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Migranti, accordo di collaborazione tra la Comunità di Sant’Egidio e le Scalabriniane

9 Luglio 2020 - Roma - Si rafforza la collaborazione tra la Comunità di Sant’Egidio e la Congregazione delle Suore missionarie di San Carlo Borromeo/Scalabriniane. A Roma, nella sede della Comunità, si è svolto un incontro tra le due organizzazioni nel corso del quale si è tracciato un percorso comune di cammino.  “Le suore scalabriniane hanno dimostrato una ‘giovinezza’ della loro vocazione – spiega Daniela Pompei, coordinatrice delle attività per i migranti della Comunità di Sant’Egidio - Negli ultimi due anni è stata una grande novità per noi la presenza delle scalabriniane, ‘suore itineranti anche con pochi mezzi’, che è poi lo spirito della comunità di Sant’Egidio. Vogliamo essere insieme, lì dove c’è bisogno. Lo spirito è di accompagnare, di essere vicine al momento del bisogno, con l’idea di integrare.  Curiamo il progetto dei Corridoi umanitari, che nasce per bloccare il flusso dei trafficanti di uomini e per dire che è possibile da una parte entrare legalmente e che le comunità cattoliche possano assumere l’accoglienza. E’ una risposta all’appello del Papa dal 2013 in poi con il suo primo viaggio di Lampedusa e lo abbiamo iniziato a proporre insistentemente, senza mai demordere. Abbiamo voluto aprire piccoli varchi e continueremo a farlo. Possiamo portare avanti tanti progetti: siamo molto impegnati sul tema della regolarizzazione per far emergere il diritto e, allo stesso tempo, per far emergere le persone. Avere i documenti per un migrante vuol dire nascere di nuovo”. “Monsignor Giovanni Battista Scalabrini intuì che la mobilità sarebbe diventato il fenomeno fondamentale della vita umana – ha commentato Gianni La Bella, della Comunità di Sant’Egidio – Il suo è stato un carisma anticipatore nella Chiesa. Chiedeva di mettere preti nei porti, cosa che all’epoca c’era chi non capiva. A partire dall’incontro con i migranti abbiamo creato tante strade nuove e abbiamo scritto una pagina dell’impegno della Chiesa nel nostro mondo contemporaneo. Sentiamo il desiderio di ‘contagiare’ tante altre Congregazioni religiose. Dobbiamo rendere ancora di più forte questa nostra alleanza tra la Comunità e la Congregazione delle Scalabriniane. Insieme dobbiamo fare uno sforzo gioioso per una maggiore integrazione tra di noi facendo rete, connessione, coinvolgendo in questo grande abbraccio tanti altri. La vita religiosa deve assumere la sfida dei migranti come una chiamata evangelica per la vita di oggi. Scriviamo il secondo capitolo della nostra storia di amicizia, tanti ne dovremo continuare a scrivere”. “Abbiamo accolto con immensa gioia l’invito della comunità di Sant’Egidio, a cui abbiamo risposto prontamente, poiché abbiamo grande considerazione e apprezzamento per il lavoro che la comunità svolge ‘uscendo’ verso le periferie umane ed esistenziali, servizio riconosciuto internazionalmente per la dedizione, per la serietà e l’impegno con i poveri, con i migranti, i più vulnerabili della società – spiega la Superiora generale delle Suore scalabriniane, suor Neusa de Fatima Mariano - Accogliamo ciò come una valida opportunità che certamente rafforzerà ancor di più la collaborazione tra le nostre Istituzioni, impegnate e coinvolte con i migranti e i rifugiati, riconosciute e credibili nella Chiesa e nella società civile per la missione che realizziamo nella promozione e nella difesa della vita”. “Nella nostra attività missionaria valorizziamo molto la prossimità, l'essere insieme, l'essere migrante con i migranti e con i rifugiati e in particolar modo con le donne e i bambini in cerca di protezione a causa di situazioni di rischio, di violazioni e di vulnerabilità, soprattutto nei luoghi di frontiera, dove le popolazioni sono maggiormente segnate da violazioni dei diritti, da minacce alla dignità delle persone”.
Suor Milva Caro, superiora della Provincia San Giuseppe (che sovraintende all’area europea), ha illustrato l’attività delle suore scalabriniane in Europa e ha ricordato come proprio “un anno fa iniziava una collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio con l’accoglienza a Fiumicino di una famiglia venuta in Italia grazie ai corridoi umanitari. Dopo un anno è nata una bambina e ora li aiuteremo a spiccare il volo, felici di vedere la loro speranza”. Suor Eleia Scariot, brasiliana, ha raccontato l’esperienza del progetto di semiautonomia “Chaire Gynai”, che vede un progetto per donne rifugiate e per i loro figli. A Roma ci sono due case coinvolte in questa iniziativa, voluta da Papa Francesco. “Finora abbiamo accompagnato circa 50 persone. Ci attiviamo seguendo i quattro verbi del Pontefice, accogliere, proteggere, promuovere e integrare – ha spiegato suor Eleia – La Comunità di Sant’Egidio è una grandissima risorsa per noi in questo progetto, per la segnalazione di potenziali partecipanti”. Suor Stella John Joseph, indiana, ha illustrato le attività di Assmi, un’associazione che a Roma gestisce un centro culturale per migranti, con corsi di lingua, informatica, che promuove progetti per l’integrazione. L’occasione è stata anche quella per presentare anche le attività delle suore scalabriniane a livello internazionale. E’ stata Suor Ana Silvia Zamin, brasiliana, a raccontare le attività della Casa Mambre di Città del Messico. “Il migrante è una benedizione per noi. Lì lavoriamo anche con persone vittime di violenza,  è uno spazio dove possono recuperare sia a livello fisico e psicologico e riorganizzare il loro progetto di vita”, ha raccontato, descrivendo anche il lavoro di Tijuana, alla frontiera con gli Stati Uniti d’America. Suor Janete Ferreira, brasiliana, ha descritto la situazione delle case d’accoglienza dell’America Centrale e del Sud, e della gestione dei migranti venezuelani che stanno chiedendo aiuto al Brasile.

Sbarcati a Malta 52 migrantidel mercantile Talia

9 Luglio 2020 -
La Valletta - Malta ha concesso lo sbarco delle 52 persone messe in salvo nei giorni scorsi dalla nave mercantile Talia, battente bandiera libanese, nel Mediterraneo. Ad annunciarlo è l’ong ProActiva Open Arms in un post su Facebook.
"Malta concede l’evacuazione e lo sbarco successivo delle 52 persone tratte in salvo dalla nave Talia mentre si trovavano in una situazione critica".
Più volte il capitano della nave, Mohammad Shaaban, aveva chiesto aiuto alle autorità maltesi per permettere lo sbarco.

Auxilium: “parole del Papa su ‘inimmaginabile inferno’ in Libia sollecitano Europa a non essere complice”

9 Luglio 2020 - Roma - “Bisogna essere grati a Papa Francesco per aver voluto, ancora una volta, richiamare l’Italia, l’Europa e il mondo su quell’’inimmaginabile inferno’ che vivono centinaia di migliaia di migranti nei ‘lager di detenzione’ in Libia. Una tragedia epocale che molti vogliono ignorare, come se non riguardasse la nostra umanità e la nostra responsabilità verso il futuro dell’Italia e dell’Europa”. Lo afferma Angelo Chiorazzo, fondatore della Cooperativa Auxilium, intervenendo sulle parole che Papa Francesco ha pronunciato ieri nell’omelia della Messa dedicata ai migranti, nel settimo anniversario della sua visita a Lampedusa. “Quando sette anni fa Papa Francesco andò a Lampedusa e denunciò la ‘globalizzazione dell’indifferenza’, anche per noi che lavoravamo da alcuni anni nell’accoglienza dei migranti fu un cambio completo di orizzonte, l’inizio di un nuovo modo di affrontare la situazione per ‘accogliere, proteggere, promuovere, integrare’ tanti nostri fratelli, che sembrano avere il solo torto di essere nati dalla parte sbagliata del Mediterraneo”, evidenzia Chiorazzo. Aggiunge il fondatore di Auxilium: “Oggi, mentre in Libia e nel Mediterraneo uomini, donne e bambini in fuga da guerre e miseria continuano a morire, la globalizzazione dell’indifferenza si sta radicalizzando. Papa Francesco ci chiede di far sbarcare chi è in mare, ma soprattutto ci chiede di cambiare. Questo è il tempo di cambiare politica, di affrontare con coraggio il fenomeno migratorio, senza calcoli elettorali e guardando alle persone. I corridoi umanitari devono riprendere al più presto per mettere in salvo le persone più fragili, ma deve cambiare la politica migratoria e quella dell’accoglienza. L’Europa unita può governare con umanità e giustizia il fenomeno migratorio, non può, invece, continuare ad essere complice di questi crimini contro l’umanità”. La Cooperativa Auxilium gestisce e sviluppa servizi sanitari, socio assistenziali, sociali ed educativi in tutta Italia, perseguendo la promozione umana e l’integrazione sociale. La Cooperativa opera in molti settori del welfare al servizio di anziani, malati, disabili e minori. Dal 2007 Auxilium opera anche nel sistema nazionale di accoglienza dei migranti.

Cum Verona: corso di lingua per sacerdoti e religiosi che risiederanno in Italia

9 Luglio 2020 - Verona - Trenta partecipanti da 17 Paesi diversi. È entrato nel vivo il corso di lingua italiana per sacerdoti, religiosi e religiose stranieri che risiederanno in Italia nel prossimo futuro per motivi pastorali o di studio: il corso è tradizionalmente organizzato dalla Fondazione Missio nella sua sezione Cum a Verona. Il corso soddisfa l’esigenza di quanti hanno bisogno della lingua italiana per affrontare una formazione universitaria o nuovi impegni in attività in Italia perché appartenenti a congregazioni di origine italiana o che hanno attività in Italia. Durante il corso, che si svolge in forma non residenziale, si approfondiranno anche alcune tematiche riguardanti la vita ecclesiale in Italia, il rapporto giovani e fede, il cammino e le proposte della chiesa nella società.  

Minori e giovani migranti: al via il bando “Con i Bambini”

8 Luglio 2020 - Roma - Si chiama “Un domani possibile” l’ottavo bando dell’impresa sociale “Con i Bambini”, per favorire l’inclusione e l’autonomia dei minori e dei giovani migranti arrivati soli nel nostro Paese. Il bando è realizzato in collaborazione con “Never Alone – Per un domani possibile”, iniziativa nata nell’ambito del programma europeo “Epim – European Programme for Integration and Migration” e promossa da Fondazione Cariplo, Fondazione Compagnia di San Paolo, Fondazione con il Sud, Fondazione Crt, Fondazione Crc, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, Fondazione Monte dei Paschi di Siena, Fondazione Peppino Vismara, in continuità con i bandi precedenti realizzati nel quadro di tale iniziativa. “Con i Bambini” intende sostenere, spiega una nota, “interventi, nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, che contribuiscano a offrire opportunità educative e di inclusione alle e ai giovani migranti, di età compresa tra i 17 ed i 21 anni, che hanno fatto ingresso in Italia da minorenni e da soli, fornendo loro un percorso di inserimento lavorativo di medio-lungo periodo, soluzioni abitative adeguate e l’integrazione in reti e relazioni sociali solide”. Possono partecipare al bando partenariati composti da almeno 4 enti: un’organizzazione di Terzo settore con ruolo di soggetto responsabile; almeno un altro ente di Terzo settore con esperienza negli ambiti previsti dal bando; almeno un soggetto autorizzato allo svolgimento di attività di intermediazione al lavoro e almeno un partner pubblico il cui ruolo risulti funzionale al raggiungimento degli obiettivi previsti. Inoltre, potranno far parte del partenariato anche altre organizzazioni non profit, istituzioni, enti di formazione e della ricerca, imprese. Le proposte dovranno prevedere interventi in almeno due delle tre aree geografiche previste nel Bando (Nord, Centro, Sud e Isole). Complessivamente, attraverso il bando “Un domani possibile” sono messi a disposizione 5 milioni di euro. I progetti devono essere presentati esclusivamente on line, tramite la piattaforma Chàiros raggiungibile dal sito www.conibambini.org, entro il 9 ottobre 2020. Le proposte valutate positivamente saranno sottoposte ad un’ulteriore fase di progettazione esecutiva in collaborazione con gli uffici di “Con i Bambini”, al termine della quale si procederà all’eventuale assegnazione del contributo.

Lampedusa: incontro di preghiera al santuario nel VII anniversario visita del Papa

8 Luglio 2020 -   Lampedusa – Un incontro di preghiera per ricordare l’anniversario del viaggio del Papa a Lampedusa di un anno fa. Lo promuove questa sera la parrocchia di Lampedusa all’aperto al santuario della Madonna di Porto Salvo. “La maggior parte dei lampedusani ricorda questo momento con orgoglio e ne tiene viva la memoria – dice al Sir don Carmelo La Magra, parroco di San Gerlando a Lampedusa – perché è stato un momento significativo per la vita dell’isola. Ma nemmeno qui mancano gli attacchi al Papa: c’è chi gli attribuisce la colpa di aver dato il via ad una migrazione più libera, come se avesse detto ‘venite tutti, vi aspettiamo’”. Per il sacerdote “sembra essere passato tanto tempo dal viaggio del Papa ma i nostri comportamenti non sono cambiati anzi sono peggiorati. Sono ancora in vigore i decreti sicurezza, c’è ancora tante gente che muore in mare e persone lasciate giorni e giorni in attesa sulle navi senza capire perché, visto che prima o poi dovranno sbarcare”. “Il Papa quel giorno chiese se qualcuno avesse pianto per le sofferenze dei migranti – ricorda don La Magra -. Invece siamo ancora concentrati sui nostri problemi. Nemmeno la pandemia ci è servita per imparare a sentirci tutti sulla stessa barca”.

Papa Francesco: cercare Dio “nel volto dei poveri, degli ammalati, degli abbandonati e degli stranieri”

8 Luglio 2020 - Città del Vaticano – “La Vergine Maria, Solacium migrantium, ci aiuti a scoprire il volto del suo Figlio in tutti i fratelli e le sorelle costretti a fuggire dalla loro terra per tante ingiustizie da cui è ancora afflitto il nostro mondo”. Così ha pregato papa Francesco questa mattina al termine della liturgia, celebrata nella cappella di Casa Santa Marta nel settimo anniversario del suo viaggio apostolico a Lampedusa, l’8 luglio 2013, il primo del pontificato di papa Bergoglio. Alla celebrazione  il personale della sezione rifugiati del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale. “Oggi – ha detto - ricorre il settimo anniversario della mia visita a Lampedusa. Alla luce della Parola di Dio, vorrei ribadire quanto dicevo ai partecipanti al meeting ‘Liberi dalla paura’ (promosso dalla Fondazione Migrantes, dalla Caritas Italiana e dal Centro Astalli, ndr) nel febbraio dello scorso anno: ‘L’incontro con l’altro è anche incontro con Cristo. Ce l’ha detto Lui stesso. È Lui che bussa alla nostra porta affamato, assetato, forestiero, nudo, malato, carcerato, chiedendo di essere incontrato e assistito’”. Per il papa l’incontro personale con Gesù Cristo è “possibile anche per noi, discepoli del terzo millennio. Protesi alla ricerca del volto del Signore, lo possiamo riconoscere nel volto dei poveri, degli ammalati, degli abbandonati e degli stranieri che Dio pone sul nostro cammino. E questo incontro diventa anche per noi tempo di grazia e di salvezza, investendoci della stessa missione affidata agli Apostoli”. Nella sua omelia il pontefice ha sottolineato come la “cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza”, ripetendo le stesse parole pronunciate nell’isola siciliana in quel primo viaggio del suo ministero petrino. “La ricerca del volto di Dio è garanzia del buon esito del nostro viaggio in questo mondo, che è un esodo verso la vera Terra Promessa, la Patria celeste”, ha detto il papa aggiungendo che “il volto di Dio è la nostra meta ed è anche la nostra stella polare, che ci permette di non perdere la via”. Il papa ha anche ricordato i campi di detenzione in Libia e gli abusi e violenze di cui sono “vittime i migranti, ai viaggi della speranza, ai salvataggi e ai respingimenti. Tutto quello che avete fatto... l’avete fatto a me”. E a braccio ha detto che quel giorno alcuni migranti gli hanno raccontato quello che vivevano, “quanto avevano sofferto per arrivare lì. C'erano degli interpreti e uno raccontava cose terribili e l'interprete sembrava tradurre bene, ma questo prima parlava lungo e invece la traduzione era troppo breve. Quando sono tornato a casa, nella reception c'era una signora, figlia di etiopi. Mi ha detto che quello che ha detto il traduttore non era che la quarta parte delle sofferenze che hanno vissuto loro. Mi hanno dato la versione distillata. Questo succede con la Libia, voi non immaginate l'inferno che si vive là, in quei lager di detenzione. Questa gente soltanto vive con la speranza di incrociare il mare”.

Raffaele Iaria

Morire di Speranza: questa sera veglia a Novara

8 Luglio 2020 - Novara – Si terrà questa sera a Novara la preghiera “Morire di speranza”, riflessione in memoria di quanti hanno perso la vita nei viaggi verso l’Europa e il Nord del mondo. Un gesto, spiegano i promotori (a livello novarese la Comunità di Sant’Egidio in collaborazione con la Caritas diocesana), “per mettere al centro dell’attenzione di tutti, simbolicamente, coloro che la pandemia ha messo in ombra: uomini, donne, bambini, che continuano a morire nel mar Mediterraneo e in tante aree del mondo, alla ricerca di una vita migliore”. L’appuntamento è per le 21, per la prima volta in piazza Duomo e all’aperto, proprio nel cuore del capoluogo novarese. La serata viene organizzata per la Giornata Mondiale del Rifugiato e, a livello nazionale, vede l’adesione anche di Centro Astalli, Fondazione Migrantes, Fondazione Chiese Evangeliche in Italia, Acli, Scalabrini Migration International Network (Simn), Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII e Associazione Comboniana Servizio Emigranti e Profughi (Acse). A presiedere la preghiera, sarà don Giorgio Borroni, direttore della Caritas diocesana. Nei giorni scorsi un momento dii preghiera anche a Torino presso chiesa dei Ss. Martiri presieduto dall’arcivescovo mons. Cesare Nosiglia. Nel corso della veglia – a cura di Comunità di Sant’Egidio, Centro Astalli, Caritas Italiana, Fondazione Migrantes, Federazione Chiese evangeliche in Italia, Scalabrini Migration International Network (Simn), Acli, Comunità Papa Giovanni XXIII, Associazione comboniana servizio emigranti e profughi (Acse) – sono stati saranno letti i nomi di quanti hanno perso la vita nei viaggi di speranza intrapresi verso l’Europa. Come ricorda una nota pubblicata sul sito della diocesi di Torino  “nel mondo, è la drammatica denuncia dall’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, oggi ci sono circa 80 milioni di persone in fuga dalle loro case e dai loro Paesi – l’1% della popolazione mondiale – molti di questi sono sfollati interni a cui Papa Francesco ha dedicato il messaggio per la 106ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato che la Chiesa celebra il prossimo 27 settembre”.

Dov’è tuo fratello?

8 Luglio 2020 - Città del Vaticano - «Dov’è tuo fratello?, la voce del suo sangue grida fino a me, dice Dio. Questa non è una domanda rivolta ad altri, è una domanda rivolta a me, a te, a ciascuno di noi». Sono passati sette anni dalla visita di Papa Francesco a Lampedusa e da quella domanda rivolta all’umanità nella Messa celebrata al campo sportivo dell’isola nel cuore del Mediterraneo. Un viaggio durato poche ore e che però è stato in qualche modo “programmatico” per il Pontificato. Lì, nella punta Sud dell’Europa, Francesco ha mostrato cosa intenda quando parla di “Chiesa in uscita”. Ha reso visibile l’affermazione che la realtà si vede meglio dalle periferie che dal centro. In mezzo ai migranti fuggiti dalla guerra e dalla miseria, ha fatto toccare con mano il suo sogno di una “Chiesa povera e per i poveri”. A Lampedusa, d’altro canto, parlando di Caino e Abele, ha anche posto in primo piano l’interrogativo sulla fratellanza. Domanda fondamentale per il nostro tempo. O forse, di ogni tempo. Sull’asse della fratellanza ruota tutto il Pontificato di Francesco. “Fratelli” è proprio la prima parola che ha rivolto al mondo da Papa, la sera del 13 marzo del 2013. La dimensione della fratellanza è, se così si può dire, nel Dna di questo Pontefice che ha scelto il nome del Poverello d’Assisi, un uomo che per sé ha voluto come unico titolo quello di “frate”, frater, fratello appunto. Fraterno è anche il modo in cui definisce il suo rapporto con il Papa emerito Benedetto XVI. Dopo la firma del Documento sulla Fratellanza umana, tale cifra del Pontificato appare certamente più marcata ed evidente a tutti. Eppure, ripercorrendo all’indietro i primi sette anni di Pontificato di Francesco, si ritrovano diverse pietre miliari sul cammino che ha condotto alla firma, assieme al Grande Imam di Al Azhar, dello storico documento ad Abu Dhabi, il 4 febbraio del 2019. Un percorso che ora prosegue, perché quell’avvenimento in terra araba è stato un punto di arrivo, certo, ma anche di un nuovo inizio. Ritornando alla “domanda di Lampedusa”, è particolarmente significativo che il Papa riprenda le stesse parole in un’altra visita fortemente simbolica, quella che compie al Sacrario militare di Redipuglia nel centenario dell’inizio della Prima guerra mondiale. Anche qui, nel settembre del 2014, torna a risuonare con tutta la sua drammaticità il dialogo tra Dio e Caino, dopo l’uccisione del fratello Abele. «A me che importa? Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4, 9). Per Francesco, in quel rifiuto di sentirsi custode del fratello, di ogni fratello, sta la radice di tutti i mali che scuotono l’umanità. Questo atteggiamento, sottolinea il Papa, «è esattamente l’opposto di quello che ci chiede Gesù nel Vangelo», «Chi si prende cura del fratello, entra nella gioia del Signore; chi invece non lo fa, chi con le sue omissioni dice: “A me che importa?”, rimane fuori». Con lo scorrere del Pontificato, vediamo che la comune appartenenza alla fratellanza umana viene declinata in tutta la sua multiforme dinamicità, spaziando dal terreno ecumenico a quello interreligioso, dalla dimensione sociale a quella politica. Ancora una volta è il poliedro la figura che meglio rappresenta il pensiero e l’azione di Francesco. La fratellanza, infatti, ha tante sfaccettature. Tante quanti sono gli uomini e le relazioni tra loro. Francesco parla di fratelli nell’incontro di preghiera e di pace nei Giardini Vaticani con Shimon Peres e Abu Mazen. «La vostra presenza», sottolinea rivolgendosi al leader israeliano e a quello palestinese, «è un grande segno di fraternità, che compite quali figli di Abramo, ed espressione concreta di fiducia in Dio, Signore della storia, che oggi ci guarda come fratelli l’uno dell’altro e desidera condurci sulle sue vie». Nel nome della fratellanza, vivificata dalla comune fede in Cristo, si realizza anche l’incontro, impensabile fino a pochi anni prima, del Vescovo di Roma con il Patriarca di Mosca, evento benedetto dal Patriarca di Costantinopoli, il fratello Bartolomeo I. A Cuba, Francesco e Kirill firmano un documento comune che, nel suo incipit, sottolinea: «Con gioia ci siamo ritrovati come fratelli nella fede cristiana che si incontrano per “parlare a viva voce”». Fratellanza è pure la parola chiave che ci permette di decodificare uno degli atti più forti e sorprendenti del Pontificato: il gesto di inginocchiarsi a baciare i piedi dei leader del Sud Sudan convocati in Vaticano per un ritiro spirituale e di pace. «A voi tre, che avete firmato l’Accordo di pace — dice il Papa con parole accorate — vi chiedo come fratello, rimanete nella pace. Ve lo chiedo con il cuore. Andiamo avanti». Se dunque il Documento di Abu Dhabi è stato come la fioritura di semi piantati all’inizio e poi lungo il Pontificato, certamente il “cambiamento d’epoca” che stiamo vivendo, accelerato dalla pandemia, rende improrogabile l’assunzione di responsabilità rispetto alla questione della fratellanza umana. «Dov’è tuo fratello?». Quella domanda-appello, levata nella mattina assolata dell’8 luglio 2013 a Lampedusa, è oggi “la” domanda. Il mondo, convinto di poter fare da sé, di poter andare avanti nella logica egoista del “si è sempre fatto così”, si è invece ritrovato a terra, incredulo e impotente di fronte ad un nemico invisibile e inafferrabile. E ora fa fatica a rialzarsi perché non trova la base giusta per sorreggersi. Questa base, ci ripete Francesco, è la fratellanza. Lì sono le uniche fondamenta su cui costruire una casa solida per l’umanità. Il coronavirus ha mostrato drammaticamente che, per quanto siano differenti i livelli di sviluppo tra le nazioni e di reddito all’interno delle nazioni, siamo tutti vulnerabili. Siamo fratelli sulla stessa barca, agitata dalle onde di una tempesta che colpisce tutti e ciascuno indistintamente. «Con la tempesta — afferma il Papa sotto la pioggia il 27 marzo nella piazza San Pietro vuota — è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli». Ecco cosa può risvegliare le nostre coscienze un po’ anestetizzate dinnanzi alle tante “pandemie”, come la guerra e la fame, che hanno bussato alle nostre porte, ma di cui non ci siamo curati perché non sono riuscite ad entrare in casa. «Ci sono tante altre pandemie che fanno morire la gente — ha ricordato Francesco nella Messa a Santa Marta del 14 maggio — e noi non ce ne accorgiamo, guardiamo da un’altra parte». Oggi come sette anni fa a Lampedusa, il Papa ci dice che non dobbiamo guardare dall’altra parte, perché se veramente ci sentiamo fratelli, membra gli uni degli altri, l’altra parte non esiste. L’altra parte siamo noi. (Alessandro Gisotti - Osservatore Romano)  

L’appello del capitano della nave Talia: “senza cibo e acqua, in condizioni pessime, fateci sbarcare”

7 Luglio 2020 -
Roma - “I migranti che abbiamo salvato sono in pessime condizioni di salute, non abbiamo più cibo, acqua, siamo tutti molto stanchi. Abbiamo veramente bisogno di aiuto. Spero che Malta faccia sbarcare il prima possibile queste persone. Facciamo appello a tutti: per favore, per favore aiutateci!”. È un appello disperato quello di Mohammad Shaaban, capitano della nave Talia, che il 3 luglio ha salvato in mare 52 persone dopo aver ricevuto un Sos da un aereo della Ong Sea-Watch. In un video arrivato questa notte al Sir il capitano racconta che il suo mercantile stava viaggiando dalla Libia verso la Spagna e ha ricevuto la segnalazione di una imbarcazione in difficoltà nella zona Sar maltese anche se più vicina a Lampedusa (a circa 60 miglia nautiche). Per cui hanno salvato le persone e invertito la rotta verso Lampedusa. “Le persone erano in condizioni pessime – dice il comandante, di nazionalità siriana -. Abbiamo proceduto verso Lampedusa ma l’Italia ha rifiutato questi migranti. Abbiamo chiamato Malta e abbiamo proseguito verso le acque territoriali di Malta. Poi è arrivata una tempesta e siamo stati costretti, per evitare onde altissime, a spostare i migranti sul ponte 6 che usiamo per il trasporto degli animali, ma è un luogo sporco non adatto alle persone”. Il comandante Shaaban ha confidato che sta valutando di chiedere lo “stato di emergenza” e sbarcare a Malta nonostante il no delle autorità. Da ieri sta girando anche una drammatica foto di un membro dell’equipaggio della nave Talia che tiene in braccio un migrante ridotto pelle e ossa, ribattezzata dai media “la pietà del mare”.

Viminale: da inizio anno sbarcate 7.554 migranti sulle coste italiane

7 Luglio 2020 - Roma - Sono finora 7.554 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane dal 1 gennaio ad oggi. Il dato è infatti aggiornato alle 8 di questa mattina dal ministero degli Interni. Degli oltre 7.500 migranti sbarcati in Italia, 1.695 sono di nazionalità tunisina (23%). Gli altri provengono da Bangladesh (1.292, 17%), Costa d’Avorio (777, 10%), Algeria (489, 7%), Sudan (459, 6%), Marocco (350, 5%), Guinea (245, 3%), Somalia (233, 3%), Mali (168, 2%), Egitto (168, 2%) a cui si aggiungono 1.678 persone (22%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione.

Tv2000 la Messa per l’anniversario della visita a Lampedusa

7 Luglio 2020 - Roma - La Messa di Papa Francesco, in occasione dell’anniversario della visita a Lampedusa (8 luglio 2013), celebrata nella cappella di Santa Marta sarà trasmessa in diretta da Tv2000 (canale 28 e 157 Sky) mercoledì 8 luglio ore 11. Alla celebrazione, come ha detto ieri il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni,  parteciperà solo il personale della sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale.

Ragazzi in Gambia

 Milano - Una striscia di terra estremamente sottile si estende verso l’interno del Senegal meridionale per circa cinquecento chilometri. Prende il nome di Repubblica del Gambia e a un primo sguardo alla mappa del continente africano poteva addirittura sfuggire alla vista. Fino a domenica, quando due calciatori gambiani del Bologna ne hanno aumentato la popo-larità stendendo l’Inter a San Siro con un gol a testa. I tiri di Musa Juwara e Musa Barrow che hanno gonfiato la rete di Samir Handanovic simboleggiano la crescita del calcio gambiano, la cui nazionale ha ben figurato nel gruppo di qualificazione per la Coppa d’Africa 2019 in cui gli Scorpioni hanno fermato sul pari i futuri campioni continentali dell’Algeria sia all’andata che al ritorno. Il Gambia (o la Gambia, entrambe le varianti sono accettate) conta molti rappresentanti nei campionati dilettantistici italiani e nei settori giovanili delle società professionistiche. Ben nove militano nelle prime squadre di club di Serie A, B e C: non male per una popolazione di poco più di due milioni di abitanti, di cui circa 23 mila vivono in Italia. Tra loro, ovviamente, Juwara (classe 2001) e Barrow (1998): il destino ha unito le loro strade ma il successo dei due gioiellini del Bologna è il risultato di due percorsi differenti. Il primo, Juwara, è l’esponente più brillante di ragazzi minorenni che negli anni

scorsi hanno attraversato la rotta migratoria del Mediterraneo Centrale per cercare maggior fortuna in Europa. Un reddito pro capite di 2,892 dollari – che relega il Gambia al 159° posto della classifica annuale del Fondo Monetario Internazionale – e, fino al 2017, l’oppressione del regime di Yahya Jammeh sono le ragioni principali dietro al desiderio di abbandonare il paese. Tra i partenti figurano anche Bakary Jaiteh (1996), rifugiato politico transitato per le giovanili della Roma, Ebrima Darboe (2000), centrocampista dei giallorossi convocato per la prima volta da Paulo Fonseca per la sfida di campionato contro il Milan dello scorso 27 ottobre, e Kalifa Manneh (1998), da tre anni al Catania in Serie C. Il secondo, Barrow, è invece una delle scoperte di Luigi Sorrentino, avvocato e rappresentante di calciatori che dal 2012 viaggia regolarmente in Gambia alla ricerca di talenti. Otto anni fa portò in Italia Ali Sowe (1994), il primo gambiano a esordire in Serie A nel 2013 con la maglia del Chievo Verona, squadra a cui approderà un anno più tardi anche Lamin Jallow (1995), attaccante oggi in forza alla Salernitana. A viaggiare spesso con Sorrentino è l’ex responsabile del settore giovanile del Chievo Maurizio Costanzi, passato nel 2014 all’Atalanta. Motivo per cui Musa Barrow ed Ebrima Colley (2000), cugino alla lontana di Omar Colley (1992) della Sampdoria, sono di proprietà della società bergamasca. Nel corso del tempo Sorrentino ha stretto dei rapporti solidi con l’Hawks FC e il Real di Banjul, i due club della capitale gambiana che vantano il maggior numero di promesse, e sottolinea come il movimento calcistico del piccolo paese dell’Africa Occidentale sia “in forte espansione”. Il Gambia, circondato dal Senegal e offuscato dal blasone dei Leoni della Teranga, condivide con il paese vicino molti gruppi etnici, tradizioni e la religione predominante, l’islam. Il presente ci racconta che l’obiettivo è avvicinarsi anche alla sua produzione di talento calcistico. (Alex Cizmic - Avvenire)

Focsiv: oggi incontro su accoglienza migranti per “generare una nuova Italia”

7 Luglio 2020 - Roma - Oggi sulla piattaforma digitale di Zoom  l’evento finale nazionale del progetto “Generiamo una Nuova Italia: i giovani impegnati per una piena accoglienza ed integrazione degli immigrati”, organizzato da Focsiv in partenariato e collaborazione con 17 Soci della Federazione. Durante l’incontro saranno presentati da diverse testimonianze i risultati raggiunti e sarà l’occasione per riflettere sull’impegno di Focsiv e dei partner in merito al lavoro da mettere in campo, nel presente e nel futuro, per contrastare i fenomeni di marginalità e di esclusione sociale e per promuovere la cultura del volontariato, in particolare tra i giovani e all’interno delle scuole, e lo sviluppo delle associazioni e delle reti associative del Terzo settore. Le nuove esigenze sorte nella fase attuativa del progetto, come conseguenza del lockdown, sono state comunque compatibili ed idonee alla realizzazione di quanto previsto e hanno permesso di conseguire i risultati, coinvolgendo 180 scuole secondarie di secondo grado distribuite su tutto il territorio nazionale italiano, 2 docenti in media per ogni scuola e oltre 10.000 studenti, tra i quali molti ragazzi delle nuove generazioni con storie di migrazioni familiari alle spalle, spiegano i promotori.  

Viminale: da inizio anno sbarcate 7.368 persone sulle nostre coste

6 Luglio 2020 - Roma - Sono 7.368 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane dal 1 gennaio 2020 ad oggi. Il dato è stato diffuso dal ministero degli Interni questa mattina sul proprio sito ed è aggiornato alle 8 di oggi. Degli oltre 7.200 migranti sbarcati in Italia nel 2020, 1.695 sono di nazionalità tunisina (23%). Gli altri provengono da Bangladesh (1.292, 18%), Costa d’Avorio (777, 11%), Algeria (489, 7%), Sudan (459, 6%), Marocco (350, 5%), Guinea (245, 3%), Somalia (230, 3%), Mali (168, 2%), Egitto (161, 2%) a cui si aggiungono 1.502 persone (20%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione.

Papa Francesco celebra in occasione della sua visita a Lampedusa

6 Luglio 2020 - Città del Vaticano - Mercoledì 8 luglio 2020, alle ore 11.00, nell’anniversario della sua visita a Lampedusa nel 2013, papa Francesco celebrerà la Santa Messa nella cappella di Casa Santa Marta. Vista la situazione sanitaria - spiega il Direttore della Sala Stampa della Santa, Matteo Bruni,  alla Messa parteciperà solo il personale della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. La celebrazione sarà trasmessa in diretta televisiva da Vatican Media e in streaming sul sito di Vatican News. L'8 luglio 2013 papa Franceco a Lampedusa venne accolto dal card. Francesco Montenegro, allora Presidente della Commissione CEI per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes. Si trattava del primo viaggio del pontificato di Papa Bergoglio. Nella maggiore delle Pelagie, il Pontefice, dopo avere lanciato in mare una corona di fiori in memoria dei migranti morti nel Mediterraneo, incontrando alcuni giovani migranti sul Molo Favarolo, luogo di approdo dei migranti, parlò di globalizzazione dell’indifferenza e di una società che ha dimenticato l’esperienza di piangere…

Raffaele Iaria

 

Migrantes Cerignola-Ascoli Satriano: parte il “Laboratorio delle Migrazioni

6 Luglio 2020 -     Cerignola – L’Ufficio Migrantes della diocesi di Cerignola– Ascoli Satriano, in occasione della 106ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, il prossimo 27 settembre inaugurerà, nel Seminario vescovile di Cerignola e nella sede distaccata della parrocchia di San Giuseppe a Carapelle il “Laboratorio delle migrazioni – San Giuseppe”. Non si tratta di uno sportello informativo o d’intervento caritativo, bensì di un osservatorio e di uno spazio di studio, come punto di formazione e informazione per approfondire il fenomeno migratorio, occupandosi di emigrati, immigrati, rom, sinti e circensi. Sarà una sfida pastorale a cui siamo chiamati per rispondere, come èquipe diocesana, a partire dallo statuto che ci è stato consegnato dal vescovo Luigi Renna e che riprende i quattro verbi che papa Francesco ha indicato nel Messaggio per la Giornata nel 2018: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Ad essi, per il messaggio del 2020, Come Gesù Cristo, costretti a fuggire – Accogliere, proteggere, promuovere e integrare gli sfollati interni, il Papa ha aggiunto sei coppie di verbi che diventeranno le linee guida del “Laboratorio” e che corrispondono ad azioni concrete, legate tra loro in una relazione di causa-effetto: conoscere per comprendere (quando si parla di migranti e di sfollati troppo spesso ci si ferma ai numeri); farsi prossimo per servire (avvicinarsi significa essere disposti a correre dei rischi e a servire, superando paure e pregiudizi); ascoltare per avere l’opportunità di riconciliarci con il prossimo, con tanti scartati, con noi stessi e con Dio, che mai si stanca di offrirci la sua misericordia (attraverso un ascolto umile e attento possiamo arrivare a riconciliarci); crescere insieme per condividere quello che abbiamo con tutti (per imparare a crescere insieme, senza lasciare fuori nessuno); coinvolgere per promuovere (per trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati, permettendo nuove forme di ospitalità, di fraternità, e di solidarietà); imparare a collaborare per non lasciarci tentare da gelosie, discordie e divisioni (per impegnarci a garantire la cooperazione internazionale, la solidarietà globale e l’impegno locale).

Claudio Barboni

Oxfam, “in Grecia detenzioni arbitrarie, rivedere normativa che lede i diritti umani”

2 Luglio 2020 -
Roma - “A metà giugno in Grecia erano detenuti circa 229 minori migranti non accompagnati, mentre in tutti gli hotspot sulle isole attualmente si trovano in condizioni disumane e in piena pandemia circa 38mila migranti in spazi costruiti per ospitarne meno di 6.200”. È l’allarme lanciato da Oxfam e dal Greek Council for Refugees in un nuovo rapporto diffuso oggi, che denuncia quanto la riforma greca del sistema di asilo, approvata il 1° gennaio 2020 – e parzialmente modificata a maggio – “stia esponendo migliaia di persone a sfruttamento e abusi”. “Al loro arrivo negli hotspot delle isole, i migranti, molti dei quali in condizione di particolare vulnerabilità, come bambini, donne incinta, disabili, vengono di fatto posti in stato di detenzione senza accesso alle necessarie cure e tutele – è la denuncia dell’ong -. Il sistema rende poi incredibilmente difficile l’esame delle cause che spingono i richiedenti asilo a lasciare i propri Paesi di origine, spesso attraversati da guerre e persecuzioni”. Secondo Oxfam, la riforma delle politiche di accoglienza greche è “uno schiaffo all’impegno umanitario dell’Europa di proteggere chi fugge da guerre e persecuzioni”. “La Grecia ha certamente il diritto di proteggere i suoi confini, ma deve anche rispettare il principio di non-respingimento – afferma Riccardo Sansone, responsabile dell’ufficio umanitario di Oxfam Italia –. Ue e Grecia hanno operato la precisa scelta politica di mettere in pericolo le vite di persone che avrebbero invece dovuto proteggere”. Infine, l’appello: “Chiediamo con forza al Governo greco e alla Commissione europea di rivedere immediatamente l’attuale normativa, in modo che non sia lesiva dei diritti umani, né sia in contrasto con il diritto comunitario”. (Sir)
2 Luglio 2020 - Roma - Sono  7212  le persone migranti sbarcate sulle coste italiane in questo 2020. Il dato è del ministero degli Interni ed è aggiornato alle 8 di questa mattina. Degli oltre 7.200 migranti arrivati in Italia 1.564 sono di nazionalità tunisina (22%), Gli altri provengono da Bangladesh (1.237, 17%), Costa d’Avorio (777, 11%), Algeria (471, 7%), Sudan (457, 6%).

R.I.