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Bruni: “vedremo se il Papa porterà con sé alcuni migranti” dal suo viaggio a Cipro e Grecia

30 Novembre 2021 - Roma - “Se il Papa porterà qualcuno con sé, vedremo: alcune opzioni erano allo studio, ma anche per la complessità di queste operazioni e la normativa, normalmente queste cose si dicono dopo, perlomeno quando sono certe”. Così Matteo Bruni, Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha risposto ad una domanda dei giornalisti in merito ad una eventuale presenza di migranti a bordo dell’aereo papale, come era accaduto al ritorno dalla sua prima visita a Lesbo nel 2016. Nel briefing di oggi in sala Stampa Vaticana sul viaggio apostolico di Papa Francesco a Cipro e in Grecia, dal 2 al 6 dicembre, a proposito della visita ai rifugiati presso il “Reception and Indentification Centere”, in programma il 5 dicembre, Bruni ha fatto notare che “la situazione a Lesbo sarà diversa rispetto al 2016. Le tematiche saranno più vaste della situazione dei migranti. Semmai si tratterà di ricollocamento di migranti che arrivano da Cipro, perché parliamo di Paesi europei. Resta, naturalmente, il valore simbolico del luogo: chiunque c’era a Lesbo nel 2016, ha potuto toccare con mano il dolore e il senso di attesa, da parte occidentale, di trovare un luogo dove poter finalmente posare il capo”.

A Papa Francesco la foto simbolo dei migranti spagnoli

11 Novembre 2021 - Città del Vaticano - Nella catechesi che ha concluso il ciclo sulla Lettera ai Galati, ieri il Papa ha imperniato la sua riflessione sul tema “Non lasciamoci prendere dalla stanchezza”. A margine dell’udienza è stata consegnata al Pontefice un’immagine simbolo dell’emigrazione spagnola. Si tratta della foto nota come “Il Padre e il Figlio” e fa parte di un reportage realizzato da Manuel Ferrol il 27 novembre 1957 nel porto di La Coruña da dove partivano i migranti diretti a Buenos Aires.  

Papa Francesco: “porre fine ai respingimenti dei migranti

25 Ottobre 2021 - Città del Vaticano - “Occorre porre fine al ritorno dei migranti in Paesi non sicuri e dare priorità al soccorso di vite umane in mare con dispositivi di salvataggio e di sbarco prevedibile, garantire loro condizioni di vita degne, alternative alla detenzione, percorsi regolari di migrazione e accesso alle procedure di asilo”. È il forte appello rivolto ieri da Papa Francesco nel Dopo Angelus in piazza San Pietro. “Esprimo – ha detto - la mia vicinanza alle migliaia di migranti, rifugiati e altri bisognosi di protezione in Libia: non vi dimentico mai; sento le vostre grida e prego per voi”. Il papa ha quindi ricordato i “tanti di questi uomini, donne e bambini sottoposti a una violenza disumana”. Da qui la richiesta alla comunità internazionale di “mantenere le promesse di cercare soluzioni comuni, concrete e durevoli per la gestione dei flussi migratori in Libia e in tutto il Mediterraneo. E quanto soffrono coloro che sono respinti! Ci sono dei veri lager lì”. “Sentiamoci – ha concluso Papa Francesco - tutti responsabili di questi nostri fratelli e sorelle, che da troppi anni sono vittime di questa gravissima situazione. Preghiamo insieme per loro in silenzio”. (Raffaele Iaria)

La Domenica del Papa: Chi è il cieco oggi?

25 Ottobre 2021 - Città del Vaticano - Cammino, strada. Parole che tornano nella narrazione dei Vangeli ma anche nella vita della Chiesa. A Taranto si è conclusa la 49ma Settimana sociale dei cattolici, mentre è iniziato, da alcuni giorni, ufficialmente, il cammino del Sinodo dei vescovi. Nel suo messaggio alla Settimana, papa Francesco propone tre segnali stradali: attenzione agli attraversamenti, divieto di sosta, e, soprattutto, obbligo di svolta. Segnali che vogliono dire cammino, strada da percorrere, attenzione all’altro. Cammino è anche una delle prime parole che Francesco pronuncia appena eletto, quando, affacciandosi alla loggia centrale della basilica vaticana, aveva parlato di inizio di un cammino, vescovo e popolo. Cammino dunque. Marco, nel Vangelo, ci dice che Gesù è a Gerico, la città più antica al mondo, porta della Giudea, ultima tappa del cammino verso Gerusalemme; vi giunge con i suoi discepoli, ma subito parte, quasi a dire che non vi è nulla che possa trattenerlo in quel luogo. Invece, ecco che lo sguardo coglie un uomo che “sedeva lungo la strada a mendicare”: è il figlio di Timeo, Bartimeo, è cieco. In una società dell’immagine, l’idea del cieco del racconto evangelico ci fa dire: chi è il cieco oggi? Colui che non ha la vista, ma anche chi non usa la propria vista, chi dimentica l’uomo lasciato ai margini della strada. In questa domenica, giornata missionaria, papa Francesco all’Angelus invita a guardare alle migliaia di migranti, rifugiati e altri bisognosi di protezione in Libia: “non vi dimentico mai - ha detto - sento le vostre grida e prego per voi". Parla di “veri lager” e chiede alla Comunità internazionale di "mantenere le promesse di cercare soluzioni comuni, concrete e durevoli"; ancora, di “dare priorità al soccorso di vite umane in mare con dispositivi di salvataggio e di sbarco prevedibile, garantire loro condizioni di vita degne, alternative alla detenzione, percorsi regolari di migrazione e accesso alle procedure di asilo". Bartimeo rappresenta un po’ tutti noi, distratti come siamo dai nostri egoismi, sordi alle voci che un po’ ci disturbano perché chiedono accoglienza, attenzione. Voci di quelle moltitudini che affollano le strade d’Europa. Grida Bartimeo: “figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me”. Il cieco, ai tempi di Gesù, era considerato un peccatore, e non era bene stare troppo vicino a chi è tale. Grida, dunque, Bartimeo perché non può perdere l’occasione di incontrare questo guaritore, figlio di Davide. Molti lo rimproveravano perché tacesse, ci racconta Marco. Il Signore, invece, chiede ai suoi di andarlo a chiamare: è la “medicina della misericordia” nell’espressione di papa Roncalli. I discepoli lo chiamano dicendo “coraggio, alzati”. E lui non ha dubbi: si alza e lascia l’unica cosa preziosa che possiede, il mantello per ripararsi dal freddo. A Bartimeo Gesù rivolge una domanda che tutto sommato possiamo ritenere inutile, perché egli sa cosa vuole il povero che ha di fronte: che cosa vuoi che io faccia per te? La risposta è semplice, essenziale: “abbi pietà di me, abbi pietà di tutto ciò che sono”. Bartimeo è cieco, la sua vita dipende dalla generosità degli altri. Alla gente chiede spiccioli, a “colui che può tutto, chiede tutto”, dice Francesco; chiede “misericordia per la sua persona, per la sua vita. Non è una richiesta da poco, ma è bellissima, perché invoca la pietà, cioè la compassione, la misericordia di Dio, la sua tenerezza”. Al Signore manifesta tutto, “la sua cecità e la sua sofferenza”; la cecità era la “punta dell’iceberg, ma nel suo cuore ci saranno state ferite, umiliazioni, sogni infranti, errori, rimorsi”. Così il Papa chiede di riflettere sulla nostra preghiera personale: “mettiamo nella preghiera anche la nostra propria storia, le ferite, le umiliazioni, i sogni infranti, gli errori, i rimorsi?” Ancora, “è coraggiosa, ha l’insistenza buona di quella di Bartimeo, sa “afferrare” il Signore che passa, oppure si accontenta di fargli un salutino formale ogni tanto, quando mi ricordo? Quelle preghiere tiepide che non aiutano per niente”. Quando la fede è viva, afferma ancora Francesco, “la preghiera è accorata: non mendica spiccioli, non si riduce ai bisogni del momento”. Gesù “non vede l’ora di riversare la sua grazia e la sua gioia nei nostri cuori”, ma “siamo noi a mantenere le distanze” per “timidezza, pigrizia, incredulità”. (Fabio Zavattaro  - Sir)

Papa Francesco: Angelus, “violenza genera violenza”

18 Ottobre 2021 - Città del Vaticano - “La scorsa settimana sono stati compiuti vari attentati, per esempio in Norvegia, Afghanistan, Inghilterra, che hanno provocato numerosi morti e feriti”. Lo ha ricordato il Papa, al termine dell’Angelus di ieri, in cui ha espresso la sua vicinanza ai familiari delle vittime. “Vi prego, per favore, di abbandonare la via della violenza, che è sempre perdente, che è una sconfitta per tutti”, l’appello di Francesco: “Ricordiamoci che violenza genera violenza”.  

La domenica del Papa: il vero volto di Dio “è amore e accoglienza”

11 Ottobre 2021 - Città del Vaticano - “Per la strada”, scrive Marco nel suo Vangelo. Lungo la strada che sale a Gerusalemme, percorsa da Gesù e dai suoi discepoli, avviene un incontro: un giovane ricco – “possedeva molti beni”, leggiamo nella pagina del capitolo 10 – gli corre incontro, si inginocchia e lo chiama “maestro buono”. Un giovane. Non ha un nome quell’uomo, è solo un tale ed è molto ricco. Tutto qui, il denaro si è mangiato il suo nome, per tutti è semplicemente il giovane ricco. Nel Vangelo altri ricchi hanno incontrato Gesù: Zaccheo, Levi, Lazzaro, Susanna, Giovanna. E hanno un nome perché il denaro non era la loro identità. Che cosa hanno fatto di diverso questi, che Gesù amava, cui si appoggiava con i dodici? Hanno smesso di cercare sicurezza nel denaro e l'hanno impiegato per accrescere la vita attorno a sé. È questo che Gesù intende: tutto ciò che hai donalo ai poveri. Più ancora che la povertà, la condivisione. Più della sobrietà, la solidarietà. Nella domenica in cui Francesco apre, in San Pietro, la XVI Assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi, un percorso che vedrà le chiese impegnate fino a ottobre 2023 – non una “convention ecclesiale”, o un “convegno di studi”, ma un cammino fatto di incontro, ascolto reciproco e discernimento - ecco che torna l’immagine del camminare, la strada. L’incontro avviene, come leggiamo in Marco, per la strada: Gesù “si affianca al cammino dell’uomo e si pone in ascolto delle domande che abitano e agitano il suo cuore”. In questo modo, afferma papa Francesco nell’omelia in San Pietro, “ci svela che Dio non alberga in luoghi asettici, in luoghi tranquilli, distanti dalla realtà, ma cammina con noi e ci raggiunge là dove siamo, sulle strade a volte dissestate della vita”. Se i padri conciliari, nella Costituzione dogmatica Lumen Gentium, hanno voluto scrivere che la Chiesa è il popolo di Dio in cammino nella storia, ecco l’Assemblea dei vescovi, dal titolo “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”, si pone lungo questa prospettiva perché fare Sinodo “significa camminare sulla stessa strada, camminare insieme”. In perfetto stile ignaziano, Francesco suddivide la sua riflessione – “un test sulla mia fede” – in tre diversi momenti, a partire dalla domanda del giovane: “che cosa devo fare per avere la vita eterna?”; e sottolinea, in primo luogo, l’aspetto commerciale della richiesta del giovane: “dover fare”, “per avere”. La religiosità del giovane, dice Francesco è “un dovere, un fare per avere; ‘faccio qualcosa per ottenere quel che mi serve’”. Ecco il “rapporto commerciale con Dio, il do ut des. La fede, invece, non è un rito freddo e meccanico, un ‘devo-faccio-ottengo’. È questione di libertà e di amore”. Se la fede, dice il Papa “è principalmente un dovere o una moneta di scambio, siamo fuori strada, perché la salvezza è un dono e non un dovere, è gratuita e non si può comprare. La prima cosa da fare è liberarci di una fede commerciale e meccanica, che insinua l’immagine falsa di un Dio contabile, un Dio controllore, non padre”. Il passo del Vangelo ci dice anche che Gesù prima ancora di chiamare alla sequela – “va', vendi quello che hai, dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi” – ama colui che invita a essere suo discepolo: “fissò lo sguardo su di lui, lo amò”. Il vero volto di Dio “è amore e accoglienza”. Ecco da dove “nasce e rinasce la fede: non da un dovere, non da qualcosa da fare o pagare, ma da uno sguardo di amore da accogliere”. Infine, dono e gratuità. Forse è quello che manca anche a noi, dice il vescovo di Roma. “Spesso facciamo il minimo indispensabile, mentre Gesù ci invita al massimo possibile. Quante volte ci accontentiamo dei doveri – i precetti, qualche preghiera e tante cose così – mentre Dio, che ci dà la vita, ci domanda slanci di vita”. “Una fede senza dono e gratuità è incompleta è una fede debole, ammalata. Potremmo paragonarla a un cibo ricco e nutriente a cui però manca sapore, o a una partita ben giocata ma senza gol”. Una fede “senza dono, senza gratuità, senza opere di carità alla fine rende tristi”. Non una cosa meccanica, non un “rapporto di divere o di interesse con Dio”, ma dono da alimentare “lasciandomi guardare e amare da Gesù”. (Fabio Zavattaro - Sir)    

Papa Francesco all’incontro internazionale per la pace insieme ai leader delle grandi religioni mondiali

4 Ottobre 2021 - Roma – È stato presentato, in conferenza stampa, l’incontro internazionale “Popoli fratelli, terra futura. Religioni e Culture in Dialogo”, il trentacinquesimo promosso dalla Comunità di Sant’Egidio nello “spirito di Assisi”, dopo la storica giornata voluta da Giovanni Paolo II nel 1986. Nella parte conclusiva dell’incontro, che si svolgerà nel pomeriggio del 7 ottobre davanti al Colosseo, interverrà anche Papa Francesco, che presenzierà la preghiera ecumenica dei cristiani, prima di unirsi ai leader delle altre religioni mondiali come il grande imam dell’università di Al Azar (Il Cairo), Al Tayyeb, il patriarca ortodosso Bartolomeo I e il presidente della conferenza dei rabbini europei Pinchas Goldschmidt, insieme ad esponenti buddisti e induisti. La cerimonia finale sarà introdotta dagli interventi del fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi e della cancelliera tedesca Angela Merkel. Invitato anche il presidente del consiglio Mario Draghi. L’incontro internazionale verrà inaugurato il pomeriggio del 6 ottobre al centro congressi della Nuvola all’Eur e proseguirà la mattina del 7 con 4 forum dedicati a dialogo, pace, ambiente e giovani generazioni a cui parteciperanno, tra gli altri, anche l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, il consigliere speciale del segretario generale dell’Onu, Jeffrey Sachs, e la ministra degli Esteri della Tanzania, Liberata Mulamula. “Vorremmo aprire una prospettiva per guardare insieme al mondo che sta uscendo dalla pandemia”, ha affermato il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, sottolineando che all’incontro parteciperanno non solo leader religiosi, ma anche personalità della cultura e delle istituzioni da 40 paesi del mondo. “C’è bisogno di incontrarsi di persona all’insegna del dialogo tra i leader delle diverse religioni per guardare al futuro, ma anche di ascoltare insieme il grido degli ultimi per capire il vero stato del mondo. I temi della fraternità universale e della cura dell’ambiente emergono con chiarezza come preoccupazione comune di tutte le religioni e al tempo stesso come via d’uscita dalla pandemia”. All’incontro parteciperanno persone di ogni età, tra cui studenti liceali e universitari e centinaia di giovani da tutta Europa: “Un importante segno di ripartenza e di interesse per la pace”, ha osservato Impagliazzo, che ha concluso: “Non si tratta solo di ascoltare la sete di pace, che sale da tanti paesi in guerra, ma anche di incoraggiare gli operatori di pace sparsi nel mondo, per lavorare insieme al superamento della guerra”.  

Papa Francesco: “i Rom sono dei fratelli nostri”

22 Settembre 2021 - Città del Vaticano - Penso alla comunità Rom e a quanti si impegnano con loro per un cammino di fraternità e di inclusione". Lo ha detto questa mattina papa Francesco nel corso dell'Udienza generale che si è svolta nell'Aula Paolo VI alla presenza di diversi gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall'Italia e da ogni parte del mondo. Il Papa ha concentrato la sua riflessione sul suo recente viaggio apostolico a Budapest e in Slovacchia ed ha ricordato la sua vita alla comunità Rom di Bratislava: "è stato commovente - ha detto - condividere la festa della comunità Rom: una festa semplice, che sapeva di Vangelo. I Rom sono dei fratelli nostri: dobbiamo accoglierli, dobbiamo essere vicini come fanno i Padri salesiani lì a Bratislava, vicinissimi ai Rom". (Raffaele Iaria)  

Papa Francesco: “quanti non riconoscono i poveri non possono essere discepoli di Gesù”

14 Giugno 2021 - Città del Vaticano – “I poveri li avete sempre con voi”. E’ tratto dal vangelo di Marco il tema della prossima Giornata Mondiale dei Poveri che si celebrerà il 14 novembre.  “Quanti non riconoscono i poveri tradiscono l’insegnamento di Gesù e non possono essere suoi discepoli”, scrive papa Francesco nel suo messaggio presentato e diffuso oggi. La povertà  scrive il Pontefice – “non è frutto del destino, è conseguenza dell’egoismo”. “Come è possibile dare una risposta tangibile ai milioni di poveri che spesso trovano come riscontro solo l’indifferenza quando non il fastidio?”, si chiede il Papa: “quale via della giustizia è necessario percorrere perché le disuguaglianze sociali possano essere superate e sia restituita la dignità umana così spesso calpestata?”. “Uno stile di vita individualistico è complice nel generare povertà, e spesso scarica sui poveri tutta la responsabilità della loro condizione”, sostiene papa Francesco, “ma la povertà non è frutto del destino, è conseguenza dell’egoismo”. Ecco perché “è decisivo dare vita a processi di sviluppo in cui si valorizzano le capacità di tutti, perché la complementarità delle competenze e la diversità dei ruoli porti a una risorsa comune di partecipazione”. “Ci sono molte povertà dei ‘ricchi’ che potrebbero – si legge ancora nel Messaggio -  essere curate dalla ricchezza dei ‘poveri’, se solo si incontrassero e conoscessero!”: “nessuno è così povero da non poter donare qualcosa di sé nella reciprocità. I poveri non possono essere solo coloro che ricevono; devono essere messi nella condizione di poter dare, perché sanno bene come corrispondere. Quanti esempi di condivisione sono sotto i nostri occhi! I poveri ci insegnano spesso la solidarietà e la condivisione. È vero, sono persone a cui manca qualcosa, spesso manca loro molto e perfino il necessario, ma non mancano di tutto, perché conservano la dignità di figli di Dio che niente e nessuno può loro togliere”. (R.I.)

Papa Francesco: il Mediterraneo è il più grande cimitero d’Europa

14 Giugno 2021 - Città del Vaticano – Ieri pomeriggio ad Augusta, in Sicilia, la cerimonia di accoglienza del relitto della barca naufragata il 18 aprile 2015. Questo “simbolo di tante tragedie del Mar Mediterraneo – ha detto Papa Francesco al termine dell’Angelus ieri mattina - continui a interpellare la coscienza di tutti e favorisca la crescita di un’umanità più solidale, che abbatta il muro dell’indifferenza. Pensiamoci: il Mediterraneo è diventato il cimitero più grande dell’Europa”. Il relitto di quell'imbarcazione con a bordo 1000 migranti (solo 28 i superstiti) verrà esposto in maniera permanente nel porto della cittadina siciliana dopo essere rientrato da Venezia, dove era stato esposto per la Biennale del 2019. L’iniziativa di ieri sera è avvenuta all’interno delle celebrazioni per la Madonna della Stella Maris. A conclusione della cerimonia civile una concelebrazione eucaristica dei sacerdoti di Augusta con l’arcivescovo di Siracusa, Mons. Francesco Lomanto.