Tag: Immigrati e rifugiati

Viminale: da inizio anno sbarcate 14.977 persone migranti sulle nostre coste

11 Agosto 2020 -
Roma - Sono 14.977 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane in questo 2020. Il dato, aggiornato a questa mattina alla ore 8, è del Ministero dell'Interno. Dei quasi 15.000 migranti la maggioranza sono di origine tunisina: 6.185 (41%). Gli altro provengono da Bangladesh (2.338, 16%), Costa d’Avorio (858, 6%), Algeria (732, 5%), Pakistan (555, 3%), Sudan (544, 4%), Marocco (492, 3%), Somalia (343, 2%), Egitto (328, 2%), Guinea (284, 2%). I minori stranieri non accompagnati sono stati 1.923. Il dato, questa volta, è aggiornato a ieri, 1o agosto.

R.I.

Viminale: dopo il lockdown ricollocati in Europa 189 richiedenti asilo, 57 i dublinanti trasferiti dall’Italia

11 Agosto 2020 -
Roma - Germania, Francia, Irlanda, Portogallo. Questi i Paesi che, dopo il lockdown, hanno accolto il maggior numero di richiedenti asilo trasferiti nell'ambito della procedura europea di ricollocazione volontaria. In questo periodo post Covid-19, il dipartimento per le Libertà civili e l'Immigrazione, diretto dal prefetto Michele di Bari,  ha organizzato la ricollocazione di 189 richiedenti asilo: 106 verso la Germania, 62 verso la Francia, 20 verso l'Irlanda e 1 verso il Portogallo, riferisce il Ministero dell'Interno. Le modalità operative, approvate dalla Commissione europea e dagli Stati interessati a seguito della Dichiarazione di Malta del 23 settembre 2019, hanno consentito di effettuare i trasferimenti in sicurezza. Per quanto riguarda l'applicazione del sistema di Dublino, i trasferimenti da e per l’Italia sono ripresi dopo la loro sospensione per permettere alle autorità di predisporre le necessarie misure sanitarie anti Covid-19. Dall'Italia agli altri Paesi europei (outgoing) sono stati trasferiti 57 richiedenti asilo: 15 ad aprile, 4 a maggio, 10 a giugno, 26 a luglio e 2 fino al 10 agosto. Tra gennaio e febbraio i trasferimenti erano stati 198. Sempre nella fase 2 dell’emergenza sanitaria, i trasferimenti di dublinanti dagli altri Paesi europei all’Italia (ingoing) sono stati 39: 1 a maggio, 26 a luglio, 12 fino al 10 agosto. Nei primi due mesi dell’anno, erano stati 895, sempre secondo i dati del Viminale.  

Card. Betori: “permangono ostacoli all’integrazione dei migranti”

11 Agosto 2020 -
Firenze - “Per un verso sentiamo di poterci rallegrare per come l’emergenza sanitaria è stata affrontata con senso di responsabilità dalla grande maggioranza della popolazione, con competenza e dedizione da chi opera nel sistema sanitario, con presenza e generosità dal mondo del volontariato”. Lo ha detto l’arcivescovo di Firenze, il card. Giuseppe Betori, nell’omelia della messa che ha celebrato ieri nella basilica di San Lorenzo, nella giorno della solennità. “Ora però dobbiamo chiederci se questo spirito di partecipazione e condivisione saremo capaci di farlo vivere anche oltre la fase dell’emergenza sanitaria – ha aggiunto –, per nutrire anche quest’ulteriore fase, di emergenza economico-sociale, non meno problematica per il futuro della società”. È questa, secondo il cardinale, “la sfida che ci attende e che impone responsabilità e coerenza da parte di tutti, amministratori, imprenditori, lavoratori”. “La cultura della condivisione è necessaria anche sul versante economico, particolarmente nella nostra città, per la quale la pandemia ha svelato squilibri che le masse turistiche occultavano e al tempo stesso alimentavano”. Nelle parole del card. Betori, la consapevolezza che “la città, questo quartiere di San Lorenzo hanno bisogno di trovare un loro proprio assetto umano che animi e alimenti anche il tessuto economico”. “Abbiamo bisogno di favorire la presenza di nuclei familiari stabilmente residenti, che creano rapporti e danno un contesto di identità civile e di umana accoglienza a chi viene tra noi da fuori”, ha ribadito il cardinale, ricordando che “un’economia fiorisce sulla base di relazioni sociali e non su bisogni artificiosamente indotti”. L’arcivescovo denuncia anche “il permanere di condizioni che ostacolano l’integrazione di persone giunte tra noi in forza delle migrazioni che caratterizzano i nostri tempi, con la conseguente creazione di sacche di illegalità che alimentano comprensibili disagi e preoccupazioni tra la gente”. Infine, un richiamo alla “responsabilità, soprattutto nelle fasce di popolazione giovanile, per il rispetto delle precauzioni che ancora oggi sono necessarie al fine di contenere la diffusione della pandemia”.

Cassazione: la richiesta di protezione umanitaria da parte dello straniero entrato minorenne in Italia deve essere valutata tenendo conto dei profili di particolare vulnerabilità

10 Agosto 2020 - Roma - Con sentenza n. 14307 dell’8 luglio 2020, la II sezione civile della Corte di cassazione è intervenuta sul tema della protezione umanitaria stabilendo che la valutazione dell’integrazione nel territorio nazionale dello straniero giunto in Italia da minorenne deve tener conto dei profili di vulnerabilità connessi all’età del te. In particolare, ad avviso della Suprema corte, va tenuto in considerazione l’eventuale percorso scolastico seguito dallo straniero poiché potrebbe escludere che egli abbia potuto accostarsi al mondo del lavoro ovvero esporlo ad una specifica vulnerabilità qualora, ove rimpatriato, venisse pregiudicato il suo diritto a completare il percorso di studi avviato. (A.P.)

Suore scalabriniane: diario da Lesbo (1)

10 Agosto 2020 - Lesbo - Un’isoletta nel mare può essere una frontiera, cuore dei flussi di esseri umani che dal Medio Oriente arrivano in Europa. Lesbo, un’isoletta che politicamente della Grecia ma che è vicinissima, a livello geografico, alla Turchia, per noi non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza. Siamo in quattro, partite grazie alla collaborazione stretta tra la Comunità di Sant’Egidio e la nostra Congregazione religiosa, le Suore Missionarie di San Carlo Borromeo, Scalabriniane. Viviamo per i migranti: questo è il nostro carisma. Siamo Suor Marlene e suor Leticia e due donne in formazione, Monica Leticia, postulante e l’aspirante Laura. Veniamo da storie e da luoghi diversi del mondo, ed essere qui è per noi una nota di orgoglio. Per chi ancora non ha emesso i voti è bello cominciare da qui, in un luogo dove il sole picchia forte, in un angolo di mondo conosciuto fino a poco tempo fa per le spiagge e per la sua destinazione turistica da ‘Paesi ricchi’, che per noi ha una veste completamente diversa. L’isola di Lesbo, proprio come Lampedusa in Italia, sta dimostrando la sua forza nell’accoglienza. Ci sono circa 15.000 tra profughi e rifugiati che vengono a chiedere aiuto. Siamo arrivate a fine luglio e ci siamo messe subito al lavoro per cercare di capire come dare una mano. La terra brulla e ocra dell’isola ti entra fin nella pelle. La mascherina fa sentire ancor più il calore dell’estate del Mediterraneo. Il sole picchia, come dicevamo, ed è stato doveroso creare uno spazio, ombreggiato, dove creare un’area mensa. L’abbiamo ricavata all’interno di un vecchio frantoio. Uno spazio che, rispettando le misure di contenimento del Covid-19, arriva ad avere circa 300 posti a sedere. Cerchiamo, in questo modo, di rendere loro più semplice la vita. A Lesbo, dopo un viaggio che ha il sapore della scommessa della vita, i rifugiati vivono qui in tende o baracche più o meno improvvisate, luoghi che diventano roventi con questo caldo. Girare per le loro case di fortuna, però, non ci avvilisce perché hanno un tesoro da mostrare: il loro sorriso. Lo fanno i grandi ma soprattutto i più piccoli. Sorridono perché hanno la speranza, perché in Europa si sentono più al sicuro, perché hanno modo di toccare con mano che siamo qui per aiutare loro, per cercare di tendere una mano con la speranza che il loro futuro sia più a colori. La cosa che ci fa sbalordire sono i bambini: hanno una forza di vivere e un coraggio da vendere. Non si voltano, guardano sempre in avanti.

Mons. Caiazzo ad un anno dalla tragedia di Petty “Mai più morti d’indifferenza”

7 Agosto 2020 - Matera - Un anno fa, il 7 agosto 2019, moriva tra le fiamme della sua baracca nel ghetto della Felandina, Elis Petty Stone, bracciante nigeriana di 28 anni, mamma di due bambini. Il 6 marzo era stata sgomberata dalla baraccopoli di San Ferdinando, smantellata a colpi di ruspa. Un intervento fortemente voluto dall’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Ma alla donna non era stato offerto nulla. Così dalla baracca in Calabria era finita in un’altra in Basilicata, nel comune di Bernalda, un altro dei ghetti dove vivono in condizioni indegne i braccianti immigrati. E lì le fiamme l’avevano uccisa. Pochi giorni dopo, il 28 agosto, anche quel ghetto era stato abbattuto, ma nuovamente senza realizzare nulla per ospitare i braccianti, spesso sfruttati da caporali e imprenditori. Sono così nate altre baraccopoli, mentre le sole iniziative di accoglienza sono state realizzate dalla diocesi di Matera, come ricorda nell’intervista ad Avvenire - che pubblichiamo di seguito - l’arcivescovo mons. Antonio Giuseppe Caiazzo. Oggi Petty sarà ricordata alle 10 al cimitero di Bernalda dove è sepolta, con un momento di preghiera promosso da Chiesa, Comune e varie associazioni. Alle 18.30, in Prefettura a Matera un incontro organizzato da Cgil, Cisl e Uil.    Monsignor Caiazzo, lei come arcivescovo di Matera, un anno fa sul luogo della morte di Petty parlò di «una condizione disumana» che andava «risolta alla radice, altrimenti questa gente sarà sempre costretta a vagare». Cosa è cambiato? Se è cambiato... Quando a una famiglia viene dato lo sfratto e viene tolta con la forza, se non ha un’altra casa dove andare si troverà in mezzo a una strada, si accamperà in qualche modo. La condizione della famiglia, già povera e impossibilitata a pagare il fitto, diventa peggiore di prima. Solo se qualcuno si fa carico di quella famiglia, aiutandola non solo a trovare un’altra casa dignitosa ma soprattutto a essere autonoma sostenendola attraverso un lavoro, potrà rimanere legata nel contesto sociale nel quale è inserita, diventando protagonista. Lo stesso per le centinaia di persone che già vivevano in una condizione disumana presso la Felandina. Hanno trovato altri posti di rifugio sparsi su tutto il territorio del metapontino o sono andate via. Il problema non è stato risolto e non sarà mai risolto fino a quando non ci sarà una politica che prenda seriamente in esame il problema con dei progetti e programmi precisi, mettendo a disposizione strutture a dimensione familiare. Tutti abbiamo diritto a una casa, a stare con i nostri affetti cari per sentirci avvolgere dalla forza dell’amore. È l’unica legge capace di combattere e distruggere ogni discriminazione, di ingiustizia sociale, ogni male.   Al di là delle eventuali responsabilità dirette, di chi è la responsabilità di morti come quella di Petty? Lo scorso anno dissi: «Tutti usciamo sconfitti da questa triste vicenda». Una brutta pagina della nostra storia che ci ha segnati, risvegliando, comunque, tanta solidarietà e partecipazione per venire incontro alle oltre 600 persone bisognose di tutto. La corsa verso la solidarietà è stata più forte di chi cantava vittoria, anche a livello nazionale, esprimendo soddisfazione. So solo che la Caritas Diocesana e le Caritas parrocchiali di Bernalda, Metaponto e dell’intera Arcidiocesi, in collaborazione con il Comune di Bernalda e di tante associazioni di volontariato, hanno agito in sinergia provvedendo quotidianamente, in piena estate, all’indispensabile: pasti caldi, indumenti, materassi. È stata una bella risposta di solidarietà, coordinata dai parroci don Pasquale Giordano, don Giuseppe La Vecchia, don Mariano Crucinio, don Giuseppe Calabrese. Quando succedono queste cose la responsabilità non è mai di una sola persona o di un’organizzazione o di un partito. Manca di certo una politica di inclusione capace di guardare gli immigrati come persone. Spesso vengono considerati numeri, anzi ogni giorno vengono contati ma difficilmente si raccontano le loro vicende umane se non quando commettono dei reati. Petty era stata sgomberata dalla baraccopoli di San Ferdinando. E poi anche quella della Felandina è stata sgomberata. Ma gli sgomberi sono una soluzione? Nel mondo le baraccopoli fanno da cornice attorno alle grandi città. In ognuna di esse succede di tutto e di più. D’altronde sono lo scarto dell’umanità costretto a vivere in condizione miserevole che peggiora ogni giorno. In Italia una volta avevamo i Rom, gli Zingari che, in tante situazioni cittadine, si sono, se pur lentamente, integrati. Oggi la povertà, la miseria, le guerre, il miraggio di un occidente ricco, le promesse di una terra promessa, soprattutto per le ragazze che poi vengono buttate sui marciapiedi, hanno fatto aumentare notevolmente il flusso dei migranti da tutte le parti del mondo e verso tutte le nazioni di un Nord del mondo sempre più ricco e di un Sud sempre più povero. Cosa ha fatto la Chiesa a favore di questi lavoratori? Non vorrei parlare di quello che noi come Chiesa abbiamo fatto e stiamo facendo. Preciso solo questo: non abbiamo mai ricevuto soldi dallo Stato e se dovessero farci delle proposte non ne vogliamo. Ringrazio la Cei che ha accolto il progetto, presentato da me, di comprare una struttura di 650 metri quadri vicino alla Felandina, aiutandomi economicamente. È nata 'Casa Betania' gestita dalla Caritas Diocesana, dal Direttore Diocesano Migrantes, don Antonio Polidoro, dal cappellano dei migranti, don Gabriel Maizuca, con l’aiuto anche di altri enti e associazioni locali. Abbiamo voluto coinvolgere anche degli imprenditori agricoli che, assumendo con regolare contratto questi fratelli, ci stanno aiutando a vincere il caporalato. Un altro grosso numero di immigrati lo abbiamo accolto per diversi mesi nei locali della parrocchia di Metaponto fino a quando la Caritas Diocesana non ha sottoscritto un contratto per due appartamenti attrezzati di tutto. Attualmente, su tutto il territorio della Diocesi stiamo offrendo un tetto dignitoso, garantendo un lavoro, aiutandoli a rendersi autonomi, a oltre un centinaio di lavoratori. Ma basta la Chiesa? Non è un comodo alibi? Tanto c’è la Chiesa... La Chiesa fa la sua parte. Ma non basta. Spesso anche le istituzioni governative e locali si rivolgono alla Chiesa per risolvere annosi problemi. Noi continueremo a fare ciò che è giusto e doveroso, ma una piccola Diocesi di 143mila abitanti non può risolvere tutti i problemi. Spesso, ha ragione lei, è un comodo alibi e si pretende che la Chiesa intervenga. Soprattutto, lo dicono, quanti in chiesa non entrano mai. Le associazioni del volontariato chiedono importanti modifiche ai cosiddetti decreti sicurezza che fanno finire le persone per strada o nelle baracche, come Petty. Ma non si decide e intanto gli “invisibili” aumentano. I decreti sicurezza non fanno che alimentare un atteggiamento discriminatorio nei confronti di persone che hanno un solo torto: sono straniere e povere. Tutto questo procura una condanna verso la precarietà e marginalità, a danno di tutti noi. Come Chiesa non possiamo accettare tutto ciò: è contro il Vangelo di Gesù Cristo e l’insegnamento della stessa Chiesa. Ci troviamo spesso a dover supplire a ciò che uno Stato civile dovrebbe garantire. Gli interessi di bandiera sono più importanti della dignità della persona, di ogni persona. Anche in Basilicata le inchieste fanno emergere gravi casi di sfruttamento e caporalato. Ultimamente sono emersi casi di sfruttamento del caporalato anche nella nostra bella, piccola ma accogliente Basilicata. Se da una parte ci fa soffrire, dall’altra ci consola che determinati crimini vengano smascherati. Devo comunque dire che la maggior parte degli imprenditori collaborano, assumono e sono contenti. Tra loro e gli immigrati c’è spesso un bel legame. (Antonio Maria Mira)

Le braccia e i pomodori per ricordare la strage di due anni fa

6 Agosto 2020 - Foggia - Un ricordo, ma anche una denuncia per le condizioni di vita e di lavoro dei braccianti agricoli nel Foggiano, e per le tante violenze subite in questi anni, mai cessate. Oggi, 6 agosto, sugli enormi silos dell’ex stabilimento Casillo, comincerà la realizzazione di una gigantografia che raffigura delle braccia intente a raccogliere pomodori. Un’opera del fotografo foggiano Alessandro Tricarico, realizzata con il contributo di Intersos. A due anni dall’incidente stradale che costò la vita a dodici braccianti stipati in un pulmino per raggiungere i campi, comparirà così a Foggia l’enorme installazione. Il titolo dell’opera è “Solo braccia” e riprende la frase dello scrittore svizzero Max Frisch, che trent’anni fa, parlando dei migranti italiani in Svizzera, disse: “Volevamo braccia, sono arrivati esseri umani”. “Sono passati due anni da quella strage ma non è cambiato niente”, dicono i braccianti di Poggio Imperiale, insediamento in cui vivevano alcune delle vittime. “Continuiamo a vivere senza dignità, a lavorare senza diritti e a morire senza documenti”. Quel giorno sul luogo della strage i medici e i mediatori di Intersos erano presenti. “Il 6 di agosto a Ripalta, sulla statale 16, sotto quei 12 lenzuoli bianchi erano stesi padri, figli e uomini visti come sole braccia”, dice Alessandro Verona, referente medico di Intersos. “Rappresentano i diritti negati e la sofferenza del percorso migratorio – continua –. Persone a cui è stata negata la dignità di esistere e di essere riconosciute dal Paese che doveva accoglierle. Persone trattate come carne da macello nello sfruttamento agricolo. Un sintomo dolorosissimo rimasto inascoltato, cui è seguito il decreto sicurezza a dicembre 2018 e una regolarizzazione evanescente a Luglio 2020. Dove prima abitava chi ha perso la vita in quei furgoni, nulla è cambiato”. Solo due giorni prima dell’incidente, il 4 agosto, altri quattro braccianti avevano perso la vita in circostanze simili. È per riflettere su tutto questo che Tricarico realizzerà l’opera proprio all’ingresso della città. (A.M.M. - Avvenire)  

Foggia: aggressioni a migranti

6 Agosto 2020 - Foggia - Durante un incontro del coordinamento tecnico delle Forze di polizia a Cerignola è stata esaminata la situazione dell’ordine e della sicurezza pubblica in quel territorio, anche a seguito dell'episodio a Foggia, che ha avuto come protagonista un bracciante nigeriano in bicicletta, ferito da colpi ad aria compressa. Al termine dell’incontro è stata disposta una ulteriore intensificazione dei controlli di polizia in quel territorio e nelle località dove maggiore è la presenza di extracomunitari, si legge in una nota pubblicato sul sito del Ministero dell’Interno. Dopo il ferimento due giorni fa di Victor, giovane nigeriano di 22 anni, colpito alle gambe e alle braccia mentre all’alba andava al lavoro, altri immigrati hanno raccontato di aver subito aggressioni in questi giorni, riferisce oggi “Avvenire”. All’alba, mentre stavano andando al lavoro, o la sera tardi al ritorno dai campi o dalle fabbriche. Ieri uno dei ragazzi, Louis nigeriano di 32 anni, si è presentato in Questura per denunciare l’aggressione. Ad accompagnarlo Giusy Di Girolamo, direttrice degli uffici Migrantes e Caritas della diocesi di Foggia-Bovino. “Hanno paura, temono ritorsioni. E alcuni non hanno i documenti”, spiega la direttrice. Per questo avevano subito in silenzio, fino all’aggressione a colpi di pistola contro Victor. “Ho fatto girare sui social l’articolo di Avvenire – raccontra Khady, mediatrice culturale della Caritas – e molti sono intervenuti scrivendo ‘è successo anche a me’. Li abbiamo contattati e stiamo cercando di convincerli a denunciare”. Altre notizie arrivano dagli immigrati che vivono nel ghetto di Borgo Mezzanone e nell’ex fabbrica del latte di Foggia. Alcuni di loro, proprio dopo l’aggressione a Victor, hanno preso coraggio e sui social – scrive Avvenire - hanno raccontato di essere stati presi a sassate due e tre giorni fa all’alba, mentre stavano andando al lavoro nei campi in bicicletta.  

Mons. Pelvi: “si diventa forti coi più deboli e con le persone più fragili, più indifese”

5 Agosto 2020 - Foggia - “Mamma mi hanno sparato”. Sono state queste le parole di Victor Gbadamasi al telefono di Giusy Di Girolamo, direttrice della Migrantes della diocesi di Foggia-Bovino. “Sono subito corsa lì e l’ho portato in ospedale. Ho avvertito la Questura e sono venuti a interrogarlo”, racconta al quotidiano “Avvenire che oggi riporta la notizia dell’aggressione contro un giovane nigeriano ospite della Caritas diocesana. Victir, 22 anni, stava andando al lavoro in bicicletta. È stato affiancato da due persone a bordo di uno scooter che, senza dire una parola, gli hanno sparato con una pistola a pallini colpendolo a un braccio e alle gambe. Lavora come domestico e ieri mattina stava proprio andando dalla signora che lo ha assunto una settimana fa. “Si diventa forti coi più deboli e con le persone più fragili, più indifese. È la sottocultura della prepotenza e della violenza. Che poi anche dopo fatti così gravi fa dire 'che ho fatto di male?'”, commenta l’arcivescovo di Foggia-Bovino, mons. Vincenzo Pelvi: “sono molto preoccupato, è un continuo. Prima le pietre e ora i pallini di piombo sparati alla cieca. Pensi se lo colpivano in un occhio! È un episodio che non lascia sereni, che scuote. Richiamo la responsabilità degli adulti, in particolare dei genitori, che va risvegliata, e che, invece, è quasi agonizzante”. Il presule evidenzia anche segnali di “scarsa accoglienza, un rigetto dell’integrazione che noi invece cerchiamo di promuovere come dono che non ha prezzo”.  

Lesbo: “ristorante solidale” aperto dai volontari di Sant’Egidio

4 Agosto 2020 - Roma - Si è aperto con una grande festa per l'Aid el Adha - una cena tradizionale a base di agnello - il primo "ristorante solidale" di Sant'Egidio per i profughi che "sostano", a volte da anni, nell'isola greca. Circa 350 persone - per lo più famiglie con bambini molto piccoli provenienti dall'Afghanistan, dall'Iran, dalla Siria - hanno ricevuto il permesso di uscire dal campo profughi di Moria, dove vige un severo lockdown da alcuni mesi, per partecipare alla cena. Sant'Egidio ha ottenuto infatti che nel mese di agosto, ogni giorno una quota di almeno 300 profughi possa uscire dal campo per partecipare alle attività organizzate dai volontari della Comunità, un gruppo di persone provenienti da diversi paesi europei. È stato allestito un antico frantoio, una grande costruzione di pietra di fronte al mare, dove, oltre alle cene, si terranno anche il corso di inglese  per gli adulti e le attività di Scuola della Pace per i bambini. Tutto si svolge nel rispetto rigoroso delle norme anti-Covid, ma in un clima davvero festoso: la gratitudine visibile sul volto dei profughi - molti dei quali chiedono di aiutare e collaborano al servizio, indossando con orgoglio la pettorina azzurra con il logo di Sant'Egidio - aiuta a superare le barriere linguistiche. A Lesbos ci sono attualmente circa 15.000 profughi, molti dei quali "intrappolati" nell'isola da anni, che vivono in condizioni drammatiche nei campi formale e informale di Moria. Molte ONG hanno interrotto le attività e lasciato l'isola negli ultimi mesi, mentre si sono moltiplicati gli episodi di intolleranza e le violenze nei loro confronti.  

Card. Woelki: la diocesi di Colonia è “pronta ad accogliere i profughi della Grecia”

4 Agosto 2020 -

Colonia - Il card.  Rainer Maria Woelki, arcivescovo di Colonia, intende accogliere i rifugiati dei campi greci nella sua arcidiocesi. “Noi della diocesi di Colonia siamo pronti ad accettare le persone”, ha affermato ieri l’arcivescovo. Il porporato, come riferisce il Sir,   ha specificato che “quelle persone non stavano rinunciando alla loro patria perché assolutamente desiderosi di giungere in Germania, ma perché non potevano più starci a causa di una terribile guerra o di catastrofiche condizioni umanitarie”. La dichiarazione di Woelki giunge nei giorni in cui il primo ministro della Renania Settentrionale-Vestfalia, Armin Laschet (Cristiano-democratici), è in Grecia con il ministro per i problemi dei rifugiati e dell’immigrazione, Joachim Stamp (Liberal-democratici) per colloqui con il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis: trattano, tra gli altri argomenti, della situazione dei rifugiati, della politica migratoria europea, della protezione delle frontiere esterne e dell’eventuale sostegno dello stato federale tedesco. Oggi Laschet visiterà anche due campi profughi, tra cui Moria sull’isola greca di Lesbo. La Germania prevede di accettare 928 persone dalla Grecia entro la fine di agosto sia su iniziativa federale che dei singoli Lander, nonostante l’opposizione del ministro federale degli Interni, Horst Seehofer (Cristiano-sociali), al piano del Senato della città stato di Berlino di accogliere nella capitale 300 profughi provenienti dai campi greci.

Il card. Woelki aveva ripetutamente chiesto che fossero portati rifugiati dalle isole greche, reclusi “in miserabili campi” per mesi, e ciò doveva essere concluso, ha ripetutamente spiegato, già in occasione della Giornata mondiale del rifugiato a metà giugno.

Lampedusa: oggi l’arrivo della nave “Azzurra”

4 Agosto 2020 - Lampedusa - È arrivata questa mattina a Lampedusa la nave"Azzurra" di Gnv, sulla quale si sono già imbarcati i primi migranti che nei giorni scorsi erano giunti sull'isola. La nave, salpata ieri sera da Porto Empedocle, consentirà di alleggerire la situazione all'interno dell' hotspot di contrada Imbriacola, dove fino a poche ore fa si contavano circa novecento ospiti a fronte di una capienza ufficiale di poco meno di un centinaio. Intanto sono arrivati sulle coste di Gallipoli 84 migranti. Con loro tre bambini. Tutti sono stati soccorsi dai volontari della Croce rossa. Il veliero su cui hanno viaggiato- riferisce l'agenzia Dire -  si è incagliato tra gli scogli ed e' stato necessario l'intervento dei finanzieri per consentire lo sbarco del gruppo di cui fanno parte diversi nuclei familiari. I migranti provengono per lo più da Iran, Iraq, Somalia e Pakistan. Sono stati sottoposti a visita medica e la gran parte di loro sta bene. Solo una donna, colta da malore, è stata trasportata in ospedale per ulteriori accertamenti.

Non credete ai poveri-untori

4 Agosto 2020 - Milano - Il nesso tra immigrazione e pericolo Covid-19 sta agitando la scena politico-mediatica, oltre che le vacanze degli italiani, assumendo varie sembianze inquietanti: gli sbarchi, anzitutto, ma anche i rientri dall’estero, i focolai di infezioni nei centri di accoglienza, nonché le fughe dagli obblighi di quarantena. Spiace che non solo politici in cerca di facili consensi, ma anche analisti qualificati partecipino alla “caccia agli untori”, mediante usi spericolati dei dati e associazioni improprie tra fenomeni sociali (persone che si muovono attraverso i confini) e aspetti politici (il colore del governo in carica). L’idea che gli immigrati (poveri) portino malattie è una delle leggende nere più ricorrenti e inossidabili. Chi ha un po’ di memoria potrebbe ricordare, per limitarci agli ultimi anni, i tentativi di bloccare l’accoglienza dei profughi a causa dell’epidemia di Ebola in alcuni Paesi africani, oppure l’allarme per la presunta diffusione della Tbc tra le forze dell’ordine che presidiavano gli sbarchi. Voci infondate, eppure di grande impatto mediatico. In realtà, molte volte gli esperti della Simm, Società italiana di medicina delle migrazioni, hanno ricordato che l’immigrazione è un processo selettivo: partono i più attrezzati, anche dal punto di vista sanitario. Le famiglie non investono su persone malate, che difficilmente potranno diventare “soggetti produttivi” in grado di generare rimesse economiche da mandare in patria. È vero, invece, che l’attuale pandemia si propaga anche grazie agli spostamenti delle persone. Tutte però, non solo quelle approssimativamente definite come “migranti”. Che sono pochissime, rispetto al volume complessivo della mobilità umana attraverso i confini: secondo Eurostat (2019), a fronte di 2,4 milioni d’ingressi attribuibili a ragioni d’immigrazione, gli attraversamenti delle frontiere esterne della Ue sono stati circa 400 milioni, considerando soltanto il traffico aereo. Suona paradossale che mentre si lamenta il drastico calo degli arrivi per turismo, s’invochi una chiusura senza appello nei confronti degli sbarchi di profughi. In Italia si può entrare liberamente da Spagna, Regno Unito, Australia, nonostante l’aumento dei contagi. Si può entrare persino dagli Stati Uniti, per ragioni di lavoro o di studio. Quanto ai contagi nei centri di accoglienza, come nel caso di Casier, nel Trevigiano, una lettura appena più attenta dei fatti dovrebbe far comprendere che il virus si propaga laddove non si effettuano controlli tempestivi, non si separano le persone malate dalle altre, non si attrezzano spazi idonei per le quarantene: laddove insomma la gestione è carente. Il sovraffollamento a sua volta deriva dalla dismissione delle strutture esistenti a seguito di precise scelte politiche e dalla lentezza e confusione degli smistamenti, a cui concorre la consueta resistenza di tante amministrazioni locali. L’evocazione-invocazione dell’Esercito e il ricorso alle navi quarantena, in luogo di una gestione più razionale dei necessari controlli, non fanno che alimentare paure e chiusure. La distorsione ideologica di certe analisi si rivela però soprattutto quando si pretende di collegare l’incremento degli arrivi via mare a un “lassismo” italiano. L’accusa non regge per almeno tre motivi. Primo: la crescita è rilevante in percentuale, rispetto ai livelli minimi toccati nel 2019 (11.439), ma lontanissima dai quasi 200mila sbarchi del 2016. L’emergenza non è nei numeri, ma nella mente di chi guarda con occhio prevenuto, e nei ritardi di chi dovrebbe assicurare un’accoglienza dignitosa. Secondo: l’idea che gli arrivi dipendano dalla disponibilità ad accogliere è stretta parente di quella che ne attribuiva la responsabilità ai salvataggi in mare da parte delle Ong. Trascura le ragioni delle partenze: guerre in Medio Oriente, oppressione in Eritrea, ora collasso economico e politico in Tunisia (questo sì aggravato dal Covid-19 e dalla fuga dei turisti). Terzo: che il governo attuale possa essere tacciato di aperturismo indiscriminato è un giudizio degno di un sito sovranista. Semmai il governo attuale ha la responsabilità di non aver riformato ancora praticamente nulla delle chiusure autolesioniste e illiberali del governo precedente, decreti (in)sicurezza e denigrazione-persecuzione delle Ong in primo luogo. Andrebbe infine sommessamente ricordato che la Commissione Ue già nel mese di marzo ha raccomandato l’esenzione dal blocco degli ingressi non solo degli operatori sanitari e dell’assistenza agli anziani, ma anche delle «persone che necessitano di protezione internazionale o in viaggio per altri motivi umanitari». Che una certa politica non voglia adempiere agli obblighi di accoglienza propri di uno Stato democratico non è purtroppo una novità. Che anche qualche studioso di rango si allinei a slogan vuoti eppure pericolosi invece stupisce e inquieta. E allarma che anche leader dell’attuale maggioranza accettino di riportare il discorso pubblico al livello preferito dagli insensati retori dell’«invasione». (Maurizio Ambrosini - Avvenire)

Lesbo: al via la “Vacanza alternativa” dei volontari della Comunità di Sant’Egidio

3 Agosto 2020 - Roma - Fino alla fine di agosto oltre 150 volontari della Comunità di Sant’Egidio, provenienti da diversi Paesi europei, passeranno a turno una “vacanza alternativa” con i profughi residenti a Lesbo, "per non dimenticare e aprire la via ad un futuro diverso". Nell’isola greca sono presenti in questo momento circa 15.900 migranti, tra cui un buon numero di minori non accompagnati, tutti richiedenti asilo oppure in attesa di ricollocamento. Sono quasi il doppio rispetto ad un anno fa, in condizioni di vita precarie, aggravate dal lockdown dettato dalla pandemia. Rispondendo ad una domanda crescente di cibo, i volontari apriranno due “ristoranti solidali” da campo, ma terranno anche corsi di inglese per i profughi e faranno attività di animazione con i numerosi bambini e giovani giunti nell'isola. La loro presenza, durante il mese di agosto, avrà l’obiettivo di mantenere viva la speranza di gente che è fuggita da guerre o da condizioni di vita insostenibili nei loro paesi di origine e che ora si trova in una sorta di “limbo”, qui in Europa, "in attesa di un futuro diverso".

Corte costituzionale: “illegittima” l’esclusione dall’iscrizione anagrafica

3 Agosto 2020 - Roma - Escludere i richiedenti asilo dall’iscrizione anagrafica, “invece di aumentare il livello di sicurezza pubblica, finisce col limitare le capacità di controllo e di monitoraggio dell’autorità pubblica su persone che soggiornano regolarmente nel territorio statale, anche per lungo tempo, in attesa della decisione sulla loro richiesta di asilo. Inoltre, negare l’iscrizione all’anagrafe a chi dimora abitualmente in Italia significa trattare in modo differenziato e indubbiamente peggiorativo, senza una ragionevole giustificazione, una particolare categoria di stranieri”. Per questo motivo la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 13 del primo “Decreto Sicurezza”, n. 113/2018. La Consulta spiega che “la previsione viola l’articolo 3 della Costituzione sotto due distinti profili”. In primo luogo, “è viziata da irrazionalità intrinseca, in quanto, rendendo problematica la stessa individuazione degli stranieri esclusi dalla registrazione, è incoerente con le finalità del decreto, che mira ad aumentare il livello di sicurezza”. In secondo luogo, “riserva agli stranieri richiedenti asilo un trattamento irragionevolmente differenziato rispetto ad altre categorie di stranieri legalmente soggiornanti nel territorio statale, oltre che ai cittadini italiani”. Secondo la Corte costituzionale, “per la sua portata e per le conseguenze che comporta anche in termini di stigma sociale - di cui è espressione, non solo simbolica, l’impossibilità per i richiedenti asilo di ottenere la carta d’identità - la violazione del principio di uguaglianza enunciato all’articolo 3 della Costituzione assume in questo caso anche la specifica valenza di lesione della ‘pari dignità sociale’”. In conseguenza dell’incostituzionalità della norma sul divieto dell’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo, sono state dichiarate incostituzionali anche le restanti disposizioni dell’articolo 13 del primo “Decreto Sicurezza”, che prevedevano, tra l’altro, che il permesso di soggiorno costituisse documento di riconoscimento in luogo della carta d’identità, e che l’accesso ai servizi erogati ai richiedenti asilo fosse assicurato nel luogo di domicilio, anziché in quello di residenza.

Ministero del Lavoro: a inizio 2019 in Italia 3.717.406 cittadini non comunitari regolari

31 Luglio 2020 - Roma - Il Ministero del Lavoro pubblica oggi dati sulla presenza dei migranti nelle città metropolitane, curati dalla Direzione Generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione con ANPAL Servizi S.p.A, aggiornati al 1° gennaio 2019. Si tratta di nove approfondimenti su altrettante città e una sintesi comparativa dedicata alle 14 città metropolitane d'Italia. La distribuzione sul territorio nazionale dei 3.717.406 cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti mostra che Milano e Roma sono le Città metropolitane che accolgono il maggior numero di regolarmente soggiornanti in Italia (rispettivamente il 12,3% e il 9,4%). Seguono Torino, Firenze, Napoli e Bologna con percentuali tra il 3% ed il 2,2%, mentre nelle altre Città metropolitane si trova meno del 2% dei cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti al 1° gennaio 2019. Milano risulta prima anche per incidenza, tra i residenti, dei cittadini non comunitari: su 100 persone iscritte in anagrafe, 12 provengono da un Paese non UE. Seguono Firenze (10,1%), Bologna (8,6%) e Roma e Genova (7,4%). Catania, Palermo e Bari fanno rilevare la minore incidenza. Rispetto ai processi di stabilizzazione delle presenze, la quota di lungosoggiornanti sul totale dei cittadini migranti regolarmente presenti è massima a Venezia (74,9%), Genova (65,4%) e Firenze(62,3%), risultando nelle altre Città metropolitane inferiore alla media nazionale (62,3%). In relazione alle acquisizioni di cittadinanza le Città che accolgono un maggior numero di neocittadini italiani sono invece Milano, Roma e Torino, con rispettivamente 7.630, 5.588 e 3.770 acquisizioni. Tra i cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti si rileva un equilibrio di genere quasi perfetto (uomini 51,7%, donne 48,3%), ma in alcune Città metropolitane, in particolare in quelle del Sud e delle Isole, la composizione di genere della popolazione migrante appare meno equilibrata. L'incidenza dei minori, pari al 21,8% dei regolarmente soggiornanti al livello nazionale, è massima a Venezia, Milano, Torino e Bologna (rispettivamente 23%, 22,6%, 22% e 21,9%), mentre risulta minima a Napoli, Cagliari, Roma e Reggio Calabria (rispettivamente 14,1%, 15,3%, 16,1% e 17,3%). La quota di occupati – rilevano i dati - sulla popolazione non comunitaria oscilla da un minimo del 48,5% rilevato a Bari, ad un massimo di 69,8% dell'area metropolitana di Milano. In relazione al tasso di disoccupazione, che nel 2019 si attesta a 13,9% per i non comunitari, si rilevano valori minimi a Milano e Bologna (9%) e massimi a Bari (23,1%); infine, relativamente al tasso di inattività, i valori più bassi si registrano a Firenze (22,2%) mentre il più elevato a Bari (37%). Roma, Milano e Napoli sono le Città metropolitane che ospitano il maggiore numero di imprese individuali a titolarità non comunitaria (rispettivamente 38.329, 33.545 e 20.565), mentre Milano, Firenze e Roma sono quelle in cui si registra la maggiore incidenza di cittadini non comunitari tra i titolari di imprese individuali. Per quanto riguarda le rimesse, Roma, Milano e Napoli sono le prime Città metropolitane per importi inviati all'estero, con rispettivamente 663, 640 e 228 milioni di euro inviati nel 2018, mentre in coda alla classifica si posizionano Città delle Isole (Cagliari e Messina) e del Sud (Reggio Calabria).  

Migrantes Cerreto-Telese-Sant’Agata de’ Goti: un vademecum informativo sulle procedure per la regolarizzazione

31 Luglio 2020 - Cerreto Sannita - Un vademecum informativo sulle procedure da seguire per la regolarizzazione (sanatoria) da mettere a disposizione delle comunità straniere presenti sul territorio. L’iniziativa è del Tavolo in Cammino promosso nella diocesi di Cerreto Sannita - Telese - Sant’Agata de’Goti alla quale aderiscono vari uffici – tra questo l’ufficio Migrantes - e associazioni diocesane. Il vademecum è in tre lingue - italiano, inglese e francese – contiene una serie di informazioni utili per la compilazione delle domande che vano inoltrate attraverso l'attuale datore di lavoro in forma on-line oppure autonomamente alle Poste Italiane (Sportello Amico) se si è già lavorato prima del 31 ottobre 2019. La scadenza per presentare la domanda, per gli stranieri con scadenza del permesso di soggiorno, è per il prossimo sabato 15 agosto.

R.Iaria

Migrantes Ugento-Santa Maria di Leuca: una giornata diocesana per i migranti a Felloniche

30 Luglio 2020 -    Ugento – Papa Francesco, a sette anni dalla sua visita a Lampedusa, ha celebrato la Santa Messa in memoria dei migranti defunti in mare. Purtroppo non solo Lampedusa ma anche la nostra costa salentina e quindi anche la nostra bella Leuca è continuo teatro di numerosi sbarchi di fratelli e sorelle in cerca di rifugio e accoglienza e, costa molto dirlo, anche nel nostro mare si sono verificati eventi luttuosi. Per questo principale motivo, questo nostro ufficio diocesano, già da qualche anno, ha pensato di proporre una giornata di riflessione durante l’estate per ritornare sul luogo in cui qualche anno fa veniva rinvenuto il corpo senza vita di una donna: il lungomare di Felloniche, che diventa pertanto, un luogo simbolo capace di spronarci ad una sempre più attenta riflessione per un impegno comunitario a servizio dei nostri fratelli in difficoltà e perché non avvenga più ciò che tristemente ricordiamo. Il nostro vescovo ha sempre dimostrato particolare sensibilità ed interesse per questa problematica che ci vede impegnati come Chiesa accanto alle autorità e istituzioni civili, nel promuovere una cultura dell’accoglienza e del sostegno concreto a favore dei richiedenti asilo. Questo impegno ci viene dal Vangelo stesso della carità e dalla nostra vocazione di “Chiesa di frontiera”, chiamata ad essere ponte e varco di speranza, faro di accoglienza e segno di corresponsabilità. Anche quest’anno, dunque, nonostante la difficile situazione che viviamo a causa della pandemia, abbiamo voluto vivere questa giornata diocesana per i migranti e abbiamo a Felloniche, con la Celebrazione Eucaristica presieduta dal vescovo e con alcuni significativi spunti di riflessione. Questa iniziativa ha visto la collaborazione di due uffici diocesani: migrantes e caritas, perciò, approfitto per ringraziare il caro don Lucio Ciardo per il continuo e proficuo impegno in ognuna delle numerose iniziative caritative che propone alla sensibilità della Chiesa diocesana.

don Fabrizio Gallo

Direttore Migrantes diocesano

Il magistero di Papa Francesco contro la tratta di esseri umani

30 Luglio 2020 - Città del Vaticano - «Un’attività ignobile, una vergogna per le nostre società che si dicono civilizzate». Sin dall’inizio del pontificato Francesco ha denunciato con forza la piaga della tratta di esseri umani, definendola «la schiavitù più estesa in questo ventunesimo secolo» e facendone uno dei temi ricorrenti del suo magistero. Un’attenzione costante, che vale la pena rimarcare in occasione della Giornata mondiale di oggi, 30 luglio, indetta dall’Onu proprio nel 2013 — l’anno dell’elezione di Bergoglio al soglio di Pietro — con l’obiettivo di sensibilizzare la comunità internazionale sulla situazione e sui diritti delle vittime di questo vero e proprio «delitto contro l’umanità», che — sono ancora parole sue — «riguarda ogni Paese, anche i più sviluppati, e tocca le persone più vulnerabili: donne e ragazze, bambini e bambine, disabili, poveri, chi proviene da situazioni di disgregazione familiare e sociale». Il Papa venuto «dall’altra parte del mondo» ha sempre avuto a cuore il destino di quanti cadono nelle maglie di questo turpe commercio che, insieme a quello delle armi e della droga, costituisce una delle attività più redditizie per la criminalità organizzata. Lo testimonia in modo inequivocabile la sua biografia argentina di prete e poi di vescovo nella capitale Buenos Aires. A raccontarlo a «L’Osservatore Romano» pochi giorni dopo il conclave furono il cartonero Sergio Sánchez — in prima fila, accanto ai potenti della terra, tra gli invitati d’onore alla messa per l’inizio del suo ministero petrino — e don Gonzalo Aemilius, il prete uruguayano (oggi suo segretario particolare) salutato dal nuovo vescovo di Roma al termine della sua prima celebrazione domenicale nella parrocchia di Sant’Anna in Vaticano: Sánchez rimarcò che Bergoglio si era sempre schierato al fianco dei lavoratori «contro la tratta degli esseri umani usati come macchine da produzione», il secondo rievocò le grandi battaglie sostenute da cardinale contro la «schiavitù in tutte le subdole forme nelle quali si mostra». A suggellare questa originaria «vocazione» di servizio verso gli esclusi, il primo Papa latinoamericano della storia non ha mai più smesso di richiamare la Chiesa — continuando a incalzare anche gli altri leader religiosi, i governanti e la comunità internazionale — a iscrivere il tema tra le priorità della propria agenda pastorale. In un appunto autografo in spagnolo, inviato nell’agosto 2013 al cancelliere delle Pontificie accademie delle Scienze e delle Scienze sociali, il vescovo suo connazionale Marcelo Sánchez Sorondo, chiedeva esplicitamente: «Credo che sarebbe bene occuparsi di tratta delle persone e schiavitù moderna». Da allora non c’è stata occasione in cui Francesco non sia ritornato su quello che ebbe a definire un crimine di «lesa umanità», attraverso ripetuti appelli contenuti in discorsi, omelie e documenti, e con iniziative concrete: per esempio con la creazione nel 2014 del Gruppo Santa Marta — un’alleanza globale di capi delle polizie, vescovi e comunità religiose — e l’istituzione della Giornata mondiale di preghiera e riflessione che si celebra ogni anno l’8 febbraio, nel ricordo di santa Giuseppina Bakhita, la suora originaria del Sudan che da bambina fece la drammatica esperienza di essere venduta come schiava. Del resto, non va dimenticato che, sebbene tale fenomeno venga solitamente identificato in maniera riduttiva con gli interessi che ruotano intorno al mercato dello prostituzione, esso include anche le adozioni illegali, la vendita di organi e tutti quei lavori umilianti o illegali nelle fabbriche, nelle aziende agricole, nelle strutture turistiche, a bordo di imbarcazioni, o nelle case private, finendo col coinvolgere almeno 40 milioni di nuovi «vulnerabili». E l’emergenza sanitaria provocata dal covid-19 ne sta esasperando ulteriormente in tempo di pandemia gli aspetti più dolorosi, come denunciato proprio in queste ore da Caritas internationalis. Allo sterminato “esercito” di invisibili, inghiottito nelle maglie di una rete di sfruttamento che trova complicità nel cinismo e nell’indifferenza, si rivolge la sollecitudine di Papa Francesco, soprattutto attraverso il linguaggio dei gesti che nel suo magistero ha un valore del tutto peculiare. E così in tanti non hanno dimenticato il 12 agosto 2016, quando Bergoglio si è recato in una struttura romana della «Comunità Papa Giovanni XXIII» fondata da don Oreste Benzi, per incontrare 20 donne liberate dal racket della prostituzione; o, per fare un esempio più vicino nel tempo, la sua scelta di visitare la Thailandia (a oggi l’ultimo suo viaggio internazionale, che nel novembre 2019 fece tappa anche in Giappone) per farsi vicino — come disse durante la messa celebrata a Bangkok — a tutti i bambini, le bambine e le donne «esposti alla prostituzione e alla tratta, sfigurati nella loro dignità più autentica». Nella consapevolezza che occorre un grande lavoro per innalzare il livello di attenzione dell’opinione pubblica su questa realtà, per squarciare il velo dei silenzi complici, dando voce a ogni singola vittima, affinché nessuno si lasci rubare la speranza di liberazione e di riscatto (Gianluca Biccini - Osservatore Romano)

Ministero del lavoro e UNIONCAMERE: al via il progetto “Futurae” per l’imprenditoria migrante

30 Luglio 2020 -
Roma - Formare, accompagnare nei primi passi e conoscere meglio l’imprenditoria migrante, volano di autonomia, occupazione, sviluppo dei territori e internazionalizzazione. Sono questi gli obiettivi di “Futurae”, il progetto nato dalla collaborazione tra il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e Unioncamere, finanziato dal Fondo nazionale per le politiche migratorie. Come spiega una nota del ministero, con “Futurae” prende il via in questi giorni un programma di formazione e affiancamento presso una serie di Camere di Commercio attive in 18 province italiane: Biella-Vercelli, Torino, Como-Lecco, Milano Monza e Brianza, Pavia, Padova, Venezia-Rovigo, Verona, Modena, Reggio Emilia , Roma, Caserta, Bari e Cosenza. “Rivolgendosi a un’ampia platea di aspiranti imprenditori composta da migranti, seconde generazioni e cittadini dell’Unione europea, le Camere di Commercio – viene spiegato – li inseriranno in percorsi di orientamento e di valutazione della propensione imprenditoriale, al termine dei quali una parte di loro accederà a iniziative di accrescimento delle competenze tecniche, organizzative, commerciali e normative rispetto al contesto economico-imprenditoriale italiano”. “Dopo essere stati così formati, gli aspiranti imprenditori – prosegue la nota – saranno affiancati nello sviluppo dei business plan, nell’individuazione di canali di finanziamento e nell’accesso al credito. Infine, verranno selezionati e accompagnati allo startup i progetti più sostenibili, per creare nuove aziende a titolarità migrante o mista”. Secondo gli ultimi dati elaborati da Unioncamere-InfoCamere sulla base dei registri delle Camere di Commercio, le imprese migranti sono oltre 621mila, il 10% delle imprese registrate in Italia, concentrate prevalentemente nel commercio all’ingrosso e al dettaglio (oltre 210mila imprese), nelle costruzioni (quasi 142mila) e nei servizi di alloggio e ristorazione (circa 52mila).