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Migrantes Sicilia, mons. Noto: no a provvedimenti contro i migranti nella logica del capro espiatorio

25 Agosto 2020 - Palermo - Pubblichiamo l’intervento del vescovo di Noto, mons. Antonio Staglianò, delegato della Conferenza episcopale siciliana per le Migrazioni (Migrantes), sull’ordinanza n. 33 del governatore della Sicilia, Nello Musumeci, sui migranti. “Le prove possono indurire o temprare”, scriveva in tempi difficili Etty Hillesum. Vale per l’esperienza del Covid e del dopo-Covid, di questo tempo ambivalente: al rigore con cui abbiamo arginato il pericolo, è subentrata tanta incertezza e oscillazione nei comportamenti e nei provvedimenti a tutti i livelli. E questo forse potrebbe spiegare atteggiamenti irrazionali quale quello di attribuire colpe individuando un capro espiatorio, come possono essere i migranti, quando in questo momento il pericolo vero è un movimento incontrollato, e forse poco controllabile, a motivo del turismo e della movida. Spiegare, ma non giustificare! Ancor più non si giustifica un agire di alcuni politici, tendente a usare la paura per un facile, immediato, consenso: chi governa deve piuttosto aiutare la comunità a fronteggiare pericoli e paure con senso di grande prudenza e proporre soluzioni ispirate ai grandi valori della nostra Costituzione. Per questo preoccupa e non appare accettabile, dal punto di vista razionale ed evangelico, quanto si prevede con l’ordinanza 33 del 22 agosto emanata dal presidente della Regione Sicilia, onorevole Musumeci, con cui si semplifica la complessità dei problemi relativi al Covid individuando la loro soluzione nella chiusura ai migranti e rischiando uno scontro tra istituzioni, che solo può disorientare e accrescere un clima emotivo e superficiale, “indurito” e non “temprato” dalla prova. Chiediamo allora in tanti, credenti e uomini di buona volontà, vie e provvedimenti che permettano alla politica di essere l’arte del bene comune. Ricordiamo che l’uomo, ancor più l’uomo debole come il migrante e il povero, deve restare “fine” e mai essere ridotto a “mezzo”. Si torni a ragionare e a operare su tutti i fronti per salvaguardare sicurezza e solidarietà con sano realismo e custodia dei grandi valori che ci fanno restare umani. I migranti sono persone, per i credenti sono una visita di Dio, tanto quanto lo sono i poveri del nostro territorio e la gente che in questo momento soffre per la mancanza di lavoro e di speranza. La vera sicurezza, insieme a un’attenzione sanitaria che attivi misure preventive a tutti i livelli e regole che possano arginare assembramenti non controllabili, è dare a poveri e migranti dignità e percorsi di integrazione, operando per l’emersione di ogni forma di sfruttamento, e questo previene anche reali pericoli sanitari, e non solo. Cosa vuol dire, infatti, allontanare dei migranti e tollerare poi tanto degrado in cui vengono lasciati loro, ma anche i più deboli della nostra società? Frutto del degrado è la violenza: lo abbiamo visto nel caso drammatico del piccolo Evan, come di tanti bambini lasciati morire nel Mar Mediterraneo. Nuove stragi di innocenti! Lasciamoci allora istruire dal tempo di crisi, in cui abbiamo tutti sperimentato la nostra fragilità e mortalità, per vivere nella solidarietà verso tutti e accresciamo tutto ciò che previene, cura, integra, sostiene. La Sicilia, lo abbiamo ricordato da anni noi vescovi di questa adorabile regione, per posizione geografica e per vocazione, è terra di ospitalità e di incontro. Il nostro tempo per altro ha portato a compimento i processi di globalizzazione, per cui è impossibile fermare i movimenti migratori. Una politica lungimirante aiuti il futuro dell’umanità, e la Sicilia resti faro di civiltà! Quanto ai credenti, esiste solo l’unica famiglia umana: il Dio che Gesù ci ha rivelato è il padre di tutti e, come ha ricordato il papa durante l’Angelus di domenica scorsa, alla fine della vita e della storia, “il Signore ci chiederà conto di tutti i migranti caduti nei viaggi della speranza, vittime della cultura dello scarto”. Dio, per questo, chiede di non fermarsi a un “cattolicesimo convenzionale” fatto di devozioni superficiali, ma ispira, in coloro che lo vogliono seguire sul serio, sentimenti di compassione e passi di fraternità, come testimoniano i percorsi delle nostre Caritas e degli uffici Migrantes verso tutti i poveri, senza distinzione tra vicini e lontani. Anche tante donne e uomini di buona volontà operano in questa direzione. Impegniamoci allora insieme a rigenerare i nostri territori nella solidarietà e nella giustizia e, nel mondo, a fermare le guerre, a gettare ponti tra le nazioni e i popoli, sull’esempio di un politico esemplare, figlio della nostra terra, come Giorgio La Pira, che amava ricordare come la storia va verso un futuro di pace e di giustizia a cui siamo chiamati insieme. Lasciamoci istruire nella sapienza dalla crisi e prepariamo tempi migliori per il mondo, e quindi – l’amore vero di ogni genitore lo richiede! – per le nuove generazioni, fermando le nostre migrazioni, le migrazioni dei giovani, con politiche del lavoro che uno stile alto della politica, attenta ai veri problemi, è in grado di ispirare, generando energie costruttive e creando mobilitazioni solidali a vantaggio di tutti. +Antonio Staglianò Vescovo di Noto Delegato della Conferenza Episcopale Siciliana per le Migrazioni

Vescovi Messico: politiche migratorie più giuste e accessibili

25 Agosto 2020 - 25 Agosto 2020 - Città del Messico - Le politiche "che cercano di frenare e reprimere la migrazione favoriscono soltanto i gruppi criminali", per i quali chi scappa dalla propria terra e affronta lunghi viaggi per sottrarsi a sofferenze e ingiustizie è considerato alla stregua di un "oggetto di affari che genera ingenti somme di denaro". È la nuova denuncia dei vescovi messicani all’indomani dell’appello lanciato dal Papa all’Angelus. In un messaggio a firma del vescovo José Guadalupe Torres Campo, presidente della dimensione episcopale di pastorale della mobilità umana della Conferenza dei presuli del Paese, si ricorda l’anniversario del massacro dei 72 migranti avvenuto il 24 agosto 2010 a San Fernando, nello stato di confine di Tamaulipas: persone di diverse nazionalità (Brasile, Ecuador, Nicaragua, Honduras, Guatemala, El Salvador), che "cercavano una vita migliore" e vennero uccise brutalmente. Un evento drammatico che, per l’episcopato messicano, richiama alla memoria le tragedie di tanti altri migranti "che ancora oggi continuano a essere vittime della criminalità organizzata" e costituisce un forte richiamo a promuovere "politiche migratorie più giuste e accessibili che non costringano i migranti a vivere nella clandestinità" trasformandoli in "facile preda per questi gruppi". "Come Chiesa — assicurano i presuli — ci addolora la situazione che stanno attraversando molti fratelli e sorelle migranti, e siamo solidali con le famiglie di questi 72 e di tutte le persone migranti che sono stati vittime della criminalità organizzata nel nostro Paese e che oggi reclamano giustizia e verità". (Oss. Romano)

Peruviani in Italia: il 30 agosto preghiera per il Perù e per il mondo colpito dalla pandemia

25 Agosto 2020 - Roma - Il 30 di agosto in tutte le Messe e nella “vostra preghiera personale a pensare al Perù, a tutto il continente latinoamericano, al mondo, alle migliaia e milioni di nostri fratelli che sono morti e che moriranno a causa di questo virus, una preghiera particolare per quelli della foresta amazzonica, dove non hanno niente... nelle vostre cappellanie Latinoamericani, nella preghiera dei fedeli, mettiamo questa intenzione, anche nella nostra preghiera personale di recitare il Santo Rosario”. Lo chiede il coordinatore dei peruviani in Italia ricordando la protettrice del Perù, Santa Rosa da Lima morta a soli 32 anni, segnata da innumerevoli prove e sofferenze. “Lei aiuta i medici, gli infermieri che sono in Italia, tanti peruviani che lavorano nelle case di cura in Italia e negli ospedali”, ricorda il sacerdote: “voi infermieri peruviani che lavorate a Milano, Treviso, Torino, Loano, Roma, Genova e altri luoghi, continuate ad essere come la nostra cara Santa Rosa”. “Il giorno in cui morì vittima della peste – spiega – con febbri altissime, disse: ‘Gesù, Gesù, Gesù, sia sempre con me’ e così lasciò questo mondo e andò dal Padre. Chiedo a tutti di dire questa frase, ripetiamola sempre: Gesù, Gesù, Gesù, siate sempre con me, con il Perù, con tutte le vittime di questo virus mortale, con l'Italia e il mondo intero. Sotto lo sguardo compassionevole del Signore dei Miracoli, che Rosa amava tanto, insieme a San Martin de Porres sono nati entrambi a quasi 100 metri dal santuario, benedite il mondo, la chiesa, chi soffre e il nostro amato continente latinoamericano”.

Migrantes e Caritas Palermo: “di fronte alla malattia siamo tutti uguali“

24 Agosto 2020 - Palermo - La Caritas e l’Ufficio Migrantes della diocesi di Palermo esprimono “forte preoccupazione” e “fermo dissenso” nei confronti dell’Ordinanza n. 33 del 22 agosto 2020 emanata dal Presidente della Regione Sicilia. Ciò che preoccupa nel testo del provvedimento, e nelle dichiarazioni rese alla stampa per presentarlo, è – si legge in una nota dei due uffici - “l’argomentazione solo in apparenza logica ma in realtà deficitaria sul piano razionale, nonché su quello umano ed evangelico”. L’Ordinanza parte “in verità da una costatazione del tutto condivisibile, mettendo in luce l’enorme disagio in cui versano oggi sia la popolazione siciliana, sia i migranti affluiti sulle nostre coste in questi mesi estivi. I motivi: penuria di strutture idonee all’accoglienza, assenza di servizi adeguati, mancata redistribuzione in ottemperanza agli accordi europei, deresponsabilizzazione degli altri Stati membri della CEE, fughe da hotspot e centri sovraffollati”, si legge nella nota: “ma già a questo livello la lettura del fenomeno si rivela fuorviante. Il disagio, il dolore, la fatica vengono giustamente attribuiti agli abitanti delle nostre isole senza prendere però in considerazione anche lo stato e il destino di migliaia di donne, di bambini e di uomini in fuga dalla fame e dalle guerre, che concludono in Sicilia, in maniera indegna, un lungo esodo in cerca di libertà e di vita buona. Come ha fatto notare a più riprese Papa Francesco, se dividiamo l’umanità in persone di serie A e di serie B, se non ci facciamo carico del dolore di tutti, siamo destinati al fallimento umano e politico”. Infatti, la conseguenza logica di questa situazione – secondo la Caritas e la Migrantes di Palermo - dovrebbe essere “una serie di atti amministrativi e legislativi volti a coniugare sicurezza e solidarietà, a tutelare i Siciliani e ad accogliere in maniera dignitosa i più poveri della terra. L’Ordinanza invece sceglie la via dell’ennesima negazione del diritto umano alla mobilità, la via mistificante di una nuova cosciente discriminazione. Tutti ricordano come la Regione Sicilia aveva nei mesi scorsi, per bocca dello stesso Presidente – si legge nella nota - prefigurato misure di controllo severissime per i turisti orientati a trascorrere le loro ferie in Sicilia (trovandosi tra costoro, anche persone provenienti da paesi ad alta diffusione primaria del covid). Di quel che fu preannunziato a maggio finora non si è visto nulla, né si sono messi in atto protocolli di sicurezza volti ad evitare assembramenti o altre forme di pericolosa promiscuità. Ma se coloro che provengono dai paesi del Nord del mondo, interessati fortemente dal coronavirus, possono muoversi ed entrare liberamente in Sicilia, perché i migranti no? Al contrario, quanti provengono dai paesi del Sud del mondo, quanti sono sottoposti giornalmente allo sfruttamento dell’Occidente, quanti hanno ‘ricevuto’ il covid dal Nord del pianeta, come una ennesima piaga, costoro no, non possono muoversi liberamente: rappresentano un pericolo sanitario. I poveri sono dunque pericolosi, devono essere discriminati, mentre proprio il covid ci ha insegnato che di fronte alla malattia siamo tutti uguali, che il virus non distingue i ricchi dai poveri, e si diffonde tra gli uni e tra gli altri, a causa degli uni e a causa degli altri, senza differenze di sorta”. La nota riporta, poi, le parole dell’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice durante il discorso alla Città del Festino di S. Rosalia il 14 luglio scorso:  “Se il virus non ci ha insegnato che il destino del mondo è uno solo, che ci salveremo o periremo assieme; se la pandemia ci ha resi ancora più pavidi e calcolatori, facendoci credere di poter salvare il nostro posto al sole, siamo degli illusi, dei poveri disperati. Basta con gli stratagemmi internazionali, con i respingimenti, basta con le leggi omicide”. Con l’Ordinanza del Presidente Musumeci si trasmette, a parere dei due uffici diocesani  un messaggio “intimamente sbagliato e antropologicamente pericoloso. Intimamente sbagliato, perché si attribuisce ai migranti la responsabilità di una diffusione del contagio che casomai è da attribuire alla mancanza di protocolli e di misure adeguate a tutelare i cittadini dell’isola e chiunque venga in Sicilia dall’Italia e dall’estero. Antropologicamente pericoloso, perché equipara i poveri agli untori e divide ancora una volta l’umanità in due, inconsapevolmente preparando e non evitando la catastrofe planetaria che verrà da un mondo disunito e disumano. È incredibile – dopo anni di studi e di ricerche sull’invenzione del capro espiatorio quale forma di perversione sociale – come vengano ancor oggi propinate teorie di questo tipo, utili forse demagogicamente sul piano del consenso politico spicciolo ma umanamente ed evangelicamente inaccettabili”. “Il Signore – ha affermato ieri papa Francesco all’Angelus – ci chiederà conto di tutti i migranti caduti nei viaggi della speranza. Sono stati vittime della cultura dello scarto”. “Solo l’abbraccio tra tutti gli uomini e l’abbraccio dell’umanità alla madre Terra potrà darci futuro e speranza”, conclude la nota.

Comunità di Sant’Egidio: oggi memoria di Jerry Masslo e di tutte le vittime del razzismo e dell’intolleranza

24 Agosto 2020 - Villa Literno  - Oggi,  a 31 anni dalla sua morte, la Comunità di Sant’Egidio ricorda Jerry Essan Masslo, il profugo sudafricano che alla fine degli anni Ottanta, fu ucciso per rapina nella povera baracca dove viveva insieme ai suoi compagni per la raccolta dei pomodori. Il suo omicidio commosse l’Italia provocando la prima grande manifestazione antirazzista dell’ottobre 1989 e suggerendo i primi provvedimenti legislativi nei confronti degli immigrati. "In un tempo difficile, a causa della pandemia, non vogliamo dimenticare - spiega la Comunità - il gravissimo problema dei braccianti stranieri sfruttati nelle campagne e costretti a vivere in alloggi più che precari. Un dramma a cui, a differenza di colf e badanti, il recente decreto ha potuto dare solo una risposta molto parziale, anche se, significativamente, proprio in Campania si è registrato il maggior numero di regolarizzazioni per i lavoratori agricoli. E restano soprattutto sentimenti di intolleranza e di xenofobia che occorre sempre condannare se si vuole costruire, per tutti, un futuro di pace, di giustizia e di integrazione". Masslo sarà ricordato oggi pomeriggio alle 17.30 al cimitero di Villa Literno, dove, davanti alla sua tomba la Comunità di sant'Egidio, sindacati e associazioni locali, daranno luogo ad una sua commemorazione, a cui seguirà una veglia di preghiera in ricordo anche dei tanti migranti morti, in diverse circostanze, mentre erano in Italia al lavoro nei campi.  

Lesbo: parte un nuovo gruppo di suore scalabriniane

24 Agosto 2020 - Piacenza – E’ partito un nuovo gruppo delle Suore Missionarie Scalabriniane per la missione a Lesbo. Sono suor Erica Ortiz, suor Maria Rosa Zanchin e suor Clarice Barp che insieme alla Comunità di Sant’Egidio sostengono i rifugiati che si trovano nel campo di Moria, che hanno fatto il loro viaggio della speranza verso l’Europa. Questa volta ad accompagnare le suore c’è anche Maria Vittoria Gazzola, giornalista piacentina, già a fianco delle Scalabriniane in altre attività missionarie. “Nonostante le restrizioni contingenti da e verso la Grecia per il Covid-19, stiamo partendo consapevoli della necessità di essere con i rifugiati in questo difficile periodo”, spiega sr. Milva Caro, superiora provinciale: “fra tanti porti chiusi a Lesbo si incontrano cuori aperti, di ogni parte del pianeta, di ogni fede, ma con un unico comune denominatore: la speranza di vivere in un mondo migliore”. Per Suor Neusa de Fatima Mariano, superiora generale, questa fase della missione a Lesbo “rientra nello straordinario progetto di collaborazione avviato con la Comunità di Sant’Egidio, che ringraziamo, a tutela dei migranti e dei rifugiati”.  

Papa Francesco: “il Signore ci chiederà conto di tutti i migranti caduti nei viaggi della speranza

24 Agosto 2020 - Città del Vaticano – “Il Signore ci chiederà conto di tutti i migranti caduti nei viaggi della speranza. Sono stati vittime della cultura dello scarto”. Lo ha detto ieri mattina dopo la recita dell’Angelus papa Francesco ricordando “il decimo anniversario del massacro di settantadue migranti e San Fernando, a Tamaulipas, in Messico” che si ricorda oggi. “Erano – ha detto il pontefice - persone di diversi Paesi che cercavano una vita migliore”. Papa Francesco ha quindi espresso “la mia solidarietà alle famiglie delle vittime che ancora oggi invocano giustizia e verità su quanto accaduto. Il Signore ci chiederà conto di tutti i migranti caduti nei viaggi della speranza. Sono stati vittime della cultura dello scarto”.

R.Iaria

Centro Astalli: “lasciar morire in mare i migranti non ci rende più sicuri o immuni dai mali del mondo”

20 Agosto 2020 -
Roma - Il Centro Astalli esprime "profondo cordoglio" e "dolore" per le vittime e "preoccupazione per la sorte dei migranti che "cercavano di venire in Europa per fuggire dalla Libia, paese in guerra e altamente instabile". Così il centro dei gesuiti per i rifugiati dopo il naufragio che ha causato la morte di almeno 45 persone al largo della costa libica. "Evacuare i migranti dalla Libia è l’unico modo per interrompere l’ecatombe nel Mediterraneo", evidenzia il Centro Astalli che chiede l'impegno di risorse per "aprire vie legali e quote d’ingresso negli Stati europei per coloro che fuggono da povertà, guerre e crisi umanitarie. Lasciar morire in mare i migranti non ci rende più sicuri o immuni dai mali del mondo".

R.I.

 

Naufragio migranti: almeno 45 morti davanti alle coste libiche

20 Agosto 2020 -

Milano - È successo quello che si temeva. Almeno 45 persone hanno perso la vita in un naufragio al largo della Libia, lunedì scorso. A confermare l’ennesima tragedia annunciata sono le agenzie Onu (Oim e Unhcr/ Acnur) in una nota congiunta. "Il peggiore naufragio da inizio anno davanti alle coste della Libia" scrivono in un tweet insieme.

"Senza un’operazione di soccorso dedicata e un meccanismo per gli sbarchi guidati dall’Ue, altre vite andranno perse nel Mediterraneo" avvertono. Circa 37 sopravvissuti, provenienti principalmente da Senegal, Mali, Ciad e Ghana, si legge in una nota, sono stati soccorsi da pescatori locali e posti in stato di detenzione dopo lo sbarco. Questi hanno riferito al personale dell’Oim che altre 45 persone, compresi cinque minori, hanno perso la vita a causa dell’esplosione del motore dell’imbarcazione al largo della costa di Zuara.

"Si continua a registrare l’assenza di programmi di ricerca e soccorso dedicati e a guida Ue. Temiamo che senza un incremento immediato delle capacità di ricerca e soccorso, ci sia il rischio che si verifichino disastri analoghi a quelli in cui si è registrato un elevato numero di morti nel Mediterraneo centrale, prima del lancio dell’operazione Mare Nostrum", denunciano le due organizzazioni.

L’Unhcr/Acnur e l’Oim esprimono forte preoccupazione per i recenti ritardi nelle operazioni di ricerca e soccorso. "Esortiamo gli Stati a rispondere rapidamente al verificarsi di tali eventi e a mettere a disposizione in modo sistematico e strutturato un porto sicuro per le persone soccorse in mare. I ritardi registrati nei mesi recenti, e l’omissione di assistenza, sono inaccettabili e mettono vite umane in situazioni di rischio evitabili". Intanto almeno altre quattro imbarcazioni con a bordo 450migranti hanno fatto perdere le tracce nel Mediterraneo centrale nelle ultime ore. Una di queste, localizzata nell’Area di ricerca e soccorso (Sar) delle acque libiche, con a bordo almeno 100 persone, è considerata dispersa.

A lanciare l’ennesimo allarme su Twitter l’ong Alarm Phone. Stando alla segnalazione, le altre tre barche si troverebbero in zona Sar maltese. Le tre imbarcazioni trasporterebbero rispettivamente 120, 80 e 150 passeggeri. Gli ultimi contatti risalgono alla mattinata di ieri.

Intanto proseguono anche gli sbarchi. Questa volta non si tratta però dell’isola di Lampedusa dove ieri sono invece cominciate le operazioni di imbarco sulla nave quarantena Aurelia di 250 migranti ospitati nell’hotspot sull’isola ormai al collasso. Un’imbarcazione con a bordo 115 migranti di varie nazionalità è stata intercettata al largo delle acque calabresi e condotta nel porto di Crotone. L’imbarcazione, secondo le prime informazioni, sarebbe partito dal porto di Antalaya in Turchia. L’operazione di soccorso è avvenuta la scorsa notte, con le persone provenienti da Siria, Afghanistan e Somalia. Fra essi ci sono 26 donne e 21 minori. Il sistema di soccorso è stato allestito nell’area portuale, con il personale medico che ha effettuato i primi accertamenti sanitari, al termine dei quali i migranti sono stati trasferiti nel centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto per il periodo di quarantena. A Lampedusa invece, dopo i ripetuti arrivi autonomi dei giorni scorsi, nel centro di accoglienza rimangono 800 migranti (a fronte di una capienza di 190) e la prefettura di Agrigento, d’intesa con il Ministero, sta lavorando per trovare posti disponibili in altre strutture sul territorio nazionale. Nel 2020, gli arrivi complessivi hanno già superato quota 16.700, il quadruplo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. E nella notte sulla grande delle Pelagie non si sono verificati nuovi sbarchi. (Daniela Fassini - Avvenire)

Imprese straniere in Italia: la comunità più numerosa è originaria del Marocco

19 Agosto 2020 - Roma - La comunità straniera più numerosa per attività commerciali in Italia (63.619) è originaria del Marocco, seguita da quella cinese (52.727) e da quella romena (52.014). Più distanziata la coppia Albania (34.020) e Bangladesh (30.528). E’ quanto emerge da uno studio pubblicato da Unioncamere e Infocamere condotto attraverso il Registro delle Imprese e che fa emergere “profili molto diversi da paese a paese quanto a creazione di cluster territoriali”. Ad esempio, la comunità marocchina - la più numerosa in assoluto - è poco concentrata a livello territoriale con una presenza che raggiunge il massimo a Torino, dove ha sede il 7,1% dei tutte le attività originarie da quel paese. All'opposto, comunità più piccole - come quella egiziana o del Bangladesh - si segnalano per una forte tendenza alla concentrazione territoriale, al punto che nella sola Milano si raccoglie il 43,5% di tutte le imprese con un titolare nato in Egitto e a Roma ha messo le radici il 42,3% di tutti gli imprenditori provenienti dal Golfo del Bengala. Allo stesso modo si possono delineare cluster settoriali legati ai paesi di origine dei titolari: ad esempio, l'85% della presenza senegalese è nel commercio, come anche il 70% circa di nigeriani, marocchini e albanesi, mentre opera nelle costruzioni il 59% dei romeni e il 40% degli egiziani.  

Imprese straniere: in Italia 631 mila

19 Agosto 2020 - Roma - Continua a crescere la comunità delle imprese di stranieri in Italia ma l’effetto della pandemia ne frena l’espansione. Nel primo semestre del 2020 il saldo tra le nuove imprese e quelle che hanno chiuso i battenti si è attestato a 6.119 unità, portando lo stock di imprese di stranieri a raggiungere il valore di 621.367 unità, l’1% in più rispetto al 31 dicembre scorso. Se confrontato con lo stesso dato del 2019, il progresso evidenzia però un forte “effetto-frenata” dovuto al Covid-19: tra gennaio e giugno dello scorso anno, infatti, il bilancio tra aperture e chiusure di imprese di stranieri aveva fatto segnare 10.205 imprese, il 40% in più rispetto al dato di quest’anno. E’ quanto risulta dalla fotografia scattata da Unioncamere e InfoCamere sulle imprese di stranieri nel periodo gennaio-giugno dell’anno in corso, a partire dai dati del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio. La concentrazione maggiore di imprese di stranieri continua a registrarsi in Toscana, dove il 14,2% di tutte le attività economiche ha origini fuori dall’Italia. Liguria (13,7) e Lombardia (12,6) sono le regioni che seguono da vicino, insieme a Lazio, Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia (tutte oltre il 12%). Con più del 10% anche il Veneto e Piemonte. La provincia a maggior tasso di imprenditoria straniera resta saldamente quella di Prato, con una quota del 30% sul totale delle iniziative imprenditoriali locali. Molto distanziata (con il 17,3%) segue Trieste, mentre altre quattro province (Firenze, Imperia, Reggio Emilia e Milano) si collocano oltre la soglia del 15%. Nei primi sei mesi del 2020, i progressi più sensibili hanno riguardato Roma (con 832 imprese di stranieri in più tra gennaio e giugno), Milano (+515) e Torino (+499) che occupano anche le prime tre posizioni in termini di numerosità assoluta di iniziative di stranieri (rispettivamente con 70.898 nella capitale, 58.316 nel capoluogo meneghino e 27.175 in quello sabaudo). La forma giuridica più diffusa resta quella dell’impresa individuale (475mila unità pari il 76,5% del totale, una quota di molto superiore alla media italiana, ridottasi negli ultimi decenni a circa il 52%). Poco meno di 100mila imprese di stranieri adottano invece la forma di società di capitali (96.964 unità, il 15,6% del totale). Le attività in cui si registrano il maggior numero di inziative di stranieri sono il commercio (circa 160mila), l’edilizia (120mila) e l’alloggio e ristorazione (48mila). Guardando però all’incidenza di queste realtà sul totale delle imprese operanti in Italia, i settori con l’incidenza più elevata di imprese di stranieri sono le telecomunicazioni (32,9%) e la confezione di articoli di abbigliamento (dove si arriva al 32%).

Mitilene: parrocchia e comunità di Sant’Egidio

19 Agosto 2020 - Lesbo - Circa 150 volontari della Comunità di Agios Aigidi, insieme ai sacerdoti, si alternano a Mitilene ogni settimana nel mese di agosto, offrendo i loro servizi ai rifugiati a Lesbo. La loro collaborazione con la parrocchia cattolica di Mitilene è armoniosa e scorre senza intoppi per il secondo anno quest'anno. La parrocchia li aiuta in ogni modo e aiutano la parrocchia offrendo il pasto ogni domenica ai profughi cattolici che vanno in chiesa in chiesa. La domenica di agosto, la Divina Liturgia nella chiesa parrocchiale di Panagia a Mitilene per i profughi cattolici, si tiene alle 10:00 in francese, alle 11:30 in inglese. e alle 19:00 a Panagiouda, fuori Moria, per chi non poteva venire la mattina in chiesa parrocchiale, mentre per i cattolici di lingua greca si tiene ogni secondo sabato alle 19:00. A circa 350 persone - per lo più famiglie con bambini molto piccoli provenienti da Afghanistan, Iran, Siria - è stato permesso di lasciare ogni giorno il Moria Pub per la loro cena, offerta dalla Comunità di Sant'Egidio in uno spazio in affitto. appena fuori Moria. Il tutto avviene nel rigoroso rispetto delle normative contro la diffusione del Covid-19, ma in un clima davvero di festa: la gratitudine visibile sui volti dei profughi aiuta a superare le barriere linguistiche. Attualmente ci sono circa 15.000 rifugiati a Lesbo. Molte Ong hanno cessato le loro attività e lasciato l'isola negli ultimi mesi, mentre si moltiplicano gli episodi di intolleranza e violenza nei loro confronti. La Chiesa cattolica attraverso la parrocchia della Trasfigurazione della Vergine, Caritas Hellas e la Comunità di Agios Aegidio rimane sui bastioni per aiutare i bisognosi. (P. Leon Kiskinis, parroco - www.santegidio.org)

Viminale: 207mila le domande per emersione rapporti di lavoro

18 Agosto 2020 -
 
Roma - Si è conclusa la procedura di emersione dei rapporti di lavoro, avviata lo scorso 1 giugno ai sensi dell'articolo 103, comma 1, del decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020, che ha riguardato i settori dell'agricoltura, del lavoro domestico e dell'assistenza alla persona. Il totale delle domande ricevute dal portale del ministero dell'Interno ammonta a 207.542.  Il dato, fornito dal Ministero dell'Interno, evidenzia una prevalenza di quelle riguardanti il lavoro domestico e di assistenza alla persona, che costituisce l’85% del totale delle domande trasmesse (176.848), rispetto alle domande per l'emersione del lavoro subordinato, che hanno riguardato quindi il 15% del totale (30.694). La Lombardia è la regione da cui sono state inviate il maggior numero di richieste per il settore del lavoro domestico e di assistenza alla persona (47.357) mentre al primo posto per il lavoro subordinato si trova la Campania (6.962). A livello provinciale ai primi tre posti ci sono Milano (22.122), Napoli (19.239) e Roma (17.318) per le domande per l'emersione del lavoro domestico, e Caserta (2.904), Ragusa (2.005) e Latina (1.897) per l'emersione del lavoro subordinato. Sui 176.848 datori di lavoro che hanno presentato domanda di emersione per il settore domestico, 136.138 sono di nazionalità italiana, mentre, per il lavoro subordinato, sono italiani 28.013 datori su 30.694 richiedenti. Rispetto al Paese di provenienza del lavoratore, infine, ai primi posti risultano l'Ucraina, il Bangladesh e il Pakistan per il lavoro domestico e di assistenza alla persona; l'Albania, il Marocco e l'India per il lavoro subordinato. Per quanto riguarda invece le richieste di permesso di soggiorno temporaneo presentate agli sportelli postali da cittadini stranieri (ai sensi dell'articolo 103, comma 2, del decreto rilancio), il totale ammonta a 12.986. I dati conclusivi, forniti dal Viminale, mostrano, a livello provinciale, nelle prime tre posizioni nell'invio di questa tipologia di domande, Verona (675), Cuneo (466) e  Cosenza (423), seguite  da Milano (406).

R.I.

 

Xenofobia: vari episodi dal Nord al Sud Italia

18 Agosto 2020 - Roma - La retorica del contagio “d’importazione” – che prende di mira i migranti dimenticando la leggerezza dei nostri ragazzi al rientro dalle vacanze – è solo la manifestazione più superficiale della xenofobia nel nostro Paese. Perché l’Italia che odia, specie in questa estate post lockdown, è capace di prendere forme molto più concrete e pericolose. Lo dimostrano i 159 episodi di razzismo registrati da Lunaria nel 2020. Dati che si fermano al 31 marzo scorso e all’appello mancano molti altri casi. L’ultimo caso è avvenuto ieri a Grosseto, sul litorale della Giannella. Un ragazzo di colore di 18 anni è stato aggredito fisicamente e verbalmente da un turista romano di 40 anni. «Sei negro, te ne devi andare», gli ha urlato in faccia l’uomo. Visibilmente ubriaco, si è avvicinato al ragazzo e lo ha preso per il collo strattonandolo e urlandogli che non doveva esserci lì, poi è scappato. I militari quando lo hanno rintracciato hanno scoperto che il quarantenne aveva il corpo con tatuaggi inneggianti al Ventennio fascista. Il 40enne avrebbe anche precedenti per rissa e resistenza a pubblico ufficiale. L’uomo è stato denunciato direttamente dai carabinieri per lesioni personali con l’aggravante dell’odio e della discriminazione razziale. Nella città toscana non è il primo caso. Nei giorni scorsi un episodio analogo era toccato a Mamady Dabakh Mankara, senegalese di 25 anni regolarmente residente a Grosseto e assunto in una cooperativa impegnata con ragazzi disabili. Il 3 agosto scorso, sulla spiaggia libera di Castiglione della Pescaia, è stato preso a pugni per il solo fatto essersi sdraiato all’ombra di un gazebo, evidentemente troppo vicino al padre di famiglia sistemato lì accanto. Che per questo ha deciso di aggredirlo, dopo averlo insultato e avergli intimato di allontanarsi. A cercare di trattenere l’uomo dalla rabbia, oltre ad alcuni bagnanti di passaggio, anche il figlio, che ha inutilmente tentato di spiegare al papà che lì c’era posto per tutti. E ancora. Per le vie della movida di Marsala, un gruppo di ragazzi ha pensato bene di circondare un giovane di colore, impedendo ai passanti di intervenire mentre un bullo lo pestava a sangue. Ci sono poi le numerose aggressioni documentate dai reportage di Avvenire ai danni dei braccianti agricoli del Foggiano. Il 4 agosto, Victor, un ragazzo nigeriano di 22 anni, stava andando al lavoro in bicicletta. A un tratto è stato affiancato da due persone a bordo di uno scooter che, senza dire una parola, gli hanno sparato con una pistola a pallini. Tre colpi lo hanno raggiunto a un braccio e alle gambe. Qualche giorno prima, il 30 luglio, è stato aggredito anche Luis, nigeriano come Victor. Stava andando a prendere l’autobus per l’area industriale, dove lavora per la Princes, la grande multinazionale conserviera di zona. Mentre camminava ha visto arrivare il solito motorino. Una delle due persone a bordo gli ha lanciato contro il treppiede di un ventilatore, colpendolo a un piede. Poi gli insulti, «Bastardo!» e infine la fuga. Ma l’intolleranza non è appannaggio esclusivo del Mezzogiorno e l’odio non risparmia gli immigrati neanche al Nord. Lo dimostra il caso di Ivrea, dove neanche una settimana fa, sul muro di una palazzina di via Olivetti, è comparsa una scritta che invitava «i negri» a lasciare la città. Mentre a una 40enne di colore, ma nata in Italia, è stato recapitato un pacco contenente un grosso ratto morto. Ma non basta, perché ciclicamente anche la comunità cinese torna ad essere oggetto di aggressioni razziste. Era successo l’estate scorsa ed è accaduto di nuovo, a Livorno. Pochi giorni fa, in pieno giorno, uno sconosciuto ha gettato una scatola in un negozio gestito da cinesi. Era un piccolo ordigno rudimentale, che esplodendo ha causato un incendio. La titolare e un dipendente sono rimasti feriti e lievemente intossicati dal fumo della combustione. Nella stessa città, il giorno prima degli avvenimenti, un uomo di 65 anni era stato arrestato dopo aver confessato di essere l’autore, nel corso dei mesi precedenti, degli spari contro un palazzo occupato abusivamente, un kebab, un minimarket gestito da immigrati provenienti dal Bangladesh e un circolo Arci. (M.Marcelli-Avvenire)

Uganda: “l’eroe del Covid” tra i rifugiati del campo di Palabek è il salesiano don Roger

18 Agosto 2020 - Roma - Don Roger Mukadi Mbayo, giovane sacerdote salesiano della Repubblica Democratica del Congo, vive a Palabek, nel nord dell'Uganda e condivide le sfide quotidiane con oltre 54.000 rifugiati sud sudanesi. Con strutture minime per l'istruzione, l'assistenza medica e la sicurezza di base, la situazione a causa della pandemia è ancora più difficile. I rifugiati del posto lo chiamano “Covid hero”, l’eroe del Covid. La sua storia è racconta dall'agenzia dei salesiani Ans. Tra gli sfollati sud sudanesi del campo di Palabek vi sono almeno 25.000 bambini che non vanno più a scuola a causa del lockdown e vivono una situazione di stress ed isolamento. Conoscendo la loro situazione, i salesiani hanno organizzato attività educative e giovanili, seguendo le linee guida per proteggere la loro salute. Ogni giorno raggiungono più di 400 bambini e giovani. Alcune delle attività sono state anche orientate alla generazione di reddito e alla realizzazione di strutture per il futuro. I giovani hanno seminato l'erba nei campi da gioco, piantato centinaia di alberi, preparato orti, registrato canzoni e video per sensibilizzare sulla diffusione del Coronavirus. Tutte le attività sono state coordinate da don Roger. Ordinato sacerdote nel 2018, è al suo primo incarico. (Patrizia Caiffa - Sir)

Migrantes Asti: da domani il progetto “Migrantespoint”

14 Agosto 2020 - Asti – “Migrantespoint”. Questo il progetto promosso dall’Ufficio Migrantes di Asti e che partirà il prossimo 18 agosto. Si tratta di un centro di ascolto e servizi rivolto agli stranieri presenti nel territorio diocesano. Il progetto nasce dal dialogo dell’Ufficio con le diverse comunità etniche presenti e dalla consapevolezza delle “molteplici difficoltà che devono affrontare i cittadini di origine straniera nel comprendere il funzionamento delle procedure italiane per quanto riguarda documenti, accesso ai servizi, ricerca del lavoro e della casa”. Da qui la necessità di un luogo dove “non solo si possano reperire informazioni utili, ma anche imparare a diventare autonomi e gestire in modo indipendente il proprio futuro, un luogo dove gli stranieri possano sia ottenere risposta alle domande circa documenti, accesso a possibilità di istruzione, lavoro e abitare, ma anche un accompagnamento nei vari percorsi, non un semplice sportello, ma uno strumento di riscatto e d’emersione”, spiegano a Migrantes. Per questo saranno presenti dal martedì al sabato, in via Carducci 22, due operatori e una rete di volontari delle diverse comunità etniche. Figura preziosa sarà anche un mediatore culturale, che si occuperà di accompagnare fisicamente le persone nello sbrigare le varie necessità (es. accompagnare in questura, in ospedale, al centro per l’impiego e così via) e prendere consapevolezza della realtà astigiana. Lo sportello, inoltre, prevede di diventare un polo di incontri di orientamento e formazione sulle varie tematiche di interesse del mondo migrante. Per informazioni è possibile  scrivere a migrantespoint@gmail.com.

R.Iaria

Lesbo: in pellegrinaggio al Lifejacket Graveyard il “cimitero dei giubbotti di salvataggio”

17 Agosto 2020 - Lesbo - Una croce fatta col legno delle barche naufragate sulle coste di Lesbo ha accompagnato il pellegrinaggio silenzioso di una delegazione della Comunità di Sant'Egidio al luogo dove vengono gettati i giubbotti di salvataggio e i gommoni dei viaggi verso l'Europa. Raccontano tanta ingiustizia e sofferenza i poveri effetti personali - giacche a vento, biberon, radioline - in questo “che è un non-luogo, che non ha neppure un nome” ed e genericamente indicato come "Lifejacket Graveyard": un “simbolo evidente della chiusura dell'Europa” e di quella "cultura dello scarto" di cui parla papa Francesco. Insieme ai 30 volontari, provenienti da Italia, Polonia, Spagna e Ungheria, in questi giorni sull'isola greca, alcuni rifugiati afgani, siriani e di vari paesi africani, che conoscono bene quel breve e pericolosissimo tratto di mare che separa la Turchia dalla Grecia: in esso “hanno perso la vita loro sorelle, fratelli e amici”, spiega la Comunità di Sant’Egidio. Dopo la preghiera della croce e l'invocazione per la protezione di Maria sulla vita di tutti i migranti, è stato deposto un mazzo di fiori in memoria delle vittime.  

La vita inizia con l’incontro con i fratelli e tra i fratelli: la storia di Adam

14 Agosto 2020 - Salerno - 6 agosto 2019 “si fa doccia nudo in strada”... arrestato... portato in carcere...Ma chi era? "Un ragazzo nigeriano di circa 30 anni, viveva in strada, mangiava in strada, dormiva in strada, non parlava con nessuno, aveva paura della confusione, aveva delle problematiche di socializzazione e di relazione". Lo racconta il direttore dell'Ufficio Migrantes Salerno-Campagna-Acerno, Antonio Bonifacio parlando della storia di Adam, un senza fissa dimora. "Dopo un procedimento giudiziario per far riconoscere la sua difficoltà psichiatria che aveva necessità di una Cura non di una Repressione - racconta Bonifacio -  viene accolto in una esperienza cristiana cattolica per farlo iniziare a vivere quella 'umanità' di cui aveva bisogno. Cose semplici: un letto, una doccia, vestiti e,  cosa forse determinante fratelli che si prendono cura del fratello. Inizia il suo parlare, il suo aver cura di se, aver attenzione nel vestirsi, nel lavarsi, il raccontare la sua storia, l'aver cura degli spazi dove viveva. Il dialogo ed impegno condiviso con l'Asl porta all'accoglienza in un centro specializzato per la cura del suo disagio e quindi l'inserimento in una comunità con il recupero giorno per giorno della sua socialità". Dopo un anno... 10 agosto 2020 inizia un lavoro... inizia un nuovo cammino di vita...  "La vita inizia con l'incontro con i fratelli e tra i fratelli", spiega Bonifacio.

“Welcome tour” con i nuovi italiani

14 Agosto 2020 -

Parma - Portare richiedenti asilo e rifugiati appena arrivati a Parma alla scoperta della città, facendo conoscere loro non solo storia e cultura locale, ma anche i servizi istituzionali e le informazioni utiliper la vita quotidiana. È l’obiettivo del "Welcome tour" ideato dall’associazione Kwa Dunìa – in swahili 'con la terra' – che da venticinque anni diffonde i valori della solidarietà internazionale e del dialogo fra le differenti culture.

L’iniziativa, ripartita dopo l’interruzione forzata causata dal lockdown, rientra nel più ampio progetto della rete europea Migrantour, ed è arrivata nel capoluogo emiliano in occasione di «Parma capitale italiana della cultura 2020» (titolo valido anche per il ’21). La particolarità delle passeggiate è di essere condotte dai cittadini italiani di origine straniera – sia immigrati della prima ora sia giovani di seconda generazione – che abitano da anni a Parma e sono stati formati come accompagnatori interculturali.

Attualmente sono sedici, originari soprattutto di Paesi africani e dell’America latina: Camerun, Gabon, Marocco, Nigeria, Senegal, Uganda, Rwanda, Argentina, Brasile, Cile, Perù, Messico, ma anche Filippine, Belgio e Polonia.

Il «Welcome tour» è realizzato in collaborazione con diverse realtà del territorio tra cui Ciac onlus, Università di Parma, Centro servizi volontariato e Movimento dei Focolari. (Matteo Billi)

Palermo: i rifugiati diventano guide per le visite nel quartiere di Ballarò

12 Agosto 2020 -
Palermo - Giovani rifugiati diventano guide per i turisti che vogliono visitare Ballarò, a Palermo. Un’iniziativa possibile grazie al progetto di turismo responsabile “Attraverso i miei occhi” dell’associazione MoltiVolti. Ragazzi provenienti da diversi Paesi africani, accolti in città, si occupano dei tour in lingua italiana o inglese: accompagnano i visitatori nei luoghi dello storico quartiere del capoluogo siciliano e li raccontano alla luce della loro esperienza personale. Quindi, il mercato per Malick è il luogo che rievoca il lavoro nei campi del Gambia, mentre lo sguardo di Ibra, musulmano, si sofferma su uno dei luoghi in cui va a pregare. “‘Attraverso i miei occhi’ nasce dalla volontà di creare relazioni più simmetriche con lo straniero, il quale, grazie al progetto, da ‘migrante’ portatore di bisogni diventa ‘viaggiatore’ depositario di risorse da condividere con la comunità – spiega Giovanni Zinna, socio fondatore di MoltiVolti –. Farsi prendere per mano, lasciandosi accompagnare in questi tour, è un’esperienza che permette di avere una visione diversa della città, una passeggiata attraverso i rapporti, le storie, le trame del tessuto profondo del mercato Ballarò. Il nuovo abitante condivide così la sua storia e il suo speciale punto di osservazione della realtà e del quartiere”. Infatti, sono immancabili le domande dei turisti sul percorso migratorio e sulla storia dei rifugiati, che i visitatori ascoltano con interesse. (Sir)