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Cittadinanza, un referendum sull’Italia di domani. Intervista ad Alba Lala (Conngi)

Referendum e cittadinanza, CEI: “Integrare nella pienezza dei diritti coloro che condividono i medesimi doveri e valori”

Cei
Consiglio permanente straordinario
Ph: Cristian Gennari/Siciliani[/caption]
Referendum sulla cittadinanza. A Firenze un incontro sulle “ragioni del sì”
- Massimo Carli, costituzionalista, già difensore civico regionale;
- Sara Vatteroni, direttrice regione Toscana della Fondazione Migrantes;
- Marzio Mori, direttore Caritas Firenze;
- Bernardo Marasco, segretario Cgil Firenze;
- Andrea Tognetti, presidente Acli Firenze;
- Giovanni Lattarulo, Associazione Rosa Bianca;
- Enzo Ciacioli, presidente Meic Firenze.

Milano-Bicocca, “La cittadinanza italiana: passato, presente e futuro tra riforme e referendum”
- Delfina Licata, sociologa delle migrazioni, Fondazione Migrantes (Conferenza episcopale italiana) e curatrice del Rapporto italiani nel mondo;
- Claudio Panzera, professore di diritto costituzionale e pubblico nell’Università Mediterranea di Reggio Calabria e vicedirettore del Centro di ricerca sulle cittadinanze (CERIC);
- Giulia Perin, avvocata del foro di Roma, Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (ASGI);
- SiMohamed Kaabour, consigliere comunale di Genova, docente di arabo e educazione civica al liceo linguistico internazionale Deledda, CoNNGI – Coordinamento Nazionale Nuove Generazioni Italiane, IDEM network.
👉 Per partecipare da remoto cliccare qui – password: cittadinanza
Modena, verso il referendum: “Cittadinanza e migrazione: un futuro da costruire”
- Sonny Olumati, co-presidente del Comitato promotore del referendum sulla cittadinanza. "Fa sentire la propria voce: costruire cittadinanza dal basso".
- Benedicta Djumpah, Italiani senza cittadinanza. "Identità sospese: le storie degli italiani senza cittadinanza".
- Veronica Atitsogbe, vicepresidente del Consiglio comunale di Verona. "Cambiare è possibile: cittadinanza, diritti, partecipazione".

Ddl cittadinanza, la Fondazione Migrantes ascoltata in Senato: preoccupazioni e dubbi sul metodo
Preoccupazione per la radicalità e la disorganicità del cambiamento
Alla luce della consolidata esperienza con l’estero della Fondazione Migrantes si è fatto presente che a partire dal 28 marzo si è passati dalla legge sulla cittadinanza probabilmente tra le più generose al mondo a una modifica estremamente restrittiva. Registriamo, pertanto, il disorientamento per un cambiamento così estremo, per alcuni difficilmente comprensibile, alla luce della storia migratoria italiana e della diffusione dell’italianità a livello internazionale. Ci si riferisce in particolare alle preoccupazioni di chi ha procedimenti in corso e non ha più chiaro cosa accada in uno stesso nucleo familiare dove potrebbero coesistere posizioni diverse tra persone titolate allo stesso modo, ma che hanno fatto richiesta in contesti temporali diversificati. La Fondazione Migrantes, alla luce della sua storia, auspica anche da tempo la necessità di una riforma organica della cittadinanza italiana, rispondendo cioè al superamento delle fragilità italiane che partono dagli aspetti demografici e toccano quelli economici e culturali. Per preparare l’Italia del domani l’attenzione deve essere posta contestualmente anche ai tanti cittadini di nazionalità altra nati nel nostro Paese che attendono 10 anni per poter fare domanda di cittadinanza riducendo i tempi di attesa e ripensando una modalità che vada oltre lo ius sanguinis o lo ius soli e permei lo ius culturae ovvero quel legame di effettività richiesto e ribadito in questo disegno di legge.Attenzione ai numeri
Negli ultimi 20 anni i cittadini italiani residenti all’estero, iscritti all’Anagrafe degli Italiani residenti all’Estero (AIRE), sono più che raddoppiati. Un mondo che ringiovanisce sempre più grazie alle nascite all’estero di figli di cittadini italiani che all’estero già risiedono. Ma si tratta di fenomeno che riguarda più il contesto europeo che quello oltreoceano. Oltre il 54% di chi è iscritto attualmente all’AIRE risiede in Europa e oltre il 70% delle iscrizioni all’AIRE per la sola motivazione espatrio a inizio 2024 ha riguardato una nazione europea. Questo significa che una serie di disposizioni pensate per l’italodiscendenza e quindi orientate geograficamente all’America Latina in realtà rischiano di impattare negativamente su una storia europea che, al contrario, si sta imponendo velocemente e quantitativamente e che riguarda contesti familiari completamente diversi. Un caso eclatante su tutti. Quello della vicina Svizzera dove il 50% dei 700 mila italiani lì residenti ha la doppia cittadinanza, dove l’italiano è lingua nazionale, dove si guardano canali della televisione italiani dagli anni Ottanta. Eppure con questo disegno di legge anche in Svizzera avremmo chi non potrebbe fare più richiesta di cittadinanza in quanto numerosissimi sono i nonni nati in Svizzera, cioè le prime generazioni stando al disegno di legge da cui ha origine la discendenza e, quindi, il diritto di avere la cittadinanza. Attenzione poi a pensare che gli italiani siano esplosi numericamente solo per l’acquisizione di cittadinanza. Da venti anni noi monitoriamo un flusso continuo di partenze che ha portato a un raddoppio dei cittadini ufficialmente iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero. Negli ultimi anni il numero di chi parte per la sola motivazione espatrio ottemperando all’obbligo di legge di iscrizione all’estero supera le 100 mila unità all’anno. La presenza degli italiani all’estero è dunque frutto di un continuo e costante sguardo che i nostri giovani e giovani adulti negli ultimi 20 anni e, ancora di più negli ultimi 10 hanno rivolto e stanno rivolgendo all’estero partendo da una situazione nazionale di molteplici fragilità che impedisce di dare risposta a una serie di necessità, personali, esistenziali e professionali. Sul disegno di legge n. 1432, in sintesi, la Fondazione Migrantes esprime un plauso di merito perché finalmente qualcosa nel nostro Paese si muove sul tema ampio della cittadinanza. Vista la complessità della materia, però, poniamo dei dubbi sul metodo unidirezionale e impositivo. Nell’ottica della situazione demografica in cui versa il nostro Paese, su cui regnano feroci la denatalità, l’invecchiamento e lo spopolamento dei territori, il chiudersi non sembra di nessuna utilità. Al contrario, aprirsi all’altro e rendersi attrattivi, attraverso una gestione ordinata della mobilità e un contrasto deciso a tutte le pratiche illecite che, come ben evidenziato nel documento, si inseriscono in modo fraudolento nelle procedure di acquisizione della cittadinanza, rappresenta un’azione necessaria e doverosa. È compito di uno Stato democratico tutelare i propri cittadini.Il video dell'intervento (dal minuto 35:15)
Cpr in Albania, mons. Perego: sull’immigrazione la politica, semplicemente, non fa scelte realistiche

Acli e Fondazione Migrantes: “La verità sull’immigrazione degli italiani all’estero obbliga a ripensare le politiche migratorie dell’Italia e dell’Europa”
Il referendum per diventare cittadini prima. Un atto d’amore alla città
A Perugia, la presentazione del Rapporto Immigrazione 2024

Rapporto Italiani nel Mondo 2024: l’Italia delle migrazioni plurime che cercano cittadinanza attiva
Dal 2006 italiani all’estero raddoppiati. L’estero è il nuovo ascensore sociale
Dall’Italia si parte sempre più numerosi e con profili sempre più complessi. Dal 2006 la presenza dei connazionali all’estero è praticamente raddoppiata (+97,5%) arrivando a oltre 6,1 milioni di cittadini iscritti all'Anagrafe degli Italiani Residenti all'estero (AIRE). Negli ultimi 10 anni le iscrizioni all’AIRE per la sola motivazione espatrio sono state 1.179.525. Di questi, come la narrazione prevalente testimonia, la maggior parte sono giovani tra i 18 e i 34 anni (circa 471 mila) o giovani adulti (poco più di 290 mila). Oltre 228 mila sono i minori – a significare che sempre più italiani partono con la famiglia o “mettono su famiglia” all’estero – e più di 30 mila sono over 65enni. A tali partenze, che non hanno solo una motivazione professionale, non corrispondono però altrettanti “ritorni” ma, piuttosto, una desertificazione dei territori. L’estero ha sostituito l’ascensore sociale bloccatosi negli anni Novanta. Nella sintesi del Rapporto, in dettaglio, il profilo per età, genere e titolo di studio degli italiani espatriati e rimpatriati (2022).Le migrazioni interne e il cortocircuito attrazione-repulsione verso i piccoli centri
Mentre il racconto prevalente contrappone agli “esodi” di emigrati italiani all’estero le “invasioni” di immigrazione straniera in Italia, non si pone adeguatamente l’accento sulla mobilità interna. Mediamente, infatti, su circa 2 milioni di trasferimenti annuali complessivi, circa tre quarti riguardano movimenti tra Comuni italiani. In tutto ciò, dal 2014 gli abitanti delle cosiddette aree interne sono diminuiti del 5% che, in valore assoluto, significa 700 mila unità. Scuole, bar, filiali di banche, attività commerciali chiudono generando nuovi esodi. L’area interna ha sviluppato intorno a sé un movimento paradossale fatto, allo stesso tempo, di repulsione e di attrazione. Se da un lato, per alcuni, ci si è accorti della necessità di tornare a vivere una vita più a dimensione della persona, dall’altro lato il borgo continua a essere non attrattivo per i giovani, i quali finiscono per trasformare in definitivo un progetto di trasferimento transitorio in un’altra regione o “si giocano la carta” dell’estero.L’Italia che allontana le “risorse giovani” e non guarisce la “ferita migratoria”
Eppure anche la città inizia a rifiutare i giovani. Affitti molto alti e costo della vita proibitivo allontanano le risorse giovani e appena laureate, spingendole lontano. Nel mentre non ci si accorge di una immigrazione stabile e strutturale persino conveniente per affrontare sia i problemi demografici che quelli economici. In Italia bisogna guarire la “ferita migratoria”, considerando, cioè, la partenza non un abbandono ma una possibilità di crescita per un ritorno più utile. Così sarà possibile finalmente capire il senso vero del partire e il valore del ritorno, valorizzando, allo stesso tempo, chi ha scelto l’Italia come meta di destinazione per ricominciare una vita più dignitosa, facendo nascere figli che oggi si sentono pienamente italiani pur non essendolo di diritto.Nuovi italiani senza cittadinanza: stranieri nati in Italia e italodiscendenti
Da una recente indagine Istat, dal titolo Bambini e ragazzi. Anno 2023. Nuove generazioni sempre più digitali e multiculturali, emerge che, tra i ragazzi non italiani dagli 11 ai 19 anni ben l’85,2% si sentono italiani pur non essendo riconosciuti tali. Essere italiani significa, in prima battuta, “essere nati in Italia” (54,0% per gli italiani e 45,7% per i ragazzi di altra cittadinanza) e, al secondo posto per entrambi, “rispettare le leggi e le tradizioni italiane”. Dall’altro lato, in un mondo totalmente cambiato dove l’acquisizione della cittadinanza è diventata materia ideologica, con una legge che risale al 1992, c’è la situazione degli italodiscendenti che fanno richiesta per ius sanguinis e diventano vittime di un mercato del malaffare per la vendita di cittadinanze.Verso una “comunità ruscello”. Mons. Perego: la politica riconosca i cambiamenti di fatto
C’è un’immagine di Franco Arminio, citata nel Rapporto, che ci offre una prospettiva per il futuro: è la “comunità ruscello”, dinamica e impensata, che “apre la porta” all’interculturalità e si contrappone alla “comunità pozzanghera”. L’Italia è già strutturalmente un Paese dalle migrazioni plurime che, se adeguatamente indirizzate, incentivate e valorizzate, possono trasformarsi in società vive e inclusive. «Non è possibile – ha dichiarato il presidente della Fondazione Migrantes, S.E. mons. Giancarlo Perego – che la politica non riconosca i cambiamenti che stanno avvenendo nella polis, nella città. Deve interpretarli e governarli con strumenti idonei e non pregiudiziali. Dal 1992 a oggi l’Italia è cambiata».📚 Scarica la Sintesi del Rapporto.
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L’Italia delle migrazioni plurime. Il nuovo Rapporto Italiani nel Mondo

- I dati fondamentali in un video Paolo Pagliaro Direttore Agenzia 9Colonne.
- Italiani e italiane: una presenza in crescita, articolata ed eterogenea Delfina Licata Sociologa delle migrazioni, Fondazione Migrantes.
- On. Toni Ricciardi.
- On. Paolo Emilio Russo.
Che cosa è il RIM? Dal 2006 il Rapporto Italiani nel Mondo (RIM) della Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana, scatta una fotografia della situazione della mobilità italiana all’estero. Il volume, curato da Delfina Licata, raccoglie le analisi socio-statistiche delle fonti ufficiali, nazionali e internazionali, più accreditate sulla mobilità dall’Italia. La trattazione di questi temi procede a livello statistico, di riflessione teorica e di azione empirica attraverso indagini quali-quantitative. Con una redazione transnazionale di oltre 50 autori all'anno, il RIM nel tempo si è trasformato da progetto editoriale in progetto culturale arrivando, nel 2024, alla sua XIX edizione. Per i media: ufficiostampa@migrantes.it

Ismu: l’Italia è il Paese europeo che ha concesso più cittadinanze
Ismu: tornano a crescere le acquisizioni di cittadinanza italiana
I talenti che l’Italia ancora non vuole
Milano - Nella piazza di Chiari, intitolata a Giuseppe Zanardelli, la diciassettenne Great Nnachi si è inerpicata con l’asta fino a quota 4.25, eguagliando il suo primato. Con questa misura sarebbe arrivata quarta al recente Mondiale Juniores di Cali, ma la saltatrice in Colombia non è andata, nonostante fosse campionessa tricolore Under 20. Great è nata a Torino il 15 settembre 2004, ha vinto titoli nazionali da cadetta, allieva e Junior, ma ancora non può vestire la maglia azzurra perché non ha la cittadinanza, in quanto figlia di nigeriani. Suo papà, ex dipendente della Fiat, è mancato quando aveva cinque anni, suo fratello minore gioca nelle giovanili della Juventus e lei è stata nominata Alfiere della Repubblica dal Presidente Mattarella «per le qualità di atleta, affinate pur tra difficoltà, e per la disponibilità che mostra nell’aiutare i compagni e nel collaborare alla formazione e all’allenamento dei più piccoli».
La storia di Great è la più emblematica, ma non è l’unica. Si contano almeno una dozzina di atleti, tra i 16 e i 22 anni, che non possono essere convocati in Nazionale perché privi della cittadinanza italiana. Partecipano, e magari vincono anche, ai campionati tricolori, fanno gli stage e i raduni con i colleghi azzurri, ma sul più bello vedono sfumare il proprio sogno. Colpa dell’attuale sistema normativo che si ritorce contro chi è nato in Italia da genitori stranieri, oppure è arrivato da piccolo nel nostro Paese. Una situazione complessa che impedisce di fatto a talenti della nostra atletica di poter disputare le competizioni internazionali. «Chi nasce in Italia da stranieri può chiedere la cittadinanza dopo il compimento della maggiore età. La procedura si può velocizzare solo se i genitori fanno richiesta e ottengono la cittadinanza, che in questo caso si trasmette anche al minore. Chi invece arriva in Italia da bambino deve avere almeno 10 anni consecutivi di residenza con regolare permesso di soggiorno, prima di poter fare la domanda», racconta Antonio Andreozzi, vicedirettore tecnico della Fidal e responsabile delle Nazionali giovanili. Great Nnachi diventerà quindi italiana domani, al compimento della maggiore età. Le basterà giurare davanti al suo Sindaco, per poter poi finalmente rappresentare l’Italia anche all’estero. Tra gli altri atleti che hanno vinto un titolo nazionale, pur non potendo rivestirsi d’azzurro, i casi più eclatanti sono tre. La triplista pordenonese Baofa Mifri Veso ha conquistato il tricolore Under 18, ma non è potuta andare agli Europei Allievi di Gerusalemmme, dove avrebbe ambito al podio. Ha sempre vissuto da noi, ma avendo genitori congolesi dovrà aspettare di compiere i 18 anni a dicembre dell’anno prossimo. La marciatrice veronese Alexandrina Mihai, classe 2003, è nata in Moldavia, ma è giunta in Italia quando aveva cinque anni. È la migliore interprete italiana del tacco e punta a livello giovanile, ma siccome i genitori quando era minorenne non hanno ottenuto la cittadinanza, ha dovuto aspettare l’anno scorso per fare la domanda. Sono passati dieci mesi dalla richiesta, ma ad oggi, oltre alla conferma della ricezione, non ha avuto ancora risposta. Il toscano Abderrazzak Gasmi, campione italiano Under 23 delle siepi, di anni ne ha 21, ma siccome i genitori non erano in regola, ha dovuto aspettare la maggiore età per chiedere il permesso di soggiorno: dovrà attendere altri sette anni per indossare la casacca azzurra.
Senza cittadinanza questi atleti non possono entrare nei gruppi militari, pertanto un plauso va alle società civili che li sostengono: «I club sono la colonna portante del nostro sistema, senza di loro questi ragazzi avrebbero smesso». A differenza di altri sport, l’atletica è più propensa ad accogliere i nuovi italiani: «Il nostro è uno sport universale, quindi non di nicchia, e allo stesso tempo non costoso, perciò alla portata di tutti. In più molti ragazzi di origini straniere hanno caratteristiche e qualità che si addicono con le specialità della corsa, dei salti o dei lanci». Ragazzi e ragazze che vincono lungo lo Stivale, ma non possono esprimersi oltreconfine: «L’auspicio è che diventi legge lo Ius Scholae, che riconoscerebbe la cittadinanza a chi è nato in Italia, o è arrivato prima dei 12 anni, e ha frequentato regolarmente almeno 5 anni di studio. Solo così potremmo metterci al passo con gli altri Paesi ». Già, perché allargando lo sguardo, chi nasce in Germania ha subito la cittadinanza tedesca e a 18 anni può scegliere se mantenerla o meno, così come anche in Francia si può avere la doppia cittadinanza e poi decidere da maggiorenni. «Rispetto ad altre nazioni siamo penalizzati, non potendo schierare dei talenti che si sentono italiani a tutti gli effetti e che avrebbero potuto conquistare anche medaglie a Mondiali o Europei di categoria», conclude Andreozzi. Per Great Nnachi il conto alla rovescia è agli sgoccioli, per altri la burocrazia è ancora lunga, in un Paese che fatica a decidere su un tema finito pure nel tritacarne della campagna elettorale. (Mario Nicoliello - Avvenire)