Un prete per amico

10 Novembre 2020 – È compito dei sacerdoti, provvedendosi una necessaria competenza sui problemi della vita familiare, aiutare amorosamente la vocazione dei coniugi nella loro vita coniugale e familiare con i vari mezzi della pastorale, con la predicazione della parola di Dio, con il culto liturgico o altri aiuti spirituali, fortificarli con bontà e pazienza nelle loro difficoltà e confortarli con carità, perché si formino famiglie veramente serene. (Gaudium et Spes, n. 52 – 7 dicembre 1965)

 

Quasi al termine del capitolo dedicato alla famiglia, la Gaudium et Spes presenta un paragrafo interessante in cui si pone a tema il ruolo dei sacerdoti in relazione alla vocazione dei coniugi. Molti di noi avranno tante esperienze da raccontare riguardo al rapporto della propria famiglia con preti o religiosi, ma forse non tutti sono a conoscenza che il Concilio ha dato un indirizzo, un’indicazione che aiuta a capire la giusta reciprocità da crearsi fra le due colonne del popolo di Dio. Prima di tutto si dice che il compito dei sacerdoti è quello di formarsi una competenza riguardo ai problemi famigliari. Oltre a quella che, oggi, più di un tempo, si riceve in seminario, con materie di studio che sono propedeutiche alla pastorale famigliare, la formazione a cui si allude riguarda un tirocinio sul campo. Non basta che i preti facciano riferimento alla loro precedente vita di figli in famiglia, ma è necessario che fin dai primi anni di ministero frequentino con umiltà altre famiglie concrete e da esse attingano elementi preziosi per il loro servizio. Ma, poi, cerchiamo di capire in che cosa consista prioritariamente questo servizio: il testo parla di “aiutare amorosamente – espressione dal peso specifico grande –  la vocazione dei coniugi” il che significa mettere sacerdoti e famiglie sullo stesso piano senza uno squilibrio gerarchico degli uni rispetto agli altri. Attraverso tutti i mezzi della pastorale, la predicazione della Parola, la liturgia e gli altri aiuti spirituali, fortificare e confortare i coniugi perché si formino famiglie serene. Lo stesso obbiettivo è particolare, ha a che fare con la serenità della vita stessa delle famiglie prima ancora che con la loro santificazione, quasi ad indicare che quest’ultima sia un fine a cui tutti siamo chiamati in virtù del nostro battesimo, ma che i sacerdoti non siano in partenza depositari di una santità più garantita da vivere e offrire al laicato. Da queste poche righe in sostanza si può desumere uno stile, il profilarsi di un modus operandi del prete nei confronti delle famiglie che incontra nella sua esperienza di pastore. È uno stile improntato alla mitezza e alla capacità di saper mettersi al servizio senza imporre una presenza a volte troppo ingombrante. Il prete che vive in parrocchia, incontra fidanzati, neo coppie di sposi, famiglie con figli in età di catechismo o più grandi, famiglie di anziani, una grandissima varietà di situazioni in cui gli è chiesto di entrare in relazione in punta di piedi, con grande rispetto. L’immagine plastica è proprio quella di un invito a casa, in cui l’ospite sacerdote non si senta l’invitato di riguardo a cui tutto è dovuto e servito, quanto piuttosto il compagno che accetta di fare un tratto di strada insieme, offrendo – prima di tutto – la luce della Parola che illumina il cammino. Chi ha accesa questa lanterna non ha la presunzione di possedere la Verità, che è poi sempre la persona di Gesù, ma la generosa volontà di mettere sulla strada giusta il popolo che gli è stato affidato. In quest’ottica allora si può immaginare come il sacerdote possa e debba essere anche la guida nella preghiera, in particolare in quella espressa nella liturgia. Colui che accompagna l’assemblea delle famiglie di cui è composta la comunità a riscoprire ogni volta di più il fondamento e l’alimento del proprio camminare nei sacramenti e in specie nell’Eucarestia. Anche in questo caso un uomo che indica, che eleva, che mostra il Signore senza che la sua voce prevarichi, ma, anche nell’omiletica, sia sempre sincera esegesi delle Scritture, spiegazione, sprone, incoraggiamento. Sono belle quelle famiglie che hanno saputo incontrare e intrecciare la loro strada con quella di qualche sacerdote. Lì veramente si vivono i benefici della comunione ecclesiale. Sono legami in cui davvero virtuosamente ci si arricchisce a vicenda, rafforzando e integrando per osmosi le reciproche vocazioni. Dal Concilio ad oggi si sono fatti tanti passi in avanti, ma ancora molta strada resta da percorrere in questa relazione di scambio che è frutto maturo di una Chiesa adulta nella fede. (Giovanni M. Capetta – SIR)

 

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