Roma - Adesione alla giornata di preghiera e digiuno oggi nel Mercoledì delle Ceneri, ma anche una Quaresima di preghiera che accanto alla pace invochi anche la lotta al coronavirus. È quanto annuncia il Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee). «Vogliamo unire la nostra voce – spiega Gintaras Grušas, arcivescovo di Vilnius e presidente del Ccee – a quella del Papa perché tacciano le armi, si ponga immediatamente fine alla guerra in Ucraina e si lavori per la pace». E in Quaresima le varie Chiese europee daranno vita a una staffetta di preghiera: si parte oggi con l’Albania che domani lascia spazio alla Chiesa austriaca. La Chiesa d’Italia sarà protagonista il 18 marzo. Significative le date del 1 aprile (Russia), 2 aprile (Chiesa greco cattolica ucraina) e il 13 aprile (Chiesa cattolica latina ucraina).
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Ambrosini: accogliere insieme i profughi
MIlano - Di fronte al precipitare degli eventi in Ucraina sta crescendo una mobilitazione diffusa all’insegna della solidarietà internazionale. Oltre all’invio di aiuti sul posto, l’accoglienza dei profughi è salita in primo piano. Nessuno sembra più contrapporre la solidarietà verso i rifugiati alla solidarietà interna, verso i cittadini bisognosi. Molti si sono accorti che ogni guerra, e in maggior misura quelle contemporanee, coinvolge le popolazioni civili. Oltre alle vittime sul campo, i conflitti provocano ondate di fuggiaschi. Si tratta in gran parte di donne con bambini e anziani, perché gli uomini se intercettati vengono fermati e spinti a tornare indietro per combattere. Si parla già di cifre comprese tra i 300 e i 500mila profughi oltre frontiera. Se ne prevedono fino a 7 milioni. In gran parte sono stati accolti nei Paesi confinanti, ma alcuni cominciano ad arrivare anche in Italia.
Sembrano di fatto sospese le convenzioni di Dublino, quelle che obbligano il primo Paese europeo di ingresso nella Ue a farsi carico dell’accoglienza dei rifugiati, esonerando gli altri. Il fatto che ora in prima linea si trovino diversi Stati dell’Europa Orientale, così riottosi a farsi carico degli obblighi umanitari verso altri profughi arrivati via mare o rotta balcanica, non ha finora provocato reazioni 'vendicative'. I Paesi del gruppo di Visegrad hanno aperto i confini, e gli altri si dichiarano pronti a loro volta ad accogliere quote di profughi: le emozioni in questi giorni gonfiano le vele dell’accoglienza. I profughi ucraini sono bianchi, europei, di tradizione cristiana, vittime di un’aggressione manifesta. Tutti fattori che dispongono le opinioni pubbliche in loro favore.
Ora però è il momento di trasformare lo slancio benintenzionato in azione politica: la crisi ucraina potrebbe finalmente condurre a una revisione delle convenzioni di Dublino, non a una mera sospensione. Con quattro obiettivi. Primo: condividere gli obblighi di accoglienza tra tutti i partner europei, concordando un sistema di quote-Paese a breve termine. Secondo: accordare ai rifugiati che non torneranno in patria il diritto di scegliere il Paese in cui desiderano costruire il proprio futuro. Terzo: aiutare chi vuole rientrare in Ucraina a reinsediarsi in patria con ragionevoli prospettive di ritorno alla normalità. Quarto (e decisivo): estendere queste misure a tutti i rifugiati, di tutte le guerre, non soltanto a coloro che in questo particolare momento appaiono ben accetti. L’azione politica non riguarda però soltanto i governi, ma dovrebbe saldarsi con l’ospitalità diffusa. Gli enti locali, la società civile e le comunità ecclesiali debbono fare rete per accogliere persone e famiglie sul territorio, in maniera dignitosa e fraterna, evitando che debbano languire in deprimenti campi profughi. Negli anni 90 del Novecento, al tempo della guerra nella ex Jugoslavia, una Ue più piccola dell’attuale accolse circa un milione di profughi, l’Italia 77.000. La migliore prova che allora l’accoglienza nel complesso riuscì bene consiste nel fatto che oggi quasi nessuno se ne ricorda più: quando l’immigrazione viene integrata nel tessuto sociale scompare dai radar. Ora, al cospetto dei profughi ucraini, siamo chiamati tutti a ripetere la stessa prova di impegno umanitario di quegli anni, non gli errori e le strumentalizzazioni di questi ultimi.
Il caso dei profughi ucraini ha, poi, una peculiarità, che andrebbe valorizzata. In Italia risiedono 236mila cittadini ucraini (Istat, dato 2020), a cui vanno aggiunte 18.639 istanze di emersione nella sanatoria del 2020 nell’ambito del lavoro domestico su 176.848 totali: prima nazionalità dell’elenco. Questo giornale (Avvenire, ndr), con un articolo di Fulvio Fulvi, ha già dato voce all’angoscia delle madri immigrate nel nostro paese per i figli coinvolti nel conflitto. Il legame di tante famiglie italiane con queste persone potrà rappresentare un incentivo a costruire esperienze locali di buona accoglienza. Rendendo loro stesse protagoniste, e mediatrici, dell’incontro con i rifugiati e con le loro domande. In tempi di crisi delle vecchie ideologie e di declino, purtroppo, della partecipazione religiosa, le emozioni crescono d’importanza, anche in fatto di solidarietà. Sono una risorsa, ma rischiano di attenuarsi e poi di svanire con il tempo. Partiamo, da qui, da questo spirito solidale di oggi, per inaugurare, in Europa e in Italia, una nuova politica dell’accoglienza dei rifugiati. (Maurizio Ambrosini - Avvenire)
Ucraina: in fuga già mezzo milione di persone
Milano - L’emergenza umanitaria aperta dalla guerra in Ucraina sarà un altro banco di prova per l’Europa. Il più importante, dopo i ritardi e le omissioni sulla rotta mediterranea. È già un esodo senza precedenti, quello in atto da Kiev. I numeri parlano di 500mila profughi in viaggio da cinque giorni, le previsioni dicono che almeno un cittadino ucraino su dieci potrebbe decidere di fuggire dal Paese: quattro milioni di persone, potenzialmente, sono pronte a chiedere asilo agli Stati dell’Unione. Ma potrebbero spostarsi addirittura in sette milioni, secondo le autorità internazionali, se non si dovesse trovare a breve una soluzione pacifica.
La situazione più calda resta quella al confine con la Polonia, che ha annunciato porte aperte a chi scappa dal conflitto per bocca del suo premier Mateusz Mo- rawiecki: sarebbero 280mila le persone che hanno già trovato ospitalità da amici e parenti, oltre che nei campi allestiti per l’emergenza. Si viaggia a un ritmo di 100mila passaggi al giorno e anche Moldavia, Romania, Ungheria e Slovacchia sanno di dover affrontare in queste settimane l’impatto maggiore dell’ondata migratoria. Poi c’è il resto del Vecchio continente. La Commissione Ue sta studiando un piano che garantisca per la prima volta l’applicazione della direttiva Ue sulla protezione temporanea dei migranti, ideata proprio per affrontare i casi di afflusso massiccio di sfollati: non dovrebbero esserci quote obbligatorie per la redistribuzione dei rifugiati, ma un sistema di distribuzione su base volontaria. Starà poi ai singoli Stati predisporre l’ospitalità sul territorio. Tutti i governi hanno già fatto intendere di voler ragionare su una logica di solidarietà condivisa, in attesa di capire numeri e tempi dell’impegno umanitario che li attende. Alla prova, inutile dirlo, saranno anche gli esponenti dei partiti sovranisti e identitari: se il blocco di Visegrad sembra aver cambiato orientamento in materia di migranti, dopo le chiusure del passato, ieri a stonare nel coro pressoché unanime di voci a favore dell’accoglienza è stato il candidato di estrema destra all’Eliseo, Eric Zemmour. L’arrivo di rifugiati ucraini? «Rischia di destabilizzare la Francia già sommersa dall’immigrazione – ha detto –. Preferisco che stiano in Polonia».
Anche l’Italia, nel Consiglio dei ministri di ieri, ha dedicato al capitolo rifugiati un’attenzione prioritaria. In concreto, dichiarando lo stato d’emergenza fino al 31 dicembre proprio per l’assistenza ai profughi, saranno 16mila i posti in più per chi arriva dall’Ucraina: 13mila nel sistema dei Centri di accoglienza straordinaria, i Cas, che potranno essere attivati dai prefetti e ulteriori 3mila posti nel sistema Sai, con ospitalità diffusa sul territorio. La vera novità però riguarda il fatto che i cittadini ucraini saranno ospitati «indipendentemente dal fatto che abbiano presentato domanda di protezione internazionale ». L’obiettivo è «assicurare soccorso e assistenza alla popolazione ucraina sul territorio nazionale in conseguenza della grave crisi internazionale in atto. In merito – ha sottolineato l’esecutivo – sono stati stanziati 10 milioni di euro, a carico del Fondo per le emergenze nazionali per consentire di organizzare ed attuare gli interventi più urgenti». La comunità ucraina in Italia è composta da circa 250mila persone, nella stragrande maggioranza perfettamente integrate e con un lavoro, molte delle quali hanno lasciato i familiari nel loro Paese d’origine. È possibile dunque che i primi ad arrivare in Italia saranno i parenti di chi già vive nella penisola. Ieri si è svolto anche un incontro operativo nel quale il capo del Dipartimento Fabrizio Curcio ha fatto il punto della situazione sulle attività di assistenza con le Regioni. Nei prossimi giorni, sotto la regia del Viminale, si compiranno ulteriori passi per garantire la miglior gestione possibile della crisi umanitaria. (Diego Motta - Avvenire)
Cei: si depongano le armi
Roma - La Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, riunitasi ieri mattina a Firenze all’indomani della chiusura dell’Incontro "Mediterraneo frontiera di pace" rinnova l’appello espresso in questi giorni insieme ai 60 Vescovi del Mediterraneo presenti a Firenze: si depongano subito le armi e si promuova ogni azione a favore della pace. L’esperienza vissuta a Firenze - sottolinea la presidenza - indica "un percorso condiviso: attraverso l’ascolto e il dialogo, è possibile superare ogni motivo di conflitto e costruire ponti di pace. Allo stesso tempo, si chiede a tutte Chiese che sono in Italia di unirsi in una corale preghiera per la pace e di aderire alla Giornata di digiuno indetta da Papa Francesco per domani 2 marzo, Mercoledì delle Ceneri".
La Russia e l’Ucraina sono in guerra: alcune riflessioni a caldo raccolte nella Comunità cattolica italiana di Mosca
Ucraina: il vescovo di Novara ha incintrato la comunità del territorio
Ucraina: in diocesi di Casale Monferrato raccolta fondi per l’accoglienza dei profughi nella diocesi slovacca di Kosice
Ucraina: la vicinanza della diocesi alla comunità ucraina del territorio
Diocesi di Padova: preghiera per la pace e disponibilità all’accoglienza
Mons. Perego: “tendere la mano all’accoglienza”
Ucraina: oggi preghiera a Roma con il card. De Donatisnella cattedrale dei Santi Sergio e Bacco degli ucraini
Ucraina: accoglienza per i profughi nel monastero Don Orione di Leopoli
Ucraine in Italia: la voce delle badanti, temiamo per i nostri figli
Cei: tutte le Chiese in Italia unite in una preghiera corale
Ucraina: arcivescovo maggiore Shevchuk rifugiato nel sotterraneo della cattedrale della Resurrezione di Kiev
Ucraina: oggi nella parrocchie di Porto Santa Rufina Adorazione per chiedere a Dio il dono della pace
Ucraina: Vescovi Europei, “nel nome di Dio, fermatevi”
Firenze - Da Firenze, dove si sta svolgendo l’incontro “Mediterraneo frontiera di pace”, mons. Gintaras Grušas, arcivescovo di Vilnius e presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), rivolge un accorato appello per la pace in Ucraina. Le Chiese che sono in Europa "condannano con forza quanto è accaduto questa notte in Ucraina: bisogna agire insieme e con determinazione per porre fine immediatamente all’aggressione russa e fare tutto il possibile per proteggere donne, uomini e bambini innocenti: nel nome di Dio fermatevi adesso!". La Comunità internazionale, e in modo particolare l’Unione Europea, "non lasci intentata nessuna via per fermare questo conflitto, perché le armi cedano il passo al dialogo e ai negoziati, perché venga difeso il diritto internazionale, l’indipendenza e la sovranità territoriale dell’Ucraina. Perché si ponga fine a una guerra che dall’Ucraina si estenderebbe inevitabilmente agli Stati vicini e diventerà una minaccia per tutta l’Europa. I vescovi europei e le comunità cristiane pregano per le vittime di questo conflitto e per i loro familiari, sono vicini a quanti soffrono per questi atti di violenza. Si uniscono all’invito di Papa Francesco che chiede preghiera e digiuno per la pace: 'La Regina della Pace preservi il mondo dalla follia della guerra'".
Ucraina: una preghiera per la pace questa sera su iniziativa della Comunità di Sant’Egidio
Roma - La Comunità di Sant’Egidio promuove una veglia di preghiera per la pace in Ucraina questa sera (giovedì 24 febbraio), alle 20, nella basilica di Santa Maria in Trastevere, in collegamento streaming con tutti i paesi in cui è presente nel mondo. “E’ la nostra prima, spontanea, risposta alla tragedia che si sta consumando in queste ore in Ucraina – spiega la Comunità - Non ci si può rassegnare alla guerra come ultima parola, ma occorre chiedere incessantemente la pace. E’ ciò che imploriamo per il bene dell’Ucraina e del mondo intero rivolgendoci a tutti, a partire da chi ha responsabilità sulle nazioni. Invitiamo tutti a unirsi a noi per fermare la follia del ricorso alle armi”.
Roma, 24 febbraio 2022