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Migrantes-Transiti: benessere psichico degli italiani nel mondo in pandemia

12 Maggio 2022 - Roma - La salute mentale è un tema centrale che riverbera in tutti gli aspetti fondamentali dell’esistenza. Promuovere, per tutti e tutte, la possibilità di un benessere psichico significa incidere positivamente nella vita delle persone, nelle organizzazioni, nelle comunità e nelle nazioni. Per tale motivo, vorremmo riprendere le parole del documento pubblicato dall’OMS nel 2014, intitolato “Social determinants of mental health”:  «Un principio chiave è l’universalismo proporzionale. Concentrarsi solamente sulle persone più vulnerabili e svantaggiate non produrrà la diminuzione delle disuguaglianze di salute necessaria per ridurre la pendenza del gradiente sociale di salute. Perciò, è importante che le azioni e gli interventi per promuovere il benessere psichico siano universali ma anche modulati in maniera proporzionale rispetto al livello di svantaggio [...]. In tutti i Paesi del mondo è necessario che la salute mentale venga definita come prioritaria [...]. L’aumento della consapevolezza e delle conoscenze relative alla salute mentale dovrebbe coincidere inoltre con una maggior allocazione di risorse economiche, mediche, ed umane al fine di contrastare le malattie mentali e ridurre le disuguaglianze. È necessario un investimento adeguato nelle politiche volte al miglioramento del benessere psichico, a partire dalla conoscenza dei costi sia economici che sociali delle malattie mentali per la comunità e le nazioni». A partire dalla nostra ricerca preliminare e in continuità con gli appelli dell’OMS, diviene importante pensare di costruire un osservatorio permanente sulla salute psicologica degli italiani all’estero che coniughi le tematiche generali di salute con i costrutti specifici della psicologia d’espatrio. Solo un dialogo costante e attento, senza facili riduzionismi, può aiutare le persone ad acquisire consapevolezza sulla psicologia come scienza e sul proprio stato psichico, superando i pregiudizi e le paure che si possono provare confrontandosi, da un lato, con il presunto mistero del funzionamento della mente umana e, dall’altro, con chi se ne occupa. Un elemento cruciale, che è emerso più volte nelle risposte degli intervistati, è la grande difficoltà nel reperire un’informazione attendibile e affidabile al fine di avere un supporto ed un aiuto qualificato per il proprio benessere psichico. L’importanza di questa tematica è fondamentale. Viviamo nella società dell'iper-informazione, ovvero dell’informazione ridondante, e dell’iper-connessione: questo rende più complessa e confusa una ricerca approfondita. La rete, con la propria interfaccia user-friendly, e lo smartphone, oggetto che alimenta la fantasia di avere il mondo in una mano, amplificano l’illusione di poter trovare in autonomia tutte le risposte. Internet è un oracolo che consultiamo con la speranza di una via facile e immediata. Esso, però, ci restituisce con forza tutta la complessità e la conoscenza necessaria a decodificare i risultati che troviamo. Questo risulta ancora più difficile quando ci si trova in una situazione di bisogno e fragilità. Creare momenti di consapevolezza, spazi e luoghi per ascoltare i bisogni in contesti più o meno formali e, successivamente, progettare azioni mirate ed efficaci di supporto, è un obiettivo comunitario urgente. Il fine ultimo è che ciascuno possa trovare o ritrovare il proprio senso nel mondo, nella continuità delle proprie radici e verso la propria evoluzione, ovunque si trovi. La psicoterapia, in questo senso, è uno strumento fondamentale per raggiungere quelli che, in ultimo, sono obiettivi di salute e benessere. Di seguito, riportiamo alcuni stralci delle esperienze dei racconti legati all’esperienza di psicoterapia:
  • “A causa della mole di lavoro immensa che ho dovuto sostenere nel lockdown, ero arrivata al limite dell’ esaurimento nervoso. La psicologa mi ha aiutato a mettere dei limiti a questo e impostare delle regole per evitare il burnout.” (F, Lussemburgo);
  • “Ai tempi del liceo per problemi di ” (F, Cuba);
  • “Avevo 18 anni, non ne sentivo il bisogno, i miei genitori mi hanno obbligato ed è stata ” (F, Emirati Arabi Uniti);
  • “Colloqui di sostegno soprattutto relativi alla mia decisione di separarmi.” (F, Stati Uniti);
  • “Dolorosa ma ha risolto i miei ” (F, Israele);
  • “Dopo un evento personale traumatico i miei cari mi hanno consigliato di chiedere supporto psico Sono stata 9 mesi in psicoterapia e mi è servito moltissimo per affrontare il dolore e ricostruire il mio equilibrio, ma anche crescere personalmente.” (F, Regno Unito);
  • “Dopo una relazione abusiva, ho fatto un percorso di terapia per ritrovare ” (F, Belgio);
  • “Durante gli anni universitari ho fatto un percorso di psicoterapia per imparare a gestire l'ansia e lo stress da competizione.” (M, Svizzera);
  • “È in corso da un anno. Mi dà tranquillità, mi allevia il senso di vuoto e mancanza di significato nelle cose. Mi conforta.” (M, Canada);
  • “È via zoom col fuso italiano, e questo alle volte diventa un problema per farlo conciliare con gli orari giapponesi.” (F, Giappone);
  • “Mi dà la forza e la carica per migliorare e sentirmi appieno con me stessa. Ci vuole tanta pazienza e voglia di ‘amarsi’” (F, Stati Uniti);
  • “Era un periodo della mia vita dove mi sentivo persa. Ho finalmente deciso di cercare aiuto, e mi ha portato a scoprire molte cose di me di cui non avevo idea, tipo blocchi psicologici dovuti al mio passato. È stato un percorso di scoperta ed un lavoro su me stessa abbastanza faticoso, che è ancora in divenire.” (F, Stati Uniti);
  • “Era uno spazio in cui poter esprimermi liberamente su ciò che provavo e che mi ha permesso di comprendere meglio il mio funzionamento e le mie difficoltà.” (F, Svizzera);
  • “Erano anni che pensavo di volerlo fare ma non ho mai avuto soldi a sufficienza per pagarlo, l'ho fatto non appena ho potuto.” (F, Spagna);
  • “Ero appena diventata mamma e avevo appena traslocato in Germania, mi sentivo impaurita e impotente.” (F, Germania);
  • “Ero ragazzina e dovevo accettare la perdita di mia madre. Il mio psicoterapeuta mi aiutò a prenderne coscienza.” (F, Stati Uniti);
  • “Esperienze positive e negative, alti e bassi, ho trovato aiuto ma spesso anche sensazione di perdere tempo, non arrivare mai al punto.” (F, Belgio);
  • “Facevo un lavoro molto stancante emotivamente (call center) e la compagnia per cui lavoravo offriva la possibilità di essere seguiti da uno psicologo per un breve periodo di tempo. Feci tre sedute (il massimo) e poi dovetti smettere. Non me lo potevo permettere. Mi è piaciuto molto però, mi sentivo molto meglio dopo le sedute.” (F, Regno Unito);
  • “Funzionale a ripristinare una situazione stabile dopo una serie di crisi di panico.” (M, Singapore). -  (Anna Pisterzi -  Presidente di Transiti Psicologia d'Espatrio Coop Soc.)
  Trovate questo articolo pubblicato anche nella sezione Articoli del sito di Transiti - Psicologia d’espatrio.    

Italiani nel mondo: domani a Genova l’inaugurazione del Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana

10 Maggio 2022 - Genova - Sarà il ministro della Cultura Dario Franceschini a inaugurare domani mattina alle 12,00 il Museo Nazionale dell'Emigrazione Italiana a Genova. All’inaugurazione anche il Sindaco di Genova, il  Presidente della Regione Liguria e i Soci fondatori della Fondazione MEI. Nel pomeriggio nell’Area CISEI al primo piano del Museo, la tavola rotonda "Il MEI: progettazione e realizzazione di una memoria migrante". Il nuovo complesso museale si sviluppa su 3 piani divisi in 16 aeree, per una realtà avvincente, interattiva e multimediale dove conoscere e ripercorrere le tantissime storie delle migrazioni italiane, dall’Unità d’Italia (e ancora prima) alla contemporaneità. Una realtà, quella del Museo – alla costituzione del quale ha contribuito anche la Fondazione Migrantes attraverso il Rapporto Italiani nel Mondo -  che qualcuno ha già definito la nostra Ellis Island, per dar subito l'idea che di emigrazione si parla attraverso gli occhi di chi ne è stato protagonista.  

Migrantes-Transiti: la condizione psicologica degli italiani nel mondo durante il Covid-19.

5 Maggio 2022 - Roma - La percezione acquisita attraverso la ricerca condotta da Transiti per il Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes  è che la pandemia da Covid-19 abbia contribuito a peggiorare la condizione psicologica del 61,6% degli expat italiani intervistati. Dei 925 rispondenti, il 40% è stato o è attualmente in psicoterapia. Si tratta di una percentuale molto alta rispetto alla media nazionale, che oscilla tra il 7 e il 15%. È interessante prendere in considerazione come le persone coinvolte nell’indagine abbiano maturato la scelta di intraprendere un percorso psicoterapeutico. Il 69,5% ha realizzato di avere bisogno di un supporto psicologico compiendo una scelta personale e autonoma, mentre il 17,7% lo ha fatto in seguito al consiglio di amici e parenti. Nel 74% dei casi chi ha affrontato un percorso psicologico ha giudicato la cura come efficace e significativamente migliorativa per la propria esistenza. Il 17% ha, invece, espresso un giudizio negativo. Approfondendo le ragioni che hanno portato a questa conclusione, emerge come essa appaia legata a una mancanza di necessità (“i miei genitori mi hanno obbligata”) o alla percezione di non aver incontrato il professionista adeguato (“bisogna incontrare il professionista giusto”) o, ancora, alla percezione di fare qualcosa di inutile (“solo chiacchere”). Coloro che non hanno mai iniziato un percorso di psicoterapia, corrispondente al 46% dei rispondenti, adducono motivazioni quali il sentirsi psicologicamente equilibrato, il non sentirne la necessità e la presenza di ostacoli di natura economica, ma anche sfiducia, paura e difficoltà nel trovare un terapeuta qualificato. La replica negativa, motivata dalla sfiducia nella capacità di cura ed efficacia della psicoterapia, rappresenta il 33,7% delle risposte raccolte. È un tema molto interessante e ampio che andrebbe approfondito anche alla luce delle premesse dell’OMS. Parallelamente, dovrebbe interrogare la comunità professionale degli psicologi rispetto alla possibilità di rendere sempre più trasparenti i modelli di trattamento e le evidenze di efficacia della cura. Il 21% delle persone ha dichiarato di non aver mai iniziato un percorso per timore (“Ho paura di cosa potrei scoprire”; “Ho paura di diventare dipendente dal terapeuta”; “Non riuscirei a parlare con uno sconosciuto”). È un elemento significativo, che dà una (grossolana) misura di quanto ancora possano circolare il pregiudizio e lo stigma nei confronti della scienza psicologica e di quanto sia scarsa e confusa l’informazione a riguardo. A supporto di questa considerazione, abbiamo rilevato che il 12% degli intervistati ha dichiarato di pensare da tempo di entrare in terapia, ma di non sapere come trovare un professionista affidabile. Per il 20% del campione la difficoltà ad intraprendere un percorso terapeutico è di natura prevalentemente economica, limite che non viene riscontrato unicamente dagli italiani residenti in Nord America. Questo aspetto spinge a riflettere sulla molteplicità delle esperienze di espatrio che abbiamo incontrato attraverso Transiti e sulla necessità di pensare a dispositivi di accoglienza e cura sulla base del principio dell’universalismo proporzionale. Un altro dato rilevante è che, durante la pandemia, il 25% delle persone ha incrementato l’uso di sostanze – tabacco, alcol, stupefacenti – per mitigare la sofferenza psicologica, con una percentuale più alta tra i residenti in Europa (28%). Questo è un dato in linea con la tendenza poc’anzi evidenziata: una parte di popolazione sperimenta difficoltà nel poter chiedere un aiuto qualificato e nel ricercare in autonomia soluzioni palliative di sollievo al malessere.

Abbiamo raccolto alcune voci degli expat che hanno voluto raccontare la loro esperienza di psicoterapia. Dalle 320 risposte aperte - circa il 35% del campione - sono emerse parole ricorrenti quali: Terapia, Ansia, Panico, Farmaci. Lavoro, Aiuto, Relazione, Famiglia, Depressione, Sedute, Problemi, Stress, Figli, Autostima, Terapeuta, Disturbi, Inutile, etc. Di seguito, riportiamo alcuni stralci delle esperienze dei racconti legati all’esperienza di psicoterapia:
  • “A causa della mole di lavoro immensa che ho dovuto sostenere nel lockdown, ero arrivata al limite dell’ esaurimento nervoso. La psicologa mi ha aiutato a mettere dei limiti a questo e impostare delle regole per evitare il burn-out.” (F, Lussemburgo);
  • “Ai tempi del liceo per problemi di ” (F, Cuba);
  • “Avevo 18 anni, non ne sentivo il bisogno, i miei genitori mi hanno obbligato ed è stata ” (F, Emirati Arabi Uniti);
  • “Colloqui di sostegno soprattutto relativi alla mia decisione di separarmi.” (F, Stati Uniti);
  • “Dolorosa ma ha risolto i miei ” (F, Israele);
  • “Dopo un evento personale traumatico i miei cari mi hanno consigliato di chiedere supporto psico Sono stata 9 mesi in psicoterapia e mi è servito moltissimo per affrontare il dolore e ricostruire il mio equilibrio, ma anche crescere personalmente.” (F, Regno Unito);
  • “Dopo una relazione abusiva, ho fatto un percorso di terapia per ritrovare (F, Belgio);
  • “Durante gli anni universitari ho fatto un percorso di psicoterapia per imparare a gestire l'ansia e lo stress da competizione.” (M, Svizzera);
  • “È in corso da un anno. Mi dà tranquillità, mi allevia il senso di vuoto e mancanza di significato nelle cose. Mi conforta.” (M, Canada);
  • “È via zoom col fuso italiano, e questo alle volte diventa un problema per farlo conciliare con gli orari giapponesi.” (F, Giappone);
  • “Mi dà la forza e la carica per migliorare e sentirmi appieno con me stessa. Ci vuole tanta pazienza e voglia di ‘amarsi’” (F, Stati Uniti);
  • “Era un periodo della mia vita dove mi sentivo persa. Ho finalmente deciso di cercare aiuto, e mi ha portato a scoprire molte cose di me di cui non avevo idea, tipo blocchi psicologici dovuti al mio passato. È stato un percorso di scoperta ed un lavoro su me stessa abbastanza faticoso, che è ancora in divenire.” (F, Stati Uniti);
  • “Era uno spazio in cui poter esprimermi liberamente su ciò che provavo e che mi ha permesso di comprendere meglio il mio funzionamento e le mie difficoltà.” (F, Svizzera);
  • “Erano anni che pensavo di volerlo fare ma non ho mai avuto soldi a sufficienza per pagarlo, l'ho fatto non appena ho potuto.” (F, Spagna);
  • “Ero appena diventata mamma e avevo appena traslocato in Germania, mi sentivo impaurita e impotente.” (F, Germania);
  • “Ero ragazzina e dovevo accettare la perdita di mia madre. Il mio psicoterapeuta mi aiutò a prenderne coscienza.” (F, Stati Uniti);
  • “Esperienze positive e negative, alti e bassi, ho trovato aiuto ma spesso anche sensazione di perdere tempo, non arrivare mai al punto.” (F, Belgio);
  • “Facevo un lavoro molto stancante emotivamente (call center) e la compagnia per cui lavoravo offriva la possibilità di essere seguiti da uno psicologo per un breve periodo di tempo. Feci tre sedute (il massimo) e poi dovetti smettere. Non me lo potevo permettere. Mi è piaciuto molto però, mi sentivo molto meglio dopo le sedute.” (F, Regno Unito);
  • “Funzionale a ripristinare una situazione stabile dopo una serie di crisi di panico.” (M, Singapore). - Anna Pisterzi, Presidente di Transiti Psicologia d'Espatrio.
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Migrantes-Transiti: la condizione psicologica degli italiani nel mondo durante il Covid-19, lo spazio e il tempo in pandemia

21 Aprile 2022 - Roma - All’interno dell’indagine del 2021 - pubblicata nel Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes - che ha raccolto le risposte di 925 expat italiani residenti all’estero, Transiti ha indagato il loro vissuto rispetto alle dimensioni del tempo e dello spazio, fondamentali per la salute psicologica Il 40% degli intervistati ritiene che lo spazio a disposizione in casa fosse adeguato. Il 28% ha dichiarato di non essersi sentito limitato negli spazi. Di riflesso, ha vissuto positivamente i lockdown. Un elemento che ha favorito questo vissuto è stata la possibilità di usufruire di spazi esterni all’abitazione. Si aggira intorno a un quarto del campione (23%) la percentuale di chi afferma di aver sofferto la dimensione della casa. Nei differenti linguaggi del mondo, con la parola “casa” si indica il luogo intimo dei rapporti, in cui sono custoditi gli aspetti più sentimentali e all’interno del quale si chiede protezione e cura. In realtà, sappiamo che il concetto di casa si modella e trasforma poiché, rappresentando una fotografia del momento di vita in cui ci troviamo, ne assorbe le peculiarità. Se per molti è luogo di protezione e cura, per altri è un luogo di malessere e conflitti, se non addirittura di pericolo e violenza. L’essere stati costretti a questa intimità, nel corso dei lockdown che si sono susseguiti negli ultimi anni, ha quindi esacerbato le situazioni che ciascuno stava vivendo, nel bene o nel male. Inoltre, ha amplificato la percezione del sentirsi a casa in una terra straniera, mettendo in luce un caleidoscopio di vissuti di appartenenza o sospensione, possibilità e limiti, temporaneità o stabilità, acquisizioni e perdite con cui ogni expat si trova costantemente a confrontarsi nel corso della propria esistenza. La percezione e la gestione del tempo degli expat durante il Covid-19 In termini di bilancio dell’anno passato, quasi il 50% degli expat intervistati ritiene di aver sprecato o perso tempo. In pochi sono riusciti a capitalizzare il periodo considerando l’anno di pandemia come un tempo di riflessione utile per rivedere in meglio il proprio futuro. Il 38% ha addirittura dichiarato di stare ripensando totalmente al proprio progetto di vita. Oltre il 20%, invece, non riesce a fare un bilancio dell’esperienza trascorsa. Nel nostro campione, rappresentativo di una particolare fetta di popolazione, questa difficoltà di pensare si evidenzia nelle attività scelte. Le persone si sono dedicate maggiormente alla cucina, alle attività online e al mantenimento dei rapporti di amicizia (80%), mentre le attività intellettuali come la lettura e lo studio, al contrario di quanto rilevato per i connazionali in Italia, sono risultate di difficile attuazione, così come maggiori disagi si sono ravvisati nella sfera intima. Un quarto degli intervistati (26%) ritiene che la condizione di distanziamento sociale generata dalla pandemia rappresenti una situazione migliorativa della propria esistenza. Le differenze individuali Questi elementi ci riconducono a un tema generale: non tutte le persone per stare bene hanno lo stesso bisogno di relazioni plurime, assidue e continuative. Le strutture di personalità introverse, per esempio, hanno beneficiato della dilatazione del tempo, dell’autorganizzazione, della rarefazione delle relazioni in quantità e presenza. Queste sono, nei fatti, le persone che, a parità di condizioni, sono riuscite meglio a organizzarsi nello smart working e che vorrebbero, almeno in parte, continuare a lavorare attraverso questa modalità. E’ il caso anche di alcuni studenti che hanno mostrato un miglioramento durante il periodo di didattica a distanza (DAD). Questa riflessione apre un tema complesso per chi si occupa di salute e benessere psicologici e non solo. Ci suggerisce la possibilità di osservare senza patologizzare, di asserire che il concetto di normalità è ampio. Questa situazione, occorsa nella vita di tutti contemporaneamente, ci insegna che ci possono essere modi diversi per ottenere risultati soddisfacenti negli obiettivi lavorativi e scolastici. (Anna Pisterzi, Presidente di Transiti Psicologia d'Espatri)     Trovate questo articolo pubblicato anche nella sezione Articoli del sito di Transiti - Psicologia d’espatrio.

Migrantes-Transiti: la condizione psicologica degli expat, la nostalgia di casa

14 Aprile 2022 - Roma - La condizione psicologica degli italiani nel mondo durante il Covid-19.  Nel Capitolo sulla condizione psicologica degli expat del Rapporto Italiani nel Mondo 2021 della Fondazione Migrantes emerge un’altra fonte di sofferenza specifica legata alla nostalgia di casa, dovuta alla lontananza dagli affetti familiari (74%) e amicali (48,5%) e all’impedimento a muoversi o a viaggiare (65%) per poterli incontrare. In questi anni di lavoro con gli espatriati abbiamo avuto modo di comprendere quanto il tema del rapporto con la terra di origine sia centrale nella dinamica di espatrio. Per molte persone significa “poter tornare a casa”, per altre vuol dire “visitare gli affetti” e “rimanere connessi alle origini”. Il rientro ciclico in Italia, comunque, rappresentava prima del Covid-19 un ancoraggio di grande importanza per poter sentire un equilibrio emotivo tra le origini lasciate e la vita attuale. La pandemia ha spezzato questo filo di riconnessione: ha impedito ai nonni di passare del tempo con i nipoti, ha impedito ai figli di occuparsi dei genitori, ha impedito di salutare i defunti rimettendo in circolo sentimenti negativi di incertezza, disagio e senso di colpa che le persone pensavano di essere riuscite a fronteggiare, archiviare, dribblare e, nel migliore dei casi, superare. Un dato su cui abbiamo riflettuto molto è quello relativo alla percezione esperita dai genitori in merito al disagio osservato nei figli. Se da un lato i bambini e i ragazzi sono percepiti dai loro caregivers come forti e capaci di fronteggiare i disagi della pandemia – solo il 9% ha risposto “soffrono molto” e il 6% “destano preoccupazione” – la risposta “stanno bene” è espressa solo dal 36%. Per una possibile interpretazione di questo dato, può essere utile ricordare il concetto di “pensieri non pensati” di Bion. Quando qualcosa è difficile da digerire per la propria mente, come nel caso dell’angoscia per il futuro e della relativa paralisi, diventa difficile poter osservare con chiarezza ciò che accade nelle persone accanto e comprendere quanto queste, per esempio, siano realmente in grado di “digerire” la situazione e fronteggiarla. Si inizia quindi ad oscillare inconsapevolmente tra la speranza che l’altro sia più in grado di farvi fronte rispetto a noi e l’angoscia che possa stare male (o che si stia entrambi male). A maggior ragione se l’altro è una persona con la quale esiste un legame affettivo profondo e per la quale si sente di avere una responsabilità di crescita, come nel caso dei propri figli. Un ulteriore elemento che può aiutarci a comprendere il quadro delle risposte è che il 60% della popolazione ha un figlio tra 0 e 6 anni. Interpretare se la manifestazione del disagio in un bambino piccolo sia una conseguenza della vita in pandemia non è semplice. Il mondo del bambino è definito dalle relazioni familiari: se la famiglia sta attraversando un momento di disorientamento o fragilità, anche il bambino ne verrà coinvolto nel suo sviluppo. Come ha  espresso Alice Miller, «Ogni bambino ha il legittimo bisogno di essere guardato, capito, preso sul serio e rispettato dalla propria madre [...] [dai caregivers NdA]. Un’immagine di Winnicott illustra benissimo la situazione: la madre guarda il bambino che tiene in braccio, il piccolo guarda la madre in volto e vi si ritrova [...] a patto che la madre guardi davvero quell’esserino indifeso nella sua unicità, e non osservi invece le proprie attese e paure, i progetti che imbastisce per il figlio, che proietta su di lui. In questo caso nel volto della madre il bambino non troverà sé stesso, ma le esigenze della madre. Rimarrà allora senza specchio, e per tutta la vita continuerà invano a cercarlo». Abbiamo raccolto alcune voci degli expat che hanno sentito rafforzato il sentimento di nostalgia. In 48 risposte aperte, circa il 5% del campione esprime questo sentimento della nostalgia, che però non è correlato con una voglia di tornare nel paese d’origine. 114 sono le frasi, nelle risposte aperte, legate alla forte voglia di rientrare in Italia, espressa dal 14,5% del nostro campione. In queste, le parole più ricorrenti sono: Famiglia, lavoro, amici e casa. Parole usate per raccontarci di: “Ricongiungimento con il partner” (FRANCIA); “Nuove opportunita' LAVORATIVE” (BURKINA FASO); “Per vicinanza a AMICI e FAMIGLIA” (SPAGNA); “Perché Dubai è un luogo di transizione. Impossibile costruire una vita. Uno è qui solo per il LAVORO” (EAU); “Non mi sento tutelata nel diritto alla salute, in aggiunta dopo così tanti anni all'estero stiamo rivalutando le priorità nella nostra vita” (IRLANDA); “Mio marito andrà in pensione tra 4 anni e vorremmo trascorrere in Italia il resto della nostra vita” (IRLANDA); “L'Italia ha molto da offrire, non ci si annoia mai” (IRLANDA); “Mi mancano gli affetti e il clima mediterraneo” (UK); “Mi manca tutto, FAMIGLIA, relazioni” (GERMANIA); “Perché sono stanco di vivere lontano dalla FAMIGLIA” (LIBANO); “Era un progetto che avevamo da ben prima della pandemia. Italia perché è CASA e dopo anni passati all'estero abbiamo voglia di tornare alle nostre radici” (EMIRATI ARABI); “Mi manca il nostro modo di vivere, AMICI, parenti” (UK); “Perché mi manca tutto dell’Italia, eccetto la disoccupazione” (BELGIO)   Trovate questo articolo pubblicato anche nella sezione Articoli del sito di Transiti - Psicologia d’espatrio.  

Migrantes-Transiti: la condizione psicologica degli expat, voci degli expat

7 Aprile 2022 - Roma - Il campione di italiani intervistati da Transiti per la ricerca sulla condizione psicologica nel Rapporto Italiani nel Mondo 2021 vive attualmente all’estero (95%) e solo il 5% è rientrato stabilmente in Italia. Di questi, l’80% è da considerarsi di fatto “expat”, con più di tre anni di vita all’estero. Pochi (5%) sono i neoemigrati negli ultimi 12 mesi. Un dato a cui ha certamente contribuito la pandemia. Il tema della salute psicologica è percepito più facilmente dalla popolazione femminile. Questo spiega il fatto che il 73,4% del campione sia costituito da donne. È un dato assolutamente discordante rispetto alla distribuzione per sesso degli expat italiani. Così come è discordante il dato del profilo formativo: il 65% del campione ha almeno la laurea magistrale. Un campione prevalentemente giovane (il 61,4% è under 40), colto, emancipato, con un progetto di espatrio ben costruito e riuscito sia sul piano personale (il 75,5% ha una relazione stabile) che sul piano professionale: si tratta di persone soddisfatte del proprio lavoro (71%). Un universo fortemente diverso da quello caratteristico della popolazione italiana ma che rispecchia bene l’esodo dei cervelli, l’uscita dall'Italia della popolazione giovane, colta e femminile che non riesce a trovare nel nostro paese la giusta collocazione sociale ed economica. È una popolazione molto più attenta della media dei connazionali al tema dei disagi psicologici (il 40% è attualmente in terapia o lo è stato, contro il 15% della media italiana), capace di aprirsi e rispondere su temi delicati, desiderosa di esporsi per trovare delle soluzioni per sé, la propria famiglia e le persone che hanno lasciato l’Italia negli ultimi 10-15 anni. Una popolazione, questa, che ha vissuto il primo anno di pandemia con un certo livello di benessere grazie a spazi adeguati e confortevoli in casa (68,3%), ma che ha visto insorgere, per sé e per la propria famiglia, nuove difficoltà. La rilevazione ha fatto emergere che questa popolazione di expat italiani, prima del Covid-19, sentiva di avere una “buona” (38,5%) se non addirittura “molto buona” (48,2%) salute psicologica (per un totale di 86,7%). Dopo dodici mesi di restrizioni e disagi causati dalla pandemia, il 71,5% ha osservato un peggioramento della propria condizione psicologica, che imputa “principalmente al Covid-19” (31,8%) o “fortemente al Covid-19” (39,8%). Approfondendo la sintomatologia del disagio provato, emergono elementi evidenti quali ansia e insonnia (20%) e tristezza/depressione (35%). Si tratta di sintomi che si evidenziano anche nella perdita di prospettiva e nel senso di oppressione (entrambe al 30%). Da questi primi dati e dalle parole che abbiamo raccolto per gli italiani nel mondo, risulta evidente come il Covid-19 abbia implicato lo stravolgimento della vita costruita attorno all’espatrio, imponendo alle persone di “osservarsi” e fare un bilancio della propria esistenza rimettendo in discussione le priorità, senza però ancora essere in grado di riprogettare il futuro nel tempo e nello spazio. Abbiamo raccolto alcune voci degli expat che hanno visto peggiorata la propria situazione psicologica a causa del Covid-19, frasi in cui  ritornano molto frequentemente le parole Famiglia, Lavoro, Incertezza, Solitudine, Ansia, Viaggiare, Isolamento, Lontanza e Depressione. Di seguito, le loro parole: I rapporti sociali al di fuori della Famiglia  sono diminuiti notevolmente, mio marito pauroso del Covid ha stressato tutta la Famiglia". (Germania) "Isolamente, mancanza di opportunità, servizio sanitario locale non adeguato, paura per la mia Famiglia, reperibilità costante in smart working". (Albania) "Ho sempre paura di ammalarmi o che si ammali uno dei miei cari e di non poterlo rivedere. Ora che sono iniziate le riaperture mi sento a disagio in mezzo alla gente". (Francia) "Sono infermiera. Il mio Lavoro è diventato la mia vita. Ho avuto un burn out e sono caduta in Depressione. Non ho più potuto svolgere le attività ricreative e sociali che svolgevo precedentemente per cui il peso psicologico del mio Lavoro è diventato quasi insopportabile". (Germania) "Mi sento prigioniero". (Canada) "Il mio compagno ha perso il Lavoro a causa della crisi e non sono riuscita a Lavorare  come avrei voluto, inoltre ho sentito molta nostalgia dei miei genitori". (Uk) "Sono lontana da casa, in un paese straniero che per quasi un anno ha gestito la pandemia in modo pessimo, senza sapere quando riuscirò a tornare a vedere la mia Famiglia". (Uk) "Le restrizioni in Irlanda sono state particolarmente severe e il fatto di essere vicini ma con pochissimi voli e la quarantena in hotel per un periodo mi ha veramente messo delle preoccupazioni assurde". (Irlanda) "Perché qui è come stare in carcere e senza diritti". (Cuba) -  Anna Pisterzi, Presidente di Transiti Psicologia d'Espatrio Coop Soc.   (Trovate questo articolo pubblicato anche nella sezione Articoli del sito di Transiti - Psicologia d’espatrio).    

Migrantes: domani la presentazione del Rapporto Italiani nel Mondo a cura dell’Istituto di Cultura di Berlino

30 Marzo 2022 - Berlino - Sarà presentato domani, 31 marzo alle ore 19 - a cura dell’Istituto italiano di cultura di Berlino - l''edizione 2021 del “Rapporto Italiani nel Mondo 2021” della Fondazione Migrantes. Alla presentazione interverranno la curatrice Delfina Licata, Edith Pichler, docente di politologia presso l’Università di Potsdam e membro del Rat für Migration e Luciana Degano-Kieser, medico psichiatra e psicoterapeuta, presidente dell’associazione “Salutare e.V.”. Il Rapporto Italiani nel Mondo da 16 ani si occupa di studi sulla mobilità italiana nel mondo e raccoglie cxontributi di studiosi provenienti da tutto il mondo. L'ultima edizione è dedicata all'epidemia di Covid-19 e ha visto la partecipazione di 75 autori che, dall’Italia e dall’estero, hanno lavorato a 54 saggi.

RIM: il ricordo di Sassoli

11 Gennaio 2022 - Roma - "Avresti tanto voluto essere con noi a novembre scorso... Ma ci hai consegnato un grande messaggio che diventa per noi oggi una strada da percorrere con ancora più tenacia e caparbietà, seguendo il tuo esempio di rettitudine e serietà". Così la redazione del Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes.  La redazione del RIM "ti saluta con gratitudine per la tua costante vicinanza alla nostra attività di studio, ricerca e sensibilizzazione al fenomeno della mobilità umana e italiana in particolare".

Migrantes Brescia: il 16 dicembre la presentazione del Rapporto Italiani nel mondo

13 Dicembre 2021 - Brescia – Su iniziativa della Migrantes di Brescia sarà presentato, Giovedì 16 dicembre alle ore 18, il “Rapporto Italiani nel mondo” della Fondazione Migrantes. A presentarlo la curatrice Delfina Licata mentre durante la serata porteranno una testimonianza le Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth della comunità di Peterborough (Inghilterra). Modererà l’incontro Giuseppe Ungari, vicedirettore dell’Ufficio Migrantes della diocesi di Brescia. L’evento sarà trasmesso sul Canale YouTube e sulla pagina Facebook del settimanale diocesano “La Voce del Popolo”.

Rai Italia: oggi puntata dedicata al Rapporto Italiani nel Mondo

12 Novembre 2021 - Roma - La puntata di oggi di "Italia con Voi" su Rai Italia avrà un approfondimento sul Rapporto Italiani nel Mondo presentato nei giorni scorsi a Roma. Nella puntata interverranno don Antonio Serra, Coordinatore Nazionale delle Missioni Cattoliche nel Regno Unito e Delfina Licata, curatrice del Rapporto. Tra gli ospiti della puntata anche il Ministro Plenipotenziario Luigi Maria Vignali, tornato per ricordare le elezioni dei Comitati per gli Italiani all’Estero che si terranno il 3 dicembre mentre la rubrica Le Storie dal Mondo sarà dedicata agli Emirati Arabi Uniti: sarà un incontro con  Giulia Pantone, appassionata di calcio e manager della Juventus Academy Dubai. Poi, Negli Stati Uniti, a Los Angeles, Andrea Marchetti, che lavora in un centro di accoglienza per giovani senzatetto.