Primo Piano

Centro Astalli: 20 anni legge Bossi-Fini?Non un giorno di più

13 Luglio 2022 - Roma - "Quest'anno compie 20 anni la legge Bossi-Fini: c'è solo da sperare che al consueto 'cento di questi giorni' si sostituisca invece 'non un giorno di più'". Lo afferma sulla newsletter del centro Astalli, servizio dei gesuiti per i rifugiati, il presidente padre Camillo Ripamonti, come riferisce Ansa. "A tale proposito - prosegue - potremmo farci una domanda semplice: l'obiettivo della legge n.189 del 30 luglio 2002 era tra gli altri quello di contrastare l'immigrazione irregolare, ha ottenuto il suo risultato? Sembrerebbe di no! Anzi, una legge pensata per contenere e non per governare il fenomeno migratorio ha ottenuto come risultato quello di aver creato tanta irregolarità, poi affrontata a colpi di sanatorie". "Infatti - sottolinea ancora il gesuita - molte se ne sono susseguite negli anni, camuffate anche in vari modi, ma lasciando oggi il Paese con un chiaro bisogno di manodopera generica e specializzata che non riesce a essere soddisfatto". "Senza contare poi la creazione del binomio migrazione-sicurezza che la legge ha negli anni alimentato favorendo un clima sociale a dir poco diffidente", aggiunge. "Occorre superare l'ideologia per affrontare le questioni con lungimiranza - conclude padre Ripamonti -. La proposta di legge di iniziativa popolare Ero straniero, depositata in Parlamento nel dicembre del 2017, può essere l'inizio di una riflessione adeguata. Occorre non perdere l'occasione".  

Usa: nasce il Premio “Italiani per il futuro

13 Luglio 2022 - Roma - Con il patrocinio dell’Ambasciata d’Italia negli Stati Uniti nasce il Concorso nazionale Premio New York di Poesia “Italiani per il futuro”. Ispirato dal tema scelto dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) per la XXII settimana della lingua italiana nel mondo: “L’Italiano e i giovani” e dalla 40esima edizione della serata di lettura di poesie in lingua vernacolare siciliana organizzata dal Castel del Golfo Social Club a Brooklyn, il Premio è destinato a testi sia in lingua italiana sia in uno dei dialetti ancora parlati dalle comunità italiane negli USA. Le fasce d’età ufficiali previste dal Concorso sono tre: fino ai 12 anni; dai 13 ai 19; dai 20 ai 35. Gli ultra-trentacinquenni sono comunque invitati a partecipare come categoria fuori concorso, i cui migliori elaborati saranno pubblicati nel volume che raccoglierà le liriche vincitrici e le menzioni onorevoli. La Giuria del Premio è presieduta dal Direttore dell’Istituto Italiano di cultura di New York, Fabio Finotti, e composta da poeti, poetesse, artisti ed esponenti del mondo universitario e della comunità. In rappresentanza delle tre istituzioni che lo hanno creato, il Comitato organizzatore è formato dal Direttore Fabio Finotti, dal Dean del John D. Calandra Italian American Institute del CUNY, Anthony Julian Tamburri, e dalla V. Segretaria generale del CGIE, Silvana Mangione, che lo presiede. La City University of New York è il più grande sistema universitario urbano degli USA, con 25 campus nella Città di New York, che hanno formato finora 13 Premi Nobel. Gli elaborati andranno indirizzati all’Istituto italiano di Cultura: 686 Park Avenue, New York, NY 10065 entro il 10 settembre.

Cammino sinodale delle Chiese in Italia: “I cantieri di Betania” per il secondo anno di ascolto

12 Luglio 2022 -
Roma - Si intitola “I cantieri di Betania” il testo con le prospettive per il secondo anno del Cammino sinodale che viene consegnato alle Chiese locali ed è disponibile su https://camminosinodale.chiesacattolica.it/. Questo documento – spiega il Card. Matteo Zuppi, Presidente della CEI, nell’introduzione – “è frutto della sinodalità” e “nasce dalla consultazione del popolo di Dio, svoltasi nel primo anno di ascolto (la fase narrativa), strumento di riferimento per il prosieguo del Cammino che intende coinvolgere anche coloro che ne sono finora restati ai margini”. Secondo il porporato “è tanto necessario ascoltare per capire, perché tanti non si sentono ascoltati da noi; per non parlare sopra; per farci toccare il cuore; per comprendere le urgenze; per sentire le sofferenze; per farci ferire dalle attese; sempre solo per annunciare il Signore Gesù, in quella conversione pastorale e missionaria che ci è chiesta”. Si tratta, dunque, di “una grande opportunità per aprirsi ai tanti ‘mondi’ che guardano con curiosità, attenzione e speranza al Vangelo di Gesù”.
Il testo – che ha come icona biblica di riferimento l’incontro di Gesù con Marta e Maria, nella casa di Betania – presenta tre cantieri: quello della strada e del villaggio, quello dell’ospitalità e della casa e quello delle diaconie e della formazione spirituale. Questi cantieri potranno essere adattati liberamente a ciascuna realtà, scegliendo quanti e quali proporre nei diversi territori. A questi, ogni Chiesa locale potrà aggiungerne un quarto che valorizzi una priorità risultante dalla propria sintesi diocesana o dal Sinodo che sta celebrando o ha concluso da poco.
Il documento viene diffuso all’inizio dell’estate, “perché così abbiamo modo di impostare il cammino del prossimo anno”. “Lo sappiamo: a volte sarà faticoso, altre coinvolgente, altre ancora gravato dalla diffidenza che ‘tanto poi non cambia niente’, ma siamo certi – conclude il Card. Zuppi – che lo Spirito trasformerà la nostra povera vita e le nostre comunità e le renderà capaci di uscire, come a Pentecoste, e di parlare pieni del suo amore”.
In vista della realizzazione dei cantieri, durante l’estate, attraverso il sito dedicato (https://camminosinodale.chiesacattolica.it/), verranno messe a disposizione esperienze e buone pratiche come doni reciproci tra le Chiese locali.

Cattolici e sciiti a confronto: un convegno promosso dalla Comunità di Sant’Egidio

12 Luglio 2022 - Roma - “Cattolici e Sciiti davanti al futuro”. Questo il titolo delle due intense giornate di dialogo, che a partire da domani, 13 luglio, vedranno autorevoli esponenti sciiti da diversi paesi del Medio Oriente assieme a studiosi e rappresentanti della Chiesa cattolica, come i cardinali Louis Raphaël I Sako, patriarca di Baghdad dei Caldei, e José Tolentino De Mendonça, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa. Il convegno, che si aprirà con le relazioni di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, e di Jawad Al-Khoei, segretario generale dell’Imam Al-Khoei Institute, nasce dalla proposta di rafforzare i fili di dialogo tra due mondi, cattolico e sciita, dopo lo storico incontro tra Papa Francesco e il Grande Ayatollah Al-Sistani a Najaf del marzo 2021. Nel corso di quattro sessioni, dedicate ai valori umani condivisi, alla responsabilità nella comunità religiosa contemporanea, ai modelli di pensiero e all’incontro tra generazioni, verranno poste le basi per la reciproca comprensione tra queste due realtà religiose.

Dalla beatificazione di un sardo in Argentina una lezione sull’essere Chiesa

12 Luglio 2022 -

La beatificazione il 2 luglio scorso a Oran, in Argentina, di padre Giovanni Antonio Solinas, nativo di Oliena nella diocesi di Nuoro, e con lui di don Pietro Ortiz de Zarate, non può essere configurata solo come una splendida testimonianza di un martire della fede, risalente tra l’altro al 1683. Non sappiamo molto di loro, e neanche dei 18 indios che hanno pagato il loro stesso prezzo di sangue. Eppure il giorno della beatificazione, nella gente, sembrava emergere non un sentimento di distacco, frutto della lontananza dal tempo del martirio, ma piuttosto un’appartenenza viscerale e un coinvolgimento emotivo verso l’evento che mi ha interrogato come vescovo, e con me anche tutto il gruppo della Diocesi di Nuoro, composto da venti persone tra laici, sacerdoti e seminaristi.

Interroga non solo la suggestiva e festosa partecipazione – che in America Latina non è una novità – ma il senso di Chiesa che in essa vi era presente e si manifestava. Noi occidentali, generalmente attrezzati con una razionalità imperturbabile, siamo stati letteralmente spiazzati, persino travolti emotivamente davanti a uno spettacolo di popolo, a uno spettacolo ecclesiale. Sì, perché a emergere e a manifestarsi è stata una Chiesa, un popolo di battezzati convinti e, in mezzo a loro e con loro, i pastori - vescovi, sacerdoti e diaconi - riconosciuti spontaneamente come guide, senza fatica e senza logiche divisive.

Uno spettacolo di fede, prima di tutto, perché a emergere è stato il popolo. Parole e gesti, nella preghiera come nel canto, non facevano altro, ogni volta, che rivelare una sintonia genuina e intensa tra la fede e la vita della gente. Ho riscoperto nuovamente che la fede semplice non è un’assurdità. La fede semplice è sempre vitale, una linfa – nutrimento e vigore insieme – che colma spazi e copre interstizi irraggiungibili dalle sole logiche della razionalità. Essa è passionale perché coinvolge, autentica perché non ha calcoli né maschere. E ricorda l’insegnamento di sant’Agostino, quando scrive: «Se non hai capito, credi! L’intelligenza è il frutto della fede. Non cercare dunque di capire per credere, ma credi per capire, perché se non crederete non capirete».

Questa fede, lo dico come europeo, ci manca. E recuperarla ci farebbe bene, anche perché non stride con la sapienza della mente, se questa è ispirata dal cuore. Il nostro popolo di battezzati va oggi aiutato a recuperare la fede come un investimento 'popolare', cioè carico di segni e simboli che, nell’affidamento semplice a Dio, ne riscoprano anche il suo senso comunitario e l’esigenza dell’aggregazione ecclesiale e sociale.

In Argentina, nella sua parte forse più povera – quella del nord, che confina con la Bolivia – ho visto gente felice di appartenere al popolo di Dio. Ho incontrato molti volti provati a causa della povertà materiale, quanto mai reale ed evidente, ma ho sempre visto volti che si accendevano di luce quando sentivano parlare di Dio; facce libere e accoglienti, piene di gratitudine.

Ecco perché una Chiesa di popolo ci salverà sempre. Una Chiesa dove non si applicano le logiche del mondo – quelle che ci dicono che l’istituzione e il carisma non vanno mai d’accordo – ma piuttosto che crede in quello che ci insegna il Concilio Vaticano II, quando ci ricorda che il popolo di Dio è sempre un popolo profetico.

Ho colto dalla gente la consapevolezza che l’Argentina attuale, logorata da una crisi economica drammatica, merita una Chiesa che recuperi la forza di una profezia popolare, a difesa cioè del popolo. Oggi, con un’inflazione galoppante e con un tasso di cambio della moneta libero ma illegale, seppur tollerato dallo Stato, nulla appare certo e nulla di buono sembra promettere il prossimo futuro. La gente, il popolo, sente di poter contare sulla Chiesa come l’unica vera carta di credito, che non va sprecata. Ed è un altro insegnamento, un altro appello che può e deve risuonare in ogni parte del mondo. (mons. Antonello Mura  - Vescovo di Nuoro e Lanusei)

Papa Francesco ai giovani: è legittimo ribellarsi alla guerra

12 Luglio 2022 -

Roma - Papa Francesco invita i giovani europei a ribellarsi alla guerra. E addita l’esempio del beato Franz Jägerstätter che fece obiezione di coscienza di fronte all’ingiunzione di giurare fedeltà a Hitler. Lo fa rivolgendosi ai partecipanti alla Eu Youth Conference in corso a Praga, da ieri e fino a domani, sul tema: 'Impegnarsi insieme per un’Europa sostenibile e inclusiva'. I giovani, afferma il Papa nel suo messaggio, devono far sentire la propria voce perché in un mondo governato da loro «non ci sarebbero tante guerre: coloro che hanno tutta la vita davanti non la vogliono spezzare e buttare via ma la vogliono vivere in pienezza». «Cari giovani – scrive Francesco –, mentre voi state svolgendo la vostra Conferenza, in Ucraina – che non è UE, ma è Europa – si combatte una guerra assurda. Aggiungendosi ai numerosi conflitti in atto in diverse regioni del mondo». Il Papa ricorda che «l’idea di un’Europa unita è sorta da un forte anelito di pace dopo tante guerre combattute nel Continente, e ha portato a un periodo di pace durato settant’anni». «Ora – aggiunge usando parole forti – dobbiamo impegnarci tutti a mettere fine a questo scempio della guerra, dove, come al solito, pochi potenti decidono e mandano migliaia di giovani a combattere e morire. In casi come questo è legittimo ribellarsi!».

Di Ucraina Francesco ha parlato anche domenica. «Rinnovo la mia vicinanza al popolo ucraino – ha detto nel dopo Angelus –, quotidianamente tormentato dai brutali attacchi di cui fa le spese la gente comune. Prego per tutte le famiglie, specialmente per le vittime, i feriti, i malati; prego per gli anziani e per i bambini. Che Dio mostri la strada per porre fine a questa folle guerra!».

Richiamandosi a queste parole del Papa, sulla guerra in corso in Europa è intervenuto anche il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana. «Ascoltiamo il lamento dei popoli dilaniati dalla guerra e onoriamo la memoria delle decine di migliaia di persone uccise in Ucraina. Non smettiamo di interrogarci su cosa dobbiamo fare perché tacciano le armi e prevalga il rispetto della vita!». Così si è espresso l’arcivescovo di Bologna nel giorno della festa del patrono del Vecchio Continente,

san Benedetto, con la preghiera affinché l’Europa «sia unita e giochi un ruolo attivo nella indispensabile ricerca della pace». Il porporato ricorda che san Paolo VI, nella lettera con cui lo dichiarava patrono d’Europa, definiva Benedetto «Messaggero di pace» che fece nascere nel Vecchio Continente «l’aurora di una nuova era». E infine esorta a pregare «perché il suo esempio ci aiuti a costruire fratellanza e speranza, mentre facciamo nostre le parole di Papa Francesco ieri all’Angelus: 'Che Dio mostri la strada per porre fine a questa folle guerra!'». (Gianni Cardinale - Avvenire)

Migrantes: Sri Lanka, “seguiamo con preoccupazione la situazione, in particolare con  le comunità cattoliche in Italia”

11 Luglio 2022 - Roma - “La grave crisi politica ed economica in Sri Lanka, ricordata da Papa Francesco all’Angelus di domenica, preoccupa molto la comunità dei srilanchesi in Italia, formata da oltre 110.000 persone, cingalesi e tamil, parimenti formata da uomini e donne, ma anche da 25.000 minori. Si tratta soprattutto di una comunità di lavoratori occupati nei servizi alla persone nelle nostre case e famiglie, concentrati soprattutto nelle grandi città (Milano, Roma, Napoli, Palermo) e l’80% in sole cinque regioni: Lombardia, Campania, Veneto, Lazio e Sicilia: con le loro rimesse – pari a circa 270 milioni di euro – sono una risorsa importante per il Paese. Come Migrantes  seguiamo  con preoccupazione la situazione , in particolare con  le comunità cattoliche, numerose in Italia e seguiti da diversi sacerdoti”. Lo dice a www.migrantesonline.it il presidente della Fondazione Migrantes, mons. Gian Carlo Perego. (R. Iaria)

Il destino d’Africa è il nostro: il viaggio del Presidente Mattarella in Zambia e Mozambico

11 Luglio 2022 - Roma - Europa e Africa sono legate da un avvenire comune. Lo ha ripetuto più volte il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione del viaggio ufficiale che l’ha portato nel continente africano la scorsa settimana, tra il 4 e l’8 luglio. La visita ha toccato Mozambico e Zambia, nell’Africa sudorientale: il Presidente ha ricordato gli antichi legami di amicizia che legano i due Paesi all’Italia, le relazioni economiche e commerciali, il ruolo del nostro Paese – e della sua società civile in particolare – nei conflittuali processi della lotta per la libertà e poi della pacificazione e della costruzione dello Stato seguite all’indipendenza. Una condivisione di destino che affonda le radici nella Storia, dunque, e che prosegue oggi, davanti alle sfide globali della pandemia, della guerra, della crisi climatica, energetica, alimentare: questioni interconnesse, causa e insieme conseguenza l’una dell’altra, destinate a colpire tutti e, pertanto, non gestibili in altro modo che tramite un intervento comune. L’Africa, i cui cittadini sono sotto molti aspetti i più esposti alle conseguenze letali delle crisi in corso – prime vittime delle carenze sanitarie e dell’approfondirsi della povertà, degli eventi climatici estremi e dello scivolamento verso la carestia – è anche in grado di offrire un contributo decisivo nell’affrontarle. Una positiva cooperazione con gli Stati africani è imprescindibile. Con questa consapevolezza, il Capo dello Stato è arrivato a Maputo, capitale del Mozambico, e ha incontrato il Presidente Filipe Nyusi, insieme al quale ha celebrato il trentennale degli Accordi di Pace di Roma del 4 ottobre 1992. Il patto pose termine alla lunga guerra civile scoppiata nel Paese poco dopo l’indipendenza dal Portogallo – in corso dal 1977 tra il governo in carica e i guerriglieri ribelli e causa di oltre un milione di morti – e fu un momento fondamentale del processo di riconciliazione in Mozambico, premessa per la costruzione di una democrazia plurale, con lo svolgimento di lì a poco di libere elezioni, e per l’avvio di un progresso economico e sociale. Il luogo della firma non fu ovviamente casuale e il Segretario generale ONU di allora, Boutros-Ghali, parlò di formula italiana per la pace: i lunghi mesi di negoziato trascorsero, in effetti, presso la sede romana della Comunità di Sant’Egidio, con la mediazione di esponenti quali il fondatore Andrea Riccardi e l'attuale card. Matteo Zuppi – arcivescovo di Bologna dal 2015, appena nominato da papa Francesco Presidente della CEI– entrambi insigniti della cittadinanza onoraria del Mozambico, come segno di gratitudine per il loro impegno. La Comunità è rimasta al fianco dei mozambicani da allora, con opere tangibili come DREAM, nella periferia di Maputo, centro di cura di qualità contro l’AIDS e molte altre patologie, impegnato anche nella lotta alla pandemia e seme di un progetto più grande, che ha coinvolto zone rurali e Paesi vicini. Mattarella l’ha visitato come modello di una collaborazione internazionale felice: l’apporto di risorse e competenze da fuori e la valorizzazione di quelle del luogo hanno permesso a personale locale altamente qualificato di curare dal 2002 oltre duecentomila persone, in prevalenze donne e bambini, gli stessi che hanno festeggiato il Presidente al suo arrivo, sventolando bandierine italiane. Giunto in Zambia il giorno seguente, Mattarella ha affrontato l’altro nodo vitale dei rapporti tra Europa e Africa. Parlando a Lusaka davanti all’Assemblea dei deputati, il Capo di Stato ha citato il recente intervento del Presidente zambiano Hakinde Hichilema al Parlamento europeo e condiviso la necessità da lui espressa di un ripensamento radicale delle attuali forme di migrazione tra i continenti. Non è “salutare”, concordano i Presidenti, respingere le persone giunte in nave in prossimità dell’ambita meta del loro viaggio. E non lo è, deve aggiungersi, ridurre la cooperazione tra Paesi di partenza e di arrivo alla chiusura delle frontiere, alla loro rigida sorveglianza e al trattenimento di chi vorrebbe attraversarle, anche a costo di una reclusione in condizioni disumane. Occorre invece aprire canali di transito, attraverso i quali i flussi possano scorrere regolari e ordinati in entrambe le direzioni. Per garantire il rispetto di diritti umani fondamentali innanzitutto, dal diritto alla vita alla libertà di movimento. E anche per favorire uno scambio paritario di energie e conoscenze, in grado di contrastare il “nuovo impoverimento” globale spinto dalle crisi presenti: se le politiche della chiusura cancellano il futuro uccidendone i protagonisti, un movimento tra i confini il più possibile libero e circolare costituisce un’occasione di arricchimento e progresso per tutti. In Africa si concentra la gioventù del mondo – l’età media in Zambia e Mozambico, ad esempio, oscilla tra i 16 e i 17 anni – ed è la sua popolazione a crescere al ritmo più elevato – i due Paesi registrano un aumento annuale vicino al 3%, a fronte del tasso addirittura negativo stimato per l’Italia, del -0,6% – al punto che, secondo le previsioni, gli attuali 1,4 miliardi di cittadini africani diventeranno oltre 4 nel 2100. Tanta vitalità, plasticamente rappresentata dalle scatenate danze tradizionali che hanno salutato l’atterraggio di Mattarella a Maputo, è stata per troppo tempo repressa dal giogo dello sfruttamento imposto dal dominio coloniale, e dai suoi strascichi di impoverimento e di conflitto sociale. È importante che il rinnovato interesse per il continente, dimostrato oggi dal susseguirsi di incontri istituzionali e dalla rivitalizzazione degli accordi di cooperazione, sulle fonti energetiche e sulla migrazione tra gli altri, non segua l’ottica predatoria che ha caratterizzato per secoli lo sguardo d’Occidente sull’Africa. Al contrario, lasciare che quella vitalità si esprima finalmente, lavorando insieme per creare delle condizioni di parità che ne permettano la piena realizzazione, significherebbe soffiare un vento di cambiamento, di innovazione, di speranza nel futuro. Significherebbe dare un’opportunità al continente e con esso al mondo intero. Ha ragione il Presidente: il destino dell’Africa è il nostro. (Livia Cefaloni)       Sru Lanka      

Srilankesi in Italia: la preoccupazione per gli eventi nel loro Paese

11 Luglio 2022 - Roma - La comunità dello Sri Lanka in Italia è vicina con la preghiera ai propri fratelli, sorelle, e ai tanti giovani che sono scesi in strada per protestare pacificamente contro il sistema in Sri Lanka che ha causato la più grave crisi economica del paese da inizio indipendenza. Scarseggiano ormai da mesi petrolio, gas, generi alimentari e medicine; il governo sotto la guida del Presidente Gotabaya Rajapakse non è riuscito a mettere in atto delle misure economiche che allevino il malcontento e la sofferenza dei cittadini che alcuni giorni fa hanno dovuto far conto della totale assenza di petrolio nel paese. Sono visibili lunghe file di cittadini che attendono giorno e notte pur di avere beni essenziali che però non sono più disponibili. Come ha detto il Cardinal Ranjith, Arcivescovo metropolita di Colombo, anche se il presidente ha promesso le dimissioni per il 13 luglio, Rajapakse non è più credibile dinanzi ai cittadini. In caso di dimissioni effettive, il Presidente del parlamento diverrebbe Presidente della Repubblica ad interim fino a nomina di un nuovo presidente da parte del Parlamento e successiva nomina di un nuovo governo. Durante le proteste abbiamo visto anche sacerdoti, suore e religiosi assieme ai giovani lungo le strade di Colombo; il Cardinal Ranjith spiega così la volontà della Chiesa locale di accompagnare i giovani in questo momento di sofferenza: “Secondo l’insegnamento di Gesù Cristo là dove c’è la sofferenza là deve stare la Chiesa, là i fedeli devono stare, cosi come anche il clero, i sacerdoti e le suore devono stare dove c’è sofferenza, difficoltà e povertà. Quando il nostro paese sta organizzandosi per chiedere la giustizia e la verità come anche il  sostegno economico allora noi non possiamo fare come Ponzio Pilato; dobbiamo stare vicino a loro e per questo che i sacerdoti, le suore, i vescovi e tutti si sono aggregati a questa campagna”. Come aiuto materiale,  le varie comunità cattoliche dello Sri Lanka in Italia si sono già organizzate per inviare farmaci ed altri dispositivi medici necessari con estrema urgenza nella madrepatria. (di Mons. Neville Joe  Perera)          

Il destino d’Africa è il nostro: il viaggio del Presidente Mattarella in Zambia e Mozambico

11 Luglio 2022 - Roma - Lunedì 27 giugno. Il sole splende sulle acque del Mediterraneo. Attorno a mezzogiorno alla nave umanitaria Geo Barents di Medici senza frontiere arriva da Alarm Phone – la piattaforma di chiamate d’emergenza per i migranti in mare – una richiesta di aiuto. A tre ore di distanza c’è una barca in difficoltà, partita la notte precedente dalla città libica di Zawiya. A bordo un numero imprecisato di migranti.  Il capitano della Geo Barents e gli operatori di Msf capiscono immediatamente che non c’è tempo da perdere. In due ore arrivano sul luogo in cui era stato segnalato il naufragio, ma del barcone non c’era ormai più traccia. Dal ponte con un binocolo i soccorritori di Msf intercettano una macchia in lontananza. Una manciata di minuti e vengono calate in acqua le scialuppe di salvataggio. Su una di queste, insieme agli operatori di Msf c’è anche il fotoreporter Michael Bunel, impegnato a documentare l’attività della Geo Barents nell’ambito del progetto “Exil: The Helpers”, finanziato dalla Biblioteca nazionale francese. Sono circa le 15. Sono trascorse tre ore da quando la chiamata d’emergenza è arrivata alla Geo Barents e ora inizia la fase più complessa del soccorso. Il gommone su cui si trovavano i migranti era collassato al centro. La barca aveva iniziato a imbarcare acqua, finché alla fine non è colata a picco. Molti migranti, sospinti dalla corrente, si erano allontanati dal luogo del naufragio. Per salvare più persone possibili, gli operatori di Msf lanciano in acqua giubbotti salvagenti e una grande boa. Michael Bunel documenta tutto con la sua macchina fotografica. Scatti in bianco e nero che pubblicherà, qualche ora più tardi, sul suo profilo Fb, dove tiene un diario quotidiano.  In lontananza i volontari di Msf scorgono un pezzo di legno, al quale sono aggrappati due uomini e una donna. “C’è un bambino! C’è un bambino!”, gridano i migranti. Bunel documenta tutto con la sua videocamera. Man mano che la scialuppa della Geo Barents si avvicina, si scorge, in mezzo alle acque blu un ragazzo grande e grosso con una maglietta rossa. Con un gesto veloce solleva dalla tavola di legno un fagottino avvolto in una magliettina gialla. Il corpicino si adagia esanime sulla spalla destra del ragazzo, come fa l’asciugamano che ci si butta in spalla prima di andare a fare la doccia. La scialuppa si avvicina il più possibile al gruppo. Fulvia Conte, soccorritrice di Msf, si sporge sul bordo di gomma arancione allungando le braccia mentre i suoi compagni la reggono per la tuta. È un attimo. Afferra dalle acque quel fagottino e lo passa a un medico. Non respira. Lui cerca di rianimarla con un massaggio al cuore e picchiettandola sulla parte superiore della schiena. Cinque o sei secondi che sembrano durare un’eternità. Poi, finalmente, la piccola inizia a piangere. Un pianto che ha il suono della vita. Proprio come quello che aveva fatto, quattro mesi prima, quando era venuta al mondo. Dopo aver rassicurato i tre migranti aggrappati alla tavola che sarebbero tornati a prenderli, i soccorritori di Msf portano velocemente la bimba sulla nave, perché venga visitata da un medico di bordo. Poco dopo con un volo militare viene trasferita, insieme alla madre, all’ospedale di Malta. Si scoprirà più tardi che a salvare la piccola dalle onde è stato un ragazzo di 17 anni. Il giovane eroe, partito dal Togo con la speranza di trovare una vita migliore in Europa, era uno dei pochi che sapeva nuotare. Di lui si conosce solo l’iniziale del nome, J. “Viaggiavo sul gommone insieme a 6 amici – racconterà poi a Msf – sono tutti morti”. Le onde alte, il vento forte nel cuore della notte, il panico tra i migranti mentre il gommone inizia a imbarcare acqua. Il ragazzino riesce a raggiungere a nuoto sei persone e le mette in salvo, portandole fino ai pezzi del gommone che galleggiavano in mezzo al mare. Tra queste c’è anche la mamma della piccola, che il giovane salva per prima. Solo dopo si rende conto di quel fagottino giallo tra le onde. Lo afferra e lo affida alle braccia del ragazzo con la maglietta rossa. Il racconto per immagini di Michael Bunel di quello che, a detta degli operatori di Msf, è stato uno dei più difficili salvataggi a cui abbiano mai assistito, viene pubblicato agli inizi di luglio dall’agenzia stampa Brut sulla sua pagina Fb, ottenendo 4,5 milioni di visualizzazioni nella versione francese e oltre un milione di visualizzazioni in quella spagnola. Il fermo immagine del giovane con la maglietta rossa con la bimba sulla spalla fa il giro del mondo e finisce in prima pagina sul quotidiano spagnolo “La vanguardia”. J., il giovane eroe, è scomparso nell’anonimato di un centro di accoglienza di Taranto. Non rischia più la vita, ma il suo destino è ancora incerto, tra procedure di riconoscimento e assistenza per minori non accompagnati.  Stando al racconto dei sopravvissuti, sbarcati qualche giorno più tardi a Taranto, in quel naufragio hanno perso la vita almeno 22 persone, tra le quali tre bambini e una donna incinta, che i soccorritori di Msf hanno invano cercato di rianimare per 40 minuti. Ad oggi, - sottolinea Msf – “il Mediterraneo rimane il confine più letale del mondo, con 24.184 migranti morti o dispersi registrati dal 2014 e 721 solamente nel 2022”. (Irene Argentiero)

Card. Zuppi: ascoltiamo il lamento dei popoli dilaniati dalla guerra

11 Luglio 2022 - Roma - "Ascoltiamo il lamento dei popoli dilaniati dalla guerra e onoriamo la memoria delle decine di migliaia di persone uccise in Ucraina. Non smettiamo di interrogarci su cosa dobbiamo fare perché tacciano le armi e prevalga il rispetto della vita! È l’appello all’Europa che rinnoviamo nel giorno della festa del patrono del Vecchio Continente, san Benedetto abate, perché sia unita e giochi un ruolo attivo nella indispensabile ricerca della pace. 'Messaggero di pace', scriveva Paolo VI nella lettera con cui lo dichiarava patrono, fece nascere nel Vecchio Continente 'l’aurora di una nuova èra'. Preghiamo perché il suo esempio ci aiuti a costruire fratellanza e speranza, mentre facciamo nostre le parole di papa Francesco ieri all’Angelus: 'Che Dio mostri la strada per porre fine a questa folle guerra!'”. Lo scrive in un messaggio il car. Matteo Zuppi, presidente della Cei, un un messaggio nella festa di San Benedetto, patrono d'Europa. (R.Iaria)

Una porta sempre aperta

11 Luglio 2022 - Reggio Calabria - Quando vent’anni fa, il 7 luglio 2002, a Reggio Calabria, moriva il sacerdote Domenico Farias, per sua volontà, la casa che gli apparteneva passava alla diocesi, destinandola alla pastorale degli immigrati. Nel corso degli anni, quella casa è stata la dimora delle Suore Missionarie Scalabriniane, che hanno assistito i migranti del Centro Ascolto “Scalabrini”. Poi, a partire da luglio 2019, l’Arcivescovo Morosini l’ha affidata alla parrocchia Santi Filippo e Giacomo in Sant’Agostino, che dal 2009 è servita dai Missionari Scalabriniani. Il parroco la gestisce insieme ad alcune cooperative, che la utilizzano per la realizzazione del progetto “Libero di essere me stesso. Con il Beato G.B. Scalabrini per la promozione umana integrale”. Si tratta di un progetto finanziato dalla Conferenza Episcopale Italiana, con il sostegno della Fondazione “Migrantes”.  È così che, fino ad oggi, “Casa Farias” ha potuto ospitare 13 ragazzi, di età compresa tra 20 e 37 anni, provenienti da Egitto, Senegal, Guinea, Moldavia, Gambia, Nigeria e Camerun. A parte qualche emergenza, che ha richiesto l’accoglienza immediata di migranti vulnerabili, in genere i giovani sono entrati in “Casa Farias” dopo aver accettato di impegnarsi a investire su se stessi, con disponibilità a rispettare le regole di convivenza e di gestione in autonomia della casa. Hanno sottoscritto un “Patto di accoglienza”. Poi sono passati attraverso un periodo di prova di 15 giorni. Terminate le due settimane, se gli esiti sono stati positivi, i migranti hanno potuto restare in “Casa Farias” per un tempo medio di 6 mesi, durante i quali sono stati aiutati a gestire le necessità primarie come la regolarizzazione, l’espletamento di pratiche varie e l’orientamento. In tal modo sono stati accompagnati in un percorso ad autonomia crescente fino ad entrare nel mercato del lavoro. Una delle tante vicende dei ragazzi immigrati, che sono passati in “Casa Farias”, è quella di Adrien (nome fittizio), nato in Senegal nel 1998 e arrivato in Italia nel 2017. Portava con sé due sogni: acquisire la patente di guida e diventare un autotrasportatore; completare la formazione nel settore della sartoria, che aveva iniziato nel suo Paese. Ma non aveva risorse economiche. Però, arrivato a Reggio Calabria, per una serie di coincidenze aveva subito trovato lavoro in casa di una persona anziana. Fin dall’inizio si era fatto apprezzare per lo spirito di dedizione, la sensibilità e la carica di umanità. Poi, però, le condizioni fisiche dell’anziano che assisteva si erano aggravate: al peggioramento della malattia di Alzheimer era subentrato anche il contagio del coronavirus, con tutta una serie di complicazioni. E Adrien si era trovato senza lavoro e senza alloggio. I familiari dell’anziano, che nel frattempo era stato inserito in una struttura ospedaliera, avevano sentito parlare di possibilità di aiuto e di accoglienza nella parrocchia di Sant’Agostino. Per questo avevano contattato il parroco, perorando la causa del giovane. Tenuto conto del desiderio di Adrien di impegnarsi sul serio e di scommettere su se stesso, era stato accolto in “Casa Farias”, il 17 agosto 2021. Passato qualche giorno, Adrien aveva già trovato impiego in un ristorante della città. Grazie alla sua determinazione, confermata dalla sua capacità di integrarsi e di intessere positive relazioni con i coinquilini di “Casa Farias”, in poco tempo Adrien aveva potuto incrementare il grado di autonomia personale, un’ampia dinamica di socialità e, soprattutto, un ottimo livello di professionalità nell’ambiente di lavoro. In effetti, il giovane aveva poi ottenuto la patente di guida ed era stato orientato nelle opportunità offerte dal territorio della città metropolitana. Il 6 febbraio 2022, Adrien aveva trovato un appartamento in affitto, a Reggio Calabria, ed era pronto a lasciare “Casa Farias”, con un contratto stagionale con il ristorante che, di lì a poco, l’avrebbe trasformato in contratto a tempo indeterminato. Ecco una storia di successo, alla quale potremmo aggiungerne tante altre, nel fenomeno pur vasto e complesso dell’immigrazione in Calabria! (p. Gabriele Bentoglio - Direttore Migrantes Reggio Calabria-Bova)      

Card. Zuppi: grazie a Papa Francescoper il dono della sua presenza a Matera

11 Luglio 2022 - Roma - Le Chiese in Italia esprimono profonda gratitudine a papa Francesco che, domenica 25 settembre, sarà a Matera per la conclusione del XXVII Congresso Eucaristico Nazionale. “Ringrazio Papa Francesco che condivide con noi una tappa decisiva del nostro Cammino sinodale: ritrovarsi intorno a Gesù, gustare il pane della sua presenza. Camminare con Lui ci fa camminare insieme tra noi e con i tanti pellegrini della vita, che sono i nostri compagni di viaggio”, commenta il card. Matteo Zuppi, presidente della CEI. “L’appuntamento – aggiunge – sarà anche occasione per rilanciare l’attualità del messaggio del Concilio Vaticano II, alla vigilia del 60° anniversario della sua apertura. Vogliamo rivivere la ‘sobria ebrezza’ di quella Pentecoste e gustare la bellezza dell’Eucaristia, fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa, che genera e rigenera la comunità cristiana e la apre al mondo. Se condividiamo il pane del cielo, come non condivideremo quello terreno?, si chiedeva il Cardinale Lercaro”. L’appuntamento, che si terrà dal 22 al 25 settembre nella “città dei Sassi” sul tema “Torniamo al gusto del pane. Per una Chiesa eucaristica e sinodale”, è parte integrante del Cammino sinodale e richiama le dimensioni della comunione, della partecipazione e della missione, in un’ottica di conversione ecologica, pastorale e culturale. Le giornate che precederanno l’arrivo di Papa Francesco saranno, infatti, scandite da momenti di celebrazione, da testimonianze, da gesti significativi che aiuteranno a leggere il tempo presente e permetteranno di lanciare un messaggio di speranza e di pace. “Tornare al gusto del pane – sottolinea il card. Zuppi – assume un valore ancora più profondo in un momento in cui le pandemie del Covid e della guerra ci chiedono di spezzare il pane dell’amore, specialmente con quanti si trovano in situazioni di fragilità e povertà”. “Aspettiamo Papa Francesco a Matera a braccia aperte e fin d’ora – conclude il Presidente della CEI – ci prepariamo a questo incontro con la preghiera”.  

Vedere. E avere compassione

11 Luglio 2022 - Città del Vaticano - Su una strada che scende da Gerusalemme due uomini si incontrano occasionalmente: uno è ferito, anzi mezzo morto, come leggiamo in Luca. L’altro è uno straniero, proveniente dalla regione della Samaria, che non conosce la legge, come il sacerdote e il levita – quel sistema di cinquecento e più comandamenti e divieti che andavano ad aggiungersi ai dieci comandamenti, per gli ebrei dell’antica Alleanza – ma sa vedere la sofferenza di una persona e si ferma a soccorrere. Il brano è molto noto, il buon Samaritano, e giunge dopo due domande che un dottore della legge ha rivolto a Gesù; un dialogo tra lo scriba, l’esperto della Torà, e Gesù in cammino verso Gerusalemme: Cosa devo fare per ereditare la vita eterna? Chi è il mio prossimo? Domande che hanno una risposta fatta non di parole, ma di azioni, di gesti. “Che cosa sta scritto nella legge? Come leggi?” gli chiede Gesù; e il dottore della legge cita a memoria il Deuteronomio – Sh’ma Israel… Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima… - e il Levitico – “amerai il tuo prossimo come te stesso”. La risposta, gli ricorda Gesù, è nell’ascolto della Parola: “fa questo e vivrai”. Il racconto del Samaritano, che “ebbe compassione” dell’uomo malmenato dai briganti e lasciato sul bordo della strada, e lo ha soccorso, chiede un comportamento da imitare; l’altro, con le sue povertà, le sue difficoltà, è il prossimo che incontriamo sul nostro cammino e che ci interpella con la sua presenza. Ricorda Papa Francesco, che i primi cristiani erano chiamati “discepoli della via, cioè del cammino”. Il credente somiglia molto al Samaritano, dice all’Angelus: “come lui è in viaggio, è un viandante. Sa di non essere una persona ‘arrivata’, ma vuole imparare ogni giorno, mettendosi al seguito del Signore Gesù”. Il Signore “non è un sedentario, ma sempre in cammino”, così il cristiano: “camminando sulle orme di Cristo, diventa un viandante, e impara – come il Samaritano – a vedere e ad avere compassione”. Lo scriba e il levita “vedono il malcapitato ma è come se non lo vedessero, passano oltre, guardano da un’altra parte”. Francesco ricorda che il Vangelo “ci educa a vedere, guida ognuno di noi a comprendere rettamente la realtà, superando ogni giorno preconcetti e dogmatismi”; ci insegna a seguire Gesù, a “avere compassione, a accorgerci degli altri, soprattutto di chi soffre, di chi ha bisogno”. La parabola evangelica non chiede di “colpevolizzare o colpevolizzarsi”, ma di non andare oltre e fermarsi; “dobbiamo riconoscere quando siamo stati indifferenti e ci siamo giustificati, ma non fermiamoci lì. Lo dobbiamo riconoscere, è uno sbaglio, ma chiediamo al Signore di farci uscire dalla nostra indifferenza egoistica e di metterci sulla Via. Chiediamogli di vedere e avere compassione” di quanti incontriamo “lungo il cammino, soprattutto di chi soffre ed è nel bisogno, per avvicinarci e fare quello che possiamo per dare una mano”, afferma Francesco. Vedere e non andare oltre. Come nel gesto dell’elemosina, già ricordato dal Papa. Compiuto il gesto “tu tocchi la mano della persona alla quale dai la moneta […] guardi gli occhi di quella persona?”. Vedere, dunque, e avere compassione: “se tu dai l’elemosina senza toccare la realtà, senza guardare gli occhi della persona bisognosa, quella elemosina è per te, non per lei. Pensa a questo: io tocco le miserie, anche quelle miserie che aiuto? Io guardo gli occhi delle persone che soffrono, delle persone che aiuto?” Nelle parole pronunciate dopo la preghiera mariana dell’Angelus, Francesco torna a guardare alla guerra in Ucraina – “prego per tutte le famiglie, specialmente per le vittime, i feriti, i malati; prego per gli anziani e per i bambini. Che Dio mostri la strada per porre fine a questa folle guerra” – e rivolge un appello per la pace nello Sri Lanka: “imploro coloro che hanno autorità di non ignorare il grido dei poveri e le necessità della gente”. Infine, rivolge un pensiero speciale al popolo della Libia, che soffre per i gravi problemi sociali e economici, e chiede soluzioni nel dialogo costruttivo e nella riconciliazione nazionale. (Fabio Zavattaro - Sir)

Mons. Damiano: ”urgono vie legali d’accesso”

9 Luglio 2022 -
Lampedusa - Mons. Alessandro Damiano, arcivescovo di Agrigento, ha affidato ad un videomessaggio il ricordo del IX anniversario della visita di Papa Francesco a Lampedusa (8 luglio 2013). Era l’8 luglio 2013 quando Papa Francesco nell’omelia data a Lampedusa – dice mons. Damiano – pronunciava queste parole: «E allora ho sentito che dovevo venire qui oggi a pregare, a compiere un gesto di vicinanza, ma anche a risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta. Non si ripeta per favore».  Sono trascorsi 9 anni – prosegue mons. Damiano – e ciò che accadde in quegli anni continua ad accadere. Uomini, donne e bambini in fuga, fratelli e sorelle in umanità continuano a morire nel Mediterraneo e non solo. «… siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro! Ritorna la figura dell’Innominato di Manzoni. La globalizzazione dell’indifferenza ci rende tutti “innominati”, responsabili senza nome e senza volto». Su questa indifferenza risuona l’appello divino: «dov’è il tuo fratello?»  Non è emergenza – conclude mons. Damiano –  è movimento di popoli in fuga. Urge un sistema per una accoglienza degna, trasferimenti rapidi e vie legali d’accesso. Adesso. 
Mons. Alessandro Damiano, arcivescovo di Agrigento, ha affidato ad un videomessaggio il ricordo del IX anniversario della visita di Papa Francesco a Lampedusa (8 luglio 2013)

Istat: oltre 1 milione i minorenni nati in Italia da genitori stranieri

8 Luglio 2022 - Roma - Sono oltre 1 milione i minorenni nati in Italia da genitori stranieri (di seconda generazione in senso stretto), il 22,7% dei quali (oltre 228mila) ha acquisito la cittadinanza italiana. Il dato, riferito al 2020, è dell'Istat ed è contenuto nel Rapporto 2022 dell'Istat. Tra il 2011 e il 2020 quasi 400mila ragazzi stranieri hanno acquisito la cittadinanza per trasmissione dai genitori. Nello stesso periodo si sono registrate oltre 57mila acquisizioni di cittadinanza per elezione da parte di nati in Italia al compimento del diciottesimo anno di età. Considerando i requisiti previsti dalla proposta per lo ius scholae, la platea di aventi diritto - sottolinea l'Istat - è stimabile in circa 280mila ragazzi. Risiede in Lombardia oltre il 25% dei potenzialmente interessati alla variazione della legge. Gli studenti con background migratorio (stranieri + italiani per acquisizione della cittadinanza) iscritti nelle scuole italiane nell’anno scolastico 2019/2020 superano il milione. Tra i dati quelli degli alunni con cittadinanza acquisita che sono circa 264mila e rappresentano il 3% degli alunni nelle scuole primarie, il 3,6% nelle scuole secondarie di primo grado e il 3,5% di quelle secondarie di secondo grado. Nel 2021, le famiglie con almeno uno straniero - si legge ancora nel rapporto - sono 2 milioni e 400mila, il 9,5% del totale. Quasi tre su quattro hanno componenti tutti stranieri mentre è mista poco più di una famiglia su quattro. Più della metà delle famiglie con almeno uno straniero vive nel Nord del Paese, circa un quarto nel Centro e la restante parte nel Mezzogiorno (18,7%). L’11,3% degli alunni stranieri delle scuole secondarie giudica la propria famiglia abbastanza o molto povera. Si colloca nella modalità intermedia “né ricca né povera” l’84,1% degli stranieri e l’86,3% degli italiani. A sentirsi molto o abbastanza ricchi sono invece il 4,5% degli stranieri e il 9,7% degli italiani. I ragazzi stranieri hanno percepito il peggioramento della situazione economica durante la pandemia più degli italiani, il 39,1% contro il 28,7%. Tra gli alunni stranieri delle scuole secondarie il 78,5% pensa in italiano. Rispetto all’autovalutazione delle competenze, circa tre ragazzi su quattro dichiarano di parlare e leggere ‘molto bene’ l’italiano, ancora di più sono coloro che pensano di comprenderlo molto bene, meno numerosi invece quelli che ritengono di scriverlo altrettanto bene. “Il futuro mi affascina” è la risposta fornita dal 51,6% dei ragazzi stranieri; per le ragazze la percentuale è molto più contenuta mentre assume maggiore rilievo la modalità “il futuro mi fa paura”, scelta dal 38,5% delle alunne e dal 24,0% degli alunni. Rispetto al Covid-19 i giovani stranieri delle scuole secondarie - evidenzia l'Istituto di Statistica italiano - si dicono molto o abbastanza preoccupati nel 46,4% dei casi mentre l’11,9% è per niente preoccupato (tra i ragazzi italiani la preoccupazione è maggiore). Più in generale, il 34,7% si dichiara molto preoccupato per le malattie (32,7% tra gli italiani). Al centro dell’attenzione degli alunni stranieri delle scuole secondarie è invece l’ambiente, che preoccupa molto il 60,5% degli intervistati, timore condiviso anche dai ragazzi italiani. Per molti giovani il futuro è altrove. Il 59% degli alunni stranieri delle scuole secondarie da grande vuole vivere all’estero contro il 42% degli italiani. Questo desiderio è più diffuso tra le ragazze (66,3%) rispetto ai coetanei maschi (52%).      

Papa Francesco: “favorire lo sviluppo del potenziale dei migranti e dei rifugiati”

8 Luglio 2022 -
Città del Vaticano - In occasione dell’anniversario della visita di Papa Francesco a Lampedusa, la Sezione Migranti e Rifugiati (M&R) del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale pubblica un nuovo video del Santo Padre nell’ambito campagna comunicativa promossa in vista della 108ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato (Gmmr). Nel video, disponibile in sei lingue, Papa Francesco sottolinea l’importanza di dare valore al contributo che migranti e rifugiati offrono alla crescita socio-economica delle comunità che li ricevono; promuovere i loro talenti permette ai membri delle comunità stesse di crescere insieme come società. Una migrante del Sud Sudan, Lucy, dà testimonianza di come questo sia possibile. Fuggita dal suo Paese per arrivare in Kenya, Lucy è stata accolta e sostenuta e ora mette a disposizione le sue abilità e il suo lavoro per la crescita dell’intera collettività che un giorno le ha aperto le porte. Anche in questo terzo video – fa notare il citato Dicastero pontificio in una  nota – il papa pone una domanda che interpella tutti: “come possiamo favorire lo sviluppo del potenziale di migranti e rifugiati?”.

Istat: 5.193.669 gli stranieri in Italia

8 Luglio 2022 - Roma - Al 1° gennaio 2022 gli stranieri residenti in Italia sono 5.193.669. In tre anni sono cresciuti meno di 200mila unità. Lo evidenzia l'Istat nel rapporto 2022 presentato a Roma oggi. Secondo l'Istituto di Statistica ammontano a circa 1 milione e 500mila le persone che hanno acquisito la cittadinanza italiana al 1° gennaio 2020. I nuovi cittadini hanno un’età media più alta di oltre 4 anni rispetto ai cittadini stranieri residenti e sono soprattutto di origine albanese e marocchina. Nell’ultimo decennio si è assistito a una contrazione senza precedenti dei flussi per motivi di lavoro, a una sostanziale stabilità di quelli per ricongiungimento familiare e a una rapida crescita degli arrivi di persone in cerca di protezione internazionale, si sottolinea nel Rapporto: durante il 2021 si è registrata una ripresa delle concessioni di nuovi permessi – in totale quasi 242mila, +127% rispetto al 2020 – e anche i nuovi documenti per asilo sono tornati a crescere: ne sono stati emessi quasi 31mila (+129% in un anno). Nel 2021 la maggior parte dei permessi per asilo e protezione è stata concessa a cittadini del Pakistan (6.090 nuovi documenti rilasciati) seguiti a distanza dai cittadini del Bangladesh (quasi 5mila permessi) e della Nigeria (oltre 3mila). La struttura di genere della presenza straniera è nell’insieme equilibrata: il rapporto tra i sessi è di 95 donne ogni 100 uomini. Il bilanciamento generale - sottolinea l'Istat -  cela però forti squilibri all’interno delle diverse collettività: per ucraini e russi la componente femminile supera il 75% della presenza totale. Alcune collettività, come quelle del Bangladesh, egiziana e pakistana, risultano invece sbilanciate al maschile e la percentuale di donne si aggira tra il 28 e il 34%. Nel 2021 ha un permesso di soggiorno valido il 47% dei migranti entrati nel 2007. Gli ucraini sono i più stabili sul territorio, i cinesi i meno stabili. Solo il 6,8% ha ottenuto la cittadinanza italiana tra il momento dell’ingresso, nel 2007, e il 2021. Per i migranti giunti in Italia nel 2012 o nel 2016 la quota di chi ha un documento ancora valido al 1° gennaio 2021 si aggira intorno al 35%. La propensione a stabilirsi in Italia è più bassa tra gli arrivati nell’ultimo decennio. Secondo il dati Istat la comunità romena è distribuita lungo tutta la Penisola secondo un modello insediativo chiaramente diffusivo che supera il dualismo Nord-Sud. Gli albanesi sono insediati soprattutto nel Centro Italia e nelle aree costiere dell’Emilia-Romagna. Per i marocchini, abbastanza presenti sul territorio, spiccano aree a maggiore concentrazione nelle zone nord-orientali, in Emilia-Romagna e nella Val Padana. I cinesi sono concentrati in zone specifiche come il comune di Roma, l’area di Prato, ma anche alcune aree del Sud e del Nord-est, soprattutto Emilia-Romagna e Veneto. Gli egiziani mostrano un modello insediativo chiaramente metropolitano con due centri maggiori, Roma e Milano. Gli ucraini presenti nel nostro Paese al 1° gennaio 2021 sono 236mila e rappresentano la quinta collettività per numero di residenti (il 4,6% di tutti gli stranieri). Sono invece circa 30mila quelli che hanno acquisito la cittadinanza italiana. La stabilizzazione della presenza ucraina non si è accompagnata a un riequilibro dei rapporti di genere, le donne sono ancora il 77,6% dei residenti.  

Stranieri e nuovi cittadini nel Rapporto Istat 2022

8 Luglio 2022 - Roma - Sul fronte dell’immigrazione l’ultimo decennio è stato caratterizzato dal radicamento sul territorio dei migranti arrivati nei decenni passati e da un rilevante mutamento dei nuovi flussi in arrivo. Gli ingressi per motivi di lavoro si sono ridotti molto, a fronte di una sostanziale stabilità di quelli per ricongiungimento familiare e di una forte quanto improvvisa crescita dei migranti in cerca di protezione internazionale, di cui i profughi ucraini sono l’ultimo tragico esempio. Lo si legge nel Rapporto Istat 2022 presentato questa mattina a Roma. Secondo l'Istat sono cresciuti numericamente i giovani di origine straniera nati in Italia da genitori stranieri, quelli arrivati prima del compimento dei 18 anni, i ragazzi figli di coppie miste. In deciso aumento anche le persone che hanno ottenuto la cittadinanza italiana per acquisizione. Molti ragazzi, italiani e stranieri, immaginano il loro futuro in un paese diverso dall’Italia. Si tratta di un aspetto da non sottovalutare perché rischia di far disperdere un capitale umano prezioso, soprattutto per un Paese che invecchia sempre più e sempre più velocemente.

Mattarella: non è “salutare respingere le persone sulle navi”

8 Luglio 2022 - Roma – In Africa si rischia un “nuovo impoverimento, rappresentato dall’emigrazione disordinata e irregolare verso Occidente di tante energie giovanili che sarebbero preziose per lo sviluppo del continente. Le crisi internazionali, pandemica, climatica, unitamente alle conseguenze scatenate dalla Federazione Russa con la guerra, aprono a spinte accentuate di nuove emigrazioni”. A dirlo il presidente della Repubblica Italiana, Segio Mattarella in visita in Zambia.  Aprire "canali formali" nei Paesi di origine per fermare il problema dei migranti alla fonte "lavorando insieme", convinti "che non sia salutare respingere le persone sulle navi una volta che hanno avuto accesso nei nostri Paesi", in modo da evitare questo fenomeno in anticipo, "in modo proattivo", ha detto il capo dello stato per gestire al meglio il fenomeno migratorio. Mattarella ha fatto sue le parole del presidente dello Zambia, Hakinde Hichilema al Parlamento Europeo, sottolineando che l'apertura di questi canali "contribuirà anche a ridurre la migrazione illegale".