Tag: Papa Francesco

Papa Francesco: “davanti ai volti di chi emigra, non possiamo tacere, non possiamo girarci dall’altra parte”

9 Dicembre 2021 - Città del Vaticano - "Il mio augurio per Cipro è che sia sempre un laboratorio di fraternità, dove l’incontro prevalga sullo scontro, dove si accoglie il fratello, soprattutto quando è povero, scartato, emigrato. Ripeto che davanti alla storia, davanti ai volti di chi emigra, non possiamo tacere, non possiamo girarci dall’altra parte". Papa Francesco torna sul tema dei migranti ricordando il suo recente viaggio a Cipro e in Grecia dove ha anche voluto tornare a Lesbo per visitare i migranti nel campo. "A Cipro, come a Lesbo, ho potuto guardare negli occhi questa sofferenza: per favore, guardiamo negli occhi gli scartati che incontriamo, lasciamoci provocare dai visi dei bambini, figli di migranti disperati. Lasciamoci scavare dentro dalla loro sofferenza per reagire alla nostra indifferenza; guardiamo i loro volti, per risvegliarci dal sonno dell’abitudine!". è stato l'appello del pontefice che ha ringraziato per l'accoglienza ricevuta in questo 35mo viaggio internazionale. Anche in Grecia  "ho ricevuto un’accoglienza fraterna. Ad Atene ho sentito di essere immerso nella grandezza della storia, in quella memoria dell’Europa: umanesimo, democrazia, sapienza, fede. Anche lì ho provato la mistica dell’insiemenell’incontro con i fratelli Vescovi e la comunità cattolica, nella Messa festosa, celebrata nel giorno del Signore, e poi con i giovani, venuti da tante parti, alcuni da molto lontano per vivere e condividere la gioia del Vangelo. E ancora, ho vissuto il dono di abbracciare il caro Arcivescovo ortodosso Ieronymos: prima mi ha accolto a casa sua e il giorno seguente è venuto a trovarmi. Custodisco nel cuore questa fraternità", ha detto il Pontefice. (R.Iaria)

Papa Francesco: “Se non risolviamo il problema dei migranti rischiamo di far naufragare la civiltà”

7 Dicembre 2021 - Città del Vaticano – “Se non risolviamo il problema dei migranti rischiamo di far naufragare la civiltà”. Lo ha detto ieri pomeriggio papa Francesco nella consueta conferenza stampa sull’aereo che lo riportava a Roma dopo il viaggio a Cipro e in Grecia. Il pontefice ammonisce chi alza muri e fili spinati: “se avessi davanti un governante che impedisce l’immigrazione con la chiusura delle frontiere e con i fili spinati gli direi: pensa al tempo in cui tu fosti migrante e non ti lasciarono entrare, volevi scappare… Ma i governi devono governare e se arriva un’ondata migratoria non si governa più? Ogni governo deve dire chiaramente quanti migranti può ricevere, è un suo diritto, ma allo stesso tempo i migranti vanno accolti, accompagnati, promossi”, ha detto il papa.  Se un governo “non può fare questo deve entrare in dialogo con altri Paesi. La Ue deve costruire armonia per la distribuzione dei migranti. In Europa non c’è una linea comune. I migranti vanno integrati: perché se non integri il migrante, questo maturerà una cittadinanza di ghetto. E avrai un guerriero”, ha aggiunto papa Francesco rispondendo ad una domanda. Certo, non è facile. I rappresentanti dei governi europei devono mettersi d’accordo. E se uno Stato manda indietro un migrante nel suo Paese allora deve integrarlo là, non lasciarlo sulla costa libica”. (R.Iaria)

Viaggio papa Francesco: oggi preghiera con i migranti a Cipro e domenica visita a Lesbo

3 Dicembre 2021 - Città del Vaticano - Continua oggi il viaggio di Papa Francesco - il 35mo viaggio internazionale dall'inizio del suo pontificato - a Cipro e Grecia. Oggi giornata intensa: nel pomeriggio presiederà una preghiera ecumenica con i migranti a Cipro. Domenica, in Grecia, visiterà nuovamente l’isola di Lesbo con sua beatitudine Ieronymos II arcivescovo di Atene e nella quale era stato già nel 2016 anche con il patriarca ecumenico Bartolomeo I, per dare un chiaro segno che l’aiuto per i migranti e per i rifugiati è una grande sfida ecumenica, che necessita di una comune collaborazione. Una tappa, preceduta ieri da due incontri con migranti e rifugiati, prima della partenza, che ha un grande significato in questo particolare momento storico. (Raffaele Iaria)

La Domenica del Papa: sognate e “guardate al futuro con coraggio”

22 Novembre 2021 - Città del Vaticano - È la domenica che conclude l’anno liturgico e la nostra riflessione si concentra sulla figura di Gesù come re dell’universo. Il quarto Vangelo ci offre una descrizione di una delle scene del processo romano nella narrazione di Giovanni: il primo colloquio tra Pilato e Gesù. Il racconto inizia con le parole: “rientrò nel pretorio e fece chiamare Gesù”. Cosa stava accadendo? Pilato entra e esce dalla scena, nel racconto giovanneo, per parlare con Gesù e per ascoltare, fuori, ciò che i giudei hanno da dirgli. C’è come una separazione netta tra Gesù e il popolo che lo ha seguito, lo ha accolto, acclamato, e ora lo condanna. Pilato, dunque, torna dentro il pretorio e pone subito la domanda chiave della narrazione: sei tu il re dei giudei? Sembra quasi incredulo, come a dire: ma vi sembra questo un re. Ecco la diversità che appare subito, perché Gesù è un re certamente singolare: possiede sì un regno ma è molto diverso dai regni di questo mondo; non ha il potere mondano, non cerca la gloria terrena, l’applauso della gente. Esercita la sua regalità in modo diverso; è trattato come uno schiavo, è torturato, flagellato. Nella sua nudità ha una corona fatta di spine e il suo trono è la croce. Ma è proprio in quella debolezza, fragilità, e nell’obbedienza al Padre che si manifesta la sua forza. “Egli non viene per dominare, ma per servire”, dice papa Francesco all’Angelus. “Non arriva con i segni del potere, ma con il potere dei segni. Non è rivestito di insegne preziose, ma sta spoglio sulla croce. Ed è proprio nell’iscrizione posta sulla croce che Gesù viene definito ‘re’. La sua regalità è davvero al di là dei parametri umani! Potremmo dire che non è re come gli altri, ma è re per gli altri”. Quando la folla lo acclamava re si nascondeva, ora “dice di essere re nel momento in cui la folla è contro di lui” afferma ancora il vescovo di Roma. “Gesù si dimostra, cioè, sovranamente libero dal desiderio della fama e della gloria terrena”. Così Francesco domanda: “sappiamo imitarlo in questo? Sappiamo governare la nostra tendenza a essere continuamente cercati e approvati, oppure facciamo tutto per essere stimati da parte degli altri? In quello che facciamo, in particolare nel nostro impegno cristiano, mi domando: cosa conta? Contano gli applausi o conta il servizio”. Una libertà, quella di Gesù, che viene dalla verità, ci dice il Papa; “è lui stesso che fa la verità dentro di noi, ci libera dalle finzioni, dalle falsità che abbiamo dentro, dal doppio linguaggio. Stando con Gesù, diventiamo veri. La vita del cristiano non è una recita dove si può indossare la maschera che più conviene”. È un re che libera il cuore “dall’ipocrisia, lo libera dai sotterfugi, dalle doppiezze. La miglior prova che Cristo è il nostro re è il distacco da ciò che inquina la vita, rendendola ambigua, opaca, triste”. Con Gesù “non si diventa corrotti, non si diventa falsi, inclini a coprire la verità. Non si fa doppia vita”. Domenica inizio del cammino verso la Giornata della gioventù del 2023 a Lisbona. Nell’omelia in san Pietro, si sofferma sulle letture, Daniele e l’Apocalisse, e sulle parole “viene con le nubi”, per dire che “il Signore che viene dall’alto e non tramonta mai, è colui che resiste a ciò che passa, è la nostra eterna incrollabile fiducia. È il Signore. Questa profezia di speranza illumina le nostre notti”. Così invita i giovani a “alzare lo sguardo da terra, verso l’alto, non per fuggire, ma per vincere la tentazione di rimanere stesi sui pavimenti delle nostre paure. Non rimanere rinchiusi nei nostri pensieri a piangerci addosso”. Compito affascinante “stare in piedi mentre tutto sembra andare a rotoli; essere sentinelle che sanno vedere la luce nelle visioni notturne; essere costruttori in mezzo alle macerie; essere capaci di sognare”. Francesco li ringrazia perché sono “capaci di portare avanti i sogni con coraggio, per quando non smettete di credere nella luce anche dentro le notti della vita, per quando vi impegnate con passione per rendere più bello e umano il nostro mondo”. Dice loro ancora grazie “per quando coltivate il sogno della fraternità, per quando avete a cuore le ferite del creato, lottate per la dignità dei più deboli e diffondete lo spirito della solidarietà e della condivisione”. Sognate e “guardate al futuro con coraggio”. (Fabio Zavattaro – SIR)

Papa Francesco al Centro Astalli: “governi incapaci di gestire la mobilità umana, no a muri e ritorno in luoghi non sicuri”

16 Novembre 2021 - Roma - “La storia in questi ultimi decenni ha dato segni di un ritorno al passato: i conflitti si riaccendono in diverse parti del mondo, nazionalismi e populismi si riaffacciano a diverse latitudini, la costruzione di muri e il ritorno dei migranti in luoghi non sicuri appaiono come l’unica soluzione di cui i governi siano capaci per gestire la mobilità umana”. Lo scrive Papa Francesco nel saluto introduttivo alla mostra fotografica “Volti al futuro” organizzata dal Centro Astalli nella chiesa di Sant’Andrea al Quirinale a Roma, in occasione del 40° anniversario della nascita dello stesso Servizio fondato da P. Pedro Arrupe.  La mostra, inaugurata oggi fino al 28 novembre, rappresenta venti ritratti di rifugiati accolti al Centro Astalli e realizzati da Francesco Malavolta.  Il Papa si rivolge nella lettera direttamente ai rifugiati che in questi ultimi 40 anni sono arrivati in Italia, ricordando che il numero 40 “nella Bibbia, è un numero significativo che ha molti rimandi” come “il popolo di Israele che per 40 anni cammina nel deserto, prima di entrare nella terra della promessa”. E anche gli ultimi 40 anni “della storia dell’umanità non sono stati un progredire lineare: il numero delle persone costrette a fuggire dalla propria terra è in continua crescita”. “Molti di voi – dice il Papa – sono dovuti scappare da condizioni di vita assimilabili a quelle della schiavitù, dove alla base c’è una concezione della persona umana deprivata della propria dignità e trattata come un oggetto. Conoscete quanto può essere terribile e spregevole la guerra, sapete cosa significhi vivere senza libertà e diritti, assistete inermi mentre la vostra terra inaridisce, la vostra terra inaridisce, la vostra acqua si inquina e non avete altra possibilità se non quella di mettervi in cammino verso un luogo sicuro in cui realizzare sogni, aspirazioni, in cui mettere a frutto talenti e capacità”. Eppure allo stesso tempo, prosegue, “voi cari rifugiati siete segno e volto di speranza. C’è in voi l’anelito a una vita piena e felice che vi sostiene nell’affrontare con coraggio circostanze concrete e difficoltà che a molti possono sembrare insormontabili”. Una speranza che “ci fa guardare con fiducia al futuro sognando di poter vivere insieme come popolo libero perché solidale, che sa riscoprire la dimensione comunitaria della libertà, come popolo unito, non uniforme, variegato nella ricchezza delle differenti culture”.  

La Domenica del Papa: dare e fidarsi

8 Novembre 2021 - Città del Vaticano - Ci sono due verbi che vanno messi in primo piano nelle letture di questa domenica: dare, dare tutto, e fidarsi. Ecco allora l’immagine della vedova narrata da Marco che fa la sua offerta. Ricordiamo: siamo nel tempio di Gerusalemme, il cammino verso la città santa, così come lo abbiamo vissuto in questo tempo liturgico, si è concluso. La donna, la vedova, diventa simbolo di uno stile che non bada alle apparenze ma che vive della sostanza dei gesti, anzi della forza dei gesti. Cosa accade, dunque nel tempio. Da un lato ci sono gli scribi che amano avere i primi posti nelle sinagoghe e nei banchetti: “divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere”, leggiamo nel Vangelo. Poi ecco arrivare la donna che lascia cadere, nel cesto delle offerte, “due monetine che fanno un soldo”. Un gesto che ci pone di fronte a un evento che diventa icona per la vita della chiesa, e ci chiede di guardare nella mano, non per contare l’obolo, ma per capirne la natura. Ecco così il primo verbo: dare. Quella donna ha lasciato in offerta non una parte ma tutto il suo avere; avrebbe potuto tenersi una delle due monete e invece se ne priva. Ecco il secondo verbo: fidarsi. Come la donna, la vedova, del brano della prima lettura tratta dal Libro dei Re che si fida della parole del profeta Elia. Il gesto della vedova, dice Papa Francesco all’Angelus, è un invito a “liberare il sacro dai legami con il denaro”; la donna non teme di donare tutto ciò che ha “perché ha fiducia nel tanto di Dio”. Il gesto della vedova è icona per la chiesa, ma, se vogliamo, anche sintesi, in un certo senso, della terza enciclica di papa Benedetto XVI, che, nella Caritas in veritate, scrive: “solo nella verità la carità risplende e può essere autenticamente vissuta. La verità è luce che da senso e valore alla carità […] Senza verità, la carità scivola nel sentimentalismo. L’amore diventa un guscio vuoto da riempire arbitrariamente”. Il brano di Marco ci mette di fronte a due figure diverse: il discepolo giusto, lo stile di vita corretto agli occhi di Gesù; e l’altro, lo scriba, che ostenta la sua religiosità, forse non crede nemmeno a ciò che compio, ma lo fa solamente per avere un riconoscimento dagli altri, per essere indicato come colui che è in prima fila. Questi danno il superfluo, la vedova tutto il poco che ha. Gesù in questo modo mette in guardia dal peccato di “vivere la fede con doppiezza”, e invita a “guardarsi dagli ipocriti, cioè stare attenti a non basare la vita sul culto dell’apparenza, dell’esteriorità, sulla cura esagerata della propria immagine e, soprattutto, a non piegare la fede ai nostri interessi”. Quegli scribi, afferma ancora il vescovo di Roma, “usavano la religione per curare i loro affari, abusando della loro autorità e sfruttando i poveri”. Atteggiamento brutto, dice il Papa, che vediamo in tanti posti e luoghi: “il clericalismo”, il male di essere “ sopra gli umili, sfruttarli, bastonarli, sentirsi perfetti”. Un monito per tutti, chiesa e società: “mai approfittare del proprio ruolo per schiacciare gli altri, mai guadagnare sulla pelle dei più deboli”. A questi, ecco che si contrappone l’immagine della vedova con le sue due monetine. Nella società ebraica dell’epoca, insieme agli orfani, le vedove erano tra le categorie più sfortunate: non solo dovevano sopportare il dolore di una perdita, ma non potevano nemmeno trovare sostegno materiale nell’eredità del consorte. La vedova narrata da Marco, dunque, in silenzio, senza clamore e senza ostentazione, non dà il superfluo, ma “tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”. In questo modo diventa maestra, e con quel gesto insegna il dono totale, l’affidarsi nelle mani di Dio senza trattenere nulla per se”. Non è, allora, ciò che gli uomini notano, non è l’apparenza che Dio guarda, ma il cuore. L’immagine della vedova e del suo obolo, sono messaggio contro l’ipocrisia, medicina, dice Francesco, per guarire da questa malattia, la doppiezza. Il denaro, infine, è “un padrone che non dobbiamo servire”. La vedova non frequenta il tempio “per mettersi la coscienza a posto, non prega per farsi vedere, non ostenta la fede, ma dona con il cuore”. Le due monetine “esprimono una vita dedita a Dio con sincerità, una fede che non vive di apparenze ma di fiducia incondizionata”; una fede “interiormente sincera” fatta “di amore umile per Dio e per i fratelli”. (Fabio Zavattaro - SIR)

Papa Francesco visiterà l’isola di Lesbo

5 Novembre 2021 - Città del Vaticano - "Come annunciato, Papa Francesco si recherà a Cipro dal 2 al 4 dicembre prossimi, visitando la città di Nicosia, e in Grecia dal 4 al 6 dicembre, visitando Atene e l’isola di Lesvos". La conferma, questa mattina, del direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni. Il Papa  si recherà nei Paesi su "invito delle Autorità civili ed ecclesiastiche locali", spiega Bruni.

Cei: la sicurezza e la dignità della vita umana reclamano rispetto sempre e per tutti

25 Ottobre 2021 -
Roma - La Presidenza della CEI fa proprie le parole pronunciate da Papa Francesco ieri, 24 ottobre, dopo la preghiera dell’Angelus, e rivolge al Paese e all’Unione europea un appello affinché siano posti in atto interventi efficaci, capaci di garantire il rispetto dei diritti umani e la tutela della persona.
Accogliere, proteggere, promuovere e integrare – verbi indicati dal Papa – restano la bussola da seguire per affrontare la questione migratoria e trovare soluzioni adeguate a un dramma che continua a mietere vittime e infliggere sofferenze. Si tratta di una situazione che non può essere più ignorata. Per questo, la Presidenza, assicurando che la Chiesa italiana, alla luce dell'enciclica “Fratelli tutti”, proseguirà nella sua intensa opera in favore degli ultimi, auspica che anche la Comunità internazionale si faccia carico dei bisogni dei migranti e dei profughi, perché nessuno sia più costretto a fuggire dalla propria terra e a morire nei viaggi verso un futuro migliore. Solo ascoltando il grido degli ultimi si potrà costruire un mondo più solidale e giusto per tutti.
Il Mediterraneo deve tornare ad essere culla di civiltà e di dialogo, nello spirito della fratellanza già incoraggiato nel secolo scorso da Giorgio La Pira, nel cui ricordo i Vescovi dei Paesi che si affacciano sul Mare Nostrum si ritroveranno – per iniziativa della CEI - a Firenze, dal 23 al 27 febbraio 2022, per riflettere sul tema della cittadinanza. In Libia, ha ricordato il Papa ieri, “ci sono dei veri e propri lager”. La sicurezza e la dignità della vita umana reclamano rispetto sempre e per tutti. La Presidenza CEI chiede di non volgere più lo sguardo altrove e invita tutte le comunità cristiane a unirsi alla preghiera di Papa Francesco.
Presidenza della Cei

GMMR: il tweet del Papa

26 Settembre 2021 - Città del Vaticano - "A tutti gli uomini e le donne del mondo va il mio appello a camminare insieme verso un noi sempre più grande, a ricomporre la famiglia umana, per costruire assieme il nostro futuro di giustizia e di pace, assicurando che nessuno rimanga escluso". Lo ha scritto questa mattina papa Francesco in un tweet sull’account Pontifex in occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato.

Papa Francesco: non chiudiamo le porte ai migranti e alle loro speranze

26 Settembre 2021 - Città  del Vaticano - Nel dopo Angelus di questa mattina Papa Francesco ha ricordato che oggi la Chiesa celebra la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. "E’ necessario camminare insieme, senza pregiudizi, senza paure, ponendosi accanto a chi è più vulnerabile, migranti, rifugiati, sfollati, vittime della tratta e abbandonati", ha etto il Pontefice aggiungendo che "siamo chiamati a costruire un mondo sempre più inclusivo che non escluda nessuno". Papa Francesco ha quindi salutato "quanti nelle varie parti del mondo stanno celebrando questa giornata", i fedeli riuniti a Loreto per l’iniziativa nazionale promossa dalla Commissione Cei per le Migrazioni e dalla Fondazione Migrantes. E ancora un saluto ed un ringraziamento  alle diverse comunità  etniche presenti  in piazza con le loro bandiere". E poi un saluto ai rappresentanti del progetto ’Apri’ di Caritas Italiana, alla  Migrantes della diocesi di Roma e al Centro Astalli: "Grazie a tutti per il vostro impegno generoso". E poi, a conclusione, l'invito ai fedeli presenti in piazza a recarsi presso il monumento, all’interno del colonnato del Bernini, dedicato ai migranti e inaugurato dal Papa qualche anno fa. "Prima di lasciare la piazza - ha detto papa Francesco -  vi invito a avvicinarsi a quel monumento" e a soffermarsi alla barca con i migranti e "sullo sguardo di quelle persone" e "cogliere in quello sguardo la speranza che oggi ha ogni migrante di ricominciare a vivere. Andate a vedere quel monumento. Non chiudiamo le porte alla loro speranza".

La domenica del Papa: la logica dell’amore umile

13 Settembre 2021 - Città del Vaticano - C’è la storia d’Ungheria nella piazza dove Papa Francesco celebra la conclusione del 52mo Congresso eucaristico internazionale, prima di raggiungere la Slovacchia, trentaquattresimo viaggio internazionale. Il monumento ricorda, nelle statue lungo il colonnato, i sette capi tribù che hanno dato vita alla nazione ungherese, i cinque membri della dinastia degli Asburgo; su quella piazza nel giugno del 1989 si è svolta una cerimonia per commemorare Imre Nagy, ucciso nel 1958 dalla repressione sovietica. Sempre su questa piazza Giovanni Paolo II, al termine della celebrazione per la festa di Santo Stefano patrono d’Ungheria, rivolse un appello per la liberazione del segretario generale del Pcus, Michail Gorbaciov, recluso in una località segreta dopo un tentativo di colpo di stato. Il Papa chiedeva di non fermare il processo iniziato da Gorbaciov. Su questa piazza papa Francesco parla all’Europa, in un tempo difficile, per il vecchio continente. Parla della croce e, citando l’inno del Congresso eucaristico, si rivolge così agli ungheresi: “per mille anni la croce fu colonna della tua salvezza, anche ora il segno di Cristo sia per te la promessa di un futuro migliore”. La croce come “ponte tra il passato e il futuro”; invito a “radicarci bene”; croce che “innalza ed estende le sue braccia verso tutti: esorta a mantenere salde le radici, ma senza arroccamenti; a attingere alle sorgenti, aprendoci agli assetati del nostro tempo. L’augurio di Francesco: “che siate così: fondati e aperti, radicati e rispettosi”. Parole che esprimono accoglienza, attenzione all’altro, nella nazione che ha come primo ministro Viktor Orbàn capofila del sovranismo, fautore di politiche, soprattutto in materia di accoglienza, certo non in sintonia con le idee del Papa, oltre che dell’Europa comunitaria. Ancora, incontrando i rappresentanti del Consiglio ecumenico delle Chiese – c’è anche il patriarca ortodosso Bartolomeo – delle comunità ebraiche, decimate dall’odio nazista, Francesco evoca “la minaccia dell’antisemitismo, che ancora serpeggia in Europa e altrove. È una miccia che va spenta. Ma il miglior modo per disinnescarla è lavorare in positivo insieme, è promuovere la fraternità”. Angelus davanti a centomila persone, invito a seguire “la logica di Dio” che non è ricerca del successo personale, ma servizio agli altri, è lasciare che Gesù “risani le nostre chiusure e ci apra alla condivisione, ci guarisca dalle rigidità e dal ripiegamento su noi stessi”, è seguire la croce che “estende le sue braccia verso tutti”. Cristo “pane spezzato” che “si lascia spezzare, distribuire, mangiare”. Per salvarci “si fa servo; per darci vita, muore”. Angelus nella domenica in cui il Vangelo ci descrive l’inizio del cammino di Gesù da Cesarea di Filippo, nell’estremo nord del territorio della Palestina, verso Gerusalemme, il luogo del compimento delle scritture; un pellegrinaggio che, per la prima volta, annuncia segnato da sofferenze, morte, rifiuto, il venerdì seguito dalla domenica di resurrezione. Marco ci racconta la reazione di Pietro, tipicamente umana: quando si profila la croce, la prospettiva del dolore, l’uomo si ribella. E Pietro, dopo aver confessato la messianicità di Gesù, si scandalizza delle parole del Maestro e tenta di dissuaderlo dal procedere sulla sua via. La croce non è mai di moda, ma “guarisce dentro”. È davanti al Crocifisso che sperimentiamo una benefica lotta interiore, l’aspro conflitto tra il “pensare secondo Dio” e il “pensare secondo gli uomini”. Da un lato, c’è la logica di Dio, che è quella dell’amore umile. La via di Dio rifugge da ogni imposizione, ostentazione, da ogni trionfalismo, è sempre protesa al bene altrui, fino al sacrificio di sé. Dall’altro lato c’è il “pensare secondo gli uomini”: è la logica del mondo, della mondanità, attaccata all’onore e ai privilegi, rivolta al prestigio e al successo. La differenza, per Francesco, “non è tra chi è religioso e chi no”, ma “tra il vero Dio e il dio del nostro io. Quanto è distante colui che regna in silenzio sulla croce dal falso dio che vorremmo regnasse con la forza e riducesse al silenzio i nostri nemici! Quanto è diverso Cristo, che si propone solo con amore, dai messia potenti e vincenti adulati dal mondo!”. Gesù scuote le “nostre chiusure”, ci apre “alla condivisione”, guarisce le nostre rigidità. (Fabio Zavattaro - Sir)    

Papa Francesco incontra un gruppo di rifugiati

7 Settembre 2021 - Città del Vaticano - Papa Francesco incontra un gruppo di rifugiati. L'incontro è avvenuto iera sera nell'Aula paolo VI. "Terminata la proiezione del film-documentario “Francesco”, organizzata dal regista e dalla Fondazione Laudato si', il Santo Padre ha raggiunto l’Atrio dell’Aula Paolo VI e si è intrattenuto con le circa 100 persone, senzatetto e rifugiati, invitate a vedere il film", ha detto il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni. Tra di loro erano presenti una ventina di persone giunte dall’Afghanistan nelle ultime settimane, a cui il Papa "ha rivolto parole di affetto e di conforto". Al termine gli organizzatori dell'evento hanno "distribuito a tutti un pacco alimentare".

La domenica del Papa: la guarigione del cuore comincia dall’ascolto

6 Settembre 2021 - Città del Vaticano - Effatà, apriti. Gesù ha lasciato Tiro e si trova a Sidone, territorio della Decàpoli, “verso il mare di Galilea”, luogo abitato da pagani. Il Vangelo di questa domenica si apre con questa breve introduzione di carattere geografico; in questo modo Marco ci dice che siamo ancora in un territorio di non credenti, e anche l’uomo, un sordomuto, che viene portato al Papa per chiederne la guarigione, è, con molta probabilità, un pagano. Un uomo gravemente colpito nella sua dimensione comunicativa, incapace, cioè, di ascoltare e di parlare. Menomazione fisica, che ha anche una “particolare valenza simbolica”, immagine, forse, del non credente incapace di ascoltare la Parola e nell’impossibilità di portarla agli altri. Commentando il brano del Vangelo, papa Francesco, affacciandosi in piazza San Pietro, per il consueto appuntamento domenicale della preghiera mariana, ricorda che c’è una “sordità interiore”, la “sordità del cuore”, che è ancora più grave di quella fisica, che, dice il Papa, “oggi possiamo chiedere a Gesù di toccare e risanare”. Benedetto XVI utilizzava l’immagine del deserto, e diceva che il deserto più profondo “è il cuore umano, quando perde la capacità di ascoltare, di parlare, di comunicare con Dio e con gli altri. Si diventa allora ciechi perché incapaci di vedere la realtà; si chiudono gli orecchi per non ascoltare il grido di chi implora aiuto; si indurisce il cuore nell’indifferenza e nell’egoismo”. Ecco la parola straordinaria che cambia la storia: effatà, cioè apriti. “Tutti abbiamo gli orecchi, ma tante volte non riusciamo ad ascoltare. Perché?”, si chiede il Papa. È “quella sordità interiore”, cioè “la sordità del cuore”. Siamo presi “dalla fretta, da mille cose da dire e da fare, non troviamo il tempo per fermarci ad ascoltare chi ci parla. Rischiamo di diventare impermeabili a tutto e di non dare spazio a chi ha bisogno di ascolto: penso ai figli, ai giovani, agli anziani, a molti che non hanno tanto bisogno di parole e di prediche, ma di ascolto”. Per questo, afferma ancora Francesco, Gesù ha sì toccato la lingua del sordomuto, ma prima ha toccato gli orecchi. Di qui la domanda che rivolge ai presenti, domanda “per tutti noi, ma in modo speciale per i preti, per i sacerdoti: “come va il mio ascolto? Mi lascio toccare dalla vita della gente, so dedicare tempo a chi mi sta vicino per ascoltare?”. Prima “ascoltare, poi rispondere”, cioè praticare l’apostolato dell’orecchio, come ha affermato più volte Francesco. Quindi rivolgendosi ai preti il Papa dice: “il sacerdote deve ascoltare la gente, non andare di fretta, ascoltare, e vedere come può aiutare, ma dopo avere sentito”. Poi guarda alla vita in famiglia, e dice: “quante volte si parla senza prima ascoltare, ripetendo i propri ritornelli sempre uguali! Incapaci di ascolto, diciamo sempre le solite cose, o non lasciamo che l’altro finisca di parlare, di esprimersi, e noi lo interrompiamo. La rinascita di un dialogo, spesso, passa non dalle parole, ma dal silenzio, dal non impuntarsi, dal ricominciare con pazienza ad ascoltare l’altro, ascoltare le sue fatiche, quello che porta dentro. La guarigione del cuore comincia dall’ascolto. Ascoltare”. Così il Signore: “facciamo bene a inondarlo di richieste, ma faremmo meglio a porci anzitutto in suo ascolto”, dice Francesco. D’altra parte, è lo stesso Gesù che mette in primo piano l’ascolto, e quando “gli domandano qual è il primo comandamento risponde: ascolta, Israele”. Poi aggiunge: “amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore […] e il prossimo come te stesso”. Ma prima c’è l’ascolto. Così Francesco dice: “ci ricordiamo di metterci in ascolto del Signore? Siamo cristiani ma magari, tra le migliaia di parole che sentiamo ogni giorno, non troviamo qualche secondo per far risuonare in noi poche parole del Vangelo. Gesù è la Parola: se non ci fermiamo ad ascoltarlo, passa oltre”. Angelus nel quale il Papa rivolge il suo pensiero all’Afghanistan, prega per i più vulnerabili, per gli sfollati “abbiano l’assistenza e la processione necessarie”, e chiede per tutti gli afghani dignità, pace e fraternità con i vicini. Poi ricorda il viaggio, domenica prossima, in Ungheria e dice: possa “l'Europa a testimoniare non solo con le parole ma con i fatti e opere d'accoglienza il buon annuncio del Signore che ci ama e ci salva”. (Fabio Zavattaro - Sir)

Papa Francesco: accogliere quanti cercano una nuova vita

6 Settembre 2021 - Città del Vaticano - “Molti Paesi” aprano le porte a “quanti cercano una nuova vita”, offrendo loro “accoglienza e protezione”. Papa Francesco ieri, dopo la preghiera mariana dell’Angelus, ha parlato della situazione dell’Afghanistan e ha rivolto un appello all’accoglienza di quanti fuggono dal quel Paese. “In questi momenti concitati che vedono gli afghani cercare rifugio – ha detto il Papa - prego per i più vulnerabili tra loro. Prego che molti Paesi accolgano e proteggano quanti cercano una nuova vita. Prego anche per gli sfollati interni, affinché abbiano l’assistenza e la protezione necessarie”. Papa Francesco auspica che i giovani afghani possano “ricevere l’istruzione, bene essenziale per lo sviluppo umano” e tutti gli afghani, “sia in patria, sia in transito, sia nei Paesi di accoglienza, vivere con dignità, in pace e fraternità coi loro vicini”. L’appello del Papa arriva a pochi giorni dal suo viaggio che da domenica prossima lo porterà prima a Budapest (dove, in un'intervista, ha detto che "non sa" se incontrerà il premier Viktor Orban, tra i portabandiera delle chiusure dei confini agli immigrati) e poi in Slovacchia: quindi, come lui stesso afferma, "nel cuore dell'Europa". (R.Iaria)

Papa Francesco: in Afghanistan “situazione difficile”

1 Settembre 2021 - Città del Vaticano - “Una situazione difficile”. Così Papa Francesco in una intervista concessa a Radio Cope, l’emittente della Conferenza episcopale spagnola, definisce la crisi in Afghanistan. Riguardo all’impegno della Santa Sede, “sono sicuro che sta aiutando o almeno offrendo aiuto”, dice il Pontefice il card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, “il miglior diplomatico che abbia mai incontrato”. Per il Papa, la questione più urgente in Afghanistan è “come rinunciare, come negoziare una via d’uscita”.  

Papa Francesco: “preghiamo e operiamo per la casa comune, in questi tempi di grave crisi planetaria”

1 Settembre 2021 - Città del Vaticano - "Insieme con i fratelli e le sorelle delle diverse confessioni cristiane preghiamo e operiamo per la casa comune, in questi tempi di grave crisi planetaria". Papa Francesco ha concluso con questo invito l'udienza generale di oggi svoltasi nell'Aula Paolo VI in Vaticano. “Oggi si celebra la Giornata mondiale per la custodia del creato", ha ricordato il Papa:  "è l’inizio del tempo del creato, che si compirà il 4 ottobre, festa di San Francesco d’Assisi". "Insieme con l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, abbiamo preparato un messaggio che uscirà nei prossimi giorni", ha poi aggiunto papa Francesco: "Insieme  con i fratelli e le sorelle delle diverse confessioni cristiane preghiamo e operiamo per la casa comune, in questi tempi di grave crisi planetaria".  

Contro l’ipocrisia del cuore

30 Agosto 2021 - Città del  Vaticano - L’Afghanistan entra prepotentemente nella riflessione del Papa all’Angelus; non si può restare indifferenti, non si può voltare la testa dall’altra parte. Con i suoi morti e le violenze, con il pericolo di nuovi attentati, mentre la possibilità di una pace sembra sempre più compromessa non solo in Afghanistan, l’appello del Papa è rivolto a tutti i cristiani: “in momenti storici come questi non possiamo restare indifferenti”; di qui l’invito a intensificare “la preghiera e il digiuno”. Francesco ha manifestato vicinanza a quanti “per le vittime e gli attacchi suicidi”, ha chiesto di continuare “a prestare aiuto a donne e bambini”, pregando “perché dialogo e solidarietà portino a una convivenza pacifica e fraterna”. Vengono alla mente le parole di un vescovo “scomodo”, don Tonino Bello, il quale, così si rivolgeva ai responsabili della guerra nella ex Jugoslavia: “a tutti diciamo deponete le armi, sottraetevi all’oppressione dei mercanti della guerra” ma non sottraetevi “alle responsabilità di influire in modo determinante, ma non con le armi che consolidano la vostra potenza e le vostre economie, ma con mezzi efficaci di pressione e di dissuasione, per fermare questa carneficina che disonora insieme chi la compie e chi la tollera”. Se indifferenza è la parola che il Papa mette in primo piano di fronte alle ferite e alla violenza che si sta consumando in Afghanistan, un'altra parola entra nella riflessione che ha preceduto la recita della preghiera mariana dell’Angelus: ipocrisia. Il Vangelo di questa domenica ci mette di fronte all’ipocrisia di chi – scribi e farisei – è più attento alle regole che alla parola; capace di fare le bucce in nome di un rigore che nulla a che fare con l’accoglienza dell’altro. “Invano mi rendono culto, insegnano dottrine che sono precetti degli uomini”, leggiamo nel testo di Marco, che avevamo lasciato cinque domeniche fa per riflettere sulle pagine di Giovanni. Troviamo Gesù in una disputa con scribi e farisei, i quali osservano la legge, i precetti, dal lavarsi le mani prima di mangiare – è proprio dal fatto che alcuni discepoli del Signore avevano toccato cibo senza aver passato le mani nell’acqua, che ha avuto inizio il dialogo – ad altri oltre 600 precetti voluti dall’uomo. Gesù cita loro il profeta Isaia: “questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi adorano”. Una risposta dura, che mette subito in discussione la logica del “politicamente corretto” per andare alla radice della fede, mettendo in guardia da una esteriorità fatta spesso di compromessi. L’unica preoccupazione sembra quella di lavarsi le mani prima di mangiare. Lo stesso gesto che compirà in seguito Pilato. Lavarsi le mani non è una cosa cattiva – e in questo tempo di pandemia abbiamo sperimentato la necessità di un simile atto – buona abitudine rituale, semplice gesto prima di mangiare, ma Gesù non ci bada, dice il vescovo di Roma, perché per lui “è importante riportare la fede al suo centro”. Per essere buoni cristiani non basta l’osservanza esteriore della fede, “le formalità esterne mettendo in secondo piano il cuore della fede. Anche noi – dice Francesco – tante volte ci ‘trucchiamo’ l’anima”. È il rischio di una “religiosità dell’apparenza: apparire per bene fuori, trascurando di purificare il cuore”. Ecco l’ipocrisia, “la tentazione di ‘sistemare Dio’ con qualche devozione esteriore”. Gesù, dice il Papa, “non si accontenta di questo culto. Gesù non vuole esteriorità, vuole una fede che arrivi al cuore”. L’osservanza letterale dei precetti, ci dice Francesco, è qualcosa di sterile se non cambia il cuore e non si traduce in atteggiamenti concreti. Don Tonino Bello ricordava che “non bastano le opere di carità se manca la carità delle opere”. Le abluzioni, il lavarsi le mani, gesti per non essere impuri, dicono scribi e farisei. Per Gesù, afferma il vescovo di Roma, “non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro”, mentre è “dal di dentro, dal cuore” che nascono le cose cattive. Proviamo a cominciare dalle nostre colpe, chiede il Papa, e smettiamola di pensare che il male provenga soprattutto da fuori, “basta incolpare gli altri, la società, il mondo, per tutto quello che ci accade”. Iniziamo a distribuire le colpe perché “incolpare gli altri è perdere tempo. Si diventa arrabbiati, acidi e si tiene Dio lontano dal cuore”. (Fabio Zavattaro - Sir)

Papa Francesco: “per entrare in comunione con Dio, vivere una relazione reale e concreta con Lui”

23 Agosto 2021 - Città del Vaticano - “Non bisogna inseguire Dio in sogni e immagini di grandezza e di potenza, ma bisogna riconoscerlo nell’umanità di Gesù e, di conseguenza, in quella dei fratelli e delle sorelle che incontriamo sulla strada della vita”. Lo ha detto Papa Francesco affacciandosi, ieri, alla finestra dello studio nel Palazzo apostolico vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli e i pellegrini riuniti in Piazza San Pietro. Riferendosi al Vangelo del giorno e alla reazione della folla e dei discepoli al discorso di Gesù dopo il miracolo dei pani, il Pontefice guarda a chi si ritira e decide di non seguire più Gesù. “L’incarnazione di Dio è ciò che suscita scandalo e che rappresenta per quella gente – ma spesso anche per noi – un ostacolo”, ha spiegato. Centro della sua riflessione, le parole di Gesù: “Gesù afferma che il vero pane della salvezza, che trasmette la vita eterna, è la sua stessa carne; che per entrare in comunione con Dio, prima di osservare delle leggi o soddisfare dei precetti religiosi, occorre vivere una relazione reale e concreta con Lui. Perché la salvezza è venuta da Lui, nella sua incarnazione”. Nelle parole del Papa, quindi, “la strada per l’incontro con Dio”, cioè “la relazione con Cristo e i fratelli”. “Cercarlo nella vita, nella storia, nella vita nostra quotidiana”. “Anche oggi la rivelazione di Dio nell’umanità di Gesù può suscitare scandalo e non è facile da accettare”, ha sottolineato esortando a preoccuparsi “se Gesù non ci mette in crisi”, perché “forse abbiamo annacquato il suo messaggio!”.  

GMMR: un nuovo video di Papa Francesco

5 Agosto 2021 - Città del Vaticano - Un nuovo video di papa Francesco in vista della prossima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che si celebra il 26 settembre. Il Papa, nel  video inedito, invita a imparare a vivere insieme, in armonia e pace, per costruire un futuro arricchito dalla diversità e dalle relazioni interculturali. Nel video, diffuso oggi dalla Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale,  anche la testimonianza diretta di chi quotidianamente lavora insieme nella diversità dimostra la possibilità di realizzare questo futuro “a colori”.   https://youtu.be/aBwi8b9Tc5c  

Papa Francesco: appello alla comunità internazionale affinché “aiuti il Libano con gesti concreti”

4 Agosto 2021 - Città del Vaticano - Un appello alla comunità internazionale, affinché aiuti il Libano “con gesti concreti, non con parole soltanto”: a rivolgerlo, al termine dell’udienza generale di questa mattina, prima dei saluti ai fedeli di lingua italiana, è stato papa Francesco che ha ricordato l’esplosione di un anno fa a Beirut. “A un  anno dalla terribile esplosione che ha provocato morte e distruzione – ha detto il papa – il mio pensiero va a quel caro Paese, soprattutto alle vittime, alle loro famiglie, ai tanti feriti e a quanti hanno perso la casa e il lavoro. E tanti hanno perso l’illusione di vivere”. “Nella giornata di preghiera e riflessione per il Libano, il 1° luglio scorso, insieme a leader religiosi cristiani – ha ricordato il Papa – abbiamo accolto le aspirazioni e le attese del popolo libanese, stanco e deluso, e invocando da Dio luce e speranza per superare la dura crisi oggi faccio appello anche alla comunità internazionale, chiedendo di aiutare il Libano a compiere un cammino di risurrezione, con gesti concreti, non con parole soltanto. Gesti concreti”. In questa prospettiva, papa Francesco auspica che sia “proficua la conferenza in via di svolgimento promossa dalla Francia e dalle Nazioni Unite”: “cari libanesi il mio desiderio di venire a visitarvi è grande e non mi stanco di pregare per voi, perché il Libano ritorni ad essere un messaggio di fratellanza, un messaggio di pace per tutto il Medio Oriente”.