Primo Piano

Preghiere dei Fedeli: Domenica delle Palme e della Passione dei Signore

10 Aprile 2022 - La Passione del Signore Gesù ci ha ricordato che siamo stati amati senza misura. Con questa certezza ora ci rivolgiamo al Padre, invocando insieme:

Per la passione del tuo Figlio, ascoltaci, Padre.

1. Preghiamo per la santa Chiesa di Dio. Anch’essa in diverse parti della terra conosce la passione: incomprensioni, persecuzioni, martirio. Preghiamo perché la Chiesa si unisca nella fede al mistero della morte di Cristo, per cogliere dall’albero della croce il frutto della salvezza per tutti, preghiamo. 2. Preghiamo per la pace tra i popoli della Terra dilaniati da guerre orrende. I rami d’ulivo che porteremo nelle nostre case ci ricordino che siamo chiamati dal Signore a vivere in fraternità. Perché anche noi impariamo a vivere la beatitudine evangelica «beati gli operatori di pace», preghiamo. 3. Per i cristiani che subiscono violenza a causa della loro fedeltà al Vangelo. La passione di Cristo continua oggi in tanti nostri fratelli e sorelle perseguitati. Preghiamo affinché essi restino uniti in spirito alla croce di Cristo, preghiamo. 4. Per chi è «crocifisso» dal dolore, dalla prepotenza e dall’umiliazione. Tanti fratelli e sorelle oggi portano ingiustamente una croce di grande sofferenza. Affinché noi scorgiamo in questi fratelli il volto del Cristo, e sappiamo offrire loro aiuto concreto, preghiamo. 6. Per la nostra comunità (parrocchiale). Siamo invitati dalla Chiesa a rivivere in questa Settimana Santa il mistero di Cristo che muore e risorge per noi. Perché la nostra partecipazione alle celebrazioni sia autentica e ci unisca alla mistero della morte e risurrezione di Cristo, preghiamo. Padre, tu ascolti il grido dell’umanità provata dal dolore. Ti preghiamo; rendi il nostro cuore capace di comprendere e compatire le sofferenze dei nostri fratelli, in unione con Cristo Gesù, nostro Signore. Amen. Fonte

Alice e il Circus di Kiev adottati dall’Italia, il Paese delle meraviglie

8 Aprile 2022 -

Milano - Il teatro ha salvato la vita ai trenta artisti del Circus-Theatre Elysium di Kiev. Erano venuti in Italia dall’Ucraina il 5 febbraio per raccontare cantando, ballando, facendo acrobazie, la fiaba “Alice nel paese delle meraviglie” e quando è cominciata la guerra, con le bombe sganciate dai russi sulla capitale ucraina, si trovavano a Bologna. E sono rimasti bloccati. Adesso si sentono al sicuro, avvolti in una rete di solidarietà imbastita dal mondo dello spettacolo e dalle istituzioni, ma cosa sarebbe successo se Yuliia Palaida (Alice), Yuliia Oshchepkova (Regina), Ruslan Gorobets (il cappellaio matto) e gli altri ballerini, clown e acrobati del circo fossero tornati nelle loro case, in patria? La prima reazione, per tutti, è stata di sgomento e paura. «Non sapevamo come stavano i nostri familiari a Kiev, se si fossero salvati dai bombardamenti, se erano ancora vivi: i collegamenti con l’Ucraina si sono interrotti spesso nei primi quindici giorni del conflitto e non potevamo avere contatti con loro perché si erano rifugiati nei bunker antiaerei». Poi la situazione si è chiarita. Stanno tutti bene. «In seguito i nostri cari si sono trasferiti nella parte occidentale del Paese – precisa Palaida, che in Ucraina ha lasciato il marito e il padre, arruolati nell’esercito – dove i combattimenti non sono ancora arrivati». Ma l’andamento della guerra, purtroppo, non lascia sperare in un “cessate il fuoco” entro breve.

Grazie alla disponibilità di diversi teatri italiani e all’impegno del produttore Roberto Romaniello, il tour del circo Elysium, che si doveva concludere il 14 marzo a Brescia, è potuto proseguire. Stasera (inizio ore 21) la compagnia ucraina si esibisce con Alice in wonderland all’Arcimboldi di Milano, dove resterà anche domani e domenica (l’ultima replica è alle ore 16).

Al seguito del cast costituto da grandi professionisti a livello internazionale ci sono anche due tecnici, il direttore esecutivo Aleks Sakharov e la moglie Yuliia, coreografa. Romaniello, oltre a cercare i contatti con gli enti teatrali per garantire i prossimi spettacoli, almeno fino a metà maggio, si è interessato dell’ospitalità da offrire ai parenti degli artisti, una quindicina tra mamme e bambini fatti arrivare in Italia con un viaggio speciale. «Tra loro c’è anche una nonna – precisa l’impresario –, tutti sono stati accolti in alloggi nella zona di Reggio Emilia, dove il sindaco e il teatro municipale “Romolo Valli” si sono prodigati, insieme a noi, anche per il disbrigo delle pratiche burocratiche necessarie alla permanenza in Italia». Un’adozione speciale. «Siamo grati a tutti gli italiani che ci hanno dato la possibilità di prolungare il nostro tour e di rimanere in questo periodo di emergenza» ha commentato Sakharov, che adesso è ospite con la moglie e la figlia di 5 anni e mezzo in un appartamento di Montevecchia, in provincia di Lecco. La consorte di Sakharov aveva lasciato il marito e gli altri artisti del gruppo a Roma il 13 febbraio, dopo l’allestimento dello spettacolo al Brancaccio per tornare dalla bambina a Kiev: una settimana dopo però è scoppiata la guerra e lei si è trovata nel mezzo degli scontri armati. È stata costretta quindi a rifugiarsi nelle cantine della scuola della figlia e, passato il primo momento critico, dopo una settimana, è stata accompagnata da amici, insieme con la piccola, fino in Polonia e da qui ha raggiunto Dresda, in Germania, dove mamma e figlia hanno preso un volo per Milano e si sono ricongiunte a papà Aleks. «Lavorare, per questi artisti, è assolutamente fondamentale in questo momento – sottolinea Romaniello –, anzi possiamo dire che rappresenta la vita, perché possono restare concentrati, ancorati al presente, e così guadagnare il necessario per aiutare le loro famiglie a sopravvivere: i guai peggiori, anche dal punto di vista psicologico, cominciano invece quando non si lavora più». Comunque non è facile stare sul palcoscenico senza pensare a quello che sta succedendo nella propria città dilaniata dai bombardamenti e senza preoccuparsi per il futuro della patria. C’è tensione tra gli artisti dietro le quinte, ma anche la gioia di potersi esprimere con la propria arte di fronte a un pubblico generoso con il quale si è creata una forte empatia. «Alla fine dello show c’è sempre un momento assai commovente – racconta Romaniello –, un abbraccio ideale con gli spettatori dove la bandiera gialla e blu dell’Ucraina sventola sul palco». I biglietti per le repliche del’TAMm, a Milano stanno andando a ruba: «Lo spettacolo faceva “sold out” anche prima – ricorda il produttore – ma adesso, in più, c’è anche una spinta emotiva». Il Circus-Theatre Elysium è nato nel 2012 e lo spettacolo ispirato alla fiaba di Lewis Carroll – 100 sfavillanti minuti di puro divertimento con musica, effetti speciali, atmosfere oniriche e scene in 3D – è un progetto artistico del regista Oleg Apelfed portato avanti con il contributo della direttrice del Circo Nazionale dell’Ucraina, Maria Remneva.

Alla rete di solidarietà a favore dei circensi di Kiev hanno finora aderito, oltre al teatro milanese della Bicocca, ERT Fondazione, Accademia Perduta/Romagna Teatri, il Teatro Regio di Parma. Le date di aprile: Teatro Del Giglio di Lucca (il 13), Teatro Sociale di Mantova (14), Teatro “Diego Fabbri” di Forlì (15), Creberg di Bergamo (22), Gran Teatro Geox di Padova (24), Politeama di Genova (26) e, infine, Gran Teatro Morato di Brescia (1° maggio) e Manzoni di Pistoia, il 6 maggio.  (Fulvio Fulvio - Avvenire)

Vangelo Migrante: Domenica delle Palme e della Passione del Signore | Vangelo (Lc 22, 14-23,56)

7 Aprile 2022 - Con la domenica delle Palme e della Passione del Signore, ha inizio la Settimana Santa. In questi giorni che chiamiamo ‘santi’ è nato il cristianesimo: dallo scandalo e dalla follia della croce. Lì si concentra e da lì emana tutto ciò che riguarda la fede dei cristiani. Per questo dalle Palme a Pasqua, improvvisamente, il tempo cambia ritmo: la liturgia rallenta e moltiplica i momenti nei quali accompagnare, quasi ora per ora, gli ultimi giorni di vita di Gesù dall’entrata in Gerusalemme alla lavanda dei piedi, dalle fasi del processo alla via dolorosa fino alle croce, per poi correre al sepolcro la mattina di Pasqua. Questa domenica, in una liturgia articolata, che ha inizio con la benedizione delle Palme, vengono proclamati due brani dal Vangelo secondo Luca: l’ingresso di Gesù in Gerusalemme e il racconto della Passione. Ci soffermiamo su quello della Passione. Come per gli altri evangelisti, anche nel racconto di Luca ci sono alcune peculiarità. Proviamo a fare nostre quelle del momento più drammatico: la crocifissione. Luca la racconta mettendo in evidenza tre aspetti esclusivi a partire dalle parole di Gesù. La prima. Siamo sul luogo del Cranio (Golgota). È un momento che dura tre ore, dalla crocifissione alla morte. Si legge, che mentre Gesù veniva crocifisso, “diceva: Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Lo stanno crocifiggendo e Gesù “diceva …”. Non “disse” ma “diceva”. Non è un dettaglio per gli addetti. La forma verbale, non è casuale. Il verbo all’imperfetto mette in risalto la ripetitività delle parole, la continuità del gesto, la sua reiterazione. Come a dire che in tutto quello che stava accadendo, Gesù continuava a ripetere quelle parole come una litania… È la preghiera incessante che Gesù rivolge al Padre per l’uomo di ogni tempo: “perdonalo, Signore pietà!”. Satana ci accusa (cfr. Apocalisse) Gesù chiede perdono per noi! Nulla a che vedere con il “non si rendono conto di chi sono io!” No! È una frase-gesto che meglio di altre rivela che noi uomini in fondo non abbiamo coscienza delle nostre azioni. Noi, che proprio per le convinzioni delle nostre ragioni, commettiamo i crimini più violenti. Quelle parole-gesto, denunciano che della stragrande maggioranza delle cose che facciamo, noi non ne conosciamo i motivi. E, quindi, ci salviamo solo se rientriamo in noi stessi (come il figliol prodigo) e imploriamo quel perdono che Gesù ci ottiene da Dio, incessantemente. La seconda. C’è solo un personaggio che ammette di aver bisogno del perdono di Dio: il ladrone accanto a Gesù. È l’unico uomo che sa parlare con Lui: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. E Gesù: “In verità io ti dico, oggi con me sarai nel Paradiso”. Entra dalla porta giusta: ammette l’errore e chiede la salvezza. Nel dramma di quella condizione, svela il segreto del paradiso che non è un luogo ma una condizione: essere ricordato da Gesù. Il ladrone muore, forse rubando anche il paradiso; ma finalmente, partendo dalla sua sincerità e dalla sua preghiera, ha rubato la cosa giusta: un paradiso che non è dell’uomo ma si riceve da Dio che lo dà perché ci vuole bene e si ricorda di noi. La terza. “Padre nelle tue mani consegno il mio spirito”. È l’abbandono al Padre che rivela innanzitutto come Gesù gli sia Figlio. Gesù emette questo grido dopo lo squarcio del velo del tempio. Il velo del tempio era la tenda che copriva la parte invisibile e del luogo santo. Lì abitava il nome di Dio che veniva proclamato dal sommo sacerdote solo un giorno all’anno. Era lì che aveva sede l’inaccessibile di Dio. Il velo squarciato dà l’accesso a quello che è nascosto. L’abbandono di Gesù rivela la vita interna di Dio: l’amore, la fiducia, l’abbandono, il donarsi di un Figlio che si fida del Padre anche nel momento in cui avrebbe motivi per non farlo. E il Padre si ricorda di Lui: risorgendolo, non lo abbandona. In queste parole risiede l’atteggiamento per entrare e vivere con frutto la Settimana Santa: attingere ad un perdono donato per sempre, prendere parte ad un paradiso possibile per sempre, vivere un abbandono totale al Padre, anche quando avremmo motivi per non farlo, che ci fa Figli di Quel Padre. È la via per la Resurrezione e la Vita eterna. (p. Gaetano Saracino)  

Migrantes Emilia Romagna: sabato convegno su “Cercate il bene della città”

7 Aprile 2022 - Bologna - “Gli Uffici regionali Migrantes, Caritas, e Missio della Conferenza episcopale dell’Emilia-Romagna (Ceer), in collaborazione con l’Ufficio regionale Ceer per le Comunicazioni sociali, organizzano sabato 9 aprile alle ore 10.00 il webinar “Cercate il bene della città – Partecipazione e identità in cammino. Generazioni a confronto”. Interverranno Mons. Gian Carlo Perego, Arcivescovo di Ferrara-Comacchio e Presidente della Commissione per le Migrazioni della Conferenza episcopale italiana e della Fondazione Migrantes; Cristina Pasqualini, docente di Sociologia dei fenomeni collettivi all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, e Paula Baudet Vivanco, giornalista e attivista del movimento “Italiani senza cittadinanza”. L’arcivescovo di Bologna, il Card. Matteo Zuppi, presidente della Ceer, concluderà i lavori. «Spesso usiamo in modo improprio – spiegano i promotori dell’iniziativa – la parola “integrazione”, immaginando talora una forma di assimilazione delle popolazioni immigrate nelle realtà pastorali e sociali del nostro territorio. I migranti, invece, portano con i loro bagagli anche un grande patrimonio di cultura e di valori spirituali che costituiscono per tutti un capitale da non disperdere. Il processo sinodale che le Chiese in Italia stanno vivendo suggerisce la prospettiva più ricca della “comunione”, nella quale le identità affermate costituiscono un vero stimolo della partecipazione comunitaria. La riflessione cercherà di immaginare anche il futuro prossimo, con una attenzione a quelle cosiddette “seconde generazioni”».      

Chinati ad ascoltare i sussurri

7 Aprile 2022 Roma - Elogio di quanti ascoltano i sussurri! In un momento di grande turbamento internazionale, l’attenzione cade proprio su una parola evocativa e, allo stesso tempo, impegnativa. Sussurro, appunto. Il suo significato – mormorio, rumore lieve e prolungato o voce sola, sommessa e indistinta – aiuta a capire quanto sia difficile l’arte dell’ascolto. E, soprattutto, quanto sia impegnativo cogliere le voci spezzate, le lacrime versate, i silenzi, tutto ciò che si spegne in sussurri. È qui che si dispiega l’impegno concreto per i giornalisti e gli operatori della comunicazione. Da questa capacità, che dovrebbe essere intrinseca nella professione, emergono racconti, testimonianze, narrazioni. Grazie, dunque, a quanti stanno permettendo di non volgere l’orecchio altrove, ma di indirizzarlo nel verso giusto per non distrarsi dalla sofferenza altrui. (Vincenzo Corrado)  

Ucraina: le iniziative a Santa Sofia con il supporto di Migrantes

7 Aprile 2022 - Roma - Cinquanta Tir – ultimo questo fine settimana - carichi di aiuti umanitari sono partiti per l’Ucraina dalla Basilica di Santa Sofia di Roma, uno dei due luoghi di preghiera degli ucraini nella Capitale e da oltre un mese centro di solidarietà e di raccolta per dare aiuto a chi fugge dalla guerra. Insieme agli aiuti, ci dice il rettore, don Marco Yaroslav Semehen, che è anche il direttore Migrantes dell’Esarcato dei greco cattolici ucraini in Italia,  da ieri sono iniziati corsi intensivi di italiano affidati ad insegnanti coordinati da Felicia d'Alessandro di Atena, Formazione e Sviluppo. «Saranno – spiega  il sacerdote – per il momento circa 150 persone, soprattutto donne» mentre i loro bambini «li stiamo aiutando ad inserirsi nelle scuole romane». I corsi sono supportati dalla Fondazione Migrantes e dall’Ufficio Migrantes della diocesi di Roma: “una iniziativa - spiega il direttore Migrantes di Roma, mons. Pierpaolo Felicolo - che stiamo sostenendo come aiuto concreto a queste donne arrivate in Italia da sole, con loro i bambini senza i mariti rimasti in Ucraina e che hanno bisogno di imparare subito la lingua per vivere al meglio la loro situazione, che rimane precaria, nel nostro Paese”. I corsi, infatti – come racconta don Semehen – nascono, dopo le prime settimane di raccolta di aiuti alimentari, medicine, kit igienici ed altro da far arrivare in Ucraina, su richiesta delle stesse donne ucraine che vogliono imparare l’italiano. In tutto ciò non è mai mancata – evidenzia il sacerdote ucraino – la solidarietà degli italiani e dei romani. Anche il presidente della Repubblica Mattarella, lo scorso 6 marzo, ha voluto partecipare alla liturgia della comunità ucraina a Santa Sofia. «Abbiamo sentito concretamente la vicinanza dell’Italia che  non ha mancato di esprimere solidarietà in tanti modi», aggiunge il sacerdote che ringrazia anche papa Francesco per il sostegno alla popolazione ucraina e per i «continui appelli alla pace e la disponibilità a recarsi, come pellegrino, a Kiev». Una vicinanza «molto concreta» con la visita dell’elemosiniere che «a nome del Santo Padre ha portato anche viveri e medicinali che noi abbiamo inviato in Ucraina». Il lavoro qui non si ferma: ogni giorno – racconta don Semeneh – «siamo ‘invasi’ da gesti di solidarietà e di vicinanza» mentre continua la collaborazione con il Comune, la Protezione Civile e con la Asl per avviare – spiega – “un centro dove effettuare tamponi anti-Covid, garantire visite mediche urgenti, soprattutto pediatriche per i bambini e distribuire tessere sanitarie temporanee. In Italia la solidarietà si è fatta anche molto vicina attraverso le 150 comunità cattoliche ucraine nel nostro Paese, assistite da oltre 60 sacerdoti, in collaborazione con la Fondazione Migrantes e gli uffici diocesani Migrantes. Oltre un centinaio i camion partiti per l'Ucraina e in tante comunità sono iniziati corsi di lingua italiana. Una guerra questa che «viviamo da dentro e non alla finestra, mediata da persone che lavorano nelle nostre case, frequentano le nostre chiese, vivono nelle nostre città»» dice la Fondazione Migrantes evidenziando anche le tante iniziative di accoglienza messe in campo nelle diocesi italiane. (Raffaele Iaria)

Migrantes-Transiti: la condizione psicologica degli expat, voci degli expat

7 Aprile 2022 - Roma - Il campione di italiani intervistati da Transiti per la ricerca sulla condizione psicologica nel Rapporto Italiani nel Mondo 2021 vive attualmente all’estero (95%) e solo il 5% è rientrato stabilmente in Italia. Di questi, l’80% è da considerarsi di fatto “expat”, con più di tre anni di vita all’estero. Pochi (5%) sono i neoemigrati negli ultimi 12 mesi. Un dato a cui ha certamente contribuito la pandemia. Il tema della salute psicologica è percepito più facilmente dalla popolazione femminile. Questo spiega il fatto che il 73,4% del campione sia costituito da donne. È un dato assolutamente discordante rispetto alla distribuzione per sesso degli expat italiani. Così come è discordante il dato del profilo formativo: il 65% del campione ha almeno la laurea magistrale. Un campione prevalentemente giovane (il 61,4% è under 40), colto, emancipato, con un progetto di espatrio ben costruito e riuscito sia sul piano personale (il 75,5% ha una relazione stabile) che sul piano professionale: si tratta di persone soddisfatte del proprio lavoro (71%). Un universo fortemente diverso da quello caratteristico della popolazione italiana ma che rispecchia bene l’esodo dei cervelli, l’uscita dall'Italia della popolazione giovane, colta e femminile che non riesce a trovare nel nostro paese la giusta collocazione sociale ed economica. È una popolazione molto più attenta della media dei connazionali al tema dei disagi psicologici (il 40% è attualmente in terapia o lo è stato, contro il 15% della media italiana), capace di aprirsi e rispondere su temi delicati, desiderosa di esporsi per trovare delle soluzioni per sé, la propria famiglia e le persone che hanno lasciato l’Italia negli ultimi 10-15 anni. Una popolazione, questa, che ha vissuto il primo anno di pandemia con un certo livello di benessere grazie a spazi adeguati e confortevoli in casa (68,3%), ma che ha visto insorgere, per sé e per la propria famiglia, nuove difficoltà. La rilevazione ha fatto emergere che questa popolazione di expat italiani, prima del Covid-19, sentiva di avere una “buona” (38,5%) se non addirittura “molto buona” (48,2%) salute psicologica (per un totale di 86,7%). Dopo dodici mesi di restrizioni e disagi causati dalla pandemia, il 71,5% ha osservato un peggioramento della propria condizione psicologica, che imputa “principalmente al Covid-19” (31,8%) o “fortemente al Covid-19” (39,8%). Approfondendo la sintomatologia del disagio provato, emergono elementi evidenti quali ansia e insonnia (20%) e tristezza/depressione (35%). Si tratta di sintomi che si evidenziano anche nella perdita di prospettiva e nel senso di oppressione (entrambe al 30%). Da questi primi dati e dalle parole che abbiamo raccolto per gli italiani nel mondo, risulta evidente come il Covid-19 abbia implicato lo stravolgimento della vita costruita attorno all’espatrio, imponendo alle persone di “osservarsi” e fare un bilancio della propria esistenza rimettendo in discussione le priorità, senza però ancora essere in grado di riprogettare il futuro nel tempo e nello spazio. Abbiamo raccolto alcune voci degli expat che hanno visto peggiorata la propria situazione psicologica a causa del Covid-19, frasi in cui  ritornano molto frequentemente le parole Famiglia, Lavoro, Incertezza, Solitudine, Ansia, Viaggiare, Isolamento, Lontanza e Depressione. Di seguito, le loro parole: I rapporti sociali al di fuori della Famiglia  sono diminuiti notevolmente, mio marito pauroso del Covid ha stressato tutta la Famiglia". (Germania) "Isolamente, mancanza di opportunità, servizio sanitario locale non adeguato, paura per la mia Famiglia, reperibilità costante in smart working". (Albania) "Ho sempre paura di ammalarmi o che si ammali uno dei miei cari e di non poterlo rivedere. Ora che sono iniziate le riaperture mi sento a disagio in mezzo alla gente". (Francia) "Sono infermiera. Il mio Lavoro è diventato la mia vita. Ho avuto un burn out e sono caduta in Depressione. Non ho più potuto svolgere le attività ricreative e sociali che svolgevo precedentemente per cui il peso psicologico del mio Lavoro è diventato quasi insopportabile". (Germania) "Mi sento prigioniero". (Canada) "Il mio compagno ha perso il Lavoro a causa della crisi e non sono riuscita a Lavorare  come avrei voluto, inoltre ho sentito molta nostalgia dei miei genitori". (Uk) "Sono lontana da casa, in un paese straniero che per quasi un anno ha gestito la pandemia in modo pessimo, senza sapere quando riuscirò a tornare a vedere la mia Famiglia". (Uk) "Le restrizioni in Irlanda sono state particolarmente severe e il fatto di essere vicini ma con pochissimi voli e la quarantena in hotel per un periodo mi ha veramente messo delle preoccupazioni assurde". (Irlanda) "Perché qui è come stare in carcere e senza diritti". (Cuba) -  Anna Pisterzi, Presidente di Transiti Psicologia d'Espatrio Coop Soc.   (Trovate questo articolo pubblicato anche nella sezione Articoli del sito di Transiti - Psicologia d’espatrio).    

Ucraina: a Rimini oltre 4mila i profughi accolti, “qui i miei figli hanno iniziato la scuola”

7 Aprile 2022 -

Rimini - La guerra? «Milioni di persone in fila, la tua vita in uno zaino e fuggi dal paese». La sintesi di Olga Kramha, rifugiata a Rimini dall’Ucraina insieme al figlio minore, è straziante. E il rischio di dover rifare quello zaino appena disfatto, è perlomeno paradossale. «Molti di noi hanno parenti, i bambini hanno iniziato ad andare a scuola, c’è una rete di amicizie, ci danno una mano, non vogliamo spostarci da Rimini». Decine di profughi ucraini, prevalentemente donne, hanno lanciato questo appello davanti alla Prefettura di Rimini. In modo composto, davanti al Palazzo del Governo una piccola folla ha intonato l’inno della loro patria e poi ha consegnato al Prefetto Giuseppe Forlenza una lettera. La missiva è chiarissima: chiedono di non essere trasferiti, con i loro bambini, in altre località. Appena possibile, spiegano, torneranno in Ucraina ma fino ad allora vorrebbero restare nella Rimini che hanno scelto. Molti di loro qui hanno parenti, una rete amicale, stanno cercando di integrarsi. La bandiera della Pace e quella gialloblù dell’Ucraina issate da numerosi bagnini della riviera, sembra uno sventolante benvenuto. Sono circa 4.000 i profughi che nell’ultimo mese hanno scelto Rimini come destinazione in Italia. Nonostante le piccole dimensioni (149.000 abitanti, 339.000 in tutta la provincia), è la città italiana che ne ospita di più in assoluto. Non si tratta di un caso: lungo la Riviera romagnola vive una delle più grandi comunità ucraine d’Italia, circa 5.000 persone, in gran parte donne, la maggior parte badanti che vivono in casa degli anziani di cui si prendono cura. «Molte di queste donne hanno visto arrivare una figlia, una sorella, i nipotini» fa notare don Viktor Dvykalyuk, il cappellano della comunità greco-catttolica di Rimini, San Marino-Marino e Ravenna. Sta svolgendo il ruolo di mediatore per conto della Prefettura e tutti i giorni tiene uno sportello Ucraina. Bogdan ha 17 anni, è ucraino di origine ma nato a Rimini. Traduce i suoi connazionali. Lavora all’Hotel Margherita dove hanno trovato ospitalità 167 profughi, ora diventati 110. C’è chi è stato trasferito in montagna a 100 km dalla Riviera, isolati, chi nelle colline della provincia, altri ancora in Piemonte, Molise, Sicilia. Dei 57 profughi trasferiti, 27 la prefettura li ha collocati a Misano Adriatico, «gli altri attraverso una rete solidale sono stati distribuiti in famiglie e conoscenti, a Jesolo e in Austria, dove hanno trovato lavoro – racconta il titolare dell’Hotel Margherita, Stefano Lanna – Ho accolto queste persone, senza ricevere alcun contributo dello Stato, e continuerò a farlo. Non faccio business con chi scappa dalla guerra. Se le istituzioni mi aiuteranno bene, altrimenti proseguiremo con la solidarietà della comunità riminese». I volontari della mensa francescana di Santo Spirito provvedono al cibo, l’hotel si è persino dotato di Pronto soccorso interno. Il piano trasferimenti da Rimini va avanti. La Prefettura valuterà alcuni casi particolari, ma la linea è: non più rifugiati negli hotel. Potrà restare solo chi vanta sistemazioni autonome, con un contributo di 300 euro al mese per tre mensilità. «Siamo venuti qui con bimbi di 6 anni – racconta una giovane mamma ucraina – Vorremmo tornare a casa ma ora non è possibile, e adesso dobbiamo andare via anche da qui. Ho la mamma a Rimini, abbiamo fatto i documenti e i bambini hanno iniziato a frequentare l’asilo: chiediamo solo un’accoglienza temporanea». Tre donne hanno pagato l’hotel dove erano accolte per restare a Rimini. Dopo quattro giorni, però, hanno fatto le valigie. Chi intende restare, lo fa a spese proprie, rinunciando dunque agli aiuti di Stato. «Lavoro a Rimini da 16 anni e pago i contributi – è la testimonianza accorata di una donna ucraina – Ho trovato lavoro per le figlie arrivate e asilo per i nipotini di 2 e 6 anni: perché li mandano altrove?». (Paolo Guiducci - Avvenire)

Approvata alla Camera dei deputati la proposta di legge denominata “Legge Saman”

7 Aprile 2022 - Roma - Nella seduta di martedì  l’Aula della Camera dei deputati ha approvato la proposta di legge recante la “Modifica all'articolo 18-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di rilascio del permesso di soggiorno alle vittime del reato di costrizione o induzione al matrimonio” (c.d. 'legge Saman'), con 385 voti favorevoli, nessun voto contrario e 31 astensioni dei deputati di FdI. Il progetto, atteso ora dall’esame del Senato, è stato denominato "legge Saman" perché presentato nel luglio dello scorso anno, dopo la scomparsa della diciottenne di origini pakistane Saman Abbas da Novellara, paesino in provincia di Reggio Emilia dove viveva con la famiglia e uccisa probabilmente dai parenti in quanto si era opposta alla celebrazione di un matrimonio combinato con suo cugino più grande di lei di dieci anni. La proposta di legge mira  a includere il reato di matrimonio forzato (già previsto dalla legge sul Codice Rosso) nell'elenco dei reati che prevedono il rilascio del permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica, già disciplinato dall'articolo 18-bis del testo unico immigrazione. Nella relazione introduttiva si spiega che:"Saman non ha potuto avere i documenti necessari ed è stata costretta a tornare a casa per recuperarli". La ragazza, infatti, aveva denunciato i genitori dopo essersi rifiutata di contrarre un matrimonio forzato ed era, quindi, stata accolta in una casa rifugio, ma i suoi documenti erano rimasti nella casa paterna. "Non avere i documenti è un doppio colpo per queste donne: da una parte si sentono abbandonate dallo Stato in cui vivono e dall'altra hanno il timore di essere rimandate nel loro Paese, ritrovandosi così sottomesse e senza via di fuga", spiega la promotrice del provvedimento. Giuseppe Brescia, presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera, ha lodato il lavoro della commissione e ha ribadito l'importanza di approvare questa legge: "Come testimoniano i dati del Viminale, dall'entrata in vigore del codice rosso i reati connessi al fenomeno dei matrimoni forzati sono in aumento. L'85% delle vittime è una donna e quasi due vittime su tre sono straniere, con una forte incidenza di donne pakistane". (A.Pertici)   Cordiali saluti

Alessandro Pertici

Ucraina: Ue, 3,5 miliardi ai Paesi che accolgono rifugiati

6 Aprile 2022 -
Roma - Tre miliardi e mezzo per l’accoglienza dei rifugiati ucraini. “Nell’ambito degli sforzi volti a sostenere l’Ucraina in seguito all’invasione della Russia, gli ambasciatori presso l’Ue hanno approvato oggi una proposta che consente agli Stati membri l’accesso immediato a maggiori finanziamenti iniziali a titolo di React-Eu” (assistenza alla ripresa per la coesione e i territori d’Europa) “e rende più semplice soddisfare le necessità di base dei rifugiati provenienti dall’Ucraina e fornire loro sostegno”. È quanto spiega una nota del Consiglio Ue. Che puntualizza: “Quest’anno sarà erogato un totale di 3,5 miliardi di euro come aumento del prefinanziamento iniziale a titolo di React-Eu, uno dei principali programmi post-pandemia volto a rafforzare i fondi della politica di coesione e il Fondo di aiuti europei agli indigenti”. La quota più elevata sarà versata agli Stati membri che registrano un maggior numero di arrivi, sia come Paesi di transito che come Paesi di destinazione finale. “La proposta consente di ridurre l’onere sui bilanci pubblici degli Stati membri affinché – viene chiarito – possano gestire l’afflusso di rifugiati provenienti dall’Ucraina”. A tal fine, il prefinanziamento della quota per il 2021 a titolo di React-Eu sarà aumentato dall’11% al 15% per tutti gli Stati membri e al 45% per i Paesi dell’Unione in cui l’afflusso di rifugiati dall’Ucraina superava l’1% della rispettiva popolazione alla fine del primo mese successivo all’invasione russa. I Paesi che riceveranno quindi un prefinanziamento del 45% sono l’Ungheria, la Polonia, la Romania e la Slovacchia, che hanno frontiere comuni con l’Ucraina, nonché l’Austria, la Bulgaria, la Cechia, l’Estonia e la Lituania, che al 23 marzo 2022 avevano accolto un numero di sfollati superiore all’1% della rispettiva popolazione. La proposta introduce inoltre l’opzione di un “costo unitario per persona”, il che “facilita e velocizza l’attuazione dei fondi”. In particolare, il costo unitario “faciliterà il finanziamento delle necessità di base e del sostegno alle persone provenienti dall’Ucraina che ricevono protezione temporanea dall’Ue o un’altra protezione adeguata prevista dal diritto nazionale”. Tale costo unitario è pari a 40 euro per settimana e può essere utilizzato per la durata massima di 13 settimane a partire dalla data di arrivo della persona interessata nell’Unione europea.

Papa Francesco: Malta “un luogo-chiave” per quanto riguarda il fenomeno migratorio

6 Aprile 2022 - Città del Vaticano - Malta è “un luogo-chiave per quanto riguarda il fenomeno delle migrazioni”. Papa Francesco lo scorso fine settimana, al termine del suo viaggio a Malta, ha visitato il Centro di accoglienza “Giovanni XXIII” e incontrato numerosi migranti, che sono approdati sull’Isola dopo “viaggi terribili. Non bisogna stancarsi di ascoltare le loro testimonianze – ha etto questa mattina papa Francesco durante l’Udienza Generale - perché solo così si esce dalla visione distorta che spesso circola nei mass-media e si possono riconoscere i volti, le storie, le ferite, i sogni e le speranze di questi migranti”. Ogni migrante per il Papa è “unico: non è un numero, è una persona; è unico come ognuno di noi. Ogni migrante è una persona con la sua dignità, le sue radici, la sua cultura. Ognuno di essi è portatore di una ricchezza infinitamente più grande dei problemi che comporta. E non dimentichiamo che l’Europa è stata fatta dalle migrazioni”. Certo, l’accoglienza va organizzata – ha detto Papa Francesco e – va governata, e prima, “molto prima, va progettata insieme, a livello internazionale. Perché il fenomeno migratorio non può essere ridotto a un’emergenza, è un segno dei nostri tempi. E come tale va letto e interpretato. Può diventare un segno di conflitto, oppure un segno di pace. Dipende da come lo prendiamo, dipende da noi. Chi a Malta ha dato vita al Centro Giovanni XXIII ha fatto la scelta cristiana e per questo lo ha chiamato “Peace Lab”: laboratorio di pace. Ma io vorrei dire che Malta nel suo insieme è un laboratorio di pace!”. (Raffaele Iaria)

Ucraina: “Nessuno ha il diritto di distruggere le città!”, manifestazione del Centro La Pira domani a Cassano Ionio

6 Aprile 2022 - Cassano allo Ionio - Risuoni forte dalla Calabria l’affermazione: "Nessuno ha il diritto di distruggere le città!". Promosso dal Centro Studi “Giorgio La Pira”, della città delle terme con l’ANCI Calabria, con il Comune e la Diocesi di Cassano, domani, giovedì 7 aprile, alle ore 17.30, presso il teatro comunale, i sindaci si ritroveranno per la pace, nella profezia di La Pira: “le città non vogliono morire”. Prenderanno parte, il Vescovo Mons. Francesco Savino, il Presidente dell’Anci, Marcello Manna e il sindaco della cittadina ionica, Giovanni Papasso. Nel corso della serata, interverranno in videoconferenza, il sindaco di Firenze, Dario Nardella e il presidente della Fondazione "Giorgio La Pira", Patrizia Giunti. “In questi momenti per Mario Primicerio, già sindaco del capoluogo fiorentino e stretto collaboratore di La Pira, è proprio necessario mobilitarsi per gli aiuti umanitari alla popolazione ucraina, ma anche fare un passo piu' avanti e svolgere una riflessione politica sulla attuale tragedia. Una riflessione che non puo' limitarsi alla ferma e indiscutibile condanna della violazione del diritto internazionale che e' stata commessa con la aggressione all'Ucraina, ma che deve spingerci a domandarsi quali mezzi politici debbono essere messi in campo per sanare questa ferita nel cuore dell'Europa. Perche' sappiamo bene che le armi non risolvono i problemi; semmai li creano o li aggravano. Occorre tornare allo spirito della Conferenza di Helsinki, rifiutare la politica di potenza e garantire una sicurezza che non puo' essere garantita dalla appartenenza contrapposta ad alleanze militari. E percio' e' necessario che le citta' facciano sentire forte la loro voce, perche' sono le citta' che sopportano​ le piu' gravi conseguenze dei conflitti, in Ucraina come In Yemen o in Siria.  Bisogna fermare subito la guerra in Ucraina, o almeno una tregua umanitaria per fermare una catastrofe”, spiega  Francesco Garofalo, presidente del centro studi “Giorgio La Pira”, di Cassano All’Jonio, evidenziando che “si leverà una sola grande voce per la pace per porre fine allo scempio contro il popolo ucraino. La nostra è un’iniziativa nazionale che parte dal basso, per reclamare subito la pace. Facciamo sentire la voce delle città”.  

Italiani nel Mondo: un nuovo spazio per i migranti a Chambery

6 Aprile 2022 - Roma - Nei giorni scorsi a Chambery, in Francia, negli edifici che hanno ospitato la Missione Cattolica italiana, fondata nel 1922 per assistere gli italiani che erano migrati in questa zona, si è inaugurato uno spazio aperto a tutti i migranti. L’inaugurazione è stata una vera festa: dopo la benedizione del luogo  un momento ricreativo per tutti i partecipanti. Canti, balli, un concerto, un’esposizione, la possibilità di visitare l’edificio, un pasto condiviso, hanno scandito questa giornata. L’edificio è stato acquistato per il prezzo simbolico di un euro nel 2017 dall’Associazione Nazionale e completamente ristrutturato. Questo luogo ha riaperto alla Missione Cattolica, la struttura organizzativa è composta da otto persone, di cui in prevalenza laici. La responsabilità è stata affidata a suor Rosette Congera, originaria del Burundi, che, come riporta la testata Dauphiné Liberé, che ne ha dato notizia, dice “permette loro di trovare qualcuno che li ascolti, che li guidi, che parli loro di associazioni, che li aiuti non solo a livello amministrativo ma anche per la loro integrazione. Questo posto non dovrebbe essere un ghetto. È un luogo di incontro e di fraternità”. Infatti gli ambienti sono stati organizzati in maniera da accogliere tutte le etnie presenti sul territorio che ne facciano richiesta. Inoltre questi spazi potranno ospitare concerti, convegni, incontri aperti a tutti, proprio per facilitare l’integrazione, a prescindere dalla provenienza, dal credo e anche dall’età. Un nuovo spazio simbolicamente senza muri, che apre le porte a tutti.

Ucraina: salesiani, un webinar su come accogliere famiglie e minori sfollati

6 Aprile 2022 -

Roma - “L’accoglienza delle famiglie e minori ucraini in risposta all’emergenza: aspetti normativi e strategie operative”: questo il titolo del webinar in programma domani alle 17.30 su iniziativa dall’Osservatorio salesiano per i diritti dei minori insieme all’Associazione Salesiani per il sociale – Aps. Due gli obiettivi: evidenziare gli aspetti normativi legati all’accoglienza, a garanzia della protezione delle famiglie e dei minorenni in fuga dall’Ucraina; riflettere sull’accoglienza di famiglie e minori provenienti da situazioni di guerra, con particolare riguardo ai possibili effetti su bambine, bambini e adolescenti. Interverranno, tra gli altri, Titti Postiglione (Protezione civile), Luca Pacini (Anci), don Francesco Preite (Aps), Giuseppe Lococo (Unhcr); Nicoletta Goso (Altri-Legami). Il webinar si potrà seguire sulla pagina Facebook di Minori di diritto e sul canale Youtube dell’Ispettoria dell’Italia Centrale.

Fai-Cisl: una mozione parlamentare sui ghetti per tutelare i lavoratori sfruttati

5 Aprile 2022 -
San Giovanni Rotondo - “Aver giustificato o addirittura legittimato per anni l’esistenza dei ghetti, aver voltato lo sguardo dall’altra parte, ha consolidato nel tempo una vergogna nazionale alla quale non possiamo rassegnarci. Lo sappiamo, il caporalato e i ghetti non rappresentano l’agricoltura italiana, ma sono una realtà e un’offesa che ci riguarda tutti. Chiediamo alla politica di agire in modo più coerente e concreto”. Lo ha detto il segretario generale della Fai Cisl, Onofrio Rota, in apertura del VII congresso nazionale in corso da oggi a San Giovanni Rotondo, in provincia di Foggia. Il sindacalista ha annunciato la promozione in Parlamento di una mozione che impegna il governo a una serie di interventi, tra i quali: tutelare e garantire la dignità dei migranti e il rispetto dei loro diritti umani fondamentali, ripensare i procedimenti amministrativi utili all’ottenimento dei permessi di soggiorno, completare la mappatura degli insediamenti informali, rendere operativa la clausola di condizionalità sociale nella Pac dal 2023, promuovere le buone pratiche commerciali nei confronti delle imprese aderenti alla Rete del lavoro agricolo di qualità, intervenire sulle condizioni abitative dei migranti con un graduale processo di integrazione sociale. “La mozione – ha detto Rota – è già nelle mani del ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, e di diversi parlamentari. Continueremo a promuoverla in tutte le sedi, e chiediamo a tutte le forze sociali d’Italia e d’Europa di unirsi a noi e sottoscriverla. Partiamo da qui, dal foggiano, luogo di eccellenze produttive eppure ferito dall’illegalità, per guidare l’operato dei governi verso la lotta allo sfruttamento e la qualificazione del lavoro, perché chi produce il cibo non debba più vivere nel degrado e nella solitudine”. La Fai Cisl ha anche prodotto un “Atlante dei ghetti”: “Una mappatura – ha detto il sindacalista – della nostra incapacità di incanalare forza lavoro nei circuiti della legalità. In questi luoghi c’è la sofferenza di persone in carne ed ossa, c’è la tratta di esseri umani, eppure sono noti a tutti: non possiamo assuefarci a questa mostruosa normalità”.

Mons. Scicluna: la società maltese deve “guarire” il suo atteggiamento nei confronti dei migranti

5 Aprile 2022 - La Valletta - La società maltese deve "guarire" il suo atteggiamento, sostanzialmente razzista, sulla questione dei migranti. Lo ha affermato l'arcivescovo di Malta, Charles Scicluna, reagendo alla tempesta di commenti negativi postati da maltesi sulle piattaforme social dopo l'appello alla "vera accoglienza" lanciato domenica scorsa da Papa Francesco che, dopo la sua visita di al centro migranti di Hal Far, ha espresso l'auspicio che Malta diventi "un vero porto sicuro" e che ai migranti non siano negati i diritti umani a volte con la complicità delle autorità. I media locali ieri hanno citato molti post che incitavano invece il pontefice "a portare i migranti a casa sua, al Vaticano". Parlando con il Times of Malta, oggi mons. Scicluna - riferice l'Ansa - ha paragonato il rifiuto delle parole del Papa al rifiuto di Cristo nel Venerdì Santo, che "è stato il momento in cui Gesù fu respinto fino all'assassinio: non ci piaceva il messaggio, così uccidemmo il messaggero". "Ovviamente - ha continuato Scicluna - non abbiamo ucciso il Papa, che è al sicuro a Roma, ma penso che qui ci sia bisogno di una guarigione.

Ucraina: 83mila gli ucraini arrivati in Italia

5 Aprile 2022 -
Roma - Sono complessivamente 83.100 le persone in fuga dal conflitto in Ucraina giunte finora in Italia, 79.612 delle quali alla frontiera e 3.488 controllate dal compartimento Polizia ferroviaria del Friuli Venezia Giulia. Nel dettaglio sono 42.879 donne, 8.551 uomini e 31.670 minori. Le città di destinazione dichiarate all'ingresso in Italia continuano a essere Milano, Roma, Napoli e Bologna. Rispetto al giorno precedente - spiega il Ministero degli Interni -  l'incremento è di 1.361 ingressi nel territorio nazionale.

La sfida della multiculturalità :appuntamento a Macomer e Alghero

5 Aprile 2022 - Alghero - Si intitola “La sfida della multiculturalità, ieri e oggi” l’incontro formativo promosso dalla Scuola della Parola della Diocesi di Alghero-Bosa, coordinata dal biblista Michele Antonio Corona, ed organizzato in collaborazione con l’Associazione Amici dell’Università Cattolica e con l’Università delle Tre Età di Alghero. L’iniziativa, che si svolgerà a Macomer presso la Biblioteca Comunale (Via Ariosto 11A) Venerdì 8 Aprile alle ore 18.00, e ad Alghero presso l’Aula magna dell’ex Seminario (via Sassari 179) Sabato 9 Aprile, sempre alle ore 18.00, sarà una preziosa occasione per riflettere insieme sulla multiculturalità, tema complesso e mai come oggi decisivo per chiunque voglia comprendere l’orizzonte storico nel quale stiamo vivendo e verso il quale sempre più rapidamente ci stiamo indirizzando. Due gli ospiti di alto profilo che aiuteranno i presenti ad approfondire l’argomento: Stefano Biancu, professore associato di Filosofia Morale all'Università LUMSA di Roma dal 2016 nei corsi Scienze della comunicazione, marketing e digital media, Scienze e tecniche psicologiche, Progettazione e gestione dei servizi socio-educativi e formativi, Progettazione e gestione dei servizi socio-educativi, formativi e per la media education; Pino di Luccio, gesuita,  docente di Nuovo Testamento alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, già professore di Sacra Scrittura al Pontificio Istituto Biblico di Roma e di Gerusalemme, nell'Università di Scutari in Albania, all'Hebrew University di Gerusalemme e nella sezione san Luigi della Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale di Napoli. I relatori saranno invitati a delineare un profilo della multiculturalità, intesa come sfida e come opportunità per tutti, non soltanto in quanto cristiani, ma in quanto uomini e donne appartenenti ad una società sempre più articolata e complessa. Durante la serata formativa aperta a tutti - che gode del patrocinio dei Comuni di Macomer e Alghero - è previsto l’intervento del Vescovo Padre Mauro Maria Morfino.  Modererà l’incontro Alberto Cosseddu, responsabile diocesano dell’Apostolato Biblico.

Ucraina: l’arcivescovo di Cagliari a Leopoli

5 Aprile 2022 -
Cagliari - Nella giornata di ieri, lunedì 4 aprile, Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e vice presidente della Conferenza episcopale italiana, si è recato in Ucraina, nella città di Leopoli, per una visita all’arcivescovo latino, mons. Mieczysław Mokrzycki. Con lui era presente anche don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italia. I due vescovi sono legati da un rapporto di profonda amicizia fin dai tempi degli studi a Roma. Mons. Baturi ha portato al confratello ucraino la solidarietà spirituale della chiesa cagliaritana, impegnandosi ad assicurare atti concreti di sostegno per le urgenti necessità umanitarie. “Mi sono recato in questa terra martoriata – afferma mons. Baturi – per incontrare un caro amico e assicurargli la vicinanza della nostra diocesi. Ho constatato le ferite di questa nazione, il senso di paura e precarietà che si avverte quando si attivano gli allarmi nella città, il bisogno di un supporto fraterno per lenire le sofferenze di una popolazione duramente provata. È stato bello vedere una chiesa, e i sacerdoti in particolare, mobilitata, come il buon samaritano, a dare aiuto alle persone sofferenti, senza distinzione di appartenenza politica e religiosa. Il dolore presente si somma alla preoccupazione già avvertita per il futuro, tempo di ricostruzione materiale e spirituale. Ho potuto respirare una grande determinazione a conservare la dignità di nazione e a resistere all'ingiusta aggressione”. Il presule della chiesa latina di Leopoli ha inviato un messaggio alla diocesi di Cagliari per esprimere la sua riconoscenza. “Sono molto grato – dice mons. Mieczysław Mokrzycki – a sua eccellenza Giuseppe Baturi, e sono contento che sia venuto qui, come pastore, in una terra che soffre, provata dalla guerra, per mettere la sua umanità a servizio della sofferenza di questa nazione. Qui monsignor Baturi ha potuto parlare con tanta gente e ascoltare le nostre difficoltà, e spero che la vicinanza della diocesi di Cagliari continui a dare sostegno e speranza al popolo ucraino che soffre tanto e che ha bisogno di questi gesti di amore. Vi siamo molto grati e vi ricorderemo sempre nelle nostre preghiere”. "La gratitudine di quella chiesa – ha sottolineato l’arcivescovo di Cagliari accogliendo le parole del confratello ucraino – non riguarda solo l'invio, da parte nostra, di beni materiali, ma soprattutto la vicinanza fraterna e orante. Sono certo che – ha concluso Baturi – poiché Cristo è la nostra pace, ogni gesto di amore costruisce la pace”

“Fratelli tutti”: cerimonia interreligiosa nel ghetto di Borgo Mezzanone

5 Aprile 2022 -

Foggia -Si è svolta domenica nella chiesa del ghetto di Borgo Mezzanone, nel foggiano, la cerimonia 'Fratelli Tutti', organizzata dalla Fai-Cisl nell’ambito delle iniziative del congresso nazionale. L’incontro ha riunito sotto lo stesso tetto cattolici, musulmani e protestanti, in un momento di preghiera e riflessione sulla pace e l’unità tra i popoli.

«Questo è un tempo che tende a dividerci tutti – ha detto il segretario generale Onofrio Rota intervenendo alla cerimonia – invece noi condividiamo sentimenti e idee, e lo facciamo qui, in un luogo che è simbolo di fatica e solitudine. Pregare insieme qui per molti di noi è un gesto normalissimo, però è anche una scelta molto bella, rivoluzionaria, di coraggio, di fratellanza».

Sullo sfondo dell’iniziativa, un messaggio politico forte contro il caporalato e lo sfruttamento. Da tanti anni, denuncia il sindacato, la politica chiude gli occhi davanti a insediamenti come questi, ma ciò non ha portato nulla di buono per nessuno. Soprattutto, non ha portato nulla di positivo per i migranti, per i lavoratori, per le famiglie che giungono in Italia e in Europa per conquistare una vita dignitosa, libera, felice. «Qui – ha detto Rota – non ci sono prospettive di felicità, possibilità di emancipazione. Non vogliamo che si ripetano le violenze, le morti per il freddo, per i roghi, per la fatica nei campi. Non vogliamo che le persone cerchino lavoro rivolgendosi agli sfruttatori, persone che fingono di essere amici dei lavoratori, ma in realtà sono veri e propri trafficanti di esseri umani». Sono intervenuti alla cerimonia l’imam Zakariya Mutah, Erika Szilagyi, presidente del Consiglio della Chiesa Evangelica Valdese di Foggia, il Pastore Charles Ojieaga, sacerdote della Garden of Jesus Christ Church di Borgo Mezzanone e mons. Franco Moscone, vescovo di Manfredonia, che ha concluso la cerimonia sottolineandone il valore nell’ottica della «comune paternità di ogni persona e di tutta l’umanità, nella prospettiva che dobbiamo imparare a non fare più la guerra, a trasformare le lanci in falci e le spade in aratri, a trasformare i nostri cuori in cuori che accolgono e non dividono. Il lavoro autentico, libero da ogni sfruttamento, dall’illegalità – ha concluso Moscone in segno di condivisione delle azioni del sindacato – è lo strumento più grande per costruire la giustizia e aprire la strada della pace».