7 Aprile 2025 - In vista della Giornata Internazionale dei Rom e Sinti - che si celebra l'8 aprile per ricordare il primo Congresso Mondiale del Popolo Rom, tenutosi a Londra nel 1971 - pubblichiamo integralmente l'articolo di Elia Tornesi "Organizzare la speranza. Dal basso. Il progetto Scuola per e con i rom” pubblicato sul numero 1 2025 della rivista della Fondazione Migrantes, "Migranti Press".
Il card. Carlo Maria Martini scriveva: “Sperare equivale a vivere: l’uomo, infatti, vive in quanto spera e la definizione del suo esistere è collegata alla definizione dell’ambito delle sue speranze”.
Al pari della vita, la speranza, la più piccola e allo stesso tempo la più forte delle virtù, è un dono di Dio per l’umanità. Riprendendo una definizione particolarmente efficace di papa Francesco: per mezzo della morte e resurrezione del Figlio incarnato, l’uomo conquista un diritto universale, fondamentale e inalienabile, il diritto alla speranza. Il Giubileo del 2025, dedicato al tema “Pellegrini di speranza”, rappresenta un’occasione propizia per riflettere sul valore di questa virtù.
A tal proposito, desta particolare preoccupazione l’allarme lanciato da Caritas Italiana nel
Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia 2024,
Fili d’erba nelle crepe. Nel nostro Paese, oltre 5,7 milioni di persone vivono in condizioni di povertà assoluta. Tra questi, il dato più drammatico riguarda i minori, con una cifra record che supera 1,3 milioni di bambini in condizioni di grave disagio economico.
La speranza è un impegno
La povertà, prima tra le gravi violazioni della dignità umana denunciate nel recente
documento Dignitas infinita del Dicastero per la Dottrina della Fede, è definita come «una delle più grandi ingiustizie del mondo contemporaneo». La povertà, però, non può essere considerata unicamente come una condizione legata alla mancanza di risorse economiche. Essa comprende, oltre agli aspetti materiali, anche dimensioni immateriali e intergenerazionali. Tra queste vi è la progressiva erosione della capacità stessa di sperare in un miglioramento delle proprie condizioni di vita.
Vivere in una condizione di povertà prolungata e cronica, come si legge nelle pagine del Rapporto di Caritas Italiana, finisce per erodere il capitale progettuale, le aspettative e i sogni delle persone. I poveri, così, si trovano sempre più intrappolati in una condizione di privazione assoluta. Privi, finanche, della “speranza” di riuscire a trasformare un giorno il corso della propria esistenza.
La speranza, però, oltre a essere dono è soprattutto impegno. E così, nella
Bolla di indizione del Giubileo, Spes non confundit, papa Francesco ci esorta, in occasione di questo momento giubilare e sempre, a essere segni tangibili di speranza per le tante persone che vivendo in condizioni di disagio patiscono “vuoti di speranza”. Il cristiano, ci ricorda il Santo Padre, non può accontentarsi di “avere speranza”, ma al contrario è chiamato al compito di “organizzare la speranza”, utilizzando la bella, e sempre attuale, espressione di mons. Tonino Bello.
Organizzare la speranza significa tradurla in vita concreta ogni giorno, nei rapporti umani, nell’impegno sociale e politico. Non si tratta di un miracolo dall’alto, ma di un lavoro dal basso.
Nel corso del 2024, grazie ai fondi dell’8 per mille della Chiesa Cattolica, la Fondazione Migrantes – organismo pastorale della Conferenza episcopale italiana – ha sostenuto numerosi progetti distribuiti in diverse aree del territorio nazionale, inerenti ai suoi cinque ambiti di riferimento: immigrati, emigranti, richiedenti asilo e rifugiati, rom e sinti, e il mondo dello spettacolo viaggiante. La Fondazione cerca sempre di privilegiare quelle iniziative orientate non solo all’assistenza, ma soprattutto alla cura pastorale, alla ricerca, alla formazione, all’inclusione sociale, alla promozione dell’intercultura e dell’integrazione, valorizzando il protagonismo dal basso dei soggetti beneficiari.
Il progetto “Scuola per e con i Rom”
È quanto accade, ad esempio, nel progetto “Scuola per e con i rom”
, portato avanti con dedizione e passione dall’organizzazione di volontariato Arrevutammoce operante nell’area Nord di Napoli, periferia geografica ed esistenziale tra le più complicate del nostro Paese.
Partendo dalla consapevolezza che il problema della povertà educativa rappresenta, tanto una causa quanto una conseguenza della precarietà delle condizioni di vita delle comunità Rom e Sinti presenti sul territorio, Arrevutammoce ha avviato, con il sostegno della Fondazione Migrantes,
un progetto di prescolarizzazione e scolarizzazione rivolto ai bambini e adolescenti rom del campo di via Carrafiello, a Giugliano in Campania. Tale piano mira a promuovere un accesso equo e non discriminatorio alla scuola dell’obbligo, contrastando il fenomeno dell’abbandono scolastico. Allo stesso tempo, il progetto favorisce il dialogo e la cooperazione tra le istituzioni scolastiche e politiche, il territorio in generale, le famiglie e le comunità rom, creando un ponte tra le diverse realtà sociali coinvolte e ponendo le basi per un’educazione, e quindi una società, più inclusiva.
I risultati parlano da sé e certificano il successo di questa iniziativa. Nel luglio 2023, 52 minori hanno sostenuto un esame presso la scuola pubblica per verificare le competenze raggiunte grazie ai corsi di prescolarizzazione avviati. A partire da novembre dello stesso anno, grazie a un importante lavoro di rete, sono stati avviati gli inserimenti scolastici presso le scuole di Giugliano, dopo un confronto con le 92 famiglie residenti nel campo. Nel gennaio 2024, 64 bambini sono stati inseriti in cinque scuole primarie e una secondaria di primo grado, e a marzo, poi, si sono aggiunti 5 bambini iscritti alla scuola dell’infanzia. A settembre 2024, il numero complessivo di minori iscritti è salito a 72, registrando un incremento del 15%. Gli alunni hanno frequentato con regolarità e il 98% di loro è stato ammesso alla classe successiva.
I risultati ottenuti, però, non si misurano tanto nei numeri, ma soprattutto – in termini umani e spirituali – con quanta dignità viene restituita ai più vulnerabili. In questo senso tali risultati non devono essere considerati un punto d’arrivo, ma piuttosto un punto di partenza per una Chiesa chiamata a essere instancabile promotrice di processi di speranza. Una Chiesa che non si limita ad assistere, ma si impegna a costruire un futuro in cui l’educazione sia una via privilegiata per la giustizia sociale e l’inclusione, dove nessuno sia lasciato indietro e dove la speranza, organizzata e tradotta in azione, possa continuare a fiorire per generazioni a venire.
La speranza è una “bambina da nulla”
Charles Péguy, poeta molto caro al Santo Padre, ci regala una meravigliosa immagine della speranza: una “bambina da nulla”, nata il giorno di Natale, che cammina tra le due sorelle maggiori, fede e carità. Apparentemente, sembrano essere loro ad accompagnarla lungo la strada accidentata della salvezza, ma in realtà è proprio lei, la speranza, con il suo passo leggero e vivace, a trainare le due sorelle. Senza di lei, fede e carità resterebbero statiche, prive di vitalità, ridotte a due donne avanti negli anni, “sciupate dalla vita”.
E così, speranza è Eva che tutte le sere prepara la sua cartella. Speranza è Marianna che ogni mattina sale sul pulmino per andare a scuola. Speranza è Elvira che da oggi ha una nuova compagna di banco. Speranza è Valentina che impara a scrivere il suo nome. Speranza è Chiara che non vede l’ora di incominciare un nuovo anno scolastico.
Speranza, infine, è anche Michelle, che non ha mai iniziato il suo percorso di studi, morta nel gennaio dello scorso anno, a soli sei anni, folgorata da un cavo elettrico scoperto vicino a una pozzanghera.
Perché, come ci ricorda papa Francesco, è proprio a partire dai “dolori di oggi”, che noi cristiani siamo chiamati a seminare e nutrire la “speranza di domani”.
(Elia Tornesi)