Il destino d’Africa è il nostro: il viaggio del Presidente Mattarella in Zambia e Mozambico

11 Luglio 2022 – Roma – Europa e Africa sono legate da un avvenire comune. Lo ha ripetuto più volte il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione del viaggio ufficiale che l’ha portato nel continente africano la scorsa settimana, tra il 4 e l’8 luglio. La visita ha toccato Mozambico e Zambia, nell’Africa sudorientale: il Presidente ha ricordato gli antichi legami di amicizia che legano i due Paesi all’Italia, le relazioni economiche e commerciali, il ruolo del nostro Paese – e della sua società civile in particolare – nei conflittuali processi della lotta per la libertà e poi della pacificazione e della costruzione dello Stato seguite all’indipendenza. Una condivisione di destino che affonda le radici nella Storia, dunque, e che prosegue oggi, davanti alle sfide globali della pandemia, della guerra, della crisi climatica, energetica, alimentare: questioni interconnesse, causa e insieme conseguenza l’una dell’altra, destinate a colpire tutti e, pertanto, non gestibili in altro modo che tramite un intervento comune. L’Africa, i cui cittadini sono sotto molti aspetti i più esposti alle conseguenze letali delle crisi in corso – prime vittime delle carenze sanitarie e dell’approfondirsi della povertà, degli eventi climatici estremi e dello scivolamento verso la carestia – è anche in grado di offrire un contributo decisivo nell’affrontarle. Una positiva cooperazione con gli Stati africani è imprescindibile.

Con questa consapevolezza, il Capo dello Stato è arrivato a Maputo, capitale del Mozambico, e ha incontrato il Presidente Filipe Nyusi, insieme al quale ha celebrato il trentennale degli Accordi di Pace di Roma del 4 ottobre 1992. Il patto pose termine alla lunga guerra civile scoppiata nel Paese poco dopo l’indipendenza dal Portogallo – in corso dal 1977 tra il governo in carica e i guerriglieri ribelli e causa di oltre un milione di morti – e fu un momento fondamentale del processo di riconciliazione in Mozambico, premessa per la costruzione di una democrazia plurale, con lo svolgimento di lì a poco di libere elezioni, e per l’avvio di un progresso economico e sociale. Il luogo della firma non fu ovviamente casuale e il Segretario generale ONU di allora, Boutros-Ghali, parlò di formula italiana per la pace: i lunghi mesi di negoziato trascorsero, in effetti, presso la sede romana della Comunità di Sant’Egidio, con la mediazione di esponenti quali il fondatore Andrea Riccardi e l’attuale card. Matteo Zuppi – arcivescovo di Bologna dal 2015, appena nominato da papa Francesco Presidente della CEI– entrambi insigniti della cittadinanza onoraria del Mozambico, come segno di gratitudine per il loro impegno. La Comunità è rimasta al fianco dei mozambicani da allora, con opere tangibili come DREAM, nella periferia di Maputo, centro di cura di qualità contro l’AIDS e molte altre patologie, impegnato anche nella lotta alla pandemia e seme di un progetto più grande, che ha coinvolto zone rurali e Paesi vicini. Mattarella l’ha visitato come modello di una collaborazione internazionale felice: l’apporto di risorse e competenze da fuori e la valorizzazione di quelle del luogo hanno permesso a personale locale altamente qualificato di curare dal 2002 oltre duecentomila persone, in prevalenze donne e bambini, gli stessi che hanno festeggiato il Presidente al suo arrivo, sventolando bandierine italiane.

Giunto in Zambia il giorno seguente, Mattarella ha affrontato l’altro nodo vitale dei rapporti tra Europa e Africa. Parlando a Lusaka davanti all’Assemblea dei deputati, il Capo di Stato ha citato il recente intervento del Presidente zambiano Hakinde Hichilema al Parlamento europeo e condiviso la necessità da lui espressa di un ripensamento radicale delle attuali forme di migrazione tra i continenti. Non è “salutare”, concordano i Presidenti, respingere le persone giunte in nave in prossimità dell’ambita meta del loro viaggio. E non lo è, deve aggiungersi, ridurre la cooperazione tra Paesi di partenza e di arrivo alla chiusura delle frontiere, alla loro rigida sorveglianza e al trattenimento di chi vorrebbe attraversarle, anche a costo di una reclusione in condizioni disumane. Occorre invece aprire canali di transito, attraverso i quali i flussi possano scorrere regolari e ordinati in entrambe le direzioni. Per garantire il rispetto di diritti umani fondamentali innanzitutto, dal diritto alla vita alla libertà di movimento. E anche per favorire uno scambio paritario di energie e conoscenze, in grado di contrastare il “nuovo impoverimento” globale spinto dalle crisi presenti: se le politiche della chiusura cancellano il futuro uccidendone i protagonisti, un movimento tra i confini il più possibile libero e circolare costituisce un’occasione di arricchimento e progresso per tutti.

In Africa si concentra la gioventù del mondo – l’età media in Zambia e Mozambico, ad esempio, oscilla tra i 16 e i 17 anni – ed è la sua popolazione a crescere al ritmo più elevato – i due Paesi registrano un aumento annuale vicino al 3%, a fronte del tasso addirittura negativo stimato per l’Italia, del -0,6% – al punto che, secondo le previsioni, gli attuali 1,4 miliardi di cittadini africani diventeranno oltre 4 nel 2100. Tanta vitalità, plasticamente rappresentata dalle scatenate danze tradizionali che hanno salutato l’atterraggio di Mattarella a Maputo, è stata per troppo tempo repressa dal giogo dello sfruttamento imposto dal dominio coloniale, e dai suoi strascichi di impoverimento e di conflitto sociale. È importante che il rinnovato interesse per il continente, dimostrato oggi dal susseguirsi di incontri istituzionali e dalla rivitalizzazione degli accordi di cooperazione, sulle fonti energetiche e sulla migrazione tra gli altri, non segua l’ottica predatoria che ha caratterizzato per secoli lo sguardo d’Occidente sull’Africa. Al contrario, lasciare che quella vitalità si esprima finalmente, lavorando insieme per creare delle condizioni di parità che ne permettano la piena realizzazione, significherebbe soffiare un vento di cambiamento, di innovazione, di speranza nel futuro. Significherebbe dare un’opportunità al continente e con esso al mondo intero. Ha ragione il Presidente: il destino dell’Africa è il nostro. (Livia Cefaloni)

 

 

 

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