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Sugli italiani all’estero “uno dei problemi è quello che non si conosce l’Italia della mobilità”.

20 Novembre 2025 - Sì è tenuto in Senato, a Roma, nel corso del pomeriggio del 19 novembre il convegno dal titolo “Italiani nel mondo: cittadinanza e identità – Come cambiano regole, tutele e servizi”, organizzato su iniziativa del senatore del Maie eletto all’estero, Mario Borghese, in collaborazione con l’Associazione europa mediterraneo ETS e l’associazione "Il Sud del Mondo" ETS. L'incontro, che ha offerto un confronto approfondito sul fenomeno della migrazione italiana nei giorni nostri, ha proposto anche l'intervento di Delfina Licata, ricercatrice della Fondazione Migrantes, nonché curatrice del Rapporto Italiani nel Mondo (RIM), che ha presentato i dati che modificano la visione comune sulla migrazione. “Uno dei problemi della questione italiani all’estero è quello che non si conosce l’Italia della mobilità”. Alla luce del lavoro che sta alla base del RIM, Licata ha parlato di tre "bugie" alimentate in Italia anche dalla stampa: “Non siamo mai passati da Paese di emigrazione a Paese di immigrazione. L’Italia è un paese dalle mobilità plurime, ma l’emigrazione non è mai finita”. Un altro fatto “smentito” dai dati è quello relativo ai cosiddetti cervelli in fuga: “il 66% di chi parte oggi ha infatti un titolo medio-basso”; inoltre “le persone non sono solo quello che fanno”. La terza "bugia" è quella relativa alla narrazione per cui molti richiederebbero la cittadinanza per convenienza: “Non è vero e non si può non guardare alla persona parlando di questi argomenti”. (fonte: Aise)

“Che Italia!”: l’Italia plurale che già esiste. Una nuova campagna di comunicazione

25 Luglio 2025 - Raccontare l’Italia reale, quotidiana, già viva e in movimento, fatta anche di nuove italiane e nuovi italiani con background migratorio che ogni giorno contribuiscono alla crescita del Paese. È l’obiettivo di “Che Italia!”, la nuova campagna di comunicazione promossa da una rete di organizzazioni civiche attive sul tema della cittadinanza, della partecipazione e dei diritti. Il progetto – online da oggi con un video racconto collettivo e materiali scaricabili per scuole, associazioni e cittadini – nasce per costruire una narrazione più autentica e inclusiva dell’Italia di oggi. Un’Italia spesso oscurata da stereotipi e divisioni, ma che nelle sue diversità trova energie, competenze e visioni comuni. Promossa da realtà come CISV, CoNNGI, Codiasco, Secondo Welfare, Acra, Generazione Ponte, Viaggi Solidali, Soomaaliya, Nuovi Profili e Migrantour, la campagna è il frutto di un anno di lavoro condiviso tra nuove generazioni, enti del terzo settore e reti educative: "Siamo una coalizione di organizzazioni nata con l’obiettivo di promuovere un concetto di italianità autentico, inclusivo e aperto". Tutte le informazioni, il video e i materiali della campagna sono disponibili sul sito del Cisv Torino. Le scuole, le associazioni e i singoli cittadini sono invitati a contribuire e a promuovere iniziative locali sotto il segno di “Che Italia!”. (fonte: Askanews/Cisv) https://youtu.be/mS8rFh6naCk?si=8yZFxZaFKaPAmx5-

Mons. Perego alla Commissione Esteri della Camera: «Cittadinanza è diritto da garantire, non privilegio da concedere»

25 Giugno 2025 - La Fondazione Migrantes, nella persona del suo presidente, S.E. mons. Gian Carlo Perego, è stata ascoltata oggi dalla Commissione Affari esteri e comunitari della Camera dei deputati in merito al disegno di legge 2369 recante “Disposizioni per la revisione dei servizi consolari per i cittadini e le imprese all’estero”.
Cittadinanza: serve riforma organica e inclusiva. Politica accompagni l’Italia che cambia
Le osservazioni nel merito del testo in discussione sono state collocate da mons. Perego in una riflessione più ampia sulla questione della cittadinanza. Egli ha subito messo in luce “l’importanza di una riforma organica, che eviti il rischio di ripetere quanto accaduto con la legge n. 91 del 1992”, ricordando che “l’aspirazione alla cittadinanza italiana non rappresenta semplicemente la soluzione a questioni di carattere amministrativo” e che essa “accomuna tanto gli italo-discendenti quanto gli stranieri stabilmente presenti in Italia, inclusi i figli nati e cresciuti nel nostro Paese da genitori stranieri”. Tenendo conto che la cittadinanza “è un legame insieme affettivo ed effettivo, che unisce appartenenza e partecipazione concreta”, e che essa è anzitutto “un diritto da garantire, non un privilegio da concedere”, il presidente della Fondazione Migrantes ha invitato la politica a “essere accompagnamento e voce della comunità, non barriera”. E ha indicato come modello significativo quello della “cittadinanza europea”.
I dati: la mobilità da e per l’Italia è profondamente cambiata. Attenzione a norme inadeguate
Dal 1992 a oggi l’Italia è cambiata. Come evidenziato da mons. Perego, dal punto di vista dell’immigrazione, il Paese “ha 4 milioni di immigrati in più, più permessi per ricongiungimenti familiari che per lavoro, più studenti immigrati nelle scuole, più nascite da genitori stranieri regolarmente presenti sul territorio e provenienti da circa 200 nazionalità diverse”. Al tempo stesso, è cambiata profondamente anche l’emigrazione italiana, con una crescita inattesa e con nuove caratteristiche negli ultimi venti anni: “Su un totale di 6,1 milioni di italiani residenti all’estero al 1° gennaio 2024, il 54,2% vive oggi in Europa; tra le partenze più recenti, quelle dirette verso Paesi europei rappresentano addirittura il 70%”. Per mons. Perego questi dati servono, ad esempio, a evidenziare il rischio concreto che “diverse disposizioni pensate originariamente per l’italodiscendenza e una mobilità intercontinentale” si rivelino “inadeguate rispetto alla realtà della mobilità europea”. Va, inoltre, evitata una lettura riduttiva che riconduca la crescita della presenza italiana all’estero unicamente ai processi di acquisizione della cittadinanza: “Almeno il 30% di chi oggi risiede in Europa è iscritto all’Aire (Anagrafe italiani residenti all’estero) per nascita”. Anche per questo da tempo la Fondazione Migrantes, attraverso il Rapporto italiani nel mondo, sollecitava l’esigenza di disporre di dati più precisi sulla presenza dei nostri connazionali all’estero, che sarà ora possibile grazie all’Istat. Allo stesso tempo, mons. Perego ha chiesto “l’istituzione di un tavolo di lavoro finalizzato alla riformulazione delle modalità di iscrizione all’Aire, tenendo conto di una mobilità radicalmente cambiata”.
Centralizzare concessione cittadinanza italiana “iure sanguinis”? Oneroso e poco efficace
Gli ormai 6,5 milioni di nostri connazionali residenti all’estero (dato al 1° gennaio 2025) sembrano essere l’unica Italia che cresce. Ma paradossalmente, di fronte a questo fenomeno, abbiamo nel tempo “assistito a una progressiva riduzione della presenza istituzionale in grado di rispondere alle loro esigenze, accompagnata da un indebolimento della loro rappresentanza politica”. A questo proposito, mons. Perego, ha segnalato che la prevista costituzione di un ufficio centralizzato ex novo “comporti il rischio di una scelta da un lato certamente onerosa e, dall’altro, probabilmente poco efficace. È difficile, infatti, immaginare che un nuovo ufficio possa acquisire in tempi rapidi l’esperienza consolidata delle sedi consolari, maturata in anni di lavoro sul campo. La prossimità – intesa non solo come vicinanza fisica, ma anche come capacità di semplificazione – rappresenta un elemento cruciale”.

👉 Il testo integrale dell'intervento di mons. Perego.

  Mons. Perego. Audizione 25 giugno 2025

Cittadinanza: la Conferenza episcopale siciliana chiede di rilanciare dibattito pubblico sulle seconde generazioni

23 Giugno 2025 - "Come Caritas e Migrantes di Sicilia, sentiamo la responsabilità di riportare al centro del dibattito pubblico il tema delle cosiddette seconde generazioni, non con finalità politiche, ma attraverso un impegno educativo e culturale, in linea con la missione della Chiesa di promuovere l’inclusione e la dignità di ogni persona". Con una lettera co-firmata dai vescovi delegati della regione Sicilia per le migrazioni, mons. Corrado Lorefice, e per la carità, mons. Giovanni Accolla, la Conferenza episcopale siciliana torna a riflettere sul "recente esito del referendum sulla cittadinanza". Una questione, quella della cittadinanza che "non è solo un dato giuridico", ma "è una condizione di riconoscimento, appartenenza e partecipazione" che tocca da vicino "decine di migliaia di giovani che, pur nati o cresciuti in Italia, pur condividendo lingua, cultura e quotidianità con i loro coetanei italiani, rimangono 'stranieri' nei documenti". Secondo i dati ufficiali del ministero dell’Istruzione e del Merito, nell’anno scolastico 2022/2023 gli alunni con retroterra migratorio in Sicilia erano 28.738. Di questi, 15.047 – pari al 52,5% – sono nati in Italia. I due presuli intendono "rilanciare il dibattito pubblico su queste tematiche, partendo proprio dalle scuole e dalle classi, che riteniamo veri e propri laboratori di inclusione" e, in questo senso, ritengono importante "aprire un confronto serio e articolato sullo ius scholae, come possibile via per riconoscere la cittadinanza a chi ha compiuto un percorso scolastico stabile nel nostro Paese". "La novità del nostro tempo - concludono - è che sono proprio le seconde generazioni a chiedere con voce propria il riconoscimento della cittadinanza e non più solo le associazioni del terzo settore. È una spinta dal basso che non può più essere ignorata".

👉 Il testo integrale della lettera.

Referendum cittadinanza, mons. Perego: “Un segnale negativo del Paese nei confronti degli immigrati”

10 Giugno 2025 - Nessuno dei cinque referendum abrogativi su lavoro e cittadinanza ha raggiunto il quorum previsto, pari al 50 per cento più uno degli elettori perché l'esito sia considerato valido. Secondo Eligendo, portale del ministero dell'Interno, l'affluenza è stata complessivamente intorno al 30,6 per cento degli aventi diritto, pari a oltre 14 milioni di elettori che si sono recati alle urne. Sui 4 referendum riguardanti il mondo del lavoro è prevalso nettamente il "sì", mentre per il referendum sulla cittadinanza i "sì" sono stati il 65,49%. "È un segnale negativo di un Paese nei confronti degli immigrati. Le nostre città, le nostre imprese, le nostre aziende agricole avranno sempre meno persone immigrate che le ameranno, perché si sono sentiti lasciati fuori dalla città: solo lavoratori e non cittadini". Mons. Gian Carlo Perego, presidente della Commissione episcopale per le migrazioni e della Fondazione Migrantes, ha commentato così con Adnkronos l’esito referendario, con particolare riferimento al quesito legato alla cittadinanza che chiedeva ai cittadini di ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza legali in Italia per potere fare domanda di cittadinanza italiana . "Per il referendum della cittadinanza, il più votato, il doppio dei voti è andato per il sì. L’aspetto interessante è che i giovani sono andati a votare". D'altra parte, osserva mons. Perego, "dopo due bocciature della riforma, anche questa bocciatura nei confronti di un aspetto della legge della cittadinanza, sta a indicare un ulteriore involuzione nazionalista del Paese".

Cittadinanza, un referendum sull’Italia di domani. Intervista ad Alba Lala (Conngi)

29 Maggio 2025 - L’8 e 9 giugno si vota per 5 referendum tra i quali quello che mira ad abrogare alcune parti dell’articolo 9 della legge 91 del 1992, l’attuale legge italiana sulla cittadinanza. L’esito atteso è che tutti gli stranieri maggiorenni con cittadinanza di uno Stato non appartenente all’Unione europea possano presentare richiesta di concessione della cittadinanza italiana dopo cinque anni di residenza legale in Italia e non più 10. Oltre ai 4 anni di attese burocratiche. Ne abbiamo parlato con Alba Lala, segretaria generale del Coordinamento nazionale delle nuove generazioni italiane (Conngi), una delle anime del comitato promotore del referendum che ha raccolto molte più delle 500 mila firme necessarie. [caption id="attachment_59822" align="aligncenter" width="240"]Alba Lala Alba Lala[/caption] Credo che raccontare in breve la sua biografia faccia immediatamente comprendere un aspetto-chiave del referendum… Sono nata a Fier, nel sud dell’Albania, e sono arrivata in Italia quando avevo tre anni. Ora ne ho 28. Lavoro a Genova come mediatrice culturale, in ospedali, ATS e altri servizi del Comune. Mi considero una genovese e un’italiana, nonostante questo Paese ancora non mi riconosca come sua cittadina. Ed è anche impegnata nel Conngi. Ce ne parla? Il Conngi è un coordinamento di oltre 50 associazioni dal nord al sud dell’Italia, nato nel 2016. Abbiamo scelto di non identificarci più come rappresentanti delle “seconde generazioni”, ma delle “nuove generazioni italiane”. Ci occupiamo di scuola, lavoro, cultura, sport e condivisione, dalla nostra prospettiva. E ovviamente di cittadinanza, che poi vuol dire anche partecipazione e rappresentanza politica. Ecco, arriviamo al referendum. Dopo un lungo tira e molla è stata scelta la data dell’8 e 9 giugno. Come avete accolto questa decisione? Sicuramente separare i referendum dal primo turno delle elezioni amministrative, che si tengono in tante regioni e in tante città d’Italia, è apparsa subito come una decisione volta a disincentivare il voto, in un Paese in cui di astensionismo ce n’è fin troppo. Immaginiamo due scenari. Nel primo, il referendum non va bene. Come pensate di muovervi dal 10 giugno in poi? Ci auguriamo che ci sia comunque una bella risposta. Se anche solo arrivassimo vicini al quorum, sarebbe comunque un grosso segnale, ossia che in realtà l’Italia è pronta al cambiamento. In un Paese in cui l’astensionismo è diffuso, i giovani non si ritrovano più nella politica, ed emerge davvero tanto disinteresse per il voto e la rappresentanza. A quel punto starà a noi rimboccarsi le maniche per cercare di modificare questa legge in modo diverso. Ci sono già delle mozioni in Parlamento. Perché, ovviamente, quello che noi abbiamo proposto con il referendum non è esaustivo per una riforma adeguata della legge sulla cittadinanza, che abbiamo a lungo sperato fosse portata avanti in Parlamento. E se, invece, il referendum passasse? Vorrebbe dire innanzitutto che la legge che abbiamo non va così tanto bene come dicono. In ogni caso, concretamente, se il referendum passasse, ben 2,5 milioni di persone ne beneficerebbero direttamente. E stiamo parlando in prevalenza di giovani come me, nati o cresciuti in questo Paese, e altrettanti che, anche se non sono arrivati in tenera età, hanno deciso di costruire la loro vita in Italia e non scappano, nonostante le tante difficoltà che incontrano. Perché è bene sapere che tra i famosi “cervelli in fuga” ci sono anche quelli delle nuove generazioni italiane. Io stessa avevo un sogno, che a un certo punto della mia vita ho dovuto ridefinire: per realizzarlo, avrei dovuto fare un concorso pubblico e non avendo la cittadinanza non ho potuto, io che ero cresciuta con l’idea di essere uguale ai miei compagni e alle mie compagne di classe. Arrivare al referendum immagino sia stato vissuto comunque come un successo. Ma com’è andata la costruzione del quesito? Erano diverse le sensibilità dei tanti soggetti che hanno proposto il referendum. Prima di arrivare a proporre questo quesito, ovvero a puntare sulla sola modifica degli anni di residenza necessari per fare richiesta della cittadinanza, ci abbiamo lavorato per un bel po’. Il criterio è stato quello di percorrere la strada più sicura perché venisse approvato. Le ipotesi inizialmente erano tante, poi ci siamo focalizzati su 5 temi. Alla fine abbiamo puntato su una sola richiesta, perché avremmo dovuto raccogliere 500 mila firme per ciascun articolo da modificare. Che poi in realtà non chiediamo niente di straordinario: vogliamo riportare la legislazione italiana a prima del 1992. Al di là della cerchia ristretta di chi ha lavorato con voi, ha avuto la percezione che nel corso della campagna referendaria la gente, nel quotidiano, nonostante le lacune informative e il clima generale del Paese, si sia avvicinata a questo tema? Sì, tantissime persone si sono avvicinate al tema, ma anche partiti, associazioni… In questo momento ci sono comitati referendari in tutta Italia, e questa è una bella risposta. Ci stanno chiedendo come fare per unirci, per portare avanti comunque la nostra campagna, e come poterci aiutare a sensibilizzare sempre più persone. (Simone Sereni, da Migranti Press 4-5 2025)

Referendum e cittadinanza, CEI: “Integrare nella pienezza dei diritti coloro che condividono i medesimi doveri e valori”

28 Maggio 2025 - Quello che serve urgentemente al Paese, come hanno ricordato ancora una volta i vescovi italiani alla fine del Consiglio episcopale permanente straordinario di martedì 27 maggio, è senza dubbio una riforma complessiva della legge 91/1992 sulla cittadinanza. Il prossimo referendum dell'8 e 9 giugno - che mira solo a ridurre da 10 a 5 anni i tempi per poter presentare la richiesta - appare in ogni caso un'occasione per cominciare ad adottare "una visione larga che eviti mortificazioni della dignità delle persone" e per "integrare nella pienezza dei loro diritti coloro che condividono i medesimi doveri e valori". Come aveva scritto su Migranti Press lo scorso mese di marzo S.E. mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente della CEMi e della Fondazione Migrantes, "votare il referendum sulla cittadinanza significa esercitare il diritto a modificare una legge che non aiuta a costruire l’Italia di domani", perché "non si può lasciare fuori dalla città – oggi con un’attesa fino anche a 14 anni, per motivi burocratici, mentre negli altri Paesi europei l’attesa media è di sette anni – chi lavora, studia, si sposa, ha un figlio in Italia". [caption id="attachment_59692" align="aligncenter" width="1024"]Cei Roma 27–5-2025
Cei
Consiglio permanente straordinario
Ph: Cristian Gennari/Siciliani[/caption]

Referendum sulla cittadinanza. A Firenze un incontro sulle “ragioni del sì”

27 Maggio 2025 - Giovedì 29 maggio, alle 17,45, nella Sala Teatina (via dei Pescioni, 3 - Firenze), si terrà un incontro-dibattito in vista del Referendum sulla cittadinanza dell'8-9 giugno dal titolo «Le ragioni del sì». All'incontro, promosso da numerose realtà fiorentine, tra cui Caritas, Acli, Meic, Migrantes Toscana, Centro Internazionale Studenti, Opera per la Gioventù e Fondazione La Pira, intervengono:
  • Massimo Carli, costituzionalista, già difensore civico regionale;
  • Sara Vatteroni, direttrice regione Toscana della Fondazione Migrantes;
  • Marzio Mori, direttore Caritas Firenze;
  • Bernardo Marasco, segretario Cgil Firenze;
  • Andrea Tognetti, presidente Acli Firenze;
  • Giovanni Lattarulo, Associazione Rosa Bianca;
  • Enzo Ciacioli, presidente Meic Firenze.
Introduce i lavori Maurizio Certini, Centro internazionale studenti Giorgio La Pira.

Milano-Bicocca, “La cittadinanza italiana: passato, presente e futuro tra riforme e referendum”

26 Maggio 2025 - Cosa significa il concetto di cittadinanza? Chi ne ha diritto? Qual è la situazione attuale in Italia per la richiesta di tale status e soprattutto, quali sono gli scenari possibili, in vista dell'imminente referendum? Per chiarire e discutere su queste tematiche, i Dipartimenti di Giurisprudenza (school of Law) e di Sociologia sociale e ricerca sociale dell’Università di Milano-Bicocca promuovono il convegno di studi “La cittadinanza italiana: passato, presente e futuro tra riforme e referendum”, che si terrà il 30 maggio 2025, ore 9.30, presso l’Ed. U7 – Civitas. Introduce, coordina e conclude i lavori Paolo Bonetti, professore di diritto costituzionale e pubblico nell’Università di Milano-Bicocca e docente di diritto degli stranieri. Intervengono:
  • Delfina Licata, sociologa delle migrazioni, Fondazione Migrantes (Conferenza episcopale italiana) e curatrice del Rapporto italiani nel mondo;
  • Claudio Panzera, professore di diritto costituzionale e pubblico nell’Università Mediterranea di Reggio Calabria e vicedirettore del Centro di ricerca sulle cittadinanze (CERIC);
  • Giulia Perin, avvocata del foro di Roma, Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (ASGI);
  • SiMohamed Kaabour, consigliere comunale di Genova, docente di arabo e educazione civica al liceo linguistico internazionale Deledda, CoNNGI – Coordinamento Nazionale Nuove Generazioni Italiane, IDEM network.
Segue un dibattito. La partecipazione è libera e gratuita. Sono invitati, in particolare: studenti, dottorandi, docenti, avvocati, assistenti sociali, educatori, giornalisti e associazioni.

👉 Per partecipare da remoto cliccare qui – password: cittadinanza

Modena, verso il referendum: “Cittadinanza e migrazione: un futuro da costruire”

20 Maggio 2025 - Nell'ambito degli eventi di preparazione al X Festival della Migrazione "Oltre il mare, oltre i muri" (22-31 ottobre 2025), sabato 24 maggio alle ore 17.30 è in programma a Modena (Sala Verde - Fondazione San Carlo, via San Carlo 5) l'incontro “𝐂𝐢𝐭𝐭𝐚𝐝𝐢𝐧𝐚𝐧𝐳𝐚 𝐞 𝐦𝐢𝐠𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞: 𝐮𝐧 𝐟𝐮𝐭𝐮𝐫𝐨 𝐝𝐚 𝐜𝐨𝐬𝐭𝐫𝐮𝐢𝐫𝐞”, organizzato in vista del referendum sulla cittadinanza dell’8 e 9 giugno. Dopo l'introduzione di Alberto Caldana, vicepresidente del Festival della Migrazione, intervengono:
  • Sonny Olumati, co-presidente del Comitato promotore del referendum sulla cittadinanza. "Fa sentire la propria voce: costruire cittadinanza dal basso".
  • Benedicta Djumpah, Italiani senza cittadinanza. "Identità sospese: le storie degli italiani senza cittadinanza".
  • Veronica Atitsogbe, vicepresidente del Consiglio comunale di Verona. "Cambiare è possibile: cittadinanza, diritti, partecipazione".

Ddl cittadinanza, la Fondazione Migrantes ascoltata in Senato: preoccupazioni e dubbi sul metodo

11 Aprile 2025 - La Fondazione Migrantes è stata ascoltata dalla Commissione Affari costituzionali del Senato nel corso della audizione informale sui ddl nn. 1432 (d-l 36/2025 - disposizioni urgenti in materia di cittadinanza) e nn. 98 e conn. (disposizioni in materia di riacquisto della cittadinanza italiana) di giovedì 10 aprile 2025. L'acquisizione della cittadinanza italiana è un tema prioritario per la Fondazione Migrantes che da diversi anni monitora costantemente cambiamenti quantitativi e qualitativi che hanno poi portato a dedicare l’annualità 2024 del Rapporto Italiani nel Mondo proprio a questo specifico tema. Ed è stata proprio la curatrice del Rapporto, la dottoressa Delfina Licata, a intervenire in audizione a nome della Fondazione. In sintesi, alcuni dei rilievi esposti durante il suo intervento.
Preoccupazione per la radicalità e la disorganicità del cambiamento
Alla luce della consolidata esperienza con l’estero della Fondazione Migrantes si è fatto presente che a partire dal 28 marzo si è passati dalla legge sulla cittadinanza probabilmente tra le più generose al mondo a una modifica estremamente restrittiva. Registriamo, pertanto, il disorientamento per un cambiamento così estremo, per alcuni difficilmente comprensibile, alla luce della storia migratoria italiana e della diffusione dell’italianità a livello internazionale. Ci si riferisce in particolare alle preoccupazioni di chi ha procedimenti in corso e non ha più chiaro cosa accada in uno stesso nucleo familiare dove potrebbero coesistere posizioni diverse tra persone titolate allo stesso modo, ma che hanno fatto richiesta in contesti temporali diversificati. La Fondazione Migrantes, alla luce della sua storia, auspica anche da tempo la necessità di una riforma organica della cittadinanza italiana, rispondendo cioè al superamento delle fragilità italiane che partono dagli aspetti demografici e toccano quelli economici e culturali. Per preparare l’Italia del domani l’attenzione deve essere posta contestualmente anche ai tanti cittadini di nazionalità altra nati nel nostro Paese che attendono 10 anni per poter fare domanda di cittadinanza riducendo i tempi di attesa e ripensando una modalità che vada oltre lo ius sanguinis o lo ius soli e permei lo ius culturae ovvero quel legame di effettività richiesto e ribadito in questo disegno di legge.
Attenzione ai numeri
Negli ultimi 20 anni i cittadini italiani residenti all’estero, iscritti all’Anagrafe degli Italiani residenti all’Estero (AIRE), sono più che raddoppiati. Un mondo che ringiovanisce sempre più grazie alle nascite all’estero di figli di cittadini italiani che all’estero già risiedono. Ma si tratta di fenomeno che riguarda più il contesto europeo che quello oltreoceano. Oltre il 54% di chi è iscritto attualmente all’AIRE risiede in Europa e oltre il 70% delle iscrizioni all’AIRE per la sola motivazione espatrio a inizio 2024 ha riguardato una nazione europea. Questo significa che una serie di disposizioni pensate per l’italodiscendenza e quindi orientate geograficamente all’America Latina in realtà rischiano di impattare negativamente su una storia europea che, al contrario, si sta imponendo velocemente e quantitativamente e che riguarda contesti familiari completamente diversi. Un caso eclatante su tutti. Quello della vicina Svizzera dove il 50% dei 700 mila italiani lì residenti ha la doppia cittadinanza, dove l’italiano è lingua nazionale, dove si guardano canali della televisione italiani dagli anni Ottanta. Eppure con questo disegno di legge anche in Svizzera avremmo chi non potrebbe fare più richiesta di cittadinanza in quanto numerosissimi sono i nonni nati in Svizzera, cioè le prime generazioni stando al disegno di legge da cui ha origine la discendenza e, quindi, il diritto di avere la cittadinanza. Attenzione poi a pensare che gli italiani siano esplosi numericamente solo per l’acquisizione di cittadinanza. Da venti anni noi monitoriamo un flusso continuo di partenze che ha portato a un raddoppio dei cittadini ufficialmente iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero. Negli ultimi anni il numero di chi parte per la sola motivazione espatrio ottemperando all’obbligo di legge di iscrizione all’estero supera le 100 mila unità all’anno. La presenza degli italiani all’estero è dunque frutto di un continuo e costante sguardo che i nostri giovani e giovani adulti negli ultimi 20 anni e, ancora di più negli ultimi 10 hanno rivolto e stanno rivolgendo all’estero partendo da una situazione nazionale di molteplici fragilità che impedisce di dare risposta a una serie di necessità, personali, esistenziali e professionali. Sul disegno di legge n. 1432, in sintesi, la Fondazione Migrantes esprime un plauso di merito perché finalmente qualcosa nel nostro Paese si muove sul tema ampio della cittadinanza. Vista la complessità della materia, però, poniamo dei dubbi sul metodo unidirezionale e impositivo. Nell’ottica della situazione demografica in cui versa il nostro Paese, su cui regnano feroci la denatalità, l’invecchiamento e lo spopolamento dei territori, il chiudersi non sembra di nessuna utilità. Al contrario, aprirsi all’altro e rendersi attrattivi, attraverso una gestione ordinata della mobilità e un contrasto deciso a tutte le pratiche illecite che, come ben evidenziato nel documento, si inseriscono in modo fraudolento nelle procedure di acquisizione della cittadinanza, rappresenta un’azione necessaria e doverosa. È compito di uno Stato democratico tutelare i propri cittadini.

Il video dell'intervento (dal minuto 35:15)

 

Cpr in Albania, mons. Perego: sull’immigrazione la politica, semplicemente, non fa scelte realistiche

31 Marzo 2025 - Le lacune delle politiche di gestione dei movimenti migratori in Italia, da circa 20 anni, "non sono caratterizzate tanto dall'ipocrisia, quanto da una mancanza di realismo". Lo ha detto mons. Gian Carlo Perego, presidente della CEMi e della Fondazione Migrantes, durante il suo intervento al convegno "Immigrazione e diritti", promosso dalla Regione Campania, mentre il Governo italiano approvava il decreto che tra le altre cose ha stabilito che uno dei due centri albanesi, quello di Gjader, potrà essere usato come centro di permanenza per il rimpatrio. "La politica si fonda sulla realtà, sui fatti" ha spiegato l'arcivescovo di Ferrara-Comacchio. "Le soluzioni devono essere dunque realistiche e oneste intellettualmente. Ditemi voi se sia tale una la soluzione all'irregolarità nel nostro Paese - dove si stimano tra 300 e i 400 mila irregolari - quella dei 1.000 posti totali dei centri in Albania". La preoccupazione è anche per lo spreco di risorse importanti che potrebbero essere usate per una integrazione reale e davvero sicura. "Si era detto - ha aggiunto mons. Perego - che la strada migliore fossero i rimpatri assistiti, piuttosto che rinchiudere una persona per 18 mesi che poi ritorna fuori, perché il 50% di chi viene recluso nei Cpr, ritorna indietro...". Il presidente della Fondazione Migrantes aveva introdotto il suo intervento ricordando che "il tema del diritto a migrare attraversa tutta la Dottrina sociale della Chiesa, a partire dalla Rerum novarum, in riferimento ai nostri emigranti", fino ad arrivare all'emblematico primo viaggio apostolico di papa Francesco a Lampedusa: "Il Santo Padre intuiva che la cultura si stava muovendo sempre di più verso una contrapposizione nei confronti dei migranti". E fino alla Fratelli tutti, in cui Francesco ha parlato della "cultura dell'incontro" e ha espresso un concetto fondamentale: che il migrante è una benedizione perché porta vita, e vita vuole dire speranza e futuro. "Soprattutto in un Paese come il nostro - ha chiosato mons. Perego - che non ha avuto politiche familiari per 25 anni. In un Paese, a differenza di quanto percepisce l'opinione pubblica, che sta diventando sempre meno attrattivo per chi viene da fuori - solo 100.000 immigrati in più rispetto a 10 anni fa - e da dove sempre più italiani se ne vanno - 1.5 milioni in circa in 10 anni". marzo Perego a Napoli

Acli e Fondazione Migrantes: “La verità sull’immigrazione degli italiani all’estero obbliga a ripensare le politiche migratorie dell’Italia e dell’Europa”

17 Marzo 2025 - Migrazioni e cittadinanza, la presentazione del Rapporto Italiani nel Mondo a New York. “Non ci dobbiamo dimenticare dei volti dei migranti, sia quelli che arrivano nel nostro Paese sia i vostri, quelli dei tanti italiani che sono partiti o che stanno partendo. Ecco perché relegare la questione migrazione al tema dell’irregolarità o della clandestinità, applicando leggi disumane e facendo accordi con Paesi terzi per bloccare i flussi, serve solo per deumanizzare e non vedere che dietro il fenomeno migratorio ci sono persone in carne e ossa con le loro speranze”. Così Emiliano Manfredonia, presidente nazionale delle Acli, a commento del Rapporto Italiani nel Mondo 2024 (RIM), realizzato dalla Fondazione Migrantes, che per la prima volta è stato presentato a New York, presso la Saint Patrick’s Old Cathedral School. “In questo modo rischiamo anche di deumanizzare noi stessi, – ha continuato Manfredonia – come se fossimo senza memoria e avessimo dimenticato l’emigrazione italiana, con le fatiche e le umiliazioni subite dai nostri connazionali. L’antidoto oggi è gestire il fenomeno migratorio, quindi accogliere e integrare con diritti e doveri, per creare responsabilità e accettare il contributo che ciascuno può portare. Vorrei poi sottolineare un punto molto importante, e cioè che noi siamo cittadini europei di nazionalità italiana e vogliamo rivendicare la nostra appartenenza a un modello di pace, convivenza e sviluppo sociale che passo passo ha accompagnato le nostre generazioni, compiendo un sogno che sembrava impossibile: far vivere in pace, sviluppo e libertà popolazioni che si sono odiate per secoli. Quello è il modello di cittadinanza che vorremmo per il mondo. Agli oltre 6 milioni di italiani all’estero dico: non dimenticateci. Aiutateci a leggere i nostri contesti, esercitate i vostri diritti e doveri. Avete il diritto di voto: la vostra partecipazione alla vita del nostro Paese è troppo importante per perderla”. Secondo il Rapporto Italiani nel Mondo 2024 il 23,2% di chi all’estero ha tra i 35 e i 49 anni, mentre il 21,7% appartiene alla fascia di età 18-34 anni. Ma nello stesso tempo esiste anche una certa mobilità degli over 50 e che, solitamente, viene definita come “mobilità previdenziale”, dimostrata in particolare dal fatto che gli over 65 sono aumentati del 12,9%. Ma il dato più interessante e che sfaterebbe molte leggende metropolitane sull’assedio dei migranti alle porte dell’Italia è che dal 2020 a oggi, l’Italia conta circa 652 mila residenti in meno, mentre gli italiani residenti all’estero sono oltre 6 milioni. Secondo il ministero dell’Interno, invece, per quanto riguarda gli sbarchi dei migranti nel nostro Paese, nello stesso periodo di tempo, ovvero tra 2020 e 2024, si è raggiunta la cifra di poco superiore a 430 mila persone. “Ci sono voluti 19 anni perché il Rapporto Italiani nel Mondo arrivasse a New York – ha esordito Delfina Licata, curatrice del RIM – Nel frattempo i connazionali all'estero sono raddoppiati e in America sono cresciuti di oltre il 70%. Un'America e una New York profondamente cambiate da quel lontano 2006, anno della prima pubblicazione del Rapporto che la Fondazione Migrantes dedica alla mobilità italiana. Oggi siamo diventati una nazione dalle migrazioni plurime e complesse, pienamente protagonisti del cosmopolitismo e della circolazione europea, ma che soffre per una migrazione malata perché unidirezionale. Il lavoro da compiere è quello di guarire il processo migratorio trasformandolo da unidirezionale a circolare, unendo le partenze agli arrivi e ai ritorni. E questo lavoro è innanzitutto culturale. Ma dalla guarigione della ferita migratoria, che vede esaltare la perdita e non l'opportunità, occorre passare alle azioni concrete. Il RIM non è un progetto in solitaria, ma vive e si fortifica grazie alle reti tra menti pensanti e menti operanti, tra chi analizza e chi trova strategie con cui agire nel tessuto sociale”. “Significa che la verità è che il tema di cui dovremmo occuparci è la perdita di italiani che lasciano il nostro Paese per cercare nuove opportunità – ha concluso Manfredonia – e di sicuro non sono le politiche ‘protezioniste’ sulla migrazione come minaccia e non come opportunità a risolvere il problema, ma semmai a aumentare la probabilità che gli italiani all’estero aumentino”. Prima della presentazione del rapporto, la giornata è iniziata con la Messa, officiata dal presidente della Fondazione Migrantes, mons. Gian Carlo Perego, da don Luigi Portarulo, responsabile della comunità cattolica italiana a New York, da padre Giacomo Costa, accompagnatore spirituale delle Acli Nazionali e da don Giacomo Granzotto, assistente di mons. Perego. La presentazione del Rapporto si è svolta nel primo pomeriggio di ieri, 16 marzo, con i saluti introduttivi di Paolo Ricotti, presidente del Patronato ACLI, che ha sottolineato come “il senso della nostra missione qui a New York con la Fondazione Migrantes è investire sulla cultura dei diritti sociali partendo dal lavoro straordinario del Rapporto Italiani nel Mondo. Lo facciamo proprio partendo dall’Italia che vive all’estero che, in molti casi, ha scelto di emigrare perché il nostro Paese non è all’altezza delle aspettative”. Dopo Ricotti sono intervenuti per un saluto Cristian Di Sanzo, deputato della Repubblica Italiana, Silvana Mangione, vicesegretaria del CGIE e il Console Generale d’Italia a New York, Fabrizio Di Michele. Matteo Bracciali, membro della commissione scientifica del Rapporto Italiani nel Mondo e vicepresidente della Federazione delle Acli Internazionali, si è concentrato sul capitolo del RIM dedicato alla cittadinanza: “I numerosi saggi del Rapporto sul tema della cittadinanza, messa a confronto in molti Paesi del mondo, restituiscono una narrazione positiva fatta di persone che vogliono entrare a far parte di una comunità per condividerne i valori, goderne i diritti e ottemperare ai doveri. Questi elementi devono essere alla base della riforma della legge sulla cittadinanza – ha continuato Bracciali – che dopo 33 anni ha bisogno di essere aggiornata al contesto sociale di oggi per dare risposta ai ragazzi nati e cresciuti in Italia che chiedono di essere italiani e per rendere responsabili e consapevoli le nuove generazioni di italiani nel mondo”. La chiusura dei lavori è stata affidata a mons. Gian Carlo Perego che ha sottolineato come “la cittadinanza è vita, significa dare la possibilità di rigenerarsi ai nostri territori, alle nostre città che stanno morendo. Il nostro Paese ha bisogno di aprirsi a chi desidera una vita migliore per creare generativitá nel tessuto sociale e non di chiudersi provocando la morte di territori e comunità. Il nostro Paese ha bisogno di una nuova lettura della propria storia di Paese di migrazioni in arrivo e in partenza che non è una sola storia di povertà ma è soprattutto un presente di sacrificio e riuscita, di comunità come quella intorno a Saint Patrick, giovane e dinamica, con il desiderio di stare insieme e riconoscersi in una italianità che viene sicuramente plasmata dalla migrazione, ma che non si allontana dall'affetto delle radici ben salde. Il nostro Paese ha bisogno di fare memoria con il volto proiettato non verso le spalle, ma davanti a sé per costruire un futuro in mobilità, partecipativo e partecipato nell'epoca delle migrazioni. Il nostro Paese ha, infine, bisogno di una cultura nuova che parta dallo studio rigoroso del presente che dall'analisi dei dati scientifici ci porti alla narrazione del chi siamo, volti e storie di un popolo in cammino".

Il referendum per diventare cittadini prima. Un atto d’amore alla città

14 Marzo 2025 - Oltre 600.000 persone, in poche settimane, hanno firmato in Italia la richiesta referendaria in materia di cittadinanza. Il referendum, che vedrà il nostro voto in primavera, mira ad abrogare, congiuntamente, l’intero articolo 9, comma 1, lettera f), della legge numero 91 del 1992 – l’attuale legge italiana sulla cittadinanza - e, limitatamente ad alcune parole, l’articolo 9, comma 1, lettera b). La combinazione delle due diverse abrogazioni avrebbe quale esito che tutti gli stranieri maggiorenni con cittadinanza di uno Stato non appartenente all’Unione europea potrebbero presentare richiesta di concessione della cittadinanza italiana dopo cinque anni di residenza legale in Italia. Al referendum si è arrivati dopo che il Parlamento ha fermato, per due volte, negli ultimi 10 anni, l’approvazione di una nuova legge sulla cittadinanza che abbreviasse i tempi – da 10 a cinque anni di residenza –, legandola soprattutto agli anni di studio (jus culturae e jus scholae). Ogni referendum abrogativo, come sappiamo, parte da una legge esistente per cambiare solo un aspetto, un comma, un elemento che, in questo caso, sono i tempi di attesa per la concessione della cittadinanza a una persona residente che proviene da un altro Paese non europeo. Nonostante questo, il referendum ha un grande valore per due motivi: da una parte, sollecita ancora il Parlamento a legiferare su un tema importante nella costruzione e nella vita di un Paese, quale è quello della cittadinanza, per evitare il referendum; dall’altra, esso è il frutto di una volontà popolare che interviene su una legge per accettare o meno una modifica. Ogni volta che si propone e si vota un referendum si ritorna al centro della democrazia, che vede il popolo sovrano. Ogni volta che si vota un referendum popolare si esercita un diritto fondamentale: quello di partecipare alla costruzione del bene comune. In questo caso, il referendum abrogativo sulla cittadinanza è, anzitutto, una denuncia di chi in Parlamento da anni fa ostruzionismo sul cambiamento di una legge che vuole soltanto accogliere prima le persone nella città, perché diventino cittadini, cioè persone che si sentano parte attiva di una città, con diritti e doveri, per costruire insieme il nostro futuro. Non si può lasciare fuori dalla città – oggi con un’attesa fino anche a 14 anni, per motivi burocratici, mentre negli altri Paesi europei l’attesa media è di sette anni – chi lavora, studia, si sposa, ha un figlio in Italia. Una città per vivere non può escludere, ma accogliere le persone che provengono da un altro Paese, facendole sentire effettivamente un bene per la città, cittadini e cittadine. Nel corso della storia, il ritardo della cittadinanza o addirittura la mancanza della cittadinanza ha significato mancanza di libertà, schiavitù, precarietà, discriminazione. Oggi il ritardo della cittadinanza rischia di indebolire quella “uguaglianza sostanziale” delle persone affermata dall’art. 3 della Costituzione. Votare il referendum sulla cittadinanza significa esercitare il diritto a modificare una legge che non aiuta a costruire l’Italia di domani, riconoscendo “gli italiani senza cittadinanza”. È un atto d’amore alle nostre città, tra le più vecchie al mondo, che potranno rinascere e vedere più coesione sociale solo attraverso nuovi cittadini, non da subito, alla nascita (jus soli) – come avremmo voluto –, ma aspettando solo cinque anni. (mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, presidente della Cemi e della Fondazione Migrantes - da "Migranti Press 2 2025")

Rapporto Italiani nel Mondo 2024: l’Italia delle migrazioni plurime che cercano cittadinanza attiva

5 Novembre 2024 - Presentata a Roma la XIX edizione del Rapporto Italiani nel Mondo. Mons. Perego, presidente della Fondazione Migrantes: «La politica riconosca e interpreti i cambiamenti in atto nella polis». L’Italia è il Paese delle migrazioni plurime, in cui ci sono anche gli italiani che tornano “a casa”, sebbene molti di più se ne vadano: il saldo migratorio è nuovamente e chiaramente negativo dopo il rallentamento per la pandemia (-52.334 nel 2023). Nel mentre assistiamo allo scollamento tra tale realtà e l’azione politica, che non sa interpretare il modo in cui la mobilità umana sta già di fatto mutando profondamente il concetto di cittadinanza. Questo il cuore della XIX edizione del Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes (Tau editrice), curato da Delfina Licata, presentato oggi a Roma.
Dal 2006 italiani all’estero raddoppiati. L’estero è il nuovo ascensore sociale
Dall’Italia si parte sempre più numerosi e con profili sempre più complessi. Dal 2006 la presenza dei connazionali all’estero è praticamente raddoppiata (+97,5%) arrivando a oltre 6,1 milioni di cittadini iscritti all'Anagrafe degli Italiani Residenti all'estero (AIRE). Negli ultimi 10 anni le iscrizioni all’AIRE per la sola motivazione espatrio sono state 1.179.525. Di questi, come la narrazione prevalente testimonia, la maggior parte sono giovani tra i 18 e i 34 anni (circa 471 mila) o giovani adulti (poco più di 290 mila). Oltre 228 mila sono i minori – a significare che sempre più italiani partono con la famiglia o “mettono su famiglia” all’estero – e più di 30 mila sono over 65enni. A tali partenze, che non hanno solo una motivazione professionale, non corrispondono però altrettanti “ritorni” ma, piuttosto, una desertificazione dei territori. L’estero ha sostituito l’ascensore sociale bloccatosi negli anni Novanta. Nella sintesi del Rapporto, in dettaglio, il profilo per età, genere e titolo di studio degli italiani espatriati e rimpatriati (2022).
Le migrazioni interne e il cortocircuito attrazione-repulsione verso i piccoli centri
Mentre il racconto prevalente contrappone agli “esodi” di emigrati italiani all’estero le “in­vasioni” di immigrazione straniera in Italia, non si pone adeguatamente l’accento sulla mobilità interna. Mediamente, infatti, su circa 2 milioni di trasferimenti annuali complessivi, circa tre quarti riguardano movimenti tra Comuni italiani. In tutto ciò, dal 2014 gli abitanti delle cosiddette aree interne sono diminuiti del 5% che, in valore assoluto, significa 700 mila unità. Scuole, bar, filiali di banche, attività commerciali chiudono generando nuovi esodi. L’area interna ha sviluppato intorno a sé un movimento paradossale fatto, allo stesso tempo, di repulsione e di attrazione. Se da un lato, per alcuni, ci si è accorti della necessità di tornare a vivere una vita più a dimensione della persona, dall’altro lato il borgo continua a essere non attrattivo per i giovani, i quali finiscono per trasformare in definitivo un progetto di trasferimento transitorio in un’altra regione o “si giocano la carta” dell’estero.
L’Italia che allontana le “risorse giovani” e non guarisce la “ferita migratoria”
Eppure anche la città inizia a rifiutare i giovani. Affitti molto alti e costo della vita proibitivo allontanano le risorse giovani e appena laureate, spingendole lontano. Nel mentre non ci si accorge di una immigrazione stabile e strutturale persino conveniente per affrontare sia i problemi demografici che quelli economici. In Italia bisogna guarire la “ferita migratoria”, considerando, cioè, la partenza non un abbandono ma una possibilità di crescita per un ritorno più utile. Così sarà possibile finalmente capire il senso vero del partire e il valore del ritorno, valorizzando, allo stesso tempo, chi ha scelto l’Italia come meta di destinazione per ricominciare una vita più dignitosa, facendo nascere figli che oggi si sentono pienamente italiani pur non essendolo di diritto.
Nuovi italiani senza cittadinanza: stranieri nati in Italia e italodiscendenti
Da una recente indagine Istat, dal titolo Bambini e ragazzi. Anno 2023. Nuove generazioni sempre più digitali e multiculturali, emerge che, tra i ragazzi non italiani dagli 11 ai 19 anni ben l’85,2% si sentono italiani pur non essendo riconosciuti tali. Essere italiani significa, in prima battuta, “essere nati in Italia” (54,0% per gli italiani e 45,7% per i ragazzi di altra cittadinanza) e, al secondo posto per entrambi, “rispettare le leggi e le tradizioni italiane”. Dall’altro lato, in un mondo totalmente cambiato dove l’acquisizione della cittadinanza è diventata materia ideologica, con una legge che risale al 1992, c’è la situazione degli italodiscendenti che fanno richiesta per ius sanguinis e diventano vittime di un mercato del malaffare per la vendita di cittadinanze.
Verso una “comunità ruscello”. Mons. Perego: la politica riconosca i cambiamenti di fatto
C’è un’immagine di Franco Arminio, citata nel Rapporto, che ci offre una prospettiva per il futuro: è la “comunità ruscello”, dinamica e impensata, che “apre la porta” all’interculturalità e si contrappone alla “comunità pozzanghera”. L’Italia è già strutturalmente un Paese dalle migrazioni plurime che, se adeguatamente indirizzate, incentivate e valorizzate, possono trasformarsi in società vive e inclusive. «Non è possibile – ha dichiarato il presidente della Fondazione Migrantes, S.E. mons. Giancarlo Perego – che la politica non riconosca i cambiamenti che stanno avvenendo nella polis, nella città. Deve interpretarli e governarli con strumenti idonei e non pregiudiziali. Dal 1992 a oggi l’Italia è cambiata».

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[caption id="attachment_51750" align="aligncenter" width="1024"] Mons. Gian Carlo Perego durante la Presentazione del Rapporto Italiani nel Mondo 2024.[/caption]

L’Italia delle migrazioni plurime. Il nuovo Rapporto Italiani nel Mondo

30 Ottobre 2024 - L’Italia delle migrazioni plurime: il futuro è nella comunità e non nella frammentazione. Questo - con uno speciale dedicato al tema della cittadinanza - è il cuore della nuova edizione del Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes (Tau editrice), che verrà presentato a Roma, il 5 novembre 2024 dalle ore 10.30, presso il Th Carpegna Palace Hotel, in via Aurelia 481.La copertina del Rapporto Italiani nel MOndo 2024. Il programma: Saluto Mons. Pierpaolo Felicolo Direttore generale Fondazione Migrantes. IL RAPPORTO ITALIANI NEL MONDO 2024
  • I dati fondamentali in un video Paolo Pagliaro Direttore Agenzia 9Colonne.
  • Italiani e italiane: una presenza in crescita, articolata ed eterogenea Delfina Licata Sociologa delle migrazioni, Fondazione Migrantes.
ITALIA, CITTADINANZA E MIGRAZIONI PLURIME Dialogano:
  • On. Toni Ricciardi.
  • On. Paolo Emilio Russo.
Conclusioni S.E. mons. Gian Carlo Perego Presidente della Commissione episcopale per le migrazioni della CEI e della Fondazione Migrantes. Coordina i lavori Alessandra Ferraro Direttrice di Rai Isoradio.
Che cosa è il RIM? Dal 2006 il Rapporto Italiani nel Mondo (RIM) della Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana, scatta una fotografia della situazione della mobilità italiana all’estero. Il volume, curato da Delfina Licata, raccoglie le analisi socio-statistiche delle fonti ufficiali, nazionali e internazionali, più accreditate sulla mobilità dall’Italia. La trattazione di questi temi procede a livello statistico, di riflessione teorica e di azione empirica attraverso indagini quali-quantitative. Con una redazione transnazionale di oltre 50 autori all'anno, il RIM nel tempo si è trasformato da progetto editoriale in progetto culturale arrivando, nel 2024, alla sua XIX edizione. Per i media: ufficiostampa@migrantes.it La testata di copertina del Rapporto Italiani nel Mondo 2024.

Ismu: l’Italia è il Paese europeo che ha concesso più cittadinanze

19 Marzo 2024 - Milano - La Fondazione ISMU  evidenzia che, in base agli ultimi dati Eurostat, nel 2022 i cittadini con background migratorio che hanno acquisito la cittadinanza italiana sono in totale 213.716, il 76% in più rispetto al 2021, quando erano diventate italiane 121.457 persone. Nel 2022, è divenuto italiano il 4,3% dei residenti con cittadinanza non italiana (CNI) a fronte di una media del 2,6% per l’intera UE27.  In totale, nel 2022, nell'UE sono 989.940 le persone che hanno acquisito la cittadinanza del Paese in cui vivono, con un aumento di circa il 20% (+163.100) rispetto al 2021. La maggior parte delle nuove cittadinanze (in numero assoluto) è stata concessa dall'Italia (22% del totale dell'UE), seguita dalla Spagna (181.581 cittadinanze, pari al 18% del totale UE) e dalla Germania (166.640 cittadinanze, il 17% del totale UE). In Italia è stato anche registrato il maggiore aumento di cittadinanze concesse ai residenti con CNI nel 2022 rispetto al 2021: +92.200, contro i +37.600 di Spagna e +36.600 di Germania. Le maggiori diminuzioni sono state, invece, osservate in Francia (-15.900), Paesi Bassi (-9.300) e Portogallo (-3.700). Nel 2022 sono diventati cittadini italiani soprattutto persone originarie da Albania (38mila), Marocco (31mila) e Romania (16mila). Questi tre Paesi rappresentano il 40% delle acquisizioni totali. Al quarto posto il Brasile (11mila), seguito da India, Bangladesh e Pakistan, che complessivamente hanno registrato 20mila nuove acquisizioni. In termini relativi, sono stati rilevati - sottolinea l'Ismu - aumenti significativi rispetto al 2021 per argentini, brasiliani, moldavi e ucraini (dove le acquisizioni di cittadinanza sono più che raddoppiate). A livello europeo i principali Paesi di provenienza dei neocittadini UE sono Marocco (112.700 cittadinanze concesse), Siria (90.400) e Albania (50.300). Nel 2022, l'età media delle persone che hanno acquisito la cittadinanza nei Paesi UE è di 31 anni. Lo Stato membro dove è più bassa l'età media dei neocittadini è la Grecia: qui la metà ha meno di 21 anni. Il Paese con l'età media più alta è, invece, Cipro (42 anni). Entrando più nello specifico, l'Ismu evidenzia che il 39% delle persone alle quali è stata concessa la cittadinanza di un paese UE nel 2022 ha meno di 25 anni. Un altro 41% è di età compresa tra 25 e 44 anni, mentre quelli di 45 anni e oltre rappresentano il 20%. Tra coloro che hanno acquisito la cittadinanza di qualsiasi Stato membro dell'UE, il 26% sono bambini di età inferiore ai 15 anni (0-14 anni). Le percentuali più elevate sono state registrate in Francia (34%), Lettonia (33%), Spagna (32%) e Belgio (31%). Tra coloro che hanno acquisito la cittadinanza italiana nel 2022, il 26% sono ragazzi di età tra 0 e 14 anni. Se si considera anche la fascia di età 15-19 anni, si arriva a comprendere il 37% di tutte le acquisizioni. Quanto alla provenienza, i bambini tra 0 e 14 anni diventati italiani nel 2022 sono originari soprattutto di Pakistan (44%), Bangladesh (42%), Egitto (41%) e Marocco (39%). Le percentuali più basse si riscontrano tra i brasiliani (5%), gli argentini (7%) e gli ucraini (10%).  

Ismu: tornano a crescere le acquisizioni di cittadinanza italiana  

31 Maggio 2023 - Milano - Fondazione ISMU evidenzia che, in base agli ultimi dati Istat ed Eurostat, nel 2022 gli stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana sono stati in totale 133.236 (per il 50,9% femmine e per il 49,1% maschi), il 9,7% in più rispetto al 2021, anno in cui si sono registrati 121.457 nuovi cittadini.  In media, nel 2022, è divenuto italiano uno ogni 38 stranieri residenti. Nell’ultimo decennio si è passati dai minimi del 2012 (65.383) ai picchi del 2015 con 178.035 e del 2016 con 201.591 acquisizioni, per poi scendere a 146.605 l’anno seguente (2017) e a 112.523 nel 2018, e infine tendenzialmente risalire - anche se in misura minore - durante gli ultimi quattro anni. Acquisizioni di cittadinanza in Europa. Dagli ultimi dati disponibili di Eurostat che si riferiscono al 2021 emerge che tra i Paesi dell’Unione Europea la Svezia è lo stato in cui si registra il maggior tasso annuo di acquisizione di cittadinanza (uno ogni 10 stranieri residenti), seguita dai Paesi Bassi (uno ogni 19) e dalla Romania (uno ogni 22), mentre l’Italia si posiziona al nono posto. Interessante notare che l’Italia dal 2014 al 2021 è sempre oscillata fra il quinto e il decimo posto in classifica. Nel 2021 (ultimi dati disponibili) ad ottenere la cittadinanza italiana sono stati soprattutto albanesi (22.493), marocchini (16.588), rumeni (9.435), brasiliani (5.460), bangladeshi (5.116), indiani (4.489), pakistani (4.410), argentini (3.669, più del doppio rispetto al 2020, anno in cui se ne contavano 1.717), moldovi (3.633) ed egiziani (3.531). L’alto numero di acquisizioni da parte di brasiliani e argentini è dovuto alla possibilità di naturalizzazione per ius sanguinis e cioè grazie alla presenza di avi italiani.      

I talenti che l’Italia ancora non vuole

14 Settembre 2022 -

Milano - Nella piazza di Chiari, intitolata a Giuseppe Zanardelli, la diciassettenne Great Nnachi si è inerpicata con l’asta fino a quota 4.25, eguagliando il suo primato. Con questa misura sarebbe arrivata quarta al recente Mondiale Juniores di Cali, ma la saltatrice in Colombia non è andata, nonostante fosse campionessa tricolore Under 20. Great è nata a Torino il 15 settembre 2004, ha vinto titoli nazionali da cadetta, allieva e Junior, ma ancora non può vestire la maglia azzurra perché non ha la cittadinanza, in quanto figlia di nigeriani. Suo papà, ex dipendente della Fiat, è mancato quando aveva cinque anni, suo fratello minore gioca nelle giovanili della Juventus e lei è stata nominata Alfiere della Repubblica dal Presidente Mattarella «per le qualità di atleta, affinate pur tra difficoltà, e per la disponibilità che mostra nell’aiutare i compagni e nel collaborare alla formazione e all’allenamento dei più piccoli».

La storia di Great è la più emblematica, ma non è l’unica. Si contano almeno una dozzina di atleti, tra i 16 e i 22 anni, che non possono essere convocati in Nazionale perché privi della cittadinanza italiana. Partecipano, e magari vincono anche, ai campionati tricolori, fanno gli stage e i raduni con i colleghi azzurri, ma sul più bello vedono sfumare il proprio sogno. Colpa dell’attuale sistema normativo che si ritorce contro chi è nato in Italia da genitori stranieri, oppure è arrivato da piccolo nel nostro Paese. Una situazione complessa che impedisce di fatto a talenti della nostra atletica di poter disputare le competizioni internazionali. «Chi nasce in Italia da stranieri può chiedere la cittadinanza dopo il compimento della maggiore età. La procedura si può velocizzare solo se i genitori fanno richiesta e ottengono la cittadinanza, che in questo caso si trasmette anche al minore. Chi invece arriva in Italia da bambino deve avere almeno 10 anni consecutivi di residenza con regolare permesso di soggiorno, prima di poter fare la domanda», racconta Antonio Andreozzi, vicedirettore tecnico della Fidal e responsabile delle Nazionali giovanili. Great Nnachi diventerà quindi italiana domani, al compimento della maggiore età. Le basterà giurare davanti al suo Sindaco, per poter poi finalmente rappresentare l’Italia anche all’estero. Tra gli altri atleti che hanno vinto un titolo nazionale, pur non potendo rivestirsi d’azzurro, i casi più eclatanti sono tre. La triplista pordenonese Baofa Mifri Veso ha conquistato il tricolore Under 18, ma non è potuta andare agli Europei Allievi di Gerusalemmme, dove avrebbe ambito al podio. Ha sempre vissuto da noi, ma avendo genitori congolesi dovrà aspettare di compiere i 18 anni a dicembre dell’anno prossimo. La marciatrice veronese Alexandrina Mihai, classe 2003, è nata in Moldavia, ma è giunta in Italia quando aveva cinque anni. È la migliore interprete italiana del tacco e punta a livello giovanile, ma siccome i genitori quando era minorenne non hanno ottenuto la cittadinanza, ha dovuto aspettare l’anno scorso per fare la domanda. Sono passati dieci mesi dalla richiesta, ma ad oggi, oltre alla conferma della ricezione, non ha avuto ancora risposta. Il toscano Abderrazzak Gasmi, campione italiano Under 23 delle siepi, di anni ne ha 21, ma siccome i genitori non erano in regola, ha dovuto aspettare la maggiore età per chiedere il permesso di soggiorno: dovrà attendere altri sette anni per indossare la casacca azzurra.

Senza cittadinanza questi atleti non possono entrare nei gruppi militari, pertanto un plauso va alle società civili che li sostengono: «I club sono la colonna portante del nostro sistema, senza di loro questi ragazzi avrebbero smesso». A differenza di altri sport, l’atletica è più propensa ad accogliere i nuovi italiani: «Il nostro è uno sport universale, quindi non di nicchia, e allo stesso tempo non costoso, perciò alla portata di tutti. In più molti ragazzi di origini straniere hanno caratteristiche e qualità che si addicono con le specialità della corsa, dei salti o dei lanci». Ragazzi e ragazze che vincono lungo lo Stivale, ma non possono esprimersi oltreconfine: «L’auspicio è che diventi legge lo Ius Scholae, che riconoscerebbe la cittadinanza a chi è nato in Italia, o è arrivato prima dei 12 anni, e ha frequentato regolarmente almeno 5 anni di studio. Solo così potremmo metterci al passo con gli altri Paesi ». Già, perché allargando lo sguardo, chi nasce in Germania ha subito la cittadinanza tedesca e a 18 anni può scegliere se mantenerla o meno, così come anche in Francia si può avere la doppia cittadinanza e poi decidere da maggiorenni. «Rispetto ad altre nazioni siamo penalizzati, non potendo schierare dei talenti che si sentono italiani a tutti gli effetti e che avrebbero potuto conquistare anche medaglie a Mondiali o Europei di categoria», conclude Andreozzi. Per Great Nnachi il conto alla rovescia è agli sgoccioli, per altri la burocrazia è ancora lunga, in un Paese che fatica a decidere su un tema finito pure nel tritacarne della campagna elettorale. (Mario Nicoliello - Avvenire)