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Migranti: salvati 120 migranti al largo della Libia

22 Gennaio 2021 -

Milano - L’equipaggio della "Ocean Viking" ha salvato ieri mattina 119 persone a bordo di un gommone sovraccarico a 36 miglia nautiche dalla costa libica e in acque internazionali. Lo rende noto la ong francese Sos Mediterranee. 

Tra i migranti ci sono 11 donne e 59 minori, tra cui 4 bambini compreso un neonato di un mese, e tutti «sono visibilmente scossi, infreddoliti, bagnati ed esausti». La Viking è ripartita in missione umanitaria l’11 gennaio, dopo 5 mesi di fermo amministrativo in Italia.

Istat: mobilità e migrazioni in forte flessione nelle fasi di lockdown per Covid-19

21 Gennaio 2021 - Roma - I dati provvisori sull’andamento dei flussi migratori nei primi otto mesi del 2020 mettono in evidenza una forte flessione delle migrazioni (complessivamente -17,4%). Le misure di contenimento della diffusione dell’epidemia messe in atto dal Governo a marzo 2020 hanno ridotto al minimo la mobilità interna (flussi inter-comunali, tra province e tra regioni) con pesanti ripercussioni anche sui trasferimenti di residenza da o per l’estero. Lo rivela oggi il Report "Iscrizioni e cancellazioni anagrafiche della popolazione residente" dell'Istat​. Il confronto tra l’andamento dei flussi osservati nei primi otto mesi del 2020 e la media dei flussi rilevati nello stesso periodo del 2015-2019 mette in evidenza una flessione pari al 6% per i movimenti tra comuni, al 12% per le cancellazioni anagrafiche per l’estero e al 42% per i flussi provenienti dall’estero. Tuttavia, a partire da giugno 2020, tutti i flussi migratori sembrano riprendere il loro trend e tornare quasi ai livelli pre-lockdown (Figura 7). A livello territoriale, non tutte le regioni hanno risentito con la stessa intensità delle restrizioni imposte alla mobilità. La Calabria ha ridotto di quasi un terzo la mobilità complessiva, il Molise e il Lazio di un quinto, mentre per il Friuli-Venezia Giulia e il Veneto si osserva una riduzione del 7% rispetto alla media delle migrazioni nello stesso periodo degli anni 2015-2019. Con riferimento ai trasferimenti di residenza interni al Paese (in calo del 6%), le misure restrittive e il rallentamento dell’attività amministrativa, soprattutto nelle prime fasi del lockdown, hanno inciso maggiormente sui movimenti a breve raggio (trasferimenti entro i confini provinciali, -7%), un po’ meno per la mobilità a medio e lungo raggio (all’interno della regione e tra regioni diverse, rispettivamente -4% e -6%). Inoltre, si osserva una riduzione dell’11% dei flussi verso i capoluoghi di provincia. Non si rilevano, invece, significative variazioni strutturali sulla composizione dei flussi interni. In generale, la sospensione momentanea della mobilità residenziale ha avuto un impatto uniforme sulle caratteristiche socio-demografiche dei trasferiti. Differenti considerazioni valgono per i flussi da e per l’estero per i quali i blocchi alle frontiere hanno ridotto sensibilmente il volume in ingresso e in uscita di immigrati ed emigrati. La prima sostanziale differenza si evidenzia nella composizione dei paesi di origine per gli iscritti dall’estero. Il confronto tra il numero di ingressi nei primi otto mesi del 2020 e il numero medio degli ingressi nello stesso periodo degli ultimi cinque anni mostra un calo drastico dei flussi provenienti dall’Africa: si riducono a poche centinaia gli immigrati provenienti da Gambia (-85%) e Mali (-84%), sono fortemente in calo i flussi dalla Nigeria (-73%), quasi dimezzati quelli provenienti da Egitto (-47%) e Marocco (-40%). Forti diminuzioni anche per gli ingressi da Cina (-63%), Brasile (-49%), e Romania (-48%). I flussi che decrescono in misura meno significativa sono quelli provenienti dagli altri paesi dell’Unione europea: -12% da Svizzera e Francia, -10% dalla Spagna e -4% dalla Germania.  

COMECE: “nessuno muoia in mare o nei Paesi di transito per mancanza di aiuti”

21 Gennaio 2021 - Bruxelles - “L’Ue dovrebbe garantire che nessuno muoia in mare a causa della mancanza di aiuti e che il diritto internazionale sia rispettato in materia di non respingimento e sbarco”. I migranti e i rifugiati che sono “bloccati nei Paesi di transito e che stanno subendo gravi violazioni dei diritti umani dovrebbero essere aiutati a lasciare quel paese e tornare o nel loro paese d’origine o in un altro paese sicuro”. È uno dei passaggi-chiavi del corposo documento che il card. Jean-Claude Hollerich, presidente della COMECE, e mons. Youssef Soueif, arcivescovo di Tripoli dei Maroniti (Libano), hanno presentato a Olivér Várhelyi, commissario europeo per la politica di vicinato e l’allargamento, come contributo degli episcopati cattolici dell’Unione europea al prossimo rinnovo del partenariato Ue per la regione del Mediterraneo meridionale. “Rendere il Mediterraneo di nuovo un luogo di incontro pacifico di persone di culture e religioni diverse è stata anche una grande preoccupazione per la Chiesa cattolica”, si legge nella introduzione del Documento, ricordando che nel febbraio 2020, più di 50 vescovi di 19 nazioni del Mediterraneo si sono riuniti a Bari per discutere le molteplici problematiche socio-economiche, diritti umani, pace e sfide ecologiche che la regione deve affrontare. Il testo contiene più di 30 proposte politiche in cinque aree prioritarie: migrazione, pace, libertà religiosa, sviluppo umano ed ecologia. Riguardo alle migrazioni, i vescovi chiedono all’Ue un maggiore impegno a combattere le cause profonde della migrazione, per “rendere reale il diritto primario delle persone e delle famiglie di rimanere nel loro paese d’origine in sicurezza e dignità”. Viene chiesto anche uno sforzo nella “formazione degli ufficiali di controllo delle frontiere dei paesi del vicinato meridionale dell’Ue sulle norme dei diritti umani, compreso il rispetto del principio di non respingimento, il diritto fondamentale di chiedere asilo e il diritto a non essere torturato, o posto in condizioni disumane o trattamento degradante”. I vescovi chiedono anche un programma speciale per favorire il ricongiungimento dei minori migranti non accompagnati con i loro genitori o tutori legali”. Riguardo al paragrafo relativo alla pace e alla sicurezza, i vescovi chiedono un maggior coinvolgimento deli leader locali religiosi i quali possono svolgere un ruolo cruciale nei diversi contesti per rafforzare la coesione sociale e promuovere una cultura dell’incontro e della fraternità umana. Nel Documento si evidenzia poi la realtà di discriminazione che purtroppo in determinati Paesi vivono le comunità religiose di minoranza e, nel caso specifico, le chiese cristiane. “L’Ue dovrebbe rendere visibili queste situazioni nelle sedi internazionali, sostenere le vittime e usare il suo potere e la sua influenza per fermare (e prevenire) queste violazioni della libertà religiosa, anche attraverso l’uso del diritto penale internazionale”. A questo proposito, la promozione del concetto di “cittadinanza comune” è, a parere dei vescovi, la chiave per superare percezioni o posizioni religiose e civili di superiorità agendo “in tutti gli aspetti della vita, in particolare nelle scuole e nei mass media”.      

Centro Astalli: “altri 43 morti in mare, inerzia intollerabile degli Stati e della Ue”

21 Gennaio 2021 - Roma - Il Centro Astalli esprime cordoglio per le vittime e profonda preoccupazione per le condizioni dei migranti che cercano di arrivare in Europa senza possibilità di accedere a vie legali di ingresso. “Ogni giorno ascoltiamo di torture e violenze nei racconti dei migranti che incontriamo al Centro Astalli – ricorda padre Camillo Ripamonti, presidente Centro Astalli –. Dalla Libia le persone non hanno altra possibilità che tentare di fuggire: la situazione che descrivono è di un clima generalizzato di violenza e terrore”. È evidente, prosegue, “che c’è un problema molto serio di gestione delle frontiere da parte degli Stati europei e di un’inerzia intollerabile da parte delle istituzioni nazionali e sovranazionali. Le isole greche, i Balcani, la frontiera della Spagna e il Mediterraneo centrale, pur essendo contesti giuridicamente diversi, sono sempre più luoghi di morte. Non è possibile continuare a ignorare l’ecatombe che si consuma alle porte di casa nostra”. Il Centro Astalli dopo la morte di altri 43 migranti chiede con forza a chi ricopre ruoli di responsabilità “che si compia immediatamente un atto politico di discontinuità: si evacui la Libia così come le isole greche e i Balcani. Si trovino soluzioni dignitose per tutti, senza derogare mai al rispetto dei diritti umani e delle convenzioni internazionali su migranti e rifugiati”.  

Tragedia in mare: almeno 43 morti

21 Gennaio 2021 - Milano - Sono passati pochi giorni dall’inizio dell’anno, ed ecco già il primo grande naufragio di questo 2021. Almeno 43 persone sarebbero morte al largo della costa di Zuwara, in Libia. Altre 10 sono invece sopravvissute. Lo ha annunciato per primo, su Twitter, Alarm Phone, il centralino di volontari che raccoglie le richieste di soccorso delle traversate del Mediterraneo. «Siamo tristi e arrabbiati. Ue, smetti di uccidere le persone con le tue frontiere» ha commentato la Ong. Anche l’Onu, poco dopo, ha confermato la tragedia. L’OIM, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati si dicono «profondamente rattristati» per quanto accaduto, confermando che si tratta del primo caso di naufragio nel 2021 «nel Mediterraneo centrale», costato la vita ad «almeno 43 persone». La tragedia è avvenuta martedì, riferiscono dallo staff di Oim e dell’International Rescue Committee (IRC), partner di ACNUR/ UNHCR: i 10 sopravvissuti sono stati portati a Zwara dalla Libyan Coastal Security. L’imbarcazione, salpata dalla città di Zawiya, ha avuto un problema al motore poche ore dopo la partenza e poi si è rovesciata a causa del maltempo. I sopravvissuti sono principalmente cittadini di Costa d’Avorio, Nigeria, Ghana e Gambia. Proprio questi ultimi hanno raccontato che con loro c’erano decine di compagni di viaggio, poi annegati o dispersi: si trattava di uomini provenienti da Paesi dell’Africa occidentale. E nelle stesse ore del naufragio, si è aperto anche un altro caso: un’altra imbarcazione, infatti, è stata intercettata e riportata a terra dalla cosiddetta Guardia costiera libica. Il respingimento è documentato dal video registrato da Moon Bird, l’aereo della Ong Sea Watch che sorvola il Mediterraneo. «Il nostro aereo #Moonbird sta documentando l’intercettazione del gommone con a bordo circa 40 persone da parte di una motovedetta della cosiddetta Guardia costiera libica. I respingimenti in Libia sono un crimine che viola i diritti umani fondamentali». Anche le due organizzazioni delle Nazioni Unite puntano il dito contro i respingimenti, quelli lungo la rotta balcanica, ma anche quelli in mare. Quella del Mediterraneo centrale rimane sempre «la rotta migratoria più pericolosa del mondo» affermano dall’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) e dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) in una nota congiunta. Le due organizzazioni temono che, «a causa della limitata capacità di monitorare queste rotte, il numero reale di persone morte nel Mediterraneo centrale già nel corso di questo 2021 potrebbe essere più alto di quanto si pensi». Oim e UNHCR hanno lanciato un appello agli Stati affinché vengano riattivate le «operazioni di ricerca e salvataggio, una lacuna che le Ong e le navi commerciali stanno cercando di colmare nonostante le loro limitate risorse. È necessario smettere di riportare i migranti e i rifugiati in porti non sicuri e si deve istituire un meccanismo di sbarco sicuro che possa essere seguito da una dimostrazione tangibile di solidarietà da parte degli Stati europei con i Paesi che registrano un numero elevato di arrivi». In Libia, spiegano, la situazione «rimane estremamente precaria. Continuano gli arresti arbitrari e le detenzioni arbitrarie in condizioni drammatiche. Molti rifugiati e migranti sono sfruttati da trafficanti, tenuti in ostaggio e diventano vittime di abusi e torture» Le due agenzie dell’Onu «temono che, qualora l’inazione e l’impunità dovessero prevalere, un numero ancora più elevato di persone potrebbe perdere tragicamente la vita». Nel 2020, oltre 34mila rifugiati e migranti sono arrivati via mare in Italia, mentre più di 4.100 so- no giunti attraversando il confine italo-sloveno dopo aver viaggiato via terra lungo la rotta balcanica, ricorda l’UNHCR. Nel solo mese di dicembre, 1.591 rifugiati e migranti sono arrivati via mare nelle regioni meridionali dell’Italia: la maggioranza proviene dalla Tunisia e, in misura minore, da Iraq, Iran, Costa d’Avorio ed Egitto. Quasi la metà è partita dalla Tunisia, mentre circa un terzo è partito dalla Turchia. Le partenze da Libia, Algeria e Grecia rappresentavano rispettivamente il 10%, 5% e 4% degli arrivi. Alla fine del 2020, nonostante l’emergenza per il Covid-19, in Italia sono stati registrati 34.154 arrivi via mare. «Ciò rappresenta un aumento significativo rispetto agli 11.471 registrati nel 2019 – afferma l’UNHCR –: le partenze dalla Tunisia sono quadruplicate e i tunisini rappresentano il gruppo nazionale più diffuso tra gli arrivi, pari al 38% del totale. Solo circa 4.500 delle persone arrivate via mare nel 2020 sono state soccorse dalle autorità o dalle Ong in alto mare: le altre sono stati intercettate dalle autorità vicino alla costa o sono arrivate inosservate. «In tutto il 2020 c’è stata una presenza limitata di Ong che conducono operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale. Alla fine dell’anno, operava solo la nave di soccorso Open Arms». (Daniela Fassini)​    

L’ospitalità? Nessun aumento di spesa pubblica

20 Gennaio 2021 - Milano - Ospitare richiedenti asilo non comporta un aumento dei costi di breve periodo a livello comunale, né in termini di reddito pro-capite né in termini di welfare, bensì favorisce il ripopolamento dei comuni con un più alto tasso di popolazione anziana. È quanto emerge dalla prima indagine nazionale sul sistema di accoglienza straordinaria (Cas) realizzata dai ricercatori dell’Università Milano Bicocca. 

Nel periodo della cosiddetta «crisi dei rifugiati», tra il 2014 e il 2018, ogni anno, circa 150mila persone hanno fatto richiesta di asilo anche in Italia, diventando nella gran parte dei casi beneficiari dei servizi previsti dalle politiche pubbliche sul sistema di accoglienza. 

Il Guatemala blocca 9.000 migranti honduregni

19 Gennaio 2021 - Roma - I circa novemila migranti partiti venerdì dall’Honduras per raggiungere gli Stati Uniti, ed entrati in un primo momento senza problemi in Guatemala attraverso la frontiera di El Corinto, si sono scontrati ieri con agenti di polizia e soldati guatemaltechi che hanno posto blocchi sulle strade del Paese. Le forze di sicurezza sono riuscite, per il momento, a fermarne i propositi di avanzata verso la frontiera con il Messico. Molti migranti non avrebbero rispettato le direttive sanitarie in materia anti-covid. E 21 persone nel gruppo sottoposte ai controlli sanitari sono risultate positive al coronavirus e  dovranno essere messe in quarantena in Guatemala prima di tornare nel proprio Paese. Vi sono stati momenti di tensione con scontri anche violenti tra alcuni membri della carovana e l’esercito che ha fatto ricorso all’uso di lacrimogeni ed ha arrestato diversi migranti. «È impossibile per loro continuare il viaggio, li invitiamo a tornare al proprio luogo di origine, non passeranno», ha assicurato loro il direttore della Migrazione, Guillermo Díaz, secondo il quotidiano locale «Prensa Libre». Tuttavia, la carovana rimane ferma in attesa di una soluzione, poiché assicura che il ritorno in Honduras non è un’opzione a causa della mancanza di opportunità nel proprio Paese di origine. L’Honduras, oltre a essere segnato da una violenza dilagante, ha subito la devastazione portata lo scorso mese di novembre dal passaggio dei due uragani Eta e Iota. Visto quanto accaduto in Guatemala, il Messico ha rafforzato il proprio confine meridionale per prepararsi all’eventuale arrivo della carovana. Il governo messicano e quello guatemalteco, attraverso una dichiarazione congiunta, hanno invitato le autorità dell’Honduras a «contenere la massiccia partenza dei propri cittadini».

Soufi, l’attivista che sfida le frontiere con i suoi compagni di viaggio

18 Gennaio 2021 - Milano - Prima di mettere piede nell’inferno della Bosnia, se ne attraversano altri, con gli animi e i corpi già fiaccati da lunghi mesi nei campi greci, passati a ripetersi che non è possibile che quella sia davvero l’Europa. Più o meno tutti i viaggi lungo la Rotta balcanica iniziano dalla città greca di Salonicco. Da lì si punta alla frontiera con la Macedonia o a quella con l’Albania. Proprio verso quest’ultima si è diretta, il 29 dicembre, Nawal Soufi, attivista indipendente catanese di origine marocchina, da anni sui fronti più caldi delle rotte migratorie, facendo quello che può, testimoniando abusi e dando una mano con aiuti concreti, cibo, vestiti, corse in ospedale. Raccontare quello che accade 'mettendo in gioco il proprio corpo' è stata l’idea con cui ha iniziato il suo viaggio lungo la Rotta Balcanica, decisa a percorrerla insieme a chi avrebbe incontrato sul cammino, famiglie o ragazzi soli di diverse nazionalità. La notte di Capodanno l’ha trascorsa in una stazione di polizia, braccata alla prima frontiera, insieme ai compagni di viaggio. «Quando la polizia albanese ci ha raggiunto sul confine, alcuni del gruppo hanno cercato di scappare, così sono partiti diversi colpi di arma da fuoco – racconta – Ho visto un poliziotto puntare la pistola dritto contro di noi, non in aria. L’ha puntata a noi, poi l’ha sollevata in alto e ha sparato». Una volta di là, senza più i compagni rimandati indietro, ha proseguito con altri migranti già incontrati a Lesbo. Il nuovo gruppo è stato avvicinato dai trafficanti: «Si fanno avanti e spremono denaro in cambio di passaggi in auto. Noi abbiamo continuato a piedi». Quando si è in prossimità delle frontiere le notti si trascorrono sempre all’aperto. «È quando arriva il freddo vero. Di notte non si dorme, si cerca di trovare qualche ora di riposo di giorno, perché addormentarsi al gelo è pericoloso, si rischia di non svegliarsi più. Per questo si dorme di giorno, vicino a chiese o moschee e nei cimiteri, perché lì c’è sempre acqua, si può bere e lavarsi un po’». Una volta raggiunti i centri urbani maggiori è più facile trovare un ostello o una casa, «magari utilizzando siti web di prenotazione, dove si paga per un appartamento per più persone e viene richiesto il documento di uno solo, se almeno un documento c’è». La seconda frontiera è stata quella tra Albania e Kosovo: altri trafficanti si sono fatti avanti. «Da un’auto sono scesi sei ragazzi. Insistevano per il passaggio, e al nostro rifiuto hanno iniziato a chiederci tutti i soldi che avevamo. C’è stata una colluttazione. Poi un faro puntato chissà da dove ci ha investiti. Così loro si sono dileguati». Ci sono giorni in cui si cammina 12 ore, ma, prosegue l’attivista, «il problema non sono i chilometri. Ogni volta che si avvista una luce ci si deve fermare, nascondersi nella boscaglia, al freddo. Le luci sono le nemiche di chi viaggia in questo modo. Si deve fare attenzione ad accendere una sigaretta, o al bagliore del telefono quando si usa il Gps». Superato il Kosovo, Nawal Soufi è entrata in Serbia. Da Belgrado ora progetta l’ingresso in Bosnia, dove ha deciso che si fermerà. Le chiediamo che cosa ci si racconta, tra compagni di viaggio, condividendo giornate e lunghe notti. «Ci si scambiano storie. Ma chi è in viaggio non pensa sempre al proprio dolore, i ragazzi scherzano molto su quello che stanno vivendo, persino sulla morte». Lo scherzo, però, finisce quando la conversazione cade sul ricordo di chi è rimasto indietro o non c’è più: «Ci è capitato di ascoltare il racconto di due ragazzi che viaggiavano in senso opposto al nostro, tornavano indietro dopo un anno e mezzo in Bosnia. In un fiume un loro compagno era morto. Per i migranti che erano con me è stato penoso ascoltarli. In quel momento le due facce della stessa storia si sono incontrate, la speranza di chi era appena partito e la disperazione di chi già tornava». (Francesca Ghirardelli – Avvenire)  

America Centrale: carovana di migranti composta da più di seimila persone entra in Guatemala

16 Gennaio 2021 - Roma - Dalle iniziali e “ufficiali” 4.500, si è già arrivati a 6mila persone, tra cui molte donne e minori. Ci sono intere famiglie e moltissimi giovani. È questa la composizione della nuova “mega-carovana”, partita tra giovedì e ieri dall’Honduras e in buona parte già entrata in Guatemala, con l’obiettivo disperato di raggiungere gli Stati Uniti. Si tratta del più massiccio esodo dopo quello che nell’autunno 2018 diede origine a questa modalità di condurre il viaggio migratorio. All’endemico mix di violenza, disoccupazione e mancanza di prospettive, si sono aggiunte le conseguenze delle recenti tempeste tropicali. Inizialmente, la Polizia di frontiera in Guatemala ha iniziato ad arrestare e a rimandare indietro i migranti, ma lo sforzo di contenerli è risultato inutile e la carovana è passata in serata (ora locale) non attraverso la “tradizionale” e più presidiata frontiera di Corinto, nei pressi di San Pedro Sula, punto di partenza di ogni carovana, ma attraverso El Florido, più a ovest, come si può vedere nel video di Radio Progresso (emittente dei gesuiti honduregni). I migranti si trovano già nei pressi di Chiquimula, la principale città della zona frontaliera.  

Viminale: da inizio anno sbarcate 340 persone sulle nostre coste

15 Gennaio 2021 - Roma - Sono 340 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane da inizio anno. Il dato è stato diffuso dal Ministero dell'Interno aggiornato a questa mattina. Dei 340 migranti sbarcati in Italia nel 2021, 50 sono di nazionalità afgana (15%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Tunisia (6, 12%), Turchia (2, 1%), Iran (1, 0%) a cui si aggiungono 265 persone (78%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione. Nel 2021 c’è stato finora 1 minore straniero non accompagnato ad aver raggiunto il nostro Paese via mare. Il dato è aggiornato all’11 gennaio. I minori stranieri non accompagnati sbarcati sulle coste italiane lungo tutto il 2020 sono stati 4.631, in aumento rispetto al 2019 (1.680) e al 2018 (3.536), in deciso calo rispetto al 2017 (15.779). Per quanto riguarda la presenza di migranti in accoglienza, i dati parlano di 79.917 persone su tutto il territorio nazionale di cui nessuna negli hot spot di Sicilia e Puglia, 54.343 nei centri di accoglienza e 25.574 nei centri Siproimi. La Regione con la più alta percentuale di migranti accolti è la Lombardia (13%, in totale 10.432 persone), seguita da Emilia Romagna (10%), Lazio e Piemonte (9%), Sicilia (8%), Campania (7%), Toscana e Veneto (6%).  

Scalabriniane: crisi terribile nei Balcani, serve intervento dell’Europa

15 Gennaio 2021 - Roma -  "Nei Balcani stiamo vivendo una crisi terribile, con i migranti rimasti al gelo, a Lipa, in Bosnia-Erzegovina. Serve un intervento immediato dell'Europa: oltre alla pandemia non possiamo avere anche l'epidemia di quella malattia fatta da chi volta le spalle e chiude gli occhi". A dirlo è suor Neusa de Fatima Mariano, superiora generale delle Scalabriniane. "La crisi umanitaria che sta colpendo in Europa è senza precedenti e la pandemia non la ferma. Le immagini di Lipa, dove è stato creato un 'campo' provvisorio, devono scuotere le coscienze, perché centinaia di migranti sono sotto il gelo – aggiunge – Bisogna sempre ricordarsi che si è esseri umani, che apparteniamo tutti allo stesso genere e che oggi la priorità non è solo il Covid, ma è anche l'ennesimo grido di dolore che viene dall'umanità stessa. Guerre, carestie, crisi impongono la mobilità umana. Bisogna aprire le porte, accogliere e non essere sordi e ciechi a queste grida di sofferenza". (R.I.)

Czerny: solo la cultura che accoglie ha futuro

15 Gennaio 2021 -
Roma - «La nuova Enciclica di Papa FrancescoFratelli tutti, si rivolge direttamente alle gioie e alle speranze, alle tristezze e alle angosce di migranti, rifugiati e di tutte le persone sfollate ed emarginate. Il cuore dell’Enciclica è un appello a una maggiore fratellanza e amicizia sociale tra tutti i popoli e le nazioni». Lo scrive il card. Michael Czerny, Sotto-Segretario della Sezione Migranti del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, sul blog dell'International Catholic Migration Commission (ICMC). Per il card. Czerny «ogni persona ha diritto ad una vita dignitosa e ad uno sviluppo integrale presso il proprio paese di origine. Ciò chiama in causa la responsabilità del mondo intero, dal momento che gli Stati più poveri devono essere aiutati per svilupparsi. Gli investimenti di cui questi ultimi hanno bisogno», continua, «non risiedono unicamente nello sviluppo economico sostenibile, ma anche ed essenzialmente nella lotta alla povertà, alla fame, alla malattia, al degrado ambientale e al cambiamento climatico». Solo una cultura che accoglie «gratuitamente gli altri ha un futuro» sottolinea:  «questo è il nostro futuro e deve essere condiviso con i bisognosi, compresi i migranti e i rifugiati. Diamo ascolto all’appello di Papa Francesco per un mondo più giusto, umano e fraterno, fondato su amore e arricchimento reciproco, piuttosto che su sospetto e fredda indifferenza».  

Bosnia ed Erzegovina: diplomatici dell’Ue nel campo profughi di Lipa

15 Gennaio 2021 - Roma - Diplomatici dell’Ue si sono recati in visita nel campo profughi di Lipa, nel nordovest della Bosnia ed Erzegovina, dove da giorni circa 2.500 persone vivono in condizioni estremamente precarie, vagando all’aperto al gelo e nella neve. Nonostante la neve e le temperature sotto zero, a Lipa — distrutto da un incendio il 23 dicembre — sono in corso i preparativi in vista dell’inizio dei lavori di ristrutturazione del campo, che diventerà a breve un centro di accoglienza stabile e adatto all’inverno.

Etica delle politiche per l’immigrazione”: corso online promosso dalla Facoltà teologica Italia settentrionale

14 Gennaio 2021 - Milano - “Etica delle politiche per l’immigrazione”: è questo il tema di un corso promosso dalla sezione di Torino della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. Il corso online – a causa dell’emergenza sanitaria - è affidato al gesuita p. René Micallef, docente incaricato associato della Facoltà di Teologia della Pontificia Università Gregoriana di Roma e prevede cinque incontri a partire dal mese di febbraio.  

Medu: allarmanti le condizioni dei braccianti agricoli nella Piana di Gioia Tauro

13 Gennaio 2021 - Gioia Tauro - Nell’anniversario dell’undicesimo anno dalla rivolta di Rosarno, le condizioni di vita e di lavoro dei braccianti agricoli stranieri impiegati nella raccolta agrumicola nella Piana di Gioia Tauro appaiono «quanto mai drammatiche, non solo per il persistere dei fenomeni di grave sfruttamento lavorativo, ma per la crescente precarietà delle condizioni socio-abitative e di salute».  Lo denuncia questa mattina Medu, Medici per i Diritti Umani sottolineando che la pandemia da Coronavirus ha trovato «terreno fertile presso gli insediamenti precari dove la promiscuità abitativa e le pessime condizioni igienico-sanitarie hanno favorito una rapida diffusione del contagio. E d’altra parte il sistema sanitario locale, più volte commissariato e gravemente carente in termini di risorse umane ed economiche, non è riuscito a pianificare e mettere in atto misure efficaci - in termini di screening e contenimento del virus - a tutela della salute della popolazione degli insediamenti precari e di tutta la collettività. Mancanza di informazione sul virus e sulle modalità per la prevenzione e il contenimento, assenza di misure di supporto al reddito, necessità legate alla sopravvivenza, hanno – sottolinea Medu - contribuito a rendere nel complesso inefficaci le poche misure sanitarie adottate». Il team della clinica mobile di Medu è tornato ad operare nella Piana per il settimo anno consecutivo nel mese di ottobre 2020, fornendo assistenza sanitaria e supporto legale ai lavoratori agricoli che vivono presso la tendopoli ufficiale di San Ferdinando, il campo container di Rosarno e i casolari abbandonati nelle campagne dei comuni limitrofi. Si stima che siano presenti oltre 1500 persone, con un’affluenza in aumento nel corso dell’ultimo mese. Solo presso la tendopoli di San Ferdinando, sottolinea Medu, si contano più di 700 persone tra tende ufficiali e baracche che vengono costruite di giorno in giorno dai nuovi arrivati. In assenza di un servizio di smaltimento dei rifiuti, il panorama è «caratterizzato, ancor più che negli anni passati, da cumuli di rifiuti all’esterno e all’interno dell’insediamento. Nei casolari in campagna, la situazione non è di certo migliore, in assenza di accesso a luce, acqua e servizi igienici». La popolazione è costituita anche quest’anno da giovani uomini, per lo più richiedenti asilo e rifugiati provenienti dai paesi dell’Africa subsahariana occidentale e con un’età media di circa 30 anni. L’88% dei 100 pazienti visitati da MEDU nel corso dei primi mesi di intervento (ottobre-dicembre) era regolarmente soggiornante, ma poco più della metà delle persone che hanno fornito informazioni sulla condizione lavorativa (54) ha affermato di essere in possesso di un contratto di lavoro (55%) nella maggior parte dei casi di breve durata. Inoltre, solo una minima percentuale (13%) ha dichiarato di ricevere una regolare busta paga. Il lavoro grigio resta di fatto la norma tra i lavoratori con un contratto: il datore di lavoro spesso corrisponde una parte della retribuzione in nero e dichiara in busta paga un numero di giornate lavorative nettamente inferiore rispetto a quelle effettivamente svolte.  Alle problematiche descritte, si aggiungono i ripetuti incidenti stradali che non di rado coinvolgono i braccianti nel percorso in bicicletta verso i luoghi di lavoro. Solo nel mese di dicembre, tre incidenti stradali. Medu ribadisce «l’urgenza di un’azione interistituzionale che restituisca dignità e legalità al territorio, ai lavoratori impiegati in agricoltura e all’intera popolazione”.    

Migrantes: un ciclo di incontri sul diritto d’asilo

12 Gennaio 2021 - Roma - Il prossimo 20 gennaio inizieranno una serie di incontri di approfondimento sul Rapporto Diritto d’Asilo della Fondazione Migrantes. L’obiettivo è quello di affinare gli strumenti conoscitivi per capire cosa succede e sollecitare in modo proattivo e consapevole il necessario cambiamento. Per questo, Forum per cambiare l’ordine delle cose, Fondazione Migrantes, rete Europasilo e Escapes – Laboratorio di studi critici sulle migrazioni forzate propongono questo ciclo di seminari a partire da alcune criticità evidenziate nel Report Migrantes dal titolo “Costretti a fuggire… ancora respinti”. Il primo appuntamento è il 20 gennaio alle ore 18.00 ed è promosso in collaborazione con Focsiv (partner del progetto Volti delle migrazioni) e sarà incentrato sul piano europeo, con un focus sul quadro attuale e sullo scenario che si prospetta, in particolare per i Paesi di confine, tra cui l’Italia, anche alla luce della diffusione del Covid-19. Interverranno Mariacristina Molfetta, Fondazione Migrantes, curatrice rapporto sul Diritto d’asilo 2020; Ulrich Stege, International University College di Torino; Adele Del Guercio, Università di Napoli Orientale; Sara Prestianni, Euromed Rights e Andrea Stocchiero, Focsiv partner del progetto Volti delle migrazioni. Tutti i seminari si svolgeranno dalle 18 alle 19.30, su Zoom e in diretta sulle pagine FB di Escapes. Laboratorio di studi critici sulle migrazioni forzate e di Vie di fuga. Osservatorio permanente sui rifugiati.

UNCHR: “Ue dia prova di leadership nel proteggere vite umane”

12 Gennaio 2021 - Roma - Con l’inizio del 2021, l’UNHCR, Agenzia Onu per i rifugiati, invita il Portogallo e la Slovenia a sfruttare le loro presidenze dell’Unione europea di quest’anno e i negoziati sul Patto Ue sulla migrazione e l’asilo e “a dare prova di leadership per proteggere meglio i rifugiati in Europa e altrove”. Le raccomandazioni dell’UNHCR propongono “misure prevedibili e basate su principi di solidarietà per un sistema di asilo Ue praticabile, fondato sul diritto e sostenibile”. Sottolineano inoltre “l’importanza di rivitalizzare il sostegno politico ed economico ai Paesi e alle regioni in cui vive la maggior parte delle persone costrette alla fuga e la necessità di affrontare le cause alla radice delle migrazioni forzate e irregolari”. “In un ambiente globale fragile, un’Ue che salvi vite umane, protegga i rifugiati, in Europa e nel mondo, e trovi soluzioni per porre fine alle migrazioni forzate e costruire società resilienti è più che mai necessaria”, ha detto Gonzalo Vargas Llosa, rappresentante dell’UNHCR per gli affari europei. “Speriamo che il 2021 sia un nuovo capitolo per la protezione dei rifugiati, con l’Ue che dimostri la sua leadership in Europa e nel mondo”. L’UNHCR rimane tuttavia “profondamente preoccupata per le credibili e ripetute accuse di respingimenti e incoraggia le presidenze a dare priorità allo sviluppo di meccanismi di monitoraggio nazionali indipendenti, come proposto nel Patto dell’Ue, al fine di porre fine a tali pratiche”. Con l’85% dei rifugiati nel mondo accolti nei Paesi in via di sviluppo, l’UNHCR chiede inoltre alle presidenze dell’Ue “di assicurare un aiuto economico prevedibile e flessibile (sia allo sviluppo che umanitario) e un sostegno generale agli Stati ospitanti, anche per rafforzare i loro sistemi di asilo. Meno persone potrebbero intraprendere viaggi pericolosi se i Paesi dell’Ue dimostrassero un maggiore impegno a favore della solidarietà attraverso il reinsediamento, i canali complementari e il ricongiungimento familiare”.  

Siracusa: migranti studiano per diventare “assistenti di sala” nella ristorazione

12 Gennaio 2021 - Siracusa - Parte a Siracusa, grazie alle Suore Missionarie Scalabriniane un corso che punta a formare ragazzi migranti come “Assistenti di sala” nella ristorazione. Gli iscritti sono circa 26 ragazzi provenienti da Nigeria, Somalia, Ghana, Bangladesh e Gambia. Il programma si articola in 2 fasi: una teorica e una pratica. La parte teorica prevede lezioni d'italiano specialistico sulla ristorazione, lezioni di educazione civica e nozioni base di diritto del lavoro, lezioni sui profili igienico-sanitari, l'uso elementare dell'informatica, lezioni teorico-pratiche sull'arte di servire. La parte pratica prevede tirocini formativi presso ristoranti o bar del siracusano. «La pandemia non ci ferma», affermano suor Angeline e suor Mira, «abbiamo bisogno di una rigenerazione; preparare persone vuole essere un contributo all'economia popolare e desideriamo progettare un futuro, che attualmente è congelato per la situazione mondiale, che stiamo patendo e affrontando». Al termine del corso, ai partecipanti che avranno seguito almeno l'80% degli incontri e superato positivamente un esame finale, verrà consegnato un attestato di partecipazione. Le attuali norme di salute e sicurezza sanitaria, legate alla pandemia da coronavirus, rendono impossibile lo svolgimento del corso in presenza. Lo stesso, dunque, viene svolto on line, attraverso la piattaforma Zoom, con 3 incontri settimanali da 2 ore l'uno, nei mesi di gennaio e febbraio. La parte di stage, invece, dovrà necessariamente seguire le disposizioni anti-covid; quindi, verrà definita in corso d'opera.  

Viminale: da inizio anno sbarcate 340 persone sulle nostre coste

11 Gennaio 2021 - Roma - Sono 340 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane da inizio anno. Il dato è stato diffuso dal Ministero degli Interni ed  aggiornato  alle 8 di questa mattina. Dei 340 migranti sbarcati in Italia nel 2021, al momento solo per 22 è stata definita la nazionalità, che è tunisina (6%), mentre per gli altri 318 è ancora in corso la procedura di identificazione.  

Migrantes Forlì-Bertinoro: domani Messa dei Popoli con mons. Corazza

9 Gennaio 2021 - Forlì – Mons. Livio Corazza, vescovo di Forlì-Bertinoro, presiederà la S. Messa dei Popoli nel Duomo di Forlì in programma domani alle ore 11,15, alla presenza delle Comunità etniche cattoliche della diocesi accompagnate dai cappellani etnici. L’annuale appuntamento, organizzato dall’ufficio Migrantes, vedrà la partecipazione delle comunità di migranti cattolici rumena (la più numerosa), ucraina, polacca, filippina, africana francofona, africana anglofona, indiana del Kerala ed eritrea che insieme animeranno la S. Messa con canti e preghiere nelle diverse lingue. Al termine della S. Messa il vescovo distribuirà ai rappresentanti delle Comunità, come segno di presenza e ricordo della giornata, una pergamena con una frase di preghiera “Vieni, Spirito Santo! Mostraci la tua bellezza riflessa in tutti i popoli della terra, per scoprire che tutti sono importanti, che sono necessari, che sono volti differenti della stessa umanità amata da Dio”. (Fratelli tutti, Preghiera cristiana ecumenica). A fine 2019 erano 43.175 i cittadini stranieri residenti nella provincia di Forlì-Cesena, per il 60% rappresentati dalle nazionalità (in ordine numerosità) di Romania, Albania, Marocco, Cina, Ucraina e per il restante 40% da altre 116 nazionalità. Sempre nel 2019 il saldo fra stranieri immigrati e stranieri emigrati è stato di +1.410. L’Ufficio Migrantes della diocesi di Forlì-Bertinoro, oltre a sostenere l’opera di evangelizzazione dei migranti, intende promuovere – spiega il direttore Migrantes, Walter Neri – nella comunità diocesana “opere di fraterna accoglienza e concreto aiuto, particolarmente sentite in questi tempi difficili, in collaborazione con la Caritas e le parrocchie”. Inoltre vede suoi volontari impegnati in uno “sportello di ascolto informale” in centro città, con il quale offrire “supporto e accompagnamento agli immigrati nella ricerca di affitto, lavoro e nello svolgimento di pratiche burocratiche. Continuiamo – aggiunge Neri – anche in questo tempo a seguire quella luce che promana dal Presepe e che ci indica il cammino che ancora ci separa dalla piena accoglienza e integrazione di tutte le persone migranti nelle nostre comunità”. (R.Iaria)