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Migranti morti a Melilla: Comece, “vengano identificate le vittime e sia avviata un’indagine indipendente e affidabile”

28 Giugno 2022 -
Bruxelles - I vescovi cattolici dell’Unione europea chiedono “l’identificazione delle vittime, la restituzione delle loro spoglie alle famiglie e un’indagine indipendente e affidabile su quanto accaduto in questo tragico episodio”. È padre Manuel Barrios Prieto, segretario generale della Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione europea (Comece), a prendere la parola a seguito del tragico incidente avvenuto il 25 giugno scorso, quando circa duemila migranti provenienti dal Marocco hanno tentato di sfondare la barriera di confine di Melilla. Venerdì scorso, alle 6,40, duemila profughi subsahariani hanno tentato di superare il sistema di reticolati (portato a dieci metri di altezza su decisione del governo Sánchez nel 2020) che racchiude la città autonoma di Melilla. Le autorità marocchine parlano di 18 morti, ma secondo alcune Ong – tra le quali l’Associazione marocchina per i diritti umani e la spagnola Caminando Fronteras – le vittime sarebbero 37 e decine i feriti, alcuni dei quali gravi. Secondo le testimonianze, la maggior parte delle vittime sarebbe morta asfissiata nella calca dopo esser caduta in un avvallamento nel tentativo di superare una recinzione, sul lato marocchino della frontiera. “La Comece piange la morte di dozzine di migranti e richiedenti asilo vicino alla città marocchina di Nador, mentre cercavano di attraversare la recinzione nella città spagnola di Melilla, nonché la morte di due poliziotti”, si legge in una dichiarazione diffusa ieri sera. “Preghiamo per loro e per le loro famiglie”. Nel chiedere l’identificazione dei corpi e  un’indagine “indipendente e affidabile” su quanto accaduto, la Comece afferma: “La gestione della migrazione da parte dell’Ue e dei suoi Stati membri non può consistere nel dare un assegno in bianco ai Paesi vicini che non rispettano la dignità inalienabile di migranti e rifugiati. La Comece condanna inoltre l’uso della violenza da parte di persone che tentano di attraversare le frontiere e chiede un uso proporzionato della forza da parte delle forze dell’ordine e l’assoluto rispetto della dignità umana e dei diritti fondamentali di migranti e rifugiati, nonché l’agevolazione di un adeguato screening delle persone che sono legittimi richiedenti asilo”.

Card. Jean-Claude Hollerich: l’Europa non può rimanere indifferente davanti al dramma dei rifugiati

22 Dicembre 2021 - Bruxelles - “Il recente viaggio del Santo Padre nelle terre di Cipro e della Grecia ha testimoniato ancora una volta la situazione precaria e, a volte, la disperazione dei nostri fratelli e sorelle rifugiati in alcuni Paesi d’Europa, in attesa che noi ascoltiamo le loro voci che chiedono il nostro aiuto e la nostra attenzione. La Chiesa in Europa non può restare indifferente a tale chiamata, e deve rispondere con rinnovato impegno, con voce profetica e con esempi concreti di solidarietà verso questi profughi, figli di Dio, persone con volti, biografie e famiglie, che hanno bisogno di noi adesso più che mai”. Lo scrive oggi il card. Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e presidente della Comece, la Commissione delle Conferenze Episcopali della Comunità Europea che, a nome della Comece  si unisce all’appello di Papa Francesco che invita le autorità degli Stati dell’Ue a "consentire generosamente ai rifugiati che sono bloccati nei territori di prima accoglienza, come nel caso di Cipro e in Grecia, di essere ricollocati in un altro paese dell’Ue e ricevere lì la protezione e la promozione di cui loro e le loro famiglie hanno bisogno. Faccio appello anche alla Chiesa in Europa, alle nostre parrocchie, comunità e fedeli, affinché diventino veri testimoni di Cristo in questo tempo della Natività di Nostro Signore e accolgano con spirito di servizio coloro che sono giunti nelle nostre terre in cerca di protezione come rifugiati, e di compiere uno sforzo comune che porti a progetti concreti per accoglierli, in collaborazione con le autorità pubbliche. Chiedo al Bambino Gesù, di cui celebreremo presto la nascita, di illuminarci perché lo possiamo riconoscere in ogni profugo che bussa alla nostra porta e di darci la forza necessaria per vincere l’indifferenza delle nostre società verso chi soffre e sta bisognoso”.

COMECE: nuove norme per frontiere

15 Dicembre 2021 - Roma - Rispetto dei diritti fondamentali e della dignità dei migranti e dei rifugiati compreso il diritto di asilo e il principio di non respingimento; impegno a prevenire “ogni tipo di strumentalizzazione” delle persone che giungono alle nostre frontiere; invito a tutti gli Stati Membri ad “esprimere reciproca solidarietà concreta in situazioni di pressione”. Sono i “principi chiave” ribaditi al Sir dal segretario generale della Commissione degli episcopati Ue, padre Manuel Barrios Prieto, a commento della proposta di revisione del Codice Schengen presentata dalla Commissione Ue, in attesa della riforma di Dublino. “Apprezziamo – dice Barrios – l’intenzione della Commissione europea di preservare l’area Schengen e di avere una politica comune per quanto riguarda la chiusura delle frontiere esterne in caso di pandemie o altre circostanze, pur consentendo la libera circolazione dei cittadini dell’Ue. Tuttavia, esortiamo l’Ue e gli Stati membri a rispettare i diritti fondamentali e la dignità dei migranti e dei richiedenti asilo, compreso il diritto di asilo, il principio di non respingimento e l’unità delle famiglie di migranti o rifugiati”. “Ribadiamo inoltre – aggiunge il segretario generale della COMECE – la necessità di prevenire ogni tipo di strumentalizzazione di migranti e rifugiati e invitiamo tutti gli Stati membri dell’Ue ad esprimere reciproca solidarietà concreta in situazioni di pressione indotta alla frontiera esterna dell’Ue. Invitiamo inoltre tutti gli Stati e le società europee ad accogliere, proteggere, promuovere e integrare migranti e rifugiati”. La Commissione europea ha presentato ufficialmente la sua proposta per una riforma dei codici Schengen per gestire in maniera più efficiente le frontiere esterne in caso di crisi sanitaria pubblica, sulla base di quanto appreso dalla pandemia di Covid-19” e per rispondere alle pressioni migratorie in special modo al confine con la Bielorussia.  Di fronte ad emergenze come quella Covid, ad “attacchi ibridi” come quello perpetrato della Bielorussia o a flussi eccezionali di migranti, i Paesi europei potranno operare una stretta sulle proprie frontiere per un periodo massimo di due anni, permettendo a Stati come Germania, Francia o Olanda di sbarrare le porte ai cosiddetti “movimenti secondari”. Una strategia che deve passare al vaglio del Parlamento europeo ed in sede di Consiglio Ue e che potrebbe però penalizzare i Paesi di primo approdo, tra cui l’Italia, se non sarà affiancata da politiche di redistribuzione e solidarietà europea in tema migratorio.

 

Migranti ed Europa: la Comece in campo

9 Febbraio 2021 - Bruxelles - Avrà per tema “Dignità umana e resilienza: migranti e comunità ospitanti” il seminario online promosso il 17 febbraio dalla Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione europea (Comece) per mettere a confronto le storie di chi ha raggiunto i Paesi europei, l’esperienza di chi ha accolto e le politiche attuate a livello europeo per gestire la situazione. «I migranti e i richiedenti asilo che entrano nell’Ue devono affrontare enormi difficoltà», si legge nella presentazione dell’incontro che si terrà dalle 16 alle 17.30 sulla piattaforma Zoom. Ad aprire i lavori saranno Jan De Volder, segretario generale della Comunità di Sant’Egidio Europa, e padre Manuel Barrios Prieto, segretario generale della Comece.  

COMECE: “nessuno muoia in mare o nei Paesi di transito per mancanza di aiuti”

21 Gennaio 2021 - Bruxelles - “L’Ue dovrebbe garantire che nessuno muoia in mare a causa della mancanza di aiuti e che il diritto internazionale sia rispettato in materia di non respingimento e sbarco”. I migranti e i rifugiati che sono “bloccati nei Paesi di transito e che stanno subendo gravi violazioni dei diritti umani dovrebbero essere aiutati a lasciare quel paese e tornare o nel loro paese d’origine o in un altro paese sicuro”. È uno dei passaggi-chiavi del corposo documento che il card. Jean-Claude Hollerich, presidente della COMECE, e mons. Youssef Soueif, arcivescovo di Tripoli dei Maroniti (Libano), hanno presentato a Olivér Várhelyi, commissario europeo per la politica di vicinato e l’allargamento, come contributo degli episcopati cattolici dell’Unione europea al prossimo rinnovo del partenariato Ue per la regione del Mediterraneo meridionale. “Rendere il Mediterraneo di nuovo un luogo di incontro pacifico di persone di culture e religioni diverse è stata anche una grande preoccupazione per la Chiesa cattolica”, si legge nella introduzione del Documento, ricordando che nel febbraio 2020, più di 50 vescovi di 19 nazioni del Mediterraneo si sono riuniti a Bari per discutere le molteplici problematiche socio-economiche, diritti umani, pace e sfide ecologiche che la regione deve affrontare. Il testo contiene più di 30 proposte politiche in cinque aree prioritarie: migrazione, pace, libertà religiosa, sviluppo umano ed ecologia. Riguardo alle migrazioni, i vescovi chiedono all’Ue un maggiore impegno a combattere le cause profonde della migrazione, per “rendere reale il diritto primario delle persone e delle famiglie di rimanere nel loro paese d’origine in sicurezza e dignità”. Viene chiesto anche uno sforzo nella “formazione degli ufficiali di controllo delle frontiere dei paesi del vicinato meridionale dell’Ue sulle norme dei diritti umani, compreso il rispetto del principio di non respingimento, il diritto fondamentale di chiedere asilo e il diritto a non essere torturato, o posto in condizioni disumane o trattamento degradante”. I vescovi chiedono anche un programma speciale per favorire il ricongiungimento dei minori migranti non accompagnati con i loro genitori o tutori legali”. Riguardo al paragrafo relativo alla pace e alla sicurezza, i vescovi chiedono un maggior coinvolgimento deli leader locali religiosi i quali possono svolgere un ruolo cruciale nei diversi contesti per rafforzare la coesione sociale e promuovere una cultura dell’incontro e della fraternità umana. Nel Documento si evidenzia poi la realtà di discriminazione che purtroppo in determinati Paesi vivono le comunità religiose di minoranza e, nel caso specifico, le chiese cristiane. “L’Ue dovrebbe rendere visibili queste situazioni nelle sedi internazionali, sostenere le vittime e usare il suo potere e la sua influenza per fermare (e prevenire) queste violazioni della libertà religiosa, anche attraverso l’uso del diritto penale internazionale”. A questo proposito, la promozione del concetto di “cittadinanza comune” è, a parere dei vescovi, la chiave per superare percezioni o posizioni religiose e civili di superiorità agendo “in tutti gli aspetti della vita, in particolare nelle scuole e nei mass media”.      

COMECE: preoccupazione circa l’efficacia del Patto nell’alleviare la difficile situazione in cui si trovano migranti e rifugiati nel tempo di pandemia

13 Gennaio 2021 - Roma - La pandemia in corso a causa del virus Covid 19 "ha esacerbato la povertà, l’esclusione sociale e la stigmatizzazione dei migranti, dei richiedenti asilo e delle vittime della tratta di esseri umani". Per questo, è necessario "un sistema sostenibile e umano di solidarietà e condivisione delle responsabilità che riconosca i vantaggi reciproci delle migrazioni e protegga i rifugiati". Lo ha scritto, nelle settimane scorse, la Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea (COMECE) in una dichiarazione del suo gruppo di lavoro su Migrazione e asilo. La Commissione ha chiesto all’Unione e ai suoi governi di tener conto anche delle conseguenze della pandemia nelle negoziazioni per il nuovo Patto. Il gruppo di lavoro si dice preoccupato circa l’efficacia del Patto nell’alleviare la difficile situazione in cui si trovano migranti e rifugiati, aggravata proprio dalla diffusione del coronavirus in tutto il mondo e propone, pur riconoscendo gli sforzi della Commissione, una serie di raccomandazioni concrete per un meccanismo di solidarietà multilivello, per relazioni esterne basate sulla reciprocità e su partenariati equi e per una gestione integrata delle frontiere esterne. Il testo integrale su http://www.comece.eu  

Comece: “Covid-19 ha aggravato la situazione dei migranti”

17 Dicembre 2020 - Roma - Porre “l’essere umano, la dignità umana e il bene comune” al centro dei futuri negoziati sulla proposta di Patto dell’UE sulla migrazione e l’asilo. È quanto chiede la Comece (Commissione degli episcopati dell’Ue) all’Unione europea e ai suoi Stati membri in una Dichiarazione pubblicata in vista della Giornata internazionale dei migranti che si celebra il 18 dicembre. Il testo include una serie di raccomandazioni politiche elaborate da un gruppo di lavoro della Comece, che ha preso in esame il testo proposto dalla Commissione europea il 23 settembre scorso. Gli esperti della Comece hanno quindi messo nero su bianco una serie di considerazioni. “Siamo preoccupati – affermano subito nell’introduzione – per la reale efficacia che il Patto può avere nell’alleviare la difficile situazione, aggravata dal Covid-19, in cui si trovano migranti e rifugiati”. Sono uomini, donne, bambini, in situazioni di vulnerabilità, spesso vittime di tratta, che “necessitano di una speciale attenzione in quanto la pandemia di Covid-19 ha esacerbato la loro povertà, la loro esclusione sociale e la loro stigmatizzazione”.  Per questo, gli esperti della Comece ritengono della “massima importanza istituire un meccanismo equo ed efficace di solidarietà e condivisione delle responsabilità tra gli Stati membri, che metta al centro la dignità umana, oltre al bene comune”. Da questo punto di vista, a parere della Comece, il nuovo meccanismo di solidarietà flessibile proposto nel Patto suscita “diverse preoccupazioni”, in quanto “lascia agli Stati membri la facoltà di decidere se accogliere o meno i richiedenti asilo, che continueranno a gravare ingiustamente sugli Stati membri che si trovano ai confini esterni, in particolare sul confine esterno dell’Europa meridionale”. “L’Ue dovrebbe rispondere il più possibile, in uno spirito di solidarietà e generosità, alle esigenze dei migranti e dei richiedenti asilo, e non solo ridurre le pressioni migratorie aumentando i rimpatri”. La Comece riconosce gli sforzi compiuti dall’Ue per incoraggiare gli Stati membri ad espandere le vie legali di accesso come la “private sponsorship” e i corridoi umanitari ma incoraggia anche a dare ulteriore impulso e sostegno a queste iniziative. Riguardo invece alle frontiere, gli esperti della Comece scrivono: “Temiamo che l’uso di procedure rigorose in materia di asilo e rimpatrio alla frontiera possa in pratica compromettere lo spirito di accoglienza e il diritto di asilo, ridurre i diritti procedurali, mettere in atto una detenzione diffusa e condizioni di accoglienza inadeguate”, con il rischio di aumentare la pressione alle frontiere esterne all’Ue. Secondo gli esperti dei vescovi europei, “la detenzione dovrebbe essere solo una misura di ultima istanza basata su una decisione individuale, strettamente necessaria e proporzionata, limitata nel tempo e regolarmente rivista, che non dovrebbe essere applicata ai bambini o alle donne incinte”. E poi aggiungono: “Sebbene i controlli alle frontiere siano un diritto legittimo degli Stati sovrani, non dovrebbero automaticamente tradursi in muri tra le persone”. La Dichiarazione riserva una attenzione particolare alla situazione umanitaria alle frontiere marittime esterne dell’Ue: in particolare la Manica, le Isole Canarie e il Mar Mediterraneo, dove “un gran numero di persone compie viaggi pericolosi e spesso fatali per raggiungere l’Europa e all’interno dall’Europa il Regno Unito. Occorre fare di tutto – l’appello – per evitare che le coste dell’Ue diventino immensi cimiteri, intensificando le operazioni di ricerca e soccorso”. Il documento si conclude facendo riferimento alla presenza, alle frontiere dell’Ue, di organizzazioni della società civile, chiese e organizzazioni religiose che con il loro operato consentono e favoriscono “un’accoglienza adeguata e umana dei migranti e dei richiedenti asilo” a sostegno quindi delle autorità pubbliche. “Vengono messe a disposizione strutture” che forniscono ai richiedenti asilo e ai migranti assistenza psicologica, fisica, spirituale, religiosa e sociale. “Il loro lavoro – scrivono gli esperti della Comece – deve essere riconosciuto e il sostegno fornito rafforzato e compreso”.  

Comece su Patto Ue migrazione e asilo: bene la proposta ma “approccio più generoso ai migranti sociali ed economici” e sostegno a Paesi esposti ai flussi

26 Settembre 2020 - Bruxelles - La Commissione degli episcopati dell’Ue (Comece) chiede all'Ue e ai suoi Stati membri “concreta solidarietà e responsabilità nei confronti di migranti e rifugiati”. In una dichiarazione diffusa oggi i vescovi esprimono compiacimento per l'iniziativa della Commissione europea di ridefinire la gestione della migrazione in Europa e danno parere positivo a “una serie di sviluppi” proposti nel pacchetto, come “il trattamento speciale alla frontiera per i minori non accompagnati, una risposta più rapida ai richiedenti asilo e il chiarimento dei loro diritti e doveri, l'accesso dei migranti ai benefici del pilastro europeo dei diritti sociali, la via per la residenza a lungo termine”. Tuttavia, al Parlamento europeo e al Consiglio – in vista dei negoziati sul Patto – la Comece chiede di “riconoscere migranti e rifugiati come persone con dignità e diritti fondamentali, e non come numeri”. Ciò significa, ad esempio, che in Europa “siano protetti i richiedenti asilo e le loro famiglie, secondo l'obbligo di non respingimento” e sostenendo la loro “piena inclusione nella società di accoglienza”. Inoltre le misure sul rimpatrio previste nel Patto devono “essere bilanciate con un approccio più generoso nei confronti dei migranti sociali ed economici”, cioè con percorsi legali più ampi perché accedano regolarmente “in uno spirito di ospitalità fraterna”. Dubbiosa la Comece sulle modalità non troppo chiare dei ricollocamenti e desiderosa che “migliori e aumenti il sostegno a quei Paesi che geograficamente sono più esposti a un forte afflusso di migranti e rifugiati”, fermo restando che “il salvataggio delle persone in difficoltà in mare è un obbligo morale e legale che dovrebbe essere rispettato da tutti gli attori statali e non statali”. (Sarah Numico - Sir)

Comece-Secam: “cooperazione multilaterale, ecologia, migranti”

11 Giugno 2020 - Bruxelles - “Siamo fermamente convinti che l’Africa e l’Europa potrebbero diventare i motori per il rilancio della cooperazione multilaterale”, affermano i presidenti di Comece (Commissione degli episcopati dell’Unione europea) e Secam (Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar) nell’introduzione del documento “Fiorisca la giustizia e abbondi la pace per sempre” diffuso ieri in vista del vertice Ue-Unione africana del prossimo ottobre che si propone la definizione di una partnership di lungo periodo tra le due sponde del Mediterraneo. Si tratta di un vertice particolarmente delicato, che si sta preparando, e probabilmente si svolgerà, nel pieno della pandemia Covid-19 la quale investe il mondo intero, con effetti devastanti nei due continenti. “In un momento in cui il mondo è colpito dalla pandemia Covid-19 e dalle sue pesanti conseguenze”, i presidenti di Comece e Secam, rispettivamente il card. Jean-Claude Hollerich e il card. Philippe Nakellentuba Ouédraogo, richiamano l’attenzione sulle persone fragili e in difficoltà, le famiglie, le comunità locali, i migranti. Nel contributo congiunto, preparato dai rispettivi segretariati con sede a Bruxelles e ad Accra, si “incoraggiano – spiega una nota che accompagna il testo – i decisori politici europei e africani a orientare i loro lavori preparatori sui principi della dignità umana, responsabilità e solidarietà, sottolineando al contempo l’opzione preferenziale per i poveri, la salvaguardia del Creato e la ricerca del bene comune”. Commentando il lancio del contributo congiunto, il card. Hollerich ricorda le radici comuni e la vicinanza geografica dell’Europa e dell’Africa e sottolinea “la responsabilità dell’Europa di condividere la pace e la prosperità con i suoi vicini”. Il documento dei vescovi dei due continenti offre anche una serie di “raccomandazioni politiche specifiche”, volte a “rimodellare le relazioni politiche ed economiche intercontinentali per stabilire un partenariato equo e responsabile incentrato sui cittadini”. A questo proposito, i vescovi europei e africani invocano un partenariato per lo sviluppo umano integrale, l’ecologia integrale, la sicurezza umana e la pace, nonché per le popolazioni in movimento.

Ccee-Comece: “si lavori insieme ad una ripartenza che non lasci nessuno indietro”

4 Giugno 2020 - San Gallo - Si è tenuta ieri la riunione annuale tra le presidenze del CCEE e della COMECE. Durante l'incontro un particolare focus è stato dedicato  all'impatto della pandemia Covid-19 sulla vita quotidiana nella Chiesa e nelle società europee, oltre che sul contributo della Chiesa Cattolica ad “una giusta ripresa che non lasci indietro nessuno”. Al centro del dibattito è stata posta la situazione della Chiesa in Europa, unitamente alle prospettive future nel critico contesto legato alla pandemia causata dal virus SARS-CoV-19. Riflettendo sulle possibilità di cooperazione in tale contesto, le due presidenze hanno analizzato gli effetti della pandemia sulle nostre comunità civili ed ecclesiali, individuando prospettive per il futuro della vita nella Chiesa in Europa. Nel rinnovare la vicinanza della Chiesa a tutti coloro che lottano contro la pandemia - le vittime, le loro famiglie e tutti gli operatori sanitari, i volontari e i fedeli che sono stati e sono in prima linea, prendendosi cura delle persone colpite e portando loro sollievo - i presuli hanno espresso la loro preoccupazione “per la crisi economica e la conseguente perdita di un numero ingente di posti di lavoro”, auspicando che, in Europa, “si lavori insieme ad una ripartenza che non lasci indietro nessuno”. In tutto questo tempo di crisi, nel quale si sono sperimentati i grandi limiti dell’individualismo, le due Presidenze hanno sottolineato il ruolo centrale che ha avuto la famiglia, “vera cellula di solidarietà e di condivisione, ma anche luogo della preghiera insieme. Investire sulla famiglia – essi hanno continuato - è il primo passo per una giusta ripresa sociale, economica e ecclesiale”. Ringraziando i tanti sacerdoti per il cruciale e generoso servizio svolto in questo periodo, alcuni donando anche la propria vita, i partecipanti hanno analizzato il ruolo svolto dai social media per la preghiera e le celebrazioni in streaming, interrogandosi sulle nuove forme di pratica religiosa, di rapporti, di presenza e di condivisione della fede – un fenomeno che ci invita a valutare la possibilità di dare un senso nuovo alla fede e alla Chiesa; ma anche a lavorare per far riscoprire a tanti fedeli l'elemento di piena sacramentalità delle celebrazioni religiose all'interno dei luoghi di culto, che il ricorso alle nuove tecnologie non può assicurare. Ci si è soffermati  - spiega poi una nota - anche sulla forte limitazione imposta alla libertà di religione nel contesto della chiusura dei luoghi di culto e della proibizione delle liturgie, invocando il ristabilimento di relazioni Stato-Chiesa normali e basate sul dialogo ed il rispetto dei diritti fondamentali. L'incontro, a causa delle misure cautelari in materia sanitaria, si è tenuto in video conferenza.