4 Settembre 2025 - L’accesso all’istruzione di uno “studente itinerante” è una sfida molto impegnativa per le famiglie – stiamo parlando di quelle che lavorano nello spettacolo viaggiante (circhi, fiere e luna park) – e per le scuole. Una sfida che cambia, poi, a seconda della fase del percorso di studi.
Lo studente itinerante non può frequentare l’intero anno scolastico presso un unico istituto perché segue lo spostamento dettato dal mestiere della sua famiglia. Le scuole, così, hanno difficoltà a integrare un alunno in una classe già formata, anche per un breve periodo. Per lo studente e per le famiglie, la difficoltà sta nel seguire il filo dei programmi, l’acquisto dei libri e le iscrizioni.
“Scuola Itinerante” è un progetto di accompagnamento scolastico in tutto il territorio italiano per limitare l’abbandono scolastico dei bambini e degli adolescenti appartenenti alle famiglie dello spettacolo viaggiante di ogni ordine e grado. Lo promuove l’associazione Casa Betania, con il sostegno di “Con i Bambini” e il cofinanziamento della Fondazione Migrantes della Conferenza Episcopale Italiana.
Il progetto è un’evoluzione più strutturata di alcune iniziative nate dal basso. “Andavamo in giro per degli incontri di catechesi pensati per le famiglie itineranti – racconta Sara Vatteroni, direttore regionale Migrantes della Toscana e responsabile dei progetti dell’associazione Casa Betania – e cominciammo a renderci conto del livello di scolarizzazione dei bambini. Da quell’osservazione sono nate due sperimentazioni, una in Triveneto, a Bergantino (RO), il cosiddetto distretto della giostra, e l’altra in Toscana, a Massa. Poi il progetto è divenuto operativo anche nel centro-sud”.
Una classe di scuola itinerante all'esame (foto: Coop. Sophia)[/caption]
Cosa fa “Scuola itinerante”?
Per le elementari e le medie affianca le famiglie nella fase delle iscrizioni, dei trasferimenti, delle presenze e dell’ammissione agli esami; e mette a disposizione dei tutor gratuiti per il doposcuola. Per la scuola superiore, a seconda dell’area dove la famiglia si sposta di più, il progetto mette a disposizione un referente di zona che la aiuta a scegliere l’indirizzo di studio migliore per i figli e a fare l’iscrizione all’istituto superiore statale individuato, che resta il riferimento anche in caso di spostamento. Una volta iscritti, i ragazzi e le ragazze ricevono aiuto con lo studio durante tutto l’anno, per arrivare preparati agli esami di passaggio. Le lezioni si svolgono o in presenza o in DAD a seconda dell’istituto, ma tengono conto degli spostamenti e degli impegni dei ragazzi. A proposito di didattica a distanza, un momento di svolta per il progetto è arrivato paradossalmente in tempo di pandemia. “Quando tutta la scuola è andata in DAD – racconta Federica Pennino, della coop. Sophia di Roma, referente del progetto per il centro-sud – a quel punto i ragazzi dello spettacolo viaggiante hanno iniziato a non avere problemi di partecipazione, studio, apprendimento”. In questa giostra, in cui è in qualche modo la scuola che si mette in moto per seguire gli studenti e non viceversa, ha un ruolo-chiave la figura del tutor, che fa da ponte, sia dal punto di vista didattico che burocratico. E poi è fondamentale per la motivazione, dentro un contesto in cui i giovani sono inevitabilmente orientati a entrare nell’impresa di famiglia. Spiega Pennino: “Il tutor prende contatti con i docenti per definire programma e obiettivi minimi da raggiungere per ciascuna materia. E poi inizia l’accompagnamento, anche fisico, quando è necessario, in particolare in occasione degli esami, in cui in tre giornate si vive esponenzialmente quello che normalmente si diluisce in un anno. Una ragazza lo scorso anno mi diceva: ‘Oddio, è la prima volta che entro in un liceo!’. Anche per questo è importante che i tutor siano sempre gli stessi durante l’anno”.Cosa ne pensano i genitori?
Susy Caveagna è la mamma di Kendra, una studentessa delle 2a classe di servizi per la cultura e lo spettacolo. Lavora nell’Universal Circus della famiglia D’Amico. La raggiungiamo al telefono a Civita Castellana, in provincia di Viterbo. Il programma è stare un paio di settimane e poi via di nuovo, altrove, tra Umbria e Lazio e poi in tutta Italia: “Io ho figli nati a Palermo, due a Roma, uno a Brescia, uno a Milano, uno è nato addirittura all’estero, in Turchia. E si può capire bene che con la ‘Scuola itinerante’ la nostra vita è proprio cambiata. Prima era tutto più faticoso. E ti parlo da mamma di figli che hanno preso abbastanza bene la questione dello spostamento. Sia io che suo padre ci teniamo alla scuola, è una priorità. L’unica difficoltà burocratica rispetto agli anni scorsi riguarda l’iscrizione”. Anche per questo, uno degli obiettivi del progetto è far emergere ufficialmente la realtà degli studenti itineranti. Si stima che in Italia ce ne siano almeno 500. Ma nessuno, a nessun livello, conosce le cifre esatte: “In tutti gli altri Paesi europei – spiega Vatteroni – c’è una normativa specifica che coinvolge veramente la categoria, docenti specializzati e tutto un sistema che va incontro alla loro mobilità. Da noi in Italia non esiste. Mi aspetto che le istituzioni si prendano in carico di questo problema, magari mutuando organizzazione e soluzioni didattiche e giuridiche da esperienze simili, come quella della scuola in ospedale. Noi dal basso abbiamo fotografato e agganciato questa realtà. Ora bisogna fare un passo avanti”. (Simone Sereni | Migranti Press n. 3 2025) [caption id="attachment_63445" align="aligncenter" width="1024"]
Una classe di scuola itinerante all'esame (foto: Coop. Sophia)[/caption]
Inquadra il Qr Code.[/caption]