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Migranti e lavoro, il 60° anniversario della tragedia di Mattmark: una riflessione e un libro

28 Agosto 2025 - La tragedia della diga di Mattmark, in Svizzera, è considerata l'ultima grande strage sul lavoro di emigrati italiani. A 60 anni esatti da quell'evento terribile (30 agosto 1965), proponiamo una riflessione di don Carlo De Stasio, che attualmente si occupa della pastorale dei migranti nella diocesi di Coira (Svizzera), e un libro di Toni Ricciardi sulla storia e sugli esiti di quella tragedia. "La Fondazione Migrantes - ricorda mons. Pierpaolo Felicolo, direttore generale dell'organismo della Cei - è da sempre vicina a tutti gli italiani e le italiane che si spostano e lavorano all'estero: è nata proprio con questa vocazione. Tanto più in queste occasioni, in cui si fa memoria del loro sacrificio, ma anche del loro desiderio di una vita migliore nelle terre in cui hanno scelto di andare".
Il 30 agosto 1965, una data che rimane impressa nella storia dell’emigrazione italiana in Svizzera, 88 lavoratori persero la vita nella più grande e devastante tragedia industriale del Paese. La diga di Mattmark era un importante progetto idroelettrico che avrebbe dovuto fornire energia elettrica a gran parte della Svizzera. La costruzione della diga richiese la presenza di oltre 1.000 lavoratori, principalmente migranti, che lavoravano in condizioni difficili e pericolose. Alle 0re 17,20 di quel giorno, una enorme valanga di ghiaccio e detriti, staccatasi dal ghiacciaio dell’Allalin, travolse disastrosamente le baracche-alloggio dei lavoratori, la mensa e le officine del cantiere. Il doloroso bilancio fu di 88 vittime, 86 uomini e 2 donne, di cui 56 italiani, 23 svizzeri, 4 spagnoli, 2 tedeschi, 2 austriaci e 1 apolide. La tragedia scosse l'opinione pubblica svizzera e italiana. Le autorità elvetiche e le imprese di costruzione della diga furono criticate per la scarsa supervisione del cantiere e per non aver garantito condizioni di lavoro e alloggio sicure per gli operai. La commissione d’inchiesta lavorò per oltre sei anni e 17 persone furono accusate di omicidio colposo. Furono tutti assolti, in quanto i giudici stabilirono che si trattò di una catastrofe naturale. Non solo il danno, 88 vittime, famiglie distrutte e in lutto; condizioni lavorative precarie e pericolose, senza adeguate protezioni sociali. Ma anche la beffa. In appello, i familiari delle vittime furono condannate a pagare le spese processuali. La sciagura di Mattmark ci stimola a riflettere e a passare dalle parole ai fatti su tre urgenze che ci interpellano come cittadini e cristiani.
  • La salvaguardia del creato. Dobbiamo prenderci cura della nostra «casa comune», rispettare e preservare la natura; ciò è garanzia di vita. A interventi dell’uomo che prevaricano l’ambiente corrisponde la violenza della natura.
  • La sicurezza nel lavoro. Tema fortemente avvertito in Italia. Usando le parole di papa Francesco, è come «l’aria che respiriamo: ci accorgiamo della sua importanza solo quando viene tragicamente a mancare, ed è sempre troppo tardi!».
  • Accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti. La Svizzera è indiscutibilmente una terra d’immigrazione. Ciò si riflette nella diversità della popolazione del Paese, composta per oltre il 30% da persone immigrate di prima generazione. La Confederazione Elvetica è tra le nazioni in cui questa percentuale è più alta. Complessivamente oltre il 40% della popolazione ha un passato migratorio. I lavoratori stranieri hanno largamente contribuito alla prosperità del Paese.
In Italia abbiamo un forte bisogno di lavoratori immigrati per sostenere la nostra economia, essere competitivi e mantenere i livelli di qualità di vita attuali. Ma nonostante ciò, una parte delle forze politiche contrasta l’immigrazione e una buona parte dell’opinione pubblica si esprime negativamente. Eppure, tutti lo sappiamo, abbiamo bisogno di persone che emigrano; il loro apporto al bene dell’Italia è già da tempo vitale economicamente, socialmente e culturalmente. A sessant’anni dal tragico evento di Mattmark, siamo chiamati a fare memoria per rendere onore alle vittime e riceverne un monito per riconciliarci con il creato, lavorare dignitosamente, secondo giustizia e in sicurezza e vivere da «sorelle e fratelli tutti». (Carlo De Stasio)
Per approfondire
T. Ricciardi, Morire a Mattmark. L'ultima tragedia dell'emigrazione italiana, Donzelli, 2025 (nuova edizione), pp. 200. Se Mattmark non è più una «Marcinelle dimenticata», resta ancora un interrogativo: l’Italia e anche la stessa Svizzera sono state all’altezza della storia? Con questa domanda Toni Ricciardi, storico delle migrazioni presso l’Università di Ginevra e l’Istituto di Storia dell’Europa mediterranea (Isem-Cnr), a sessant’anni di distanza dalla tragedia, introduce questa nuova edizione del suo lavoro. Morire a Mattmark Il 30 agosto 1965, in pochi secondi, accadde l’irreparabile: «Niente rumore. Solo, un vento terribile e i miei compagni volavano come farfalle. Poi ci fu un gran boato, e la fine. Autocarri e bulldozer scaraventati lontano». A parlare è uno dei sopravvissuti intervistati nel libro, uno dei testimoni della valanga di più di 2 milioni di metri cubi di ghiaccio che seppellì 88 lavoratori. Di questi, 56 erano italiani. Come a Marcinelle, la tragedia rappresentò una cesura nella lunga e travagliata storia dell’emigrazione italiana, segnando un punto di non ritorno. Inoltre, suscitò molto scalpore in tutta Europa: per la prima volta, stranieri e svizzeri morivano l’uno a fianco all’altro. Nei giorni successivi si scavò senza sosta con la speranza di trovare ancora vivi amici, padri, fratelli, figli. Ci vollero quasi due anni per recuperare i resti dell’ultima salma. Questa storia si concluse nel modo peggiore: i tempi dell’inchiesta furono lunghissimi, oltre sei anni, e i diciassette imputati chiamati a rispondere dell’accusa di omicidio colposo furono tutti assolti, nonostante l’instabilità del ghiacciaio fosse nota da secoli. In appello andò anche peggio, con la conferma dell’assoluzione e la condanna dei familiari delle vittime al pagamento delle spese processuali.

Marcinelle, mons. Perego: “Ci ricorda che i lavoratori migranti debbono essere particolarmente tutelati. Ieri come oggi”

7 Agosto 2025 - L’8 agosto 1956 nella miniera di Bois du Cazier a Marcinelle, in Belgio, persero la vita 262 minatori, di cui 136 italiani, 95 belgi e poco più di una trentina di altre nazionalità. È ricordata come una delle più gravi stragi sul lavoro ed è anche, per il nostro Paese, un evento emblematico dell’emigrazione italiana del Novecento. Per la giornata dell’8 agosto è in programma presso la miniera di Bois du Cazier la consueta cerimonia istituzionale di commemorazione. La Fondazione Migrantes, nel giorno in cui si ricorda un evento che ancora scuote il nostro Paese, si fa vicina a tutti gli italiani che lavorano all'estero e rivolge un pensiero ai tanti lavoratori, anche immigrati, che anche di recente hanno perso la vita sul lavoro in Italia. «Marcinelle ogni anno – dice S.E. mons. Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes – ci ricorda il dramma sulle morti del lavoro in Italia, ma anche in Europa. Negli anni nel nostro Paese, anche grazie ai controlli e alle misure di sicurezza adottate, i decessi sono in calo. Occorre, però, segnalare che le morti sul lavoro dei lavoratori migranti – che avvengono in particolare nel mondo agricolo, nell’edilizia e nei trasporti – secondo le analisi dell’Osservatorio dell’Università Cattolica, sono in proporzione il doppio rispetto a quelle dei lavoratori italiani. Questo dato impegna le aziende a una maggiore formazione dei lavoratori migranti sulla sicurezza. Al tempo stesso la crescita del numero degli incidenti sul lavoro nei primi quattro mesi del 2025 (286) rispetto al 2024 (265) chiedono di non abbassare la guardia nei controlli e nella formazione. A Marcinelle sono morti soprattutto i nostri lavoratori emigrati: un evento, un segno che ricorda come i lavoratori migranti debbono essere particolarmente tutelati. Ieri come oggi». Anche per questo c’è attesa per la decisione della presidenza del Parlamento europeo di calendarizzare il voto su una proposta di risoluzione per la istituzione, proprio nella data dell’8 agosto, di una “Giornata europea in memoria delle vittime del lavoro e per la tutela e la dignità dei lavoratori”.

✅ Leggi anche: "Un manifesto rosa. L’emigrazione italiana in Belgio e la tragedia di Marcinelle" (Luigi Dal Cin)

  [caption id="attachment_62651" align="aligncenter" width="1024"]Marcinelle Il monumento dedicato ai caduti italiani di Marcinelle (foto: Agrillo Mario)[/caption]

“Un manifesto rosa”. L’emigrazione italiana in Belgio e la tragedia di Marcinelle

7 Agosto 2025 - In vista della 69esima ricorrenza della strage nella miniera di Marcinelle, a Bois du Cazier, dell'8 agosto 1956, ripubblichiamo un racconto di Luigi Dal Cin, "Un manifesto rosa", tratto dal suo volume "Sulla porta del mondo. Storie di emigranti italiani" (Terre di Mezzo editore, 2024), realizzato con la Fondazione Migrantes. Le illustrazioni sono di Cristiano Lissoni.  Lo tengo aperto qui da­vanti a me, sopra il foglio bianco ancora da scrive­re. L’ho trovato tra le vecchie carte di mio nonno, conservate nel baule in soffitta. Riposava lì, ripiegato su sé stesso, chis­sà da quanti anni. Un manife­sto rosa. “Operai italiani, condizioni particolarmente vantaggiose vi sono offerte per il lavoro sot­terraneo nelle miniere belghe.” E subito sotto il titolo un’invi­tante tabella con i salari gior­nalieri. A seguire: “Premio temporaneo. Per un periodo di 6 mesi, a partire dal 1° novem­bre 1951, gli operai delle minie­re riceveranno, in più del loro salario, un premio eccezionale e supplementare”. E poi, in bel­la evidenza, tutta una serie di benefici: “Assegni familiari, As­senze giustificate per motivi di famiglia, Carbone gratuito, Bi­glietti ferroviari gratuiti, Pre­mio di natalità, Ferie, Alloggio”. In fondo al manifesto: “Appro­fittate degli speciali vantag­gi che il Belgio accorda ai suoi minatori. Il viaggio dall’Ita­lia al Belgio è completamente gratuito per i lavoratori italia­ni firmatari di un contratto an­nuale di lavoro per le miniere. Il viaggio dall’Italia al Belgio dura in ferrovia solo 18 ore. Compiute le semplici formalità d’uso, la vostra famiglia potrà raggiungervi in Belgio”. Manifesto rosa Belgio Marcinelle Strano, però. Sì, strano. Nessun accenno alle condizioni di la­voro. A quale profondità i mi­natori avrebbero dovuto ina­bissarsi nel ventre della terra per scavare il carbone? Quante ore al giorno avrebbero dovuto lavorare là sotto? C’erano dei rischi? Rischi lavorativi? Rischi per la salute, a respirare tutta quella polvere di carbone? Niente. Il manifesto rosa non dice nient’altro. Mio nonno non è mai emigrato in Belgio, ma aveva conservato con grande cura questo mani­festo. Mi viene da pensare che, sfiancato dalla fame e dalla mi­seria, avesse preso in conside­razione la possibilità di partire per lavorare nelle miniere bel­ghe. Sarebbe mai ritornato? Perché è proprio nelle parole di propaganda altisonante di questo manifesto rosa che van­no cercati i motivi per cui nella tragedia della miniera di Mar­cinelle la maggior parte delle vittime era italiana. Tra que­ste, la maggior parte era parti­ta dall’Abruzzo.
Una promessa
La Seconda guerra mondia­le aveva lasciato in Italia feri­te profonde. Una nazione, fatta a pezzi, da ricostruire, un’eco­nomia in ginocchio, interi ter­ritori ridotti in miseria. Fu al­lora che la promessa di una vita migliore apparve all’improvvi­so su curiosi manifesti rosa ap­pesi per le strade delle città a dei paesi di tutta Italia. Un miraggio di speranza nel deserto che la guerra aveva lasciato dietro di sé. In mol­ti lo leggono. Qualcuno se lo fa leggere. È una proposta. Di più. È una promessa. Un lavo­ro. Uno stipendio. Un lavoro nelle miniere di carbone, ben stipendiato. Belgio. Certo, significa separarsi dagli affetti e dai luoghi di sem­pre. Ma sarebbe stato per poco: si guadagna, si risparmia, e poi si ritorna a casa. Quel manife­sto rosa è un proclama. A chiare lettere annuncia la liberazione dalla miseria. Una prospettiva di riscatto. Una via di fuga. Nel disastro della miniera di carbone Bois du Cazier a Marcinelle, in Belgio, persero la vita 262 minatori, di cui 136 italia­ni. E la regione con il maggior numero di vittime fu l’Abruz­zo. Era l’8 agosto del 1956. Fu il terzo incidente per numero di vittime nella storia dei minato­ri italiani emigrati. Il primo, per numero di mor­ti, fu il disastro avvenuto nel 1907 a Monongah in West Vir­ginia, negli Stati Uniti, dove le vittime furono in prevalenza italiane, in prevalenza molisa­ne. Molise e Abruzzo: unite in un’unica regione fino al 1963, drammaticamente accomuna­te anche nelle condizioni di la­voro dei propri emigranti.
Approfittate degli speciali vantaggi
Il 23 giugno 1946 tra il governo italiano e quello belga era sta­to firmato un trattato che pre­vedeva un gigantesco baratto. L’Italia doveva inviare in Bel­gio 2.000 lavoratori a settima­na da impiegare nelle miniere. In cambio, il Belgio assicurava all’Italia una buona quantità di carbone per ogni minatore. Ap­pena uscita dalla guerra, l’Italia contava milioni di disoccupa­ti e aveva necessità di carbone per far ripartire le proprie indu­strie. In Belgio, invece, la man­canza di manodopera nelle mi­niere frenava la produzione. Il governo italiano considera­va l’emigrazione come il prin­cipale fattore economico per la ricostruzione del Paese trami­te le rimesse, ovvero il trasfe­rimento del denaro degli emi­granti verso il Paese d’origine, e poiché in Belgio c’era bisogno di manovalanza a basso costo incentivò la partenza di lavo­ratori che non trovavano im­piego in Italia. Dell’accordo “minatori in cam­bio di carbone” – il trattato par­lava testualmente di “accordo minatori-carbone” – sui mani­festi rosa della Federazione car­bonifera belga, però, non c’era traccia. I minatori emigranti al­lora non ne furono messi a co­noscenza. Lo scoprirono solo dopo il disastro di Marcinelle. E ne nacque una questione mol­to controversa. L’accordo “mi­natori-carbone” equiparava in­fatti i lavoratori a una merce. I minatori italiani sentirono di essere stati trattati come de-portati economici, venduti da un’Italia matrigna e cinica per qualche misero sacco di car­bone. E se l’accordo si occupa­va di tutti gli altri aspetti del­lo scambio, si preferiva invece chiudere gli occhi, sia da par­te delle autorità belghe che di quelle italiane, sulle condizioni di vita e di lavoro che effettiva­mente attendevano i lavorato­ri italiani destinati alle miniere del Belgio. Approfittate degli speciali van­taggi che il Belgio accorda ai suoi minatori. Condizioni par­ticolarmente vantaggiose di la­voro sotterraneo. Premio tem­poraneo, Assegni familiari, Assenze giustificate per motivi di famiglia, Carbone gratuito, Biglietti ferroviari gratuiti, Pre­mio di natalità, Ferie, Alloggio. [caption id="attachment_62615" align="aligncenter" width="210"]Marcinelle Manifesto rosa (illustrazione di Cristiano Lissoni)[/caption]
Propaganda
Pura propaganda. Pubblicità in­gannevole, diremmo oggi. Per­ché nei vagoni di ogni treno erano stipate circa mille per­sone. E, una volta a destinazio­ne, la promessa degli alloggi a prezzi scontati si svelava in tut­ta la sua cruda realtà. Baracche fatiscenti dove pochi anni pri­ma erano stati rinchiusi i pri­gionieri di guerra. E apparve subito chiaro come per gli ita­liani emigrati non fosse possi­bile affittare un alloggio più di­gnitoso. Non solo per ragioni economiche. La gente del posto lo scrive­va su cartelli: Ni animaux, ni étrangers ovvero “Né animali, né stranieri”. Non mancò in­fatti il disprezzo nei confron­ti degli emigranti italiani, a cui fu affibbiata l’etichetta dispre­giativa di macaronì. E poi c’e­ra l’impatto con la miniera e le “condizioni particolarmente vantaggiose di lavoro sotterra­neo” che talvolta prevedevano che i minatori arrivassero a ol­tre mille metri di profondità. L’inesperienza, la mancanza di un periodo di formazione e l’ignoranza sulla reale situa­zione in cui avrebbero dovuto lavorare rendevano particolar­mente traumatica la discesa in miniera. E non c’era nemmeno la consapevolezza che respira­re quell’aria intrisa di polve­re di carbone esponeva al ri­schio di contrarre la silicosi, una grave malattia professio­nale che ha portato alla mor­te centinaia di migliaia di mi­natori. Ma ormai non era più possibile tornare indietro. Chi rompeva il contratto poteva fi­nire in carcere.
La tragedia di Marcinelle
Pare che all’origine del disa­stro ci fu un’incomprensione tra i minatori che dal fondo del pozzo caricavano sull’ascenso­re i vagoncini con il carbone e i manovratori in superficie. Alle 8 e 10 del mattino dell’8 ago­sto 1956 un vagone di carbone rimase incastrato nella gabbia del montacarichi ma l’ascenso­re partì comunque. Nella risali­ta il carrello che sporgeva tran­ciò le condutture dell’olio, i tubi dell’aria compressa e i cavi dell’alta tensione. Le scintille causate dal cortocircuito fece­ro incendiare l’olio. Fu subito l’inferno. Un impo­nente incendio si estese alle gallerie superiori mentre sotto, a oltre mille metri di profondi­tà, i minatori venivano soffo­cati dal fumo. Il fuoco infatti era divampato nel pozzo d’in­gresso dell’aria e il fumo pro­dotto dalla combustione rag­giunse ben presto ogni angolo della miniera. Fin dai primi istanti la gravità dell’incidente e l’impossibilità di trarre in salvo gli eventua­li superstiti apparvero chia­re ai soccorritori. Il 22 agosto, dopo due settimane di diffici­li ricerche, mentre una fumata nera e acre continuava ancora a uscire dal pozzo, uno di loro, riemergendo affranto dalle vi­scere della miniera, sussurrò in italiano: “Tutti cadaveri”. A Marcinelle persero così la vita 262 minatori di diverse nazionalità ma per la maggior parte, 136, italiani. Di questi, 60 erano abruzzesi, di cui quasi la metà dai paesi di Manoppel­lo e Lettomanoppello, in pro­vincia di Pescara. Il ministro dell’Economia bel­ga creò una commissione d’in­chiesta alla quale presero parte due ingegneri del Corpo delle miniere italiane. Anche la Fe­derazione carbonifera belga creò una propria commissione d’indagine. Le inchieste si pro­ponevano di fare “ogni luce” su cosa fosse accaduto nella mi­niera di carbone Bois du Cazier a Marcinelle la mattina dell’8 agosto 1956. Ma nessuna del­le istituzioni mantenne piena­mente le sue promesse.
Da “macaronì” a “copains”
Fu la strage di Marcinelle a far superare i preconcetti sui mi­natori italiani. La tragedia in­fatti accomunò famiglie italia­ne e belghe nello stesso lutto e all’improvviso fu chiaro per tutti come lo sviluppo econo­mico dell’intera nazione bel­ga stesse poggiando anche sul lavoro di molti italiani, schiavi del carbone. Nel 1956, tra i 142.000 lavo­ratori impiegati nelle miniere belghe, 63.000 erano stranieri e, tra questi, 44.000 erano ita­liani. “Il nostro vicino, che non la smetteva mai di insultare mio padre, è venuto da noi piangen­do”, dichiarò in un’intervista il figlio di un minatore. “La comu­nità italiana del Belgio ha pa­gato con il sangue il prezzo del suo riconoscimento”, commen­tò il quotidiano Le Monde. L’impressione della tragedia di Marcinelle trasformò i macaronì in copains, “amici”. Da quel do­lore si avviò il processo di inte­grazione degli italiani in Belgio. Il prezzo pagato per ottenere il riconoscimento della digni­tà degli emigranti italiani fu di 136 vite, consumate in poche ore. Vite perdute per riscattare una dignità propria a ogni esse­re umano. La storia a venire era già pronta a chiudere gli occhi per dimenticare e riproporre lo spaventoso baratto. Nel 2012 la miniera di Marcinelle è stata inserita tra i siti dichiarati Patrimonio dell’U­manità dall’Unesco. Un ricono­scimento, certo, ma soprattutto un monito. Per non dimentica­re gli incidenti sul lavoro che hanno segnato le pagine più buie della storia dell’emigra­zione. (Luigi Dal Cin, "Migranti Press" n. 6 - giugno 2025) [caption id="attachment_62616" align="aligncenter" width="555"]Marcinelle (illustrazione di Cristiano Lissoni)[/caption]

Migranti, campagna “Ero Straniero”: più quote senza tutele aumentano l’irregolarità. Serve permesso per attesa occupazione

22 Luglio 2025 - “Aumentare e programmare le quote d’ingresso è positivo, ma non basta: il sistema dei decreti flussi continua a generare irregolarità, sfruttamento e precarietà. Serve un permesso di soggiorno per attesa occupazione per chi resta senza contratto per cause indipendenti dalla propria volontà”. È l’appello che le organizzazioni promotrici della campagna “Ero Straniero” rivolgono in queste ore ai parlamentari chiamati a esprimere un parere sul Dpcm flussi 2026-2028, approvato in via preliminare il 30 giugno scorso. Secondo l’analisi della campagna, aggiornata a giugno 2025, solo il 20% dei richiedenti del 2023 e appena il 12% di quelli del 2024 ha ottenuto un permesso di soggiorno per lavoro. “Il resto – si legge nel documento – vive in precarietà e senza documenti, a rischio sfruttamento, dopo essere entrato regolarmente con visto ma senza riuscire a formalizzare il contratto”. Una delle poche tutele possibili, il permesso per attesa occupazione, “non viene applicato in modo sistematico”: nel 2023 ne sono stati rilasciati solo 648 (0,49% delle quote), mentre nel 2024 appena 179 (0,12%). “Chiediamo – scrivono i promotori – che ne venga prevista l’applicazione automatica in caso di fallimento della procedura per responsabilità del datore di lavoro, e che venga garantita piena informazione ai lavoratori coinvolti”. “Più quote senza tutele – conclude Ero Straniero – significano più invisibili. Il governo lo sa: non si può continuare a ignorare l’elefante nella stanza dell’irregolarità prodotta dallo stesso sistema dei flussi”. (fonte: SIR)

Caporalato, Cei: nell’anno giubilare “gli imprenditori agricoli abbiano un sussulto di coscienza”

11 Giugno 2025 - La Conferenza episcopale italiana ha reso noto il Messaggio per la 75ª Giornata Nazionale del Ringraziamento che si celebrerà il prossimo 9 novembre sul tema: “Giubileo, rigenerazione della terra e speranza per l’umanità”, firmato dalla Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace. Il Messaggio si sofferma anche sul tema della dignità del lavoro e sulla responsabilità degli imprenditori, invitando a "volgere lo sguardo a tanti fratelli, soprattutto immigrati, che vengono sfruttati nel lavoro dei campi, che non sempre si vedono riconosciuto il giusto salario nel triste fenomeno del caporalato, forme di previdenza, tempi di riposo. L’Anno Giubilare viene anche perché gli imprenditori agricoli che trattano in questo modo gli operai abbiano un sussulto di coscienza e donino speranza a tanti uomini e donne continuamente sfruttati". [caption id="attachment_60437" align="aligncenter" width="1024"]Lavoro Agricoltura (Foto: SIR/Marco Calvarese)[/caption]

Referendum cittadinanza, mons. Perego: “Un segnale negativo del Paese nei confronti degli immigrati”

10 Giugno 2025 - Nessuno dei cinque referendum abrogativi su lavoro e cittadinanza ha raggiunto il quorum previsto, pari al 50 per cento più uno degli elettori perché l'esito sia considerato valido. Secondo Eligendo, portale del ministero dell'Interno, l'affluenza è stata complessivamente intorno al 30,6 per cento degli aventi diritto, pari a oltre 14 milioni di elettori che si sono recati alle urne. Sui 4 referendum riguardanti il mondo del lavoro è prevalso nettamente il "sì", mentre per il referendum sulla cittadinanza i "sì" sono stati il 65,49%. "È un segnale negativo di un Paese nei confronti degli immigrati. Le nostre città, le nostre imprese, le nostre aziende agricole avranno sempre meno persone immigrate che le ameranno, perché si sono sentiti lasciati fuori dalla città: solo lavoratori e non cittadini". Mons. Gian Carlo Perego, presidente della Commissione episcopale per le migrazioni e della Fondazione Migrantes, ha commentato così con Adnkronos l’esito referendario, con particolare riferimento al quesito legato alla cittadinanza che chiedeva ai cittadini di ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza legali in Italia per potere fare domanda di cittadinanza italiana . "Per il referendum della cittadinanza, il più votato, il doppio dei voti è andato per il sì. L’aspetto interessante è che i giovani sono andati a votare". D'altra parte, osserva mons. Perego, "dopo due bocciature della riforma, anche questa bocciatura nei confronti di un aspetto della legge della cittadinanza, sta a indicare un ulteriore involuzione nazionalista del Paese".

Festa dei lavoratori, Cei: fermare la “spirale al ribasso su costo e dignità del lavoro”

1 Maggio 2025 - Nel loro Messaggio per la Festa dei Lavoratori (1° maggio 2025), reso noto il 20 marzo scorso, dal titolo: “Il lavoro, un’alleanza sociale generatrice di speranza”, i vescovi italiani mettono in guardia con preoccupazione dalla "dura legge di gravità della competizione globale per la quale le imprese cercano di localizzarsi laddove i costi (quello del lavoro incluso) sono più bassi. E questo alimenta una spirale al ribasso su costo e dignità del lavoro". E ricordano che "dietro persone formalmente occupate c’è un lavoro povero". Tra queste persone ci sono anche coloro che, arrivate dall’estero, lavorano o vorrebbero lavorare nel nostro Paese: “Un effetto strutturale e fondamentale lo sta esercitando la grave crisi demografica, per la quale vedremo nei prossimi anni uscire dal mercato del lavoro la generazione più consistente, sostituita progressivamente da un numero sempre più ridotto di giovani. Allo stesso tempo, accade qualcosa di paradossale, ossia lo sfruttamento di fratelli immigrati, dimenticando che la loro presenza può costituire un motivo di speranza per la nostra economia, ma solo se verranno integrati secondo parametri di giustizia”. Temi che si ritrovano anche nelle recenti parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo intervento durante la visita all’azienda BSP Pharmaceuticals S.p.a. di Latina, il 29 aprile. Dopo aver ricordato che "il lavoro non può separarsi mai dall’idea di persona, dalla unicità e dignità irriducibile di ogni donna e di ogni uomo. Nessuno deve sentirsi scartato o escluso", il Presidente ha definito come "un grande problema" quello dell'inadeguatezza dei salari. Un fattore che incide anche "sul preoccupante calo demografico, perché i giovani incontrano difficoltà a progettare con solidità il proprio futuro. Resta, inoltre, alto il numero di giovani, con preparazione anche di alta qualificazione, spinti all’emigrazione". A sopperire a tale calo demografico, ha detto Mattarella "non bastano le migrazioni dall’estero, tanto che permane la circostanza che un lavoratore su due tra quelli cercati dalle imprese, permane tra quelli a difficile reperibilità. Peraltro il trattamento dei migranti - con salari che, secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro, risultano inferiori di un quarto rispetto a quelli dei connazionali - se non addirittura con fenomeni scandalosi come il caporalato, va contrastato con fermezza". Il Presidente, infine, ha ribadito che "il carattere della nostra società italiana è a misura della dignità della persona che lavora" e ha ricordato le parole di papa Francesco nel giorno di Pasqua, nel suo ultimo messaggio al mondo: “Non venga mai meno il principio di umanità come cardine del nostro agire quotidiano”.

“Il lavoro come strumento di integrazione”. Un convegno promosso da Co.N.A.P.I. Nazionale e Confintesa

21 Marzo 2025 - “Immigrazione, formazione e accoglienza. Il lavoro come strumento di integrazione”. Il giorno 26 marzo 2025 a partire dalle ore 10:30, in Via della Pisana, 1301 presso la Sala Mechelli del Consiglio Regionale del Lazio, la Fondazione Migrantes interverrà in un convegno organizzato da Co.N.A.P.I. Nazionale e Confintesa. Si approfondirà il ruolo strategico del capitale umano proveniente da Paesi Terzi e il contributo delle organizzazioni datoriali e sindacali nel promuovere un’integrazione lavorativa efficace e inclusiva. Dopo i saluti di Massimo Visconti (presidente CONFINTESA), Antonello Aurigemma (presidente del Consiglio Regionale del Lazio), Basilio Minichiello (presidente Confederazione Nazionale Artigiani e Piccoli Imprenditori - Co.N.A.P.I. Nazionale),  Francesco Prudenzano (Segretario Generale CONFINTESA) e mons. Pierpaolo Felicolo (direttore generale Fondazione Migrantes), interverranno: PRIMA SESSIONE: Immigrazione e lavoro.
  • Antonio Zizza (direttore Centro Studi e Ricerche della Confederazione Nazionale Artigiani e Piccoli Imprenditori - Co.N.A.P.I. Nazionale). Presentazione risultati ricerca “Integrazione e Formazione dei Lavoratori Immigrati”.
  • Simone Varisco (ricercatore e curatore del Rapporto Immigrazione per la Fondazione Migrantes). Un quadro dell’immigrazione in Italia.
  • Andrea De Bonis (Senior Integration Associate UNHCR). Inclusione lavorativa dei rifugiati in Italia: il programma “Welcome. Working for refugee integration” di UNHCR.
  • Cinzia Capone (avvocato specialista in Diritto di famiglia e Diritti dei consumatori). Il ricongiungimento familiare: profili giuridici e impatti sul diritto del lavoro.
  • Eraldo Salvatori (Ceo e founder Deleganoi). Formazione continua: la chiave per lo sviluppo personale degli immigrati e la crescita aziendale.
  • Alessandra Frusciante (dirigente sindacale CONFINTESA). Il ruolo del sindacato nell’integrazione e nelle tutele dei lavori immigrati.
  • Paolo Contini (docente di Sociologia generale, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”). Validazione e certificazione delle competenze.
  • Mirella Giovino (avvocato giuslavorista e responsabile area Lavoro della Confederazione Nazionale Artigiani e Piccoli Imprenditori - Co.N.A.P.I. Nazionale). Inquadramento del personale immigrato nella Contrattazione Collettiva Nazionale.
SECONDA SESSIONE: I Fondi interprofessionali e le prospettive di FORMAINTESA.
  • Pasquale Bacco (medico legale, giornalista scientifico e presidente di FORMAINTESA). La novità di FORMAINTESA e presentazione dei componenti degli organi sociali.
  • Basilio Minichiello (presidente Confederazione Nazionale Artigiani e Piccoli Imprenditori - Co.N.A.P.I. Nazionale). Il ruolo del sindacato datoriale e Fondo interprofessionale.
  • Francesco Prudenzano (segretario generale CONFINTESA). Il ruolo del sindacato dei lavorati e Fondo interprofessionale.
  • Giovanni Galvan (esperto in Politiche attive del lavoro e Fondi interprofessionali). Formazione finanziata e funzionalità dei Fondi interprofessionali.
Modera gli interventi la giornalista Ertilia Giordano.

Si segnala che la registrazione è obbligatoria e dovrà essere effettuata entro domenica 23 marzo 2025 al seguente link: 🔗 https://forms.gle/iNSVTaW8Wt2ydmKx5

Lavoro, Cei: “L’economia e le leggi di mercato non devono passare sopra le nostre teste”

19 Marzo 2025 - "La tutela, la difesa e l’impegno per la creazione di un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, costituisce uno dei segni tangibili di speranza per i nostri fratelli, come papa Francesco ci ha indicato nella Bolla di indizione dell’Anno giubilare (cf. Francesco, Spes non confundit, 12)". La Conferenza episcopale italiana ha reso noto il Messaggio dei Vescovi italiani per la Festa dei Lavoratori (1° maggio 2025) dal titolo: “Il lavoro, un’alleanza sociale generatrice di speranza”. Dopo aver evidenziato criticità ed elementi di speranza, e sottolineato che "la «mano invisibile» del mercato non è sufficiente a risolvere i gravi problemi oggi sul tappeto", i vescovi offrono una riflessione sui meccanismi che insistono sulla qualità e la dignità del lavoro e delle persone che lavorano: "L’economia e le leggi di mercato non devono passare sopra le nostre teste lasciandoci impotenti. Il mercato siamo noi: sia quando siamo imprenditori e lavoratori, sia quando promuoviamo e viviamo un consumo critico". Infine, un passaggio che riguarda anche chi, arrivato dall'estero, lavora o vorrebbe lavorare nel nostro Paese: "Un effetto strutturale e fondamentale lo sta esercitando la grave crisi demografica, per la quale vedremo nei prossimi anni uscire dal mercato del lavoro la generazione più consistente, sostituita progressivamente da un numero sempre più ridotto di giovani. Allo stesso tempo, accade qualcosa di paradossale, ossia lo sfruttamento di fratelli immigrati, dimenticando che la loro presenza può costituire un motivo di speranza per la nostra economia, ma solo se verranno integrati secondo parametri di giustizia".

A Roma, un convegno sui “corridoi lavorativi” per i migranti

6 Marzo 2025 - Venerdì 7 marzo 2025, alle ore 9,30, presso l’Enpam, sala conferenze Museo Ninfeo, Piazza Vittorio Emanuele II, 79 a Roma si terrà il convegno “Italia e immigrazione. I diritti del lavoro e i corridoi lavorativi” promosso dal Movimento cristiano lavoratori (Mcl) e dal Als - Associazione Lavoratori stranieri Mcl. I corridoi lavorativi nascono per formare cittadine e cittadini stranieri residenti in Paesi che non fanno parte del continente europeo, per fornire loro tutti gli strumenti che possano garantire l’ingresso in modo sicuro nel territorio italiano, un lavoro stagionale presso le aziende che hanno aderito al progetto e un inserimento nel contesto socio-economico italiano. Interverrà anche mons. Pierpaolo Felicolo, direttore generale della Fondazione Migrantes. Quello dei corridoi lavorativi, spiega mons. Felicolo, è "un percorso che può aiutare ad aprire le porte dell’Italia e le porte del mondo del lavoro" con "un ingresso sicuro. Il lavoro è importante per tutti, è essenziale per dare dignità alla persona" in una Penisola in cui "esistono anche diverse 'Italie in Italia', che vanno riconosciute e di cui va tenuto conto, andando oltre posizioni ideologiche, e che rappresentano il presente e il futuro del nostro Paese".

Il ruolo delle aziende nell’integrazione socio-economica dei rifugiati in Italia

12 Febbraio 2025 - Il 13 febbraio è in programma dalle ore 9.30 presso la Luiss Business School (Roma, Villa Blanc, Via Nomentana 216) un convegno dal titolo "Il ruolo delle aziende nell'integrazione socio-economica dei rifugiati in Italia" Dopo i saluti di benvenuto degli organizzatore e promotori - Luiss Business School e Pfizer Italia - e la presentazione del position paper sul ruolo delle aziende nell’integrazione economica dei rifugiati, a cura di Francesco Cherubini (Associate Professor di Diritto  Europeo Luiss Guido Carli), è previsto un panel in cui interverranno:
  • Chiara Cardoletti*, Alto Rappresentante per Italia, Vatican e San Marino - UNHCR.
  • Mariacristina Molfetta, Curatrice del Volume Annuale «Il Diritto d'asilo» Fondazione Migrantes.
  • Massimo Visentin, Co-Chair DEICE and Eastern Europe Cluster President Pfizer.
  • Luigi Maria Vignali*, Direttore Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
  • Francesco Reale, Segretario  Generale Fondazione Adecco.
Modera: Maurizio Licordari, Giornalista RAI.

A Bergamo un simposio per i giovani: “Sulle rotte del talento: fuga e futuro”

16 Gennaio 2025 - Sabato 18 Gennaio 2025, dalle ore 16.30, a Bergamo (Sala Ferruccio Galmozzi - Via Torquato Tasso 4), il Gruppo nazionale  dei giovani del Movimento cristiano dei lavoratori (MCL) promuove un'evento pensato per trattare il tema della "fuga dei talenti" verso l'estero: "Simposio sulle rotte del talento: fuga e futuro". Il convegno, introdotto da Francesco Spizzirri, delegato Nazionale dei giovani del Movimento Cristiano Lavoratori, vedrà la partecipazione di Stefano Remuzzi, direttore della Pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Bergamo, Delfina Licata, curatrice del "Rapporto Italiani nel Mondo" della Fondazione Migrantes, e dell’avv.to Francesco Pellò, associato dello studio legale “Toffoletto-De Luca-Tamajo e Soci”. L’obiettivo è quello di approfondire e richiamare l’attenzione sulla grave situazione del lavoro dei giovani in Italia, sempre più costretti ad emigrare all’estero privando l’Italia di prezioso capitale umano. L'evento è a ingresso gratuito, aperto a tutta la cittadinanza. Info: 0302807812 - segreteria@mclbrescia.it  

Migranti, convegno on line su “sfruttamento lavorativo e caporalato”. Interviene anche card. Zuppi

12 Novembre 2024 - C'è un nuovo appuntamento con il percorso di Formazione giuridica della Fondazione Migrantes: lunedì 18 novembre 2024, dalle ore 15.00 alle 18.00. Con il convegno “Migranti e vulnerabilità. Sfruttamento lavorativo e caporalato” si dà continuità al percorso affidato alla prof.ssa Paola Scevi. Il programma: Indirizzi di saluto
  • Mons. Giancarlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes. Mons. Pierpaolo Felicolo, direttore generale della Fondazione Migrantes.
Relazioni
  • 📍 La dignità del lavoro, la disumanità del caporalato. Card. Matteo Zuppi, presidente Conferenza episcopale italiana
  • 📍 Il contrasto ai delitti di schiavitù, servitù e sfruttamento del lavoro. Prof.ssa Paola Scevi, direttrice del Master in Diritto delle migrazioni, SdM Scuola di alta formazione, Università degli Studi di Bergamo.

Per partecipare: https://us06web.zoom.us/j/81984317148?pwd=v29HEJhHhqeRSZ5D5FSE2am6yHgDS5.1 ID riunione: 819 8431 7148 Codice d’accesso: 171274