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La Chiesa che incontra: dibattito a Modena chiude il Festival della Migrazione

30 Novembre 2019 - Modena - Saranno il presidente della Commissione Cei per le Migrazioni, il vescovo mons. Guerino Di Tora, l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio, mons. Gian Carlo Perego e mons. Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola, a chiudere, questa sera – nella parrocchia Madonna Pellegrina a Modena alle 21,00 - la quarta edizione del Festival della Migrazione promosso, fra gli altri, dall’Associazione Porta Aperta e Fondazione Migrantes. Al centro del dibattito – che vedrà gli interventi anche di don Mattia Ferrari e della superiora provinciale delle suore scalabriniane, Milva Caro, moderati dal giornalista di Avvenire Paolo Lambruschi –la “Chiesa che incontra”. Numeri, volti, proposte” è stato il tema che ha fatto da filo conduttore a questa edizione che ha visto incontri, seminari, spettacoli, mostre, film, presentazione di libri. Tra gli ospiti lo scrittore Tahar Ben Jelloun, il direttore generale della Fondazione Migrantes, don Gianni De Robertis, i giornalisti Brahim Maarad della redazione esteri dell’Agi e Valentina Furlanetto di Radio 24, oltre a diversi esperti, imprenditori stranieri, etc. Ad aprire il festival un videomessaggio del Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, che ha sottolineato come “iniziative come il Festival della Migrazione, che affrontano temi cardine dei nostri tempi, mostrano che la percezione dell’opinione pubblica rispetto al fenomeno migratorio non sono solo dettati dalla paura e dall’odio, ma che c’è anche una comunità solidale, che è vicina alle tragedie di chi è costretto ad abbandonare tutto e a cercare riparo altrove”. Iniziative che “aiutano a sensibilizzare l’opinione pubblica su temi che interpellano il nostro quotidiano, perché non si possono dimenticare quanti hanno perso la vita cercando di raggiungere le nostre coste”. Sassoli si è detto convinto che occorre “adottare un approccio coordinato, fondato sulla solidarietà e sulla responsabilità, dobbiamo essere coscienti che il fenomeno della migrazione è un problema complesso e comprendere che la diversità è fonte di arricchimento, un’opportunità di crescita per ognuno di noi”. “La sfida delle migrazioni oggi non riguarda tanto l’accoglienza ma la capacità di costruire un paese dove le diversità, la presenza di persone di paesi, culture e religioni diverse, sappiano comporsi in una realtà più ricca”, ha detto don De Robertis. Oggi alle 12.30, alla polisportiva Modena Est, altro appuntamento sarà la seconda edizione del “Pranzo dei popoli”. Otto portate, ognuna tipica di un diverso Paese del mondo, e oltre 300 coperti per un momento di convivialità e di festa. (Raffaele Iaria)              

Corigliano: oggi i licei della città discutono di migrazioni

30 Novembre 2019 - Corigliano - “... E non riuscimmo a riveder le stelle...”. È questo il titolo del volume di Salvatore Martino, con prefazione del card. Gualtiero Bassetti, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, che raccoglie poesie sul dramma dei migranti. “Non è ignota ai migranti l'esperienza del dover cercare la vita altrove, dove si pensa che ci possa essere ancora un futuro, una speranza, sapendo i rischi a cui si va incontro. Rischia invece di rimanere vaga e lontana, per chi non ne fa diretta esperienza, l'asprezza di perdere tutti i propri riferimenti, insieme alle persone care e magari a tanti innocenti”, scrive il card. Bassetti nella prefazione sottolineando che le notizie dei drammi, che “non cessano, producono a volte nella nostra cultura un senso di assuefazione e quasi di inflazione, con relativa perdita di valore. Analogamente, interrogandosi a posteriori sulle possibili concause del numero impensabile di vittime dell'Olocausto, George Steiner lo collegava all'inerzia prodotta dal fatto che le cifre elevate avessero perso, nei bollettini dell'epoca, ogni significato". Il volume rientra nell'ambito di un progetto editoriale promosso dalla Fondazione Migrantes e sarà presentato questa nell’Aula Magna del Liceo Classico “G. Colosimo” su iniziativa dei Licei di Corigliano.

Festival della Migrazione: oggi si apre con un incontro con gli studenti delle scuole superiori

30 Novembre 2019 - Modena – Oggi ultima giornata per la quarta edizione del Festival della Migrazione in corso a Modena su iniziativa dell’Associazione Porta Aperta e della Fondazione Migrantes. La giornata si aprirà questa mattina con un incontro con i giovani. Alle 10, alla Città dei Ragazzi l’incontro per le scuole superiori della città sul tema “Facciamo gli italiani”, coordinato da Delfina Licata, curatrice del Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes, curatrice del Rapporto Italiani nel Mondo. Interverranno, fra gli altri, Roberta Pinelli, assessore al welfare del Comune di Modena, Patrizia Neri, direttrice generale della cooperativa Karibu, Maria Gabriella Tomei, area progettazione cooperativa Karibu, Giorgio Prampolini, presidente della cooperativa Africoop e Silvia Galeazzi di AlmaLaurea. (R.I.)

Migrantes: oggi la presentazione del Rapporto Asilo 2019

29 Novembre 2019 - Modena – Questa mattina, venerdì 29 novembre, a Modena, all’interno della quarta edizione del Festival della Migrazione, sarà presentato il Rapporto “Il Diritto d’Asilo 2019. Non si tratta solo di Migranti. L’Italia che resiste, l’Italia che accoglie” della Fondazione Migrantes, unico report a livello nazionale sul tema dell’asilo e della protezione internazionale. Il Rapporto sul Diritto d’Asilo si avvale di contributi di alto livello e traccia i confini di un tema di grande attualità e interesse. Dalle 9,00, presso il Dipartimento di Giurisprudenza di Unimore, ne parleranno Mariacristina Molfetta, Giovanni Godio e Abduljabar Arab, che illustreranno i dati; Maurizio Veglio, Gianfranco Schiavone e Chiara Marchetti che metteranno al centro alcune tematiche specifiche. Nel pomeriggio tre workshop di approfondimento sulle politiche migratorie, sulle ‘derive’ legali e le nuove sfide, sulle pratiche sociali di resistenza. Nel pomeriggio alle 18 alla libreria San Paolo anche la presentazione del libro del giornalista del quotidiano “Avvenire”, Paolo Lambruschi, “Sulla loro pelle” (edizioni San Paolo). In serata, alle 20.30 al cinema Astra, il film documentario di Marco Santarelli “I nostri” seguito da un dialogo con il regista e don Graziano Gavioli, assistente pastorale dell’Ufficio Migrantes di Modena-Nonantola e Carpi. La giornata si pone all’interno del Festival della Migrazione, che si è aperto ieri (fino a domani) promosso da Porta Aperta, Fondazione Migrantes, Crid del Dipartimento di Giurisprudenza di Unimore e IntegriaMo, con il patrocinio di Università di Modena e Reggio Emilia, Regione Emilia-Romagna e Comune di Modena e il sostegno di Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, Fondazione Unipolis, Bper Banca, Conad, Menù e Coop Alleanza 3.0. (Raffaele Iaria)              

Rossini: “necessario anche un accompagnamento psicologico per i giovani che lasciano l’Italia”

26 Ottobre 2019 - Roma - “All’estero è più facile che i ragazzi abbiano non solo un lavoro ma una carriera. In Italia anche con un titolo di studio elevato si rischia di essere inquadrati con qualifiche inferiori”. Lo ha detto il presidente delle Acli, Roberto Rossini, presentando a Roma il rapporto “Italiani nel mondo” della Fondazione Migrantes. Rossini ha ricordato gli esiti di una ricerca sulla mobilità sociale in Italia compiuta dall’associazione, dalla quale si evince che “è prossima allo zero”. “Un lavoratore su tre nel nostro Paese è disposto a perdere qualcuno dei propri diritti pur di mantenere il proprio lavoro. All’estero il rapporto è di uno su dieci. Questo perché negli altri Paesi vi è un lavoro meno ricattabile”, ha aggiunto. Delineando i percorsi migratori, Rossini ha evidenziato che “molti italiani vanno nelle città globali, dove i servizi sono particolarmente sviluppati e le opportunità di carriera sono elevate”. “L’emigrazione dal Nord Italia si spinge verso queste città, quella dal Sud verso città più piccole”. Il presidente delle Acli ha segnalato anche lo spostamento di “giovani che vivono come coppie di fatto con figli o senza figli”. “Si rileva uno spostamento delle famiglie all’estero e non è necessariamente quello di coppie sposate”. Un fatto che dimostra, a suo avviso, come questo fenomeno sia legato “non solo all’occupazione, ma anche al fatto che la famiglia può star meglio all’estero”. Infine, l’attenzione è rivolta a un altro dato. “Solo il 15% del campione si dice disposto a ritornare in Italia. Questo fatto ci dice che la condizione che gli emigrati trovano all’estero è buona”. Ma c’è un passo successivo da compiere. “Stiamo cercando di capire come accompagnare all’estero questi giovani – ha riferito Rossini -. Abbiamo una sede a Parigi dove opera uno psicologo. Questo perché non è necessario solo un accompagnamento dal punto di vista burocratico, ma anche psicologico”.

Licata: “la mobilità italiana è diventata un dato strutturale

26 Ottobre 2019 - Roma - “Il numero di partenze è uguale a quello dello scorso anno, ma il problema è che la mobilità italiana è diventata un dato strutturale. Da quattro anni sono oltre 100mila gli emigranti registrati ogni anno, da due anni sono oltre 128.000. Perdiamo cittadini italiani che finiscono con l’arricchire i luoghi in cui si trasferiscono”. Lo ha detto Delfina Licata della Fondazione Migrantes, presentando a Roma il rapporto che ha curato dal titolo “Italiani nel Mondo”. “Anche tanti immigrati in Italia considerano il nostro un Paese di passaggio perché sono propensi ad andare all’estero”, ha aggiunto la ricercatrice. Che ha evidenziato anche come “rispetto allo scorso anno l’età anagrafica di coloro che partono è diminuita”. “La maggior parte di loro non è più over 50 anni, ma per il 40 per sento si tratta di giovani tra i 18 e i 34 anni. Inoltre, oggi la famiglia accompagna la migrazione”. Ribadendo che “la migrazione non è una scelta ma una necessità”, Licata ne ha evidenziato le ricadute sui contesti comunali. E ha indicato degli esempi concreti. Il rapporto della fondazione Migrantes evidenzia che a Castelnuovo di Conza, in provincia di Salerno, è emigrata negli anni il 480% della popolazione attuale, mentre a Carrega ligure (Alessandria) il 348% e ad Acquaviva Platani (Caltanissetta) il 264%. “Crediamo che la mobilità sia qualcosa di positivo, ma c’è un diritto di restare. Bisogna avere una possibilità di scelta. Perché ci siano radici che non si spezzano”. (Sir)    

Mons. Di Tora: Italia “popolo migrante nel mondo della globalità”

26 Ottobre 2019 -

Rapporto Italiani nel Mondo. Provenzano :“un Piano per il Mezzogiorno entro fine anno”.

25 Ottobre 2019 - Roma - “Dopo che si è parlato per molti anni con toni inaccettabili della presunta invasione di immigrati, mettiamo a fuoco la vera questione sociale e democratica che nel nostro Paese torna a essere l’emigrazione dei giovani dal Sud verso il Centro Nord e da tutta l’Italia verso il resto del mondo. Il Governo vuole riavviare un processo di sviluppo che sani le fratture sociali e territoriali”. Lo ha detto Giuseppe Provenzano, ministro per il Sud e la coesione territoriale, presentando stamani a Roma il rapporto “Italiani nel mondo” della Fondazione Migrantes. “Bisogna intervenire nelle aree interne, nelle campagne deindustrializzate. Lì bisogna attuare maggiori politiche di sviluppo, garantire servizi e una possibilità di occupazione che consenta ai giovani di costruire un futuro in quei territori – ha aggiunto -. Noi abbiamo raddoppiato le risorse per la strategia nelle arie interne”. Ricordando che “nella legge di bilancio abbiamo anticipato alcune misure che servono all’impresa e all’industria”, il ministro ha evidenziato che ci sarà un “piano per il Sud” che “l’accompagnerà” e “sarà pronto entro fine anno”. “Riavvierà non solo la possibilità di programmare nuovi investimenti ma, soprattutto, di realizzarli. La sfida non è tanto mettere risorse in bilancio ma spendere bene quelle previste”. Sono cinque le direttrici previste e indicate dal ministro: la lotta alla povertà educativa e minorile; le infrastrutture sociali; rafforzare al Sud il modello di sviluppo degli investimenti green; puntare sullo sviluppo tecnologico e guardare al Mediterraneo “non come un mare di morte ma come un mare di opportunità”. Stimando il “costo sociale” delle emigrazioni dei giovani, Provenzano la considera una “perdita negli ultimi dieci anni di 30 miliardi pagata dal Mezzogiorno”. “È un’emigrazione diventata più precoce per la mancata possibilità offerta ai giovani di sentirsi protagonisti di un processo di cambiamento e per la mancanza di possibilità di lavoro”.

Rapporto Italiani nel Mondo. Mons. Russo: lavorare insieme contro i pregiudizi

25 Ottobre 2019 - Roma - “Interrogarsi con onestà e riflettere con rigore sulla percezione e la conseguente creazione di stereotipi e pregiudizi che hanno accompagnato il migrante italiano” serve “non solo a fare memoria di sé, ma diventa motivo di migliore comprensione di chi siamo oggi e di chi vogliamo essere”. Lo ha affermato mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei, intervenendo alla presentazione della XIV edizione del “Rapporto Italiani nel Mondo” della Fondazione Migrantes che quest’anno contiene il focus: “Quando brutti, sporchi e cattivi erano gli italiani: dai pregiu-dizi all’amore per il made in Italy”. “Sorprende, amareggia, incupisce – ha osservato – leggere dei tanti episodi di denigrazione ai quali gli italiani sono stati sottoposti in passato come migranti, ma amareggia ancora di più trovare episodi e appellativi oggi, rendersi conto che ancora, a volte, persistono questi atteggiamenti di discriminazione o, addirittura, ne sono nati di nuovi come nel caso della cooperazione internazionale”. A volte, ha aggiunto mons. Russo, “è la stessa Chiesa ad essere stata oggetto di tali accuse” e “oggi è al centro delle discussioni più animate proprio per il tema della mobilità”. Secondo il segretario generale della Cei, invece, “siamo chiamati a volgere il nostro sguardo e il nostro impegno verso tutti in modo uguale ricercando nuovi strumenti per guardare al migrante come soggetto in movimento all’interno di uno spazio comune che è la Madre Terra, che è di tutti e non di alcuni solamente, madre quando accoglie e matrigna quando costringe ad andare via”. “Qualsiasi sia il tipo di migrazione oggi, qualsiasi migrante si prenda in considerazione da qualsiasi angolo della Terra arrivi e in qualsiasi luogo lui voglia andare, va considerato persona migrante e, quindi, va accolto, protetto, promosso e integrato”, ha ribadito mons. Russo per il quale occorre “non calare dall’alto programmi assistenziali, ma costruire comunità che, pur conservando le rispettive identità culturali e religiose, siano aperte alle differenze e sappiano valorizzarle”. Si tratta cioè di impegnarsi a creare “comunità radiali e circolari, dove il senso di appartenenza viene modificato e giammai cancellato, dove ogni persona possa sentirsi di appartenere non in modo esclusivo, ma possa poter dare un contributo e, allo stesso tempo, ricevere collaborazione”.

Mons. Russo al Rapporto Italiani nel Mondo: la missione della Chiesa è vivere con la gente e tra la gente

25 Ottobre 2019 - Roma – Pubblichiamo il testo integrale dell’intervento di mons. Stefano Russo, Segretario Generale della CEI intervenuto questa mattina alla presentazione del Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes. Se dovessi riassumere il Rapporto Italiani nel Mondo con una semplice frase direi che è un volume di domande per le quali troviamo anche le risposte. E non capita sempre, anzi succede raramente. È più semplice lanciare le situazioni problematiche e lasciarle prive della parte propositiva e costruttiva attraverso la quale si prova a superarle. Condivido con voi, perciò, alcuni degli interrogativi e relative risposte che ho rintracciato probabilmente spinto dal mio servizio quotidiano alla Conferenza Episcopale Italiana, ma sicuramente anche dal mio essere cittadino di questo Stato e di questo continente. Perché la Chiesa si interessa della mobilità umana e italiana in particolare? La missione della Chiesa è vivere con la gente e tra la gente. Un posto particolare nel cuore della Chiesa lo hanno i migranti di ogni nazionalità, al di là dei paesi da cui partono e delle terre in cui arrivano, dei percorsi migratori che compiono. Siano essi migranti economici, richiedenti asilo o rifugiati, altamente qualificati o senza qualifica che vivono da protagonisti la transnazionalità, chi oggi è attore di mobilità dà alla Chiesa l’opportunità di vivere il segno più peculiare della sua natura e cioè la "cattolicità", contribuendo efficacemente alla comunione tra i popoli e alla fraternità. L’Italia è storicamente terra di partenze. Lo era ieri e continua ad esserlo oggi. Lo vediamo dai numeri del Rapporto Italiani nel Mondo. Numeri importanti certamente, ma soprattutto, e lo abbiamo sentito, profili diversi che spronano a far di più e meglio come studiosi e operatori. Chi parte oggi tra gli italiani ha motivazioni differenti rispetto a chi partiva nel passato e a chi parte oggi, nello stesso momento storico, da altre parti del mondo. Siamo chiamati a volgere il nostro sguardo e il nostro impegno verso tutti in modo uguale ricercando nuovi strumenti per guardare al migrante come soggetto in movimento all’interno di uno spazio comune che è la Madre Terra, che è di tutti e non di alcuni solamente, madre quando accoglie e matrigna quando costringe ad andare via. «A me non piace dire “migranti” – ha detto a braccio il Papa ai fedeli durante l’Udienza generale dello scorso aprile – a me piace più dire “persone migranti” […] Migranti è un aggettivo, le persone sono sostantivi. […] Noi siamo caduti nella cultura dell’aggettivo, usiamo tanti aggettivi e dimentichiamo tante volte i sostantivi, cioè la sostanza» L’aggettivo, ha continuato il Pontefice, va legato indissolubilmente al soggetto e quindi alla persona per cui papa Francesco esorta a dire “la persona migrante” per dare dignità al racconto di una vita in cammino alla ricerca di uno stare meglio. Parlando di migranti, quindi, a qualsiasi latitudine e a partire da qualsiasi motivazione, il pensiero deve andare alla persona e dalla persona alle comunità chiamate, come indicato dal Santo Padre, ad accogliere i migranti, a proteggerli, a promuoverli e a integrarli. Erroneamente si potrebbe pensare che i quattro verbi promossi da papa Francesco riguardino solo chi arriva dalle zone più arretrate o dai paesi in conflitto, quelli che fuggono da guerre e persecuzioni o da disastri ambientali, i richiedenti asilo e protezione, i perseguitati per cause politiche o religiose. L’appello del Papa – accogliere, proteggere, promuovere e integrare – si rivolge, invece, a tutti coloro che sono impegnati nella mobilità umana a favore di tutti i migranti di oggi, compresi gli italiani da tempo in emigrazione o partiti di recente. Quanto detto è diventato più chiaro con il Messaggio per la 105ma Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2019 scandito dal tema Non si tratta solo di migranti: qualsiasi sia il tipo di migrazione oggi, qualsiasi migrante si prenda in considerazione da qualsiasi angolo della Terra arrivi e in qualsiasi luogo lui voglia andare, va considerato persona migrante e, quindi, va accolto, protetto, promosso e integrato. Non si tratta di calare dall’alto programmi assistenziali, ma di costruire comunità che, pur conservando le rispettive identità culturali e religiose, siano aperte alle differenze e sappiano valorizzarle. Si tratta, nello specifico, di comunità radiali e circolari, dove il senso di appartenenza viene modificato e giammai cancellato, dove ogni persona possa sentirsi di appartenere non in modo esclusivo, ma possa poter dare un contributo e, allo stesso tempo, ricevere collaborazione. Uno scambio reciproco, dunque, nella logica del mettere a disposizione degli altri i propri carismi. Che ruolo ha la Chiesa di fronte alla sfida europea? «A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà». È questo l’incipit dell’Appello ai Liberi e forti, la pietra miliare donataci da don Luigi Sturzo cento anni fa (1919) e che ritorna prepotentemente di attualità nel nostro tempo in cui il richiamo alla necessità di un nuovo patto sociale che impegni uomini e donne che hanno a cuore il destino dell’Italia (e dell’Europa) sembra una via di uscita auspicabile e praticabile. All’interno delle pagine del volume trovate un saggio che inizia proprio citando questa ricorrenza e il Convegno internazionale tenutosi a Caltagirone a giugno u.s. dal titolo L’attualità di un impegno nuovo. Certamente don Sturzo dava priorità agli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa, ma la sua attualità di fronte alla sfida della nuova questione sociale che ci troviamo ad affrontare è che il suo messaggio è profondamente, intrinsecamente laico ovvero rivolto alla difesa dell’umanità in quanto incalpestabile, sacra nella sua dignità e indiscutibile nei suoi diritti per cui oggi come ieri “essere liberi e forti significa andare controcorrente, farsi difensori coraggiosi della dignità umana in ogni momento dell’esistenza: dalla maternità al lavoro, dalla scuola alla cura dei migranti” (citazione dall’intervento al Convegno del Card. Gualtiero Bassetti). Credere ancora nel progetto europeo, dunque, è vincente. Non è una questione solo sociale, ma anche economica, politica, demografica, di visione lungimirante del futuro. E poiché è del domani che si parla sono proprio i protagonisti, ovvero i giovani, a far capire quale sia, oggi, la questione. L’idea iniziale dell’Unione Europea è oggi superata nella concretezza del vivere ma non nell’ideale primigenio: le nuove generazioni, infatti, non credono e non vogliono l’Europa legata prioritariamente al piano politico e a quello finanziario. Consapevoli e complici delle reali opportunità date dalla globalizzazione, essi spingono per la realizzazione di quelli che il demografo Alessandro Rosina definisce gli Stati Uniti d’Europa dove la parte da leone è giocata, contestualmente, dalla cultura, dalla libertà e dalla centralità della persona. I giovani chiedono un’Europa migliore, più lungimirante e orientata al futuro non del solo continente europeo, ma allargato all’intero pianeta coinvolto dalla globalizzazione dei problemi e delle relative soluzioni. Faccio riferimento non solo alla questione migratoria, ma anche a quella climatica, demografica, economica. Perché un tale processo di mondializzazione sia realizzato occorre condividerlo e costruirlo insieme ai giovani e alle nuove generazioni forti dell’esperienza degli anziani sicuramente ma prestando attenzione ai guizzi di novità, alla spensieratezza e perché no? Anche alla buona e giusta dose di rischio che solo l’essere giovani sa prendersi e portarsi con sé. Quanto contano cultura e ricerca nella vita quotidiana? Sia questa la giornata da cui emerge quanto sia importante dedicare tempo, risorse, creatività allo studio. Troppe volte ascoltiamo che l’Italia è, per la ricerca, una Cenerentola rispetto ad altre nazioni europee e rispetto all’intero panorama internazionale. Pochi fondi ma non poche idee né tantomeno poco impegno. Lo riscontriamo dai tanti talenti italiani impegnati nella ricerca su tutti i campi ma fuori dei confini nazionali. E lo vediamo dalle ricerche che vengono portate avanti nonostante i più diversi ostacoli dalle accademie italiane e dagli altri luoghi preposti a questo compito. Sia questa giornata l’occasione per ribadire che un paese che cura la ricerca e lo studio, che solo una nazione che studia se stessa, la propria storia è destinata a progredire nella “corsa” alla comprensione di ciò che accade ma soprattutto a mettere a frutto le strategie migliori per superare le crisi vissute. In questa linea, proprio ieri il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ricordava che “la ricerca è un motore di solidarietà e della società, un motore sempre più importante in ogni ambito della vita civile” ed anche “un aiuto concreto alle persone e alle famiglie”. Da troppi anni ormai anche dalle pagine del Rapporto Italiani nel Mondo viene posto l’accento sulle problematiche costanti e divenute più che strutturali per l’Italia: la pregnante disoccupazione; l’invecchiamento della popolazione; la grave denatalità; la mancanza di politiche d'integrazione e di sostegno alle famiglie e ai giovani che, sempre più demotivati e per troppo tempo tagliati fuori dal mondo del lavoro e dal welfare, si rivolgono all’estero; la regressione culturale che ha portato a rigurgiti xenofobi e all’individualismo più sfrenato. Il Rapporto Italiani nel Mondo 2019 ci ricorda quanto lo “stare sul pezzo” sia la giusta strategia. Ogni anno si tratta di studi che non sono mai ripetitivi, perché il fenomeno migratorio come e più di ogni altro fenomeno sociale, è costretto dal mutamento, dal cambiamento, dalla trasformazione. Da sempre la Chiesa è, quindi, luogo di cultura ed è chiamata a stimolare a nuove conoscenze, chiare e corrette informazioni sui fenomeni sociali troppe volte preda di opinioni disturbate, distorte e strumentalizzate. Viviamo un tempo paradossale: gli strumenti a nostra disposizione hanno reso il mondo a portata di un click. Abbiamo sicuramente tutti molta più possibilità di conoscere la realtà, ma finiamo col lasciarci influenzare, molto più che in passato, dal sentito dire, dalle fake news a volte strumentalmente costruite per distorcere quanto vediamo intorno a noi. La Chiesa continua a studiare. Siano la multidisciplinarietà, l’apertura all’incontro con altri studiosi, il lavorare insieme i segreti del lavoro del domani su cui puntare, un metodo che non solo arricchisce il confronto teorico, ma la crescita umana al di là delle appartenenze e delle identità di ciascuno. Scopro da queste pagine cosa è il “laboratorio multiculturale professionale”, questa redazione transnazionale tra l’Italia e l’estero che si è impegnata a donarci questo lavoro. Possiamo davvero lavorare insieme per un fine comune? Diventi questo l’impegno primario per il nostro futuro. Quando brutti, sporchi e cattivi erano gli italiani: dai pregiudizi all’amore per il made in Italy è il titolo dato allo speciale di quest’anno del Rapporto Italiani nel Mondo e non poteva essere trovato tema più attuale. Interrogarsi con onestà e riflettere con rigore sulla percezione e la conseguente creazione di stereotipi e pregiudizi che hanno accompagnato il migrante italiano serve non solo a fare memoria di sé, ma diventa motivo di migliore comprensione di chi siamo oggi e, auspichiamo con la lettura e i ragionamenti a partire dalle pagine qui presentate, di chi vogliamo essere. Sorprende, amareggia, incupisce leggere dei tanti episodi di denigrazione ai quali gli italiani sono stati sottoposti in passato come migranti, ma amareggia ancora di più trovare episodi e appellativi oggi, rendersi conto che ancora, a volte, persistono questi atteggiamenti di discriminazione o, addirittura, ne sono nati di nuovi come nel caso della cooperazione internazionale ad esempio. A volte è la stessa Chiesa ad essere stata oggetto di tali accuse. Oggi, non lo nascondo, è al centro delle discussioni più animate proprio per il tema della mobilità. Intervenendo a un convegno a marzo scorso dal titolo “Una strategia per l’Italia” ho ringraziato Piero Schiavazzi per la sottolineatura che ha dato della Chiesa che per lo Stato italiano “più che un ‘vincolo’ è uno ‘svincolo’, un accesso preferenziale all’autostrada della mondialità, una risorsa disponibile in casa”. «Aggiungo che a tale risorsa si può attingere con fiducia, nella consapevolezza che come Chiesa non perseguiamo né privilegi di bottega, né ambizioni velleitarie con cui sostituirci alla responsabilità delle istituzioni politiche: se a volte ci troviamo a svolgere determinati compiti è piuttosto per spirito di supplenza e non per mancanza di rispetto per la laicità dello Stato, nei confronti del quale esprimiamo la nostra piena collaborazione a sostegno dei diritti fondamentali dell’uomo e della costruzione del bene comune» (citazione presa dal discorso tenuto al convegno Limes del marzo 2019).        

Rapporto Italiani nel Mondo: “aiutare al rispetto della diversità e di chi, italiano o cittadino del mondo, si trova a vivere in un Paese diverso da quello in cui è nato”

25 Ottobre 2019 -

Roma - Il Rapporto Italiani nel Mondo 2019, presentato a Roma questa mattina, attraverso analisi sociologiche e linguistiche, aneddoti e storie fa riferimento al tempo in cui erano gli italiani ad essere discriminati, risvegliando “il ricordo di un passato ingiusto – spiega il testo - non per avere una rivalsa sui migranti di oggi che abitano strutturalmente i nostri territori o arrivano sulle nostre coste, ma per ravvivare la responsabilità di essere sempre dalla parte giusta come uomini e donne innanzitutto, nel rispetto di quel diritto alla vita (e, aggiungiamo, a una vita felice) che è intrinsecamente, profondamente, indubbiamente laico”. Si tratta dunque di “scegliere non solo da che parte stare, ma anche che tipo di persone vogliamo essere e in che tipo di società vogliamo vivere noi e far vivere i nostri figli, le nuove generazioni”. La Fondazione Migrantes auspica che questo studio possa “aiutare al rispetto della diversità e di chi, italiano o cittadino del mondo, si trova a vivere in un Paese diverso da quello in cui è nato”.

Rapporto Italiani nel Mondo: 128 mila partenze nell’ultimo anno

25 Ottobre 2019 -

Roma - Da gennaio a dicembre 2018 si sono iscritti all’AIRE 242.353 italiani di cui il 53,1% (pari a 128.583) per espatrio. L’attuale mobilità italiana continua a interessare prevalentemente i giovani (18-34 anni, 40,6%) e i giovani adulti (35-49 anni, 24,3%). Il 71,2 è in Europa e il 21,5% in America (il 14,2% in America Latina). Sono ben 195 le destinazioni di tutti i continenti. Il Regno Unito, con oltre 20 mila iscrizioni, risulta essere la prima meta prescelta nell’ultimo anno (+11,1% rispetto all’anno precedente). Al secondo posto, con 18.385 connazionali, vi è la Germania (-8,1%). A seguire la Francia (14.016), il Brasile (11.663), la Svizzera (10.265) e la Spagna (7.529). E’ quanto evidenzia il rapporto Italiani nel Mondo presentato a Roma questa mattina.

Le partenze nell’ultimo anno hanno riguardato 107 province italiane. Con 22.803 partenze continua il solido “primato” della Lombardia, seguita dal Veneto (13.329), dalla Sicilia (12.127), dal Lazio (10.171) e dal Piemonte (9.702).

Rapporto Italiani nel Mondo: circa 5.300mila gli italiani residenti all’estero

25 Ottobre 2019 -

Roma - Su un totale di oltre 60 milioni di cittadini residenti in Italia a gennaio 2019, alla stessa data l’8,8% è residente all’estero. In termini assoluti, gli iscritti all’AIRE, aggiornati al 1° gennaio 2019, sono 5.288.281. E’ quanto emerge dal Rapporto Italiani nel Mondodella Fondazione Migrantes presentato questa mattina a Roma.

Dallo studio si evidenzia che dal 2006 al 2019 la mobilità italiana è aumentata del +70,2% passando, in valore assoluto, da poco più di 3,1 milioni di iscritti all’AIRE a quasi 5,3 milioni.

Quasi la metà degli italiani iscritti all’AIRE è originaria del Meridione d’Italia (48,9%, di cui il 32,0% Sud e il 16,9% Isole); il 35,5% proviene dal Nord (il 18,0% dal Nord-Ovest e il 17,5% dal Nord-Est) e il 15,6% dal Centro.

Oltre 2,8 milioni (54,3%) risiedono in Europa, oltre 2,1 milioni (40,2%) in America. Nello specifico, però, sono l’Unione Europea (41,6%) e l’America Centro-Meridionale (32,4%) le due aree continentali maggiormente interessate dalla presenza dei residenti italiani. Le comunità più consistenti si trovano, nell’ordine, in Argentina (quasi 843 mila), in Germania (poco più di 764 mila), in Svizzera (623 mila), in Brasile (447 mila), in Francia(422 mila), nel Regno Unito (327 mila) e negli Stati Uniti d’America (272 mila).

Migrantes: la mobilità italiana. Il tempo delle scelte

25 Ottobre 2019 -

Roma - È stata presentata oggi a Roma la XIV edizione del “Rapporto Italiani nel Mondo” della Fondazione Migrantes. Con il contribuito di circa 70 studiosi italiani e non, la mobilità dall’Italia e nell’Italia è analizzata partendo dai dati quantitativi (socio-statistici). L’approfondimento di questa edizione è dedicato alla percezione delle comunità italiane nel mondo: “Quando brutti, sporchi e cattivi erano gli italiani: dai pregiudizi all’amore per il made in Italy”. Il Rapporto Italiani nel Mondo riflette cioè sulla percezione e sulla conseguente creazione di stereotipi e pregiudizi rispetto al migrante italiano. Il fare memoria di sé diventa quindi occasione per meglio comprendere chi siamo oggi e chi vogliamo essere.

Senza distogliere lo sguardo

3 Ottobre 2019 - Roma - Ricordiamo oggi il naufragio del 3 ottobre 2013 a poche decine di metri da Lampedusa, che causò la morte di 368 innocenti. Non si tratta del ricordo di un evento passato, ma di una tragedia che continua, perché, anche se nel silenzio dei media e nell’indifferenza dei più, ogni giorno continuano a morire nel Mediterraneo persone che fuggono da guerre, miseria, violenza. Ma, ci ha ricordato il Papa domenica scorsa nell’omelia per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato “ come cristiani non possiamo essere indifferenti di fronte al dramma delle vecchie e nuove povertà, delle solitudini più buie, del disprezzo e della discriminazione di chi non appartiene al “nostro” gruppo. Non possiamo rimanere insensibili, con il cuore anestetizzato, di fronte alla miseria di tanti innocenti. Non possiamo non piangere. Non possiamo non reagire. Chiediamo al Signore la grazia di piangere, quel pianto che converte il cuore davanti a questi peccati (…) Amare il prossimo significa sentire compassione per la sofferenza dei fratelli e delle sorelle, avvicinarsi, toccare le loro piaghe, condividere le loro storie, per manifestare concretamente la tenerezza di Dio nei loro confronti. Significa farsi prossimi di tutti i viandanti malmenati e abbandonati sulle strade del mondo, per lenire le loro ferite e portarli al più vicino luogo di accoglienza, dove si possa provvedere ai loro bisogni”. Amare il prossimo significa sentire compassione per la sofferenza dei fratelli e delle sorelle, avvicinarsi, toccare le loro piaghe, condividere le loro storie, per manifestare concretamente la tenerezza di Dio nei loro confronti. Significa farsi prossimi di tutti i viandanti malmenati e abbandonati sulle strade del mondo, per lenire le loro ferite e portarli al più vicino luogo di accoglienza, dove si possa provvedere ai loro bisogni”.   La memoria di oggi sia per ciascuno di noi occasione per non distogliere lo sguardo da queste persone. e per ottenere la grazia del pianto e di un impegno fattivo verso di loro.  (Don Giovanni De Robertis - Direttore Generale Fondazione Migrantes)

Una barca in piazza San Pietro per non dimenticare

1 Ottobre 2019 - Città del vaticano - Erano tutti presenti: migranti arrivati in Europa e che si sono inseriti nella società, rifugiati scampati alle guerre, perseguitati costretti ad abbandonare le loro case e a cercare un futuro altrove. Ma idealmente in piazza San Pietro — dove il Papa ha presieduto la messa per la 105ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato — c’erano anche i tanti che stanno per lasciare i loro Paesi di origine o che, dopo una traversata spesso lunga e difficile, si preparano a sbarcare sulle coste europee. Quarantamila persone si sono strette intorno al Pontefice domenica mattina, 29 settembre. Un’assemblea vivace e variopinta, un miscuglio di razze e di culture, dove era possibile vedere, gli uni accanto agli altri, i discendenti degli indios dell’America latina, con i caratteristici copricapi di mille colori, uomini e donne in costume tradizionale africano o sudamericano, famiglie di europei. Tutti uniti in nome di Cristo e della solidarietà e dell’accoglienza. Anche il coro multietnico — i cui membri indossavano una maglia con la scritta: “Non si tratta solo di migranti”, tema della Giornata — ha voluto sottolineare l’importanza di sentirsi cittadini del mondo, dove nessuno è estraneo in nessun luogo. Le maglie dei cantori erano di cinque colori: blu, verde, rosso, giallo e bianco, a ricordare i cinque continenti e il rosario missionario. Provenivano da vari Paesi: Romania, Congo, Messico, Sri Lanka, Filippine, Italia, Indonesia, India e Perú. Il coro, coordinato da Antonella Mattei, è stato diretto da Jurij Gianluca Ricotti. Anche i protagonisti dell’offertorio erano di varie nazionalità: famiglie provenienti da Italia, Nigeria, Siria, Filippine e Slovacchia. Gli stessi canti scelti per la celebrazione hanno espresso l’universalità della Chiesa e il bisogno di non costruire barriere. Alla preghiera dei fedeli sono state elevate intenzioni in cinese, per riaccendere il desiderio di tendere alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla penitenza e alla mitezza; in italiano, per i governanti; in arabo, per i migranti, i forestieri, i prigionieri; in francese, per i cristiani perseguitati; in swahili, per i defunti. Un altro elemento della liturgia ha assunto il valore di un segno di solidarietà con i migranti: l’incenso. Proveniva dal campo profughi di Bokolmanyo, nell’Etiopia meridionale, che ospita quarantamila rifugiati. L’impiego di questo incenso di alta qualità vanta una tradizione antica che risale a 600 anni fa. È grazie alla sua raccolta e alla sua vendita che i rifugiati riescono a emanciparsi economicamente, andando ben oltre la condizione di mera sopravvivenza. L’incenso è stato donato al Papa dal principe Jaime de Bourbon de Parme, già ambasciatore dei Paesi Bassi presso la Santa Sede. Attualmente collabora con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Al momento della consacrazione sono saliti all’altare i cardinali Gualtiero Bassetti, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Angelo De Donatis, Vicario generale per la Diocesi di Roma, Peter Kodwo Appiah Turkson, Prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, e il vescovo Guerino Di Tora, Presidente della Fondazione Migrantes. Insieme con Francesco hanno concelebrato undici porporati e sedici presuli, tra i quali l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati. Erano presenti l’arcivescovo Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia, e monsignor Leonardo Sapienza, reggente della Prefettura. Al termine della celebrazione eucaristica, il cardinale Bassetti ha rivolto un breve saluto al Pontefice, nel quale ha sottolineato come in questa occasione si siano riuniti intorno all’altare uomini e donne di ogni luogo e di ogni razza. “Questa piazza vivace e colorata — ha detto — ha raccolto gente di ogni dove, unita nello spirito di lode al Signore, padre di tutta l’umanità. La fede e la potenza del risorto ci fanno sentire fratelli e ci spingono ad amare tutti, come Lui ci ha amati e ha dato se stesso per noi”. Il Presidente della CEI ha poi sottolineato come la Chiesa che è in Italia si senta “interpellata dal mondo delle migrazioni. Milioni di uomini e donne, bambini, giovani e anziani ogni anno lasciano la propria terra in cerca di una vita migliore, di un luogo di pace o di progresso dove poter trovare rifugio e dignità”. Si tratta, ha aggiunto, “di un vasto movimento di popoli tormentati dalla violenza, dalla fame, dalla disperazione, che cerca aiuto presso i paesi più ricchi e capaci. Essi stendono la mano come il povero Lazzaro, chiedendo almeno le briciole del pane per sfamarsi. Ma il ricco epulone della parabola non vuole vedere né sentire, la sua ricchezza lo ha reso povero di sentimento e gli ha inaridito il cuore. Egli non vuol condividere con altri le sue ricchezze e la prosperità la considera cosa privata”. Eppure il Signore, con la sua Parola e il suo esempio di amore, “ci invita a essere solidali, a non assecondare le ingiustizie e l’empietà. I poveri che bussano alla nostra porta, i migranti che cercano una vita migliore sono il nostro prossimo nel bisogno. La mensa condivisa è compassione, amore, gioia. In questa eucaristia abbiamo condiviso il sacramento che ci fa figli e ci rende fratelli”. Il porporato ha concluso assicurando che la Chiesa italiana, attraverso Caritas e Migrantes, “cerca di dar corpo al Vangelo della carità e della gioia. Preghiamo ogni giorno per lei — ha detto al Papa — e la sosteniamo con il nostro affetto. Pregano per lei i poveri da noi accolti, la cui voce sale al cielo con maggior vigore”. Dopo il giro della piazza in papamobile, il Pontefice ha inaugurato il monumento dedicato ai migranti allestito sul lato sinistro del colonnato. La scultura intitolata Angels unware (“Angeli inconsapevoli”), realizzata in bronzo e argilla dall’artista canadese Timothy Schmalz, è stata promossa dalla Sezione Migranti e rifugiati del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, tramite uno dei due sottosegretari, padre Michael Czerny, che verrà creato cardinale nel prossimo Concistoro. Come spiega l’artista al nostro giornale, il tema dell’opera rimanda al passo della Lettera agli Ebrei (13, 2): «Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli». La scultura, racconta Schmalz, raffigura una barca a grandezza naturale in cui trovano posto migranti di ogni epoca, religione, razza e cultura. Al centro svettano due ali di angelo per mostrare che dietro ogni migrante c’è una realtà che lo trascende. Secondo l’artista, ognuno di noi almeno per una volta è stato migrante nella storia. Per realizzare la scultura Schmalz ha impiegato un anno, lavorando ogni giorno dalle 4 alle 17. È toccato a una famiglia originaria del Camerun alzare il telo che copriva il monumento. All’inaugurazione, oltre al cardinale Turkson e a padre Czerny, erano presenti il cardinale Giuseppe Bertello e il vescovo Fernando Vérgez Alzaga, rispettivamente presidente e segretario del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, e padre Rafael García de La Serrana Villalobos, direttore della Direzione delle infrastrutture e servizi del Governatorato. (Nicola Gori – Osservatore Romano)

Migrantes: il 25 ottobre il Rapporto Italiani nel Mondo

30 Settembre 2019 - Roma –  Sarà presentato a Roma il prossimo 25 ottobre, il Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes. Giunto alla XIV edizione il Rapporto presenta annualmente la realtà dell’emigrazione italiana nel Mondo con il contributo di oltre 50 studiosi dall’Italia e dal Mondo. Si tratta dell’unico Rapporto interamente dedicato all’Italia e alla sua mobilità nel mondo: dati quantitativi (statistici) e qualitativi del fenomeno migratorio degli italiani all’estero.

Don De Robertis: non si tratta solo di Migranti (persone, non aggettivi)

28 Settembre 2019 - Roma – Domani, domenica 29 settembre, si celebrerà in Italia e in tutto il mondo la Giornata del migrante e del rifugiato. Il tema scelto quest’anno da papa Francesco per il suo messaggio –. Non si tratta solo di migranti – ci invita a riflessioni stringenti. Anzitutto ci ricorda, come più volte aveva già fatto il Santo Padre in questo 2019, che nessun essere umano può essere ridotto a un aggettivo: «Migranti è un aggettivo, le persone sono sostantivi». Essi sono uomini, donne, bambini, padri, madri e sposi, portatori di molteplici storie, interessi e ricchezze come ciascuno di noi. In secondo luogo, il Papa vuole dirci che nella posizione che assumiamo verso il forestiero non è in gioco solo il “loro” destino, ma anche il “nostro”: «L’atteggiamento nei loro confronti rappresenta un campanello d’allarme che avvisa del declino morale a cui si va incontro se si continua a concedere terreno alla “cultura dello scarto”. Infatti, su questa via, ogni soggetto che non rientra nei canoni del benessere fisico, psichico e sociale diventa a rischio di emarginazione e di esclusione». Forse non è un caso che in questi ultimi anni in Italia abbiamo visto crescere l’ostilità verso le persone straniere, l’indifferenza di fronte al dramma di quanti cercano di raggiungere le nostre coste, e insieme la litigiosità, la solitudine e la violenza presenti nella nostra società. Veramente, come scrive ancora il Papa nel suo messaggio, «la presenza dei migranti e dei rifugiati – come, in generale, delle persone vulnerabili – rappresenta oggi un invito a recuperare alcune dimensioni essenziali della nostra esistenza cristiana e della nostra umanità, che rischiano di assopirsi in un tenore di vita ricco di comodità». Infine, non si tratta solo di migranti perché è della stessa presenza viva di Cristo nella nostra società che si tratta, che non è assicurata dalla presenza dei crocifissi o di altri simboli religiosi, ma dallo spazio che facciamo a coloro con cui ha voluto identificarsi: abbracciare o respingere il forestiero, la persona vulnerabile, significa abbracciare o respingere Cristo, così come leggiamo nel Vangelo e vediamo nella vita dei santi. Domani, 29 settembre, piazza San Pietro si riempirà di gente di ogni parte del mondo, con i suoi colori, i suoi canti, le sue lingue, le sue danze. Sarà una occasione unica per incontrarci. Sarà una immagine di quella Italia bella che vogliamo costruire e che già esiste, dove le differenze non sono temute ma accolte come una ricchezza, e insieme composte a formare un’unica sinfonia, una costruzione comune. A questa celebrazione siete invitati anche tutti voi, nelle vostre città o in piazza San Pietro, perché... non si tratta solo di migranti.    

Migrantes: alcune nomine

26 Settembre 2019 - Roma - Nel corso dei lavori della sessione autunnale, il Consiglio Episcopale Permanente della Cei ha nominato membro della Commissione Episcopale per le migrazioni Mons. Roberto CARBONI, , Arcivescovo di Oristano e Amministratore Apostolico di Ales - Terralba. Durante lo stesso incontro ha confermato Coordinatore nazionale della pastorale dei cattolici africani di lingua francese in Italia don Matthieu Malik Faye. Ne da notizia oggi il comunicato finale dei lavori diffuso durante una conferenza stampa presieduta dal Segretario generale della Cei, mons. Stefano Russo. Ad entrambi l’augurio di un proficui lavoro.

Mons. Di Tora: le migrazioni non solo la fine del mondo”

26 Settembre 2019 - Roma -  “Quante volte oggi definiamo gli altri solo per categorie: disagiati, senza casa, usurati, immigrati, malati di gioco, dipendenti da telefonino; quasi fossero solo dei numeri e non delle persone”. A denunciarlo, sulla scorta del Messaggio del Papa di quest’anno – dal titolo “Non si tratta solo di migranti” – è stato mons. Guerino Di Tora, presidente della Fondazione Migrantes e della Commissione episcopale per le migrazioni della Cei, che durante la conferenza stampa a chiusura del Consiglio permanente dei vescovi italiani ha ricordato l’imminente appuntamento della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che si celebra domenica prossima, 29 settembre, e in occasione della quale il Papa presiederà una messa alle 10,30 in piazza San Pietro. “Il futuro è nelle nostre mani”, ha detto Di Tora: “l’altro, il povero, il rifugiato non è solo un problema, ma un essere umano, da accogliere per costruire una società mondiale più giusta. Le migrazioni non sono la fine del mondo, ma l’inizio di un mondo nuovo. Costruendo la città dell’uomo con un impegno integrale per ognuno e per tutti, realizziamo la città di Dio, luogo di incontro e di convivialità dell’umanità intera”. ​