Tragedia in mare: almeno 43 morti

21 Gennaio 2021 – Milano – Sono passati pochi giorni dall’inizio dell’anno, ed ecco già il primo grande naufragio di questo 2021. Almeno 43 persone sarebbero morte al largo della costa di Zuwara, in Libia. Altre 10 sono invece sopravvissute. Lo ha annunciato per primo, su Twitter, Alarm Phone, il centralino di volontari che raccoglie le richieste di soccorso delle traversate del Mediterraneo. «Siamo tristi e arrabbiati. Ue, smetti di uccidere le persone con le tue frontiere» ha commentato la Ong. Anche l’Onu, poco dopo, ha confermato la tragedia. L’OIM, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati si dicono «profondamente rattristati» per quanto accaduto, confermando che si tratta del primo caso di naufragio nel 2021 «nel Mediterraneo centrale», costato la vita ad «almeno 43 persone».

La tragedia è avvenuta martedì, riferiscono dallo staff di Oim e dell’International Rescue Committee (IRC), partner di ACNUR/ UNHCR: i 10 sopravvissuti sono stati portati a Zwara dalla Libyan Coastal Security. L’imbarcazione, salpata dalla città di Zawiya, ha avuto un problema al motore poche ore dopo la partenza e poi si è rovesciata a causa del maltempo. I sopravvissuti sono principalmente cittadini di Costa d’Avorio, Nigeria, Ghana e Gambia. Proprio questi ultimi hanno raccontato che con loro c’erano decine di compagni di viaggio, poi annegati o dispersi: si trattava di uomini provenienti da Paesi dell’Africa occidentale.

E nelle stesse ore del naufragio, si è aperto anche un altro caso: un’altra imbarcazione, infatti, è stata intercettata e riportata a terra dalla cosiddetta Guardia costiera libica. Il respingimento è documentato dal video registrato da Moon Bird, l’aereo della Ong Sea Watch che sorvola il Mediterraneo. «Il nostro aereo #Moonbird sta documentando l’intercettazione del gommone con a bordo circa 40 persone da parte di una motovedetta della cosiddetta Guardia costiera libica. I respingimenti in Libia sono un crimine che viola i diritti umani fondamentali».

Anche le due organizzazioni delle Nazioni Unite puntano il dito contro i respingimenti, quelli lungo la rotta balcanica, ma anche quelli in mare. Quella del Mediterraneo centrale rimane sempre «la rotta migratoria più pericolosa del mondo» affermano dall’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) e dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) in una nota congiunta. Le due organizzazioni temono che, «a causa della limitata capacità di monitorare queste rotte, il numero reale di persone morte nel Mediterraneo centrale già nel corso di questo 2021 potrebbe essere più alto di quanto si pensi». Oim e UNHCR hanno lanciato un appello agli Stati affinché vengano riattivate le «operazioni di ricerca e salvataggio, una lacuna che le Ong e le navi commerciali stanno cercando di colmare nonostante le loro limitate risorse. È necessario smettere di riportare i migranti e i rifugiati in porti non sicuri e si deve istituire un meccanismo di sbarco sicuro che possa essere seguito da una dimostrazione tangibile di solidarietà da parte degli Stati europei con i Paesi che registrano un numero elevato di arrivi».

In Libia, spiegano, la situazione «rimane estremamente precaria. Continuano gli arresti arbitrari e le detenzioni arbitrarie in condizioni drammatiche. Molti rifugiati e migranti sono sfruttati da trafficanti, tenuti in ostaggio e diventano vittime di abusi e torture» Le due agenzie dell’Onu «temono che, qualora l’inazione e l’impunità dovessero prevalere, un numero ancora più elevato di persone potrebbe perdere tragicamente la vita».

Nel 2020, oltre 34mila rifugiati e migranti sono arrivati via mare in Italia, mentre più di 4.100 so- no giunti attraversando il confine italo-sloveno dopo aver viaggiato via terra lungo la rotta balcanica, ricorda l’UNHCR. Nel solo mese di dicembre, 1.591 rifugiati e migranti sono arrivati via mare nelle regioni meridionali dell’Italia: la maggioranza proviene dalla Tunisia e, in misura minore, da Iraq, Iran, Costa d’Avorio ed Egitto. Quasi la metà è partita dalla Tunisia, mentre circa un terzo è partito dalla Turchia. Le partenze da Libia, Algeria e Grecia rappresentavano rispettivamente il 10%, 5% e 4% degli arrivi.

Alla fine del 2020, nonostante l’emergenza per il Covid-19, in Italia sono stati registrati 34.154 arrivi via mare. «Ciò rappresenta un aumento significativo rispetto agli 11.471 registrati nel 2019 – afferma l’UNHCR –: le partenze dalla Tunisia sono quadruplicate e i tunisini rappresentano il gruppo nazionale più diffuso tra gli arrivi, pari al 38% del totale. Solo circa 4.500 delle persone arrivate via mare nel 2020 sono state soccorse dalle autorità o dalle Ong in alto mare: le altre sono stati intercettate dalle autorità vicino alla costa o sono arrivate inosservate. «In tutto il 2020 c’è stata una presenza limitata di Ong che conducono operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale. Alla fine dell’anno, operava solo la nave di soccorso Open Arms». (Daniela Fassini)​

 

 

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