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Bruni: “vedremo se il Papa porterà con sé alcuni migranti” dal suo viaggio a Cipro e Grecia

30 Novembre 2021 - Roma - “Se il Papa porterà qualcuno con sé, vedremo: alcune opzioni erano allo studio, ma anche per la complessità di queste operazioni e la normativa, normalmente queste cose si dicono dopo, perlomeno quando sono certe”. Così Matteo Bruni, Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha risposto ad una domanda dei giornalisti in merito ad una eventuale presenza di migranti a bordo dell’aereo papale, come era accaduto al ritorno dalla sua prima visita a Lesbo nel 2016. Nel briefing di oggi in sala Stampa Vaticana sul viaggio apostolico di Papa Francesco a Cipro e in Grecia, dal 2 al 6 dicembre, a proposito della visita ai rifugiati presso il “Reception and Indentification Centere”, in programma il 5 dicembre, Bruni ha fatto notare che “la situazione a Lesbo sarà diversa rispetto al 2016. Le tematiche saranno più vaste della situazione dei migranti. Semmai si tratterà di ricollocamento di migranti che arrivano da Cipro, perché parliamo di Paesi europei. Resta, naturalmente, il valore simbolico del luogo: chiunque c’era a Lesbo nel 2016, ha potuto toccare con mano il dolore e il senso di attesa, da parte occidentale, di trovare un luogo dove poter finalmente posare il capo”.

A Papa Francesco la foto simbolo dei migranti spagnoli

11 Novembre 2021 - Città del Vaticano - Nella catechesi che ha concluso il ciclo sulla Lettera ai Galati, ieri il Papa ha imperniato la sua riflessione sul tema “Non lasciamoci prendere dalla stanchezza”. A margine dell’udienza è stata consegnata al Pontefice un’immagine simbolo dell’emigrazione spagnola. Si tratta della foto nota come “Il Padre e il Figlio” e fa parte di un reportage realizzato da Manuel Ferrol il 27 novembre 1957 nel porto di La Coruña da dove partivano i migranti diretti a Buenos Aires.  

Papa Francesco: “porre fine ai respingimenti dei migranti

25 Ottobre 2021 - Città del Vaticano - “Occorre porre fine al ritorno dei migranti in Paesi non sicuri e dare priorità al soccorso di vite umane in mare con dispositivi di salvataggio e di sbarco prevedibile, garantire loro condizioni di vita degne, alternative alla detenzione, percorsi regolari di migrazione e accesso alle procedure di asilo”. È il forte appello rivolto ieri da Papa Francesco nel Dopo Angelus in piazza San Pietro. “Esprimo – ha detto - la mia vicinanza alle migliaia di migranti, rifugiati e altri bisognosi di protezione in Libia: non vi dimentico mai; sento le vostre grida e prego per voi”. Il papa ha quindi ricordato i “tanti di questi uomini, donne e bambini sottoposti a una violenza disumana”. Da qui la richiesta alla comunità internazionale di “mantenere le promesse di cercare soluzioni comuni, concrete e durevoli per la gestione dei flussi migratori in Libia e in tutto il Mediterraneo. E quanto soffrono coloro che sono respinti! Ci sono dei veri lager lì”. “Sentiamoci – ha concluso Papa Francesco - tutti responsabili di questi nostri fratelli e sorelle, che da troppi anni sono vittime di questa gravissima situazione. Preghiamo insieme per loro in silenzio”. (Raffaele Iaria)

La Domenica del Papa: Chi è il cieco oggi?

25 Ottobre 2021 - Città del Vaticano - Cammino, strada. Parole che tornano nella narrazione dei Vangeli ma anche nella vita della Chiesa. A Taranto si è conclusa la 49ma Settimana sociale dei cattolici, mentre è iniziato, da alcuni giorni, ufficialmente, il cammino del Sinodo dei vescovi. Nel suo messaggio alla Settimana, papa Francesco propone tre segnali stradali: attenzione agli attraversamenti, divieto di sosta, e, soprattutto, obbligo di svolta. Segnali che vogliono dire cammino, strada da percorrere, attenzione all’altro. Cammino è anche una delle prime parole che Francesco pronuncia appena eletto, quando, affacciandosi alla loggia centrale della basilica vaticana, aveva parlato di inizio di un cammino, vescovo e popolo. Cammino dunque. Marco, nel Vangelo, ci dice che Gesù è a Gerico, la città più antica al mondo, porta della Giudea, ultima tappa del cammino verso Gerusalemme; vi giunge con i suoi discepoli, ma subito parte, quasi a dire che non vi è nulla che possa trattenerlo in quel luogo. Invece, ecco che lo sguardo coglie un uomo che “sedeva lungo la strada a mendicare”: è il figlio di Timeo, Bartimeo, è cieco. In una società dell’immagine, l’idea del cieco del racconto evangelico ci fa dire: chi è il cieco oggi? Colui che non ha la vista, ma anche chi non usa la propria vista, chi dimentica l’uomo lasciato ai margini della strada. In questa domenica, giornata missionaria, papa Francesco all’Angelus invita a guardare alle migliaia di migranti, rifugiati e altri bisognosi di protezione in Libia: “non vi dimentico mai - ha detto - sento le vostre grida e prego per voi". Parla di “veri lager” e chiede alla Comunità internazionale di "mantenere le promesse di cercare soluzioni comuni, concrete e durevoli"; ancora, di “dare priorità al soccorso di vite umane in mare con dispositivi di salvataggio e di sbarco prevedibile, garantire loro condizioni di vita degne, alternative alla detenzione, percorsi regolari di migrazione e accesso alle procedure di asilo". Bartimeo rappresenta un po’ tutti noi, distratti come siamo dai nostri egoismi, sordi alle voci che un po’ ci disturbano perché chiedono accoglienza, attenzione. Voci di quelle moltitudini che affollano le strade d’Europa. Grida Bartimeo: “figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me”. Il cieco, ai tempi di Gesù, era considerato un peccatore, e non era bene stare troppo vicino a chi è tale. Grida, dunque, Bartimeo perché non può perdere l’occasione di incontrare questo guaritore, figlio di Davide. Molti lo rimproveravano perché tacesse, ci racconta Marco. Il Signore, invece, chiede ai suoi di andarlo a chiamare: è la “medicina della misericordia” nell’espressione di papa Roncalli. I discepoli lo chiamano dicendo “coraggio, alzati”. E lui non ha dubbi: si alza e lascia l’unica cosa preziosa che possiede, il mantello per ripararsi dal freddo. A Bartimeo Gesù rivolge una domanda che tutto sommato possiamo ritenere inutile, perché egli sa cosa vuole il povero che ha di fronte: che cosa vuoi che io faccia per te? La risposta è semplice, essenziale: “abbi pietà di me, abbi pietà di tutto ciò che sono”. Bartimeo è cieco, la sua vita dipende dalla generosità degli altri. Alla gente chiede spiccioli, a “colui che può tutto, chiede tutto”, dice Francesco; chiede “misericordia per la sua persona, per la sua vita. Non è una richiesta da poco, ma è bellissima, perché invoca la pietà, cioè la compassione, la misericordia di Dio, la sua tenerezza”. Al Signore manifesta tutto, “la sua cecità e la sua sofferenza”; la cecità era la “punta dell’iceberg, ma nel suo cuore ci saranno state ferite, umiliazioni, sogni infranti, errori, rimorsi”. Così il Papa chiede di riflettere sulla nostra preghiera personale: “mettiamo nella preghiera anche la nostra propria storia, le ferite, le umiliazioni, i sogni infranti, gli errori, i rimorsi?” Ancora, “è coraggiosa, ha l’insistenza buona di quella di Bartimeo, sa “afferrare” il Signore che passa, oppure si accontenta di fargli un salutino formale ogni tanto, quando mi ricordo? Quelle preghiere tiepide che non aiutano per niente”. Quando la fede è viva, afferma ancora Francesco, “la preghiera è accorata: non mendica spiccioli, non si riduce ai bisogni del momento”. Gesù “non vede l’ora di riversare la sua grazia e la sua gioia nei nostri cuori”, ma “siamo noi a mantenere le distanze” per “timidezza, pigrizia, incredulità”. (Fabio Zavattaro  - Sir)

Papa Francesco: Angelus, “violenza genera violenza”

18 Ottobre 2021 - Città del Vaticano - “La scorsa settimana sono stati compiuti vari attentati, per esempio in Norvegia, Afghanistan, Inghilterra, che hanno provocato numerosi morti e feriti”. Lo ha ricordato il Papa, al termine dell’Angelus di ieri, in cui ha espresso la sua vicinanza ai familiari delle vittime. “Vi prego, per favore, di abbandonare la via della violenza, che è sempre perdente, che è una sconfitta per tutti”, l’appello di Francesco: “Ricordiamoci che violenza genera violenza”.  

La domenica del Papa: il vero volto di Dio “è amore e accoglienza”

11 Ottobre 2021 - Città del Vaticano - “Per la strada”, scrive Marco nel suo Vangelo. Lungo la strada che sale a Gerusalemme, percorsa da Gesù e dai suoi discepoli, avviene un incontro: un giovane ricco – “possedeva molti beni”, leggiamo nella pagina del capitolo 10 – gli corre incontro, si inginocchia e lo chiama “maestro buono”. Un giovane. Non ha un nome quell’uomo, è solo un tale ed è molto ricco. Tutto qui, il denaro si è mangiato il suo nome, per tutti è semplicemente il giovane ricco. Nel Vangelo altri ricchi hanno incontrato Gesù: Zaccheo, Levi, Lazzaro, Susanna, Giovanna. E hanno un nome perché il denaro non era la loro identità. Che cosa hanno fatto di diverso questi, che Gesù amava, cui si appoggiava con i dodici? Hanno smesso di cercare sicurezza nel denaro e l'hanno impiegato per accrescere la vita attorno a sé. È questo che Gesù intende: tutto ciò che hai donalo ai poveri. Più ancora che la povertà, la condivisione. Più della sobrietà, la solidarietà. Nella domenica in cui Francesco apre, in San Pietro, la XVI Assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi, un percorso che vedrà le chiese impegnate fino a ottobre 2023 – non una “convention ecclesiale”, o un “convegno di studi”, ma un cammino fatto di incontro, ascolto reciproco e discernimento - ecco che torna l’immagine del camminare, la strada. L’incontro avviene, come leggiamo in Marco, per la strada: Gesù “si affianca al cammino dell’uomo e si pone in ascolto delle domande che abitano e agitano il suo cuore”. In questo modo, afferma papa Francesco nell’omelia in San Pietro, “ci svela che Dio non alberga in luoghi asettici, in luoghi tranquilli, distanti dalla realtà, ma cammina con noi e ci raggiunge là dove siamo, sulle strade a volte dissestate della vita”. Se i padri conciliari, nella Costituzione dogmatica Lumen Gentium, hanno voluto scrivere che la Chiesa è il popolo di Dio in cammino nella storia, ecco l’Assemblea dei vescovi, dal titolo “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”, si pone lungo questa prospettiva perché fare Sinodo “significa camminare sulla stessa strada, camminare insieme”. In perfetto stile ignaziano, Francesco suddivide la sua riflessione – “un test sulla mia fede” – in tre diversi momenti, a partire dalla domanda del giovane: “che cosa devo fare per avere la vita eterna?”; e sottolinea, in primo luogo, l’aspetto commerciale della richiesta del giovane: “dover fare”, “per avere”. La religiosità del giovane, dice Francesco è “un dovere, un fare per avere; ‘faccio qualcosa per ottenere quel che mi serve’”. Ecco il “rapporto commerciale con Dio, il do ut des. La fede, invece, non è un rito freddo e meccanico, un ‘devo-faccio-ottengo’. È questione di libertà e di amore”. Se la fede, dice il Papa “è principalmente un dovere o una moneta di scambio, siamo fuori strada, perché la salvezza è un dono e non un dovere, è gratuita e non si può comprare. La prima cosa da fare è liberarci di una fede commerciale e meccanica, che insinua l’immagine falsa di un Dio contabile, un Dio controllore, non padre”. Il passo del Vangelo ci dice anche che Gesù prima ancora di chiamare alla sequela – “va', vendi quello che hai, dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi” – ama colui che invita a essere suo discepolo: “fissò lo sguardo su di lui, lo amò”. Il vero volto di Dio “è amore e accoglienza”. Ecco da dove “nasce e rinasce la fede: non da un dovere, non da qualcosa da fare o pagare, ma da uno sguardo di amore da accogliere”. Infine, dono e gratuità. Forse è quello che manca anche a noi, dice il vescovo di Roma. “Spesso facciamo il minimo indispensabile, mentre Gesù ci invita al massimo possibile. Quante volte ci accontentiamo dei doveri – i precetti, qualche preghiera e tante cose così – mentre Dio, che ci dà la vita, ci domanda slanci di vita”. “Una fede senza dono e gratuità è incompleta è una fede debole, ammalata. Potremmo paragonarla a un cibo ricco e nutriente a cui però manca sapore, o a una partita ben giocata ma senza gol”. Una fede “senza dono, senza gratuità, senza opere di carità alla fine rende tristi”. Non una cosa meccanica, non un “rapporto di divere o di interesse con Dio”, ma dono da alimentare “lasciandomi guardare e amare da Gesù”. (Fabio Zavattaro - Sir)    

Papa Francesco all’incontro internazionale per la pace insieme ai leader delle grandi religioni mondiali

4 Ottobre 2021 - Roma – È stato presentato, in conferenza stampa, l’incontro internazionale “Popoli fratelli, terra futura. Religioni e Culture in Dialogo”, il trentacinquesimo promosso dalla Comunità di Sant’Egidio nello “spirito di Assisi”, dopo la storica giornata voluta da Giovanni Paolo II nel 1986. Nella parte conclusiva dell’incontro, che si svolgerà nel pomeriggio del 7 ottobre davanti al Colosseo, interverrà anche Papa Francesco, che presenzierà la preghiera ecumenica dei cristiani, prima di unirsi ai leader delle altre religioni mondiali come il grande imam dell’università di Al Azar (Il Cairo), Al Tayyeb, il patriarca ortodosso Bartolomeo I e il presidente della conferenza dei rabbini europei Pinchas Goldschmidt, insieme ad esponenti buddisti e induisti. La cerimonia finale sarà introdotta dagli interventi del fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi e della cancelliera tedesca Angela Merkel. Invitato anche il presidente del consiglio Mario Draghi. L’incontro internazionale verrà inaugurato il pomeriggio del 6 ottobre al centro congressi della Nuvola all’Eur e proseguirà la mattina del 7 con 4 forum dedicati a dialogo, pace, ambiente e giovani generazioni a cui parteciperanno, tra gli altri, anche l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, il consigliere speciale del segretario generale dell’Onu, Jeffrey Sachs, e la ministra degli Esteri della Tanzania, Liberata Mulamula. “Vorremmo aprire una prospettiva per guardare insieme al mondo che sta uscendo dalla pandemia”, ha affermato il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, sottolineando che all’incontro parteciperanno non solo leader religiosi, ma anche personalità della cultura e delle istituzioni da 40 paesi del mondo. “C’è bisogno di incontrarsi di persona all’insegna del dialogo tra i leader delle diverse religioni per guardare al futuro, ma anche di ascoltare insieme il grido degli ultimi per capire il vero stato del mondo. I temi della fraternità universale e della cura dell’ambiente emergono con chiarezza come preoccupazione comune di tutte le religioni e al tempo stesso come via d’uscita dalla pandemia”. All’incontro parteciperanno persone di ogni età, tra cui studenti liceali e universitari e centinaia di giovani da tutta Europa: “Un importante segno di ripartenza e di interesse per la pace”, ha osservato Impagliazzo, che ha concluso: “Non si tratta solo di ascoltare la sete di pace, che sale da tanti paesi in guerra, ma anche di incoraggiare gli operatori di pace sparsi nel mondo, per lavorare insieme al superamento della guerra”.  

Papa Francesco: “i Rom sono dei fratelli nostri”

22 Settembre 2021 - Città del Vaticano - Penso alla comunità Rom e a quanti si impegnano con loro per un cammino di fraternità e di inclusione". Lo ha detto questa mattina papa Francesco nel corso dell'Udienza generale che si è svolta nell'Aula Paolo VI alla presenza di diversi gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall'Italia e da ogni parte del mondo. Il Papa ha concentrato la sua riflessione sul suo recente viaggio apostolico a Budapest e in Slovacchia ed ha ricordato la sua vita alla comunità Rom di Bratislava: "è stato commovente - ha detto - condividere la festa della comunità Rom: una festa semplice, che sapeva di Vangelo. I Rom sono dei fratelli nostri: dobbiamo accoglierli, dobbiamo essere vicini come fanno i Padri salesiani lì a Bratislava, vicinissimi ai Rom". (Raffaele Iaria)  

Papa Francesco: “quanti non riconoscono i poveri non possono essere discepoli di Gesù”

14 Giugno 2021 - Città del Vaticano – “I poveri li avete sempre con voi”. E’ tratto dal vangelo di Marco il tema della prossima Giornata Mondiale dei Poveri che si celebrerà il 14 novembre.  “Quanti non riconoscono i poveri tradiscono l’insegnamento di Gesù e non possono essere suoi discepoli”, scrive papa Francesco nel suo messaggio presentato e diffuso oggi. La povertà  scrive il Pontefice – “non è frutto del destino, è conseguenza dell’egoismo”. “Come è possibile dare una risposta tangibile ai milioni di poveri che spesso trovano come riscontro solo l’indifferenza quando non il fastidio?”, si chiede il Papa: “quale via della giustizia è necessario percorrere perché le disuguaglianze sociali possano essere superate e sia restituita la dignità umana così spesso calpestata?”. “Uno stile di vita individualistico è complice nel generare povertà, e spesso scarica sui poveri tutta la responsabilità della loro condizione”, sostiene papa Francesco, “ma la povertà non è frutto del destino, è conseguenza dell’egoismo”. Ecco perché “è decisivo dare vita a processi di sviluppo in cui si valorizzano le capacità di tutti, perché la complementarità delle competenze e la diversità dei ruoli porti a una risorsa comune di partecipazione”. “Ci sono molte povertà dei ‘ricchi’ che potrebbero – si legge ancora nel Messaggio -  essere curate dalla ricchezza dei ‘poveri’, se solo si incontrassero e conoscessero!”: “nessuno è così povero da non poter donare qualcosa di sé nella reciprocità. I poveri non possono essere solo coloro che ricevono; devono essere messi nella condizione di poter dare, perché sanno bene come corrispondere. Quanti esempi di condivisione sono sotto i nostri occhi! I poveri ci insegnano spesso la solidarietà e la condivisione. È vero, sono persone a cui manca qualcosa, spesso manca loro molto e perfino il necessario, ma non mancano di tutto, perché conservano la dignità di figli di Dio che niente e nessuno può loro togliere”. (R.I.)

Papa Francesco: il Mediterraneo è il più grande cimitero d’Europa

14 Giugno 2021 - Città del Vaticano – Ieri pomeriggio ad Augusta, in Sicilia, la cerimonia di accoglienza del relitto della barca naufragata il 18 aprile 2015. Questo “simbolo di tante tragedie del Mar Mediterraneo – ha detto Papa Francesco al termine dell’Angelus ieri mattina - continui a interpellare la coscienza di tutti e favorisca la crescita di un’umanità più solidale, che abbatta il muro dell’indifferenza. Pensiamoci: il Mediterraneo è diventato il cimitero più grande dell’Europa”. Il relitto di quell'imbarcazione con a bordo 1000 migranti (solo 28 i superstiti) verrà esposto in maniera permanente nel porto della cittadina siciliana dopo essere rientrato da Venezia, dove era stato esposto per la Biennale del 2019. L’iniziativa di ieri sera è avvenuta all’interno delle celebrazioni per la Madonna della Stella Maris. A conclusione della cerimonia civile una concelebrazione eucaristica dei sacerdoti di Augusta con l’arcivescovo di Siracusa, Mons. Francesco Lomanto.

Papa Francesco: una giornata di riflessione sulla “preoccupante” situazione del Libano

31 Maggio 2021 - Città del Vaticano – Il Libano tra le preoccupazioni di Papa Francesco. Ieri, al termine della preghiera dell’Angelus ha annunciato una giornata di riflessione sulla “preoccupante” situazione del Paese. “Il prossimo 1° luglio – ha detto - mi incontrerò in Vaticano con i principali responsabili delle Comunità cristiane presenti in Libano, per una giornata di riflessione sulla preoccupante situazione del Paese e per pregare insieme per il dono della pace e della stabilità”. Il pontefice ha affidato questa intenzione all’intercessione della Madre Dio, “tanto venerata al santuario di Harissa” ed ha chiesto di “accompagnare la preparazione di questo evento con la preghiera solidale, invocando per quell’amato Paese un futuro più sereno”. (R. Iaria)

Papa Francesco: ieri sera incontro con rifugiati dopo la proiezione del film-documentario “Francesco”

25 Maggio 2021 - Città del Vaticano – Ieri sera Papa Francesco ha incontrato un gruppo di rifugiati e senza dimora che hanno partecipato, nell’Aula Paolo VI in Vaticano, alla proiezione del film-documentario “Francesco”. Papa Francesco – fa sapere il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni - si è recato presso l’Atrio dell’Aula Paolo VI e si è “intrattenuto con le circa 100 persone, senzatetto e rifugiati, invitate a vedere il film mentre veniva loro distribuito un pacco alimentare, offerto dagli organizzatori. Quindi il Santo Padre ha fatto ritorno a Casa Santa Marta”. (R.I.)  

CEI: Papa Francesco apre l’Assemblea generale

20 Maggio 2021 - Roma - Sarà Papa Francesco ad aprire, lunedì prossimo, l'Assemblea generale della Conferenza Episcopale Italiana che si svolgerà a Roma dal 24 al 27 maggio. Tema dell'Assemblea sarà “Annunciare il Vangelo in un tempo di rinascita - Per avviare un cammino sinodale”. Il giorno successivo sarà il Card. Gualtiero Bassetti, Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e Presidente della CEI, ad avviare la riflessione con la sua Introduzione che potrà essere seguita in streaming attraverso il canale YouTube e la pagina Facebook della Conferenza Episcopale Italiana. All’ordine del giorno, la riflessione sull’attuale contesto che richiede un rinnovato annuncio del Vangelo, in uno stile sinodale. La relazione principale sarà tenuta da Mons. Franco Giulio Brambilla, Vescovo di Novara e Vice Presidente della CEI. Il confronto nei gruppi di studi e in aula aiuterà a individuare linee di fondo e metodologie. L’Assemblea sarà quindi chiamata ad eleggere due Vice Presidenti (per l’area Nord e per l’area Centro), i Membri del Consiglio per gli Affari Economici e i Presidenti delle Commissioni Episcopali. I Vescovi provvederanno anche all’approvazione di determinazioni in materia giuridico-amministrativa. (R.I.)  

“Custodire”: una parola che sembra così lontana dalla realtà del Myanmar”. La testimonianza di G.R.

17 Maggio 2021 - Città del Vaticano - Papa Francesco ha aperto, ieri, l'omelia della messa con i fedeli del Myanmar con il verbo  custodire: "una parola che sembra così lontana dalla realtà del Myanmar dove ogni cosa che rappresenti un simbolo del regime militare è soggetto a distruzione e viceversa: ogni cosa che rappresenta una semplice idea diversa da quella del regime militare, viene vista come 'un nemico' da distruggere", dice G.R. da 30 anni nel sud est Asiatico con una grande passione per gli aspetti sociali e spirituali della regione e per la sua "meravigliosa gente". "Sembra che sia impossibile, a questo momento, qualsiasi dialogo tra le parti in conflitto e si gioca alla distruzione reciproca. E' proprio un segno della presenza del Male, della suo opera", aggiunge G. Il paese, entrato nella spirale di odio in seguito al colpo di stato del 1 Febbraio scorso, ha visto "cancellare riforme e sviluppo che sono iniziati dal 2015 fino ad oggi: in un 'battito di ciglio' è stato cancellato tutto un processo democratico per ritornare al vecchio, al ''già visto'', alla soppressione di ogni libertà. Gli interessi di parte, la sete di profitto e di potere hanno veramente preso il sopravvento in Myanmar e fatto ripiombare il paese in un clima di odio, di divisione, di impossibilità di dialogo". L'unità è il "richiamo principale" dell'omelia del Papa: "come se richiamasse tutta la Chiesa in Myanmar al fondamento dell'unità che è il fondamento della Chiesa: l'essere una cosa sola. Un richiamo non casuale probabilmente rivolto alla gerarchia del Myanmar, chiamata a stringersi intorno ai suoi pastori affinché abbiamo una linea comune e unitaria di confronto e di azione davanti al regime militare. Sia perché l'unità della Chiesa con i suoi pastori è fondamentale per ogni chiesa locale: ma anche perché non è scontata in un paese con 135 etnie riconosciute e presenti all'interno del popolo di Dio". G.R. ricorda che nell'omelia del Pontefice "c'è un chiaro richiamo a tutta la Chiesa ad essere testimone di Vangelo vissuto, della testimonianza dell'amore eroico che porta in sè la speranza cristiana. Un richiamo forte e un'indicazione precisa: solo con l'amore che testimonia Gesù Cristo vivo c'è l'unica via per non perdere la speranza in una nazione che è praticamente, in guerra e sull'orlo di una catastrofe umanitaria e sicuramente economica. E l'ultimo richiamo alle piaghe di Gesù, con cui si chiude l'omelia, possiamo dire che sia il richiamo alle innumerevoli piaghe del popolo e dei popoli del Myanmar che più di 70 anni sono piagati da una violenta classe dirigente militare aggrappata al potere che non disdegna, da 70 anni ormai, la violenza anche più brutale e crudele, pur di non cambiare corso". (R. Iaria)

Messa del Papa con i fedeli del Myanmar: “Dio converta i cuori di tutti alla pace”

17 Maggio 2021 -

Città del Vaticano – “Voglio portare sull’altare del Signore le sofferenze del vostro popolo e pregare con voi perchè Dio converta i cuori di tutti alla pace”.

Papa Francesco, ieri, ha voluto celebrare la liturgia eucaristica, nella Basilica di San Pietro per la comunità  del Myanmar che vive a Roma. Circa le duecento persone hanno partecipato alla liturgia. Nell’omelia il pontefice ha sottolineato che  “dove c’è guerra, violenza, odio, essere fedeli al Vangelo e artigiani di pace significa impegnarsi, anche attraverso le scelte sociali e politiche, rischiando la vita. Solo così le cose possono cambiare", ha aggiunto il pontefice che ha auspicato un esito positivo della crisi aperta in Myanmar con il colpo di stato militare. Non dimenticando però di sottolineare la necessità per i cristiani di impegnarsi, perché’ spinti dalla verità, nelle scelte politiche e sociali anche a rischio della vita.   “La preghiera di Gesù – ha detto papa Francesco -  ci aiuti a custodire la fede anche nei momenti difficili, a essere costruttori di unità , a rischiare la vita per la verità  del Vangelo”.

Al termine a salutare il Papa un giovane sacerdote birmano, fr. Bosco Mung Sawng, che ha espresso la “profonda gratitudine” dei birmani per la vicinanza del Papa. “Nelle nostre lacrime, nell’amaro sconforto, nei momenti in cui la comunità mondiale ci ha abbandonato noi siamo stati confortati, guariti dalle parole del Santo Padre”, ha detto il sacerdote che studia alla Pontificia Università Urbaniana.

Il giovane sacerdote ha ricordato le tante volte che il Papa ha pregato per la fine delle ostilità nel Paese e il viaggio apostolico del novembre 2017: “Le nostre lacrime, il nostro amaro sconforto, la nostra pace distrutta, chiedono un intervento divino. Noi crediamo fermamente - dice - che questo evento straordinario in Roma col nostro Pastore sia il punto di partenza dell’intervento di Dio nella nostra storia”. E, in conclusione, ribadisce che “la pace è possibile” ed è “l’unica strada”. A Papa Francesco sono stati poi donati alcuni doni: l’immagine della pace in Myanmar, un album di foto e un libro, portato da alcune religiose e fedeli. (Raffaele Iaria)

Papa Francesco: appelli per Gerusalemme, Afghanistan e Colombia

10 Maggio 2021 - Città del Vaticano - “Seguo con particolare preoccupazione gli eventi che stanno accadendo a Gerusalemme. Prego affinché essa sia luogo di incontro e non di scontri violenti, luogo di preghiera e di pace”. Così Papa Francesco, ieri al termine del Regina Caeli.  “Invito tutti a cercare soluzioni condivise affinché l’identità multireligiosa e multiculturale della Città Santa sia rispettata e possa prevalere la fratellanza”, ha sottolineato aggiungendo che la  violenza “genera solo violenza. Basta con gli scontri”. “E preghiamo anche per le vittime dell’attentato terroristico avvenuto ieri a Kabul”, ha proseguito il papa: “Un’azione disumana che ha colpito tante ragazzine mentre uscivano da scuola. Preghiamo per ognuna di loro e per le loro famiglie. E che Dio doni pace all’Afghanistan”. Infine il Papa ha espresso la sua preoccupazione “per le tensioni e gli scontri violenti in Colombia, che hanno provocato morti e feriti”.  

Un sussulto di umanità

3 Maggio 2021 - Roma - Ieri abbiamo celebrato la V domenica dopo Pasqua. Un tempo, quello pasquale, che ci invita a meditare sulla resurrezione di Cristo attraverso la testimonianza di coloro che lo hanno incontrato “risorto”. Un tempo di riflessione ma anche di lettura della storia alla luce della resurrezione. Ma non possiamo non “ascoltare” il sussurro di Gesù nel Getsemani mentre dice ai suoi discepoli “la mia anima è triste, vegliate”. Queste parole tornano alla mente oggi mentre, per l’ennesima volta, registriamo la morte di persone migranti nel Mediterraneo, l’uccisione di una giovane missionaria in Perù, Nadia De Munari e il ferimento del futuro vescovo italiano Christian Carlassare, chiamato a guidare una diocesi nel Sud Sudan. Papa Francesco ha parlato di “vergogna” ricordando il silenzio assordante dopo la morte di 130 migranti al largo della Libia. Il silenzio di una umanità distratta di fronte a drammi che si ripetono. “Sono persone, sono vite umane che hanno implorato invano aiuto, un aiuto che non è arrivato”, ha detto il Papa invitando ad “interrogarci tutti su questa ennesima tragedia” e a pregare “per questi fratelli e sorelle, e per tanti che continuano a morire in questi drammatici viaggi. Preghiamo anche per coloro che possono aiutare ma preferiscono guardare da un’altra parte”. Dolore e sdegno arrivato da più parti del mondo cattolico: “che questa ennesima tragedia – ha detto la Fondazione Migrantes - provochi in noi un sussulto di umanità e d’impegno a creare canali legali e sicuri di ingresso”. Il desiderio di stare accanto agli altri non si ferma. Sono tanti i volontari italiani nel mondo accanto ad una umanità sempre più sofferente. Volontari e missionari come la missionaria laica italiana Nadia De Munari, 50 anni, da anni in Perù per l‘Operazione Mato Grosso. È stata aggredita nel sonno e uccisa: aiutava i poveri di una baraccopoli. Ma anche il più̀ giovane vescovo del mondo, padre Christian Carlassare, 43 anni, nominato dal papa due mesi fa e che il 23 maggio prossimo sarà consacrato vescovo per poi guidare la diocesi dove per anni è stato missionario. Le sue condizioni, in questi giorni, stanno migliorando. Ma anche qui, davanti a queste notizie, il mondo si gira dall’altra parte e non sente il grido dei poveri che arrivano su una barca o i tanti che in vari paesi del mondo soffrono la carestia, la persecuzione, la guerra. E non ascoltano il grido di coloro che lottano a loro fianco per la pace e per una vita dignitosa. Ecco perché le parole di Gesù nel Getsemani non possono non ridondare nelle nostre orecchie mentre il rifiuto, anche violento, del bene che si cerca di fare lascia l’amaro in bocca. I 130 morti nel Mediterraneo, Nadia e Christian probabilmente non saranno gli ultimi a essere vittime di un mondo concentrato su sé stesso ma questo non deve invitarci a guardare dall’altra parte. Anzi deve essere un monito per dire ancora una volta che il bene prevale sempre e che occorre “vegliare” perché non prevalga il male e l’egoismo. Altrimenti il sogno di un mondo diverso per milioni di perone rimarrà “solo” un sogno mentre continueranno a morire per fame, persecuzione, guerre, ingiustizie tanti innocenti. (Raffaele Iaria)        

Papa Francesco: le preghiere per invocare la fine della pandemia

3 Maggio 2021 - Città del Vaticano - “All’inizio del mese dedicato alla Madonna, ci uniamo in preghiera con tutti i santuari sparsi per il mondo, con i fedeli e con tutte le persone di buona volontà, per affidare nelle mani della nostra Madre santa l’umanità intera, duramente provata da questo periodo di pandemia”. È iniziata con queste parole, sabato 1° maggio, la preghiera prima della recita del Rosario che ha aperto la maratona di preghiera dal tema “Da tutta la Chiesa saliva incessantemente la preghiera a Dio (At 12,5)” per invocare la fine della pandemia. L’iniziativa, nata per desiderio del Papa, è promossa dal Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione e coinvolge trenta santuari mariani di tutto il mondo che, a turno, guideranno ogni giorno del mese di maggio, tradizionalmente mese mariano, la preghiera del Rosario per tutta la Chiesa. Al termine della recita del Rosario, il Papa ha pronunciato una seconda preghiera: "Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio. Nella presente situazione drammatica, carica di sofferenze e di angosce che attanagliano il mondo intero, ricorriamo a Te, Madre di Dio e Madre nostra, e cerchiamo rifugio sotto la tua protezione. O Vergine Maria, volgi a noi i tuoi occhi misericordiosi in questa pandemia del coronavirus, e conforta quanti sono smarriti e piangenti per i loro cari morti, sepolti a volte in un modo che ferisce l’anima. Sostieni quanti sono angosciati per le persone ammalate alle quali, per impedire il contagio, non possono stare vicini. Infondi fiducia in chi è in ansia per il futuro incerto e per le conseguenze sull’economia e sul lavoro. Madre di Dio e Madre nostra, implora per noi da Dio, Padre di misericordia, che questa dura prova finisca e che ritorni un orizzonte di speranza e di pace. Come a Cana, intervieni presso il tuo Figlio divino, chiedendogli di confortare le famiglie dei malati e delle vittime e di aprire il loro cuore alla fiducia. Proteggi i medici, gli infermieri, il personale sanitario, i volontari che in questo periodo di emergenza sono in prima linea e mettono la loro vita a rischio per salvare altre vite. Accompagna la loro eroica fatica e dona loro forza, bontà e salute. Sii accanto a coloro che notte e giorno assistono i malati e ai sacerdoti che, con sollecitudine pastorale e impegno evangelico, cercano di aiutare e sostenere tutti. Vergine Santa, illumina le menti degli uomini e delle donne di scienza, perché trovino giuste soluzioni per vincere questo virus. Assisti i responsabili delle Nazioni perché operino con saggezza, sollecitudine e generosità soccorrendo quanti mancano del necessario per vivere, programmando soluzioni sociali ed economiche con lungimiranza e con spirito di solidarietà. Maria Santissima, tocca le coscienze perché le ingenti somme usate per accrescere e perfezionare gli armamenti siano invece destinate a promuovere adeguati studi per prevenire simili catastrofi in futuro. Madre amatissima, fa’ crescere nel mondo il senso di appartenenza a un’unica grande famiglia, nella consapevolezza del legame che tutti unisce perché con spirito fraterno e solidale veniamo in aiuto alle tante povertà e situazioni di miseria. Incoraggia la fermezza della fede, la perseveranza nel servire, la costanza nel pregare. O Maria, consolatrice degli afflitti, abbraccia tutti i tuoi figli tribolati e ottieni che Dio intervenga con la sua mano onnipotente a liberarci da questa terribile epidemia, così che la vita possa riprendere in serenità il suo corso normale. Ci affidiamo a Te, che risplendi sul nostro cammino come segno di salvezza e di speranza. O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria, conduci i passi dei tuoi pellegrini che desiderano pregarti e amarti nei Santuari a Te dedicati in tutto il mondo, sotto i titoli più svariati che richiamano la tua intercessione. Sii per ciascuno una guida sicura. Amen".  

Sacerdoti, nel segno di Cristo

26 Aprile 2021 - Città del Vaticano -  “È il momento della vergogna”. Prega Papa Francesco per i 130 migranti morti in mare, che “per due giorni interi hanno pregato invano aiuto”; prega anche per quanti possono aiutare “ma preferiscono guardare da un’altra parte”. È un Regina caeli segnato dal dolore per queste vittime, che non vedranno mai le coste cercate e il futuro diverso; vittime di cui nessuno si è preso cura. Prega anche per gli 82 morti dell’ospedale covid a Baghdad. Gesù “conosce e ama” ognuno di noi, dice prima della recita della preghiera che in questo tempo di Pasqua, fino a Pentecoste, sostituisce l’Angelus; Gesù “ci conosce ad uno ad uno, non siamo degli anonimi per Lui, e il nostro nome gli è noto”. È la domenica in cui la Chiesa fa memoria del Buon Pastore. Ossia di colui che raccoglie e guida le pecore fino ad offrire la sua stessa vita. Domenica nella quale Francesco ordina nove sacerdoti in una basilica che torna ai tempi precedenti la pandemia: celebra all’altare della confessione e fedeli, tutti con la mascherina compresi gli ordinandi, occupano la navata centrale, nel rispetto delle norme anti Covid. Ai suoi preti, quando era arcivescovo di Buenos Aires, raccomandava misericordia, coraggio, porte aperte, e non si stancava di puntare il dito contro quella che chiamava e chiama “mondanizzazione spirituale”. Il buon pastore, diceva, è colui che sta in mezzo alla gente, “nelle periferie dove c’è sofferenza, c’è sangue versato, c’è cecità che desidera vedere, ci sono prigionieri di tanti cattivi padroni”. C’è un “rifiuto di Dio da parte del mondo”, diceva Benedetto XVI celebrando la festa del Buon Pastore il 3 maggio 2009. E questo perché da un lato “non conosce Dio” e, dall’altro, “non vuole conoscerlo. Il mondo non vuole conoscere Dio e ascoltare i suoi ministri, perché questo lo metterebbe in crisi”. Il Buon Pastore, Gesù, è il “pastore vero”, dice papa Francesco, “ci difende sempre, ci salva in tante situazioni difficili, situazioni pericolose, mediante la luce della sua parola e la forza della sua presenza, che noi sperimentiamo sempre e, se vogliamo ascoltare, tutti i giorni”. Ci conosce, non siamo “massa” o “moltitudine”; “siamo persone uniche, ciascuno con la propria storia […] ciascuno con il proprio valore”. Conosce, Gesù “i nostri pregi e i nostri difetti, ed è sempre pronto a prendersi cura di noi, per sanare le piaghe dei nostri errori con l’abbondanza della sua misericordia”. Ai nuovi sacerdoti ha detto che l’ordinazione non è un passo verso la “carriera ecclesiastica”, ma è “un servizio, come quello che ha fatto Dio al suo popolo”; e che ha uno stile fatto di “vicinanza, compassione, tenerezza”. Vicinanza con Dio nella preghiera: “se uno non prega lo spirito si spegne”. Vicinanza con il vescovo, segno di unità, “anche nei momenti difficili”. Quindi vicinanza tra sacerdoti. Ma la più importante, per Francesco, è “la vicinanza al santo popolo di Dio”. Ricorda loro: “siete stati eletti, presi dal popolo. Non dimenticatevi da dove siete venuti: della vostra famiglia, del vostro popolo. Non perdete il fiuto del popolo di Dio”. Infine, ha detto loro di allontanarsi “dalla vanità, dall’orgoglio dei soldi. Il diavolo entra dalle tasche. Siate poveri, come povero è il santo popolo fedele di Dio. Poveri che amano i poveri”. Ha raccomandato loro di non essere “arrampicatori”. La “carriera ecclesiastica: poi diventi funzionario, e quando un sacerdote inizia a fare l’imprenditore, sia della parrocchia sia del collegio…, sia dove sia, perde quella vicinanza al popolo, perde quella povertà che lo rende simile a Cristo povero e crocifisso, e diventa l’imprenditore, il sacerdote imprenditore e non il servitore”. Ancora, li ha esortati a essere “sacerdoti di popolo, non chierici di Stato”, ma “pastori del santo popolo fedele di Dio. Pastori che vanno con il popolo di Dio: a volte davanti al gregge, a volte in mezzo o dietro, ma sempre lì, con il popolo di Dio”. Finita la celebrazione in basilica, c’è stato anche il tempo di un incontro segnato da un gesto di umiltà: papa Francesco si è chinato per baciare le mani a ognuno dei nove nuovi preti, chiedendo a uno di loro di benedirlo. (Fabio Zavattaro – Sir)  

Papa Francesco: “ancora morti nel Mediterraneo, è il momento della vergogna”

26 Aprile 2021 - Città del Vaticano – “Molto addolorato” per la tragedia che “ancora una volta si è consumata nei giorni scorsi nel Mediterraneo. Centotrenta migranti sono morti in mare. Sono persone, sono vite umane, che per due giorni interi hanno implorato invano aiuto, un aiuto che non è arrivato”. Lo ha detto papa Francesco ieri al termine della preghiera mariana del Regina Coeli commentando la tragedia in mare dei giorni scorsi e invitando ad “interrogarci tutti su questa ennesima tragedia. È il momento della vergogna”. “Preghiamo – ha detto il Papa - per questi fratelli e sorelle, e per tanti che continuano a morire in questi drammatici viaggi. Preghiamo anche per coloro che possono aiutare ma preferiscono guardare da un’altra parte”. (R. Iaria)