Un futuro diverso per i profughi ucraini passa anche da un’opportunità di lavoro concreta. Ed è quella che sta offrendo Giuseppe Mocerino, presidente di Netgroup, multinazionale italiana specializzata in Cybersecurity, con la collaborazione della Chiesa Cattolica Ucraina di Santa Sofia a Roma. Mocerino dal 2015 ha creato un Academy, un percorso di formazione gratuito e online, volto all’inserimento concreto nella sua azienda. E adesso ha promosso il medesimo percorso per chi è in Italia a causa del conflitto e vuole provare a rimettersi in piedi. «L’Academy – spiega Mocerino – nasce secondo un principio semplice che è dare una speranza. Il nostro è un percorso iniziato nel 2015 e che finora ha coinvolto oltre 4000 persone». Questo il numero dei selezionati per iniziare le lezioni online gratuite dal 2015 ad oggi. «Di questi 4000, un migliaio ha partecipato all’Accademy. Oggi dei mille dipendenti di Netgroup, 400 sono stati assunti al termine dell’Academy. Noi non rilasciamo un attestato di partecipazione ma apriamo una porta diretta per entrare nel mondo del lavoro e abbiamo pensato che questo stesso criterio potesse essere adottato per dare una mano a chi sta vivendo nel nostro Paese per necessità, a causa della guerra». Le selezioni si sono aperte da poco e il corso non è ancora iniziato. «Netgroup – commenta don Marco Yaroslav Semehen, presidente dell’associazione religiosa Santa Sofia e rettore della Basilica di Santa Sofia per i fedeli cattolici u- craini – ci ha cercato, abbiamo scambiato idee e informazioni e quella collaborazione che speriamo dia frutto per aiutare le persone a fare un percorso professionale e trovare un lavoro. È ancora presto per loro, non sanno se resteranno o torneranno in Ucraina e c’è un grande punto interrogativo sul loro futuro. Alcuni rimarranno quasi certamente, perché purtroppo nessuno li attende nel loro Paese, hanno perso anche gli affetti, non solo le case o un’occupazione. Intanto questa può rappresentare una buona opportunità di inserimento». Tutti i profughi ucraini in Italia possono candidarsi per frequentare, in forma gratuita, l’Academy speciale. Non ci sono vincoli di età. Unica richiesta è una minima conoscenza informatica. Verranno selezionati 20 partecipanti e le lezioni, che avranno una durata di un mese e mezzo, si terranno online e in lingua inglese. L’ambito formativo è quello della Cybersecurity e ai più meritevoli, al termine del percorso, verrà offerto un contratto di lavoro. «Nelle nostre selezioni abbiamo spesso scelto aree non semplici, come Scampia, ad esempio, mettendo insieme disoccupati over 50 e ragazzi al primo impiego, con grandi risultati, perché l’esperienza si univa all’entusiasmo dell’età. San Francesco d’Assisi – conclude Mocerino – diceva: 'quello che fai rimarrà per te tutta la vita'. È la nostra etica. La crescita di un’azienda non si misura solo in euro ma in termini di sviluppo delle sue risorse umane. Esiste un’etica del valore». (Marina Luzzi - Avvenire)
Primo Piano
Idmc e Nrc: record negativo di sfollati interni nell’anno 2021
Ginevra - Conflitti e disastri naturali hanno costretto decine di milioni di persone ad abbandonare le loro case l’anno scorso, rimanendo comunque nei rispettivi Paesi, con un conseguente forte aumento del numero di sfollati interni che a livello mondiale ha sfiorato la soglia dei 60 milioni: è quanto emerge da un rapporto congiunto delle Ong Internal Displacement Monitoring Centre (Idmc) e Norwegian Refugee Council (Nrc). Secondo le due Ong, nel 2021 gli sfollati interni sono stati circa 59,1 milioni: un record storico negativo che quasi sicuramente sarà battuto di nuovo quest’anno a causa dell’invasione russa dell’Ucraina.
Disastri, inclusi quelli meteorologici come cicloni e inondazioni in Asia, così come protratti conflitti in luoghi come in Siria, Afghanistan ed Etiopia sono i fattori che spiegano l’altissimo numero di nuovi sfollati l’anno scorso. «Il mondo sta cadendo a pezzi, troppi Paesi stanno cadendo a pezzi», ha dichiarato Jan Egeland, segretario generale Norwegian Refugee Council. In totale 59,1 milioni vivono in condizione di sfollati, mentre nel 2020 erano 55 milioni. I Paesi con il più alto numero di sfollati interni nel 2021 erano la Siria, la Repubblica democratica del Congo, la Colombia, l’Afghanistan e lo Yemen. Il rapporto evidenzia un drammatico indice di come vi sia una «mancanza di abilità nella prevenzione dei conflitti e nella risoluzione dei conflitti ». E il conflitto in Ucraina non farà altro che che dirottare diversi gran parte dei fondi destinati ad aiuti umanitari a vantaggio dei rifugiati ucraini.
Vangelo Migrante: VI domenica di Pasqua | Vangelo (Gv 14,23-29)
Eurostat: aumentano gli immigrati illegalmente presenti nell’Ue, cala il numero dei rimpatri
Corridoi umanitari: S. Egidio, arrivati oggi 35 rifugiati dalle guerre dimenticate
Cei: da lunedì l’Assemblea generale della Cei
Roma - Da lunedì i vescovi italiani si ritroveranno a Roma per l’Assemblea generale della Cei che si svolgerà fino al 27 maggio. Durante l’appuntamento il cardinale Gualtiero Bassetti concluderà il suo quinquennio da presidente della Cei. Per la scelta del successore, lo statuto della Cei riformato nel 2014 prevede che «in considerazione dei particolari vincoli dell’episcopato d’Italia con il Papa, vescovo di Roma, la nomina del presidente della Conferenza è riservata al Sommo Pontefice, su proposta dell’Assemblea generale che elegge, a maggioranza assoluta, una terna di vescovi diocesani». Nel corso dell’Assemblea sarà votata la terna. E verrà anche eletto uno dei tre vice-presidenti della Cei, quello per l’Italia meridionale, poiché il vescovo Antonino Raspanti termina l’incarico. Per quanto attiene al segretario generale, che deve essere un vescovo, lo statuto Cei stabilisce che sia «nominato dal Sommo Pontefice su proposta della Presidenza, sentito il Consiglio episcopale permanente».
Ucraina: il viaggio dell’arcivescovo Gallagher
Milano - La preghiera per le vittime della guerra e una benedizione all’intero Paese dalla terrazza della curia cattolica di Leopoli. È iniziata con questi due gesti la visita in Ucraina dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, dove è giunto ieri mattina e dove resterà probabilmente fino a domenica. Gratitudine è stata espressa dall’arcivescovo latino di Leopoli e presidente ad interim della Conferenza episcopale ucraina, Mechyslav Mokshytskyi, per «la visita del rappresentate inviatoci dal Papa».
E anche ieri il Pontefice ha fatto sentire la propria voce all’udienza generale sottolineando che «ci sono uomini di legge, di scienza, di religione persino, che confondono il persecutore con la vittima, imputando a questa la responsabilità piena del proprio dolore». Oggi il rappresentante vaticano incontrerà il metropolita greco-cattolico di Leopoli, l’arcivescovo Ihor Wozniak. E alla missione di Gallagher ha fatto riferimento anche il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, rispondendo ai giornalisti a margine di un incontro all’Università Cattolica di Milano. «Vediamo come va questa visita di Gallagher in Ucraina – ha detto Parolin – e al suo rientro faremo una valutazione». Per ora, però, ha ribadito il cardinale, «non c’è da parte del Papa l’intenzione di andare in Ucraina ». Del resto lo stesso Pontefice, pur dichiarandosi disposto a fare di tutto per la pace, aveva precisato che occorre valutare molto bene l’ipotesi di una sua visita. Lo stesso Parolin ha risposto anche sulla questione dell’invio delle armi all’Ucraina, tema che sta dividendo l’opinione pubblica e gli schieramenti politici. «Io guardo al Catechismo della Chiesa cattolica – ha risposto il cardinale – che dice che c’è il diritto alla difesa armata a determinate condizioni che devono essere rispettate perché si possa parlare di una guerra giusta. Il problema delle armi si colloca all’interno di questo contesto». Altro tema, la possibile mediazione da parte della Santa Sede. Il segretario di Stato vaticano è stato chiaro: «Il discorso è che ci deve essere la disponibilità da parte di entrambi – Russia e Ucraina – ad accettare una mediazione della Santa Sede», precisando che «la Santa Sede non può imporsi, può offrirsi, cosa che ha fatto ripetutamente». E intervenendo al dibattito in Cattolica, il cardinale ha sottolineato che «occorre rilanciare il sistema di relazioni internazionali e il ruolo degli organismi internazionali – come l’Onu –, che sono in crisi, ma che la Santa Sede ha sempre sostenuto e in cui ha sempre riposto la fiducia». (Enrico Lenzi - Avvenire)
Migrantes Taranto: domenica Festa dei Popoli con mons. Santoro
Migrantes: venerdì a Milano la presentazione del Diritto d’Asilo
Genova: donne e naufragi
d’arte che si sviluppa intorno al naufragio inteso come metafora della vita, in senso reale ed esistenziale.
«Persi i punti fermi, la realtà è diventata liquida, non ci sono punti dove approdare... Naufragano le navi ma anche i sogni, le unioni, i progetti», spiega la nota di Polezzo.
Allo stesso tempo il naufragio è un tema universale che tristemente attraversa la nostra contemporaneità e la storia dell’umanità col suo tributo di vite perdute e l’eredità di vite da
ricostruire, rimanendo inciso nella cultura popolare, nell’arte e nella letteratura.
La mostra lo affronta con una sensibilità al femminile: protagoniste sono le donne dipinte a olio su grandi tele.
Migranti: in 450 su un peschereccio
Roma - Cresce, non molto, il totale degli sbarchi di immigrati sulle coste italiane rispetto allo scorso anno, ma cambiano le rotte, ed è un vero boom della rotta turca che porta sulle coste calabresi e di quella che parte dal territorio libico orientale, al confine con l’Egitto. I trafficanti di uomini intercettano nuovi flussi di profughi, sempre più asiatici, soprattutto afghani. E quasi scompaiono i subsahariani. Meno gommoni e più barche a vela (rotta turca) e pescherecci (rotta Libia orientale). L’ultimo peschereccio, con 450 persone, è approdato a Pozzallo ieri mattina. Proviene da Tobruk come altri 5 arrivati quest’anno in Sicilia. Altri pescherecci con scritte arabe sono arrivati a più riprese in Calabria, sia a Roccella Jonica che a Crotone. Ma nei due porti calabresi sono approdate soprattutto barche a vela, provenienti dalla Turchia. Cinque tra domenica e lunedì, con quasi cinquecento persone, nel piccolo centro della Locride. Altrettante barche, con 359 profughi, approdate in tre giorni nel capoluogo pitagorico (due anche in Puglia nel Salento con 140 persone). E in Calabria cresce la preoccupazione. Dall’inizio dell’anno sulle coste reggine sono arrivate 18 barche (17 a Roccella e una a Siderno), per un totale di quasi 1.900 profughi. In quelle crotonese le barche approdate sono state 15 con 1.200 persone. Una con 55 persone a Guardavalle Marina nel Catanzarese, al confine con la Locride. Siamo a quasi 3.200 sbarcati in poco più di quattro mesi. Erano stati solo 200 nello stesso periodo del 2021, anno considerato record. Un aumento di 15 volte, il 1.500%. E parliamo della stagione più sfavorevole da un punto di vista meteorologico. Ricordiamo che lo scorso anno sulle coste calabresi arrivarono più di 7mila profughi. Se quest’anno si proseguirà con questo ritmo arriveremo a svariate decine di migliaia. Che le rotte calabresi siano attualmente le più appetibili per i trafficanti, lo dimostra un raffronto col totale degli approdi sulle coste italiane. Secondo i dati del ministero dell’Interno fino ad oggi sono arrivate 15mila persone, rispetto alle 13.357 del 2021. Le oltre 3mila approdate in Calabria rappresentano più del 21%. Numeri mai visti. In realtà alcune barche sono state “dirottate” dal nostro sistema di soccorso sui porti siciliani di Augusta e Pozzallo per alleggerire la pressione soprattutto su Roccella Jonica che non ha centri di accoglienza. Si tratta di due barche a vela con 258 persone intercettate ancora al largo, all’altezza di Capo Spartivento, e accompagnate nei porti siciliani o dalle quali gli immigrati sono stati trasbordati sulle imbarcazioni di Guardia costiera e Guardia di Finanza. Ci sono poi i sei pescherecci giunti dalla Libia orientale con 2.011 profughi e anch’essi fatti approdare in Sicilia. In tutto altre 2.269 persone che aggiunte alle 3.200 portano le persone approdate dalle rotte turca e libica orientale a quasi 4.500, addirittura il 30% del totale. E questo conferma il calo delle partenze dalla Libia occidentale. Lo conferma anche la nazionalità degli sbarcati. L’ultima barca a vela arrivata a Roccella nella notte di lunedì aveva 97 persone a bordo, 93 afghani. Una presenza in forte aumento in questi mesi, effetto della fuga dal regime talebano. Alte anche le presenze di siriani, iraniani e iracheni, soprattutto di etnia curda. Gli africani sono soprattutto egiziani e tunisini (rotte tradizionali) e sempre meno subsahariani. Rotte molto più remunerative per i trafficanti. Si scelgono nuovi “disperati”, per viaggi apparentemente più sicuri. Senza la presenza delle navi delle Ong, solo quelle delle nostre forze dell’ordine. (Antonio Maria Mira - Avvenire)