17 Novembre 2025 - Ha preso il via il 17 novembre con l’Introduzione ai lavori del card. Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), la 81ma Assemblea generale dei vescovi, in programma ad Assisi. Sarà papa Leone XIV a concluderla, giovedì 20 novembre, incontrando in vescovi nella Basilica di Santa Maria degli Angeli.
E proprio al Pontefice è rivolto il primo "pensiero di gratitudine" del presidente della Cei, "per aver accettato l’invito a essere con noi. [...] Ci predisponiamo ad accogliere la sua parola, occasione preziosa per confermarci nel suo magistero di unità e di pace".
Verso la conclusione della sua Introduzione, il card. Zuppi, riflettendo sul tema "Europa e Mediterraneo: per una speranza visibile", ha osservato che "in questo nostro tempo, attraversato da innumerevoli conflitti, segnato da immani sofferenze, nel quale abbiamo visto rinascere muri di divisione, in cui sperimentiamo atteggiamenti di chiusura e di esclusione spesso indirizzati verso gli ultimi, i poveri, i migranti, i carcerati… proprio questo tempo richiede segni di rinnovata fraternità, così come ci ha insegnato papa Francesco nella sua enciclica Fratelli tutti. La fratellanza, sognata, attesa, ambita, richiede progetti e azioni visibili per rimettere al centro l’eguaglianza tra tutte le donne e gli uomini di oggi, per rilanciare una stagione dei diritti e di vera giustizia per ogni popolo e nazione".
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Dal 17 al 20 novembre, ad Assisi, la 81ª Assemblea generale della Cei
17 Novembre 2025 - Sarà papa Leone XIV a concludere la 81ª Assemblea generale della Cei, in programma ad Assisi (Domus Pacis, Santa Maria degli Angeli) dal 17 al 20 novembre. L’incontro con i Vescovi si terrà giovedì 20, alle 9.30, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli. Non è prevista la presenza della stampa.
L’Assemblea, che si aprirà, alle 16.00 di lunedì 17 novembre, con l’Introduzione del card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, avrà al centro delle riflessioni le linee di indirizzo e le decisioni a conclusione del Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia.
Dopo l’approvazione del Documento di sintesi da parte della terza Assemblea sinodale, infatti, l’Assemblea generale è chiamata a confrontarsi su priorità, delibere e note elaborate a partire dal testo votato. Dalle istanze emerse verranno delineate le prospettive pastorali per i prossimi anni, da discutere nella prossima Assemblea generale di maggio 2026.
Martedì 18, dopo il saluto di mons. Thibault Verny, presidente della Pontificia Commissione per la tutela dei minori, i lavori continueranno nei Gruppi di studio. All’ordine del giorno anche l’approvazione del documento “L’insegnamento della religione cattolica: laboratorio di cultura e dialogo” e la presentazione del documento “Educare alla pace”.
Nel corso dell’Assemblea, sono in calendario due momenti particolarmente significativi: la celebrazione dei Vespri e la preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi presieduta da mons. Ivan Maffeis, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e vescovo delegato per il Servizio regionale per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili della Conferenza episcopale umbra, prevista per martedì 18, alle 19.15, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli; la celebrazione dei Vespri e la preghiera per la pace con un appello presieduta dal card. Zuppi, mercoledì 19, alle 19.00, nella Basilica Inferiore.
Alle ore 17.30 di mercoledì 19, presso la Domus Pacis di Santa Maria degli Angeli, il Cardinale Presidente incontrerà i giornalisti. (fonte: Cei)
75ª Giornata Nazionale del Ringraziamento, Cei: chi sfrutta i lavoratori nei campi abbia un sussulto di coscienza
9 Novembre 2025 - Nel Messaggio dei vescovi italiani per la 75ª Giornata Nazionale del Ringraziamento, dal titolo "Giubileo, rigenerazione della terra e speranza per l’umanità" un passaggio viene dedicato in particolare, "a tanti fratelli, soprattutto immigrati, che vengono sfruttati nel lavoro dei campi". L'auspicio è che nell’Anno Giubilare, "che viene anche perché gli imprenditori agricoli che trattano in questo modo gli operai", essi "abbiano un sussulto di coscienza e donino speranza a tanti uomini e donne continuamente sfruttati".
Ecco il testo integrale del messaggio:
La pratica cristiana del Giubileo affonda le sue radici nell’Antico Testamento, riletto in relazione alla pienezza della salvezza che si realizza in Gesù Cristo, Colui che proclama e compie «l’anno di grazia del Signore» (Lc 4, 19). Nel celebrare l’Anno Santo rileggiamo le indicazioni che vengono dai primi libri della Bibbia, di grande rilievo per la cura del lavoro della terra e delle relazioni.
Già Papa Francesco, nella Laudato si’, aveva invitato a scorgere nella Scrittura «la riscoperta e il rispetto dei ritmi inscritti nella natura dalla mano del Creatore» (n.71). Anzitutto il senso del sabato (cf. Dt 5, 12-15), nel quale il Popolo di Dio custodiva la memoria grata dell’opera del Creatore, che fa del settimo giorno un tempo di libertà dal lavoro per tutti gli esseri umani e anche per quei viventi che in esso sono coinvolti: tempo di ri-creazione e di festa, di discontinuità rispetto all’operare feriale.
La Scrittura invita a estendere tale logica del sabato anche alla terra, ogni sette anni: «la terra farà il riposo del sabato in onore del Signore: per sei anni seminerai il tuo campo e poterai la tua vigna e ne raccoglierai i frutti; ma il settimo anno sarà come sabato, un riposo assoluto per la terra, un sabato in onore del Signore. Non seminerai il tuo campo, non poterai la tua vigna» (Lv 25, 2b-4).
Ogni sette volte, poi, tale sabato della terra viene celebrato con solennità anche maggiore: «Conterai sette settimane di anni, cioè sette volte sette anni; queste sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni. (…) Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non farete né semina né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate» (Lv 25, 8-9.11).
La celebrazione del Giubileo ci insegna ad essere grati per i doni che riceviamo e a non dimenticare mai che la terra è di tutti: «Facendo eco alla parola antica dei profeti, il Giubileo ricorda che i beni della Terra non sono destinati a pochi privilegiati, ma a tutti. È necessario che quanti possiedono ricchezze si facciano generosi, riconoscendo il volto dei fratelli nel bisogno» (Spes non confundit, 16). Dal Giubileo emergono alcune istanze che interpellano la nostra responsabilità, per dare segnali di speranza al nostro tempo.
Un tempo di festa e di giusta discontinuità dal lavoro, che lo umanizzi e gli dia senso, dona speranza a tutti. Riposare ci rende umani, delimitare la pratica del lavoro – nella quale pure corrispondiamo alla volontà di Dio – apre spazi per vivere le relazioni con lo stesso Signore e con i fratelli per godere di questi beni e per rendere grazie a Dio.
Recuperare il senso del Giorno del Signore, che ci vede riuniti per celebrare l’Eucarestia, e del riposo da ogni tipo di lavoro, anche quello agricolo, permette ai cristiani di vivere e di far vivere nelle proprie aziende un tempo nel quale possono costantemente guardare i beni della terra con gratitudine e coltivare meglio le relazioni familiari e con le proprie comunità.
Dona speranza la restituzione di dignità che scaturisce dall’anno sabbatico, perché ci fa volgere lo sguardo a tanti fratelli, soprattutto immigrati, che vengono sfruttati nel lavoro dei campi, che non sempre si vedono riconosciuto il giusto salario nel triste fenomeno del caporalato, forme di previdenza, tempi di riposo. L’Anno Giubilare viene anche perché gli imprenditori agricoli che trattano in questo modo gli operai abbiano un sussulto di coscienza e donino speranza a tanti uomini e donne continuamente sfruttati.
L’attenzione alla pausa della festa interessa gli esseri umani, ma anche quei viventi che sono coinvolti nelle varie attività; anche per essi siamo richiamati ad una giusta attenzione al benessere, evitando di farne meri strumenti al nostro servizio.
Non a caso l’Enciclica Laudato si’ richiama proprio la legislazione sul sabato, prendendo le distanze da forme di «antropocentrismo dispotico» che non si interessa delle altre creature (cf. 68). Anche ogni impegno che contrasta lo spreco alimentare è un modo per essere grati dei doni di Dio ed essere solidali con tanti fratelli che non hanno accesso a tanti beni.
Assume una particolare forza, nell’attuale crisi socio-ambientale, il richiamo al riposo della terra, un segno dei tempi a cui invita a guardare anche la Bolla Spes non confundit. Oggi è possibile contemperare la pratica del coltivare la terra con la sua custodia (cf. Gen 2,15) attraverso un nuovo paradigma di coltivazione.
La cura della casa comune ed il contrasto al mutamento climatico, a cui richiama l’Esortazione apostolica "Laudate Deum", sono impegni che devono vedere in prima fila il mondo agricolo e il sistema agro-alimentare, dal campo al consumatore. Questa nuova visione dell’agricoltura deve basarsi su pratiche agro-ecologiche che valorizzino la terra senza sfruttarla oltre misura, rigenerando la fertilità e salvaguardando l’ambiente e la salubrità dei prodotti alimentari.
Dal Giubileo viene una saggezza che siamo chiamati a interpretare perché illumini le buone pratiche agricole del nostro tempo, che vanno conosciute e condivise. Grazie ad essa possiamo abitare la terra dando speranza anche alle generazioni future, sapendo che il Signore benedice chi si prende cura delle sue creature.
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(Photo European Commission)[/caption] Cammino sinodale della Chiesa italiana: pubblicato il Documento di sintesi in vista della terza Assemblea sinodale
17 Ottobre 2025 - È disponibile online il Documento di sintesi del Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia, dal titolo “Lievito di pace e di speranza”, che sarà votato dalla terza Assemblea sinodale in programma a Roma il 25 ottobre.
Il testo, che è già stato trasmesso ai delegati diocesani e a quanti parteciperanno come membri all’Assemblea del 25 ottobre, è stato preparato sulla base degli emendamenti emersi nel corso della seconda Assemblea sinodale (31 marzo – 3 aprile 2025), attraverso un intenso lavoro della Presidenza Cei, del Comitato del Cammino sinodale, del Consiglio permanente, degli organismi della Cei (Commissioni Episcopali, Uffici e Servizi della Segreteria Generale) e delle Regioni ecclesiastiche.
“Il Documento è intriso di esperienze di pace e di speranza. Pur tra tante fatiche, riporta la realtà di oltre duecento Chiese locali, con tutte le loro articolazioni, impegnate a vivere e trasmettere speranza e pace: spesso senza farsi notare, senza ‘fare notizia’, ma sempre con tenacia e cura evangelica. Le nostre comunità cristiane non sono allo sbando: benché provate da tante situazioni faticose e tentate a volte dallo scoraggiamento, vivono come ‘piccolo lievito’ di fraternità, attente soprattutto alle persone rimaste o lasciate ai margini”, sottolinea S.E. mons. Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale.
Come stabilito dal Consiglio permanente nella sessione autunnale di settembre, dopo il voto della terza Assemblea sinodale la Presidenza della Cei nominerà un gruppo di vescovi che, coadiuvato dagli organi statutari, elaborerà, sulla base del Documento, priorità, delibere e note che saranno al centro dei lavori dell’Assemblea generale di novembre 2025. Successivamente, alla luce del Documento di sintesi e delle riflessioni dell’Assemblea generale, questo stesso gruppo di vescovi, supportato da esperti, preparerà le prospettive pastorali che accompagneranno le Chiese in Italia nei prossimi anni. (fonte: Conferenza episcopale italiana)
Gaza, Cei: “Chiediamo con forza che cessi ogni forma di violenza inaccettabile contro un intero popolo e che siano liberati gli ostaggi”
24 Settembre 2025 - "Chiediamo con forza che a Gaza cessi ogni forma di violenza inaccettabile contro un intero popolo e che siano liberati gli ostaggi. Si rispetti il diritto umanitario internazionale, ponendo fine all’esilio forzato della popolazione palestinese, aggredita dall’offensiva dell’esercito israeliano e pressata da Hamas. Ribadiamo che la prospettiva di 'due popoli, due Stati' resta la via per un futuro possibile. Per questo, sollecitiamo il Governo italiano e le Istituzioni europee a fare tutto il possibile perché terminino le ostilità in corso e ci uniamo agli appelli della società civile".
Inizia così la nota "Sia pace in Terra Santa!" firmata dai vescovi della Chiesa italiana riuniti a Gorizia per il Consiglio episcopale permanente della Cei.
La nota preannuncia anche che "nei prossimi giorni, il Segretario Generale, S.E. Mons. Giuseppe Baturi, si recherà a Gerusalemme per esprimere solidarietà alla Chiesa di Terra Santa, verificare la possibilità di incrementare l’aiuto umanitario e di realizzare, come già avvenuto con alcune Conferenze Episcopali Regionali, una prossima visita fraterna da parte di rappresentanti dell’Episcopato italiano".
Nel corso dei lavori, il Consiglio episcopale permanente ha provveduto, tra le altre, anche alla nomina a Coordinatore nazionale della pastorale dei cattolici filippini in Italia di don Gregory Ramon Dacer Gaston (Rettore del Pontificio Collegio Filippino a Roma).
Card. Zuppi : “La guerra è il fallimento della politica e dell’umanità. Ogni parrocchia e comunità sia una casa di pace e di non violenza”
23 Settembre 2025 - "È avvenuto un cambio di paradigma, ormai generalizzato, con la riabilitazione della guerra come strumento politico o di affermazione dei propri interessi". C'è una presa di coscienza chiara e preoccupata nelle parole del presidente della Conferenza episcopale italiana, il card. Matteo Zuppi, nella sua introduzione al Consiglio episcopale permanente, che ha preso il via a Gorizia, città simbolica e di frontiera, e terminerà il 24 settembre.
Nell'esaminare il contesto conflittuale globale in cui ci troviamo, il card. Zuppi ha rilanciato l'Europa come "via verso il futuro", nonostante tutto. Con un appello: "Dobbiamo, come Chiesa italiana e come Chiese europee, portare il nostro sostegno al Continente, per un suo consolidamento come realtà di democrazia, pace e libertà, per la difesa della persona umana in un mondo che appare tanto in movimento".
A proposito della riabilitazione della guerra, che piuttosto "è il fallimento della politica e dell’umanità", il presidente dei vescovi italiani paventa il rischio di "rimanere intrappolati nella polarizzazione, che non solo fa perdere l’opportunità di vie nuove, ma alimenta ulteriore conflitto: radicalizzazione, chiusura, violenza verbale o fisica, sospensione dell’altro dalla comunità, innalzamento delle barriere emotive e cognitive. La polarizzazione si manifesta quando opinioni, identità e appartenenze diventano muri invalicabili: “noi” contro “loro”, amici contro nemici, verità contro menzogna. Il rischio mortale è che ogni interlocutore venga spogliato della sua umanità. Qui inizia l’odio, che poi rende vittime e artefici, allo stesso tempo, se non si combatte per tutti e in ogni situazione. Assistiamo spesso ad un pericoloso scontro continuo e intransigente, dove diventa impossibile immaginare vie alternative".
Di fronte a tutto questo, il card. Zuppi esprime un invito: "Ogni parrocchia e comunità sia una casa di pace e di non violenza che promuova e raccolga le tante e importanti istanze che salgono dalla società civile. Per i cristiani, l’impegno alla pace non è un’opzione morale fra tante, ma una dimensione costitutiva del Vangelo. Gesù ci ricorda che basta dire pazzo a nostro fratello per essere omicidi! Egli invita ad amare i nemici. Questo impegno si traduce nel promuovere riconciliazione, giustizia, cura dei più vulnerabili, rifiuto di ogni forma di violenza. Essere cristiani significa anche denunciare le guerre e le ingiustizie, sostenere la diplomazia, offrire accoglienza a chi fugge da conflitti".
XXXVII Giornata nazionale di sensibilizzazione per il sostentamento del clero: “Sostenere i sacerdoti significa custodire il cuore delle nostre comunità”
18 Settembre 2025 - Un gesto di riconoscenza verso i sacerdoti che ogni giorno si prendono cura delle nostre comunità. È questo l’invito che la Chiesa italiana rivolge ai fedeli in occasione della XXXVII Giornata nazionale di sensibilizzazione per il sostentamento del clero, in programma domenica 21 settembre 2025.
I sacerdoti, oggi più che mai, rappresentano una risorsa fondamentale. Sono annunciatori del Vangelo nella concretezza della vita quotidiana, artigiani di relazioni autentiche, punti di riferimento per famiglie in difficoltà, anziani soli, giovani disorientati o in cerca di lavoro. Con discrezione e tenacia, offrono tempo, energie e ascolto costruendo reti di solidarietà e accompagnando percorsi di fede e rinascita.
“La Giornata Nazionale - spiega il responsabile del Servizio Promozione per il Sostegno Economico alla Chiesa cattolica, Massimo Monzio Compagnoni – richiama l’attenzione sull’importanza della missione dei sacerdoti, sulla bellezza del loro servizio e sulla corresponsabilità richiesta alla comunità cattolica. È un’opportunità per esprimere gratitudine verso uomini di fede, speranza e prossimità, che ogni giorno offrono la loro vita per il bene delle comunità. Sostenerli non è solo un atto economico, ma un segno concreto di appartenenza e partecipazione ecclesiale”.
Spesso si crede, erroneamente, che l’obolo domenicale sia sufficiente a garantire il sostentamento del clero. Ma in molte realtà, queste risorse non coprono il necessario. Le offerte deducibili, istituite con la revisione del Concordato, oltre quarant’anni fa, rimangono ancora oggi uno strumento poco conosciuto e sottoutilizzato.
Nel 2024, secondo i dati diramati dal Servizio promozione sostegno economico CEI, le offerte raccolte, pari a 7,9 milioni di euro, hanno contribuito al sostentamento di circa 31.000 sacerdoti attivi nelle 226 diocesi italiane, inclusi 250 fidei donum – missionari in Paesi in via di sviluppo – e 2.517 sacerdoti anziani o malati che, pur avendo concluso il loro ministero, restano testimoni di una vita spesa per il Vangelo. L’ammontare raccolto, pur significativo, resta però lontano dai 522 milioni di euro necessari a garantire una remunerazione dignitosa – attorno ai 1.000 euro mensili per 12 mesi – a ciascun presbitero.
Attraverso il sito www.unitineldono.it, è possibile effettuare una donazione in modo sicuro e semplice. Chi lo desidera, può anche iscriversi alla newsletter mensile per ricevere aggiornamenti e
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Accoglienza, il card. Zuppi al “Corriere della Sera”: ok le regole, ma bisogna integrare, non tollerare o condannare
3 Settembre 2025 - 3 Settembre 2025 - Il Corriere della Sera ha pubblicato, anche nella sua versione digitale, un'intervista di Aldo Cazzullo al presidente della Conferenza episcopale italiana, il card. Matteo Zuppi.
In particolare, dopo che l'arcivescovo di Bologna ha ricordato il "todos, todos, todos" di papa Francesco Lisbona, Cazzullo ha domandato: «Come si fa ad accogliere tutti?».
E Zuppi ha risposto: «Questo mette in difficoltà alcuni preti, preoccupati comprensibilmente che così diventiamo un’altra cosa: non contrastiamo più il mondo, e il mondo entra dentro di noi. Le regole esistono e si fanno rispettare. Ma integrando, cioè facendo sentire a casa, non tollerati o condannati. Colui che sembra straniero entra perché in realtà è figlio Suo e fratello nostro. E come impara quelli che sono stati chiamati i principi non negoziabili? Stando dentro, vivendo con gli altri. Noi dobbiamo essere la casa di Dio, non l’albergo, come avrebbero detto i nostri genitori, almeno i miei. Tutti dobbiamo imparare a vivere a casa, a pensare in relazione al Signore e agli altri».
Terra Santa, card. Zuppi (Cei): “Siamo prossimi alla comunità con la preghiera e con l’aiuto concreto”
30 Luglio 2025 - La Conferenza episcopale italiana resta accanto alle comunità della Terra Santa, provate da anni di violenze e ora da un conflitto che sta seminando morte e distruzione, con pesanti ricadute anche nei territori limitrofi. In questa regione così martoriata, il Servizio nazionale per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli ha finanziato 143 progetti per quasi 43 milioni di euro. Nei mesi scorsi, per l’emergenza a causa della chiusura degli altri ospedali e il grande afflusso dei profughi, è stato necessario finanziare l’ospedale nel Karak, gestito dalle Missionarie Comboniane al confine con la Cisgiordania, e in questi giorni sono stati messi a disposizione ulteriori 300mila euro.
Inoltre, attraverso Caritas Italiana, sono stati sostenuti progetti di Caritas Gerusalemme e di altri partner della società civile palestinese e israeliana. Negli ultimi due anni sono stati destinati 1.645.000 euro per far fronte all’emergenza umanitaria, offrire cure mediche e supporto psicosociale alle famiglie di Gaza, di Gerusalemme Est e della Cisgiordania, avviare percorsi di riabilitazione socioeconomica, tessere un dialogo tra israeliani e palestinesi, non perdendo mai la speranza di una pace duratura.
“Siamo prossimi alla comunità della Terra Santa con la preghiera e con l’aiuto concreto: il loro dolore è il nostro dolore, le loro lacrime sono le nostre. Non ci abituiamo al grido che giorno e notte sale a Dio, ma anche alle nostre orecchie. Esserci fa la differenza e promuove davvero la pace, una pace di cui la Terra Santa e il mondo intero hanno bisogno”, afferma il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei. (Fonte: Cei)
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(Foto AFP/SIR)[/caption] Mons. Savino (Cei): “Senza accoglienza, l’Europa perde sé stessa”
18 Luglio 2025 - A margine della tavola rotonda “I Nord e i Sud del mondo: quali relazioni oggi?”, promossa da Progetto Continenti il 14 giugno presso il Convento di Sant’Andrea a Collevecchio (RI), "Migranti Press" ha intervistato S.E. mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Jonio e vicepresidente della Conferenza episcopale italiana per l’Italia meridionale.
Eccellenza, c’è stato un tempo in cui l’Europa discuteva animatamente circa la propria identità e le proprie radici cristiane. Oggi quel le radici sembrano affiorare solo nei discorsi, ma non nelle scelte. Di fronte a un’Europa che si chiude, che si mostra fragile e disorientata sul tema delle migrazioni, lei ha parlato di “smarrimento”. È forse questo lo smarrimento di chi ha perso memoria delle proprie radici?
Sì, ho parlato volutamente di smarrimento. Non si tratta solo di una crisi politica o sociale: è, prima ancora, una crisi di senso. L’Europa sembra aver perso il filo della propria narrazione fondativa, quello che univa diritto e misericordia, giustizia e accoglienza. Il dibattito sulle “radici cristiane” si è spesso ridotto a una sterile contesa ideologica, dimenticando che il Vangelo è innanzitutto prossimità, non uno slogan identitario.
Oggi quelle radici affiorano nei discorsi, ma raramente ispirano scelte coraggiose. Occorrerebbe tornare a ciò che san Paolo VI chiamava “umanesimo integrale”: un’Europa fondata su un’idea alta dell’umano, capace di custodire i più fragili come pietre angolari del progetto comune (cfr Ef 2,20). Lo smarrimento attuale è il segno di una memoria tradita. Non si può custodire la memoria senza la fatica del discernimento storico e spirituale. La gestione delle migrazioni è la cartina al tornasole di una civiltà.
Quando l’altro è visto solo come un capro espiatorio e non come una rivelazione di senso, significa che abbiamo reciso le radici evangeliche che parlano di “forestiero accolto” (cfr Mt 25,35). L’Europa che si chiude è un’Europa impaurita, e la paura – come insegna Roberto Esposito – è sempre cattiva consigliera nella costruzione dell’ordine politico. Ma se tornassimo a vedere in ogni volto migrante il riflesso di Cristo, allora sì, quelle radici diventerebbero carne, decisione, civiltà.
“Sogno un’Europa solidale e generosa. Un luogo accogliente ed ospitale, in cui la carità – che è somma virtù cristiana – vinca ogni forma di indifferenza e di egoismo”, scriveva papa Francesco nel 2020. Oggi, però, sembra prevalere un’Europa chiusa e impaurita, che fatica a riconoscere il volto umano del migrante. Quanto ci siamo allontanati da quel sogno?
Ci siamo allontanati da quel sogno tanto quanto ci siamo allontanati dal Vangelo. Perché quel sogno non è un’utopia astratta: è il riflesso più concreto dell’annuncio cristiano, che ci chiede di riconoscere nel volto dell’altro – soprattutto nel volto sofferente, straniero, vulnerabile – la carne stessa di Cristo.
Oggi l’Europa sembra vivere una forma di afasia morale: non trova più le parole, né le categorie, per riconoscere l’altro come fratello. È il segno di una deriva culturale e spirituale, in cui il sogno della fraternità è stato soppiantato dalla retorica della paura. In molti Paesi europei assistiamo al riemergere di forme di nazionalismo difensivo, che costruiscono l’identità sul rifiuto dell’altro.
Come ha lucidamente osservato Tony Judt, il problema non è solo l’oblio, ma la manipolazione del passato a fini identitari: la costruzione della nazione si accompagna troppo spesso a un racconto mitico, epurato dalle responsabilità storiche, che giustifica chiusure e autoassoluzioni. Anche Paul Ricoeur, nella sua opera La memoria, la storia, l’oblio, ci ammonisce sull’ambivalenza della memoria: essa può essere forza di riconciliazione, ma anche strumento di esclusione, se ridotta a narrazione unilaterale.
Ecco perché una memoria davvero cristiana deve essere memoria ospitale, aperta all’altro e capace di trasformare la storia in responsabilità. Oggi, al contrario, si innalzano muri, si esternalizzano le frontiere, si criminalizza il soccorso. Eppure, la carità, che papa Francesco chiamava “somma virtù cristiana”, non è un’appendice dell’agire politico: è il suo cuore dimenticato. Senza carità, anche la giustizia si svuota. E senza accoglienza, l’Europa tradisce sé stessa.
Siamo dunque lontani da quel sogno, sì. Ma il sogno resta. Ed è nostro compito – come Chiesa e come cittadini – renderlo ancora abitabile. La speranza non è ingenuità, ma forza trasformativa. Abbiamo bisogno di un’Europa più unita nella compassione che nei trattati, capace di riconoscere che la difesa della dignità umana viene prima di ogni confine.
Dal 2013 si stima che oltre 30.000 persone abbiano perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa attraversando il Mediterraneo. Dopo la tragedia di Cutro, nel febbraio 2023, lei ha parlato di un “fallimento collettivo” che pesa come una colpa storica, denunciando una “miopia politica”, ma anche una “cecità spirituale”. Le migrazioni ci interpellano come cristiani, ancor prima che come cittadini. Non dovremmo allora chiederci se, oltre all’inadeguatezza della politica, vi sia anche una difficoltà propria del Popolo di Dio nel riconoscere nelle migrazioni un autentico “segno dei tempi” da leggere e interpretare alla luce del Vangelo?
Sì, è una domanda profonda e imprescindibile. Le migrazioni non sono soltanto un fenomeno sociale o politico, ma un segno dei tempi, nel senso più vero che il Concilio Vaticano II ha dato a questa espressione. Sono il grido della storia che reclama di essere ascoltato alla luce del Vangelo. Se non impariamo a leggere questi drammi come vere e proprie realtà teologiche, rischiamo di separare la fede dalla realtà, il culto dalla giustizia, la liturgia dalla carità.
La tragedia di Cutro, come le migliaia di vite spezzate nel Mediterraneo, sono “epifanie” della nostra indifferenza strutturale: riflettono una civiltà che ha smarrito la grammatica della compassione. Per questo parlai – e oggi ribadisco – di un fallimento collettivo, che riguarda non solo le istituzioni, ma anche la coscienza ecclesiale e della comunità.
Se un’intera generazione resta muta davanti alla morte dei poveri in mare, significa che qualcosa si è rotto non solo nel sistema, ma anche nell’anima. La Chiesa, Popolo di Dio in cammino, è chiamata a una conversione profonda: non può restare neutrale davanti al grido dei migranti, né limitarsi a offrire solo assistenza caritativa, per quanto indispensabile.
È tempo di una pastorale profetica, capace di alzare la voce contro le ingiustizie strutturali e di accompagnare i migranti come sacramenti di una presenza divina che ci visita nel povero, nel perseguitato, nel naufrago. In questo senso, il Vangelo ci precede: non ci chiede il permesso per essere annunciato nelle periferie del mondo. “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi [...] sono anche le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo” (GS 1).
Il fenomeno migratorio è oggi uno dei nodi centrali della storia della salvezza, perché ci obbliga a domandarci non solo “cosa dobbiamo fare”, ma soprattutto “chi vogliamo essere”. Non possiamo accettare che il Mediterraneo sia ormai un grande cimitero liquido, né restare prigionieri di una spiritualità disincarnata, che consola ma non converte. Accogliere non è solo un gesto etico, ma una scelta escatologica: una risposta concreta alla presenza viva di Dio nei poveri.
Vorrei concludere spostando il nostro sguardo dalle migrazioni forzate a quella presenza silenziosa – o, meglio, silenziata – costituita da oltre 5 milioni di stranieri regolarmente e stabilmente residenti nel nostro Paese. Il cardinale Zuppi, in più occasioni, ha denunciato i rischi di una lettura politicizzata e strumentale del fenomeno migratorio, sottolineando, invece, la necessità di affrontarlo con coraggio politico e senso di responsabilità sociale. Alla luce dell’esito del recente referendum sulla cittadinanza, le chiedo: possiamo dire che, allo stato attuale, in Italia manchino proprio quel coraggio politico e quel senso di responsabilità auspicati dal presidente della Cei?
Sì, possiamo dire che in Italia manca ancora quel coraggio politico e quel senso di responsabilità sociale auspicati dal cardinale Zuppi. Il referendum sulla cittadinanza ha mostrato quanto il tema resti fragile, spesso banalizzato o strumentalizzato politicamente, nonostante si tratti di una questione fondamentale per la qualità della nostra democrazia. Parliamo di oltre 5 milioni di persone straniere stabilmente residenti, molte delle quali pienamente integrate nella vita del Paese, ma escluse dal riconoscimento giuridico. È una zona grigia che contraddice il principio di giustizia.
Detto questo, è importante riconoscere anche i segnali positivi. Penso al recente Protocollo d’intesa firmato tra la Cei e il ministero dell’Interno, che rafforza la collaborazione tra istituzioni civili e realtà ecclesiali per un’accoglienza diffusa, dignitosa e sostenibile. È un passo concreto che dimostra come sia possibile coniugare legalità e solidarietà, coesione sociale e rispetto delle regole. Da queste sinergie può nascere una politica migratoria più giusta, umana e lungimirante. Come cristiani, non possiamo accontentarci di uno sguardo neutrale o rinunciatario.
La Parola di Dio ci interpella con forza: ci chiama a essere un popolo dell’accoglienza, non spettatori passivi di un mondo ferito, ma testimoni attivi di una storia di riconciliazione. Non basta osservare le ingiustizie da lontano: siamo chiamati a incarnare il Vangelo nei luoghi dove si decide il destino dell’umano. La cittadinanza, in questa prospettiva, non è solo un atto legislativo, ma una forma di responsabilità reciproca: è il gesto con cui riconosciamo l’altro non come ospite temporaneo, ma come parte viva della comunità.
Come ha scritto papa Francesco nella Fratelli tutti, “nessuno può affrontare la vita isolatamente” (n. 30). È un principio che vale anche per le nazioni. Riconoscere i nuovi italiani, accompagnare i percorsi di integrazione, superare la logica dell’eccezione e della paura: sono tutte tappe essenziali per costruire una società più giusta, matura e fedele al Vangelo. (Elia Tornesi in Migranti Press 6 2025)
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(foto: Calvarese/SIR)[/caption] Leone XIV alla Cei: “Non abbiate timore di scelte coraggiose. Nessuno potrà impedirvi di annunciare il Vangelo”
17 Giugno 2025 - Papa Leone XIV ha ricevuto in udienza nell'Aula della Benedizione la Conferenza episcopale italiana, immediatamente prima dell’80a Assemblea Generale straordinaria dei vescovi italiani.
"Guardate al domani con serenità e non abbiate timore di scelte coraggiose! Nessuno potrà impedirvi di stare vicino alla gente, di condividere la vita, di camminare con gli ultimi, di servire i poveri. Nessuno potrà impedirvi di annunciare il Vangelo, ed è il Vangelo che siamo inviati a portare, perché è di questo che tutti, noi per primi, abbiamo bisogno per vivere bene ed essere felici". Arrivano al termine del discorso le parole più calde del Pontefice rivolte ai suoi confratelli vescovi.
Un intervento che si era aperto con il ricordo di papa Francesco e con un preciso riferimento al Concilio Vaticano II, a proposito del ruolo del Papa e della collegialità: "In particolare, la Costituzione Lumen gentium sottolinea che il Signore Gesù costituì gli Apostoli «dando loro la forma di collegio, cioè di un gruppo stabile, del quale mise a capo Pietro, scelto di mezzo a loro» (n. 19). È in questo modo che siete chiamati a vivere il vostro ministero: collegialità tra voi e collegialità con il successore di Pietro".
Leone XIV ha poi invitato i vescovi a "una sana cooperazione con le Autorità civili" senza dimenticare l'esigenza della profezia. Citando papa Francesco, papa Leone ricorda che essa "non esige strappi, ma scelte coraggiose, che sono proprie di una vera comunità ecclesiale: portano a lasciarsi “disturbare” dagli eventi e dalle persone e a calarsi nelle situazioni umane, animati dallo spirito risanante delle Beatitudini” (Discorso in apertura della 70ª Assemblea Generale della CEI, 22 maggio 2017).
Il Papa ha voluto poi indicare "alcune attenzioni pastorali che il Signore pone davanti al nostro cammino": la necessità di "uno slancio rinnovato nell’annuncio e nella trasmissione della fede" e di sviluppare "un’attenzione pastorale sul tema della pace"; le "sfide che interpellano il rispetto per la dignità della persona umana", come "l’intelligenza artificiale, le biotecnologie, l’economia dei dati e i social media", che richiedono una "visione antropologica come strumento essenziale del discernimento pastorale"; l'importanza "di coltivare la cultura del dialogo".
Egli ha poi concluso con alcune esortazioni su sinodalità e ruolo dei laici: andare avanti "nell’unità, specialmente pensando al Cammino sinodale" e avere cura "che i fedeli laici, nutriti della Parola di Dio e formati nella dottrina sociale della Chiesa, siano protagonisti dell’evangelizzazione nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, negli ambienti sociali e culturali, nell’economia, nella politica".
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L'udienza di Leone XIV alla Cei nell'Aula delle Benedizioni (foto: Vatican Media)[/caption]
L'udienza di Leone XIV alla Cei nell'Aula delle Benedizioni (foto: Vatican Media)[/caption] Migranti, firmato al Viminale il Protocollo tra ministero dell’Interno e Cei
11 Giugno 2025 - Valorizzare le migrazioni legali destinando iniziative di accoglienza e di inclusione ai migranti che ne hanno diritto. È questo l’obiettivo del Protocollo di intesa tra il ministero dell’Interno e la Conferenza episcopale italiana, firmato oggi, 11 giugno, al Viminale dal ministro Matteo Piantedosi e dal cardinale presidente Matteo Zuppi. Attraverso intese tra Prefetture ed Enti ecclesiastici territoriali saranno promosse attività dedicate a richiedenti asilo e rifugiati, e in generale ai cittadini stranieri in condizioni di vulnerabilità.
Per favorire una maggiore sinergia di azione e di intenti, sarà inoltre istituito un Tavolo tecnico permanente per individuare e monitorare le iniziative più adeguate.
Il ministro Piantedosi ha sottolineato: “Con la firma di oggi rafforziamo un modello di accoglienza che coniuga solidarietà e legalità, valorizzando il ruolo fondamentale delle realtà ecclesiali sui territori. È responsabilità di chi governa un Paese stabilire regole di ingresso e politiche migratorie ed è altrettanto doveroso garantire tutela ai più vulnerabili e a chi fugge da guerre e persecuzioni. Confido che il Tavolo tecnico sia uno strumento operativo fondamentale per rendere ancora più efficace il lavoro sui territori”.
“Questo Protocollo è frutto di un lavoro di dialogo e confronto con il Ministero, di cui ringrazio il ministro Piantedosi. La firma odierna sottolinea e conferma la collaborazione con le istituzioni e il grande ruolo delle comunità ecclesiali per l’accoglienza e l’integrazione, contrastando l’illegalità con la legalità. Questo Documento rappresenta infatti un ulteriore passo per garantire diritti e doveri sicuri ai migranti, che non sono mai solo numeri o braccia, ma persone che hanno bisogno di politiche lungimiranti di integrazione.
Da anni, le diocesi italiane sperimentano e dimostrano che è possibile tenere insieme la richiesta di sicurezza, il desiderio di solidarietà e l’esigenza di andare incontro ai bisogni di chi è costretto a scappare dalla propria terra. La questione riguarda tutti, istituzioni e comunità: è in gioco il futuro per loro e per la nostra società”, ha affermato il cardinale Zuppi.
Caporalato, Cei: nell’anno giubilare “gli imprenditori agricoli abbiano un sussulto di coscienza”
11 Giugno 2025 - La Conferenza episcopale italiana ha reso noto il Messaggio per la 75ª Giornata Nazionale del Ringraziamento che si celebrerà il prossimo 9 novembre sul tema: “Giubileo, rigenerazione della terra e speranza per l’umanità”, firmato dalla Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace.
Il Messaggio si sofferma anche sul tema della dignità del lavoro e sulla responsabilità degli imprenditori, invitando a "volgere lo sguardo a tanti fratelli, soprattutto immigrati, che vengono sfruttati nel lavoro dei campi, che non sempre si vedono riconosciuto il giusto salario nel triste fenomeno del caporalato, forme di previdenza, tempi di riposo. L’Anno Giubilare viene anche perché gli imprenditori agricoli che trattano in questo modo gli operai abbiano un sussulto di coscienza e donino speranza a tanti uomini e donne continuamente sfruttati".
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(Foto: SIR/Marco Calvarese)[/caption]
(Foto: SIR/Marco Calvarese)[/caption] Referendum e cittadinanza, CEI: “Integrare nella pienezza dei diritti coloro che condividono i medesimi doveri e valori”
28 Maggio 2025 - Quello che serve urgentemente al Paese, come hanno ricordato ancora una volta i vescovi italiani alla fine del Consiglio episcopale permanente straordinario di martedì 27 maggio, è senza dubbio una riforma complessiva della legge 91/1992 sulla cittadinanza.
Il prossimo referendum dell'8 e 9 giugno - che mira solo a ridurre da 10 a 5 anni i tempi per poter presentare la richiesta - appare in ogni caso un'occasione per cominciare ad adottare "una visione larga che eviti mortificazioni della dignità delle persone" e per "integrare nella pienezza dei loro diritti coloro che condividono i medesimi doveri e valori".
Come aveva scritto su Migranti Press lo scorso mese di marzo S.E. mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente della CEMi e della Fondazione Migrantes, "votare il referendum sulla cittadinanza significa esercitare il diritto a modificare una legge che non aiuta a costruire l’Italia di domani", perché "non si può lasciare fuori dalla città – oggi con un’attesa fino anche a 14 anni, per motivi burocratici, mentre negli altri Paesi europei l’attesa media è di sette anni – chi lavora, studia, si sposa, ha un figlio in Italia".
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Roma 27–5-2025
Cei
Consiglio permanente straordinario
Ph: Cristian Gennari/Siciliani[/caption]
Roma 27–5-2025Cei
Consiglio permanente straordinario
Ph: Cristian Gennari/Siciliani[/caption]
Papa Francesco, Cei: “La Chiesa in Italia lo ringrazia, in modo speciale, per il dono del Cammino sinodale”
22 Aprile 2025 - Il messaggio della Conferenza episcopale italiana in occasione della morte di Papa Francesco.
«Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (Gv 13,1)
Queste parole del Vangelo di Giovanni sembrano oggi più che mai adatte a descrivere il Pontificato di Francesco. Sono ancora negli occhi di tutti, infatti, le ultime immagini, mentre passa attraverso la folla di Piazza San Pietro nella Domenica di Risurrezione. E in realtà è proprio la contemplazione del Risorto, il Cristo Buon Pastore, a sostenere la Chiesa italiana in questo momento in cui eleva la sua preghiera di suffragio per Papa Francesco, Vescovo di Roma e Primate d’Italia.
Con parole incisive e gesti profetici, Francesco si è rivelato davvero Pastore di tutti secondo il cuore misericordioso del Padre (cfr. Ger 3,15). Sin dall’inizio del suo ministero petrino, ha mostrato una particolare vicinanza al suo gregge, che ha condotto con sapienza e coraggio. In particolare, i Vescovi italiani gli sono grati per il costante dialogo e, soprattutto, per aver incarnato per primo quello straordinario programma di vita che aveva sintetizzato invitando ad essere sacerdoti con l’odore delle pecore e il sorriso dei padri (cfr. Omelia, Santa Messa del Crisma, 2 aprile 2015).
Torna alla mente il “buona sera” con cui si è presentato alla Chiesa e al mondo intero: quel saluto ha rappresentato uno spartiacque, l’inizio di un rapporto tra un padre e i suoi figli a cui ha ricordato quanto il Vangelo sia attraente, gioioso, capace di dare risposta alle tante domande della storia, anche a quelle sopite o soffocate. Da padre, ha indicato la via dell’ascolto e della prossimità, incoraggiando a uscire dalle logiche del consenso, dell’abitudine, dalla tentazione dello scoraggiamento o del potere che limita lo sguardo all’io senza aprirlo al noi. L’invito rivolto ai partecipanti al Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze ha tracciato una rotta precisa: «Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza» (10 novembre 2015). Questo desiderio continua a ispirare le azioni delle comunità ecclesiali.
«Abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, nessuno di noi è un’isola, […] possiamo costruire il futuro solo insieme, senza escludere nessuno», è stato uno degli insegnamenti più incisivi del Pontificato, che ha attraversato il dramma della pandemia, con il suo carico di dolore, solitudine e morte. L’incedere del Santo Padre, da solo, in silenzio, su una Piazza San Pietro vuota, in occasione del “Momento straordinario di preghiera in tempo di epidemia” (27 marzo 2020), resta scolpito nelle menti e nei cuori di tutti. Così come il capo chino e le lacrime davanti all’Immacolata, alla quale spesso ha affidato l’angoscia per il dramma delle guerre, chiedendo a tutti di diventare artigiani di pace, ogni giorno, nelle pieghe della quotidianità, in ogni ambito di vita.
La Chiesa in Italia lo ringrazia, in modo speciale, per il dono del Cammino sinodale e l’incessante incoraggiamento ad andare avanti insieme. E oggi, insieme, affida il suo Pastore, che ha amato davvero i suoi sino alla fine, all’abbraccio tenero e misericordioso del Padre.
Lavoro, Cei: “L’economia e le leggi di mercato non devono passare sopra le nostre teste”
19 Marzo 2025 - "La tutela, la difesa e l’impegno per la creazione di un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, costituisce uno dei segni tangibili di speranza per i nostri fratelli, come papa Francesco ci ha indicato nella Bolla di indizione dell’Anno giubilare (cf. Francesco, Spes non confundit, 12)".
La Conferenza episcopale italiana ha reso noto il Messaggio dei Vescovi italiani per la Festa dei Lavoratori (1° maggio 2025) dal titolo: “Il lavoro, un’alleanza sociale generatrice di speranza”.
Dopo aver evidenziato criticità ed elementi di speranza, e sottolineato che "la «mano invisibile» del mercato non è sufficiente a risolvere i gravi problemi oggi sul tappeto", i vescovi offrono una riflessione sui meccanismi che insistono sulla qualità e la dignità del lavoro e delle persone che lavorano: "L’economia e le leggi di mercato non devono passare sopra le nostre teste lasciandoci impotenti. Il mercato siamo noi: sia quando siamo imprenditori e lavoratori, sia quando promuoviamo e viviamo un consumo critico".
Infine, un passaggio che riguarda anche chi, arrivato dall'estero, lavora o vorrebbe lavorare nel nostro Paese: "Un effetto strutturale e fondamentale lo sta esercitando la grave crisi demografica, per la quale vedremo nei prossimi anni uscire dal mercato del lavoro la generazione più consistente, sostituita progressivamente da un numero sempre più ridotto di giovani. Allo stesso tempo, accade qualcosa di paradossale, ossia lo sfruttamento di fratelli immigrati, dimenticando che la loro presenza può costituire un motivo di speranza per la nostra economia, ma solo se verranno integrati secondo parametri di giustizia".
Cei: “Se vuoi la pace prepara la pace”
12 Marzo 2025 - A conclusione della sessione primaverile del Consiglio Episcopale Permanente (Roma, 10-12 marzo), nel consueto comunicato finale, i vescovi italiani hanno posto l'accento anche sulla situazione internazionale e sul ruolo dell'Europa.
Secondo i Presuli, "occorre individuare modalità nuove per favorire il dialogo e per innervare la società con quella cultura che nasce dal Vangelo e con una testimonianza autentica. La guerra, spesso alimentata da nazionalismi antiumani, che è tornata a insanguinare l’Europa e che segna l’esistenza di tanti popoli, richiede – hanno rimarcato i Vescovi – decise iniziative politiche e diplomatiche per la pace".
Inoltre, sottolineando che l’Europa "ha bisogno di recuperare i suoi valori fondativi – pace, libertà, democrazia, diritti, giustizia sociale", in linea con l’espressione richiamata dal Cardinale Presidente “se vuoi la pace, prepara la pace”, i Vescovi hanno ricordato "l’urgenza che gli investimenti pubblici siano indirizzati primariamente a sostenere le persone bisognose, le famiglie povere, le fasce sociali più deboli, ad assicurare a tutti adeguati servizi educativi e sanitari, a contrastare il cambiamento climatico".
Per quanto riguarda la Fondazione Migrantes, il CEP ha inoltre comunicato la nomina a membro del Consiglio di Amministrazione di p. Eraldo Cacchione, SJ. E la conferma come coordinatore nazionale della pastorale dei cattolici cinesi in Italia, don Paolo Kong Xianming (Napoli).
Card. Zuppi, Europa e pace: come direbbe papa Francesco, “è l’ora di primerear e non di balconear”
10 Marzo 2025 - Nella sua introduzione ai lavori del Consiglio Episcopale Permanente (Roma, 10-12 marzo 2025), il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, ha fatto riferimento anche alla situazione in Europa, alla luce degli ultimi sviluppi internazionali.
In particolare, citando i neologismi di papa Francesco ha detto che "è l’ora di primerear e non di balconear. C’è un’iniziativa da prendere". E ricordando la sua prolusione al monastero di Camaldoli, celebrando il Codice: "In questa prospettiva, sarebbe importante una Camaldoli europea, con partecipanti da tutt’Europa, per parlare di democrazia ed Europa. I padri fondatori hanno avuto coraggio, rompendo con le consolidate logiche nazionalistiche e creando una realtà mai vista né in Europa né altrove".
Per il card. Zuppi è urgente, come cattolici, dare un contributo in linea col Vangelo, investendo nel "Cantiere dell'Europa": "Ottant’anni fa, il 9 maggio 1945, finiva la Seconda Guerra mondiale sul suolo europeo. Data da ricordare e che fa pensare. Anche perché il fantasma di una nuova guerra mondiale si è aggirato negli ultimi anni e il Papa l’ha denunciato. Quella guerra è stata il frutto della follia nazionalista della Germania nazista e dell’Italia fascista. Oggi il male del nazionalismo veste nuovi panni, soffia in tante regioni, detta politiche, esalta parte dei popoli, indica nemici. Il suo demone non è amore per la patria, ma chiusura miope ed egoistica, che finisce per intossicare chi se ne rende protagonista e le relazioni con gli altri".
Facendo riferimento al Giubileo in pieno svolgimento, il presidente della Cei ha ricordato, "perché questa opportunità non si riduca a una successione di celebrazioni esteriori", che "i segni dei tempi, che racchiudono l’anelito del cuore umano, bisognoso della presenza salvifica di Dio, chiedono di essere trasformati in segni di speranza".
Card. Zuppi: “È evidente la necessità di non indebolire la cultura dei diritti dei richiedenti asilo e dei rifugiati”
20 Gennaio 2025 - Nella sua Introduzione ai lavori del Consiglio Episcopale Permanente (Roma, 20-22 gennaio 2025), il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della CEI, ha toccato anche il tema dell'immigrazione: "Nonostante la riduzione degli sbarchi (secondo i dati recenti, nel 2024 sono sbarcati sulle coste italiane 66.317 migranti, il 58% in meno rispetto ai 157.651 arrivati nel 2023), rimane elevato il numero di vittime di naufragio (circa 1.700 morti in mare, 1 ogni 40 arrivi, superiore ai morti nella rotta del Mediterraneo occidentale che è di 1 ogni 36).
È evidente la necessità di non indebolire la cultura dei diritti dei richiedenti asilo e dei rifugiati, offrendo regole di diritti e doveri sicuri, flussi e canali che permettano l’ingresso dei necessari lavoratori, che non sono mai solo braccia, ma persone che richiedono politiche lungimiranti di integrazione".
"L’esperienza dei corridoi umanitari e lavorativi - ha aggiunto il presidente della Cei - è da valorizzare perché garantisce dignità e sicurezza a chi fugge da situazioni drammatiche. Le Diocesi italiane, con il loro impegno, sono un faro di accoglienza per oltre 146.000 persone di origine straniera. Accanto ai corridoi umanitari, lavorativi e universitari sono un esempio concreto di come sia possibile conciliare il diritto a migrare con l’integrazione e lo sviluppo locale.
Negli ultimi anni, tra le molteplici esperienze di accoglienza, si è sviluppato un nuovo approccio che tiene insieme la richiesta di sicurezza, il desiderio di solidarietà e l’esigenza di andare incontro ai bisogni delle persone migranti.
Insomma: liberi di partire, liberi di restare e liberi di tornare, uscendo finalmente da una logica esclusivamente di sicurezza, questione evidentemente decisiva, per rafforzare la cooperazione, in particolare con l’Africa. Guardare al futuro con speranza non significa, allora, ignorare le difficoltà del presente, ma riconoscere i fili d’erba nelle crepe, il bene che può emergere anche nelle situazioni più difficili".
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(foto: Christian Gennari/Siciliani)[/caption]
(foto: Christian Gennari/Siciliani)[/caption] Consiglio dei Giovani del Mediterraneo: si conclude oggi la visita al Parlamento europeo e alla Comece
4 Aprile 2024 - Bruxelles - Si conclude oggi la visita alle Istituzioni europee, a Bruxelles, del Consiglio dei giovani del Mediterraneo, opera-segno nata a seguito dell’Incontro di Vescovi e Sindaci del Mediterraneo (Firenze, 23-27 febbraio 2022). La delegazione, accompagnata da mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e Segretario Generale della CEI, è stata ricevuta da Roberta Metsola, Presidente del Parlamento europeo, e da mons. Mariano Crociata, Presidente della Commissione degli Episcopati dell’Unione Europea (Comece), insieme a mons. Noël Treanor, Nunzio apostolico presso l’Unione Europea. La visita infatti prevedeva una doppia tappa: nella sede del Parlamento europeo e in quella della Comece.
L’incontro con la Presidente Metsola, osserva mons. Crociata, è “la conferma di un rapporto che la Chiesa, attraverso la Comece, ha con il Parlamento europeo, e che merita di essere portato avanti perché permette alla Chiesa di svolgere la sua missione e al Parlamento di raccogliere voci che vengono dal mondo cattolico, che è parte importante del popolo europeo”.
La Presidente Metsola, afferma mons. Baturi, “ha voluto conoscere meglio le motivazioni e la composizione del Consiglio dei giovani del Mediterraneo. Si è interessata anche della grande visione di Giorgio La Pira, chiedendo di poterla sviluppare in contesti storici che hanno bisogno di quella prospettiva profetica e ricordando che l’Unione europea è soprattutto un progetto di pace”. Il Segretario Generale della CEI esprime gratitudine alla Presidente del Parlamento europeo per “l’impegno a favore della cooperazione e della comprensione tra i popoli e il sostegno alla libertà, alla democrazia e ai diritti”. Con il Consiglio dei giovani del Mediterraneo, spiega mons. Baturi, “abbiamo voluto scommettere sui giovani perché questo significa scommettere sull’educazione, sulla loro capacità di immaginare un futuro diverso. L’Europa non può non accorgersi di ciò che accade nel Mediterraneo, delle forze vive e della possibilità che esso ha di sviluppare un’azione di pace e di amicizia che avrà ripercussioni in tutto il mondo. Per questo, vogliamo da una parte che i nostri giovani di 18 Paesi conoscano le Istituzioni europee, dall’altra parte chiediamo che le Istituzioni europee tengano conto di queste forze vive e prospettiche capaci di determinare, speriamo, un futuro diverso”.
Fortemente voluto e sostenuto dalla CEI, il Consiglio mira infatti a curare la dimensione spirituale, a rafforzare l’azione pastorale davanti alle sfide odierne e a costruire relazioni fraterne, come racconta il portale www.giovanimediterraneo.org dove sono disponibili informazioni e notizie. Il 16 aprile, a Fiesole (Fi), inoltre, sarà inaugurata la sede del Consiglio. La fisionomia, la mission e le attività sono state presentate dal Direttivo, nell’ambito dell’evento odierno “Costruire ponti di dialogo, unità e pace tra popoli e culture”. Ai lavori, introdotti dall’europarlamentare Beatrice Covassi, sono intervenuti mons. Baturi, mons. Crociata e Patrizia Giunti, Presidente della Rete Mare Nostrum e della Fondazione La Pira.