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A Brindisi, “porto di pace e di speranza”, viene presentato il progetto “La Porta di Casa”

22 Settembre 2025 - Venerdì 26 settembre, alle ore 20:30, nel cortile della cattedrale di Brindisi si terrà la presentazione del progetto "La Porta di Casa", promosso da Caritas diocesana, Ufficio Migrantes e Associazione Migrantes OdV. All'evento, incluso nella più ampia manifestazione "Brindisi, porto di pace e di speranza", seguiranno testimonianze, riflessioni e il concerto del gruppo "Viaggio Popolare", composto dai musicisti Giuseppe Anglano, Luigi Marra, Ippazio Rizzello e Davide Donno.
La Porta di Casa
Il progetto "La Porta di Casa" è stato possibile grazie alla generosità dell'arcivescovo della diocesi di Brindisi-Ostuni, monsignor Giovanni Intini, che ha messo a disposizione un edificio della Curia, con una storia significativa: in passato ha accolto monsignor Angelo Giuseppe Roncalli, futuro papa Giovanni XXIII, testimoniando così una vocazione all'accoglienza che oggi rinasce. L'immobile riapre le sue porte per accogliere persone migranti che vivono e lavorano stabilmente a Brindisi, e continuerà la sua storia come "Casa Colibrì".
I migranti, missionari di speranza
Come ci ha ricordato papa Francesco nella bolla di indizione del Giubileo 2025, “non potranno mancare segni di speranza nei riguardi dei migranti" affinché le loro attese non siano “vanificate da pregiudizi e chiusure”. Casa Colibrì è la risposta a questo appello ed è, al contempo, un invito a ribaltare la prospettiva, vedendo i migranti stessi come missionari di speranza, così come sottolineato da papa Leone nel messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2025, che i brindisini celebreranno proprio in questa occasione. I migranti non sono solo persone in cerca di salvezza, ma sono portatori di una speranza che rinnova e arricchisce le nostre comunità. La loro tenacia, la loro fede e il loro coraggio li rendono testimoni privilegiati di un futuro migliore, per sé e per noi. Spiega la direttrice dell'Ufficio Migrantes della diocesi di Brindisi-Ostuni, Sabina Bombacigno: "Brindisi ha il Mediterraneo nel suo DNA. Un crocevia di popoli e culture, dove partenze e arrivi si sono sempre intrecciati, rendendo la speranza un elemento radicato nel suo tessuto sociale. È proprio in questo contesto che nasce il progetto 'La Porta di Casa'. Qui la porta non è un confine, ma un passaggio; non una barriera, ma un'apertura. Con questo progetto, vogliamo affermare che l'accoglienza non è solo un dovere, ma un'autentica opportunità di arricchimento reciproco". Brindisi La Porta di Casa

Accoglienza, il card. Zuppi al “Corriere della Sera”: ok le regole, ma bisogna integrare, non tollerare o condannare

3 Settembre 2025 - 3 Settembre 2025 - Il Corriere della Sera ha pubblicato, anche nella sua versione digitale, un'intervista di Aldo Cazzullo al presidente della Conferenza episcopale italiana, il card. Matteo Zuppi. In particolare, dopo che l'arcivescovo di Bologna ha ricordato il "todos, todos, todos" di papa Francesco Lisbona, Cazzullo ha domandato: «Come si fa ad accogliere tutti?». E Zuppi ha risposto: «Questo mette in difficoltà alcuni preti, preoccupati comprensibilmente che così diventiamo un’altra cosa: non contrastiamo più il mondo, e il mondo entra dentro di noi. Le regole esistono e si fanno rispettare. Ma integrando, cioè facendo sentire a casa, non tollerati o condannati. Colui che sembra straniero entra perché in realtà è figlio Suo e fratello nostro. E come impara quelli che sono stati chiamati i principi non negoziabili? Stando dentro, vivendo con gli altri. Noi dobbiamo essere la casa di Dio, non l’albergo, come avrebbero detto i nostri genitori, almeno i miei. Tutti dobbiamo imparare a vivere a casa, a pensare in relazione al Signore e agli altri». Cazzullo Zuppi

Accoglienza, a Brindisi nasce “Casa Colibrì”

2 Settembre 2025 - Nella settimana di preparazione ai festeggiamenti per i Santi Patroni di Brindisi, una città da sempre crocevia di flussi migratori, sarà l’arcivescovo Giovanni Intini, il 4 settembre 2025, a benedire e così a inaugurare ufficialmente "Casa Colibrì", un’iniziativa concreta prevista nel progetto "La Porta di Casa", che nasce dalla collaborazione tra Caritas diocesana, Ufficio diocesano Migrantes e Associazione Migrantes OdV. L'intenzione è rispondere all'emergenza abitativa che tocca persone e famiglie migranti che, nonostante vivano e lavorino stabilmente sul territorio, stentano a trovare una sistemazione dignitosa. Finanziato in parte con i fondi dell’8x1000 alla Chiesa Cattolica, il progetto ha come obiettivi principali: dare una risposta concreta al bisogno di alloggio, sensibilizzare la comunità civile ed ecclesiale attraverso l'esempio e favorire lo sviluppo di una cittadinanza attiva e inclusiva. L'iniziativa si pone in continuità con la "Casa degli Aquiloni", un'esperienza avviata nel 2017 che ha già dimostrato l'efficacia dell'accoglienza diffusa.
Un gesto simbolico in un luogo storico
Per la realizzazione del progetto, l'arcidiocesi di Brindisi ha messo a disposizione un ampio appartamento in via Giovanni XXIII n. 11, un luogo dal valore storico inestimabile. L'edificio, infatti, era di proprietà di don Augusto Pizzigallo, sacerdote che ospitò in ben due occasioni monsignor Angelo Giuseppe Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII. L’immobile, in disuso da anni, grazie al progetto “La Porta di Casa”, potrà tornare a essere un luogo "vivo" e accogliente. L’appartamento ospiterà persone migranti che potranno beneficiare di figure educative e di volontari per la realizzazione di percorsi di accompagnamento individualizzati, volti al raggiungimento della piena autonomia. Ma la casa sarà molto più di un semplice alloggio: sarà il cuore pulsante del progetto, un luogo aperto al dialogo e al confronto, dove si svolgeranno attività formative, eventi interculturali e momenti conviviali aperti a tutta la cittadinanza. L'obiettivo è creare una "convivialità delle differenze" per abbattere il pregiudizio e il razzismo, promuovendo il passaggio dal concetto di "noi e loro" a quello di un unico "noi".
"Casa Colibrì": un sogno di chiesa
"Casa Colibrì" è un nome ispirato a un'antica storia africana che narra di un piccolo colibrì che, di fronte a un grande incendio, fa la sua parte trasportando gocce d'acqua nel becco. Il messaggio è chiaro: anche il più piccolo contributo, se unito a quello di altri, può fare una grande differenza. "La porta aperta è il segno dell'accoglienza di tutti i popoli nel grembo della chiesa madre," ha dichiarato mons. Intini. "Con Casa Colibrì abbiamo voluto aprire una porta per tutti coloro che hanno bisogno di sentire il calore dell’accoglienza. Voglio auspicare che questo sogno diventi il sogno di tanti e un sogno di Chiesa”. (Fonte: Ufficio Migrantes Brindisi-Ostuni)   Brindisi La Porta di casa

Minori stranieri non accompagnati, Anci e 23 organizzazioni lanciano allarme sulla carenza di risorse per l’accoglienza

7 Agosto 2025 - Gli stanziamenti per il Fondo nazionale per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati (MSNA) non sono sufficienti a coprire le spese sostenute dai Comuni per l’accoglienza dei minori migranti che arrivano soli in Italia: è questo l’allarme di ANCI che, in una lettera del 12 giugno 2025, ha rappresentato al Governo tale grave problematica, sollecitando un intervento strutturale e risolutivo. Nel 2023 e nel 2024, infatti, i Comuni italiani si sono confrontati con rimborsi parziali delle spese da loro sostenute, per un ammanco di almeno 190 milioni di euro in questo biennio. Si tratta di fondi che sono già stati erogati dalle Amministrazioni locali per l’accoglienza dei minori e che rischiano di determinare gravi problemi sotto il profilo della loro tenuta finanziaria, nonché della qualità dell’accoglienza nel rispetto dei diritti normativamente sanciti. La circolare recentemente emanata dal Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno anticipa uno scenario complesso anche per il 2025. Per questi motivi, 23 organizzazioni - Agevolando, Ai.Bi. Amici dei Bambini, ARCI, Caritas Italiana, Casa dei diritti sociali, Centro Astalli, CeSPI, CIDAS, CIES, CISMAI, Commissioni Migrantes & Gpic dei Missionari Comboniani, Consiglio Italiano per i Rifugiati, Coop. CivicoZero, CNCA, Defence for Children, Europasilo, Fondazione Migrantes, Intersos, Oxfam, Save the Children, SOS Villaggi dei Bambini, Terre des Hommes Italia, Tutori in Rete - impegnate nella promozione dei diritti dei minori non accompagnati in linea con la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, compreso quello a un’accoglienza adeguata e rispettosa dei diritti e delle norme, ricordano oggi come i Comuni siano realtà fondamentali per il buon esito dell’inclusione dei tanti minorenni che arrivano in Italia in fuga da violenze, persecuzioni, violazioni dei diritti umani e povertà. Secondo le Organizzazioni, molti Comuni italiani si adoperano instancabilmente per garantire un’accoglienza adeguata, nonostante i limiti di un assetto ancora emergenziale e poco organico perché non in linea con la L. 47/2017, il quale rende spesso complesso agire in modo pianificato. A fronte di questo impegno, è essenziale che il Governo agisca sostenendo gli enti locali in questo esercizio di responsabilità, come peraltro disposto dal D.Lgs. 142/2015, secondo il quale l’accoglienza dei minori non accompagnati non deve comportare alcuna spesa o onere a carico dei Comuni. Se ulteriormente prolungato, questo stato di cose, penalizzando i Comuni impegnati nell’accoglienza dei minori non accompagnati, finirà inevitabilmente per ripercuotersi sui diritti di migliaia di adolescenti e bambini/e non accompagnati presenti in Italia, che rischierebbero di non essere adeguatamente seguiti e supportati e, di conseguenza, di sprofondare in situazioni di marginalità, nonostante l’esiguità del loro numero attuale – poco più di 16 mila – che invece consentirebbe una programmazione organica e un impegno economico del tutto sostenibile per lo Stato. In previsione della discussione del prossimo Disegno di Legge Bilancio, si esorta il Governo a prevedere adeguati fondi a copertura delle spese del biennio pregresso e del prossimo triennio, nell’ambito di un confronto con ANCI rispetto alle previsioni di spesa e alle necessità dei Comuni.

Torino, presentato il programma del prossimo Festival dell’Accoglienza

14 Luglio 2025 - Dal 16 settembre al 31 ottobre 2025 Torino e altri comuni piemontesi ospiteranno la V edizione del Festival dell’Accoglienza, oltre 40 giorni e più di 100 eventi per parlare di comunità, mobilità umana e multiculturalità e per stimolare una comprensione sempre più profonda e articolata di cosa significhi realmente "accogliere" nel nostro tempo. Organizzato dalla Pastorale Migranti dell’Arcidiocesi di Torino e dall’Associazione Generazioni Migranti in collaborazione con Fondazione Migrantes, il Festival è realizzato con il patrocinio della Città di Torino, della Regione Piemonte, del Comune di Moncalieri e con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo e della Fondazione CRT. Il Festival si apre quest'anno a nuove collaborazioni, con eventi, realtà e altri importanti festival per parlare e riflettere sul tema dell’accoglienza da diverse prospettive e con un pubblico sempre più ampio e variegato. A cominciare da quella significativa con il Festival della Missione che porterà a Torino quattro giorni di incontri con ospiti internazionali, arte, musica ecologia integrale e tanto altro intorno al tema "Il volto prossimo" (9 – 12 ottobre). Al centro dei numerosi appuntamenti non mancheranno le testimonianze di ospiti che hanno vissuto e vivono «l’accoglienza» nel loro quotidiano, quali attivisti, scrittori, giornalisti, filosofi, artisti, ricercatori, docenti e i volontari e le volontarie delle realtà accoglienti torinesi, e non solo. Occasioni di riflessione che saranno legate anche ad alcune date significative quali la Giornata della Memoria e dell’Accoglienza del 3 ottobre, la 111ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato del 4 e 5 ottobre e la Giornata Missionaria Mondiale del 19 ottobre. A dare il via alla quinta edizione, sarà un concerto da camera di studenti del Conservatorio di Torino provenienti da diversi Paesi del mondo, che si esibiranno nella Chiesa della Madonna del Carmine il 18 settembre 2025. Ancora nella centralissima chiesa juvarriana il tradizionale appuntamento del 5 ottobre con i cori delle comunità etniche dell’Arcidiocesi di Torino e una tappa del tour europeo del progetto “M.U.S.I.C. – Magical Urban Sounds In Connection” in arrivo dalla Romania il 6 ottobre. La musica sarà di nuovo protagonista negli appuntamenti organizzati con BabeleBab – Festival dei cori interculturali (26, 27 e 28 settembre 2025) e, ancora, il 16 ottobre con il “Concerto per piante e violoncello”, che vedrà sul palco delle Fonderie Limone di Moncalieri il rinomato violoncellista Mario Brunello, affiancato dallo scrittore e botanico Stefano Mancuso. Il Festival sarà anche l’occasione per celebrare i 100 anni di presenza a Torino della comunità cinese con due appuntamenti legati alla Festa della Luna tra fine settembre e inizio ottobre.

🔗 Per gli aggiornamenti e il programma: festivalaccoglienzatorino.it - FB Festival dell’Accoglienza - IG @festival_accoglienza

ℹ Per informazioni: info@festivalaccoglienzatorino.it - Tel. +39 011 19373639

  Festival Accoglienza Torino

“Accoglienza: un diritto, non un privilegio”. Ad Alba (CN) un seminario organizzato dal Sai Cuneo

15 Giugno 2025 - In vista della Giornata del mondiale del rifugiato (20 giugno), il Sai Cuneo organizza il 19 giugno ad Alba un seminario dal titolo "Accoglienza: un diritto, non un privilegio. Il lavoro di protezione e tutela chiamato accoglienza". Il seminario intende da un lato, proporre una riflessione sulla "crisi" che da diversi punti di vista sta agendo nella relazione tra persone accolte, operatori/organizzazioni che si occupano di accoglienza e contesti in cui questa si pratica, dall'altro lato ipotizzare alcune strategie per affrontare tale crisi. Intervengono:
  • Patrizia Manassero, sindaca di Cuneo.
  • Fabrizio Coresi, ActionAid Italia.
  • Silvia Vesco, CIAC Onlus.
  • Mariacristina Molfetta, Fondazione Migrantes.
  • Maurizio Veglio, avvocato ASGI.
  • Fabrizio Ascheri, cooperativa sociale Momo.
Modera: Michele Rossi, direttore generale CIAC onlus.

👉Per iscriversi, entro il 16 giugno.

Alba Accoglienza

Radio Mater, “Migrantes. Incontri in cammino”. Il community matching, contro le ferite della divisione

12 Giugno 2025 - Maggiori contatti fra cittadini italiani e stranieri rifugiati possono favorire la coesione sociale? Ciac Onlus e Unhcr pensano di sì. È la prospettiva del community matching, al centro della nuova puntata di “Incontri in cammino” in onda giovedì 12 giugno 2025 dalle 17.30 su Radio Mater. Marcello Volta, responsabile della comunicazione per Ciac Onlus, e Ahmed Hassan, operatore di Ciac Onlus, dialogano con Simone Varisco (Fondazione Migrantes) sul ruolo positivo dell'incontro e di un approccio realmente integrale alle persone migranti. "Migrantes. Incontri in cammino" è lo spazio radiofonico mensile della Fondazione Migrantes dedicato ai temi della mobilità umana. Va in onda su Radio Mater ogni secondo giovedì del mese, dalle 17.30 alle 18.30. 🎧 • Diretta streaming: http://www.radiomater.org/it/streaming.htm • Frequenze radio: https://www.stazioniradio.it/frequenze.php?di=Radio%20Mater

Minori non accompagnati, mons. Perego: “Rafforzare tutela di tipo familiare”

5 Marzo 2025 - Quello dei "minori non accompagnati" non è un fenomeno nuovo: da sempre ha caratterizzato le migrazioni, anche le migrazioni italiane. Su questo si è concentrata la tavola rotonda "Esserci per accogliere. Ascoltare per custodire", organizzata dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, che si è tenuta a Ferrara lo scorso 1° marzo. Nel suo intervento l'arcivescovo di Ferrara-Comacchio, S.E. mons. Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes, ha voluto tracciare innanzi tutto un profilo: "Chi sono questi minori stranieri non accompagnati oggi in Italia?". Dopo aver presentato una serie di dati, mons. Perego ha concluso facendo riferimento ai quattro verbi che papa Francesco indicò nel 2019 per riassumere le sfide poste dalle migrazioni contemporaneeaccogliere, proteggere, promuovere e integrare - che "valgono anche per i minori stranieri non accompagnati". E ha annotato: "accogliere, non nella precarietà come avviene; tutelare (purtroppo solo 1 su 6 ha un tutore volontario), promuovere (pochi sono in famiglia), includere (il 35% se ne vanno nei primi giorni e altri al compimento del 18% anno di età)". Infine ha rinnovato l'appello "a rafforzare una tutela di tipo familiare, necessaria per il benessere, l’interesse superiore del minore, perché solo in questo contesto familiare si accoglie e si ascolta. E credo che possa essere – come intuito da don Oreste Benzi - uno spazio importante di impegno familiare, educativo e  sociale anche per i fedeli e le nostre comunità cristiane".

Fondazione Migrantes, “Le voci silenziate dell’accoglienza”: a Parma la presentazione del nuovo libro di Michele Rossi

17 Febbraio 2025 - L’immigrazione in Italia è spesso raccontata attraverso numeri, leggi e proclami politici, ma raramente si ascoltano le voci di chi la vive in prima persona. Le voci silenziate dell’accoglienza, il nuovo libro di Michele Rossi, promosso da Fondazione Migrantes e realizzato Tau editrice, nasce proprio per dare spazio a chi solitamente non ne ha: rifugiati, richiedenti asilo e operatori dell’accoglienza.
L’autore presenterà il libro a Parma il 24 febbraio 2025 alle ore 18:00 presso i Missionari Saveriani, in Viale San Martino 8. Sarà un momento di confronto con mons. Pierpaolo Felicolo, direttore generale della Fondazione Migrantes, e Mariacristina Molfetta, antropologa culturale ed esperta della stessa fondazione. Frutto di un’ampia ricerca, il libro raccoglie le testimonianze di quasi 400 migranti – alcuni inseriti nei sistemi di accoglienza, altri esclusi – e 200 operatori. Quali ostacoli incontrano? Quali possibilità di autonomia vedono? Qual è il vero volto dell’accoglienza in Italia per chi la vive?  Attraverso le loro parole emergono bisogni, desideri e frustrazioni, ma soprattutto il modo in cui percepiscono l’accoglienza in Italia. L’accoglienza, come emerge dal libro, non è solo una questione politica e giuridica, ma anche una realtà fatta di relazioni, incomprensioni e fatiche vissute sia da chi arriva sia da chi lavora per supportarlo.

Fonte: Ciac Onlus

Lampedusa, il “Viaggio della vita” con gli studenti delle scuole dell’isola

10 Febbraio 2025 - Per Germano Garatto dal 2013 Lampedusa è anche il suo "Viaggio della Vita": si chiama così il progetto educativo avviato nel 2013 dalla Fondazione Migrantes e affidato a lui e all‘associazione di promozione sociale Edusa. Ha un nome evocativo che sull’isola risuona nelle aule di tutte le scuole e in molte case. "I ragazzi che abbiamo formato all’inizio della nostra esperienza, quando ancora erano liceali – racconta Garatto – hanno frequentato l’Università, molti sono tornati e hanno avviato attività nell’ambito del turismo, mentre qualcuno di loro oggi è con noi e forma i fratelli più piccoli ai valori dell’accoglienza e del rispetto". Lo scopo del "Viaggio della Vita", progetto che coinvolge gli studenti dell’isola, è quello di consolidare la collaborazione tra scuola e territorio "prima di tutto con le famiglie – spiega Germano – e con le altre realtà di Lampedusa, proponendo attività e iniziative che fanno capire quanto sia importante lavorare e vivere insieme nel rispetto reciproco". Dal 6 al 9 febbraio a Lampedusa si è riunita la Commissione dell’Ufficio regionale per le Migrazioni della Conferenza episcopale Siciliana, assieme al vescovo delegato, mons. Corrado Lorefice. Uno degli incontri è stato proprio dedicato al lavoro di Garatto e di Edusa.
Scuola di umanità
Con i bimbi della primaria, l’associazione Edusa realizza "LampeMondo", che porta dentro la scuola la ricchezza l’esperienza viva di genitori che hanno voglia di mettersi in gioco e raccontare ai figli e ai compagnetti la loro infanzia "attraverso una festa, una favola, un gioco, una danza o anche un cibo – aggiunge l’animatore e presidente di Edusa – per far comprendere anche a chi è più piccolo la ricchezza dell’umanità, la bellezza delle tradizioni. Il tema centrale di questo nostro progetto è il viaggio, particolarmente sentito in quest’isola che è punto di partenza e approdo di tante persone. Ma il viaggio del nostro progetto è inteso anche come il percorso che ognuno di noi fa, da quando viene al mondo portando con sé ricordi ed esperienze che vengono da lontano e ci portano lontano". Così Edusa ha "arruolato" genitori lampedusani, ma anche tunisini, colombiani, peruviani in un concerto di voci e racconti che affascina gli alunni e si arricchisce dell’apporto degli insegnanti.
L’Africa in classe
I ragazzini delle medie sono i protagonisti del progetto "Cosa ci porta l’Africa": a ciascuna classe è proposta l’esplorazione di uno dei Paesi da cui provengono i migranti che giungono a Lampedusa. "Lo scopo – chiarisce Garatto – è comprendere come persone che ai nostri occhi appaiono povere e sprovvedute siano in realtà rivestite di una dignità che la storia e la cultura dei paesi da cui sono partiti ci aiuta a comprendere". In questo caso il ruolo fondamentale è svolto da alcuni testimoni privilegiati che provengono dal Paese in esame, “in particolare viene valorizzata la presenza di famiglie e giovani che – aggiunge Garatto - vivono da diverso tempo in Italia e provengono dall’Eritrea, dal Senegal, dalla Tunisia e dalla Costa d’Avorio".
La vocazione sociale dei ragazzi
I ragazzi delle scuole superiori, infine, vengono coinvolti nella terza articolazione del progetto con lo scopo di sviluppare le "vocazioni sociali", grazie ad attività di animazione. Spiega Garatto: "Ci rivolgiamo a una trentina di alunni che frequentano le classi terze e quarte del Turistico e dello Scientifico. È previsto un percorso di formazione di 45 ore con introduzione al ruolo di animatore attraverso il gioco educativo, elementi di psicologia e pedagogia nonché un tirocinio pratico con laboratori e attività rivolte ai più piccoli".
Restare umani
"Questo nostro lavoro – prosegue Garatto – contribuisce a valorizzare la presenza dei migranti, per aprire le menti dei giovani, ma anche delle loro famiglie e in definitiva per stimolare tutto il tessuto sociale lampedusano. Coinvolgendo i migranti, inoltre, li aiutiamo a essere parte di questa comunità e allo stesso tempo aiutiamo i lampedusani a restare umani". Lampedusa, del resto è una realtà aperta al mondo: "Non solo qui approdano tante persone in fuga da tante parti del mondo – spiega il presidente dell’Associazione Edusa – ma sono molti i lampedusani che scelgono di emigrare, le loro famiglie conoscono bene il senso del viaggio, che può essere di sola andata. Proprio per questo, quando ho chiesto agli isolani perché nel 2011 hanno accolto senza battere ciglio migliaia di ragazzi, mi hanno risposto: 'e se fossero stati i nostri figli?'. La modalità di reazione di Lampedusa è stata grande".
Un nuovo modello
Da 12 anni a questa parte, però, qualcosa è cambiata: "L’isola – confessa Garatto, con un’ombra di perplessità nella voce – è sempre più modulata sulle necessità del business del turismo. I pescatori sono sempre di meno e poche le persone che coltivano. In questi ultimi anni sono stati ristrutturati numerosi edifici, trasformati in strutture di accoglienza. Allo stesso tempo non si vedono più migranti per la strada, non c’è più modo di confrontarsi con la loro sofferenza e la loro umanità. A Lampedusa sfugge una parte della sua stessa realtà, perché chi arriva viene fatto sbarcare lontano e viene preso in carico per essere trasportato all’hotspot e poi fuori. Sono tutti contenti del fatto che i turisti non vengono mai a contatto con i migranti stranieri, eppure, ne sono sicuro, questa comunità non ha perduto la disponibilità all’incontro". (Nino Arena – Ufficio Migrantes Arcidiocesi di Messina-Lipari-S. Lucia del Mela)

Lampedusa, mons. Lorefice: “Qui una comunità messianica, non un club religioso”

9 Febbraio 2025 - Nel saloncino parrocchiale adiacente la Chiesa di San Gerlando si spengono le luci e nel buio riaffiorano i ricordi, le lacrime, la commozione di quei giorni lontani, eppure ancora pienamente vivi nella memoria della comunità lampedusana. Su una delle pareti vengono proiettate le immagini del video, realizzato nel 2011, con cui la Fondazione Migrantes ha raccontato i giorni della grande emergenza. Ed ecco apparire i volti di migliaia di donne, uomini, bambini, alcuni ancora in fasce, che hanno attraversato il molo Favaloro di Lampedusa, ma che, ancor di più, hanno toccato in modo indelebile il cuore degli isolani.
Testimonianze e ricordi
Una comunità che nella serata di giovedì 6 febbraio, al termine della funzione religiosa, alla presenza del parroco don Carmelo Rizzo, si è raccolta per condividere con i componenti della Commissione Regionale per le Migrazioni, ma soprattutto con monsignor Corrado Lorefice, il ricordo di quelle giornate dove «tutti noi abbiamo potuto toccare con mano la sofferenza di Gesù, perché è come se avessimo vissuto il Vangelo», sottolinea la signora Pilla, tra le parrocchiane più “attive” nei giorni dell’emergenza. «Questo luogo (la parrocchia ndr) – era un cantiere aperto 24 ore su 24. La sala in cui ci troviamo adesso, ad esempio – ricorda Pilla – era quella in cui venivano raccolti i vestiti che poi venivano divisi e distribuiti; ogni zona aveva una sua funzione specifica. Eravamo tutti uniti nel condividere il dolore di quei fratelli, ma al tempo stesso eravamo felici di poter ridare loro dignità». Dignità nella vita, ma dignità anche nella morte, quella che, invece, per Maria Martello, non è stato possibile concedere attraverso il rito della sepoltura «ai corpi di coloro che venivano sistemati all’interno di grandi sacchi neri di plastica, immagini che ho ancora bene impresse nella mente e continuano a essere motivo di grande dolore. Tutto quello che siamo riusciti a fare lo abbiamo fatto con amore e per amore, perché era come se Gesù si stesse presentando a noi». Altrettanto commosse e commoventi le testimonianze di Enzo Riso e Mario Capitano, entrambi in prima linea nelle difficili settimane del febbraio 2011. «Ricordo tutto come fosse ieri – racconta Mario –, pioveva a dirotto e andammo da don Stefano (il parroco di allora, ndr), per capire come poter aiutare le persone che dormivano al porto e cercavano di ripararsi sotto i camion. È bastato un messaggio e in un attimo tutti i lampedusani hanno aperto le porte di casa per dare il loro contributo». Ricordi indelebili, anche quelli condivisi dal pescatore Enzo: «Inizialmente ci sentivamo impotenti, poi però tutto si è trasformato in coraggio e voglia di fare. Non c’era nulla che ci spaventasse o preoccupasse, sentivamo solo il bisogno di esserci e poter dare aiuto. La cosa che non dimenticherò mai saranno gli abbracci che ho scambiato con quei fratelli, perché è come se avessi provato la sensazione di abbracciare Dio». Suor Angela Cimino è a Lampedusa da più di un anno: «La missione che sto vivendo qui mi si è attaccata sulla pelle. Se mentre mi trovo a pregare ricevo un messaggio in cui viene comunicato che da lì a breve si verificherà uno sbarco, e quindi sono chiamata a svolgere la mia attività di volontaria, mi dico “lascio Dio per andare da Dio” e prima di recarmi al molo l’ultima preghiera la faccio per le persone che incontrerò e per i corpi di coloro che non ce l’hanno fatta».
Lampedusa capace di “abbracciare” le sofferenze altrui
Ed è proprio dalle testimonianze, ancora vivide, dei parrocchiani e dei volontari, che monsignor Lorefice ha colto spunto per lanciare un messaggio di profondo valore cristiano: «Ascoltare le vostre parole – ha affermato il vescovo – è come aver riletto dei tratti del Vangelo. Abbiamo scelto di essere qui a Lampedusa – ha spiegato – perché è solo attraverso i vostri racconti e le vostre testimonianze che possiamo far capire alle nostre comunità locali cosa significhi realmente essere comunità messianica, cristiana. Il Messia è colui che salva facendo proprie le sofferenze altrui ed è esattamente ciò che avete fatto e continuate a fare. Fin quando non capiremo questo, saremo solo un “club religioso”, ma non saremo una comunità messianica». (Elena De Pasquale – Ufficio Migrantes Diocesi Messina Lipari S. Lucia del Mela)

Il lavoro della Guardia costiera di Lampedusa: “In mare un istante in più di attesa può decidere della vita o della morte”

7 Febbraio 2025 - «Nel mare non c’è la corsia d’emergenza, non puoi accendere le quattro frecce e aspettare, nel mare un istante in più di attesa può decidere della vita o della morte di un essere umano». Il tenente di vascello Flavio Verde, Comandante dell'Ufficio Circondariale Marittimo e Comandante della 7^ Squadriglia della Guardia costiera di Lampedusa, pronuncia queste parole senza enfasi: come le donne e gli uomini che lavorano al suo fianco, è addestrato a non mettere il sentimento davanti alla professionalità. Eppure il filo intrecciato dell’emozione e dell’orgoglio costituisce la trama preziosa del loro impegno: «Alle persone che operano nel soccorso – afferma, infatti, il tenente di vascello Verde – può capitare di non dormire o di non mangiare per un’intera giornata e più, e alla fine essere felici per avere strappato alla morte bambini, donne incinte, uomini». L'incontro con la Guardia costiera di Lampedusa era nel programma della 4 giorni sull'isola della Commissione dell’Ufficio regionale per le Migrazioni della Conferenza episcopale Siciliana, assieme al vescovo delegato, mons. Corrado Lorefice.
Una macchina rodata
Per soccorrere le migliaia di persone che ogni anno scelgono la rotta del Mediterraneo centrale è stata messa a punto una macchina i cui ingranaggi sono rodati da anni. Lampedusa del resto è più vicina all’Africa che all’Europa, le coste tunisine sono ad appena 113 chilometri, Pantelleria a 140, Malta a 176 e la Sicilia a 215. Gli equipaggi della Guardia costiera italiana che partono da Lampedusa si spingono anche nelle acque territoriali maltesi o tunisine per mettere in sicurezza donne e uomini in fuga. Per fare questo il tenente di vascello Verde può contare su un personale composto da 85 unità, sette navi delle "classi" 200 e 300 che oltre al soccorso devono garantire tutta una serie di altre attività.
Oltre i numeri
«Nel 2023 – spiega il comandante Verde – abbiamo soccorso 60mila migranti, nel 2024 sono stati 39.336 e nel primo mese di quest‘anno 2.728. Due anni fa abbiamo portato a termine 1.800 missioni, percorrendo 61.100 miglia nautiche, pari a tre volte le circonferenza della Terra. Non soccorriamo solo i migranti, ma vigiliamo su chi va per mare, dai pescatori ai diportisti. L’altro giorno, per fare un esempio, con la collaborazione dei Vigili del fuoco, abbiamo tratto in salvo un pescatore rimasto bloccato su una scogliera a 35 metri sopra il livello del mare nei pressi del Faro di Ponente. Loro si sono calati dall’alto e noi siamo intervenuti con una motovedetta. Alla fine lo abbiamo recuperato e consegnato al 118».
Il fattore umano
«Ci mettiamo in mare – prosegue il tenente Verde – dopo aver ricevuto l’allerta dal Centro operativo nazionale di Roma o dal Settore operativo regionale di Palermo, che raccolgono le segnalazioni di imbarcazioni in difficoltà. Spesso si tratta di barchini in ferro di circa 9 metri, stracarichi, che quando si fermano per un’avaria o perché è finito il carburante rischiano di affondare in poco tempo. La segnalazione può venire da un aereo di ricognizione del sistema di soccorso (Sar, Search and rescue) o anche da una nave mercantile o da un peschereccio che ha l’obbligo di prestare i primi soccorsi. A volte la segnalazione parte dal telefono satellitare di uno dei migranti: in quel caso la ricerca è più difficile, anche se cerchiamo di ricostruire le coordinate della loro posizione». «I nostri equipaggi – tiene a precisare il comandante – sono costituiti da sette persone, con un soccorritore marittimo che, quando agganciamo l’imbarcazione in difficoltà, deve essere pronto a tuffarsi per favorire il trasbordo delle persone attraverso una sorta di lettiga-salvagente. A bordo ci sono anche un medico e un infermiere del Cisom (Corpo italiano di soccorso dell’Ordine di Malta) e un mediatore culturale dell’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni). Sono figure fondamentali: l’equipe sanitaria tratta immediatamente i migranti raccolti e predispone il soccorso a terra, segnalando se ci sono casi particolari, emergenze o donne in stato di gravidanza; mentre il mediatore culturale riceve e fornisce indicazioni fondamentali per la riuscita dell’operazione di soccorso». Il collaudo della generosità Le motovedette sono collaudate per accogliere un centinaio di migranti accanto agli uomini e alle donne dell’equipaggio. Eppure non è raro vederle tornare in porto con molte più persone a bordo. «La legge del mare ci obbliga a salvare le vite e – osserva ancora il comandante Verde – in determinate condizioni, può accadere di doversi spingere un po' più in là. Non è solo la Guardia costiera ad agire così, ma tutte le forze armate, anche di altri paesi presenti a Lampedusa. Con tutti c’è un clima di collaborazione duraturo e forte. Al momento ci sono unità navali svedesi, danesi e lituane che, nell’ambito dell’operazione europea Frontex, partecipano all’operazione "Italy", mentre un nostra motovedetta tra qualche giorno dovrà raggiungere le acque greche». All’interno dell’imbarcazione di soccorso c’è un crocifisso: «Non è un caso se sta lì – dice il maresciallo Roberto Triolo – insieme ai giubbotti e alle cinture di salvataggio. Prima di partire per un’operazione di soccorso lo guardiamo e facciamo il segno della croce perché ci assista». (Nino Arena – Ufficio Migrantes Arcidiocesi di Messina Lipari S. Lucia del Mela).

L’istinto di Lampedusa per l’accoglienza. Intervista a Pierangela Allegro

6 Febbraio 2025 - Nel fitto calendario di incontri organizzato dalla Commissione regionale per le migrazioni della Conferenza episcopale siciliana, in “trasferta” a Lampedusa, non mancherà un momento di condivisione, fissato per la giornata di domani 7 febbraio, con i ragazzi del Centro diurno per il disagio psichico, la cui responsabilità, a partire dal 2021, è nelle mani della dottoressa Pierangela Allegro, tecnico della riabilitazione psichiatrica. Una giovane professionista, da sempre innamorata del suo lavoro e dei suoi pazienti, che nell’arcipelago delle Pelagie ha trovato la propria dimensione. Perché quello con Lampedusa potrebbe davvero essere definito un “amore a prima vista”, «sebbene fino a quel momento, pur essendo siciliana, e più precisamente palermitana, non fossi neanche consapevole di dove fosse collocata geograficamente l’isola».
L’attività del centro diurno
Una scoperta nella scoperta, dunque, per la dott.ssa Allegro, a cui è bastato poco per decidere di trasferirsi in pianta stabile a Lampedusa, «con cui si è creato un legame speciale, nonostante le difficoltà che possono esserci». Difficoltà che si accentuano nei mesi invernali, quando torna a prendere il sopravvento la dimensione più “selvaggia” dello “scoglio”, quella che Pierangela ama di più, al punto che «nel periodo estivo, oltre che dedicarmi al lavoro preferisco stare più a casa», come in una sorta di letargo a senso inverso. «Il Centro diurno semiresidenziale – spiega la dottoressa – esiste dal 2005, e in questi anni sono state prese in carico circa 500 persone. All’interno vengono svolte sia attività strutturate, di gruppo, sia attività singole per quegli utenti che hanno dei piani riabilitativi personalizzati. Parliamo di utenti con terapie farmacologiche anche abbastanza importanti che hanno bisogno di essere seguiti bene. Sul posto sarebbe necessaria la presenza di un’equipe multidisciplinare, composta da altri tecnici della riabilitazione, un medico specializzato in psichiatria, un infermiere e, lì dove necessario, anche un operatore socio-sanitario (OSS). Nei fatti, però, sono stabilmente presente sul posto solo io, che in alcuni giorni della settimana mi avvalgo del supporto di un medico specialista in psichiatria che svolge attività ambulatoriale».
La decisione di rientrare in Sicilia
Un impegno costante, dunque, quello profuso da Allegro, la cui decisione di prendere parte alla selezione pubblica indetta dall’Azienda sanitaria provinciale competente per l’individuazione di un tecnico della riabilitazione psichiatrica, «è stata figlia di alcune domande esistenziali che mi sono posta dopo il periodo del Covid. Ho lavorato per oltre 10 anni in Lombardia, all’ospedale “San Paolo” di Milano e, come ben sappiamo, nel nord Italia sia la prima che la seconda ondata della pandemia, nel 2020 e nel 2021, hanno avuto degli effetti disastrosi. Mi sono cominciata a interrogare su cosa effettivamente volessi dalla mia vita, se fossi disposta a stare ancora così lontano dalla mia famiglia… E mi sono risposta di no». Cogliendo quindi la possibilità di partecipare a questa selezione ha deciso di tornare «e oggi eccomi qui, a Lampedusa». Dove è riuscita a coniugare sia l’aspetto professionale che quello affettivo: «La mia compagna è lampedusana, gestisce un’attività di ristorazione e stiamo progettando di costruire qualcosa di importante insieme».
Lampedusa e la sua capacità di accoglienza
Sull’accoglienza, quella che in fondo lei stessa ha potuto sperimentare in prima persona, la dottoressa Allegro non ha dubbi: «Lo spirito di accoglienza dei lampedusani è qualcosa che non si trova da nessun’altra parte, è quasi un istinto» e per cercare di far capire meglio il suo pensiero, torna con la mente all’estate del 2023, quella degli arrivi che portarono l’hotspot di Contrada Imbriacola a non essere più sufficiente in termini di capienza: «Ricordo in particolare uno sbarco in cui arrivarono moltissime donne e bambini. La mia compagna ha subito organizzato un passaparola e nel giro di poche ore siamo stati letteralmente riempiti di vestiti e giochi per bambini e neonati. Così come sono rimasta sorpresa – continua Pierangela –, dalla compostezza e dall’ordine con cui, sempre in uno di quei giorni in cui l’hotspot non riusciva più a contenere i migranti, quest’ultimi si sono pacificamente spinti verso il centro del paese fino a raggiungere il sagrato della chiesa di San Gerlando, in attesa di ricevere un piatto di pasta». Scene non nuove alle latitudini lampedusane, che spesso, però, vengono oscurate da immagini, a senso unico, dal sapore di “invasione”. (Elena De Pasquale – Ufficio Migrantes Diocesi Messina Lipari S. Lucia del Mela). [caption id="attachment_53938" align="aligncenter" width="1024"]Pierangela Allegro Pierangela Allegro all'interno del Centro di cui è responsabile.[/caption]

La Fondazione Migrantes torna a Lampedusa, “cuore del Mediterraneo”

5 Febbraio 2025 - Dal 6 al 9 febbraio l’arcipelago delle Pelagie farà da cornice all’incontro della Commissione regionale per le migrazioni della Conferenza Episcopale Siciliana. Sono passati esattamente 14 anni, era il febbraio 2011, da quando Lampedusa, la più grande delle due isole che compongono l’arcipelago delle Pelagie, si ritrovò investita dall’ondata della "emergenza nord-Africa", così come fu ribattezzata dal governo italiano. Era l'effetto diretto della Primavera Araba, la grande rivoluzione dei giovani che nel 2010 interessò i Paesi del Maghreb. E così, nel giro di poco meno di un anno, migliaia e migliaia di giovani, spinti da un desiderio di libertà, abbandonarono le coste del Nord-Africa dirigendosi verso l’Italia alla ricerca di futuro e soprattutto di speranza. Quella speranza che, nonostante tutto, nonostante tutti, gli abitanti dell’isola di Lampedusa sono stati in grado di donare alle migliaia di migranti giunti sulle coste di quel fazzoletto di terra geograficamente più vicino all’Africa che all’Italia. Una testimonianza di coraggio e di prossimità che la Fondazione Migrantes ha deciso di raccontare a fianco dei lampedusani sulla spinta delle parole dell’allora parroco dell’isola, don Stefano Nastasi: «Certe cose non possono essere raccontate, devono essere vissute, qui accanto a noi, se non venite a vedere con i vostri occhi non lo potete capire».
Raccontare la speranza
La prima fase del progetto, intitolato “La Migrantes a Lampedusa. Raccontare la Speranza”, ha narrato un altro volto dell’Isola, cercando di captarne l’animo e il cuore, dando la parola a chi ne conosceva e ne conosce tuttora anche l’angolo più remoto. Le testimonianze sono state raccolte in un “Diario di Bordo” diventato non solo un contenitore di cronaca, ma anche di emozioni, di sentimenti, che gli isolani, grazie al rapporto instauratosi, hanno deciso di rivelare e raccontare. Mantenendo un filo conduttore con il tema centrale della missione lampedusana, ovvero “Raccontare la Speranza”, l’idea della Fondazione, sempre nel 2011, è stata quella di ritornare nel cuore del Mediterraneo per raccontare, ma soprattutto raccogliere, entro la “cornice” di un libro dal titolo “Sullo stesso barcone. Lampedusa e Linosa si raccontano”, i pensieri e le testimonianze degli isolani dopo la fase clou dell’emergenza. Il testo, in cui sono state raccolte oltre 40 testimonianze, è riuscito a far comprendere, a quanti hanno osservato i fatti di Lampedusa attraverso la tv, che le vicende vanno analizzate e considerate sotto diversi punti di osservazione: nel caso specifico quello della comunità lampedusana, che in tutte le sue componenti ha affrontato i giorni dell’emergenza con profondo spirito di collaborazione e condivisione delle sofferenze altrui. "Sullo stesso barcone" (copertina) Il “viaggio” editoriale attraverso le strade di Lampedusa e Linosa e la volontà di raccontare qualcosa di diverso oltre l’emergenza ci ha fatto ben presto comprendere anche le tante emergenze che caratterizzano la quotidianità degli isolani. Nasce così il progetto “Lampedusa e Linosa 365 giorni in rete”, un contenitore di articoli scritti di pugno dagli isolani. Una “finestra” aperta su un territorio poco conosciuto, o conosciuto solo in certe parti, i cui contorni sono stati disegnati esclusivamente dagli abitanti dell’Isola.
La voglia di una vita dignitosa: cuore pulsante del Mediterraneo
Ed arriviamo ad oggi, perché l’Ufficio Regionale per le Migrazioni della Conferenza Episcopale Siciliana, grazie al supporto fornito dalla Fondazione Migrantes, ha deciso di tenere proprio nell’isola delle Pelagie il primo incontro del 2025 della Commissione composta dai direttori Migrantes delle diciotto Chiese di Sicilia, presieduta dal vescovo delegato S.E. mons. Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo e membro della Commissione Episcopale per le Migrazione della Conferenza Episcopale Italiana. L’evento, che rappresenta un momento centrale per quanti, in Sicilia, si occupano della pastorale migratoria, sarà una nuova occasione di studio, ascolto e riflessione delle diverse anime di un’Isola che continua comunque a rappresentare un punto di passaggio per quanti attraversano la rotta migratoria del Mediterraneo centrale per raggiungere i Paesi europei. Al netto, infatti, delle numerose evoluzioni normative che hanno interessato e interessano la materia delle migrazioni - caratterizzate da logiche securitarie mirate a rendere la categoria dei “migranti forzati”, ma non solo loro, un pericolo sociale da affrontare non con logiche di inclusione ma di esclusione - Lampedusa continua a essere testimone diretta di un fenomeno, quello migratorio, impossibile da contenere, perché animato dal desiderio che è essenza stessa del mondo: la voglia di vivere e sopravvivere. Cuore pulsante di un Mediterraneo, sempre meno “mare nostrum” e sempre più “mare mortuum”. (Elena De Pasquale - Ufficio Migrantes Diocesi di Messina Lipari S. Lucia del Mela)

Si riunisce a Lampedusa la Commissione dell’Ufficio regionale per le Migrazioni della Conferenza episcopale Siciliana

4 Febbraio 2025 - Dal 6 al 9 febbraio si riunisce a Lampedusa la Commissione dell’Ufficio regionale per le Migrazioni della Conferenza episcopale Siciliana, assieme al vescovo delegato, mons. Corrado Lorefice. Nel corso delle quattro giornate di presenza a Lampedusa, si darà voce alle diverse anime dell’Isola e si toccheranno alcuni luoghi simbolo, in un percorso di riflessione animato da intensi momenti di confronto. Troveranno spazio gli studenti delle scuole medie e superiori coinvolti nel progetto formativo “Il Viaggio della Vita”, sostenuto in questi anni dalla Fondazione Migrantes; il parroco don Carmelo Rizzo; le suore della comunità intercongregazionale e gli operatori pastorali della parrocchia di “San Gerlando”; don Stefano Nastasi, parroco a Lampedusa durante gli accadimenti relativi alla Primavera Araba e per la visita apostolica di Papa Francesco dell’8 luglio 2013; gli uomini e le donne di Guardia Costiera e Guardia di Finanza, tasselli fondamentali della macchina dei salvataggi e dei soccorsi in mare; i volontari, gli uomini e le donne del Poliambulatorio; i rappresentanti e le voci delle organizzazioni umanitarie e delle associazioni presenti sull’isola pelagica (aggiornato il 5 febbraio 2025).
Il programma completo
Mercoledì 5 febbraio ore 18.00 - Celebrazione eucaristica parrocchia “S. Gerlando”. Giovedì 6 febbraio ore 16.00 - Incontro presso la sede della Guardia Costiera. ore 18.00 - Celebrazione eucaristica parrocchia “S. Gerlando”. ore 19.00 - Incontro con la comunità parrocchiale. Venerdì 7 febbraio ore 09.00 - Incontro con gli studenti delle seconde classi della scuola secondaria di primo grado I.C. “Luigi Pirandello”. ore 10.45 - Incontro con gli studenti delle terze classi della scuola secondaria di secondo grado liceo “Ettore Maiorana”. ore 12.30 - Incontro con gli operatori del Poliambulatorio e con gli utenti del Centro Diurno, persone con disagio psichico. ore 16.00 - Incontro della Commissione Regionale per le Migrazioni della C.E.Si. “Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli” (Eb 13,2). ore 18.00 - Celebrazione eucaristica parrocchia “S. Gerlando”. ore 21.00 - Incontro con Giacomo Sferlazzo. Artista, cantautore, cantastorie, attivista. Sabato 8 febbraio (Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone) ore 08.30 - Celebrazione eucaristica parrocchia “S. Gerlando” ore 09.00 - Incontro con il direttore scientifico e gli operatori del progetto educativo “Il Viaggio della Vita”, finanziato dalla Fondazione Migrantes, per gli insegnanti e gli alunni dalle elementari al liceo. ore 10.15 - Percorso di preghiera e riflessione nei luoghi simbolo dell’Isola: Porta d’Europa, Molo Favaloro, Hot spot. ore 16.00 - Incontro presso la sede della Guardia di Finanza. ore 17.00 - Visita al Museo Archeologico delle Pelagie. ore 19.00 - Tavola rotonda aperta alla comunità civile “Lampedusa, il Mediterraneo e la profezia del Vangelo”. Con S.E. mons. Corrado Lorefice, don Stefano Nastasi (già parroco di Lampedusa) e don Carmelo Rizzo (parroco di Lampedusa). A concludere, preghiera interreligiosa per la pace Domenica 9 febbraio ore 08.30 - Visita al Santuario della Madonna di Porto Salvo. ore 09.45 - Visita al Cimitero, preghiera e testimonianze. ore 11.00 - Celebrazione eucaristica parrocchia “S. Gerlando”.

Per informazioni: migrantes.me@alice.it

“Dobbiamo fare di più per l’accompagnamento fraterno degli immigrati”. Due vescovi si appellano alle proprie diocesi

4 Febbraio 2025 - "L’accompagnamento dei fratelli e delle sorelle immigrati è qualcosa che ci interpella fortemente come Chiesa". Inizia così l'appello che il vescovo di Pistoia, S.E. mons. Fausto Tardelli ha voluto rivolgere a tutta la sua diocesi nel giorno della Festa della Presentazione del Signore. "Senza trascurare gli italiani - continua mons. Tardelli -, dobbiamo fare di più per l’accompagnamento fraterno degli immigrati, proprio in questo nostro tempo dove, paradossalmente, le situazioni di fragilità nel mondo anziché diminuire aumentano". Il presule, facendo riferimento al contesto dell'anno giubilare, ricorda anche che "come chiesa non possiamo risolvere un problema così grande come quello dell’immigrazione", ribandendo il ruolo di "supplenza nei confronti di uno Stato, di amministrazioni locali ma anche internazionali a cui di per sé competerebbe la risoluzione del problema migratorio e, particolarmente, la gestione dell’accoglienza di chi si trova nel nostro Paese". Ciononostante, il vescovo di Pistoia chiede "a tutti i parroci ma anche ai religiosi e alle religiose, come a tutti i laici di buona volontà, la disponibilità di ambienti da destinare all’accompagnamento di singoli o di piccoli gruppi di immigrati" e "la disponibilità di persone che, come volontari, si prestino per seguire questo servizio ai fratelli immigrati". L'appello segue di pochi giorni una nota del vescovo di san Marco Argentano-Scalea, mons. Stefano Rega sulla possibile apertura allo Scalo di San Marco Argentano di un Centro di accoglienza per migranti (CAS). Il tono e la preoccupazione pastorale sono simili. "Il Vangelo di Gesù Cristo – scrive mons. Rega –  ci apre all’accoglienza e anch’io, vorrei dirvi, a cuore aperto, non abbiate paura, perché chiunque accoglie lo straniero troverebbe nel testo biblico la giusta motivazione: ‘perché anche tu sei stato straniero’". Il vescovo di San Marco Argentano-Scalea vede anche in questa situazione una "possibile provocazione alla nostra fede e testimonianza cristiana".

I LIBRI DELLA FONDAZIONE MIGRANTES

31 Gennaio 2025 - Le voci silenziate dell’accoglienza di Michele Rossi, disponibile dall'11 febbraio 2025, è il 25° volume della collana "Quaderni Migrantes" (Tau editrice) promossa e curata dalla Fondazione Migrantes. Si tratta del frutto di un lungo percorso di ricerca, che ha coinvolto quasi 400 migranti inseriti o esclusi dai sistemi di accoglienza italiani e quasi 200 operatori. Le voci silenziate dell’accoglienza sono innanzitutto quelle di chi – in un mondo scosso da guerre sempre più sanguinose e disuguaglianze sempre più estreme – cerca protezione, pace e libertà in Europa, sfidandone le frontiere fortificate, i respingimenti. Le voci di chi è arrivato in Italia cercando sicurezza e la protezione. Le ha trovate? È stato accolto? Come appare l’accoglienza agli occhi di chi la riceve? Che cosa ne pensano i diretti interessati? Come ne interpretano le pratiche e i servizi? Rispondono alle loro urgenze, bisogni, desideri? La voce silenziata è anche quella degli operatori dei diversi sistemi di accoglienza, lavoratori che quotidianamente affrontano con i rifugiati le contraddizioni, le criticità, le disconnessioni di un sistema incompiuto e frammentato, in cui la parola protezione fatica a concretizzarsi nella realtà. Le loro parole restituiscono un punto di vista “altro”, in ombra perché trascurato, se non esplicitamente silenziato nel dibattito pubblico, cui non hanno diritto di parola. Allo specchio, migranti e operatori, riflettono da dentro, mettendo in gioco gli specifici angoli visuali e attraverso i loro vissuti è possibile comprendere in un modo inedito l’accoglienza, le sue dinamiche, le sue logiche, il suo possibile sviluppo.

Mons. Perego al Consiglio dei Giovani del Mediterraneo a Palermo

8 Novembre 2024 - L’accoglienza al centro per una pace concreta tra popoli. Dal 7 al 10 novembre il Consiglio dei Giovani del Mediterraneo si confronta con tante realtà che si occupano di accoglienza sul tema “Non c’è pace senza accoglienza” nella memoria del Beato Giuseppe Puglisi. Come opera-segno dell’iniziativa verrà lanciato, in vista del Grande Giubileo del 2025, il progetto destinato a tutte le Comunità Mediterranee “Prendersi cura – una famiglia per ogni comunità”. Ad organizzare le giornate del progetto della Conferenza Episcopale Italiana “Consiglio dei Giovani del Mediterraneo” oltre al Centro di Accoglienza Padre Nostro, sono la Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia e la Rete Mare Nostrum con il patrocinio della Presidenza della Regione Siciliana. Agli incontri parteciperanno, dando la loro testimonianza, dodici giovani provenienti da vari Paesi del Mediterraneo. Nel ricco programma della manifestazione è prevista alle ore 15:30 di venerdì 8 novembre una tavola rotonda sul tema “Mediterraneo ed accoglienza” , con don Marco Pagniello (direttore generale di Caritas Italiana), Alfonso Cinquemani del Centro Astalli, Mario Affronti (Ufficio Regionale per l’immigrazione – CESI) e con mons. Gian Carlo Perego (presidente della Fondazione Migrantes): "Se la solidarietà è il nuovo nome della pace - come diceva S. Giovanni Paolo II - soltanto un Mediterraneo luogo di solidarietà e accoglienza e nn luogo di guerra, armato, di respingimenti e di morte, non un muro ma una strada, diventerà segno di pace".

(fonte: il Mediterraneo24)

[caption id="" align="aligncenter" width="696"] (foto: unitedworldproject.org)[/caption]

Migrantes Torino: dal 21 aprile un corso per famiglie che desiderano accogliere

9 Aprile 2021 - Torino - Un corso per famiglie che desiderano accogliere. Lo propone, dal prossimo 21 aprile, l'Ufficio Migrantes di Torino ed è rivolto a chi è interessato all'accoglienza dei rifugiati che necessitano ancora di un supporto per poi poter proseguire in autonomia il loro percorso di integrazione nel nostro paese. Si tratta di un percorso di formazione, con il confronto con chi ha già vissuto questa esperienza, rivolto a singoli e famiglie che vogliono sperimentare l’accoglienza di un rifugiato nella propria casa. Il corso è articolato in quattro incontri di approfondimento dedicati ai temi delle aspettative, dei diritti e dell’esperienza di accoglienza. Il corso, promosso dalla Migrantes di Torino, si avvale della collaborazione dell’Associazione Famiglie Accoglienti, nell’ambito del progetto Rifugio Diffuso promosso dall’Ufficio Stranieri di Torino.

Gesuiti: “la pandemia ha aggravato le disuguaglianze nel sistema di accoglienza”

9 Aprile 2021 - Roma - “Di male in peggio. Il Covid-19 aggrava le disuguaglianze nell’accoglienza dei richiedenti asilo”. E’ questo il titolo del rapporto realizzato dal Jesuit Refugee Service comparando i vari Paesi europei. “Tra la fine di febbraio e l'inizio di marzo 2020 – si legge nel rapporto - è diventato chiaro che l'epidemia di Covid-19 aveva raggiunto l'Europa. A metà marzo quasi tutti gli Stati membri dell'Ue hanno adottato una serie di misure per limitare il contagio, comprese misure come quella di limitare i viaggi sia nazionali che internazionali. Inoltre, in molti paesi, i governi hanno ordinato alle loro popolazioni di rimanere a casa e prendere le distanze in presenza di altre persone”. “In molti paesi europei – continua il rapporto - il Jrs è attivo nel fornire accoglienza ai richiedenti asilo, sia all'interno dei sistemi di accoglienza nazionali o colmando alcune lacune di tali sistemi. Jrs ha quindi assistito in prima persona alle difficoltà incontrate dai richiedenti asilo nell'adesione alle misure di prevenzione del Covid-19 dovendo spesso condividere i loro spazi di vita con molte altre persone. Il Jrs ha anche rilevato come la già carente fornitura di accoglienza e assistenza sia stata aggravata dalla pandemia”. “Insieme a partner in nove Stati membri dell'Ue (Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Malta, Portogallo, Romania e Spagna) abbiamo deciso di mappare e analizzare la possibilità di accedere e rimanere nel sistema di accoglienza durante la pandemia. Abbiamo anche studiato l’impatto delle misure di prevenzione del Covid-19 sulle condizioni materiali di accoglienza. Infine, abbiamo esaminato la resilienza dei sistemi di accoglienza in tempi di pandemia esplorando fattori come la capacità di risposta delle autorità responsabili nel fornire orientamenti alle strutture di accoglienza e l'adattabilità dei diversi modelli di accoglienza ai requisiti del Covid-19. Abbiamo raccolto e confrontato le informazioni relative alla situazione in questi campi in precedenza, durante e dopo il blocco iniziale, tenendo traccia degli sviluppi rilevanti fino a fine novembre 2020. In questo rapporto, "lockdown" si riferisce al periodo in cui il più alto numero di restrizioni (cioè limitazioni di movimento, limitazione massima della vita sociale e pubblica e raduni, chiusura di negozi, bar e ristoranti) erano in atto nella maggior parte dei paesi. Il periodo di lockdown iniziale è iniziato approssimativamente a metà marzo ed è durato fino a maggio/giugno 2020, per la maggior parte dei paesi. Questo è stato seguito da un periodo in cui le restrizioni per il Covid-19 sono state allentate, sebbene mai completamente rimosse. Nell'estate del 2020, alcuni paesi hanno reintrodotto misure più rigorose e all'inizio di novembre 2020 erano entrate in vigore nuove forme di lockdown di nuovo nella maggior parte dei paesi presi in esame”. “Questa ricerca si basa sulle informazioni raccolte dall'esperienza diretta dei partner del Jrs che prestano servizi nelle strutture di accoglienza e organizzano direttamente l'accoglienza per i richiedenti asilo, all'interno dei sistemi nazionali formali o indipendentemente. Le informazioni sono state verificate in modo incrociato e integrate da una ricerca documentale per confermare i nostri risultati. Nei casi di Belgio e Spagna, dove i partner del Jrs Europa non sono direttamente coinvolti nell'accoglienza dei richiedenti asilo, le informazioni sono state raccolte principalmente attraverso ricerche documentali e contatti con altre organizzazioni nazionali pertinenti”. “Il nostro lavoro è stato limitato da diversi fattori al di fuori del nostro controllo: l'intrinsecamente volatile situazione correlata alla pandemia si traduce in misure che sono in continua evoluzione e difficili da seguire e valutare, soprattutto visto il breve lasso di tempo durante il quale abbiamo la mappatura. Inoltre, l'esperienza diretta dei nostri partner non è sempre in grado di riflettere un'immagine completa delle problematiche legate all'accoglienza in un dato paese. Questo è in particolare il caso dei paesi in cui l'accoglienza è organizzata da una grande moltitudine di attori o dove la responsabilità è decentralizzata. Tuttavia, siamo fiduciosi che i risultati che presentiamo sono sufficientemente rappresentativi per consentirci di trarre lezioni pertinenti e raccomandazioni per il futuro, sia nel contesto di una pandemia, sia più in generale per una politica di accoglienza umana, accogliente e inclusiva”.