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Espulsione dell’imam di Torino, mons. Olivero (Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo): “Rischia di essere un’enorme ingiustizia”

28 Novembre 2025 - Il vescovo di Pinerolo, nonché presidente della Commissione episcopale per l'ecumenismo e il dialogo e membro del Dicastero per il Dialogo interreligioso, mons. Derio Olivero, ha espresso in un videoappello la sua preoccupazione riguardo all’arresto e al decreto di espulsione dell’imam torinese Mohamed Shahin, da vent'anni in Italia, "lavoratore, incensurato" e, che "come imam, posso testimoniare che ha sempre lavorato per il dialogo". Come riportano fonti di agenzia, il decreto di espulsione sarebbe motivato dal suo "ruolo di rilievo in ambienti dell'Islam radicale, incompatibile con i principi democratici e con i valori etici che ispirano l'ordinamento italiano'', essendosi anche reso ''responsabile di comportamenti che costituiscono una minaccia concreta attuale e grave per la sicurezza dello Stato''. Si farebbe riferimento alle dichiarazioni fatte durante la manifestazione pro Pal del 9 ottobre scorso in cui ha ''difeso i terroristi di Hamas legittimando lo sterminio di inermi cittadini israeliani'' il 7 ottobre 2023. Shahin è stato trasferito al Cpr di Caltanissetta, separato dalla moglie e dai due figli minori. Monsignor Olivero considera "assurdo" che Shahin rischi "di essere espulso per delle opinioni espresse" perché "in Italia c'è libertà di opinione. Possiamo essere contrari alle opinioni, ma non possiamo condannare una persona semplicemente per le opinioni espresse".  Inoltre, precisa mons. Olivero, "un uomo ha diritto a difendersi, ha diritto a un regolare processo". "Questo atto - continua - rischia di essere un'enorme ingiustizia": Shahin infatti sarebbe rimandato in Egitto dove è considerato un'oppositore del governo, con grave rischio per la sua incolumità. Mons. Olivero è anche il primo firmatario di una lettera rivolta al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dalle comunità religiose piemontesi della rete del dialogo cristiano-islamico, che si schierano contro una espulsione che "metterebbe a rischio non solo anni di proficua convivenza pacifica, per via di un provvedimento di tale gravità, ma anche la lunga e comune progettualità civile cui l’imam partecipava in prima persona, e con lui la sua comunità di fedeli, tanto nel quartiere di San Salvario quanto nella città di Torino".   https://youtu.be/SvLFGNCHSrs?si=FE5V9g-1NQBlHY5l  

Nuova missione del Tavolo asilo (Tai) in Albania: il centro di Gjader conferma criticità strutturali, violazioni dei diritti umani e spreco di risorse

29 Ottobre 2025 - Il Tavolo Asilo e Immigrazione (TAI), in collaborazione con il Gruppo di Contatto Parlamentare – composto da parlamentari di Camera, Senato ed eurodeputati – ha svolto una nuova missione di monitoraggio in Albania, presso il centro di Gjader, struttura di detenzione realizzata dal Governo italiano nell’ambito del Protocollo Italia–Albania, in cui vengono trattenute persone trasferite dai Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) italiani in attesa di rimpatrio. Secondo quanto comunicato dal Tavolo, a seguito della visita il Tai "solleva forti perplessità sul piano dei diritti e sui costi di una struttura costruita e mantenuta con ingenti risorse pubbliche, ma utilizzata solo in minima parte: un vero e proprio spreco di denaro pubblico a fronte di risultati inconsistenti e di gravi ricadute sui diritti delle persone coinvolte. Circa il 70% delle persone trattenute è stato riportato in Italia per mancata convalida del trattenimento, mentre il restante 30% riguarda casi di non idoneità o rimpatri disposti dall’Italia". Ulteriori elementi di criticità riguardano la "mancanza di trasparenza nei trasferimenti" e la somministrazione di psicofarmaci, "che sembrano essere proposti a molti trattenuti, sollevando gravi preoccupazioni sulle condizioni psico-fisiche e sulle modalità di assistenza sanitaria all’interno della struttura". Il Tai infine chiede al Governo "di sospendere immediatamente i trasferimenti verso Gjader e di rispettare pienamente il diritto europeo e i diritti fondamentali delle persone migranti”.

👉 Leggi il comunicato integrale del Tai.

Torino, Festival dell’Accoglienza: “Quale sicurezza con i Decreti Sicurezza?”. Con mons. Perego

13 Ottobre 2025 - 13 Ottobre 2025 - I cosiddetti Decreti Sicurezza, introdotti con l’obiettivo dichiarato di tutelare l’ordine pubblico, hanno inciso in profondità sul tessuto sociale, limitando diritti fondamentali, rafforzando dispositivi di controllo e ampliando le pratiche di trattenimento e rimpatrio. Queste misure hanno acuito la precarietà giuridica delle persone migranti, generato nuove forme di marginalità ed eroso progressivamente lo spazio democratico. L’incontro "Quale sicurezza con i Decreti Sicurezza?", realizzato in collaborazione con ASGI, Carovane Migranti e Rete torinese contro tutti i CPR (Ufficio Pastorale Migranti – Via Cottolengo, 24 bis – Torino), propone un’analisi critica di queste trasformazioni e intende riflettere sulle possibilità concrete di una resistenza civile e costituzionale, capace di contrastare derive securitarie e riaffermare i principi di giustizia e accoglienza. Intervengono mons. Giancarlo Perego, Presidente Fondazione Migrantes, Francesca Troise, Presidente Circoscrizione 3 Torino, Rete torinese contro tutti i CPR e Stefano Bleggi, Melting Pot Europa, aderente al Network Against Migrant Detention. Modera Luca Rondi, giornalista di Altreconomia. Al termine dell’incontro seguirà una visita guidata della mostra “Randag*-Oltre il pregiudizio” a cura dei volontari Croce Rossa Italiana. È un progetto che intreccia fotografia e poesia per raccontare le storie e le difficoltà delle persone senza dimora, di chi ha lasciato il proprio paese, di chi si trova in condizioni di vulnerabilità. (fonte: festivalaccoglienzatorino.it)

“Ferite di confine”: il Tai ha presentato un nuovo report sul “modello Albania”

30 Luglio 2025 - Il nuovo assetto operativo del cosiddetto "modello Albania" è un dispositivo di "detenzione amministrativa transnazionale a bassa trasparenza e ad alto potenziale lesivo dei diritti fondamentali". Lo denuncia il nuovo report del Tavolo asilo e immigrazione (Tai), intitolato Ferite di confine, che documenta la nuova fase operativa del Protocollo Italia-Albania, con un focus sui trasferimenti coatti nel centro di Gjader, convertito di recente in Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr), aggiungendosi così agli 11 già esistenti sul territorio italiano. Secondo quanto ricostruito dalle 47 organizzazioni aderenti al Tai - tra cui Amnesty International, Emergency, Caritas italiana, Fondazione Migrantes, Medici per i Diritti Umani, Save the Children, Arci e molte altre - il trasferimento di persone migranti già trattenute nei Cpr italiani verso la struttura albanese è avvenuto finora senza alcun provvedimento scritto e motivato. Le persone, ammanettate con fascette anche per 20-24 ore, sono state prelevate all'improvviso, spesso di notte, e condotte all'estero senza sapere la destinazione finale. Un'operazione definita nel report "illegittima, disumana e lesiva della dignità", in aperta violazione della Costituzione e delle norme europee sui rimpatri forzati. Ma non è solo la procedura a essere criticata. Le condizioni materiali nel centro di Gjader - spiega il Report - aggravano ulteriormente la vulnerabilità dei trattenuti. Le testimonianze raccolte dagli operatori durante le missioni di monitoraggio parlano di isolamento, carenza di mediazione culturale, accesso alle cure e alla tutela legale limitato e forte incidenza di episodi autolesivi. In poco più di un mese, si sono registrati almeno 42 "eventi critici", di cui 21 episodi di autolesionismo o intenti suicidari.

🔗 Scarica il Report

Il TAI sottolinea anche la "grammatica opaca" con cui viene gestita tutta l'operazione: un blackout informativo che esclude Parlamento, giornalisti e società civile da ogni forma di controllo. Le richieste di accesso agli atti rimangono inevase, i parlamentari in missione ottengono risposte parziali o nulle o comunque, come ha sottolineato al parlamentare Rachele Scarpa, non congruenti con quanto rilevato nelle visite in loco. Numeri alla mano, l'intera operazione - finora costata circa 800 milioni di euro in cinque anni - ha prodotto, al momento del Report, il trasferimento di appena 132 persone, con soli 32 rimpatri effettivi. In sintesi, secondo il Tai, da un punto di vista giuridico, sono 3 le principali questioni confermate dal nuovo Report:
  1. il trasferimento e trattenimento coattivo senza provvedimento giudiziario e senza comunicazione della motivazione.
  2. l'enorme affievolimento o non esercitabilità dei diritti delle persone trattenute,  anche se formalmente vigenti.
  3. la non conformità con la normativa Ue, anche quella "in cantiere", prevista nel Patto per la migrazione e l'asilo.
Alla luce delle gravi violazioni documentate, il Tavolo asilo e immigrazione chiede la sospensione immediata dei trasferimenti, la cancellazione del Protocollo con l'Albania e l'apertura di un'inchiesta indipendente sul funzionamento del centro di Gjader. Ferite di confine TAI Report

Tavolo Asilo, oggi la presentazione del rapporto sulle visite di monitoraggio nel centro di Gjadër in Albania

29 Luglio 2025 - Oggi, alle ore 16, presso la sala stampa della Camera, in Via della Missione 4, a Roma, si terrà la conferenza stampa di presentazione del report del Tavolo Asilo e Immigrazione Ferite di confine. La nuova fase del modello Albania, sulle visite di monitoraggio nel centro di Gjadër effettuate in collaborazione con il Gruppo di contatto del Parlamento italiano e di quello dell’Ue. Il report nasce come prosecuzione e aggiornamento della pubblicazione “Oltre la frontiera. L'accordo Italia-Albania e la sospensione dei diritti”, realizzato dal Tavolo Asilo e Immigrazione a marzo 2025. Gli obiettivi di questo secondo report sono duplici: da un lato, documentare con rigore i contorni giuridici, organizzativi e materiali e le ulteriori criticità sanitarie di questa nuova fase del cosiddetto “modello Albania”; dall’altro, analizzare criticamente gli effetti sulle garanzie individuali e sull’assetto democratico della gestione dei flussi migratori. Tra i parlamentari saranno presenti, tra gli altri, Matteo Orfini, Matteo Mauri, Rachele Scarpa e Paolo Ciani. Ferite di confine TAI

ActionAid e UniBari, Cpr: rimpatri ai minimi storici e costi altissimi della detenzione

24 Luglio 2025 - Sulla piattaforma “Trattenuti”, promossa da ActionAid e UniBari, i nuovi dati inediti dei 14 centri detentivi attivi in Italia e in Albania. ActionAid e UniBari per la prima volta hanno ricostruito quanti milioni sono stati effettivamente impegnati per l’allestimento dell'operazione Albania fino a marzo 2025, nonostante i centri non siano stati completati: i dati sono ora pubblici sulla piattaforma “Trattenuti”. Ammontano a 570mila euro i pagamenti fatti dalla Prefettura di Roma all’ente gestore Medihospes per 5 giorni di reale operatività: 114mila euro al giorno per detenere 20 persone, tra metà ottobre e fine dicembre 2024, liberate poi tutte in poche ore.   L’allestimento di un posto effettivamente disponibile in Albania è costato oltre 153mila euro. Nel 2024 il Ctra di Porto Empedocle (AG) è costato 1 milione di euro per realizzare 50 posti effettivi (poco più di 21.000 euro a posto). Secondo la nota diffusa da ActionAid, i Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) esistenti alla fine del 2024 erano 11, per una capienza ufficiale del sistema detentivo per stranieri pari a 1522 posti. A ciò si devono aggiungere i 1033 posti ufficialmente realizzati presso i 3 Centri di trattenimento per richiedenti asilo (Ctra) che portano il totale dei posti a 2555. Ma a causa dei ritardi negli allestimenti, delle ripetute proteste e dei continui danneggiamenti subiti dalle strutture, il sistema funziona al 46% della capienza ufficiale a fine 2024. La giustificazione principale per l’esistenza dei Cpr è che rendano più efficace la politica di rimpatrio. Ma il ricorso alla detenzione non appare incidere sul numero di rimpatri effettuati. Nel 2024 si registra il minimo storico dal 2014: solo il 41,8% (2.576) delle persone in ingresso in un centro di detenzione, su un totale di 6.164, è stato rimpatriato. Nella nota, infine, si fa anche presente che nel sistema detentivo sono cresciuti negli ultimi anni i richiedenti asilo, arrivando a essere oltre il 45% delle persone trattenute nel 2024. Il 21% di questi non aveva ancora ricevuto un provvedimento di allontanamento, ma erano trattenuti solo in quanto richiedenti asilo.

Cpr, Corte costituzionale: l’attuale normativa è del tutto inidonea. Legislatore deve intervenire

3 Luglio 2025 - Con la sentenza numero 96, depositata oggi, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 14, comma 2, del decreto legislativo numero 286 del 1998, sollevate dal Giudice di pace di Roma, chiamato a convalidare provvedimenti di trattenimento di stranieri in un Centro di permanenza per i rimpatri (CPR). D'altra parte, la Consulta ha riaffermato che il trattenimento nei CPR implica un «assoggettamento fisico all’altrui potere», che incide sulla libertà personale, ritenendo l'attuale "normativa del tutto inidonea" a definire, con sufficiente precisione, quali siano i «modi» della restrizione, ovvero quali siano i diritti delle persone trattenute nel periodo in cui sono private della libertà personale, disciplina che attualmente è rimessa, quasi per intero, a norme regolamentari e a provvedimenti amministrativi discrezionali. La Corte ha evidenziato che non è a essa consentito porre rimedio al difetto normativo, ma che "ricade sul legislatore il dovere ineludibile di introdurre una normativa compiuta, la quale assicuri il rispetto dei diritti fondamentali e della dignità della persona trattenuta". “La Corte Costituzionale ha fatto emergere la disumanità nei CPR attivi in Italia (9) e in quello - inutile, perché ci sono posti vuoti in quelli in Italia - creato in Albania, che contrasta con alcuni articoli della Costituzione”. Lo sottolinea S.E. mons. Gian Carlo Perego, presidente della Commissione Cei che si occupa di immigrazione, nonché presidente della Fondazione Migrantes. "Ci si aspettano modifiche importanti sui luoghi, sui tempi e sui metodi del trattenimento amministrativo di persone migranti irregolari che hanno un decreto di espulsione”. Corte Costituzionale

Tai, nuova visita di monitoraggio presso il centro di trattenimento di Gjader, in Albania

19 Giugno 2025 - Il 17 e 18 giugno 2025, una delegazione composta da rappresentanti del Tavolo Asilo e Immigrazione ha effettuato una visita di monitoraggio indipendente presso il centro di trattenimento di Gjader, in Albania. La struttura ospita circa 30 trattenuti, trasferiti dai CPR italiani nell’ambito del cosiddetto "modello Albania". Nelle ultime settimane non si sono registrati nuovi trasferimenti coatti verso il centro. Alcune persone presentano condizioni fisiche che necessitano di una presa in carico sanitaria immediata in Italia. Particolarmente critica è anche la situazione dell’assistenza legale: molte persone hanno riferito di non riuscire a parlare con il proprio avvocato, o di farlo solo in maniera sporadica e non riservata. Altri si trovano in Italia da vent’anni, con figli, mogli, famiglie e reti sociali consolidate: l’allontanamento dall’Italia ha prodotto una frattura violenta e ingiustificata nelle loro vite. Alla luce di quanto osservato, il Tavolo Asilo e Immigrazione e il gruppo parlamentare di contatto chiedono l’immediata sospensione del progetto di trasferimento in Albania e la cessazione della permanenza delle persone trattenute nel centro di Gjader.

👇 Il testo integrale del comunicato.

«È meglio il carcere del CPR, in Albania non ci torno». Il suicidio di Hamid Badoui a Torino

21 Maggio 2025 - Hamid Badoui, cittadino di origine marocchina di 42 anni, si è suicidato nel carcere di Torino. In Italia da oltre 10 anni, Hamid avrebbe più volte dichiarato al suo avvocato: «È meglio il carcere del CPR, in Albania non ci torno». Come riporta il quotidiano Il Manifesto, era purtroppo caduto in un circolo vizioso di tossicodipendenze e piccoli furti, tra condanne e soggiorni in carcere. "Circa due mesi fa aveva finito di scontare l’ultima pena al Lorusso Cutugno, ma il giorno dopo, siccome i documenti di permanenza erano scaduti, era stato trasferito nel Cpr di Bari, dove è rimasto per tre mesi. Da lì l’Albania, da cui era venuto via dopo che la giudice aveva stabilito l’irregolarità della sua detenzione. Una decisione arrivata «in attesa della definizione di costituzionalità, sollevata negli analoghi giudizi, dalla Corte costituzionale»". Era assistito dal Gruppo Abele di Torino, che ha reso noto che Hamid stava cercando di intraprendere un percorso di riabilitazione e disintossicazione, ma il periodo passato al Cpr in Albania avrebbe “annientato le sue difese emotive”. Molto duro il commento del Tavolo Asilo Immigrazione (Tai), che considera la sua morte "l’effetto diretto di politiche strutturali di segregazione ed esclusione che colpiscono le persone con background migratorio", ricordando che "nei Cpr in Italia e nei nuovi centri in Albania le persone vivono in condizioni degradanti, senza accesso a cure adeguate, in un clima di costante abbandono e assenza di informazioni". Secondo il Tai, "Il modello Albania – promosso dal governo italiano come strumento innovativo di gestione delle migrazioni – esaspera ulteriormente questa logica: strutture extraterritoriali, isolamento geografico, accesso difficoltoso e limitato alle garanzie legali, ostacoli all’accesso al diritto alla salute, detenzione amministrativa diffusa e usata in maniera punitiva, anziché come extrema ratio prevista dal diritto internazionale".

La Camera ha approvato il cosiddetto “decreto Albania”. Il testo passa ora al Senato

16 Maggio 2025 - Con 126 sì, 80 no e 1 astenuto l’aula della Camera ha approvato ieri il decreto legge recante disposizioni urgenti per il contrasto dell'immigrazione irregolare, il cosiddetto "decreto Albania", su cui ieri era arrivato l’ok alla fiducia. Il testo passa ora al Senato. Il decreto di fatto estende la categoria di persone che possono essere condotte nelle strutture di trattenimento realizzate in Albania, includendovi coloro i quali sono destinatari di provvedimenti di trattenimento convalidati o prorogati. Di fatto, così, le strutture in Albania diventerebbero come i Cpr già presenti in Italia. Nell'ambito della procedura del trattenimento dello straniero, spiega la legge, è fatta salva la facoltà di disporre il trasferimento dello stesso in altro centro, senza che venga meno il trattenimento adottato e che sia richiesta una nuova convalida. Nel corso dell'esame in sede referente sono state introdotte rispetto al testo originario del decreto le seguenti disposizioni: lo straniero trasferito nelle strutture in Albania vi permane anche se ha presentato domanda di asilo, se vi sono fondati motivi per ritenere che la domanda è stata presentata al solo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione del respingimento o dell'espulsione; in caso di mancata convalida del provvedimento di trattenimento in presenza di una domanda di asilo di cui si sospetta che sia stata presentata a scopo dilatorio, si prevede la possibilità di emanare un nuovo provvedimento di trattenimento per un altro dei motivi previsti dalla legge; viene estesa l'applicazione della procedura accelerata di esame delle domande di asilo alla frontiera. Inoltre si autorizza la cessione a titolo gratuito di due motovedette all'Albania; viene estesa al 2026 la facoltà, per la realizzazione, la localizzazione nonché l'ampliamento dei centri di permanenza per i rimpatri (CPR), di derogare alle disposizioni di legge ad eccezione di quelle penali, antimafia e dell'Unione europea. Con l’approvazione del cosiddetto “decreto Albania” da parte della Camera dei Deputati e in attesa del passaggio definitivo al Senato, il Tavolo Asilo e Immigrazione (Tai) esprime forte preoccupazione (fonte: SIR) per la legittimazione di un sistema di confinamento extraterritoriale che, secondo quanto documentato da varie delegazioni in loco, risulta “opaco, privo di garanzie e incompatibile con i principi dello Stato di diritto”. Una delegazione del Tai, al quale aderiscono numerose organizzazioni che si occupano di immigrazione, si trova in questi giorni a Gjadër, in Albania, insieme a parlamentari del gruppo di contatto. Dopo aver da mesi segnalato lo spreco di denaro pubblico investito nelle strutture extraterritoriali in Albania, S.E. mons. Gian Carlo Perego, già in marzo a Napoli, a proposito della prospettiva di trasformare i centri in Cpr, aveva parlato soprattutto di una mancanza di realismo: "Ditemi voi se sia tale una la soluzione all’irregolarità nel nostro Paese – dove si stimano tra 300 e i 400 mila irregolari – quella dei 1.000 posti totali dei centri in Albania”. Aldilà delle numerose preoccupazioni sul rispetto dei diritti elementari e sulle condizioni di vita di coloro che vi sono trattenuti all'interno, i Cpr - come spiegato recentemente anche su Migranti Press - soprattutto sono inutili. 

Albania, Tavolo asilo: calpestati diritti e principi del sistema giuridico italiano

14 Aprile 2025 - "Una insopportabile esibizione di crudeltà, che calpesta i diritti di quelle persone e i principi del nostro sistema giuridico". Questo il commento del Tavolo asilo e immigrazione (TAI) all'operazione, compiuta sulla base del decreto legge n. 37/2025, di trasferimento di 40 richiedenti asilo in Albania, già trattenuti nei CPR italiani in attesa di rimpatrio, "per dare un senso alla costruzione del centro di Gjader, finora deserto", come ha commentato il quotidiano Avvenire. "Un’operazione - prosegue la nota del Tai - compiuta con un impiego di forze di polizia priva di qualsiasi motivazione - : 2 poliziotti a controllare ogni straniero ammanettato a uso esclusivo delle telecamere e dei giornalisti per comunicare una pericolosità inesistente. Il Tavolo Asilo e Immigrazione, nel denunciare la disumanità e la strumentalità dell’operazione, continuerà ad essere presente in Albania oggi e nei prossimi giorni per monitorare quanto accade".

Migranti Press | I Cpr in Italia: inutili e “inumani”. Oltre il “populismo penale”

26 Marzo 2025 - Pubblicato il 13 dicembre 2024, un Report del Comitato per la prevenzione della tortura (CPT) del Consiglio d’Europa ha evidenziato con allarme le criticità riscontrate nei Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) in Italia. Il documento scatta una fotografia allarmante delle condizioni di “vita” nei CPR, mettendo in evidenza gravi problematiche nel trattamento delle persone migranti. Tra i punti più preoccupanti emergono: episodi di maltrattamento, utilizzo sproporzionato della forza, condizioni infrastrutturali degradate, somministrazione diffusa e non prescritta di psicofarmaci e una mancanza di adeguate garanzie legali. Un Report che avvalora e rafforza le denunce e le segnalazioni degli ultimi anni, frutto dell’impegno costante di numerosi attori, dal mondo accademico alle organizzazioni della società civile, attivamente coinvolti nel monitoraggio e nella tutela dei diritti delle persone trattenute in questi luoghi.
La detenzione amministrativa: un sistema inefficace
Un sistema, quello fondato sulla implementazione della detenzione amministrativa e della rete dei CPR attivi sul territorio nazionale, che si è rivelato, dati alla mano, fallimentare nel corso degli anni. Nel 2022, secondo il report Trattenuti – realizzato annualmente da Action Aid, in collaborazione con l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” –, sono state espulse il 49,4% delle persone trattenute, confermando un trend stabile di anno in anno. Ciò significa che il trattenimento è inutile ai fini dell’espulsione in un caso su due. Nel 2023 su oltre 28 mila persone straniere colpite da provvedimento di espulsione quelle effettivamente rimpatriate dai CPR sono state solo 2.987, il 10%. Che i CPR non assolvano al compito che ne giustifica l’esistenza è un dato di fatto. È naturale, dunque, interrogarsi sul perché si ritenga utile perseverare nell’attuazione di politiche che – a fronte di costi ingenti in termini economici, ma soprattutto umani – si sono rivelate inidonee al perseguimento degli obiettivi prefissati.
Migranti e “populismo penale”
Non è difficile riconoscere in queste politiche i segnali di quel populismo penale denunciato da papa Francesco nel suo intervento del 23 ottobre 2014 davanti alla delegazione dell’Associazione internazionale di Diritto penale. Un populismo punitivo, costantemente alla ricerca di «capri espiatori che paghino con la loro libertà e con la loro vita per tutti i mali sociali» e di «figure stereotipate, che concentrano in sé stesse tutte le caratteristiche che la società percepisce o interpreta come minacciose». I rischi legati all’uso strumentale del diritto penale in senso repressivo e antigarantista non devono essere sottovalutati. Come osservato dal giurista Luigi Ferrajoli nel suo libro Giustizia e politica (Laterza, 2024), uno degli aspetti più critici delle attuali politiche migratorie risiede proprio nelle degenerazioni del populismo punitivo. La criminalizzazione dei migranti, infatti, assume nuove e preoccupanti dimensioni. Non ci si limita più all’inasprimento delle pene o alla creazione di nuovi reati, ma si mira piuttosto a costruire consenso attorno a politiche che, come nel caso dei cosiddetti “accordi di esternalizzazione delle frontiere”, rischiano di compromettere la tutela dei diritti fondamentali della persona. Questo processo raggiunge il suo apice con la criminalizzazione di comportamenti non solo leciti, ma persino moralmente doverosi, come nel caso delle Ong impegnate nelle operazioni di soccorso in mare.
La detenzione come “extrema ratio”
In un contesto in cui l’approccio securitario e repressivo sembra essere il fulcro delle politiche migratorie, sia a livello nazionale che sovranazionale, è auspicabile un radicale cambio di paradigma. Con specifico riferimento alla detenzione amministrativa dei migranti, si rende sempre più urgente la chiusura definitiva di questi “non luoghi”, i CPR, e l’adozione di alternative più umane e sostenibili. A tal riguardo, si veda anche la nota del 6 giugno 2020 della sezione Migranti e Rifugiati del dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, che da tempo auspica il superamento del modello detentivo a favore di misure non custodiali. Il sistematico ricorso alla detenzione amministrativa, infatti, appare non solo poco conciliabile con le fondamenta dello stato di diritto, ma risulta altresì in contrasto con quel principio cardine della Dottrina sociale della Chiesa secondo cui ogni limitazione della libertà personale “dovrebbe essere comminata unicamente in proporzione alla gravità del crimine e allo scopo di scoraggiare comportamenti lesivi dei diritti dell’uomo e delle regole fondamentali di una civile convivenza e [rimediare], tramite il sistema delle pene, al disordine creato dall’azione delittuosa” (CDSC, n. 402). La privazione della libertà personale dovrebbe, pertanto, rappresentare un’eccezione nel sistema di governance delle migrazioni, l’extrema ratio cui ricorrere in circostanze peculiari e dopo un attento esame del caso concreto.
A difesa della dignità umana. Sempre
L’ascolto della realtà, in tutte le sue sfaccettature e la responsabilità di essere una voce profetica nella storia impongono alla Chiesa, e a tutte le sue articolazioni, di rinnovare il proprio impegno nella salvaguardia della dignità di ogni persona, con particolare attenzione ai più vulnerabili. Come ricorda la dichiarazione Dignitas infinita, è nel “dramma dei migranti” che si consuma una delle più gravi violazioni della dignità umana del nostro tempo. Si tratta di uomini e donne la cui dignità è spesso negata nei Paesi di origine, dove povertà, conflitti e ingiustizie impediscono loro di condurre una vita degna. Lo stesso accade nei luoghi di transito, dove molti affrontano ulteriori privazioni e umiliazioni. Eppure, anche quando raggiungono la meta del loro progetto migratorio, questi uomini e queste donne “vengono considerati non abbastanza degni di partecipare alla vita sociale come qualsiasi altro, e si dimentica che possiedono la stessa intrinseca dignità di qualunque persona […] Non si dirà mai che non sono umani, però in pratica, con le decisioni e il modo di trattarli, si manifesta che li si considera di minor valore, meno importanti, meno umani”. (Elia Tornesi, Migranti Press 2 2025)

Cpr, il duro Rapporto del Comitato europeo per la prevenzione della tortura sui centri in Italia

17 Dicembre 2024 -

Il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) del Consiglio d'Europa ha pubblicato lo scorso 13 dicembre un rapporto sulla sua visita condotta in Italia ad aprile 2024, in quattro Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) a Milano, Gradisca, Potenza e Roma, insieme alla risposta delle autorità italiane.

Il Comitato ha riscontrato diversi casi di accuse di maltrattamenti fisici e uso eccessivo della forza da parte del personale di polizia nei confronti di cittadini stranieri trattenuti nei CPR visitati, di solito a seguito di disordini o atti di vandalismo nei centri. Il rapporto evidenzia l’assenza di un monitoraggio rigoroso e indipendente di tali interventi da parte della polizia e la mancanza di un’accurata registrazione delle lesioni subite dai trattenuti o di una valutazione oggettiva della loro origine. Più in generale, il Comitato formula rilievi critici sulla struttura dell’architettura e sulle disposizioni materiali dei CPR e in particolare l’ambiente carcerario, che potrebbe essere considerato simile a quelli osservati nelle unità di detenzione che ricevono detenuti sotto regime speciale. Il rapporto conclude che i risultati del Comitato, in particolare per quanto riguarda le condizioni materiali molto carenti, l'assenza di un regime di attività, lo sproporzionato approccio alla sicurezza, la qualità variabile delle prestazioni sanitarie e la mancanza di trasparenza nella gestione dei CPR da parte di società private, mettono in discussione l'applicazione di un modello di questo tipo da parte dell'Italia in un contesto extraterritoriale, quale l'Albania. Vale la pena ricordare che pochi giorni prima della pubblicazione del Rapporto dell'organismo europeo di controllo, in Italia, il Tavolo Asilo e Immigrazione (TAI) aveva presentato un proprio Report di monitoraggio su 8 Cpr italiani visitati tra aprile e agosto 2024, rilevando violazioni sistematiche dei diritti, caos gestionale, criticità sanitarie e sperpero di risorse pubbliche. La richiesta del Tai è quello della chiusura definitiva di tali strutture, al fine di ripristinare i principi fondamentali di uno stato di diritto. (Fonte: Consiglio di Europa e Tavolo Asilo e Immigrazione)  
 Rapporto (in inglese). Sintesi del rapporto (ingleseitaliano). Risposta del Governo italiano (ingleseitaliano). [caption id="attachment_51717" align="aligncenter" width="870"]L'interno di un Cpr in Italia. (fonte: coe.int)[/caption]