Tag: Immigrati e rifugiati

Ismu: in Lombardia sanatoria per 37mila immigrati

12 Giugno 2020 -

Milano - Sarebbero poco più di 37 mila le persone di nazionalità straniera senza permesso di soggiorno che potrebbero accedere alla sanatoria 2020 e che lavorano in agricoltura e negli altri settori o nel «badantato» inLombardia: circa 28 mila tra domestici, baby sitter e assistenti domiciliari (per l’85% donne); e circa 9 mila impiegati nei campi agricoli (per l’85% uomini). Questa la stima dell’Ismu su dati delle ultime due annualità di ricerca dell’Osservatorio Regionale per l’integrazione e la multietnicità (Orim). Nel complesso, dunque,potrebbero sanare la propria posizione di irregolarità un terzo dei 112 mila irregolari stimati in Lombardia dall’Orim al 1 luglio 2019. In particolare, va evidenziato che il gruppo interessato alla regolarizzazione presenta un’elevata differenza di genere: due donne irregolari nel soggiorno su tre potrebbero teoricamente presentare domanda (perchè nel settore del «badantato» e dell’aiuto domestico si concentra quasi tutto il lavoro irregolare femminile), contro meno di un uomo irregolare ogni sette (perchè il settore agricolo impegna solo una piccola parte degli stranieri in Lombardia). Si prefigura pertanto, conclude Ismu, una regolarizzazione sempre in linea teorica altamente selettiva a favore della componente femminile.

La sorpresa dei volontari stranieri: “Noi, al servizio di chi ci ha accolti”

12 Giugno 2020 -

Milano - Cronache di una piccola rivoluzione, quella del volontariato degli stranieri in Italia. Quella compiuta negli ultimi 25 anni dagli immigrati, che perlopiù sono regolari (circa 5,8 milioni) e continuano a integrarsi, ad acquisire la cittadinanza a ritmo sostenuto (nonostante i limiti della legge del 1992) e svolgono attività solidali per restituire quanto ricevuto nei confronti della comunità che li ha accolti. A impegnarsi in queste attività per il bene comune, sono soprattutto donne giovani e con un alto livello di istruzione.

Uno studio che verrà pubblicato il 22 giugno dimostra per la prima volta che sta aumentando il numero delle persone straniere regolarmente residenti nel Belpaese e impegnate a titolo gratuito nelle associazioni. La prima ricerca nazionale sull’argomento, che stravolge tutti gli stereotipi imperanti nei media e nei social che contribuiscono a metterci stabilmente all’ultimo posto (secondo Ipsos–Ocse) nella classifica dei più disinformati in materia nel mondo occidentale, si intitola “Volontari inattesi. L’impegno sociale delle persone di origine immigrata” (Erickson), promossa da Csvnet e realizzata dal Centro studi Medì di Genova. Gli autori sono il sociologo Maurizio Ambrosini, docente della facoltà di Scienze politiche alla Statale di Milano, da anni esperto di migrazioni e membro del Cnel, e Deborah Erminio (Università di Genova, Centro Medì). Ha collaborato la rete dei Centri di servizio per il volontariato raccogliendo dati at- traverso centinaia di questionari e interviste. L’immagine assistenziale dei migranti, visti solo come destinatari di accoglienza e aiuto, viene ribaltata. Un gran numero si impegna nelle forme più disparate di solidarietà a favore degli italiani. Ambrosini, Erminio e il Centro Medi hanno utilizzato 658 questionari e più di 100 interviste, effettuate in 163 città italiane a immigrati volontari residenti stabilmente e provenienti da 80 Paesi. Le loro esperienze sono avvenute in cinque grandi reti nazionali del non profit (Avis, Aido, Fai, Misericordie, Touring Club) che li hanno coinvolti nelle loro attività. La prima nota di rilievo è che il 52 % dei volontari immigrati è donna; il 42% ha un’età media tra 20 e 35 anni. Vivono in Italia da circa 15 anni e il 4% è nato nel nostro Paese. Il 42 % è cittadino italiano, 6 su 10 lavorano, il 41 % è laureato mentre i diplomati si attestano al 36. Più della metà dei volontari di origine straniera s’impegna con una media di circa 6 anni di attivismo. I più saltuari rappresentano un quarto circa del campione, con un’esperienza di volontariato di circa 3–4 anni. Si tratta soprattutto di casalinghe oppure persone che lavorano in modo occasionale o che hanno un impiego part–time.

L’associazione nella quale svolgere attività si trova perlopiù con il passaparola, mentre nei campi di impegno al primo posto si collocano le attività culturali anche a sfondo sociale come la promozione del patrimonio, l’organizzazione di mostre e visite guidate ma anche progetti educativi con bambini e ragazzi in doposcuola o sostegno scolastico. Seguono le iniziative ricreative e di socializzazione – feste, eventi, sagre – insieme ai servizi di assistenza sociale negli sportelli di accoglienza e ascolto, mensa sociale, distribuzione di vestiario o di pacchi alimentari. Sono molto coinvolti inoltre negli empori solidali delle Caritas diocesane, dove persone e famiglie in difficoltà economica possono fare la spesa gratuitamente. Secondo il primo rapporto Caritas Italiana e Csvnet del dicembre 2018, i volontari stranieri sono presenti in un terzo dei quasi 200 empori con una media di quattro unità per servizio. Lo si è visto, del resto, in questi mesi di emergenza alimentare per i più poveri dovuti alla pandemia. L’impegno individuale – senza far parte di un gruppo o associazione – riguarda un quarto dei volontari immigrati, stessa percentuale di chi sceglie di fare volontariato più strutturato.

La metà non aveva mai fatto attività spontanee e gratuite per la comunità nel proprio paese di origine e in Italia ha fatto la sua prima esperienza. Le motivazioni? La causa per cui opera l’associazione, seguita dalla possibilità di svolgere attività con gli amici, oltre alla possibilità di incontrare altre persone. Ora è tempo di accorgersi che la società è cambiata e va cambiata la narrazione per adeguarsi alla nuova realtà cresciuta in silenzio. E chissà che con un racconto nuovo degli stranieri che sono autentiche risorse, non si inizi a contrastare l’odio, il razzismo e la xenofobia. (Paolo Lambruschi - Avvenire)

Colombia: venezuelani bloccati ai limiti della sopravvivenza 

11 Giugno 2020 - Roma - Almeno 500 persone si ritrovano bloccate da circa quindici giorni nella capitale colombiana. Sono i migranti venezuelani costretti a tornare nel proprio paese, ma, allo stesso tempo, senza la possibilità di farlo a causa dello scontro tra Bogotá e Caracas. Hanno perso l'alloggio in cui vivevano durante la serrata legata alla pandemia. E adesso si ritrovano in condizioni ai limiti della sopravvivenza: niente acqua potabile per loro, che passano la notte in tende di fortuna allestite lungo le strade. La situazione dei migranti è precipitata con la chiusura del Paese. Attivi molto spesso in lavori informali, infatti, si sono ritrovati senza soldi. Con la prima conseguenza che nella Colombia impegnata contro il coronavirus i senzatetto sono improvvisamente aumentati. “Io sono qui con mia moglie da più di 15 giorni”, dice Pelemaco Rivera, 46 anni, migrante venezuelano a RedattoreSociale: “Prima che arrivasse l'emergenza sanitaria lavoravo in un autolavaggio, ma da oltre due mesi non so come pagare l'affitto. Circa un mese fa ci siamo ritrovati a vivere per strada, sopravviviamo grazie alle donazioni e al cibo che ci regalano. Non ci resta altra possibilità che ritornare in Venezuela”. Una situazione a cui nulla è valso il “decreto anti-sfratto” del governo di Ivan Duque, scerive l’agenzia spiegando che tornare in Venezuela per chi ancora sta in Colombia non è così semplice. L'agenzia nazionale Migración Colombia, infatti, permette a non più di 300 persone al giorno di passare il confine, che peraltro non è aperto tutti i giorni. Secondo le autorità della Colombia, sui circa 1,8 milioni di venezuelani presenti, quelli che finora sono riusciti a rientrare sono ufficialmente oltre 135mila. A complicare tutto c’è la tensione tra Caracas e Bogotá. Oltre agli ordini impartiti alle autorità frontaliere della Colombia, che devono "consegnare" i migranti in uscita alle autorità venezuelani. Per evitare assembramenti, inoltre, non è permesso andarsene in autobus. E da Caracas l'accusa espressa dal presidente Nicholas Maduro è quella di lasciare passare persone risultate positive al nuovo coronavirus. Tra le 484 persone bloccate a nord di Bogotá' assistite dal Consiglio norvegese per i rifugiati ci sono 125 minori, 16 anziani e sei donne incinte.

Naufragio migranti: recuperati 34 cadaveri

11 Giugno 2020 -

Roma - Sono stati recuperati i corpi di 34 dei 53 migranti a bordo di un barcone naufragato l’altro giorno nel Mediterraneo. I cadaveri sono stati recuperati dalla Marina tunisina nell’area di mare situata tra El Louza (Jebeniana) e Kraten al largo delle isole Kerkennah, teatro del naufragio del barcone partito da Sfax nella notte tra il 4 ed il 5 giugno e diretto verso le coste italiane. Lo rende noto il sito informativo Tunisie numerique precisando che i corpi rinvenuti appartengono a 22 donne, 9 uomini, 3 bambini, di vari paesi dell’Africa sub-sahariana e un tunisino originario di Sfax, che sarebbe stato al timone del peschereccio affondato. Marina militare e Guardia costiera sono ancora al lavoro alla ricerca di altri dispersi.

Comece-Secam: “cooperazione multilaterale, ecologia, migranti”

11 Giugno 2020 - Bruxelles - “Siamo fermamente convinti che l’Africa e l’Europa potrebbero diventare i motori per il rilancio della cooperazione multilaterale”, affermano i presidenti di Comece (Commissione degli episcopati dell’Unione europea) e Secam (Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar) nell’introduzione del documento “Fiorisca la giustizia e abbondi la pace per sempre” diffuso ieri in vista del vertice Ue-Unione africana del prossimo ottobre che si propone la definizione di una partnership di lungo periodo tra le due sponde del Mediterraneo. Si tratta di un vertice particolarmente delicato, che si sta preparando, e probabilmente si svolgerà, nel pieno della pandemia Covid-19 la quale investe il mondo intero, con effetti devastanti nei due continenti. “In un momento in cui il mondo è colpito dalla pandemia Covid-19 e dalle sue pesanti conseguenze”, i presidenti di Comece e Secam, rispettivamente il card. Jean-Claude Hollerich e il card. Philippe Nakellentuba Ouédraogo, richiamano l’attenzione sulle persone fragili e in difficoltà, le famiglie, le comunità locali, i migranti. Nel contributo congiunto, preparato dai rispettivi segretariati con sede a Bruxelles e ad Accra, si “incoraggiano – spiega una nota che accompagna il testo – i decisori politici europei e africani a orientare i loro lavori preparatori sui principi della dignità umana, responsabilità e solidarietà, sottolineando al contempo l’opzione preferenziale per i poveri, la salvaguardia del Creato e la ricerca del bene comune”. Commentando il lancio del contributo congiunto, il card. Hollerich ricorda le radici comuni e la vicinanza geografica dell’Europa e dell’Africa e sottolinea “la responsabilità dell’Europa di condividere la pace e la prosperità con i suoi vicini”. Il documento dei vescovi dei due continenti offre anche una serie di “raccomandazioni politiche specifiche”, volte a “rimodellare le relazioni politiche ed economiche intercontinentali per stabilire un partenariato equo e responsabile incentrato sui cittadini”. A questo proposito, i vescovi europei e africani invocano un partenariato per lo sviluppo umano integrale, l’ecologia integrale, la sicurezza umana e la pace, nonché per le popolazioni in movimento.

La danza del pane

10 Giugno 2020 - Jesi - Ormai in prossimità della festa del Corpus Domini, del “Pane di vita”, le nigeriane me ne parlano ancora, me lo ricordano… Lo rivivono con un’emozione segreta, intensa. E vorrebbero ripetere l'esperienza appena possibile: la danza del pane. Era nell’estate scorsa, nel caldo afoso di Jesi, vecchia Marca anconetana, quarantamila abitanti nel fondo di una pianura, stretta da colline come nel fondo di un catino. Ma più di un centinaio di Nigeriani, vestiti a festa con i loro lunghi abiti multicolori, provenienti da tutte le Marche, non si sono scoraggiati. Anche loro risentono dell'afa. Le  donne mi ripetevano: “In Nigeria camminiamo per ore con il carico sulla testa a 40 gradi… ma qui non ce la facciamo.. Ma oggi è festa, Mothering Sunday, ci ritroviamo tra lontani…”. E inizia la Messa. E così pure i loro canti ritmici, le  movenze del corpo accompagnate dal battito delle mani, gli strumenti a percussione e le voci soliste con quelle corali che non possono non far sciogliere anche i più estranei in una vibrazione, che accompagna i ritmi naturali del corpo: il respiro, il passo, il battito del cuore. Qualcosa ti prende anche se non si spiega come o perché. Ti prende e basta. E non ti lascia come ti trova: ti scuote, ti sbalza, ti sovverte, ti butta sottosopra. È un incanto... All'offertorio, dopo l'omelia di don Cristiano, prete diocesano, italiano ma poliglotta, ecco si snoda la danza del pane. Una enorme pane rotondo di quasi cinque chilogrammi, croccante, dorato, profumatissimo, offerto da un antico panificio di Loreto, è portato in processione. Porta una grande, bella croce al centro. Ed è come un’ostia gigante, che parla della vita dell’uomo e della vita di Dio. E di un mondo che sa trasformarsi, per raggiungere entrambi. Tutte le donne seguono in una fila interminabile, che solca lo spazio della chiesa. Quasi in un unico corpo, un unico passo, un unico canto. I ritmi della musica assecondano movenze di corpi flessuosi di uomini, di bambini dai vestiti etnici, lunghi, fantasiosi e coloratissimi. Mosse dolci, ritmate, lente. Con un’eleganza soave, armoniosa, la lunghissima fila va verso l’altare… in una gestualità che sa di grande sacralità. Quel pane prolungherà l'effetto dell'Eucaristia nel banchetto che poi segue. Verrà spezzato in piccole parti, consegnato ai vari gruppi e famiglie, perché per i giorni seguenti rimanga un po' di sapore di festa, sapore di fraternità che si è celebrata insieme. E ricordo, in fondo, del senso di ogni vita di migrante. Vivere è saper spezzare la propria esistenza come il pane. Romperla… sì, rompere tutti propri legami, le proprie alleanze, le proprie abitudini. Ma per far vivere, nutrire gli altri. Per far vivere il mondo.

don Alberto Balducci

Direttore Migrantes Jesi

Migrantes Andria: un rifugio ospitale anche per la notte

10 Giugno 2020 - Andria - Durante l’emergenza sanitaria per contenere il contagio l’Ufficio Migrantes della Diocesi di Andria ha allestito un rifugio per dare sostegno concreto alle situazioni di maggiore fragilità sociale ed economica. La Casa di Accoglienza “Santa Maria Goretti”, spiega il direttore Migrantes, don Geremia Acri, ha assicurato sinora servizi diurni e non vi sono sul territorio luoghi per un’accoglienza notturna di persone che vivono per strada. Offrire un posto accogliente per la notte è l’ennesima risposta della Chiesa, un segno di attenzione nei confronti di tutte quelle persone che nel momento del bisogno non trovano soluzioni in grado di rispondere a esigenze materiali immediate. Il tempo vacillante di questa stagione ci mette di fronte al bisogno sempre più impellente di aiutare quelli della 'prima volta': quelli che la ripresa del lavoro è dura; quelli che hanno contratto mutui, affitti onerosi per le loro attività commerciali e artigianali che stentano a decollare nuovamente; quelli che il peso delle troppe incognite hanno reso fragili dal punto di vista psicologico; e quelli che hanno bisogno di trovare una nuova strada per sostenere la propria vita e quella dei propri cari. Ora chi è rimasto senza un tetto sa di non essere dimenticato. Grazie ai volontari che prestano il loro servizio presso la Casa di Accoglienza. (Sabina Leonetti -  Avvenire)

Don La Magra: “la violenza non risolve i bisogni di tutti, no a capri espiatori”

10 Giugno 2020 -  Lampedusa - “Nessuno ha rivendicato questi gesti ma il messaggio sembra chiaro. Fa rabbia l’idea che si usi la violenza per rivendicare i diritti della popolazione, perché non sono i migranti ad ostacolare ciò che è giusto per i lampedusani, né c’è una competizione tra i diritti delle persone”. A distanza di alcuni giorni dagli incendi ai “cimiteri dei barconi” a Lampedusa e dall’oltraggio alla Porta d’Europa, monumento simbolo dell’accoglienza alle persone migranti, don Carmelo La Magra, parroco di San Gerlando, unica parrocchia dell’isola, esprime al Sir la sua amarezza: “Certamente è qualcosa che nasce all’interno dell’isola. Non credo sia una sommossa popolare ma l’iniziativa di poche persone che cercano di farsi sentire usando metodi violenti”. Nella piccola comunità di Lampedusa, ammette, “un po’ di tensione si avverte, perché si soffre per la crisi economica provocata dalla chiusura delle attività e non si sa ancora se si riuscirà a lavorare quest’estate. Perciò è facile trovare un capro espiatorio".

Efal: formazione operatori sanitari in emergenza Covid-19

10 Giugno 2020 -  Roma - L’EFAL in qualità di Ente di Formazione Professionale è impegnato da sempre nella formazione rivolta agli operatori sociali e multidisciplinari che si occupano di accoglienza. Negli ultimi anni grazie anche alla convenzione con l’Università di Siena, EFAL si occupa di somministrazione degli esami per la certificazione della lingua italiana. Questo ha permesso al “nostro Ente – dice la direttrice Maria Pangaro - di avere una maggiore conoscenza dei fabbisogni formativi e in queste settimane di grande difficoltà per tutti per via della pandemia che ha colpito anche il nostro Paese, l’EFAL ha strutturato una serie di corsi visionabili anche sul sito www.efal.it tra cui un percorso in webinar  della durata di 4 ore per formare e informare operatori impegnati nella prima accoglienza Fami e nella seconda accoglienza Siproimi”. La formazione missione di EFAL è “necessaria in questa fase storica per l’Italia e solo attraverso momenti dedicati è possibile salvaguardare la salute di tanti operatori ma al tempo stesso degli ospiti stranieri”, conclude Pangaro.  

Migrantes Casa S. Barbara: il cuore aperto al mondo nel tempo della pandemia

9 Giugno 2020 - Caltanissetta - Casa S. Barbara: è il luogo in cui si sta realizzando un progetto di accoglienza dei giovani migranti, rifugiati e richiedenti asilo, a cura dell’Ufficio Diocesano Migrantes, della Caritas Diocesana, della parrocchia S. Barbara e dell’UISG (Unione Internazionale Superiore Generali) che opera a Caltanissetta dedicandosi all’integrazione dei migranti. Sei giovani, provenienti da tre diversi paesi dell’Africa (Nigeria, Mali e Camerun) che parlano lingue diverse e professano diverse religioni (un musulmano e cinque cattolici in questa fase), un nucleo familiare di due giovani nigeriani con una bimba di sei mesi, hanno trovato accanto alla parrocchia S. Barbara una casa in cui vivere dignitosamente, seguendo percorsi di formazione e di inserimento lavorativo per conquistare autonomia e vivere responsabilmente l’integrazione. Oltre ai volontari della Migrantes (coordinati da Donatella D’Anna) e all’appoggio della Caritas (guidata da Giuseppe Paruzzo), la parrocchia, storica presenza nel Villaggio S. Barbara costruito nel dopoguerra per ospitare i minatori dello zolfo alla periferia di Caltanissetta, oggi retta dal generoso giovane parroco Don Marco Paternò, segue con sollecitudine il percorso dei giovani rifugiati, curando la costruzione di rapporti virtuosi con la comunità parrocchiale. “Sono state coinvolte anche famiglie-tutor, che seguono i giovani come genitori, accompagnandoli nell’integrazione senza sostituirsi ad essi” dichiara Donatella D’Anna, direttrice dell’Ufficio Migrantes, promuovendo la loro autonomia con un rinforzo affettuoso di autostima che recuperi lo sradicamento di chi ha dovuto abbandonare in un altro continente famiglia ed affetti per tentare un futuro possibile a migliaia di chilometri lontano. La comunità ha cominciato a funzionare a Casa S. Barbara il 5 marzo, mentre partiva il lockdown per la pandemia, un segno di apertura nell’obbligo della chiusura, che anche in questa periferia della società sta tessendo i legami della solidarietà, mettendo in pratica quel “nessuno si salva da solo” pronunciato da Papa Francesco.    

Sanatoria 2020: più salute e giustizia

9 Giugno 2020 - Roma - E’ stato importante che la drammatica situazione sanitaria e la conseguente e necessaria tutela della salute di ogni persona – secondo il dettato costituzionale – abbia portato a valutare l’emersione dal lavoro nero di lavoratori in cinque ambiti importanti: l’agricoltura, la zootecnia e la pesca, l’assistenza alla persona, il lavoro domestico. Il collegamento salute e lavoro – uno degli aspetti fondamentali nello Statuto dei lavoratori – che compie quest’anno il suo cinquantesimo anno – ha trovato una sensibilità politica, economica e sociale capace di valorizzarlo e concretamente attuarlo. Non è possibile immaginare quanti saranno i beneficiari, anche alla luce della difficile situazione economica innescata dal Covid 19. Alcune stime parlano di 150.000- 200.000 lavoratori: fossero anche poche persone, di fatto un diritto dei lavoratori, quello alla salute, viene tutelato, portandosi con sé anche una regolarizzazione sul piano legale e giuridico che porterà ulteriori benefici sia ai lavoratori come alle nostre comunità. Dalla regolarizzazione sono esclusi i migranti che hanno commesso reati legati al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, o alla droga o a reati con l’arresto in fragranza. Anche questa attenzione a una regolarizzazione che non sacrifichi un altro aspetto importante, come la giustizia e la sicurezza, è un ulteriore elemento che rende la sanatoria 2020 un atto politico e giuridico importante. La sanatoria con l’emersione del lavoro nero rende ulteriormente evidente – qualora fosse stato ancora necessario – che l’attuale normativa sull’immigrazione, cioè la Bossi-Fini la legge Bossi Fini – con i meccanismi di incontro tra domanda e offerta di lavoro legati a decreti flussi non funziona e ha generato in quasi vent’anni solo sfruttamento, lavoro nero, evasione fiscale, morte e ingiustizia, nessuna tutela previdenziale e sanitaria. Per questo ci si augura che le forze politiche mettano mano a una revisione legislativa che sia veramente capace di tutelare i diritti dei lavoratori e le nostre comunità.

Migrazioni: i 9 punti del documento all’Ue firmato da Italia, Spagna, Grecia Cipro e Malta.

9 Giugno 2020 - Roma - “Per la prima volta cinque Paesi mediterranei dell’Unione europea hanno presentato alla Commissione una proposta politica in vista dell’imminente elaborazione di una nuova strategia comune e solidale sull’immigrazione e l’asilo. È un passo importante, tra l’altro, per il riconoscimento, della specificità delle frontiere marittime esterne dell’Unione e dell’obbligatorietà delle procedure di ricollocamento dei migranti tra i partner della Ue”. Lo aveva affermato il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese al termine del Consiglio affari interni dei ministri Ue lo scorso 5 giugno scorso, evidenziando le peculiarità del documento condiviso da Cipro, Grecia, Italia, Malta e Spagna in vista dei prossimi negoziati per la definizione di una nuova strategia migratoria dell’Unione europea. Il testo è ora presente nel sito del Governo italiano – Ministero dell’Interno. Nove i punti da valorizzare nell’ambito dell’agenda dell’Ue: il riconoscimento della specificità della gestione delle frontiere marittime; la ricollocazione obbligatoria tra tutti gli Stati membri dei migranti che sbarcano a seguito di operazioni Sar; l’adozione di un sistema comune europeo per i rimpatri; l’individuazione di Linee guida per l’attività di ricerca e soccorso in mare da parte delle imbarcazioni private; il superamento del criterio della responsabilità del Paese di primo ingresso stabilito dal regolamento di Dublino; l’introduzione di un meccanismo obbligatorio e automatico per la ridistribuzione pro quota delle richieste di asilo; l’adozione di un sistema di asilo che tuteli i diritti ma che consenta, allo stesso tempo, di prevenire gli abusi; la previsione a carico del Paese di primo ingresso soltanto delle procedure di pre-screening per i necessari accertamenti sanitari e di sicurezza; il rafforzamento delle politiche di collaborazione con i Paesi terzi, in particolare con quelli del Nord Africa e del Medio Oriente.  

Viminale: 5.472 i migranti arrivati in Italia nel 2020

8 Giugno 2020 -

Roma - 5.472: questo il numero delle persone migranti sbarcate sulle coste italiane da inizio anno. Il dato è stato diffuso dal Ministero degli Interni, considerati gli sbarchi rilevati entro le 8 di questa mattina. Dei quasi 5.500 migranti sbarcati in Italia nel 2020, 1.050 sono di nazionalità bengalese (19%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Tunisia (839, 15%), Costa d’Avorio (685, 13%), Sudan (456, 8%), Algeria (372, 7%), Marocco (322, 6%), Somalia (228, 4%), Guinea (224, 4%), Mali (167, 3%), Nigeria (123, 2%) a cui si aggiungono 1.006 persone (19%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione.

 

L’incendio dei barconi, l’offesa a Lampedusa

8 Giugno 2020 - Lampedusa - A distanza di pochi giorni dallo sfregio della Porta d’Europa, sono stati incendiati i relitti dei barconi di migranti, in quelli che sono chiamati i cimiteri dei barconi. Una sorta di museo a cielo aperto delle carrette del mare su cui migliaia di persone sono arrivate sull’isola di Lampedusa, un modo anche per mantenere viva la memoria delle persone migranti morte in mare. Sono state necessarie circa sette ore per avere la meglio sulle altissime fiamme che hanno ridotto in cenere una cinquantina di carrette del mare.  

Viminale: 5.461 i migranti sbarcate nel 2020 sulle coste italiane

5 Giugno 2020 -
Roma - Sono finora 5.461 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane da inizio anno. Il dato è stato diffuso dal ministero degli Interni, considerati gli sbarchi rilevati entro le 8 di questa mattina. Degli oltre 5.400 migranti sbarcati in Italia dall'inizio dell'anno 1.044 sono di nazionalità bengalese (19%). Gli altri provengono da Tunisia (818, 15%), Costa d’Avorio (684, 14%), Sudan (398, 7%), Algeria (372, 7%), Marocco (322, 6%), Somalia (228, 4%), Guinea (214, 4%), Mali (165, 3%), Nigeria (117, 2%) a cui si aggiungono 1.099 persone (20%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione.

Amnesty: il Rapporto sulla situazione dei diritti umani nel mondo

5 Giugno 2020 - Roma – Ogni anno Amnesty International pubblica un rapporto sulla situazione dei diritti nel mondo. In questi l’analisi approfondita  dei fatti salienti del 2019 – dai conflitti alle crisi dei rifugiati e del clima, fino alla repressione delle libertà individuali – e delle prospettive per il 2020 si trovane in un volume pubblicato da Infinito Edizioni. Il volume contiene panoramiche regionali e schede su una serie di paesi-chiave, tra cui l'Italia, per avere una visione chiara e consapevole del mondo in cui viviamo. Racconta anche i non pochi successi di un movimento globale per i diritti umani sempre più reattivo e forte, del quale attiviste e attivisti di Amnesty International sono protagonisti. Il Rapporto di Amnesty International continua a essere un riferimento indispensabile per ricercatori, avvocati, giornalisti, rappresentanti delle istituzioni, associazioni, attivisti e per tutte le persone che non si arrendono all’idea che il cambiamento sia impossibile, spiegano gli autori.

Guterres: “nessuno Stato può combattere la pandemia o gestire le migrazioni da solo”

4 Giugno 2020 - Roma - “Covid-19 continua a devastare soprattutto le esistenze dei più vulnerabili con maggior virulenza. Ciò è particolarmente vero per i milioni di persone che si muovono: rifugiati e sfollati costretti a fuggire violenze e disastri, o migranti in situazioni precarie”. Lo ha affermato il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, nel suo nuovo documento programmatico intitolato “Covid-19 e persone in movimento”. Essi, ha evidenziato “sono ora alle prese con una triplice crisi”, “sanitaria”, “socio-economica” e una “crisi di protezione”. Infatti, “più di 150 Stati hanno imposto restrizioni alle frontiere per contenere la diffusione del contagio. Almeno 99 di questi non hanno fatto alcuna eccezione per le persone in cerca di asilo dalle persecuzioni”. Al tempo stesso, “la paura del Covid-19 ha portato alle stelle xenofobia, razzismo e stigmatizzazione”.    

Consiglio d’Europa: “insostenibile la situazione nelle acque di Malta, occorre azione immediata”

4 Giugno 2020 - Bruxelles - La situazione delle oltre 400 persone davanti alle acque territoriali di Malta “è insostenibile e richiede un’azione immediata”: lo afferma oggi Dunja Mijatović, commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa. Richiama Malta, che ha chiuso i porti per proteggersi dal Covid-19, e trasferisce le persone salvate in mare su navi noleggiate dal governo, ancorate al largo della sua costa: il timore di Mijatović è che “siano noleggiate sempre più navi e che il numero di persone trattenute, senza una chiara prospettiva di un rapido sbarco, stia notevolmente aumentando”. Ma Mijatović richiama anche gli Stati che dovrebbero sostenere i Paesi in prima linea nell’accoglienza: “Le discussioni su un sistema equo per la condivisione delle responsabilità continuano da troppo tempo. Ancora una volta, invito gli Stati membri a decidere prontamente su tale sistema in vero spirito di solidarietà”. Tanto più che la salute delle persone ferme al largo di Malta rischia di deteriorarsi rendendo comunque inevitabile lo sbarco, non senza aver prima “messo a rischio la loro salute fisica e mentale”. Il commissario chiede a Malta di permettere “l’accesso ai soccorsi”, di sbloccare la situazione attuale “al più presto ed evitare la sua ripetizione” e di garantire che le persone a bordo non siano private della possibilità di chiedere protezione internazionale. Per Mijatović nessuna azione deve portare, “direttamente o indirettamente, al ritorno dei migranti in mare in luoghi in cui si trovano ad affrontare gravi violazioni dei diritti umani” e “qualsiasi cooperazione con le autorità libiche che comporterebbe tali rimpatri dovrebbe essere sospesa”.    

Centro Astalli: al via campagna social #traccesolidali

3 Giugno 2020 - Roma - Il Centro Astalli lancia oggi #traccesolidali, una campagna social per la prossima Giornata mondiale del rifugiato che si celebra il 20 giugno. L’invito è a postare entro il 20 giugno su Facebook, Instagram e Twitter una foto che rappresenti un piccolo gesto di solidarietà, attenzione, cura dell’altro e di ciò che ci circonda, usando l’hashtag #traccesolidali. Il Centro Astalli condividerà le foto sulle pagine social e tra tutte quelle arrivate sarà estratto a sorte il vincitore di 3 mascherine realizzate dalle rifugiate di Casa di Giorgia, che accoglie una trentina di donne e bambini.

Milano: “Festa delle Genti” con l’arcivescovo mons. Delpini

3 Giugno 2020 - Milano - La benedizione solenne di Pentecoste, impartita dall’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, presso l’immagine della Madre della Consolazione nella basilica di Santo Stefano Maggiore, che sospinta dallo Spirito, varca gli oceani, attraversa Paesi, Continenti, terre lontane. Tutte quelle dalle quali i “nuovi” milanesi e ambrosiani provengono. La benedizione di Dio che il presule chiede – al poco più di centinaio di migranti che, con i loro Ministri del culto, partecipano alla Messa per la Festa delle genti – di “portare a tutte le persone che rappresentate: famiglie, comunità, amici, a chi è nella prova. Portate ai vostri Paesi di origine l’affetto di questa Chiesa di Milano, il suo desiderio di essere accogliente, solidale, di essere una comunità unita in cui è desiderabile abitare”. Si conclude così, in “Santo Stefano”, parrocchia personale dei Migranti, la tradizionale Celebrazione di Pentecoste, quest’anno – come è ovvio – diversa, meno “colorata” di suoni e di danze, di cori e di abiti etnici, ma vissuta con una partecipazione e un sentimento di fraternità che si tocca con mano. Messa – concelebrata dal vicario episcopale di settore, don Mario Antonelli e da 15 cappellani di altrettante realtà di lingua straniera presenti sul territorio diocesano – che si apre con il breve indirizzo di saluto di don Alberto Vitali, responsabile dell’Ufficio per la Pastorale dei Migranti (Migrantes), che nota come, a un solo mese dalla sua nomina a Pastore di Milano, l’arcivescovo volle annunciare il Sinodo minore “Chiesa dalle Genti”, entrato ora nella sua fase cruciale di ricaduta sul territorio. “La ringraziamo per essere ancora una volta tra noi. Riprendiamo – sì -, ma non per tornare a fare le cose di prima o come le facevamo prima. Questi mesi ci hanno segnato profondamente, ma fatto crescere, anche se a caro prezzo”. Il ricordo commosso va a don Giancarlo Quadri che, per 18 anni – dal 1996 al 2014 -, aveva guidato la Pastorale dei Migranti, sviluppando proprio la Festa delle genti, e a don Franco Carnevali, che si stava prendendo cura della Comunità latino-americana di Monza. Entrambi scomparsi nello stesso giorno, il 22 marzo scorso, per la pandemia. “Abbiamo perso due amici, ma sentiamo di avere due patroni in cielo”, prosegue don Vitali. “Abbiamo bisogno della sua presenza, che è motivo di riconoscenza e di incoraggiamento, presenza tra noi di chi sa consolare cuori, presenza che conferma nella fede e incoraggia a riprendere il cammino”. Parole iniziali a cui fanno eco quelle dello stesso arcivescovo, che rivolto a chi gli sta di fronte nella navata centrale di Santo Stefano, secondo i parametri del distanziamento, con mascherine e guanti, dice. “Dove siete amici, fratelli e sorelle? Voi che siete qui rappresentate comunità, famiglie, amici. Viviamo questa Celebrazione con la gioia che è nel dono dello Spirito. Io, anche attraverso i media – la Messa è trasmessa in diretta Fb, rivedibile su Santo Stefano Migranti -, vorrei entrare nelle case e nei cuori di tutti. Anche se le panche fossero piene, come spero che sia possibile fare in futuro, non saremo mai tutti: sentiamo di essere dentro la grande comunione della Chiesa e sentiamo don Giancarlo e don Franco nella comunione dei Santi”. Dopo le Letture, proclamate in diverse lingue (così come la preghiera dei fedeli) e i canti affidati a un piccolo gruppo di coristi, per la maggioranza Filippini e Sudamericani, si avvia la riflessione dell’arcivescovo. “In piazza del Duomo hanno piantato alberi di banane che, nelle terre tropicali, sono generosi e producono un frutto abbondante, buono, nutriente Ma gli alberi di piazza Duomo sono solo una macchia di verde, producono, qualche volta, frutti stentati e immangiabili. Qualche decennio fa, qualcuno ha portato dalla Nuova Zelanda gli alberi del kiwi e, oggi, l’Italia ha il primato mondiale della loro produzione. Ci sono alberi che, anche se vengono come stranieri, si inseriscono così bene in un’altra terra da dimostrare di essere protagonisti di una storia nuova”. Chiara l’immagine che guarda – per così dire – al di là degli alberi per arrivare agli uomini, ai popoli e alla Chiesa. “Come saranno le nostre comunità, come saremo noi? Saremo come alberi che, nella propria terra, erano cristiani contenti e generosi di frutti per tutti e che poi, altrove, diventano piante stentate e improduttive, oppure come alberi che, trasferiti da un Paese a un altro, moltiplicano i loro frutti?”. Come a dire “Cosa può fare la differenza tra questi due esiti?”. Altrettanto immediata la risposta. “Siamo qui a celebrare la Festa delle genti nel giorno di Pentecoste perché noi siamo certi che è lo Spirito di Dio che può trasformare una situazione in occasione, se incontra la nostra disponibilità. La situazione può essere frutto di tante coincidenze e drammi, di fatiche, di una povertà che chiede futuro; dipende da fattori che spesso vanno oltre le nostre scelte e libertà, ma lo Spirito di Dio, se viene accolto, può produrre frutti di bene anche in una situazione dolorosa e complicata”. Il riferimento è alla Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi, appena proclamata in spagnolo, con la confusione di quella comunità, superabile, come scrive l’Apostolo, mettendosi sotto l’azione dello Spirito. “Anche oggi lo Spirito ci chiama, dunque, a vivere questo tempo come occasione per edificare la comunione. Molti provvedimenti e cautele sembra che incoraggino a tenere le distanze e a separarci, ma lo Spirito di Dio, anche in questa situazione, ci rende pietre vive per edificare la comunione sotto il dono dello Spirito. Questo e ciò che celebriamo, la Pentecoste: è il giorno in cui possiamo accogliere il dono dello Spirito e trasformare il nostro abitare in questa terra in una missione”. Anche se tutto questo, specie in tempi di morti, dolori, tragedie personali e pubbliche, può sembrare ancor più difficile. “Da molti ho sentito la domanda su dove sia Dio e perché ci ha abbandonati”, nota infatti, mons. Delpini che, subito, aggiunge: “Noi siamo qui oggi per riceve lo Spirito di verità: non siamo abbandonati, ma resi partecipi della vita di Dio. Ecco come, da qualsiasi Paese veniamo, possiamo essere quegli alberi rigogliosi che portano molti frutti, molti doni per edificare comunione. Oggi è la Festa delle genti, perché è una festa trovarsi insieme e decidere di metterci sotto l’azione dello Spirito”. Infine, appunto, la benedizione presso la Cappella laterale della basilica, dedicata alla Madre della Consolazione arricchita dalla bella pala cinquecentesca che rappresenta Maria – non a caso circondata dai santi Rocco e Sebastiano, patroni contro le epidemie – con che fu portata in Basilica da San Carlo, dopo la peste. Un omaggio, a conclusione del mese mariano, anche se, fin da marzo, proprio davanti a questa immagine, è stato recitato il Rosario per le Comunità dei Migranti, quotidianamente in spagnolo e trasmesso in streaming. “Invoco la benedizione del Signore per tutta la Chiesa di questa terra, che sia Chiesa dalle genti; su questa città, perché, svegliandosi dal trauma che sta subendo, sia un luogo di fraternità, una cittadella della speranza, un esempio di sollecitudine per tutti coloro che sono più poveri, bisognosi e soli. Lo Spirito santo ci renda un cuor solo e un’anima sola, noi tutti benedetti da Dio”. In conclusione a ognuno dei presenti viene donata la lettera per il Tempo di Pentecoste nella Proposta pastorale la situazione è occasione”. (Annamaria Braccini)