Tag: Immigrati e rifugiati

Viminale: da inizio anno sbarcate 6.367 migranti sulle coste italiane

17 Marzo 2022 -
Roma - Sono 6.367 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane dall'inizio anno. Di questi 1.518 sono di nazionalità egiziana (24%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Bangladesh (1.241, 20%), Tunisia (870, 14%), Afghanistan (469, 8%), Eritrea (341, 5%), Costa d’Avorio (330, 5%), Siria (277, 4%), Guinea (203, 3%), Sudan (140, 2%), Camerun (131, 2%) a cui si aggiungono 847 persone (13%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione. Il dato è aggiornato alle 8 dei questa mattina ed è stato diffuso dal Ministero dell'Interno.  

Maxi-naufragi in Libia e alle Canarie

15 Marzo 2022 -

Milano - Più di 60 persone morte in mare nelle ultime ore. Più di 100 in sette giorni. L’ultimo naufragio di cui abbiamo notizia risale al 12 marzo scorso: almeno 20 le persone che hanno perso la vita. A darne notizia, ancora una volta è Alarm Phone, l’unica 'voce' parlante dei disperati che fuggono dalle violenze e dall’orrore per raggiungere l’Italia, la Spagna o Malta. Potrebbe essere quell’imbarcazione di cui non si aveva più notizia. E di cui avevano chiesto informazioni diversi parenti delle persone partite. L’allarme era scattato tre giorni fa. «Sono morte mentre cercavano di raggiungere l’Europa» sottolinea la Ong. L’imbarcazione su cui viaggiavano si è capovolta: sono 19 dispersi e una vittima accertata. A bordo c’erano in tutto «23 migranti egiziani e siriani» e sono state salvate solo tre persone, precisa il sito Middle East Eye citando una organizzazione non governativa e confermando le informazioni circolate lo scorso fine settimana.

«Sono vittime del sistema delle frontiere. Bisogna creare canali sicuri e legali di accesso all’Europa per evitare ulteriori tragedie. Per tutti i profughi corridoi umanitari safepassage » scrive su Twitter la Ong Mediterranea Saving Humans.  «Non so per quanto tempo i nostri giovani rischieranno la vita. È affondata una barca nella regione libica di Ras Bayad, con a bordo 23 migranti. Chiedo al governo di adottare più misure che proteggano i nostri giovani» ha scritto sempre sui social Mustafa Bakri, un membro del Parlamento egiziano. Almeno altre 44 persone sono morte, nelle ultime ore, lungo l’altra rotta molto pericolosa: quella delle Canarie, di fronte al Marocco. Anche 3 donne e 2 neonati hanno perso la vita nel naufragio al largo di Tarfaya, in Marocco. Lo comunica l’Ong spagnola “Caminando Fronteras”. I 61 migranti a bordo volevano raggiungere le Canarie. La stessa Ong ha rivelato che nel 2021 sono state ben 4.404 vittime rilevate alla frontiera euro-africana occidentale. L’ Osservatorio dei Diritti nelle Frontiere ha riportato che 83 imbarcazioni sono scomparse con persone a bordo. Tra le vittime accertate, 4.175 sono morte attraversando la frontiera e 229 sono scomparse, 628 erano donne e 205 bambini e bambine. Rispetto al 2020, le morti sono aumentate del 102.95%.

Tragedia sfiorata invece nell’Egeo: 101 persone sono state salvate dalla guardia costiera turca in balia del mare e bloccati da un’avaria dell’imbarcazione su cui si avvicinavano all’isola greca di Paros. Il salvataggio dei migranti, molti dei quali afghani, è avvenuto nelle acque al confine del territorio greco delle Cicladi, arcipelago del Mar Egeo, in seguito a una segnalazione giunta da un peschereccio che ha fornito le coordinate di un’imbarcazione alla deriva. In base a quanto reso noto dalla Guardia Costiera turca i migranti erano diretti in Italia.

Intanto ad Augusta, nel Siracusano, sono sbarcati ieri i 111 migranti che si trovavano a bordo della nave Ong Geo Barents, tra loro anche 52 minori. La nave di Medici senza frontiere li aveva soccorsi in due distinte operazioni nel Mediterraneo. «Finalmente l’attesa è finita – commentano i medici umanitari –. Hanno bisogno di assistenza e cure». A bordo della nave c’erano infatti minori non accompagnati in fuga, bambini di appena 4 mesi «che hanno dovuto rischiare la vita in mare, donne e uomini che hanno subito violenze in Libia».

Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni, almeno 192 migranti hanno perso la vita lungo la rotta del Mediterraneo centrale nei primi due mesi del 2022 e più di 2.930 sono stati intercettati e riportati in Libia. Sono invece complessivamente 5.474 le persone che hanno raggiunto l’Italia, via mare, da inizio anno. La maggior parte di loro è partita dalla Libia (3.799) altri mille (per l’esattezza 1.077) sono invece partiti dalla Tunisia. Nel 2021 almeno 32.425 migranti sono stati intercettati e rimpatriati in Libia. Secondo l’Oim, è ipotizzabile che almeno 1.553 persone siano annegate l’anno scorso. «È necessario continuare a mantenere viva l’attenzione sull’emergenza umanitaria nel Mediterraneo – sottolinea Flavio Di Giacomo, portavoce Oim Mediterraneo –. I migranti continuano a rischiare la vita in mare, mentre chi è riportato in Libia diventa spesso vittima di una detenzione arbitraria e inumana e rischia di subire nuove violenze». (Daniela Fassini - Avvenire)

“Mare monstrum”: incontro a Verona con il card. Montenegro

3 Marzo 2022 -

Verona -“Mare Monstrum” è il titolo dell’incontro con il card. Francesco Montenegro, già presidente della Fondazione Migrantes , membro del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, che si svolgerà martedì 8 marzo alle ore 20.30 presso il teatro dell’Opera don Calabria a Verona (via san Zeno in Monte 23, Verona) e in diretta youtube sul canale dei Martedì del mondo. L’evento è promosso da Fondazione Nigrizia, Centro missionario diocesano, Cestim, ProgettoMondo, Ufficio Migrantes, Missio Cum, Missionarie comboniane Italia e fa parte del ciclo di incontri e dibattiti su temi di attualità dei Martedì del mondo. Sono infatti 1.864 le persone morte nel mar Mediterraneo lo scorso anno, un numero sicuramente sottostimato. Il Mediterraneo, affermano i promotori, è “diventato un mostro che inghiotte le persone migranti che tentano di attraversarlo”, “specchio di un’Europa, continente dell’indifferenza, dei muri e dell’ipocrisia, capace di accogliere solo quando chi migra appartiene a confini più vicini, a volti più bianchi”.

Ucraina: oltre 100mila i rifugiati in Romani dall’inizio della crisi

2 Marzo 2022 - Roma - Dall'inizio della crisi in Ucraina sono stati 105.452 i rifugiati a varcare la frontiera verso la Romania, secondo il quotidiano cotidianul.ro. Molti hanno già lasciato la Romania per raggiungere i propri familiari sparsi in vari Paesi dell'Europa occidentale, ma molti altri sono rimasti ricevendo la straordinaria solidarietà della popolazione romena che, soprattutto nelle città in prossimità delle frontiere, sta garantendo in tutti i modi assistenza. Secondo l'alto commissario dell'Onu per i rifugiati, Kelly Clements, circa 677.000 persone hanno abbandonato l'Ucraina a meno di una settimana dall'inizio della guerra. Per l'Unicef la metà di questi rifugiati sono bambini.

Libia: 99 rifugiati portati in Italia

2 Marzo 2022 -

Roma - Un gruppo di 99 migranti rifugiati e richiedenti asilo vulnerabili è stato evacuato nella notte scorsa dalla Libia con un volo umanitario, il primo del 2022, organizzato dall’Agenzia dell’Onu per i rifugiati (Unhcr) in collaborazione con il ministero degli Interni, la Farnesina e l’Istituto nazionale per la migrazione e la povertà (Inmp). Le persone evacuate nella notte provengono da Eritrea, Etiopia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen e molte di loro hanno trascorso lunghi periodi di privazioni ed hanno bisogno urgente di assistenza. I rifugiati, dopo 10 giorni di quarantena come previsto dai protocolli per l’emergenza Covid, saranno trasferiti in strutture del Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) a carico del Ministero dell’Interno e distribuite su tutto il territorio nazionale. I voli di evacuazione dalla Libia verso l’Italia, che erano stati sospesi da oltre due anni, hanno portato in salvo oltre 1.100 rifugiati dal 2017 ad oggi.

Ucraina: in 680mila hanno lasciato il Paese

2 Marzo 2022 -

Roma - Un “esercito” di invisibili. Che prova, in tutti i modi, a sfuggire all’orrore della guerra. Secondo una stima dell’Onu, sono un milione gli sfollati interni in Ucraina. «C’è stata molta attenzione su coloro che fuggono nei Paesi vicini, ma è importante ricordare che la maggior parte delle persone colpite si trova in Ucraina», ha spiegato una funzionaria dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, Karolina Lindholm Billing. C’è chi ha poi scelto di abbandonare il Paese, cercando rifugio superando il confine. Sono almeno 680mila: oltre 400mila sono entrati in Paesi Ue, la maggior parte in Polonia, Ungheria, Slovacchia e Romania. «I numeri stanno crescendo in modo esponenziale. Sono passati solo sei giorni dall’inizio del conflitto », ha detto

da Ginevra la portavoce dell’Agenzia dell’Onu per i rifugiati (Acnur- Unhcr), Shabia Mantoo, assicurando che l’Onu sta mobilitando le risorse necessarie per rispondere più rapidamente ed efficacemente possibile all’emergenza. «Di questo passo, con un aumento così esponenziale, la situazione è destinata a diventare la più grande crisi dei rifugiati in Europa dall’inizio del secolo », ha aggiunto. «In arrivo quattro milioni di rifugiati dall’Ucraina, non lasciamo soli i Paesi che accolgono »: è l’accorato appello lanciato dall’Alto commissario Filippo Grandi in una lettera aperta al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Mentre la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson ha parlato di «cinque milioni di profughi»: «L’Onu parla di prepararsi a cinque milioni di persone e penso sia il numero a cui dovremmo prepararci».

Ambrosini: accogliere insieme i profughi

2 Marzo 2022 -

MIlano - Di fronte al precipitare degli eventi in Ucraina sta crescendo una mobilitazione diffusa all’insegna della solidarietà internazionale. Oltre all’invio di aiuti sul posto, l’accoglienza dei profughi è salita in primo piano. Nessuno sembra più contrapporre la solidarietà verso i rifugiati alla solidarietà interna, verso i cittadini bisognosi. Molti si sono accorti che ogni guerra, e in maggior misura quelle contemporanee, coinvolge le popolazioni civili. Oltre alle vittime sul campo, i conflitti provocano ondate di fuggiaschi. Si tratta in gran parte di donne con bambini e anziani, perché gli uomini se intercettati vengono fermati e spinti a tornare indietro per combattere. Si parla già di cifre comprese tra i 300 e i 500mila profughi oltre frontiera. Se ne prevedono fino a 7 milioni. In gran parte sono stati accolti nei Paesi confinanti, ma alcuni cominciano ad arrivare anche in Italia.

Sembrano di fatto sospese le convenzioni di Dublino, quelle che obbligano il primo Paese europeo di ingresso nella Ue a farsi carico dell’accoglienza dei rifugiati, esonerando gli altri. Il fatto che ora in prima linea si trovino diversi Stati dell’Europa Orientale, così riottosi a farsi carico degli obblighi umanitari verso altri profughi arrivati via mare o rotta balcanica, non ha finora provocato reazioni 'vendicative'. I Paesi del gruppo di Visegrad hanno aperto i confini, e gli altri si dichiarano pronti a loro volta ad accogliere quote di profughi: le emozioni in questi giorni gonfiano le vele dell’accoglienza. I profughi ucraini sono bianchi, europei, di tradizione cristiana, vittime di un’aggressione manifesta. Tutti fattori che dispongono le opinioni pubbliche in loro favore.

Ora però è il momento di trasformare lo slancio benintenzionato in azione politica: la crisi ucraina potrebbe finalmente condurre a una revisione delle convenzioni di Dublino, non a una mera sospensione. Con quattro obiettivi. Primo: condividere gli obblighi di accoglienza tra tutti i partner europei, concordando un sistema di quote-Paese a breve termine. Secondo: accordare ai rifugiati che non torneranno in patria il diritto di scegliere il Paese in cui desiderano costruire il proprio futuro. Terzo: aiutare chi vuole rientrare in Ucraina a reinsediarsi in patria con ragionevoli prospettive di ritorno alla normalità. Quarto (e decisivo): estendere queste misure a tutti i rifugiati, di tutte le guerre, non soltanto a coloro che in questo particolare momento appaiono ben accetti. L’azione politica non riguarda però soltanto i governi, ma dovrebbe saldarsi con l’ospitalità diffusa. Gli enti locali, la società civile e le comunità ecclesiali debbono fare rete per accogliere persone e famiglie sul territorio, in maniera dignitosa e fraterna, evitando che debbano languire in deprimenti campi profughi. Negli anni 90 del Novecento, al tempo della guerra nella ex Jugoslavia, una Ue più piccola dell’attuale accolse circa un milione di profughi, l’Italia 77.000. La migliore prova che allora l’accoglienza nel complesso riuscì bene consiste nel fatto che oggi quasi nessuno se ne ricorda più: quando l’immigrazione viene integrata nel tessuto sociale scompare dai radar. Ora, al cospetto dei profughi ucraini, siamo chiamati tutti a ripetere la stessa prova di impegno umanitario di quegli anni, non gli errori e le strumentalizzazioni di questi ultimi.

Il caso dei profughi ucraini ha, poi, una peculiarità, che andrebbe valorizzata. In Italia risiedono 236mila cittadini ucraini (Istat, dato 2020), a cui vanno aggiunte 18.639 istanze di emersione nella sanatoria del 2020 nell’ambito del lavoro domestico su 176.848 totali: prima nazionalità dell’elenco. Questo giornale (Avvenire, ndr), con un articolo di Fulvio Fulvi, ha già dato voce all’angoscia delle madri immigrate nel nostro paese per i figli coinvolti nel conflitto. Il legame di tante famiglie italiane con queste persone potrà rappresentare un incentivo a costruire esperienze locali di buona accoglienza. Rendendo loro stesse protagoniste, e mediatrici, dell’incontro con i rifugiati e con le loro domande. In tempi di crisi delle vecchie ideologie e di declino, purtroppo, della partecipazione religiosa, le emozioni crescono d’importanza, anche in fatto di solidarietà. Sono una risorsa, ma rischiano di attenuarsi e poi di svanire con il tempo. Partiamo, da qui, da questo spirito solidale di oggi, per inaugurare, in Europa e in Italia, una nuova politica dell’accoglienza dei rifugiati. (Maurizio Ambrosini - Avvenire)

Reggio Calabria: oggi la presentazione di “Emigrazione e immigrazione in Calabria” di mons. Denisi

28 Febbraio 2022 -
Reggio Calabria - "Emigrazione e immigrazione in Calabria – Storia, cultura, dimensioni del fenomeno" è il titolo di uno dei tre nuovi volumi di mons. Antonino Denisi che sarano presentati oggi a Reggio Calabria su iniziativa della diocesi di Reggio Calabria - Bova, della Deputazione di storia patria per la Calabria e dell'Archivio diocesano. L’incontro sarà aperto dalla presentazione del professor Giuseppe Caridi, presidente della Deputazione di storia patria per la Calabria. Interverranno, inoltre, Maria Pia Mazzitelli, direttrice dell’Archivio storico diocesano, padre Gabriele Bentoglio, direttore dell’Ufficio Migrantes e Caterina Borrello, docente dell’Istituto superiore di Scienze religiose. Don Pietro Sergi, vicario episcopale per la Pastorale della cultura modererà l’incontro a concludere il quale sarà l’intervento dell’arcivescovo metropolita di Reggio Calabria - Bova, mons. Fortunato Morrone.
 "L’arcidiocesi di Reggio Calabria – Vescovi clero e parrocchie", "Emigrazione e immigrazione in Calabria – Storia, cultura, dimensioni del fenomeno" e "Santità religiosità e pietà popolare nella Chiesa reggina" (Reggio Calabria, Laruffa Editore, 2021) raccolgono gli scritti che il sacerdote, per anni impegnato nella pastorale Migrantes, nell’arco di tanti anni ha prodotto come storico della Chiesa reggina e studioso delle migrazioni dal sud Italia e con particolare attenzione e minuzia da e per la Calabria. La collana Colligite Fragmenta, della quale fanno parte i tre libri, non è altro che la cospicua raccolta di oltre cento studi effettuata nel corso degli anni dal sacerdote-giornalista reggino, decano del Capitolo metropolitano. Mons. Denisi ha messo insieme, scritti e relazioni pubblicati, a distanza di decenni, su saggi o su riviste e giornali ed ora raccolti in questa corposa pubblicazione, composta da tre volumi. Autore di numerose pubblicazioni, il novantunenne sacerdote reggino ha ricoperto nel corso dei suoi quasi settant’anni di sacerdozio diversi incarichi. È stato non solo parroco, ma anche segretario particolare del vescovo mons. Aurelio Sorrentino, prima a Potenza e poi a Reggio Calabria. È stato, inoltre, titolare della cattedra di teologia morale presso l’Istituto superiore di Scienze religiose di Reggio Calabria. Ha ricoperto numerosi incarichi di responsabilità a servizio della Chiesa reggina. È stato anche direttore Migrantes. "Gente come lui è una testimonianza di quella tradizione senza cui non c’è futuro", scrive nella prefazione alla trilogia Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio. I volumi, ha avuto modo di dire lo stesso Denisi, sono dedicati alla Chiesa, "sposa bella che ho amato e servito con amore filiale per la lunghezza dei giorni che l’eterno mi ha donato, ai migranti calabresi e a quelli di tutte le patrie" e alla «nobile Chiesa reggina, ai suoi pastori e al Popolo santo di Dio che ho cercato di servire con la parresia della mente e del cuore, perché risplenda nei secoli la gloria della sua santità".

Incontro sul Mediterraneo: 49 i rifugiati che incontrerà domenica Papa Francesco

25 Febbraio 2022 - Firenze -  Papa Francesco domenica sarà a Firenze per concludere, con una celebrazione eucaristica, l'Incontro dei vescovi e sindaci del Mediterraneo promosso dalla Cei. Prima della celebrtazione eucaristica incontrerà a Palazzo Vecchio 49 rifugiati provenienti da Afghanistan, Etiopia, Siria, Somalia, Costa d'Avorio, Eritrea e Nigeria, Repubblica democratica del Congo, Gana e Mali. Rifugiati oggi inseriti nei percorsi di accoglienza e integrazione. Sono state selezionati, è stato spiegato, per la loro diversa esperienza di accoglienza in città. Tra loro ci saranno Mohamad Anosh e la moglie Reha, entrambi afgani, chirurgo pediatrico lui, attivista per i diritti umani lei: in Italia con le due figli, che vanno a scuola, hanno ottenuto lo status di rifugiati. Anche Mohammad Azreakhsh incontrerà il Papa: afgano, tecnico informatico, è arrivato in Italia con la famiglia alla quale è stato riconosciuto lo status di rifugiato. Joseph, giovane nigeriano, ha affrontato un viaggio di un anno e cinque mesi passando dalla Libia, per raggiungere l'Italia. "Al Papa dirò che gli voglio bene e che lo ringrazio per quello che fa perché ha aiutato questo mondo e i migranti che lasciano il loro Paese. Lui ha fatto tante cose per gli umani e sono molto contento di incontrarlo domenica", ha detto Joseph, rifugiato nigeriano di 28 anni arrivato in Italia  nel 2015.

Ucraine in Italia: la voce delle badanti, temiamo per i nostri figli

25 Febbraio 2022 - Roma - Sono circa 160mila le donne venute dall’Ucraina per lavorare nelle famiglie italiane come colf o baby-sitter oppure per assistere anziani e malati non autosufficienti. Si tratta del 15% degli stranieri impiegati nel settore domestico (con contratti o irregolari) in Italia, soprattutto nelle regioni del Nord e del Centro. Una parte consistente (il 76,6%) dei 236mila ucraini residenti nel nostro Paese. Badanti, età media 50 anni, che vivono perlopiù nel domicilio dell’assistito o da sole. Storie diverse ma simili di emigranti che lavorano per inviare i soldi a casa e dare un futuro ai figli (141 milioni di euro le rimesse nel primo semestre 2021). Ludmilla, 55 anni, fa le pulizie in appartamenti nel quartiere Rubattino a Milano e arriva da Cernivci, nella zona a Sud-Ovest dell’Ucraina, vicino al confine con la Romania: è terrorizzata anche se lì la situazione sembra per il momento abbastanza tranquilla. Il marito e i due figli ormai adulti vivono e lavorano nel loro Paese: avrebbero dovuto raggiungerla fra qualche giorno per trascorrere insieme, in Italia, le festività pasquali ma anche le frontiere con la Polonia e la Romania sono chiuse e le automobili non possono passare. Aerei e treni non possono partire. «La mia vita è spezzata in due – afferma – e i miei cari in queste ore sono presi dall’angoscia, soprattutto di notte, per paura dei bombardamenti, anche se lì la guerra sembra ancora lontana». È disperata e non sa darsi una spiegazione di quello che succede in Ucraina: «Ma cosa vogliono? La Russia e l’Occidente si sono presi già tutto... ». La speranza, per lei e per gli altri cittadini ucraini che si trovano in Italia, è che si possa raggiungere al più presto un accordo politico internazionale che allontani il rischio di altri morti e distruzioni. Sonia, 60 anni, è collaboratrice domestica in una famiglia di Bologna, è stravolta, piange e non riesce quasi a parlare. Si trova in uno stato di ansia scoppiato all’improvviso, quando ieri mattina ha saputo dalla televisione dell’attacco delle truppe russe al suo Paese: il marito, la figlia e la sorella invalida abitano alla periferia di Kiev e le hanno detto in una breve telefonata che sentono i colpi dell’artiglieria che si avvicinano alla città. «Prima tornavo due volte l’anno a casa, l’ultima è stata a dicembre per la seconda dose del vaccino anti-Covid, e adesso non so quando potrò riabbracciarli» commenta. Sonia ha lasciato trent’anni fa la sua casa sulla riva del fiume Dnepr per andare a lavorare come collaboratrice domestica prima in Portogallo poi in Francia e Germania e infine in Italia, dove dice di trovarsi benissimo: «In Ucraina di lavoro non ce n’è ma io dovevo portare i soldi a casa per far studiare mia figlia, che è stata cresciuta dalla nonna, e per far curare mia sorella malata». Sacrifici ripagati. «Ma adesso, con la guerra, ho paura che tutto quello che abbiamo realizzato possa crollare». Andrea Zini, presidente di Assindatcolf, l’associazione nazionale dei datori di lavoro domestico, ha espresso intanto «forte vicinanza al popolo ucraino che con grande dedizione e sacrificio da anni si occupa dei nostri anziani e delle nostre case». «La guerra è il più grande disastro e la più grande pazzia che l’uomo può fare – sostiene don Igor Krupa, parroco della comunità ucraina di Milano, che si riunisce nella chiesa ortodossa di Largo Corsia de’ Servi – noi facciamo parte di quella generazione che la guerra la vede solo dai filmati ma in Ucraina la guerra c’è dal 2014: nel Donbass non hanno mai smesso di sparare e tanti ragazzi hanno continuato a morire». Don Igor racconta di una «grandissima preoccupazione che si respira nella sua numerosa comunità costituita da famiglie con figli nati in Italia e da tante donne venute nel capoluogo lombardo per lavorare con il sogno di ritornare un giorno in Ucraina, dove vivono i loro parenti. A Prato la comunità cattolica ucraina di rito bizantino è guidata da don Nicola Dzudzar: una sessantina di persone. Di solito si ritrovano in preghiera due giorni alla settimana nella chiesa di Santa Margherita, all’angolo con piazza Mercatale. «Ogni celebrazione termina con un inno religioso, il cui incipit è “O grande Signore unico proteggi l’Ucraina” – afferma don Nicola -. Un’invocazione alla protezione divina, per il Paese, il popolo, la nazione, la Chiesa e i fedeli. Una preghiera quanto mai adatta in questo periodo». Pregare per la pace in Ucraina, oggi alle 21 in Duomo, con la recita del rosario: un’iniziativa, spontanea e nata dal basso, accolta con favore dal vescovo di Prato Giovanni Nerbini. Preghiere speciali sono state organizzate per la comunità ucraina anche a Firenze, nella chiesa dei Santi Simone e Giuda, dal parroco don Volodymyr Voloshyn, e a Pisa, in San Pierino. Manifestazioni di cittadini ucraini contro la guerra organizzate anche nelle piazze di Genova, Milano, Pescara e Bari. (Fulvio Fulvi - Avvenire)

Tavolo asilo e immigrazione, “si accolgano i profughi della guerra”

24 Febbraio 2022 -
Roma - “Facciamo appello al nostro governo e all’Ue affinché le persone costrette a fuggire trovino le frontiere europee aperte e accessibili e affinché si predisponga con urgenza un piano europeo d’accoglienza con una suddivisione equa tra i Paesi membri. Per evidenti ragioni l’Ucraina va subito cancellata dall’elenco dei cosiddetti Paesi di origine sicuri”. Lo chiede il Tavolo asilo e immigrazione, che riunisce le principali organizzazioni laiche e cattoliche che si occupano di accoglienza, esprimendo “sgomento e preoccupazione per quel che sta succedendo in queste ore in Ucraina, in particolare per la sorte delle popolazioni civili coinvolte”. “D’altronde – commentano – se non si lavora per costruire la pace, ma si alimentano confronti muscolari e si aumentano le spese militari, il risultato non può che essere tragico”. “Siamo convinti che l’unica strada da perseguire sia quella della diplomazia – affermano -. In seguito ai bombardamenti e alle violenze migliaia di persone sono in fuga e cercheranno protezione”. “Non possiamo e non vogliamo accettare nessuna ipotesi di chiusura di fronte alle vittime di una guerra scoppiata nel cuore dell’Europa e che i nostri governi troppo poco hanno fatto per scongiurare”, concludono.

Ex migrante alla guida della diocesi Charleston

23 Febbraio 2022 - Città del Vaticano - E un ex migrante, originario di Haiti, il nuovo vescovo di Charleston, negli Stati Uniti. Si trata di mons. Jacques E. Fabre, nominato ieri da Papa Francesco. Nato il 13 novembre 1955 a Port-au-Prince (Haiti), emigrato a New York City, ha frequentato la Saint John's University a Jamaica (New York) e il Saint Michael's College a Toronto (Canada). Dopo essere entrato nella congregazione dei missionari di San Carlo (scalabriniani), ha svolto gli studi ecclesiastici presso la Catholic Theological Union a Chicago e successivamente ha studiato alla Pontificia Università Urbaniana a Roma. È stato ordinato sacerdote il 10 ottobre 1986 nella Diocesi di Brooklyn, Nel 1990 e 1991 è stato anche cappellano dei rifugiati a Guantanamo, Cuba. Si tratterebbe del primo titolare di una diocesi americana originario di Haiti.

Mediterraneo frontiera di pace: parte da Santa Croce il dialogo

21 Febbraio 2022 - Firenze - I preparativi sono in corso da tempo, ma è stata la conferenza stampa di sabato 19 febbraio, ospitata nel Cenacolo della Basilica di Santa Croce, ad inaugurare ufficialmente il conto alla rovescia per il grande incontro sul Mediterraneo 2022, organizzato a Firenze tra il 23 e il 27 febbraio. Gli ispiratori dell’iniziativa, il Presidente della CEI, card. Gualtiero Bassetti, il Vicepresidente della CEI, mons. Antonino Raspanti, il Sindaco di Firenze  Dario Nardella e l’arcivescovo di Firenze, il card. Giuseppe Betori, hanno svelato i dettagli di un programma intenso, che, come ricordato con  dal sindaco, vedrà la partecipazione, tra gli altri, dei Ministri di Interno ed Esteri, del Presidente del Consiglio, dei vertici di IOM e UNHCR, sino alla giornata finale, quando Papa Francesco ascolterà le conclusioni del confronto e celebrerà la Messa in Santa Croce, alla presenza del Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Come ha spiegato il card. Betori, Firenze ospiterà due incontri, il convegno “Mediterraneo frontiera di pace” dei Vescovi dei Paesi mediterranei e il Forum dei Sindaci delle principali città che affacciano sul Mediterraneo: i tavoli si svolgeranno paralleli sugli stessi temi, cultura, emergenza sociale e sanitaria, ambiente e migrazioni, per convergere, alla fine, in una Carta di Firenze. Se la spinta all’incontro proviene dalle minacce che sfidano l’intera regione, quali le catastrofi causate dal riscaldamento globale e le disuguaglianze acuite dalla pandemia, il proposito è rivitalizzare il dialogo tra le sponde del Mare Nostrum, ragionare insieme, tenendo unite la visuale istituzionale e quella spirituale, e fissare i valori che dovranno ispirare in futuro le relazioni e l’approccio alle difficoltà comuni. La migrazione non potrà non essere al centro: perché il Mediterraneo ne è sempre stato un teatro naturale, ma, ancor più, perché da troppo tempo è diventato lo sfondo del suo volto peggiore, della migrazione ostacolata, respinta, disperata. Sarà Papa Francesco, una volta ancora, a ricordare a tutti questa centralità: il cuore del suo passaggio a Firenze sarà l’incontro con un gruppo di rifugiati accolti in città. (Livia Cefaloni)

Guterres (Onu): 50.000 migranti morti nel mondo negli ultimi 7 anni

18 Febbraio 2022 -
Roma - Negli ultimi sette anni sono morti nel mondo almeno 50.000 migranti e “il numero attuale è sicuramente più alto. Dietro ogni numero c’è un essere umano. Sono morti mentre cercavano di raggiungere ciò che tutti desideriamo: opportunità, dignità e vita migliore. Le loro morti sono una vergogna collettiva”. Lo ha detto António Guterres, segretario generale dell’Onu, in apertura della riunione sul Patto globale per migrazioni sicure, regolari e disciplinate. “Prevenire la perdita di vite umane, anche tramite soccorsi in mare – ha sottolineato – è un imperativo umanitario e un obbligo morale e legale. Che siano migrazioni volontarie o forzate, formalmente autorizzate o no, tutti gli esseri umani devono essere rispettati nei diritti e nella dignità. Dobbiamo eliminare il traffico di esseri umani, dobbiamo porre fine allo sfruttamento della vulnerabilità”. Guterres ha ricordato che l’80% della popolazione che migra lo fa in maniera ordinata e regolare. “Ma la migrazione non regolamentata continua a comportare un terribile costo umano – ha osservato -. I grandi flussi migratori oggi sono gestiti essenzialmente da trafficanti di esseri umani. E questo è del tutto inaccettabile. Questi criminali derubano le persone dei loro diritti fondamentali, rubano i loro sogni e causano seri problemi in molti Paesi del mondo. Con donne e ragazze prese di mira ancora e ancora”. L’unico modo “per spezzare la morsa di contrabbandieri e trafficanti – ha sottolineato – è stabilire percorsi per la migrazione regolare in stretta collaborazione tra i Paesi di origine e quelli di destinazione. Dobbiamo proteggere meglio i migranti in situazioni vulnerabili, compresi quelli colpiti dai disastri e dalla crisi climatica. E dobbiamo espandere e diversificare percorsi basati sul diritto alla migrazione regolare, per affrontare le carenze del mercato del lavoro e promuovere gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Dobbiamo fare di più per garantire che i rimpatri e le riammissioni siano sicuri, dignitosi e nel pieno rispetto degli obblighi previsti dal diritto internazionale”.

Viminale: da inizio anno sbarcate 4.263 persone sulle coste italiane

16 Febbraio 2022 -
Roma - Sono 4.263 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane da inizio anno. Di questi 1.186 sono di nazionalità bengalese (28%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Egitto (755, 18%), Tunisia (596, 14%), Costa d’Avorio (236, 5%), Eritrea (194, 5%), Guinea (138, 3%), Pakistan (102, 2%), Sudan (93, 2%), Afghanistan (91, 2%), Camerun (76, 2%) a cui si aggiungono 796 persone (19%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione.I l dato è stato diffuso dal ministero degli Interni, considerati gli sbarchi rilevati entro le 8 di questa mattina.

Accoglienza: la fondazione “Città della Pace” nomina presidente il Premio Nobel Jody Williams

11 Febbraio 2022 - Potenza - La Fondazione "Città della Pace per i Bambini Basilicata", impegnata nell'accoglienza di migranti e rifugiati,  ha come presidente il Premio Nobel per la Pace 1997, Jody Williams. Il premio Nobel - informa oggi la Fondazione - "ha accettato l'invito di assumere la presidenza della Fondazione Città della Pace per i Bambini Basilicata" che dal 2012 ad oggi ha accolto oltre 800 rifugiati e richiedenti asilo nei progetti realizzati insieme ai suoi partner" e che "ha svolto attività di sensibilizzazione per oltre mille studenti in tutta Italia, dalle scuole primarie fino alle Università". Jody Williams che ha voluto fortemente la fondazione - che succede alla fondatrice morta nel marzo 2020 - ha sottolineato che mettersi "nei panni Betty Williams come presidente della Fondazione Città della Pace non sarà facile. Ma so che con il sostegno di tutti, saremo in grado di lavorare insieme per continuare a portare avanti il progetto e continuare ad accogliere in modo compassionevole i bambini e le loro famiglie. Non vedo l'ora di farlo. Parafrasando le parole di Betty: la compassione senza l'azione è irrilevante". Appena possibile, in base alla situazione del Covid-19, Jody Williams sarà in Basilicata per insediarsi nella sua carica di Presidente ed inaugurare l'Abitazione per la Pace, un progetto ideato da Betty Williams che attualmente già accoglie i rifugiati provenienti dal Corridoio umanitario Caritas e realizzato su disegno dell'archistar Mario Cucinella grazie al supporto finanziario di due imprenditori illuminati: Pasquale Natuzzi e Nicola Benedetto".

Un confine che non c’è più ma non per chi ci muore

11 Febbraio 2022 -

Ancora due morti alla frontiera tra Italia e Francia nel tentativo di varcare il muro invisibile eretto ormai sette anni fa. Morti che sono un pugno nello stomaco perché quel muro tra Paesi membri nell’Europa libera e senza confini non ci dovrebbe più essere.  Aveva solo 15 anni Ullah Rezwan Sheyzad, il cui corpo è stato ritrovato il 26 gennaio a Salbertrand, in alta Val di Susa, vicino ai binari della Torino-Modane. Marciava lungo la linea ferroviaria quando è stato travolto da un treno. Forse si è distratto per un istante fatale. O forse era stanco per il lungo viaggio e ha ceduto. Era lì da chissà quanto tempo, lo hanno identificato grazie alle impronte digitali. Fuggiva dall’Afghanistan, lasciato prima della presa del potere dei taleban. Aveva avuto dalla famiglia 6mila dollari per pagare i passeur e attraverso la rotta balcanica è arrivato in Italia ai primi di novembre. Il confine non è impenetrabile, chi può permettersi un passaggio in auto o in furgone da un passeur riesce ad attraversarlo. Il muro ferma i poveri come Ullah. Lui sapeva che in Europa poteva viaggiare solo a piedi perché non aveva green pass e soldi per i trafficanti. Quando la polizia italiana lo ha fermato il 3 novembre e portato in una comunità in Carnia ha detto all’interprete che doveva rimettersi in marcia. Così ha attraversato a piedi il Nord e non si è fermato nemmeno al rifugio Fraternità Massi di Oulx, ampliato il 26 dicembre scorso, a cambiarsi abiti e scarpe. Troppa fretta di raggiungere a Parigi la sorella per poter aiutare la sua famiglia.

Nello zainetto hanno trovato una batteria portatile per ricaricare il cellulare, una felpa e i biglietti con i numeri di telefono di afghani a Parigi, la sua destinazione. Ullah ci ha infilato anche la sua adolescenza troppo breve, come fecero tanti italiani che emigravano un secolo fa dal Nord Italia per andare in Francia, passando anche per questa valle. Ma la sua tragica storia è simile anche a quella di tanti minori non accompagnati scomparsi o perduti. Poteva legittimamente chiedere protezione Oltralpe e arrivare in sicurezza a destinazione, chissà se era stato informato. Forse sapeva che la polizia francese non guarda troppo per il sottile. L’anno passato sono stati oltre 24mila i respingimenti registrati in tutto il confine italofrancese secondo i dati del Ministero dell’Interno, il 13% in più rispetto al 2020 e il 46% in più del 2019. Respingimenti spesso indiscriminati, sostengono le associazioni umanitarie. A nessuna di queste persone, spesso nemmeno ai minori come Ullah, le autorità francesi consentono di presentare domanda di asilo, come avrebbero diritto, da opporre al rifiuto di ingresso attraverso un esame. Perché senza rifiuto cade anche la possibilità di presentare ricorso e così non si perde tempo né si spendono soldi. Queste vite non valgono granché, evidentemente. Il primo febbraio a Ventimiglia un altro migrante ha perso la vita su una linea ferroviaria alla frontiera italo francese. Un uomo che non è stato possibile identificare stava cercando di raggiungere Mentone a tutti i costi nascosto sopra il treno, nel pantografo, ma è morto fulminato a Latte, vicino alla meta, come un condannato sulla sedia elettrica. Lo hanno trovato carbonizzato, semi disintegrato. Chissà se sapremo mai chi era, quanti anni aveva, se aveva una famiglia, una madre che lo possa piangere.

La sospensione del Trattato di Schengen scattata in Francia nel 2015 doveva durare al massimo due anni, per le persone migranti è diventata la norma. Ma non possiamo abituarci alla morte di un bambino di 15 anni in viaggio come a quella di un uomo folgorato come una zanzara sulla griglia elettrica. È arrivato il tempo di rispondere alla richiesta di dignità umana per chi è profugo e si fa migrante scandita dal presidente Mattarella, combattendo il traffico di esseri umani anche entro i nostri confini. Sia data finalmente la possibilità di chiedere asilo in Francia e nella Ue a chi ne ha diritto. Oltretutto in terre che vantano di essere culla di diritti civili. E ai minori soli si garantisca il diritto elementare di ricongiungersi ai famigliari, come prevede la normativa internazionale, per evitare altre tragedie. Non possiamo continuare a lasciare, a Salbertrand come a Ventimiglia, fiori in memoria di viaggiatori che troppi dimenticheranno subito, e che ora nessuno fermerà più. (Paolo Lambruschi)

Vescovi Australia a Governo: accogliamo un numero maggiore di profughi afghani”

10 Febbraio 2022 - Sydney -- "L'entità della crisi umanitaria in Afghanistan richiede la creazione urgente di ulteriori posti di accoglienza per i profughi. Ecco perché i Vescovi, insieme ad altri membri dell'Alleanza cattolica per le persone in cerca di asilo (CAPSA) e molti altri gruppi e organizzazioni, chiedono ancora una volta che il governo accolga almeno altre 20 mila persone, oltre alle 15 mila già previste”. E’ l’appello lanciato dal Vescovo di Parramatta, Mons. Vincent Long Van Nguyen,  presidente della Commissione per la giustizia sociale, la missione e il servizio, in seno alla Conferenza episcopale dell’Australia. I Vescovi cattolici australiani chiedono espressamente alle istituzioni del Paese di impegnarsi a garantire accoglienza ad un maggior numero di profughi afghani, in uno sforzo nazionale di solidarietà.. L’appello - riferisce l’agenzia Fides, è stato lanciato dopo che il governo federale ha annunciato di voler dare asilo, nei prossimi quattro anni, a 15.000 persone in fuga dall’Afghanistan, soprattutto tra coloro che avevano collaborato all’interno dei programmi umanitari australiani. Mons. Long Van Nguyen ha definito la scelta positiva, ma non sufficiente: “Questa iniziativa del governo rappresenta una buona notizia, ma ha dei limiti, perché i posti previsti sono destinabili solo a ricongiungimenti familiari o a visti umanitari preesistenti. Dobbiamo accrescere la nostra compassione in senso pratico, non semplicemente adeguare le priorità all'interno dei piani esistenti”. L’annuncio del provvedimento di accoglienza è stato dato nei giorni scorsi dal ministro federale dell'immigrazione Alex Hawke, che ha precisato come il governo avrebbe aperto le porte agli afgani con legami con l'Australia: sono coinvolti, ad esempio, ex dipendenti locali o lavoratori di organizzazioni non governative australiane, nonché a donne e minoranze etniche o sociali. La notizia è giunta poco dopo il rilascio di un rapporto della Commissione per gli Affari Esteri, la Difesa e il Commercio del Senato, secondo cui il governo australiano non sarebbe riuscito a sostenere migliaia di interpreti e altri afgani che hanno rischiato la vita aiutando le forze di difesa australiane. Secondo quanto riportato da fonti locali, il Dipartimento degli affari interni avrebbe già ricevuto più di 32.500 domande per conto di oltre 145.000 afgani in fuga. Fin dai primi momenti dell’ingresso dei talebani a Kabul, nell’agosto 2021, la Chiesa australiana si era espressa in favore dell’accoglienza dei profughi. In particolare, Mons. Mark Benedict Coleridge, Arcivescovo metropolita di Brisbane e Presidente della Conferenza episcopale australiana, aveva affermato: "Già diverse volte, in passato, l'Australia si è fatta avanti per rispondere a grandi crisi umanitarie: alla luce di questo esorto il governo a essere generoso anche in questo caso. Le realtà cattoliche sono pronte ad assistere le istituzioni nel reinsediamento dei rifugiati. E’ nostro dovere morale, inoltre, rimanere accanto a coloro che, negli anni, hanno sostenuto le forze militari australiane, come interpreti o altri fornitori, che molto probabilmente subiranno rappresaglie per ciò che hanno fatto”.

Viminale: da inizio anno sbarcate 3.053 persone migranti sulle coste italiane

7 Febbraio 2022 -
Roma - Sono 3.053 le persone migranti sbarcate sulle coste italiamne da inizio anno. Il dato è stato diffuso dal ministero degli Interni, considerati gli sbarchi rilevati entro le 8 di questa mattina. Dei nuovi arrivati 904 sono di nazionalità bengalese (30%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Egitto (584, 19%), Tunisia (400, 13%), Eritrea (182, 6%), Costa d’Avorio (173, 6%), Guinea (110, 4%), Pakistan (98, 3%), Afghanistan (91, 3%), Sudan (87, 3%), Camerun (73, 2%) a cui si aggiungono 351 persone (11%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione. Fino ad oggi sono stati 298 i minori stranieri non accompagnati ad aver raggiunto il nostro Paese via mare.

Papa Francesco: pensare ad una seria politica migratoria

7 Febbraio 2022 - Roma - Una ampia conversazione su varie tematiche quella di ieri sera nella trasmissione "Che tempo che fa" tra il conduttore Fabio Fazio e papa Francesco. Non sono mancate le domande sui migranti e il papa non ha fatto mancare le sue risposte.  "Ci sono lager nella Libia", "dobbiamo pensare alla politica migratoria" e l'Europa deve farlo insieme, "l'Unione europea deve mettersi d'accordo" evitando che l'onere ricada solo su alcuni Paesi come "l'Italia e la Spagna", ha detto ricordando le sofferenze dei migranti che attraversano il Mediterraneo, "ormai diventato un cimitero", per sfuggire alle guerre e alla fame. E allora non bisogna girarsi dall'altra parte. Per  Papa Francesco occorre "toccare le miserie e il toccarle ci porta all'eroicità, penso a medici e infermieri che hanno toccato il male durante la pandemia e hanno scelto di stare lì. Il tatto è il senso più pieno". "Toccare - ha spiegato - è farsi carico dell'altro".