Rom, sinti e caminanti: si è riunita a Roma la Commissione pastorale nazionale
Signore Gesù, arameo errante fra gli erranti, Cristo dei cammini, dei rom e dei sinti, dei senza indirizzo: mettici in strada con Te.
Ferma Tu le ruspe: che non parta nessun braccio meccanico finché non c’è una via d’uscita vera, finché non c’è una porta, un tetto, un contratto, un nome scritto giusto. Spezza il lessico delle “bonifiche”: non si bonifica la vita, si protegge.
Custodisci le roulotte come tabernacoli leggeri, i cani legati al parafango, i panni tesi tra due alberi, le foto sugli sportelli come ex voto: sono case provvisorie, ma sono case.
Dona coscienza a chi governa e a chi firma: niente sgomberi senza alternativa, nessun ordine senza ascolto, nessuna statistica senza volti. Difendi l’unità delle famiglie: nessun bambino sfrattato dall’infanzia.
Accendi nella Chiesa una pastorale di tenda: comunità-ponte, cappellanie stabili, laici e preti capaci di stare in mezzo, tradurre lingue, guarire diffidenze, aprire scuola, salute, lavoro, documenti. Insegnaci quattro passi semplici e radicali: accogliere, proteggere, promuovere, integrare.
Smaschera le nostre paure, perdona i nostri recinti e le parole taglienti. Fa’ della città una piazza: da sgombero a patto, da sospetto a fraternità. Trasforma i campi in patti firmati, le baracche in indirizzi, le frontiere in mense apparecchiate.
Metti in noi il coraggio di schierarci: parlare quando è scomodo, negoziare quando è difficile, fare da scudo con la nostra presenza quando il diritto viene calpestato. Perché il Tuo Regno non spiana: abita.
E quando la polvere si posa, fa’ che restino in piedi le persone, che la legge si faccia misericordia, e che ogni campo diventi campo di festa. Amen.
Incontro Carlo Stasolla alla stazione ferroviaria di Salone, a Roma, appena fuori dal Grande Raccordo Anulare, tra la via Tiburtina e la Prenestina. Stasolla – 59 anni, presidente della “Associazione 21 luglio” – è stato appena nominato dal presidente Mattarella Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana. Mentre ci incamminiamo verso l’ingresso del campo, nato nel 2006, sul ciglio della strada trafficata del mattino, l’intervista incomincia da sé... “Superamento” sarà la parola-guida di tutta la nostra conversazione.
Dal 2021 abbiamo presentato alla Camera un modello partecipativo di “superamento” dei campi rom, il “modello Ma.rea” (Mappare e Realizzare comunità, ndr). E lo stiamo disseminando per l’Italia. Laddove le amministrazioni ci chiamano, noi le aiutiamo ad applicarlo. Ad Asti a giugno, per esempio, si chiuderà il campo, la baraccopoli di Via Guerra, 36.
Ecco. A parte Roma, negli anni avete di fatto un mappato un po' tutte le situazioni simili in giro per l'Italia…
Sì, si trova tutto su www.ilpaesedeicampi.it. Quasi in tempo reale, riusciamo a geolocalizzare gli insediamenti, quando sono stati aperti, quante persone ci sono, di quale etnia. E per noi è un indicatore sulla strada del superamento. Fino al 2018 siamo stati un po’ “cani da guardia” con le istituzioni. Poi dal 2018 abbiamo iniziato a cambiare approccio. Da “cani da guardia” siamo diventati “cani per ciechi”, accompagnando le amministrazioni interessate nel superamento.
Intanto, siamo entrati nel campo. A un certo punto svoltiamo verso il container dove ha sede la sala polifunzionale dell’associazione. Il tempo per un saluto a una giovane coppia di vicini, che ci offre un caffè caldo. Hanno appena salutato i figli, che vanno alla materna e alle elementari. Stasolla mi racconta un fatto del giorno precedente: un rom del campo è andato per la prima volta ad aprire la casa popolare che gli è appena stata assegnata. La chiave non va. Si pensa a un’occupazione abusiva. Si mette in moto tutta una macchina di interventi. Poi torna al campo è scopre che in realtà aveva preso la chiave sbagliata. Che ci dice questa storia?
Quella chiave, quanto l'hai dimenticata veramente o quanto dentro di te hai avuto difficoltà a prenderla per aprire quella porta? C'è una fatica che non è l'antiziganismo: sono casi molto isolati ed episodici quelli della famiglia rom che arriva e i vicini la cacciano. La resistenza viene dalla mancanza di stima in sé stessi, di fiducia. Il nostro lavoro è anche far sbocciare le persone. Sono sicuro che tutte le famiglie che sono uscite da qua, se non ci fosse stato qualcuno che le accompagnava, in casa non ci sarebbero entrati o rimasti.
Quindi, il pregiudizio contro i rom non è il primo ostacolo da superare?
No. Abbiamo compreso sin dall'inizio che il problema in Italia fossero i campi. Il campo è il luogo in cui si sviluppa e si amplifica l'antiziganismo. Perché si è a lungo pensato che i rom volessero vivere nei campi. Il punto invece è superare i campi. Nel 2010, quando è nata la “21 luglio”, era impensabile. Non si sapeva nulla dei rom. Da qui il lavoro di ricerca, il monitoraggio, la mappatura degli insediamenti. Abbiamo iniziato a capire l'entità del fenomeno. Oggi in Italia solo il 6% dei rom vive nei campi.
C’è stato un momento-chiave?
La sentenza storica nel 2015 del Tribunale Civile di Roma sul campo “La Barbuta”. Per la prima volta si stabilisce che costruire un campo è discriminatorio. Un precedente importantissimo che ci ha consentito di bloccare la costruzione di campi successivi. Chiaramente mettendoci tutti contro. Per due anni abbiamo avuto la Polizia che ci proteggeva. Il nostro rapporto – “Campi nomadi S.P.A” –, è stato acquisito da Pignatone nelle indagini su Mafia Capitale. Una persona che viveva qui a Salone prima del 2014 costava al Comune 600 euro al mese, per servizi inutili, appalti mai realizzati. Abbiamo pagato il prezzo di quella denuncia…
Ora però il Presidente della Repubblica l’ha nominata Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana…
Quando ho saputo, ho avuto un flash. Come quelli che, si dice, capitino a chi sta per morire. In un attimo ho rivisto un po' tutta la vita dell'associazione, e tutte le accuse e le calunnie ricevute sul nostro lavoro. Ci dicevano che era inutile e che non si basava su dati certi, anche se non abbiamo mai ricevuto una querela o una denuncia sui dati che abbiamo prodotto. Ci deridevano.
Perché?
Il punto è che ho vissuto 14 anni nei campi prima di iniziare questo lavoro, e l'ho fatto in uno spirito di nascondimento. Nessuno sapeva che c'ero, e non ero lì per risolvere problemi, ma per condividere la vita. E quando presentavamo le prime ricerche, si diceva: “E questi, che ne sanno loro di rom?”. La mia è una conoscenza dal di dentro e mi è servita tantissimo, anche perché a stare nel campo si acquisisce una capacità di conoscere l'animo umano.
Come è nata la sua sensibilità per la situazione abitativa dei rom?
Non è nata tanto intorno al diritto alla casa, ma rispetto a tutte le forme di diseguaglianza. Lo devo a un episodio che mi raccontò mia madre da piccolo. Poi ho incontrato casualmente i rom attraverso un libro. Non li conoscevo. E così che poi la mia esperienza l'ho vissuta con loro.
Chi la conosceva comprese le sue motivazioni?
Assolutamente, no. Anche in famiglia. Ma me ne rendo conto adesso del perché. Avevo una enorme difficoltà a spiegare: non ero dentro un'organizzazione, non ero dentro una parrocchia, non avevo nessuno dietro. “Perché lo fai?”. Perché è giusto così, dicevo. Che razza di risposta può essere per un padre, per una madre, per un amico? Gli stessi rom erano convinti che mi rifugiassi nel campo perché scappavo da qualcosa o da un amore andato male. In realtà era un amore andato bene…
Questa del Quirinale credo sia anche una tappa di verifica per l'associazione. Cambia qualcosa per voi ora?
Facciamo 15 anni di vita ad aprile, siamo in piena adolescenza. Secondo me è qualcosa che impatta più sulle motivazioni, e non tanto sull'attività pratica. Una persona autorevole ti dà una pacca sulla spalla e senti di avere più forza, per andare avanti e lavorare meglio, diventare più autorevoli nel dare voce ai rom che vivono in queste condizioni. La vedo in un’ottica futura.
Le chiedo di immaginarsi la prima volta che è entrato in un campo per andarci a vivere…
Era il 6 maggio 1988, festa di san Giorgio, quando i rom uccidono l’agnello. Entrai, e pensavo che tutti i giorni fossero così… Era un campo informale, dietro Cinecittà... Tra l'altro, la bambinetta che mi venne incontro quel giorno è stata la prima persona di Salone per la quale ho fatto fare domanda e che è entrata in una casa popolare. Certe cose ritornano sempre.
Interverranno: