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Mediterranean Hope: in un anno 33mila a Lampedusa e oltre 2mila morti

17 Marzo 2022 -
Lampedusa - Nel 2021 hanno raggiunto Lampedusa 32.841 persone. L’isola si conferma essere il punto d’arrivo principale del fenomeno migratorio che interessa il confine del Mediterraneo Centrale. Nel 2021 più di duemila persone, secondo i dati forniti dall’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), sono morte o disperse nel tentativo di attraversare il Canale di Sicilia per raggiungere l’Italia, mentre sono 193 le persone morte o scomparse durante i primi due mesi del 2022. Sono i dati contenuti in un report di Mediterranean Hope, l’iniziativa promossa dalla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia. 16.626 persone sono arrivate a Lampedusa dalla Libia. Molte altre sono state respinte dalla cosiddetta guardia costiera libica. Dal Bangladesh all’Egitto, dal Congo alla Somalia, passando per la Siria e il Marocco, sono tantissime le nazionalità che hanno raggiunto l’isola partendo soprattutto dai dintorni delle città costiere di Zuwarah e Zawiyah. La seconda rotta che attraversa il Mediterraneo Centrale riguarda persone tunisine che si imbarcano lungo la costa orientale, da Mahdia fino a Djerba. L’incremento delle partenze di cittadini/e tunisini/e si è verificato in corrispondenza dell’aggravarsi della crisi economica e politica, inasprita dalla pandemia e sfociata nella svolta autoritaria del presidente Kais Saied il 25 luglio 2021. Solo nei mesi estivi di luglio e agosto hanno raggiunto le coste lampedusane 8.118 persone, più della metà di tutte le 15.238 persone che si sono imbarcate dalla Tunisia durante l’anno. Tra loro molte donne, spesso accompagnate da bambini/e anche piccoli/e. In questi ultimi giorni, tra l’11 e il 12 marzo 2022, sono approdate a Lampedusa su cinque diverse imbarcazioni 127 persone. Quattro di queste provenivano dalla Tunisia mentre una era partita dalla Libia.

Premio Economia e Società: in Senegal per studiare gli effetti dell’educazione sulla voglia di emigrare

15 Dicembre 2021 - Roma - Il 16 dicembre a palazzo della Cancelleria a Roma la Fondazione Centesimus Annus Pro Pontefice celebra i vincitori della quinta edizione del Premio Internazionale “Economia e Società”, imbandito per i giovani ricercatori che vogliono intraprendere progetti ispirati ai principi della Dottrina Sociale della Chiesa: l’inclusione e la sostenibilità. Tra i premiati, il progetto “The effect of information campaigns on students’ intention to migrate: Evidence from Senegal” elaborato da Erminia Florio, ricercatrice dell’HEC di Montréal e socia di Sophia Impresa Sociale. La ricerca ha l’obiettivo di analizzare l’effetto di tre proposte formative diverse rispetto alla percezione del fenomeno migratorio e alle intenzioni di migrare degli studenti: l’esposizione di dati e informazioni sul tema, il racconto di esperienze di migrazione e la formazione del corpo insegnanti. Oggetto dello studio sarà dunque un vero e proprio progetto educativo: “Educare senza Confini”. Il progetto è realizzato da Sophia Impresa Sociale, impegnata da Roma per informare sul tema della migrazione e favorire un processo di integrazione attento alla persona nel suo complesso, e nell’anno scolastico 2021-22 coinvolgerà complessivamente più di 3500 studenti di 10 istituti di istruzione superiore di Dakar, la capitale del Senegal. Educare Senza Confini e la ricerca del quale sarà oggetto, vuole rispondere all’accorato appello espresso da papa Francesco nella enciclica “Fratelli Tutti”: garantire ai migranti la possibilità di decidere in maniera consapevole e libera il proprio futuro, riaffermando anche il diritto a non emigrare, a rimanere nel proprio paese d’origine. Molti giovani dei paesi in via di sviluppo, infatti, vedono nell’immigrazione irregolare il solo modo di ottenere una vita migliore per sé stessi e per le loro famiglie, andando però incontro a pericoli dei quali sono spesso ignari. Il progetto formativo dunque ha lo scopo di accrescere la consapevolezza del fenomeno migratorio fra le popolazioni locali dei paesi del terzo mondo ad alto tasso di emigrazione e sensibilizzarle sui rischi della migrazione irregolare, in rete con le scuole e le principali istituzioni del luogo. Grazie alla ricerca, si potrà valutare il più efficace approccio educativo tra tre: un formatore che ha vissuto l’esperienza della migrazione informa gli studenti con numeri e dati sulla migrazione nel mondo, inclusa quella irregolare verso l’Europa; dopo un periodo di formazione, gli insegnanti trasferiscono ai ragazzi le conoscenze apprese; infine, gli studenti guardano le video-testimonianze di migranti senegalesi che adesso vivono in Europa. In ogni caso, ogni classe concluderà un ciclo formativo sul tema della migrazione.  Quello della formazione dei giovani senegalesi sul tema dell’immigrazione è un problema sottolineato anche dai Vescovi della Provincia Ecclesiastica di Dakar che nella recente Lettera Pastorale Migranti e Rifugiati lo hanno descritto come “un dramma sotto ai nostri occhi”. Alla cerimonia di premiazione sarà presente anche Mor Amar che da gennaio 2022 sarà in Senegal per condurre il progetto Educare Senza Confini del quale verranno pubblicati tutti gli sviluppi sul sito di Sophia (www.sophiacoop.it).    

Papa: al termine del viaggio a Cipro e in Grecia incontra un gruppo di giovani rifugiati cristiani siriani

6 Dicembre 2021 - Atene – Papa Francesco, prima della partenza per far rientro in Vaticano, questa mattina, a conclusione al suo 35 viaggio internazionale a Cipro e Grecia,  ha voluto incontrare un gruppo di giovani rifugiati. Il papa, infatti, dopo aver celebrato la Santa Messa in privato e ricevuto la visita del Presidente del Parlamento Ellenico, Konstantinos Tasoulas, nel salone di rappresentanza della Nunziatura Apostolica di Atene, ha incontrato un gruppo di giovani rifugiati cristiani siriani, ospitati attualmente presso l’Ordinariato Armeno Cattolico di Atene. I nove giovani siriani indossavano una maglietta che riportava la scritta in italiano: “Gesù io credo in te. La mano del Signore ci ha salvati. Grazie, Santo Padre, tu sei la mano del Signore - Athena 06 dicembre 2021”. L’incontro all’indomani della visita del papa all’Isola di Lesbo dove ha incontrato i rifugiati che vivono lì e da dove ha rivolto parole accorate: “il Mediterraneo sta diventando un cimitero senza lapidi. Fermiamo questo naufragio di civiltà”, ha detto con forza: “Quante madri incinte hanno trovato in fretta e in viaggio la morte mentre portavano in grembo la vita!”, ha detto rivolgendo una preghiera alla Madonna “perché ci apra gli occhi alle sofferenze dei fratelli. Ella si mise in fretta in viaggio verso la cugina Elisabetta che era incinta”. “La Madre di Dio ci aiuti ad avere uno sguardo materno, che vede negli uomini dei figli di Dio, delle sorelle e dei fratelli da accogliere, proteggere, promuovere e integrare”. E ancora l’invito a superare le paure: “È facile trascinare l’opinione pubblica istillando la paura dell’altro; perché invece, con lo stesso piglio, non si parla dello sfruttamento dei poveri, delle guerre dimenticate e spesso lautamente finanziate, degli accordi economici fatti sulla pelle della gente, delle manovre occulte per trafficare armi e farne proliferare il commercio?”. Per papa Francesco “vanno affrontate le cause remote, non le povere persone che ne pagano le conseguenze, venendo pure usate per propaganda politica!”. Per rimuovere le cause profonde – ha quindi aggiunto – “non si possono solo tamponare le emergenze. Occorrono azioni concertate. Occorre approcciare i cambiamenti epocali con grandezza di visione. Perché non ci sono risposte facili a problemi complessi; c’è invece la necessità di accompagnare i processi dal di dentro, per superare le ghettizzazioni e favorire una lenta e indispensabile integrazione, per accogliere in modo fraterno e responsabile le culture e le tradizioni altrui”. Il Papa ha quindi visitato alcune abitazioni del “Reception and Identication center”, camminando a piedi tra i container bianchi che ospitano migliaia di persone, nell’area  attrezzata per l’accoglienza. Uomini e donne “volti di una umanità ferita” come aveva detto prima del viaggio invitando a guardare i volti e ascoltare le storie di queste persone. La visita in Grecia, dopo quella a Cipro dove vivono i 12 rifugiati che “prima di Natale” arriveranno in Italia con un volo di linea grazie all’aiuto di Papa Francesco e al sostegno finanziario e diplomatico della Santa Sede. “Un segno della sollecitudine del Santo Padre verso famiglie e persone migranti”, spiega la Sala stampa della Santa Sede che lo definisce “gesto umanitario di accoglienza”, voluto dal Papa al termine del suo viaggio apostolico a Cipro. I 12 rifugiati – la maggioranza sono cristiani – costituirebbero solo la prima tranche del ricollocamento, mentre altre ne seguiranno tra gennaio e febbraio fino a un totale di 50 persone. (Raffaele Iaria)  

Papa Francesco: a Lesbo, visita alcune abitazioni dei rifugiati

6 Dicembre 2021 - Lesbo - Dopo il suo ampio e appassionato discorso, con ripetuti appelli ad affrontare la questione migratoria partendo dalla capacità di guardare ai volti dei rifugiati, il Papa a Lesbo ha visitato alcune abitazioni del "Reception and Identication center", camminando a piedi tra i container bianchi che ospitano migliaia di persone, nell'area attrezzata per l'accoglienza. Il campo attuale sostituisce il campo rifugiati di Moria, dove Francesco si era recato cinque anni fa e che è stato il più grande campo profughi d'Europa fino al settembre 2020, quando è stato distrutto da un incendio. La nuota area attrezzata a Lesbo viene chiamata spesso dai greci "Moria 2.0". La visita del Papa in questo angolo di Grecia in cui continuano gli sbarchi dei migranti, nell'indifferenza del resto d'Europa, è dunque iniziata con i volti dei migranti ed è finita nello stesso modo, con il Papa che ha fatto in prima persona quello che ha chiesto a gran voce alla comunità internazionale.  

Papa Francesco: “il Mediterraneo sta diventando un cimitero senza lapidi. Fermiamo questo naufragio di civiltà”

6 Dicembre 2021 - Lesbo – Ieri mattina, Papa Francesco so è recato a Lesbo per far visita ai rifugiati. Giunto al campo si è recato in auto verso il luogo dove è avvenuto l’incontro con i rifugiati a cui erano presenti circa 200 persone.   Pubblichiamo di seguito il discorso che Papa Francesco ha pronunciato nel corso della sua Visita   Cari fratelli e sorelle, grazie per le vostre parole. Le sono grato, Signora Presidente, per la sua presenza e le sue parole. Sorelle, fratelli, sono nuovamente qui per incontrarvi. Sono qui per dirvi che vi sono vicino, e dirlo col cuore. Sono qui per vedere i vostri volti, per guardarvi negli occhi. Occhi carichi di paura e di attesa, occhi che hanno visto violenza e povertà, occhi solcati da troppe lacrime. Il Patriarca Ecumenico e caro Fratello Bartolomeo, cinque anni fa su quest’isola, disse una cosa che mi colpì: «Chi ha paura di voi non vi ha guardato negli occhi. Chi ha paura di voi non ha visto i vostri volti. Chi ha paura di voi non vede i vostri figli. Dimentica che la dignità e la libertà trascendono paura e divisione. Dimentica che la migrazione non è un problema del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale, dell’Europa e della Grecia. È un problema del mondo» (Discorso, 16 aprile 2016). Sì, è un problema del mondo, una crisi umanitaria che riguarda tutti. La pandemia ci ha colpiti globalmente, ci ha fatti sentire tutti sulla stessa barca, ci ha fatto provare che cosa significa avere le stesse paure. Abbiamo capito che le grandi questioni vanno affrontate insieme, perché al mondo d’oggi le soluzioni frammentate sono inadeguate. Ma mentre si stanno faticosamente portando avanti le vaccinazioni a livello planetario e qualcosa, pur tra molti ritardi e incertezze, sembra muoversi nella lotta ai cambiamenti climatici, tutto sembra latitare terribilmente per quanto riguarda le migrazioni. Eppure ci sono in gioco persone, vite umane! C’è in gioco il futuro di tutti, che sarà sereno solo se sarà integrato. Solo se riconciliato con i più deboli l’avvenire sarà prospero. Perché quando i poveri vengono respinti si respinge la pace. Chiusure e nazionalismi – la storia lo insegna – portano a conseguenze disastrose. Infatti, come ha ricordato il Concilio Vaticano II, «la ferma volontà di rispettare gli altri uomini e gli altri popoli e la loro dignità, e l’assidua pratica della fratellanza umana sono assolutamente necessarie per la costruzione della pace» (Gaudium et spes, 78). È un’illusione pensare che basti salvaguardare se stessi, difendendosi dai più deboli che bussano alla porta. Il futuro ci metterà ancora più a contatto gli uni con gli altri. Per volgerlo al bene non servono azioni unilaterali, ma politiche di ampio respiro. La storia, ripeto, lo insegna, ma non lo abbiamo ancora imparato. Non si voltino le spalle alla realtà, finisca il continuo rimbalzo di responsabilità, non si deleghi sempre ad altri la questione migratoria, come se a nessuno importasse e fosse solo un inutile peso che qualcuno è costretto a sobbarcarsi! Sorelle, fratelli, i vostri volti, i vostri occhi ci chiedono di non girarci dall’altra parte, di non rinnegare l’umanità che ci accomuna, di fare nostre le vostre storie e di non dimenticare i vostri drammi. Ha scritto Elie Wiesel, testimone della più grande tragedia del secolo passato: «È perché ricordo la nostra comune origine che mi avvicino agli uomini miei fratelli. È perché mi rifiuto di dimenticare che il loro futuro è importante quanto il mio» (From the Kingdom of Memory, Reminiscences, New York, 1990, 10). In questa domenica, prego Dio di ridestarci dalla dimenticanza per chi soffre, di scuoterci dall’individualismo che esclude, di svegliare i cuori sordi ai bisogni del prossimo. E prego anche l’uomo, ogni uomo: superiamo la paralisi della paura, l’indifferenza che uccide, il cinico disinteresse che con guanti di velluto condanna a morte chi sta ai margini! Contrastiamo alla radice il pensiero dominante, quello che ruota attorno al proprio io, ai propri egoismi personali e nazionali, che diventano misura e criterio di ogni cosa. Cinque anni sono passati dalla visita compiuta qui con i cari Fratelli Bartolomeo e Ieronymos. Dopo tutto questo tempo constatiamo che sulla questione migratoria poco è cambiato. Certo, molti si sono impegnati nell’accoglienza e nell’integrazione, e vorrei ringraziare i tanti volontari e quanti a ogni livello – istituzionale, sociale, caritativo, politico – si sono sobbarcati grandi fatiche, prendendosi cura delle persone e della questione migratoria. Riconosco l’impegno nel finanziare e costruire degne strutture di accoglienza e ringrazio di cuore la popolazione locale per il tanto bene fatto e i molti sacrifici provati. E vorrei ringraziare anche le autorità locali, che sono impegnate nel ricevere, nel custodire e portare avanti questa gente che viene da noi. Grazie! Grazie di quello che fate! Ma dobbiamo amaramente ammettere che questo Paese, come altri, è ancora alle strette e che in Europa c’è chi persiste nel trattare il problema come un affare che non lo riguarda. Questo è tragico. Ricordo le Sue [rivolto alla Presidente] ultime parole: “Che l’Europa faccia lo stesso”. E quante condizioni indegne dell’uomo! Quanti hotspot dove migranti e rifugiati vivono in condizioni che sono al limite, senza intravedere soluzioni all’orizzonte! Eppure il rispetto delle persone e dei diritti umani, specialmente nel continente che non manca di promuoverli nel mondo, dovrebbe essere sempre salvaguardato, e la dignità di ciascuno dovrebbe essere anteposta a tutto! È triste sentir proporre, come soluzioni, l’impiego di fondi comuni per costruire muri, per costruire fili spinati. Siamo nell’epoca dei muri e dei fili spinati. Certo, si comprendono timori e insicurezze, difficoltà e pericoli. Si avvertono stanchezza e frustrazione, acuite dalle crisi economica e pandemica, ma non è alzando barriere che si risolvono i problemi e si migliora la convivenza. È invece unendo le forze per prendersi cura degli altri secondo le reali possibilità di ciascuno e nel rispetto della legalità, sempre mettendo al primo posto il valore insopprimibile della vita di ogni uomo, di ogni donna, di ogni persona. Disse ancora Elie Wiesel: «Quando le vite umane sono in pericolo, quando la dignità umana è in pericolo, i confini nazionali diventano irrilevanti» (Discorso di accettazione del Premio Nobel per la pace, 10 dicembre 1986). In diverse società si stanno opponendo in modo ideologico sicurezza e solidarietà, locale e universale, tradizione e apertura. Piuttosto che parteggiare sulle idee, può essere d’aiuto partire dalla realtà: fermarsi, dilatare lo sguardo, immergerlo nei problemi della maggioranza dell’umanità, di tante popolazioni vittime di emergenze umanitarie che non hanno creato ma soltanto subito, spesso dopo lunghe storie di sfruttamento ancora in corso. È facile trascinare l’opinione pubblica istillando la paura dell’altro; perché invece, con lo stesso piglio, non si parla dello sfruttamento dei poveri, delle guerre dimenticate e spesso lautamente finanziate, degli accordi economici fatti sulla pelle della gente, delle manovre occulte per trafficare armi e farne proliferare il commercio? Perché non si parla di questo? Vanno affrontate le cause remote, non le povere persone che ne pagano le conseguenze, venendo pure usate per propaganda politica! Per rimuovere le cause profonde, non si possono solo tamponare le emergenze. Occorrono azioni concertate. Occorre approcciare i cambiamenti epocali con grandezza di visione. Perché non ci sono risposte facili a problemi complessi; c’è invece la necessità di accompagnare i processi dal di dentro, per superare le ghettizzazioni e favorire una lenta e indispensabile integrazione, per accogliere in modo fraterno e responsabile le culture e le tradizioni altrui. Soprattutto, se vogliamo ripartire, guardiamo i volti dei bambini. Troviamo il coraggio di vergognarci davanti a loro, che sono innocenti e sono il futuro. Interpellano le nostre coscienze e ci chiedono: “Quale mondo volete darci?” Non scappiamo via frettolosamente dalle crude immagini dei loro piccoli corpi stesi inerti sulle spiagge. Il Mediterraneo, che per millenni ha unito popoli diversi e terre distanti, sta diventando un freddo cimitero senza lapidi. Questo grande bacino d’acqua, culla di tante civiltà, sembra ora uno specchio di morte. Non lasciamo che il mare nostrum si tramuti in un desolante mare mortuum, che questo luogo di incontro diventi teatro di scontro! Non permettiamo che questo “mare dei ricordi” si trasformi nel “mare della dimenticanza”. Fratelli e sorelle, vi prego, fermiamo questo naufragio di civiltà! Sulle rive di questo mare Dio si è fatto uomo. La sua Parola è echeggiata, portando l’annuncio di Dio, che è «Padre e guida di tutti gli uomini» (S. Gregorio di Nazianzo, Discorso 7 per il fratello Cesario, 24). Egli ci ama come figli e ci vuole fratelli. E invece si offende Dio, disprezzando l’uomo creato a sua immagine, lasciandolo in balia delle onde, nello sciabordio dell’indifferenza, talvolta giustificata persino in nome di presunti valori cristiani. La fede chiede invece compassione e misericordia – non dimentichiamo che questo è lo stile di Dio: vicinanza, compassione e tenerezza –. La fede esorta all’ospitalità, a quella filoxenia che ha permeato la cultura classica, trovando poi in Gesù la propria manifestazione definitiva, specialmente nella parabola del Buon Samaritano (cfr Lc 10,29-37) e nelle parole del capitolo 25 del Vangelo di Matteo (cfr vv. 31-46). Non è ideologia religiosa, sono radici cristiane concrete. Gesù afferma solennemente di essere lì, nel forestiero, nel rifugiato, in chi è nudo e affamato. E il programma cristiano è trovarsi dove sta Gesù. Sì, perché il programma cristiano, ha scritto Papa Benedetto, «è un cuore che vede» (Lett. enc. Deus caritas est, 31). E non vorrei finire questo messaggio senza ringraziare il popolo greco per l’accoglienza. Tante volte questa accoglienza diventa un problema, perché non si trovano vie di uscita per la gente, per andare altrove. Grazie, fratelli e sorelle greci, per questa generosità. Ora preghiamo la Madonna, perché ci apra gli occhi alle sofferenze dei fratelli. Ella si mise in fretta in viaggio verso la cugina Elisabetta che era incinta. Quante madri incinte hanno trovato in fretta e in viaggio la morte mentre portavano in grembo la vita! La Madre di Dio ci aiuti ad avere uno sguardo materno, che vede negli uomini dei figli di Dio, delle sorelle e dei fratelli da accogliere, proteggere, promuovere e integrare. E amare teneramente. La Tuttasanta ci insegni a mettere la realtà dell’uomo prima delle idee e delle ideologie, e a muovere passi svelti incontro a chi soffre. Adesso preghiamo la Madonna tutti insieme.  

Papa Francesco: a Lesbo “incontrerò un’umanità ferita nella carne di tanti migranti in cerca di speranza”

1 Dicembre 2021 - Città del Vaticano - Domani Papa Francesco partirà per un viaggio apostolico a Cipro e poi in Grecia per compiere "una visita alle care popolazioni di quei Paesi ricchi di storia, di spiritualità e di civiltà", ha detto questa mattina al termine dell'udienza generale. "Sarà un viaggio alle sorgenti della fede apostolica e della fraternità tra cristiani di varie confessioni. Avrò - ha quindi aggiunto - anche l’opportunità di avvicinare un’umanità ferita nella carne di tanti migranti in cerca di speranza: mi recherò a Lesvos". Ieri Matteo Bruni, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, rispondendo ad una domanda dei giornalisti se c’è una possibilità che il Papa porti in Italia alcuni migranti ha detto: “Se il Papa porterà qualcuno con sé, vedremo: alcune opzioni erano allo studio, ma anche per la complessità di queste operazioni e la normativa, normalmente queste cose si dicono dopo, perlomeno quando sono certe”. E della visita ai rifugiati presso il “Reception and Indentification Centere”, in programma il 5 dicembre, Bruni ha fatto notare che “la situazione a Lesbo sarà diversa rispetto al 2016. Le tematiche saranno più vaste della situazione dei migranti. Semmai si tratterà di ricollocamento di migranti che arrivano da Cipro, perché parliamo di Paesi europei. Resta, naturalmente, il valore simbolico del luogo: chiunque c’era a Lesbo nel 2016, ha potuto toccare con mano il dolore e il senso di attesa, da parte occidentale, di trovare un luogo dove poter finalmente posare il capo”.  

La vergogna e la pietà

1 Dicembre 2021 - Kuznica, villaggio rurale della Podlachia, da settimane è sorvegliato speciale. Dalla polizia di frontiera polacca schierata a bloccare i passaggi illegali del confine da parte dei profughi mediorientali attirati nella vicina Bielorussia di Lukashenko con l’inganno. In cambio dell’assicurazione che sarebbero entrati in Europa, quasi 4.000 migranti in fuga dai martoriati Paesi d’origine hanno raggiunto Minsk con il sogno di approdare, attraverso la Polonia, nella terra promessa. L’Europa democratica, delle libertà e dei diritti. Da giorni, prelevati dai militari bielorussi che li ammassano alla frontiera, si ritrovano schiacciati nel braccio di ferro tra Minsk e Varsavia: respinti indietro dai cannoni d’acqua sparata dalle guardie polacche e risospinti verso il confine dalle intimidazioni con cui il regime bielorusso li tiene sotto scacco servendosene quale arma di pressione sull’Ue, potenzialmente esplosiva di conflitti fomentati sulla pelle degli ultimi. La domanda si ripropone netta: "E’ questo un uomo?". Bambini, donne e uomini intrappolati nella foresta di Bia?owiea  -che si K estende tra le due nazioni - sono all’addiaccio, senza acqua e senza cibo, esposti a rigide temperature, tra le querce e gli abeti del bosco protetto dall’Unesco. Ostaggi di una guerra ibrida tra il regime di Lukashenko che, strumentalizzando la crisi umanitaria, minaccia di bloccare il transito di gas verso l’Europa, e la destra populista polacca, in procinto di edificare il muro anti-migranti. L’indignazione, sacrosanta, espressa dai vertici dell’Europa democratica riecheggia lontana dalla linea di confine. La condanna e lo sconcerto per la violazione dei diritti umani non bastano più. Non bastano sulla frontiera orientale, non bastano lungo la rotta balcanica e quella mediterranea. Non essendo più sostenibile che, alle porte dell’Europa patrimonio di valori non negoziabili, si compia l’ennesima infamia, nell’aria gelida alienata dalle sirene che la polizia polacca non disattiva, a stordire le lunghissime notte dei disperati accampati tra la natura arborea un tempo sacra agli dei. Non potendosi più considerare un’emergenza gli sbarchi e gli arrivi dei richiedenti asilo, è tempo, per un’Unione europea all’altezza dei suoi principi fondativi, di adottare una responsabile politica comunitaria nella gestione dei flussi migratori, sin qui demandati ad azioni intergovernative. Il rispetto della dignità umana lo pretende. Lo hanno compreso e lo mettono in pratica civili cittadini di Kuznica e di altre comunità a ridosso della frontiera polacca, dove la pietà è cosa viva: non confinata in un fuggevole quantunque sincero compatimento, si è fatta  strada dentro l’umida foresta, passando attraverso la "no entry zone" vietata alle organizzazioni umanitarie e ai media. Dove i giornalisti non hanno accesso, nella zona in cui, impedita la documentazione della brutale, scomoda realtà, ha libero campo la manipolazione, volontari e attivisti polacchi si sono inoltrati per portare, ai bisognosi, viveri e assistenza. Gesti di calda umanità che incarnano la fratellanza. Che si aggiungono alle lanterne verdi accese nelle case polacche situate nei pressi dell’area off limits per segnalare, ai pochi richiedenti asilo che oltrepassano il reticolato di filo spinato, che in quelle abitazioni troveranno una prima accoglienza. Di contro ai ricatti ed ai muri eretti dalla paura e dalla discriminazione, bandiere sventolate da nazionalismi che sulla trasformazione dell’altro in nemico si reggono e prosperano. La notte oscura dei tribolati si rischiara se confidente nelle fiaccole di carità, nelle mani che si aprono alle attese di quanti cercano, nei loro simili, esseri umani capaci di esserlo. (Annarita Cecchin - Voce Isontina)  

Bruni: “vedremo se il Papa porterà con sé alcuni migranti” dal suo viaggio a Cipro e Grecia

30 Novembre 2021 - Roma - “Se il Papa porterà qualcuno con sé, vedremo: alcune opzioni erano allo studio, ma anche per la complessità di queste operazioni e la normativa, normalmente queste cose si dicono dopo, perlomeno quando sono certe”. Così Matteo Bruni, Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha risposto ad una domanda dei giornalisti in merito ad una eventuale presenza di migranti a bordo dell’aereo papale, come era accaduto al ritorno dalla sua prima visita a Lesbo nel 2016. Nel briefing di oggi in sala Stampa Vaticana sul viaggio apostolico di Papa Francesco a Cipro e in Grecia, dal 2 al 6 dicembre, a proposito della visita ai rifugiati presso il “Reception and Indentification Centere”, in programma il 5 dicembre, Bruni ha fatto notare che “la situazione a Lesbo sarà diversa rispetto al 2016. Le tematiche saranno più vaste della situazione dei migranti. Semmai si tratterà di ricollocamento di migranti che arrivano da Cipro, perché parliamo di Paesi europei. Resta, naturalmente, il valore simbolico del luogo: chiunque c’era a Lesbo nel 2016, ha potuto toccare con mano il dolore e il senso di attesa, da parte occidentale, di trovare un luogo dove poter finalmente posare il capo”.

Corridoi umanitari: giunti a fiumicino da Lesbo 46 profughi

30 Novembre 2021 - Roma - Questa mattina sono arrivate a Fiumicino, con i corridoi umanitari, 46 persone dall’isola di Lesbo e dalla Grecia, appartenenti a diverse nazionalità, tra cui Afghanistan, Camerun, Congo, Iraq, Siria, Somalia e Sud Sudan. Si tratta di richiedenti asilo e rifugiati in condizione di particolare vulnerabilità, che hanno trascorso molti mesi, a volte anni, nei campi profughi della Grecia dopo aver affrontato viaggi molto difficili attraverso l’Africa, l’Asia o il Medio Oriente, subendo maltrattamenti, sfruttamento e violenza. I nuclei familiari e i singoli - tra cui 3 minori non accompagnati, il più giovane un ragazzo siriano di appena 12 anni - saranno accolti in diverse regioni (Lazio, Campania, Lombardia, Marche, Puglia, Sardegna, Sicilia, Veneto) e avviati verso l’integrazione: per i minori attraverso l’immediata iscrizione a scuola e per gli adulti, con l’apprendimento della lingua italiana e, una volta ottenuto lo status di rifugiato, l’inserimento nel mondo lavorativo. Includendo le famiglie di rifugiati siriani che papa Francesco ha portato a Roma di ritorno dal suo viaggio a Lesbo il 16 aprile 2016, sono 215 i rifugiati provenienti dalla Grecia che, accolti e integrati in Italia grazie al modello dei corridoi umanitari, possono guardare con fiducia e serenità il loro futuro.    

Mons. Perego: parola del Papa “profondamente segnate dalla sofferenza per il dramma dei migranti”

29 Novembre 2021 - Roma - Le parole di Papa Francesco all'Angelus di ieri mattina, domenica 28 novembre - erano “profondamente segnate dalla sofferenza per il dramma dei migranti ai confini tra Polonia e Bielorussia e dei migranti che sono morti attraversando La Manica o che continuano a morire nel Mediterraneo”. Lo dice oggi a www.migrantesonline.it, il Presidente della Commissione CEI per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes, mons. Gian Carlo Perego sottolineando che si tratta di “una sofferenza, quella del Papa, che invita all'impegno e alla responsabilità di tutti: di ciascuno di noi, di ogni Stato e istituzione. Una 'casa comune', quale deve essere per noi l'Europa, non può – conclude mons. Perego - vedere crescere muri, ma nuove opportunità di protezione, nuove strade di libertà e di sicurezza per chi cerca pace e giustizia”. (R. Iaria)