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Migranti. Mons. Russo: storie, non numeri

8 Ottobre 2020 -

Roma - Questa mattina, Giovedì 8 ottobre, mons. Stefano Russo, Segretario generale della CEI, è intervenuto alla presentazione del  Rapporto Immigrazione redatto da Caritas Italiana e Fondazione Migrantes dal titolo “Conoscere per comprendere”.

Ecco il testo del suo saluto.

Buongiorno a tutti! Senatore Di Piazza, carissimi amici di Caritas e Fondazione Migrantes, accogliamo con grande attenzione, che si rinnova di anno in anno – ormai siamo al 29° -, la pubblicazione del Rapporto Immigrazione, curato da due organismi della Chiesa italiana (Caritas e Fondazione Migrantes). Il volume di quest’anno concentra le riflessioni attorno al tema Conoscere per comprendere, una delle sei coppie di verbi proposte dal Santo Padre nel suo messaggio per la 106a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, celebrata pochi giorni fa. Si tratta di un impegno reso ancora più necessario dalla complessa congiuntura che stiamo vivendo, determinata dalla pandemia, che ha posto nuove difficoltà, aggravato tante problematiche già esistenti e ulteriormente indebolito le già precarie condizioni economiche e relazionali della società. In questo senso si stanno recependo le ultime modifiche normative che stanno portando una serie di previsioni in discontinuità con il recente passato. Queste sono una prima risposta alle situazioni di crisi registrate nel tempo. La pandemia ha precarizzato ancora di più la condizione di tanti migranti e di tanti italiani. Pertanto, oggi più che mai sono necessarie risposte immediate che mettano al centro l’umanità che ci unisce. Le incessanti statistiche che si sono susseguite negli ultimi mesi hanno reso evidente come nessuno possa essere considerato semplicemente un numero – lo abbiamo più volte ribadito – ma una persona con una dignità, dei legami affettivi, una storia e uno sguardo al futuro che talvolta rischia di rimanere inespresso o addirittura d’interrompersi precocemente. Questo è vero anche per le persone migranti, che alla propria storia personale aggiungono l’esperienza del viaggio e della permanenza in territori estranei, per cambiare la propria vita e spesso quelle dei propri cari. Il Rapporto Immigrazione ci aiuta a mettere a fuoco le coordinate fondamentali delle migrazioni, un fenomeno che attraversa pressoché il mondo intero e tutti gli ambiti del vivere sociale, e che papa Francesco, nell’enciclica firmata pochi giorni fa ad Assisi, Fratelli tutti, definisce «un elemento fondante del futuro del mondo» (n. 40). Una caratteristica di questa pubblicazione è l’interconnessione esistente fra i diversi contributi che la compongono, che restituisce la complessità degli attuali fenomeni migratori. «Il numero sempre crescente di interconnessioni e di comunicazioni che avviluppano il nostro pianeta – scrive il Santo Padre nell’enciclica Fratelli tutti, al n. 96 – rende più palpabile la consapevolezza dell’unità e della condivisione di un comune destino tra le Nazioni della terra. Nei dinamismi della storia, pur nella diversità delle etnie, delle società e delle culture, vediamo seminata così la vocazione a formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri». È un richiamo importante. Non sarebbe possibile, infatti, realizzare un’efficace accoglienza dei migranti – né, tantomeno, la loro protezione, promozione e integrazione – se si curassero solo gli aspetti economici o lavorativi, ignorando la dimensioni antropologiche, sociali e relazionali. Né, ancora, si darebbe una risposta adeguata – vale a dire integrale – ai bisogni di ogni persona se si ricercasse esclusivamente una soluzione ai problemi abitativi o alimentari, senza prestare un’eguale attenzione agli aspetti culturali e religiosi, che costituiscono dimensioni essenziali nella vita di ogni persona. Qualsiasi concezione di accoglienza che la concepisse soltanto come impegno materiale sarebbe una pericolosa riduzione. Anche per questo, la visione fornita dal Rapporto Immigrazione si spinge a considerare l’intimo legame fra i diversi ambiti che caratterizzano la vita di ogni persona, senza i quali essa non potrebbe esprimere appieno il proprio essere e la propria personalità. Solo così, fra l’altro, si può realizzare quell’autentica integrazione della persona migrante nel nuovo contesto sociale, la quale può dirsi compiuta quando, da ospiti, coloro che sono stati accolti diventano soggetti partecipi e attivi, offrendo un contributo personale alla crescita del tessuto sociale, del quale ormai sono divenuti parte. Tale obiettivo rappresenta un’autentica sfida e una scommessa per l’Europa, per il nostro Paese e per i singoli territori che lo compongono, chiamati a vedere in coloro che chiedono ospitalità non un peso, bensì una ricchezza dal punto di vista umano, lavorativo, culturale e, non ultimo, spirituale. Certo, «quando il prossimo è una persona migrante si aggiungono sfide complesse», come scrive con realismo il Santo Padre in Fratelli tutti (n. 129). È evidente, però, come uno sguardo interessato a conoscere l’altro, a incontrarlo, pur con tutte le difficoltà e gli ostacoli che questo implica, dia vita a una prospettiva che si colloca a grande distanza dall’opinione, diffusa a più livelli, che vede nel migrante solo un’insidia, e nell’opera di coloro che lo soccorrono un pericolo. Si tratta di sentimenti contrari alla vita cristiana, che nella fede ci spinge invece ad avere il coraggio di riconoscere in chi è bisognoso del nostro aiuto un fratello, e, nel più piccolo di essi, il Cristo stesso. La fragilità non caratterizza solo gli “altri”, ma ognuno di noi: ognuno di noi può essere quel “piccolo”. Raggiungere una simile consapevolezza è segno di speranza, poiché contribuisce allo sviluppo di una cultura più matura e meno portata ad essere sviata dai preconcetti, più aperta a quanto di buono può esserci nell’altro e meno incline a difendersi pregiudizialmente, più consapevole della necessità e delle opportunità dell’incontro, più disposta a fare autocritica e a condividere. Il Signore guidi i nostri passi in questo cammino di pace e di convivenza, che ci vede tutti fratelli e sorelle. Un ringraziamento a Caritas e Fondazione Migrantes per la cura che, ogni anno, mettono in questa pubblicazione. Ripeto: non è una semplice raccolta dati, ma una narrazione di storie. Grazie!  

Mons. Stefano Russo - Segretario generale della CEI

Rapporto Immigrazione Caritas-Migrantes: “soddisfatti per modifiche” Decreti Sicurezza, ora “legalità e integrazione”

8 Ottobre 2020 - Roma - "Viva soddisfazione" per le modifiche ai decreti sicurezza con l'auspicio che "i decisori politici proseguano in questo percorso di legalità e integrazione, sostenendolo, oltre che con l'importante processo di revisione delle norme, anche con politiche attive di supporto" viene espressa da Caritas italiana e Fondazione Migrantes, che oggi presentano a Roma il XXIX Rapporto Immigrazione 2020 sul tema "Conoscere per comprendere". Nel volume viene sottolineata "l'importanza di favorire i percorsi di regolarità dei cittadini migranti nel nostro Paese, attraverso un ampio riconoscimento della convertibilità in motivi lavorativi del permesso di soggiorno detenuto ad altro titolo, al fine di invertire la tendenza all'approccio securitario da un lato, o assistenzialistico dall'altro". Secondo i dati contenuti nel rapporto sono stati poco più di 28mila i permessi di soggiorno rilasciati secondo le normative contenute nei decreti sicurezza ma "lo scivolamento nell'irregolarità è sempre in agguato", avvertono Caritas e Migrantes, che stimano la componente irregolare in Italia intorno alle 650.000 persone. I rimpatri, osservano, "continuano a dimostrare di essere strumenti insufficienti e dispendiosi di gestione dell'irregolarità (sono stati 41.000), rivelando da oltre 10 anni un tasso di efficacia non superiore al 50% (è il 48,4% nel 2019)". "La strada da preferire - precisano - è certamente quella della regolarizzazione, che consente di restituire i diritti sociali ed economici alle persone, sottraendole alle pratiche di sfruttamento, dannose anche per le casse dello Stato, in termini di evasione fiscale e contributiva".

Rapporto Immigrazione Caritas e Migrantes: favorire i percorsi di regolarità dei cittadini migranti nel nostro Paese

8 Ottobre 2020 - Roma - Questa edizione del Rapporto Immigrazione si colloca in un contesto che riesce solo parzialmente a fotografare gli effetti della pandemia sulla mobilità umana. Gli spunti che sono emersi dai dati relativi al 2019 sono comunque ricchi di stimoli e di tendenze, che possiamo esaminare in relazione ai diversi ambiti trattati dal Rapporto, compendiandoli con i risultati di vari monitoraggi nel frattempo realizzati dalle nostre reti per stimare proprio l’impatto del Covid in differenti ambiti: la povertà, il lavoro, la scuola, la salute dei migranti e delle persone fragili. Lo scrivono i redattori del "Rapporto Immigrazione" di caritas Italiana e Fondazione Migrantes presentato oggi a Roma. I due organismi pastorali prendono atto "con viva soddisfazione, del recente via libera (6.10.2020), del Consiglio dei Ministri al decreto legge contenente disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, contenente modifiche dei c.d. decreti sicurezza (d.l. 113/2018 e 53/3019), convertiti in l. n. 132/2018 e 138/2019". Molte delle raccomandazioni contenute nel Rapporto hanno sottolineato, nei vari temi affrontati, l’importanza di "favorire i percorsi di regolarità dei cittadini migranti nel nostro Paese, attraverso un ampio riconoscimento della convertibilità in motivi lavorativi del permesso di soggiorno detenuto ad altro titolo, al fine di invertire la tendenza all’approccio securitario da un lato, o assistenzialistico dall’altro, adottando definitivamente una strategia di potenziamento dei percorsi di integrazione, che contemplasse la promozione di interventi normativi volti a sostenere la presenza e l’inserimento socio-economico dei cittadini stranieri". L'auspicio è che "i decisori politici proseguano in questo percorso di legalità e integrazione, sostenendolo oltre che con l’importante processo di revisione delle norme, anche con politiche attive di supporto".

Mattarella: medaglia d’oro al merito civile a don Roberto Malgesini

8 Ottobre 2020 -
Roma - Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha  conferito, tra gli altri, la medaglia d’oro al merito civile, alla memoria di Don Roberto Malgesini con la seguente motivazione: “Con generosa e instancabile abnegazione si è sempre prodigato, quale autentico interprete dei valori di solidarietà umana, nella cura degli ultimi e delle loro fragilità, offrendo amorevole accoglienza e incessante sostegno. Mentre era intento a portare gli aiuti quotidiani ai bisognosi, veniva brutalmente e proditoriamente colpito con numerosi fendenti, fino a perdere tragicamente la vita, da un uomo al quale aveva sempre dato piena assistenza e pieno sostentamento. Luminoso esempio di uno straordinario messaggio di fratellanza e di un eccezionale impegno cristiano al servizio della Chiesa e della società civile, spinti fino all’estremo sacrificio”. Medaglia d’oro al valor civile anche alla memoria di Willy Monteiro Duarte: “Con eccezionale slancio altruistico e straordinaria determinazione, dando prova di spiccata sensibilità e di attenzione ai bisogni del prossimo, interveniva in difesa di un amico in difficoltà, cercando di favorire la soluzione pacifica di un’accesa discussione. Mentre si prodigava in questa sua meritoria azione di alto valore civico, veniva colpito da alcuni soggetti sopraggiunti che cominciavano ad infierire ripetutamente nei suoi confronti con inaudita violenza e continuavano a percuoterlo anche quando cadeva a terra privo di sensi, fino a fargli perdere tragicamente la vita. Luminoso esempio, anche per le giovani generazioni, di generosità, altruismo, coraggio e non comune senso civico, spinti fino all’estremo sacrificio”.

Peruviani in Italia: quest’anno niente processione per il Signore dei Miracoli ma preghiere in tutte e comunità

7 Ottobre 2020 - Roma - Per tutto il mese di ottobre nelle 36 comunità peruviane in Italia  momenti di preghiera e suppliche nel mese chiamato “mese viola”, caratterizzato dalla festa del Signore dei Miracoli, la devozione più sentita dalla gente che vive nella capitale del Perù e in tutti i peruviani sparsi nel mondo.  E proprio in questi giorni papa Francesco ha scritto un messaggio all’arcivescovo di Lima (Perù), mons. Carlos Castillo Mattasoglio: “mi commuove pensare alle dure prove che tanti nostri fratelli e sorelle devono affrontare a causa del virus, che non solo colpisce la salute, ma anche le loro vite, aumentando le ingiustizie, le sofferenze e le incomprensioni che colpiscono la loro dignità personale, senza distinzioni di appartenenza religiosa”. “Di fronte alla costernazione e alla sensazione di impotenza che colpisce tutti, senza eccezioni – scrive papa Francesco - vorrei incoraggiarvi a guardare una volta di più al Signore. Egli non ci abbandona; ci chiama, ci abbraccia con un amore infinito che ci cura, ci conforta e ci salva”. In quest’ottica assume il suo più autentico significato la devozione al Signore dei Miracoli: “Gesù crocifisso, fissato e immobile sulla croce, non per la forza dei chiodi ma per il suo amore infinito, è la prova più bella dell’amore di Dio verso l’amato popolo peruviano”, scrive il Papa. Le tradizionali processioni che ogni anno si svolgono nel nostro Paese quest’anno sospese, ci dice il coordinatore nazionale dei peruviani in Italia, p. Emersoni CamposAguilar che in questi giorni ssta visitando le comunità peruviane in Italia. “Quest’anno, dice il papa, la processione “non potrà svolgersi lungo le strade, ma questo non impedisce che il Signore realizzi il miracolo di arrivare a migliaia di cuori ben disposti, che con fede semplice riconoscono che Dio fatto uomo continua a camminare con i suoi fratelli e sorelle nel cammino doloroso di ogni epoca, continua a condividere l’incertezza e la sofferenza di tutti, specialmente dei più poveri, esclusi e scartati”.

Centro Astalli: “bene le modifiche, ora un atto di coraggio

7 Ottobre 2020 - Roma - “Finalmente siamo arrivati a modifiche che vanno nella direzione di una continuità rispetto alla situazione precedente ai decreti sicurezza. L’auspicio è di avere ora uno sguardo d’insieme con una prospettiva sul futuro. Piuttosto che continuare a mettere piccole pezze è il momento di rivedere nel complesso la legge Bossi-Fini, che ha un impianto vecchio di 20 anni”. È il commento al Sir di padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, il servizio dei gesuiti per i rifugiati con sede a Roma, a proposito delle modifiche ai cosiddetti “decreti sicurezza”, approvate ieri dal Consiglio dei ministri. Padre Ripamonti esprime parere favorevole ai cambiamenti, anche se “con il rammarico di aver visto, in questi due anni, la sofferenza di molte persone che, dopo aver già sofferto nei loro Paesi e durante il viaggio, hanno trovato ostacoli veri e difficoltà d’ingresso in Italia”. Ora il compito più importante, a suo avviso, spetta al Parlamento: “Non credo si debbano fare le pulci ai decreti sicurezza. Migliorie si possono ancora fare ma è giunto il momento di un atto coraggioso da parte del Parlamento, perché affronti il tema immigrazione, compreso il diritto d’asilo, nella sua globalità”. Durante il lockdown, prosegue, “ci siamo resi conto delle difficoltà causate dalla mancanza di manodopera nei territori e della necessità di regolarizzare i lavoratori stranieri, ma così si procede un pezzo alla volta. Invece credo sia importante avere il coraggio, ora, di fare dei cambiamenti importanti con uno sguardo verso il futuro, visto che in Parlamento sono depositate proposte di legge come quella della campagna ‘Ero straniero’”.  

Rapporto Immigrazione Caritas Italiana e Fondazione Migrantes: domani a Roma la presentazione

7 Ottobre 2020 -

Roma – Sarà presentato domani, 8 ottobre, a  Roma, nel centro congressi Aurelia, il “Rapporto Immigrazione” elaborato dalla Caritas Italiana e dalla Fondazione Migrantes e giunto alla sua 29esima edizione, dal titolo “Conoscere per  comprendere”.  Alla presentazione interverranno mons. Stefano Russo, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana; Stanislao Di Piazza, sottosegretario di Stato al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali con delega all’immigrazione e alle Politiche di integrazione; Igiaba Scego, scrittrice. Introdurrà e modererà: Oliviero Forti, responsabile Ufficio Politiche migratorie e Protezione internazionale Caritas Italiana.

I dati saranno presentato da Manuela De Marco, Ufficio Politiche migratorie e Protezione internazionale Caritas Italiana. Le conclusione sono affidate a Simone Varisco della Fondazione Migrantes. La presentazione può essere seguita anche in diretta streaming, tramite YouTube e Facebook della Conferenza Episcopale Italiana: https://www.youtube.com/ChiesaCattolicaItaliana ; https://www.facebook.com/conferenzaepiscopaleitaliana .

Papa Francesco: “Fratelli tutti”, un “cuore aperto al mondo intero” per accogliere chi ha bisogno

4 Ottobre 2020 - Città del Vaticano - La fraternità va promossa nei fatti e non solo a parole. Il papa nella sua Enciclica “Fratelli tutti”, firmata ieri ad Assisi e diffusa questa mattina al termine della preghiera dell’Angelus, evidenzia che una società fraterna è quella che promuove l’educazione al dialogo per sconfiggere “il virus dell’individualismo radicale” e permettere a tutti di dare il meglio di sé. E per una società fraterna occorre volere concretamente il bene dell’altro e la solidarietà che ha cura delle persone più fragili e che non guardi le ideologie lontano contro ogni povertà. Per il papa il diritto a vivere con dignità non può essere negato a nessuno e ribadisce che i diritti sono senza frontiere. “Nessuno – scrive papa Francesco - può rimanere escluso, a prescindere da dove sia nato, e tanto meno a causa dei privilegi che altri possiedono per esser nati in luoghi con maggiori opportunità. I confini e le frontiere degli Stati – aggiunge - non possono impedire che questo si realizzi. Così come è inaccettabile che una persona abbia meno diritti per il fatto di essere donna, è altrettanto inaccettabile che il luogo di nascita o di residenza già di per sé determini minori opportunità di vita degna e di sviluppo”. E al tema dei migranti il pontefice dedica un intero capitolo dell’Enciclica, la terza del suo Pontificato dopo la prima “Lumen fidei” del 29 giugno 2013, iniziata da papa Benedetto XVI e completata e firmata da papa Bergoglio e la “Laudato si” del 24 maggio 2015, sull’ecologia integrale. Per il papa i migranti con le loro “vite lacerate” e in fuga da guerre, persecuzioni, catastrofi ambientali vanno accolti, protetti, promossi ed integrati come ha ricordato anche recentemente nel Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che si è celebrata domenica scorsa. “In alcuni Paesi di arrivo, i fenomeni migratori suscitano allarme e paure, spesso fomentate e sfruttate a fini politici. Si diffonde così una mentalità xenofoba, di chiusura e di ripiegamento su se stessi. I migranti vengono considerati non abbastanza degni di partecipare alla vita sociale come qualsiasi altro, e si dimentica che possiedono la stessa intrinseca dignità di qualunque persona. Pertanto, devono essere ‘protagonisti del proprio riscatto”, scrive dopo aver sottolineato che da “alcuni regimi politici populisti quanto da posizioni economiche liberali, si sostiene che occorre evitare ad ogni costo l’arrivo di persone migranti. Al tempo stesso si argomenta che conviene limitare l’aiuto ai Paesi poveri, così che tocchino il fondo e decidano di adottare misure di austerità. Non ci si rende conto che, dietro queste affermazioni astratte difficili da sostenere, ci sono tante vite lacerate”, dice papa Francesco. E “ non si dirà mai che non sono umani, però in pratica, con le decisioni e il modo di trattarli, si manifesta che li si considera di minor valore, meno importanti, meno umani. È inaccettabile che i cristiani condividano questa mentalità e questi atteggiamenti, facendo a volte prevalere certe preferenze politiche piuttosto che profonde convinzioni della propria fede: l’inalienabile dignità di ogni persona umana al di là dell’origine, del colore o della religione, e la legge suprema dell’amore fraterno”. Il papa dice di comprendere che di fronte alle persone migranti “alcuni nutrano dubbi o provino timori. Lo capisco come un aspetto dell’istinto naturale di autodifesa. Ma è anche vero – sottolinea - che una persona e un popolo sono fecondi solo se sanno integrare creativamente dentro di sé l’apertura agli altri” ed invita ad “andare oltre queste reazioni primarie”, perché “il problema è quando [esse] condizionano il nostro modo di pensare e di agire al punto da renderci intolleranti, chiusi, forse anche – senza accorgercene – razzisti. E così la paura ci priva del desiderio e della capacità di incontrare l’altro”. Nell’enciclica, che il papa definisce “sociale” evidenzia che affermare che tutti siamo fratelli e sorelle come esseri umani “se non è solo un’astrazione ma prende carne e diventa concreta, ci pone una serie di sfide che ci smuovono, ci obbligano ad assumere nuove prospettive e a sviluppare nuove risposte”. E quando il prossimo è una persona migrante “si aggiungono sfide complesse”. Certo, spiega, “l’ideale sarebbe evitare le migrazioni non necessarie e a tale scopo la strada è creare nei Paesi di origine la possibilità concreta di vivere e di crescere con dignità, così che si possano trovare lì le condizioni per il proprio sviluppo integrale. Ma, finché non ci sono seri progressi in questa direzione, è nostro dovere rispettare il diritto di ogni essere umano di trovare un luogo dove poter non solo soddisfare i suoi bisogni primari e quelli della sua famiglia, ma anche realizzarsi pienamente come persona. I nostri sforzi nei confronti delle persone migranti che arrivano si possono riassumere in quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Infatti, ‘non si tratta di calare dall’alto programmi assistenziali, ma di fare insieme un cammino attraverso queste quattro azioni, per costruire città e Paesi che, pur conservando le rispettive identità culturali e religiose, siano aperti alle differenze e sappiano valorizzarle nel segno della fratellanza umana’”. E papa Francesco indica alcune “risposte indispensabili” come il semplificare la concessione di visti, aprire corridoi umanitari, assicurare alloggi, sicurezza e servizi essenziali, offrire possibilità di lavoro e formazione, favorire i ricongiungimenti familiari, tutelare i minori, garantire la libertà religiosa e promuovere l’inserimento sociale. E per quanti sono arrivati già da tempo e sono inseriti nel tessuto sociale, è importante – per il pontefice - applicare il concetto di “cittadinanza”, che “si basa sull’eguaglianza dei diritti e dei doveri sotto la cui ombra tutti godono della giustizia. Per questo è necessario impegnarsi per stabilire nelle nostre società il concetto della piena cittadinanza e rinunciare all’uso discriminatorio del termine minoranze, che – scrive - porta con sé i semi del sentirsi isolati e dell’inferiorità; esso prepara il terreno alle ostilità e alla discordia e sottrae le conquiste e i diritti religiosi e civili di alcuni cittadini discriminandoli”. E per fare questo serve un “lavoro comune” con una “legislazione globale per le migrazioni” con lo stabilire “progetti a medio e lungo termine che vadano oltre la risposta di emergenza. Essi dovrebbero da un lato aiutare effettivamente l’integrazione dei migranti nei Paesi di accoglienza e, nel contempo, favorire lo sviluppo dei Paesi di provenienza con politiche solidali, che però non sottomettano gli aiuti a strategie e pratiche ideologicamente estranee o contrarie alle culture dei popoli cui sono indirizzate”. Il papa ribadisce che l’altro diverso da noi è un dono ed un arricchimento per tutti perché le differenze rappresentano una possibilità di crescita: “l’arrivo di persone diverse, che provengono da un contesto vitale e culturale differente, si trasforma in un dono, perché ‘quelle dei migranti sono anche storie di incontro tra persone e tra culture: per le comunità e le società in cui arrivano sono una opportunità di arricchimento e di sviluppo umano integrale di tutti’”. Da qui la richiesta in particolare ai giovani di “non cadere nelle reti di coloro che vogliono metterli contro altri giovani che arrivano nei loro Paesi, descrivendoli come soggetti pericolosi e come se non avessero la stessa inalienabile dignità di ogni essere umano”. Quando si accoglie di cuore la persona diversa, “le si permette – si legge ancora nel documento magisteriale - di continuare ad essere sé stessa, mentre le si dà la possibilità di un nuovo sviluppo. Le varie culture, che hanno prodotto la loro ricchezza nel corso dei secoli, devono essere preservate perché il mondo non si impoverisca. E questo senza trascurare di stimolarle a lasciar emergere da sé stesse qualcosa di nuovo nell’incontro con altre realtà. Non va ignorato il rischio di finire vittime di una sclerosi culturale”. Perciò “abbiamo bisogno di comunicare, di scoprire le ricchezze di ognuno, di valorizzare ciò che ci unisce e di guardare alle differenze come possibilità di crescita nel rispetto di tutti. È necessario un dialogo paziente e fiducioso, in modo che le persone, le famiglie e le comunità possano trasmettere i valori della propria cultura e accogliere il bene proveniente dalle esperienze altrui”. Oggi abbiamo sempre più bisogno di far crescere la consapevolezza che oggi “o ci salviamo tutti o nessuno si salva. La povertà, il degrado, le sofferenze di una zona della terra sono un tacito terreno di coltura di problemi che alla fine toccheranno tutto il pianeta. Se ci preoccupa l’estinzione di alcune specie, dovrebbe assillarci il pensiero che dovunque ci sono persone e popoli che non sviluppano il loro potenziale e la loro bellezza a causa della povertà o di altri limiti strutturali. Perché questo finisce per impoverirci tutti”. Solo una cultura sociale e politica che “comprenda l’accoglienza gratuita potrà avere futuro”, è il pensiero del pontefice.

Raffaele Iaria

Giornata Vittime Immigrazione: ieri la celebrazione a Lampedusa

4 Ottobre 2020 -

Lampedusa - "Mai più!". Sette anni dopo l’isola ricorda i 368 morti in uno dei più disastrosi naufragi del Mediterraneo e promuove in Europa la Giornata della memoria e dell’accoglienza.  Sette anni fa avvenne il naufragio dopo il quale l’Europa decise: «Mai più!». Invece di stragi e naufragi ce ne sono stati ancora tanti, troppi.

Il 3 ottobre 2013, a poche centinaia di metri da Lampedusa, naufragava un barcone con a bordo 500 migranti, 368 dei quali perdevano la vita. In loro memoria (e degli altri 18.000 che sono morti tentando di attraversare il Mediterraneo negli ultimi 7 anni) ieri, dopo un momento di preghiera interreligiosa davanti alla Porta d’Europa cui ha assistito una piccola folla, il sindaco dell’isola Totò Martello ha lanciato una corona di fiori in mare nel punto esatto della sciagura. Il Comune di Lampedusa e Linosa è anche capofila del progetto europeo 'Snapshots fromthe Borders', che coinvolge 35 partner di 13 Paesi Ue (comprese 19 città e isole di confine) e punta a far dichiarare il 3 ottobre Giornata europea della memoria e dell’accoglienza. "Il 3 ottobre non è un giorno come tutti gli altri" recita infatti il titolo di un video diffuso per ricordare ciò che avvenne in quell’alba tragica. 

Don De Robertis: compiere gesti di vicinanza

3 Ottobre 2020 - “Purtroppo questa catena di morte non si è interrotta, fino a trasformare il mare nostrum in un grande cimitero, come in un’altra occasione ha detto ancora papa Francesco. Fino alla settimana scorsa, in cui ci sono stati altri cinque naufragi e più di 200 vittime. E senza che tutto questo faccia più notizia, senza che susciti anche solo un moto di pietà o di indignazione”. Lo ha detto questo pomeriggio il direttore generale della Fondazione Migrantes, don Gianni De Robertis, introducendo a Bari la presentazione del volume “Marenostro”. Naufaghi senza volto” di Salvatore Maurizio Moscara. Come far sì che il pensiero di queste morti ci torni continuamente come una spina nel cuore che porta sofferenza? Infatti – dice don De Robertis - esse sono la conseguenza del sonno delle nostre coscienze e dell’indurirsi del nostro cuore”. Il sacerdote, citando la parabola del Buon Samaritano chiede di compiere un gesto di vicinanza. Si tratta dunque di arrivare a riconoscere il volto, il nome, la storia dell’altro, come fa Maurizio Moscara. Di farci vicini e di aiutare altri a farsi vicini fino a rendersi conto della ricchezza umana e religiosa di queste persone, una ricchezza che non vorremmo mai perdere”. Oggi – ha sottolineato il direttore della Fondazione Migrantes – “la vera differenza è fra coloro che guardano e giudicano da lontano e quelli che scelgono di guardare da vicino. Cambia tutto ….”.  

Giornata morti Immigrazione: Campagna “Io accolgo,“introdurre vie legali e sicure, riformare Regolamento Dublino”

3 Ottobre 2020 - Roma - “Chiediamo al governo e al parlamento di intervenire nella discussione sul Patto europeo su migrazioni e asilo per ribaltare la logica di chiusura ed esternalizzazione, introducendo vie legali e sicure di accesso per lavoro e per ricerca di protezione, promuovendo un programma europeo di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo e una riforma del Regolamento Dublino coerente con le indicazioni emerse dall’Europarlamento nella scorsa legislatura”. Si chiude con questo appello la nota diffusa  dalla campagna “Io accolgo” nella  Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione istituita per ricordare quanto successo il 3 ottobre 2013 quando un’imbarcazione carica di migranti affondò a mezzo miglio dalle coste di Lampedusa causando la morte accertata di 368 persone. “Quella del Mediterraneo – viene ricordato – continua ad essere la rotta più pericolosa del mondo, con migliaia di persone vittime della frontiera marittima, soprattutto dopo la soppressione delle missioni di salvataggio e recupero come Mare nostrum e la guerra dichiarata alle Ong, colpevoli solo di fare il loro dovere: salvare vite umane”. “Il governo italiano – che ha confermato i vergognosi accordi con la Libia – annuncia che lunedì prossimo il Consiglio dei ministri varerà un nuovo decreto che segnerà il superamento dei decreti Salvini”, prosegue la nota di “Io accolgo”, secondo cui “il testo del provvedimento presenta luci e ombre”. “Ci auguriamo che possa essere migliorato, accogliendo le proposte che anche la Campagna Io Accolgo ha presentato, riconoscendo diritti, tutele e una accoglienza degna di questo nome agli stranieri che raggiungono il nostro Paese”.

Ricordiamoci per davvero e interamente del 3 ottobre

3 Ottobre 2020 -

Roma - È il caso ad ancorare un evento a una data, come la pallina cade nella casella numerata della roulette. Così nella storia di una comunità o di un singolo individuo, quel determinato giorno conserva per sempre l’impronta di ciò che vi è successo e diventa la chiave che ne riapre la memoria. E degli innumerevoli avvenimenti che si sono accalcati nel tempo su ogni giorno dell’anno, per uno che riemerge un altro cade nell’oblio a seconda del momento, perché come ci ha mostrato bene Italo Svevo il presente vince sempre sul passato e lo reinventa in base alle proprie necessità. Sempre per caso capita poi che una sovrapposizione di eventi conferisca a una certa data una singolare valenza simbolica, e il 3 ottobre è di certo una di queste.

La notte fra il 2 e il 3 ottobre del 1935 l’Italia fascista muoveva alla conquista dell’Etiopia. Dovrebbe essere una pagina di storia nota a tutti, ma non è scontato sia così, data la colpevole rimozione attuata sul nostro colonialismo e gli striminziti paragrafi che gli dedicano i manuali di scuola. Basterà ricordare che nei sette mesi del conflitto un esercito dotato di mitragliatrici e cannoni, aerei e blindati, oltre alle armi chimiche di cui fece massiccio uso, si scontrò con quello tribale del Negus che in larga parte disponeva solo di lance e frecce. La schiacciante superiorità numerica e tecnologica avrebbe fatto sì che le battaglie combattute per raggiungereAddis Abeba si trasformassero in autentici massacri, e va sottolineato come nei primi e più sanguinosi assalti venissero lanciati gli Ascari, truppe coloniali reclutate in Eritrea. I piedi scalzi, il fez rosso, sottili ed eleganti accanto a leoni e cammelli come li ritraevano i manifesti liberty, i francobolli e le carte dei cioccolatini dell’epoca, sarebbero stati sacrificati in 5.000, a fronte dei 2.000 caduti italiani, per non dire delle vittime etiopiche quantificate in centinaia di migliaia. E si trattava solo di un primo acconto del costo che il popolo eritreo avrebbe pagato in seguito. Come sappiamo infatti, crollato in poche settimane con l’offensiva inglese del 1941 l’impero di cartapesta voluto dal Duce, l’Eritrea sarebbe divenuta Protettorato britannico, quindi regione autonoma federata ma poi annessa all’Etiopia, e solo con tre decenni di sanguinosa guerra avrebbe raggiunto nel 1993 l’indipendenza.

Mi trovavo allora là per condurre una ricerca e potei toccare con mano l’entusiasmo che regnava per le strade di Asmara, Keren e Massaua. Un intero popolo in festa spingeva al potere i capi dell’esercito che lo avevano guidato alla vittoria. Ma come purtroppo è successo tante volte nelle aree più povere del pianeta, l’auspicato avvento della democrazia non è mai avvenuto e gli acclamati leader si sono trasformati in tiranni. Il presidente Afewerki, incapace di risollevare un’economia ridotta al collasso da mezzo secolo di continue guerre, ha scelto di mantenere uno stato di belligeranza con lo storico nemico etiopico.Il Paese è rimasto militarizzato, con uomini e donne a tutt’oggi tenuti a forza per otto o dieci anni nell’esercito in condizioni disumane, con città soggette a brutali rastrellamenti, senza alcuna speranza di lavoro, libertà o cambiamento. Per questo i giovani scappano, cercano di passare il confine e di raggiungere attraverso un infernale viaggio le coste della Libia, da dove tentare la traversata del Mediterraneo.Siamo così a un’altra notte fra il 2 e il 3 ottobre, questa volta del 2013, al barcone carico di ragazzi quasi tutti eritrei, disperati al punto da incendiare una coperta per segnalare la propria posizione, cosicché il precario natante prende fuoco e si rovescia al largo di Lampedusa. Le 368 vittime ne hanno fatto una delle più immani stragi di migranti fra le tante a cui assistiamo da anni, con uno stillicidio che ha trasformato in un cimitero subacqueo il Canale di Sicilia.

Fin troppo facile, se non pleonastico, evidenziare il rapporto fra le due date in questione. E farlo proprio oggi, mentre a Lampedusa, ancora una volta, con fedeltà, c’è chi ricorda quella strage in mare, a poche bracciate dalla nostra costa. E a chi fosse pronto a contestare i troppo diretti parallelismi, o reputi ingiustificato il senso di colpa dell’Italia e dell’intero Occidente verso i Paesi poveri, basterebbe ricordare il milione di morti in cui gli storici quantificano la presenza coloniale italiana in Africa, che in Eritrea è durata oltre mezzo secolo. Oppure mostrare le immagini degli ascari eritrei morti impugnando il tricolore con lo stemma sabaudo, accanto a quella delle centinaia di loro discendenti chiusi nelle bare messe in fila nell’hangar dell’aeroporto di Lampedusa, parimenti vittime ignare e innocenti di miseria, violenze e conflitti mossi da interessi altrui. (Alessandro Tamburini - Avvenire)

Giornata Vittime Immigrazione: le iniziative della giornata

3 Ottobre 2020 - Roma - Oggi si celebra La Giornata nazionale delle Memoria delle vittime dell’Immigrazione. La data del 3 ottobre ricorda il naufragio al largo dell’isola perdono del 2013 nel quale persero la vita 368 persone. Dal 2016 questa data è stata scelta come giorno della Memoria di tutte le vittime dell’immigrazione e per promuovere iniziative di sensibilizzazione e solidarietà. Secondo alcuni dati da quel 3 ottobre ad oggi sono stati 17.900 i migranti e rifugiati morti o dispersi nel mar Mediterraneo. Fino alla settimana scorsa in cui ci sono stati altri naufragi e più di 200 vittime, dice il direttore generale della Fondazione Migrantes, don Gianni De Robertis: "e senza che tutto questo faccia più notizia, senza che susciti anche solo un moto di pietà e di indignazione". Tutta la vicenda della mobilità umana è legata profondamente anche alle parole che usiamo, ha detto il direttore del quotidiano "Avvenire", Marco Tarquinio: "le parole dei trattati, ad esempio, che pesano enormemente o quelle della politica dove negli ultimi anni sono state usate parole sbagliate, c’è stata la progressiva 'riclandestinazione' del fenomeno migratorio". Per Tarquinio c'è poi il "tipo di linguaggio che è stato usato per raccontare quelli che scappavano come gli invasori di casa nostra o i ragazzotti che venivano a fare le vacanze in Italia" spiegando anche l’importanza di una certa stampa per "combattere con quello che si è incistato nella testa della gente: una favola triste ma radicata in profondità". La piazza principale per le iniziative è quella di Lampedusa promossa dal Comitato 3 ottobre nella campagna “Siamo tutti sulla stessa barca”. Qui cittadini dell’Isola, giovani, studenti marceranno verso la Porta d'Europa, il monumento alla memoria dei migranti morti in mare. Su luogo del naufragio di sette anni fa verrà poi deposta una corona di fiori alla presenza delle istituzioni. Altre iniziative a Roma in piazza Santi Apostoli, Milano in piazza dei mercanti e ancora Palermo Padova, Brescia , Catania, etc. A Caltanissetta  al cimitero Angeli una celebrazione commemorativa su iniziativa dell'Ufficio Migrantes. Una cerimonia nel rispetto delle misure di distanziamento sociale e l'obbligo dell'utilizzo della mascherina, così come previsto dalla norme di sicurezza anti covid. A Bari la presentazione del volume "Mare Nistro. Naufraghi senza volto" di Salvatore Maurizio Moscara alla quale parteciperà anche il direttore generale della Fondazione Migrantes, don De Robertis.  

Migrantes Caltanissetta: per Giornata Vittime dell’Immigrazione una celebrazione al cimitero della città

3 Ottobre 2020 - Caltanissetta - Nella Giornata nazionale delle vittime per l’immigrazione oggi questa mattina al cimitero Angeli di Caltanissetta è prevista una celebrazione commemorativa. L’iniziativa è dell’ufficio Migrantes di Caltanissetta in collaborazione del Comune, della Caritas diocesana e dell'associazione Figli in Cielo. A Caltanissetta, il cimitero Angeli ospita due sezioni che accolgono le sepolture di donne e uomini vittime del naufragio.

R.I.

 

Viminale: da inizio anno sbarcate 23.726 persone migranti sulle coste italiane

1 Ottobre 2020 -
Roma - Sono 23.726 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane nel 2020 seco ndo il dato del Ministero dell'Interno aggiornato alle 8 diu questa mattina. Degli oltre 23.700 migranti sbarcati 9.884 sono di nazionalità tunisina (42%). Gli altri  provengono da Bangladesh (3.175, 13%), Algeria (1.125, 5%), Costa d’Avorio (1.031, 4%), Pakistan (1.011, 4%), Sudan (799, 3%), Marocco (619, 3%), Egitto (598, 3%), Somalia (587, 3%), Afghanistan (516, 2%) a cui si aggiungono 4.381 persone (18%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione.

Migrantes Torino: una mostra “In fuga da Nazareth”

1 Ottobre 2020 - Torino – “Un san Giuseppe non così tranquillo come siamo abituati a vederlo nelle immaginette. Ma un san Giuseppe con quell’atteggiamento di un rifugiato siriano con il bambino sulle spalle... Non addolcire il dramma di Gesù bambino quando dovette fuggire in Egitto. Lo stesso che sta succedendo oggi”. Sono le parole di Papa Francesco riferite al quadro di  Massimiliano Ungarelli la cui immagine è stata distribuita a tutti i partecipanti nella cattedrale di Torino alla Messa in occasione della 106ª Giornata Mondiale del Migrante e del rifugiato. Il quadro è esposto nella mostra “In fuga da Nazareth” a cura dell’associazione culturale Midrash dei Frati Francescani Cappuccini, costituita da 20 pannelli di Ungarelli che riproducono fotografie reali che ritraggono il dramma dei profughi in fuga. La mostra si può visitare fino al 31 ottobre presso Ufficio Migrantes. Per informazioni e prenotazioni scrivere a: prenotazioni@upmtorino.it. (m.lom.)  

Ismu: un rapporto sugli alunni con background migratorio in Italia

30 Settembre 2020 - Milano - A pochi giorni dall’avvio dell’anno scolastico l’Ismu vuole riportare l'attenzione sul tema del diritto all’istruzione e dell’accesso alla scuola, in particolare per gli alunni più vulnerabili, tra cui i minori stranieri e i minori stranieri non accompagnati (MSNA), attraverso la pubblicazione del nuovo rapporto nazionale  “Alunni con background migratorio in Italia. Le opportunità oltre gli ostacoli” che sarà presentato oggi pomeriggio. Interverranno Mariagrazia Santagati, Responsabile scientifico Settore Educazione Fondazione ISMU; Antimo Ponticiello, Direttore Generale per lo studente, l’inclusione e l’orientamento scolastico Ministero dell’Istruzione; Erica Colussi,  Coordinatrice Settore Educazione Fondazione ISMU; Stefania Congia,  Divisione Politiche di integrazione sociale e lavorativa dei migranti e tutela dei minori stranieri, DG Immigrazione, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; Maria D’Agostino, Università di Palermo, Osservatorio  per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’intercultura e Raffaele Ciambrone, Direzione Generale per lo studente, l’inclusione e l’orientamento scolastico Ministero dell’Istruzione.  

Foggia: mosaico per i 16 immigrati

29 Settembre 2020 -
Foggia - Un suggestivo mosaico gigante fatto di tanti piccoli manifesti in bianco e nero per ricordare i 16 extracomunitari morti sulle strade della Capitanata negli incidenti del 4 e 6 agosto 2018. Due braccia protese che tentano di afferrare la vita. Sui vecchi mulini Casillo di Foggia, in via Manfredonia, è stato scolpito dall'artista Alessandro Tricarico il ricordo commosso di quei giovani migranti che sono stati travolti e trascinati nell'oblio mentre tornavano da una dura giornata di lavoro in campagna dove spesso si annidano sfruttamento e caporalato.
Con l'ausilio di metri di carta e chili di colla, l'intrepido Tricarico ha dato forma ad un'immagine di grande effetto sui silos che raffigura due braccia e due mani che tengono le piante di pomodoro, simbolo dei lavoratori africani spesso soggiogati dalla illegalità e dagli abusi nei campi. Un doveroso omaggio a quelle sedici vite distrutte nel fiore degli anni, che rappresentano anche la tormentata e difficile esistenza dei cosiddetti invisibili costretti a vivere nei ghetti e nelle baracche.
L'opera, sostenuta dalla Ong Intersos, è stata realizzata in 700 manifesti e si estende su 800 metri quadri.
«La consegno in tutte quelle mani che stringono ancora un briciolo di dignità, nella buona o nella cattiva sorte – ha scritto Tricarico in un post –. Questa terra appartiene a chi la accarezza». (Nicola Lavacca - Avvenire)

Migrantes Cosenza-Bisignano: rinviato Meeting Comunità accoglienti”

26 Settembre 2020 - Cosenza "A malincuore dobbiamo annunciare lo spostamento del 'Meeting Comunità Accoglienti: Liberi dalla Paura' previsto per Domenica 27 Settembre all’interno della Celebrazione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2020". LO si legge in un post pubblicato su facebook dalla Migrantes di Cosenza Bisignano.Le previsioni meteorologiche non sono positive e, dato che l’incontro si sarebbe dovuto svolgere all’aperto nel cortile della Parrocchia Sant’Antonio, a Cosenza, "avendo come priorità il rispetto delle misure anti-contagio, non vogliamo costringerci in spazi chiusi". La nuova data sarà quella del 4 ottobre dalle 16 alle 18.

Comece su Patto Ue migrazione e asilo: bene la proposta ma “approccio più generoso ai migranti sociali ed economici” e sostegno a Paesi esposti ai flussi

26 Settembre 2020 - Bruxelles - La Commissione degli episcopati dell’Ue (Comece) chiede all'Ue e ai suoi Stati membri “concreta solidarietà e responsabilità nei confronti di migranti e rifugiati”. In una dichiarazione diffusa oggi i vescovi esprimono compiacimento per l'iniziativa della Commissione europea di ridefinire la gestione della migrazione in Europa e danno parere positivo a “una serie di sviluppi” proposti nel pacchetto, come “il trattamento speciale alla frontiera per i minori non accompagnati, una risposta più rapida ai richiedenti asilo e il chiarimento dei loro diritti e doveri, l'accesso dei migranti ai benefici del pilastro europeo dei diritti sociali, la via per la residenza a lungo termine”. Tuttavia, al Parlamento europeo e al Consiglio – in vista dei negoziati sul Patto – la Comece chiede di “riconoscere migranti e rifugiati come persone con dignità e diritti fondamentali, e non come numeri”. Ciò significa, ad esempio, che in Europa “siano protetti i richiedenti asilo e le loro famiglie, secondo l'obbligo di non respingimento” e sostenendo la loro “piena inclusione nella società di accoglienza”. Inoltre le misure sul rimpatrio previste nel Patto devono “essere bilanciate con un approccio più generoso nei confronti dei migranti sociali ed economici”, cioè con percorsi legali più ampi perché accedano regolarmente “in uno spirito di ospitalità fraterna”. Dubbiosa la Comece sulle modalità non troppo chiare dei ricollocamenti e desiderosa che “migliori e aumenti il sostegno a quei Paesi che geograficamente sono più esposti a un forte afflusso di migranti e rifugiati”, fermo restando che “il salvataggio delle persone in difficoltà in mare è un obbligo morale e legale che dovrebbe essere rispettato da tutti gli attori statali e non statali”. (Sarah Numico - Sir)