge dalla guerra, dai disastri ambientali, dalla tratta, dalla miseria. Più che creare campi serve aprire le tante case chiuse, in paesi che si spopolano, tra le famiglie senza figli di un’Europa sempre più stanca e sempre più vecchia. I migranti e i rifugiati sono il dono di Dio per la nostra storia, le nostre città, che sono chiamate a ripensare i propri spazi, i luoghi di vita, di lavoro, di cultura, di fede facendo propria ‘la cultura dell’incontro’ che Papa Francesco non si stanca di richiamare, rifiutando la retorica dello scontro, del respingimento, dell’abbandono, dell’esclusione che alimenta troppe politiche migratorie. Abbattere i muri, i 16 dell’Europa e i 70 del mondo, sarebbe un atto di civiltà, di quella civiltà dell’amore di cui hanno parlato San Paolo VI e San Giovanni Paolo II, di quella fraternità che respiriamo nelle pagine della Caritas in veritate di Papa Benedetto XVI e della Fratelli tutti di Papa Francesco: un atto di democrazia. (Mons. Gian Carlo Perego - Arcivescovo, Presidente della Cemi e della Migrantes)  

Card.Czerny: di speranza si continua a morire

24 Giugno 2022 - Roma – In tanti ieri sera nella Basilica di Santa Maria in Trastevere per una veglia di preghiera in ricordo delle vittime che ogni anno perdono la vita in mare alla ricerca di un futuro diverso. “Morire di speranza” la veglia promossa dalla Comunità di Sant’Egidio, Fondazione Migrantes, Centro Astalli, Caritas Italiana, Federazione Chiese Evangeliche in Italia, Scalabrini Migration International Network, ACLI, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, ACSE. "Di speranza si continua a morire. Questa sera siamo insieme a ricordarli tutti. Ogni vittima ha un nome. A negare quel nome è un male che si cristallizza in strutture di peccato. Noi però siamo sentinelle del mondo nuovo", ha detto il card. Michael Czerny, prefetto del Dicastero vaticano per lo sviluppo umano integrale, durante la veglia: "Si può morire di speranza, nel mondo vecchio che abitiamo, perché non tutti sono liberi di andare dove desiderano, né di vivere come desiderano. I sogni di alcuni - il loro stesso impegno, la loro lotta per una vita dignitosa - sono negati da altri". "Per questo – ha aggiunto il porporato - ricordiamo i nomi di coloro che, anche quest'anno, nel Mediterraneo sono morti di speranza, cioè a causa della propria speranza - ha aggiunto il porporato -. Il 'Mondo vecchio' è quello in cui si alimentano le diseguaglianze, i conflitti e l'indifferenza". Secondo il card. Czerny "la tentazione di esercitare il potere come dominio dell'uomo sull'uomo è conseguente alla perdita della relazione con Dio: staccato dal Padre, diviso dal suo creatore, l'uomo non si riconosce più come chiamato a custodire e proteggere la fratellanza e il creato". "Così continua anche oggi a configurarsi il potere che logora e che ci logora - ha detto ancora -: porta al vertice e contrappone, separa, opprime, poi fa precipitare. Crea inferno per chi lo subisce, ma anche isola, svuota, imprigiona chi lo detiene". "Scompaiono i tratti umani - ognuno di noi è figlio - ed ecco la bestia, il mostro, il demonio", ha concluso il capo dicastero vaticano. Durante la veglia sono stati ricordati i 3.200 profughi che, da gennaio 2021 ad oggi, hanno perso la vita nel Mediterraneo e lungo le vie di terra, cercando di raggiungere l'Europa, alla ricerca di un futuro migliore. Tra gli altri, i 903 profughi provenienti dalla Libia e morti nell'ultimo anno, nelle acque libiche, maltesi o davanti alle coste italiane. Quindi i 323 bambini morti in Ucraina dall'inizio della guerra, la maggior parte nelle regioni di Donetsk, Kharkiv, Kiev e Chernihiv. 61.000 i morti e dispersi che dal 1990 ad oggi sono morti nel tentativo di raggiungere l'Europa. Di questi almeno 21.000 hanno perso la vita dal 2015 ad oggi".