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Naufragio: sette morti di fronte a Lanzarote

26 Novembre 2020 - Milano - Almeno sette persone morte dopo che una barca che trasportava più di 30 migranti ha colpito le rocce e si è ribaltata. Il naufragio è avvenuto lungo la costa dell’isola delle Canarie di Lanzarote. La barca è stata una delle 12 intercettate nelle acque delle isole durante la notte, hanno riferito i servizi di emergenza. Circa 300 persone sono state salvate sulle altre barche, ma una è morta in seguito. La barca schiantatasi a Lanzarote ha colpito un molo e si è ribaltata nella zona di Orzola, a nord dell’isola. Le immagini video hanno mostrato i soccorritori che tiravano fuori dall’acqua al buio giovani uomini in maglietta, e altri migranti seduti sugli scogli. Sono in tutto sette i corpi recuperati durante la notte e le operazioni di ricerca. Il naufragio è avvenuto martedì sera. I soccorritori sono riusciti a mettere in salvo in tutto 28 persone. Stando alle prime informazioni raccolte dai soccorritori, le persone che si trovavano sull’imbarcazione che si è poi capovolta provenivano principalmente dal Maghreb. I residenti della zona dove la barca si è arenata e si è ribaltata sono subito usciti per cercare di dare una mano ai soccorsi. Alcuni buttandosi addirittura in mare per cercare di salvare i migranti in pericolo di vita. Tutte le 12 barche intercettate martedì notte trasportavano migranti provenienti dai Paesi dell’Africa nordoccidentale. Le imbarcazioni (spesso solo carrette del mare, molto pericolose e stracariche) erano salpate dal Marocco diversi giorni fa. Le persone soccorse sono state portate al al centro di accoglienza di Arguineguin, sulla costa sudoccidentale dell’isola di Gran Canaria, dove al momento sono collocate diverse migliaia di persone di nazionalità diverse. Molte delle quali vivono in tenda. La Spagna ha annunciato di voler ampliare il centro, con più postazioni, per accogliere le persone che approdano sulle coste spagnole. Più di 18mila persone in fuga dalla povertà e dalla violenza hanno raggiunto le coste nelle isole Canarie quest’anno, con un aumento del 1.000% rispetto allo stesso periodo di un anno fa. Più di 500 sono morte. Circa la metà degli arrivi e la maggior parte dei decessi sono avvenuti negli ultimi 30 giorni, picco che ha messo a dura prova le risorse dell’arcipelago. (Ilaria Solaini - Avvenire)

Migranti in Trentino: ogni euro speso “raddoppia” il suo valore

25 Novembre 2020 - Trento - Il Trentino sta rinunciando a quanto costruito negli ultimi dieci anni in tema di accoglienza, compreso l’effetto “moltiplicatore” di ogni euro speso per i migranti. È quanto emerso dalla ricerca commissionata ad Euricse dalla rete di organizzazioni Cooperativa sociale Arcobaleno, Centro Astalli, Atas, Cgil e Kaleidoscopio e pubblicata nella collana “Quaderni” da Fondazione Migrantes. Il volume – che indaga l’impatto del sistema di accoglienza trentino da un punto di vista sociale ed economico e valuta i cambiamenti introdotti dal Decreto “Sicurezza e immigrazione” del 2018 - è stato presentato ieri in un evento online alla presenza dei curatori Paolo Boccagni e Serena Piovesan (Università di Trento), Giulia Galera (Euricse), Leila Giannetto (FIERI, Torino). Il volume riporta i risultati di una ricerca commissionata ad Euricse da una rete di enti trentini composta da Cooperativa sociale Arcobaleno, Centro Astalli Trento, Atas del Trentino, Cgil del Trentino e Kaleidoscopio. Lo studio - curato da Paolo Boccagni e Serena Piovesan (Università di Trento), Giulia Galera (Euricse) e Leila Giannetto (FIERI, Torino) - indaga l’impatto del sistema di accoglienza trentino da un punto di vista socio-economico alla luce dei cambiamenti introdotti dal Decreto “Sicurezza e immigrazione” (D.L. 113/2018). La ricerca è basata sui dati messi a disposizione dal Cinformi e dal Servizio statistico della Provincia, su due focus group e 27 interviste con stakeholder della pubblica amministrazione ed enti del terzo settore. “Minori sono le risorse e competenze che riusciamo a dedicare alle persone più fragili e maggiori saranno le risorse che dovremmo investire in assistenza e in spese sanitarie, finendo spesso col mantenere le persone in uno stato di dipendenza e marginalità che fa male ai diretti interessati ma anche alle comunità nel suo complesso”, ha sottolineato Mariacristina Molfetta di Fondazione Migrantes. “Il volume lo illustra con chiarezza – ha aggiunto - e noi speriamo che una maggiore consapevolezza in questo senso aiuti ogni territorio a riorientare le scelte politiche e organizzative senza esitazioni, ritornando ad una concezione delle politiche sociali come motore e anima del bene comune”. Nella prima parte della ricerca emerge come in Trentino, fino all’entrata in vigore del Decreto Sicurezza e Immigrazione del 2018, esistesse un sistema di accoglienza centralizzato e ben funzionante, basato sul coordinamento di circa 20 enti gestori, in particolare organizzazioni del Terzo settore, da parte di Cinformi. Il numero di territori comunali interessati dall'accoglienza straordinaria è andato ampliandosi negli anni: 42 comuni nel 2016, 65 nel 2017, 69 a fine 2018. Due terzi del totale dei richiedenti asilo sono però sempre stati ospitati a Trento e Rovereto. Il 2018 ha visto un cambio di tendenza per il numero di richieste di asilo in Trentino, come nel resto d’Italia, con la conseguente riduzione di persone accolte e una diminuzione delle strutture ospitanti (84 strutture nel 2019 contro le 170 dell’anno precedente). I principali cambiamenti introdotti dal D.L. 113/2018 riguardano la cancellazione del permesso di protezione umanitaria, la trasformazione del Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) in Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI) e la cancellazione dei servizi di integrazione per i richiedenti asilo, cambiamenti accompagnati da un sostanziale taglio delle risorse dedicate all’accoglienza. L’analisi qualitativa, basata su 27 interviste e due focus group dedicati agli aspetti cruciali dell’abitare e del lavoro, porta in primo piano il punto di vista delle realtà direttamente e indirettamente coinvolte nella fornitura di servizi a richiedenti asilo e rifugiati, per quanto concerne l’accesso ai servizi di welfare locale, il mercato del lavoro, la coesione sociale e l’impatto territoriale.  “Dalle interviste emerge che il Trentino sta rinunciando con considerevole superficialità a quanto costruito negli ultimi dieci anni facendo assegnamento sulla forte vocazione comunitaria e solidale del territorio e sulla capacità di innovare”, è la tesi sostenuta dal team di ricercatori. “Le recenti scelte politiche in materia di accoglienza sono dettate da una visione di brevissimo periodo”, aggiungono. “A medio e lungo termine questo approccio rischia di giungere a risultati opposti, penalizzando fortemente gli stessi territori ospitanti e i servizi territoriali a causa della crescente marginalità sociale e dei costi indiretti più alti che ne derivano per le istituzioni”. Secondo i risultati dell’analisi di impatto realizzata da Eddi Fontanari con riferimento al 2016 – ovvero al massimo delle presenze – la spesa pubblica per l’accoglienza dei migranti ha contribuito a generare lo 0,03% del valore della produzione dell'economia trentina, con un'attivazione di oltre 9 milioni di euro distribuiti in particolare tra commercio, alloggio e ristorazione, sanità e assistenza sociale, oltre a trasporto e prestazioni professionali. Guardando inoltre alle ulteriori ricadute sulle attività produttive in termini di beni e servizi intermedi e di consumi finali indotti, lo studio evidenzia che ogni euro speso per l’accoglienza ha generato complessivamente nel sistema economico trentino quasi due euro di valore della produzione (1,96), portando il totale da 9,4 a 18,5 milioni di euro nel 2016. Nel capitolo dedicato alle conseguenze economiche della mancata accoglienza, curato da Sara Depedri, emerge che, a fronte di un risparmio di spesa, i potenziali costi diretti e indiretti generati dalla riduzione dei servizi di accoglienza, orientamento al lavoro e integrazione rischiano di superare significativamente i benefici.  Basti pensare al mancato prelievo fiscale legato al calo delle assunzioni di richiedenti asilo, all’aumento di costi a carico delle strutture di accoglienza a bassa soglia e di quelli per la fornitura di generi di prima necessità, al rischio di aumento delle fragilità socio-sanitarie alle quali i servizi territoriali devono rispondere, tra i quali gli accessi impropri al pronto soccorso. Senza contare i licenziamenti di operatori altamente qualificati, spesso giovani laureati trentini, con una conseguente dispersione delle competenze acquisite.    

Don La Magra: la morte del piccolo Joseph “non è come le altre”

13 Novembre 2020 - Lampedusa - “Per me, la morte di questo piccolo non è come le altre”. Don Carmelo La Magra, parroco di Lampedusa racconta così, con la voce rotta dalla commozione, il dramma della morte del piccolo Joseph, il bimbo di appena sei mesi che veniva dalla Guinea. Tra i morti del naufragio dell’11 novembre nel Mediterraneo centrale, insieme a centinaia di corpi in mare, c’è anche lui che viaggiava con la sua mamma, sopravvissuta. “La sua morte di questo piccolo e il grido disperato della sua giovane mamma rappresentano un macigno sulla nostra cultura occidentale – dice – ma se tutto si fermerà alla commozione di questi giorni avremo fallito un’altra volta”. Don Carmelo, come sta, come vanno le cose sull’isola? Bene, compatibilmente con quanto successo e quanto sta succedendo, sto bene! Stiamo un po’ come sempre. Non è una novità per l’isola affrontare eventi di questo tipo e di questa portata. Detto questo viviamo una tristezza immensa per i tanti morti, per le tante persone che muoiono nel tentativo di raggiungere le nostre coste. E comunque, a parte questo, l’accoglienza continua come sempre. Parliamo del piccolo Joseph, sei mesi, deceduto in mare. Anzitutto come sta la mamma? La mamma fisicamente sta bene, ma psicologicamente è devastata, distrutta perché sa che perso il suo piccolo, sa che ha perso tutto. Per ora è ospite dell’Hot Spot in attesa di essere trasferita come gli altri. Volutamente non l’abbiamo ancora incontrata. Abbiamo preferito lasciarla il più possibile tranquilla e in pace seguita da medici e psicologi. Sicuramente sarà con noi quando ci riuniremo per la sepoltura del piccolo. Quando avverrà e dove sarà sepolto? Aspettiamo che l’iter burocratico sia completato. Poi procederemo alla sepoltura che avverrà qui, nel nostro cimitero, che di migranti, spesso senza nome, ne ospita già tanti. Cosa c’è di nuovo, se c’è qualcosa di nuovo, nella morte di questo bimbo Non faccio assolutamente nessuna disparità, ma la morte di questo piccolo per me non è come le altre. Questo bambino era nato in Libia e come tanti suoi coetanei in diverse parti del mondo, non ha conosciuto la libertà, la pace. In altre parole non ha mai fatto il bambino, cioè non ha mai avuto la possibilità di vivere in un Paese dove i diritti dei più piccoli sono garantiti e sacri. E forse, in un certo senso, questi diritti non siamo riuscirti garantirli neanche noi, vittime come siamo, della nostra incapacità di capire che i flussi migratori, quando nascono dalla fame e dalla povertà sono inarrestabili. Chi scappa da guerra e persecuzioni non si fermerà di fronte all’ignoto e alle difficoltà. Ecco, credo che garantire vie sicure di arrivo come i corridoi umanitari, avrebbe salvato questo bambino. La sua morte è un macigno sulla nostra cultura occidentale, democratica e cristiana. Il grido della mamma ha fatto il giro del mondo. Quel grido è un peso grande. Ricordo che papa Francesco, quando venne a Lampedusa, volle leggere il Vangelo della strage degli innocenti dove si ricorda che: “Rachele piange i suoi figli che non ci sono più”. Ecco questa donna incarna Rachele. Il suo grido è il grido di ogni mamma che perde il figlio e con lui qualsiasi speranza nel futuro. Questa mamma è giovanissima ma è come se fosse morta anche lei col suo piccolo che rappresentava la sua speranza, il suo futuro che iniziava a crescere. Il grido di questa giovane donna pesa sulle nostre coscienze, ma se tutto si fermerà alla commozione di questi giorni avremo fallito un’altra volta. Quel grido deve tradursi in scelte concrete nel fare il bene dei poveri e degli emarginati, come ci ricorda continuamente il Papa. Dalla sua visita a Lampedusa papa Francesco è sempre vicino a voi tutti, alla vostra comunità. Sappiamo che il Papa ci è sempre vicino e sappiamo per certo che possiamo contare sulla sua preghiera e sulla sua vicinanza. La sua è una delle poche voci che in questo momento ci danno il coraggio e la speranza per andare avanti. (Amerigo Vecchiarelli - Sir)

Alarm Phone: una nave con 70 persone a bordo a largo di Lampedusa

13 Novembre 2020 - Roma - Un allarme dopo l’altro di imbarcazioni cariche di migranti che affrontano le insidie del Mediterraneo in cerca di fuga dalla Libia. L’ultimo avvistamento a largo delle coste di Lampedusa è dato, attraverso Twitter, da Alarm Phone. “Dopo diverse ore senza contatti con la barca con 70 persone a bordo, abbiamo ripreso contatto stamattina. Ora sono vicini a Lampedusa”, spiega Alarm Phone, precisando che “le autorità italiane sono avvisate”. Questo aggiornamento segue il tweet di ieri sera, con il quale Alarm Phone avvisava di aver avvistato l’imbarcazione con 70 persone a bordo, tra cui anche tre bambini. E solo ieri l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) denunciava: “Un devastante naufragio ha causato la morte di almeno 74 migranti” ieri, 12 novembre, “al largo di Khums, in Libia. Si tratta dell’ultima di una serie di tragedie che hanno coinvolto almeno altri otto naufragi nel Mediterraneo centrale dal primo ottobre”. L’imbarcazione, secondo l’Oim, “trasportava oltre 120 persone, tra cui donne e bambini. Quarantasette sopravvissuti sono stati portati a riva dalla Guardia Costiera libica e da pescatori, 31 corpi sono stati recuperati. Proseguono le ricerche delle vittime”. Altre 19 persone sono morte negli ultimi due giorni: tra le vittime anche due bambini annegati dopo che le due barche sui cui si trovavano si sono rovesciate. La nave Open Arms – l’unica nave di una ong attualmente attiva nel Mediterraneo centrale – ha salvato più di 200 persone in tre operazioni”. “La perdita di vite umane nel Mediterraneo è una manifestazione dell’incapacità degli Stati di intraprendere un’azione decisiva per dispiegare un sistema di ricerca e soccorso quanto mai necessario in quella che è la rotta più mortale del mondo”, ha detto Federico Soda, capo missione dell’Oim Libia. “Da tempo chiediamo un cambiamento nell’approccio, evidentemente impraticabile, seguito nei confronti della Libia e del Mediterraneo – ha aggiunto -. Non dovrebbero essere più riportate persone a Tripoli e si dovrebbe dar vita al più presto a un meccanismo di sbarco chiaro e prevedibile, a cui possano far seguito delle azioni di solidarietà degli altri Stati. Migliaia di persone vulnerabili continuano a pagare il prezzo dell’inazione, sia in mare sia sulla terraferma”. Intanto, sta facendo il giro del mondo il video, diffuso ieri dalla ong Open Arms con il grido disperato della madre del bimbo morto nel naufragio dell’11 novembre. La donna che si dispera a bordo del gommone, urlando: “I loose my baby”, “Where is my baby?” (“Ho perso mio figlio”, “Dov’è mio figlio?”), è il grido disperato della madre del piccolo. “Abbiamo riflettuto se fosse il caso di mostrare il grido del naufragio, il dolore e la disperazione – ha spiegato su Twitter la ong spagnola -. Abbiamo deciso di rendere pubblico quello che accade in quel tratto di mare perché i nostri occhi non siano i soli a vedere e perché si ponga fine a tutto questo subito. (Sir) ​  

La salma di Joseph è a Lampedusa

13 Novembre 2020 -

Milano  - Un grido di dolore: « I’ve lost my baby », «Ho perso mio figlio» che arriva potente dal gommone della Open Arms: è la madre di Joseph, il bimbo di 6 mesi che ha perso la vita nel naufragio di mercoledì. E quelle sue grida strazianti per una volta non sono rimbombate soltanto nelle orecchie dei soccorritori esausti, ma hanno potuto fare il giro del mondo, grazie a un video-denuncia della Ong spagnola (pubblicato sul sito di Avvenire, ndr). A quelle urla disperate si sommano quelle dei familiari di almeno altre 90 persone che sono annegate, ieri, in mare al largo della Libia. Un’altra tragedia confermata dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), per la quale i numeri delle vittime e dei dispersi in mare sono ancora incerti. Eppoi c’è la voce del Papa che continua a smuovere milioni di coscienze: «I miei pensieri vanno specialmente ai tanti uomini, donne e bambini che si rivolgono al JRS (il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, ndr) per cercare rifugio e assistenza, sappiano che il Papa è vicino a loro e alle loro famiglie e che li ricorda nelle sue preghiere » così si è espresso Francesco in una lettera che è stata recapitata tra gli altri anche al romano Centro Astalli in occasione del 40° anniversario dalla fondazione del JRS da parte del servo di Dio Pedro Arrupe. «Oggigiorno troppe persone nel mondo sono costrette ad aggrapparsi a barconi e gommoni nel tentativo di cercare rifugio dai virus dell’ingiustizia, della violenza e della guerra».

«Strage senza fine nel Mediterraneo» ha sintetizzato il quotidiano della Santa Sede, l’Osservatore Romano facendo proprio il nuovo grido di dolore del Papa per il dramma dei migranti. «Parole – annota il quotidiano d’Oltretevere – che assumono un significato particolare alla luce delle ultime notizie che arrivano dal Mediterraneo, che riportano l’ennesimo, tragico naufragio che ha causato la morte di sei migranti, tra cui una bimba di sei mesi». In realtà, un bimbo, come si è saputo soltanto mercoledì a tarda notte, Joseph, era il suo nome e si trovava con le altre persone migranti sul gommone affondato, non lontano da Sabrata, dal quale i soccorritori di Open Arms hanno tratto in salvo 111 persone. Nella notte tra mercoledì e giovedì altre 65 persone sono state soccorse dalla nave della Ong spagnola, che al momento è l’unica imbarcazione umanitaria attiva nel Mediterraneo centrale. Nel contempo la salma di Joseph, il bimbo di 6 mesi, originario della Guinea, è stata portata a Lampedusa all’obitorio dell’isola da un velivolo della Guardia costiera italiana che ha effettuato un’evacuazione medica urgente per altre due donne, una delle quali in gravidanza, che si trovavano a bordo della nave della Ong Open Arms. Altre tre persone del gruppo di naufraghi salvati dalla stessa Ong che avevano urgente bisogno di ricovero, dopo uno scalo tecnico dell’aereo che ha dovuto effettuare rifornimento di carburante, sono stati trasferiti a Malta. La nave umanitaria con a bordo oltre 200 persone (e cinque corpi senza vita) sta facendo rotta su Trapani.

Considerando gli Sos rilanciati dagli attivisti di Alarm Phone e rimasti senza risposta, non è un caso che le stragi in mare si susseguano; secondo le stime dell’Oim, solo nel 2020 sono almeno 900 i migranti annegati nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere le coste europee, in alcuni casi anche a causa di ritardi nei soccorsi. Mentre 11mila altri migranti sono stati riportati in Libia, in un Paese dove rischiano di subire violazioni dei diritti umani, detenzione, abusi, tratta e sfruttamento, come documentato dalle Nazioni Unite e da numerosi reportage giornalistici.

Di «ennesima tragedia che si consuma a pochi chilometri dalle nostre coste nell’indifferenza generale» ha parlato anche don Gianni De Robertis, direttore generale della Fondazione Migrantes dopo il naufragio di mercoledì. De Robertis ha espresso tutto il dolore della Fondazione Migrantes per queste «morti innocenti».

A una settimana dalla Giornata Mondiale dell’Infanzia, che celebra la ratifica della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza da parte di quasi tutti i paesi del mondo, anche l’Unicef ha ribadito «la necessità di garantire il diritto alla protezione e alla vita di ogni bambina e bambino senza alcune distinzioni e in qualsiasi luogo essi si trovino. Non vogliamo più essere testimoni delle morti di bambine e bambini in mare». (Ilaria Solaini - Avvenire)

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Viminale: da inizio anno sbarcate 30.978 migranti sulle coste italiane

12 Novembre 2020 -

Roma - Sono  30.978 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane da inizio anno. Il dato è stato diffuso dal ministero degli Interni, aggiornato alle 8 di questa mattina e pubblicato sul sito del Viminale. 

Dei quasi 31mila migranti sbarcati in Italia nel 2020, 12.385 sono di nazionalità tunisina (40%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Bangladesh (3.710, 12%), Costa d’Avorio (1.386, 5%), Algeria (1.345, 4%), Pakistan (1.345, 4%), Egitto (1.062, 3%), Sudan (978, 3%), Marocco (957, 3%), Afghanistan (794, 3%), Somalia (768, 3%) a cui si aggiungono 6.248 persone (20%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione.

Scalabriniane: l’emergenza Covid non ferma le tragedie del Mediterraneo

12 Novembre 2020 - Roma - “L’ennesima tragedia nel Mediterraneo con 6 migranti morti è l’ennesimo segnale dato ai Governi d’Europa e del Mondo che le crisi del pianeta non si sono fermate per l’emergenza Covid e che è opportuno intervenire. E’ grazie alle Ong che sono stati salvati in 100 e l’impegno di Open Arms è stato provvidenziale ed essenziale”. A parlare è suor Neusa de Fatima Mariano, superiora generale delle Suore Missionarie di San Carlo Borromeo/Scalabriniane. “I volontari impegnati nelle organizzazioni non governative in tutto il Mediterraneo si confermano fondamentali – spiega suor Neusa – Bambini, donne, uomini in cerca di speranza fanno di tutto per fuggire dalle loro condizioni di crisi, miseria, dove sono vittime di violenza. In un momento critico per la loro vita trovano donne e uomini che hanno scelto di essere loro accanto. Questa è una delle espressioni più alte e belle della solidarietà e della misericordia. Preghiamo per le vittime, ennesime persone condannate a un tormento terreno per un reato commesso, quello di sognare”.
 

Migrantes: dolore per queste “morti innocenti”

12 Novembre 2020 - Roma - Una “ennesima tragedia che si consuma a pochi chilometri dalle nostre coste nell'indifferenza generale, ciascuno preoccupato solo di se stesso”. E’ quanto dice don Gianni De Robertis, direttore generale della Fondazione Migrantes dopo il naufragio avvenuto ieri a circa 30miglia a nord delle coste libiche di Sabratha che ha causato la morte di almeno 5 persone compreso una bambina di 6 mesi. Don De Robertis esprime il dolore della Migrantes per queste “morti innocenti”.  

Centro Astalli: “muoiono davanti ai nostri occhi, eppure nessuna reazione né indignazione”

12 Novembre 2020 -
Roma - “Questo naufragio avviene letteralmente davanti ai nostri occhi. Eppure nulla si muove, in questo azzeramento delle distanze sarebbe normale un’immediata reazione da parte dell’Europa e dei governi nazionali per cercare di salvare quante più vite possibile”. A parlare è padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, che sta seguendo “con apprensione” le notizie dei 100 migranti finiti in mare, a causa del cedimento dell’imbarcazione su cui erano alla deriva da giorni nel tentativo di raggiungere l’Europa e fuggire da una Libia sempre più pericolosa. I soccorritori della Open Arms aggiornano in tempo reale sulla situazione delle operazioni di salvataggio: 5 i corpi senza vita recuperati ma il bilancio pare purtroppo destinato a salire. “Sarebbe ovvio attivare canali umanitari e piani di evacuazione dalle principali aree di crisi come è oggi la Libia – afferma padre Ripamonti –. Si tratta tra l’altro di misure già sperimentate che bisognerebbe mettere in atto in maniera strutturale e sistematica”. “Ogni naufragio – conclude – ci mostra il paradosso di questa epoca in cui il fatto che degli esseri umani muoiano in mare non suscita reazioni e non provoca indignazione. Serve un sussulto di umanità, unico vaccino possibile al male dell’indifferenza”.

Peruviani in Italia: preoccupazione per la situazione che si vive nel Paese

11 Novembre 2020 - Roma - “Siamo nella crisi più terribile della nostra storia, la pandemia COVID-19, che ha seppellito molte vittime nel mondo e in Perù, migliaia di morti di cui non si conoscono cifre esatte. A questo si aggiunge il nuovo virus, causando il caos, chiamato Difteria e che sta già mietendo vittime. Una crisi sanitaria mai vista prima, una crisi economica umiliante e galoppante. La maggior parte sono poveri”. È quanto dice a www.migrantesonline.it il coordinatore nazionale dei peruviani in Italia, p. Emerson Anguilar Campos parlando della situazione che si sta vivendo in questo momento nel suo Paese seguita con molta attenzione e preoccupazione dalla comunità italiana. Per il sacerdote è “la vera fame che tormenta milioni di peruviani, che al 70% vivono di lavoro saltuario. In Perù nei giorni scorsi a maggioranza il Congresso peruviano, con 105 voti a favore, 19 contro e 4 astenuti, ha votato l’impeachment nei confronti del presidente della Repubblica Martín Vizcarra. Il presidente del Congresso stesso, Manuel Merino, ha assunto la presidenza della Repubblica.

Migrantes Caltanissetta: parte il progetto Aurora

11 Novembre 2020 -

Caltanissetta – “Alle ragazze che vogliono risplendere nella loro vita, come l'Aurora. Per credere in sé stesse e nelle proprie capacità. Per essere una luce che sorge e piano piano illumina tutto intorno a sé. Per diventare protagoniste della propria vita. Professionalizzarsi, per fare la differenza anche nel mondo del lavoro”. Così l’ufficio Migrantes di Caltanissetta presenta il progetto Aurora promosso insieme all’UISG, iniziato nei giorni scorsi. Un corso a distanza di assistente familiare, per apprendere tutto ciò che è necessario per prendersi cura delle persone e della casa, e di segreteria/receptionist per lavorare nelle strutture ricettive. Dall'educazione alimentare alla cucina, la cura della casa e degli anziani con l'igiene personale o per rimedi casalinghi alla cura di tagli, contusioni o piaghe oppure ancora con difficoltà motorie o speciali. E poi nozioni per budgeting, gestione finanziaria semplificata, magazzino, acquisti e inventario. Tutto questo e altre ancora con l'aiuto di volontari professionisti, sottolinea la Migrantes della diocesi siciliana.

Costa d’Avorio: per UNCHR oltre 8.000 persone costrette alla fuga

11 Novembre 2020 - Roma - Sono ora oltre 8.000 i rifugiati ivoriani che hanno cercato riparo nei Paesi confinanti a causa delle tensioni politiche in corso in Costa d’Avorio, rispetto ai 3.200 della scorsa settimana. L’UNHCR, Agenzia Onu per i rifugiati, sta intensificando, riferisce il Sir, gli aiuti per timore che le continue violenze possano costringere un numero ulteriore di persone a fuggire dal Paese. Al 9 novembre risultavano più di 7.500 ivoriani fuggiti in Liberia. Oltre il 60% degli arrivi era costituito da minori, dei quali alcuni giunti non accompagnati o separati dai genitori. Si registra inoltre la fuga di anziani e donne incinte, la maggior parte con pochi effetti personali e quantità scarse o nulle di cibo e denaro. L’UNHCR prevede di trasportare, tramite ponte aereo, aiuti di emergenza dalle scorte dei magazzini di Dubai a beneficio di fino a 10.000 rifugiati in Liberia. Distribuiranno cibo, aiuti in denaro contante e beni di prima necessità a supporto della risposta implementata dalle autorità liberiane. L’agenzia ha inoltre dispiegato squadre tecniche per rispondere alle esigenze di approvvigionamento idrico, erogazione di servizi igienico-sanitari e alloggi. Intanto, si è registrato l’arrivo di oltre 500 ivoriani anche in Ghana, Guinea e Togo, dove stanno ricevendo assistenza immediata. Le tensioni in corso hanno innescato timori che tra il popolo ivoriano non si registravano dalle elezioni presidenziali del 2011, quando le violenze costarono la vita a oltre 3.000 persone, ne costrinsero più di 300.000 a fuggire oltre confine in tutta la regione e provocarono più di un milione di sfollati interni.  

Migrantes Andria: accanto a chi vive nella periferia degli occhi e del cuore

9 Novembre 2020 -

Andria - In questo tempo complesso la carità non si ferma! Siamo tutti chiamati ad atti di responsabilità: il verbo “amare” ha sempre bisogno del verbo “aiutare” e l’incalzare della pandemia lo sta dimostrando. Nonostante il covid-19 stia mettendo a dura prova la rete di solidarietà, la stessa non si arresta e continua a svolgere la sua opera con la consapevolezza che, ora più che mai, c’è bisogno di non abbandonare i soggetti più fragili.

È importante che il volontariato resti al servizio della comunità, soprattutto ora. Molti sono coloro che vivono ai margini sociali, economici e culturali. Ecco che accanto ai poveri annoveriamo anche “quelli della prima volta”: chi ha perso il lavoro; chi fa fatica a comprarsi un medicinale per curare le ferite del corpo e chi invece chiede di curare le ferite dell’anima poiché smarrito in una società che va veloce e talvolta non ha tempo per soccorrere chi resta indietro.

Grazie al provvidenziale spirito di solidarietà di molte persone che prestano il loro servizio di volontariato presso la nostra Casa di Accoglienza, possiamo permetterci di tenere attivi alcuni servizi essenziali, ora più che mai: il centro d’ascolto; lo sportello di contrasto al gioco di azzardo patologico; il servizio di accoglienza migranti; l’ambulatorio medico infermieristico; la distribuzione del sacchetto viveri per i neonati; il servizio mensa; il servizio docce e il servizio indumenti. Una rete, quella di Casa Accoglienza, che non dimentica mai che il vero potere è il servizio. Bisogna custodire la gente, come afferma Papa Francesco, aver cura di ogni persona, specialmente dei bambini, degli anziani, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore.

La carità non può essere solo teoria, non si può limitare solo a cose che si danno, la Carità è realizzare è rendere visibile l’amore di Dio per tutti gli uomini attraverso la nostra vita vissuta in un cammino comunitario e un nostro inserimento pieno nella storia degli uomini e delle donne.

Non basta credere, non basta una fedeltà sterile al Vangelo, il Signore ci chiede di essere collaboratori alla sua azione creatrice e l’azione creatrice di Dio si realizza comunicando vita. Nel vangelo Gesù dice: “così risplenda la vostra luce davanti agli altri uomini perché vedano le vostre opere buone e rendono gloria al vostro Padre che è nei cieli”.

Ringraziamo i volontari che, nonostante la pandemia in corso, continuano a donare il proprio tempo e alimentano quotidianamente questa nostra rete solidale senza però dimenticare l’invito a tutelarsi per scongiurare la sospensione dei servizi. In Casa Accoglienza, negli ambienti interni, stiamo rispettando scrupolosamente tutte le indicazioni date dai responsabili del Dipartimento di Prevenzione dell’Asl, per contenere l’espansione del virus e garantire a tutti l’essenziale e i servizi alla persona. (don Geremia Acri - Direttore Ufficio Migrantes Andria)

Migrantes Caltanissetta: attività “a distanza” per non lasciare soli i migranti

9 Novembre 2020 - Caltanissetta - La pandemia da coronavirus continua a condizionare il nostro modo di vivere e anche le iniziative pastorali nei vari uffici Migrantes in Italia. Nella diocesi di Caltanissetta la direttrice Donatella d’Anna si è vista costretta a sospendere alcune delle attività. Lo sportello migranti resta aperto alle attività di ascolto, disbrigo pratiche ed orientamento legale, per non lasciare solo chi è tra gli ultimi di questa emergenza sanitaria, economica e sociale. Sospeso, invece, il doposcuola dedicato agli adulti e ai giovani in presenza. Il servizio continuerà a distanza attraverso dei tablet forniti agli studenti. La Migrantes diocesana sta, intanto, allestendo le nuove aule con banchi messi a disposizione dall’Istituto Vittorio Veneto e dalla parrocchia Santa Barbara. “Stiamo provando a non lasciare soli i migranti – ha detto D’Anna - in questo momento così difficile, ci prepariamo con amore e dedizione al momento in cui ci potremo rincontrare. Prepariamo gli spazi con cura, così come fanno i genitori quando preparano la stanzetta in attesa che nasca un bambino. E quando sarà il momento, sarà ancora più bello. Voglio ringraziare don Marco Paternò che è sempre stato vicino al nostro ufficio fin dall’inizio per aver donato sette banchi, ma soprattutto ringraziare il preside Mario Cassetti per la collaborazione con l’Istituto comprensivo Vittorio Veneto che ci ha donato diversi banchi. A volte – conclude la direttrice Migrantes - ti aspetti l’aiuto da chi poi non te ne concede e invece arriva da chi è più in difficoltà per il momento complesso che stiamo vivendo”. (R.I.)

Viminale: 30.518 persone sulle coste italiane nel 2020

9 Novembre 2020 -
Roma - Sono 30.518 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane da inizio anno. Il dato è stato diffuso dal ministero degli Interni, considerati gli sbarchi rilevati entro le 8 di questa mattina. Degli oltre 30.500 migranti sbarcati in Italia nel 2020, 12.268 sono di nazionalità tunisina (40%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Bangladesh (3.628, 12%), Pakistan (1.345, 4%), Algeria (1.344, 4%), Costa d’Avorio (1.315, 4%), Egitto (1.051, 4%), Sudan (948, 3%), Marocco (871, 3%), Afghanistan (794, 3%), Somalia (738, 2%) a cui si aggiungono 6.216 persone (20%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione.

Il ruolo della scuola nell’accoglienza: una esperienza a Torino

5 Novembre 2020 - Torino - Da quando abbiamo iniziato ad accogliere nella casa parrocchiale della comunità Gesù Buon Pastore in Torino giovani migranti che ci sono stati inviati dall’Ufficio pastorale Migranti (Migrantes) della diocesi, abbiamo sempre pensato al nostro impegno come accoglienza, ma anche come accompagnamento. Il nostro gruppo, formato da volontari delle tre parrocchie che partecipano al progetto, San Benedetto, Santa Rosa e Gesù Buon Pastore, si è sempre posto come obiettivo l’accompagnamento a fianco dell’accoglienza; in pratica la scelta è stata quella di affiancare questi ragazzi in un tratto del loro cammino e di non limitarsi ad ospitare. Tra alti e bassi, con le ovvie difficoltà che sono via via emerse e che abbiamo superato di volta in volta, il progetto ha dato alcuni frutti importanti: i ragazzi ospitati, poco alla volta, nel rispetto dei loro tempi e delle loro esigenze, sono diventati autonomi e hanno preso nuove strade, lasciando il posto nella casa ad altri amici. Un ruolo importante l’ha giocato in questo percorso la scuola; ben quattro dei sei giovani migranti ospitati hanno conseguito successi scolastici importanti: uno ha potuto completare gli studi e conseguire la Laurea Triennale in Ingegneria; un altro si è diplomato al corso di enogastronomia serale presso l’Istituto Professionale Beccari; altri due hanno conseguito la licenza media dopo aver frequentato i corsi del Cpia. Per quanto riguarda la formazione di base (licenza media) e la scuola media superiore, i volontari si sono fatti carico di seguire il cammino scolastico dei ragazzi e di aiutarli nello studio e nella preparazione delle verifiche e delle interrogazioni. Crediamo che investire sulla scuola sia importante nella nostra società, in quanto il possedere un titolo di studio aiuta nella ricerca del lavoro ed è indispensabile per un eventuale proseguimento degli studi; inoltre è fondamentale aiutare questi giovani nell’apprendimento della lingua italiana e nel raggiungimento delle competenze e delle abilità di base. “I care”, il messaggio che incontrano quanti salgono alla scuola di Barbiana fondata da don Milani, riassume l’importanza di aiutare questi giovani a raggiungere il successo formativo, in vista di un futuro migliore; in quest’ottica è importante “prendersi cura” per provare a non lasciare che il divario sociale di partenza resti un divario per tutta la vita, ma possa essere abbattuto o almeno ridotto in prospettiva futura. (Daniela Favale) ​  

Viminale: da inizio anno sbarcate 29.656 migranti sulle coste italiane

5 Novembre 2020 - Roma - Sono 29.656 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane da inizio anno. Il dato è stato diffuso dal ministero degli Interni, considerati gli sbarchi rilevati entro le 8 di questa mattina. Dei quasi 29.700 migranti sbarcati in Italia nel 2020, 12.049 sono di nazionalità tunisina (41%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Bangladesh (3.590, 12%), Algeria (1.339, 5%), Pakistan (1.282, 4%),Costa d’Avorio (1.278, 4%), Egitto (993, 3%), Sudan (890, 3%), Marocco (801, 3%), Afghanistan (794, 3%), Iran (653, 2%) a cui si aggiungono 5.987 persone (20%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione.​  

Viminale: da inizio anno sbarcate 29.444 persone migranti

4 Novembre 2020 -

Roma - Sono 29.444 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane da inizio anno. Il dato è stato diffuso dal Ministero degli Interni, considerati gli sbarchi rilevati entro le 8 di questa mattina. Dei quasi 29.500 migranti sbarcati in Italia nel 2020, 12.031 sono di nazionalità tunisina (41%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Bangladesh (3.494, 12%), Algeria (1.339, 5%), Pakistan (1.282, 4%),Costa d’Avorio (1.234, 4%), Egitto (986, 3%), Sudan (887, 3%), Afghanistan (794, 3%), Marocco (763, 3%), Iran (653, 2%) a cui si aggiungono 5.999 persone (20%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione.

In Sicilia altra notte di sbarchi

4 Novembre 2020 - Milano - Un corpo senza vita recuperato in mare: un migrante come tanti che non ce l’ha fatta e di cui si sono perse le tracce due settimane fa, con almeno tre allarmi di altrettante imbarcazioni in pericolo e di cui non si è saputo più nulla. È stata una motovedetta della Guardia Costiera a recuperarlo nel tratto di mare tra Lampedusa e Linosa. Il corpo, verosimilmente in mare da lungo tempo, era stato individuato da un traghetto di linea in transito nell’area. E sempre da laggiù in queste ore è di nuovo allarme: oltre 350 persone in pericolo a bordo di 5 barche in attesa di soccorsi. A segnalarle è Alarm Phone. "Una barca con 80 persone, altre due con 87 e 65 con cui abbiamo perso il contatto, una quarta barca con 67 persone che ha perso l’orientamento e una quinta con 65 che sono alla deriva. Intervenire subito". Intanto non si fermano gli sbarchi a Lampedusa. Il ritmo degli arrivi è quello dei mesi estivi, di luglio e agosto. E così anche ieri, col mare calmo, fra la notte e la mattina, sono approdati in 727 a bordo di tre- dici imbarcazioni di cui le ultime quattro, che hanno portato 267 migranti, sono arrivate a distanza di pochi minuti. Nelle 24 ore precedenti ne erano sbarcati circa 900. Le operazioni di soccorso, fra il molo Madonnina e il molo Favarolo, sono state coordinate dalle motovedette di Guardia Costiera e Guardia di finanza. Solo un gruppo di 82 subsahariani è approdato direttamente a Cala Madonnina. Al momento sono 1.263 i migranti presenti all’hotspot. La prefettura ha varato un piano di trasferimenti che prevede il trasferimento di circa 500 migranti sulla nave quarantena Allegra. La prima imbarcazione è arrivata a molo Madonnina poco prima della mezzanotte. A soccorrerla, a due miglia e mezzo da Lampedusa , una motovedetta della Capitaneria di porto. A bordo c’erano 78 persone di varie nazionalità. Un’ora dopo è arrivato un barchino con 15 tunisini. Prima delle 2,30, una motovedetta della Guardia di finanza aveva intercettato a 4 miglia dalla costa un natante con a bordo 14 tunisini fra cui un minorenne. Alle 4 sono giunte altre 64 persone (cittadini tunisini) che erano a bordo di un’imbarcazione alla deriva e pochi minuti dopo altri sei loro connazionali tunisini che erano stati trasbordati dai soccorritori. All’alba, una motovedetta della Guardia di finanza ha sbarcato a molo Favarolo 94 migranti di diversa nazionalità. Erano stato soccorsi a 3 miglia a Sud di Lampedusa mentre si trovavano su un’imbarcazione di circa 10 metri che è stata sequestrata. E non si fermano le partenze dall’altra parte del Mediterraneo. Un totale di 575 migranti sono stati salvati al largo della costa occidentale della Libia nel Mar Mediterraneo in una settimana, fa sapere l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Iom). «La guardia costiera libica ha salvato 443 migranti tra il 27 ottobre e il 2 novembre e martedì mattina, altri 132 migranti sono stati intercettati nel Mediterraneo e riportati alla base navale di Tripoli", si legge in un comunicato. L’organizzazione non ha specificato il luogo esatto del naufragio o la nazionalità dei migranti salvati. L’Italia punta nel frattempo a intensificare la collaborazione con la Tunisia per fermare il traffico di essere umani. Il 41% delle persone sbarcate sulle nostre coste da inizio anno proviene infatti dalla Tunisia. Nel corso del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, il giorno dopo gli attentati di Vienna, il Viminale sottolinea che "per quanto concerne i controlli imposti da imprescindibili esigenze di sicurezza nazionale sui migranti irregolari che sbarcano in Italia, il Comitato ha valutato gli aspetti tecnici di un piano operativo, da concordare tra il governo italiano e quello tunisino, per l’intensificazione della collaborazione finalizzata al contrasto delle organizzazioni di trafficanti di esseri umani e dell’immigrazione irregolare". (Daniela Fassini - Avvenire)  

Viminale: da inizio anno sbarcate in Italia 28.756 migranti

3 Novembre 2020 -

Roma - Sono 28.756 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane da inizio anno. Il dato è stato diffuso dal Ministero degli Interni, considerati gli sbarchi rilevati entro le 8 di questa mattina. Dei quasi 28.800 migranti sbarcati in Italia nel 2020, 11.919 sono di nazionalità tunisina (41%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Bangladesh (3.391, 12%), Algeria (1.319, 5%), Pakistan (1.275, 5%),Costa d’Avorio (1.234, 4%), Egitto (918, 3%), Sudan (884, 3%), Afghanistan (794, 3%), Marocco (719, 3%), Iran (653, 2%) a cui si aggiungono 5.650 persone (20%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione.