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Migrantes-Transiti: la condizione psicologica degli italiani nel mondo durante il Covid-19, lo spazio e il tempo in pandemia

21 Aprile 2022 - Roma - All’interno dell’indagine del 2021 - pubblicata nel Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes - che ha raccolto le risposte di 925 expat italiani residenti all’estero, Transiti ha indagato il loro vissuto rispetto alle dimensioni del tempo e dello spazio, fondamentali per la salute psicologica Il 40% degli intervistati ritiene che lo spazio a disposizione in casa fosse adeguato. Il 28% ha dichiarato di non essersi sentito limitato negli spazi. Di riflesso, ha vissuto positivamente i lockdown. Un elemento che ha favorito questo vissuto è stata la possibilità di usufruire di spazi esterni all’abitazione. Si aggira intorno a un quarto del campione (23%) la percentuale di chi afferma di aver sofferto la dimensione della casa. Nei differenti linguaggi del mondo, con la parola “casa” si indica il luogo intimo dei rapporti, in cui sono custoditi gli aspetti più sentimentali e all’interno del quale si chiede protezione e cura. In realtà, sappiamo che il concetto di casa si modella e trasforma poiché, rappresentando una fotografia del momento di vita in cui ci troviamo, ne assorbe le peculiarità. Se per molti è luogo di protezione e cura, per altri è un luogo di malessere e conflitti, se non addirittura di pericolo e violenza. L’essere stati costretti a questa intimità, nel corso dei lockdown che si sono susseguiti negli ultimi anni, ha quindi esacerbato le situazioni che ciascuno stava vivendo, nel bene o nel male. Inoltre, ha amplificato la percezione del sentirsi a casa in una terra straniera, mettendo in luce un caleidoscopio di vissuti di appartenenza o sospensione, possibilità e limiti, temporaneità o stabilità, acquisizioni e perdite con cui ogni expat si trova costantemente a confrontarsi nel corso della propria esistenza. La percezione e la gestione del tempo degli expat durante il Covid-19 In termini di bilancio dell’anno passato, quasi il 50% degli expat intervistati ritiene di aver sprecato o perso tempo. In pochi sono riusciti a capitalizzare il periodo considerando l’anno di pandemia come un tempo di riflessione utile per rivedere in meglio il proprio futuro. Il 38% ha addirittura dichiarato di stare ripensando totalmente al proprio progetto di vita. Oltre il 20%, invece, non riesce a fare un bilancio dell’esperienza trascorsa. Nel nostro campione, rappresentativo di una particolare fetta di popolazione, questa difficoltà di pensare si evidenzia nelle attività scelte. Le persone si sono dedicate maggiormente alla cucina, alle attività online e al mantenimento dei rapporti di amicizia (80%), mentre le attività intellettuali come la lettura e lo studio, al contrario di quanto rilevato per i connazionali in Italia, sono risultate di difficile attuazione, così come maggiori disagi si sono ravvisati nella sfera intima. Un quarto degli intervistati (26%) ritiene che la condizione di distanziamento sociale generata dalla pandemia rappresenti una situazione migliorativa della propria esistenza. Le differenze individuali Questi elementi ci riconducono a un tema generale: non tutte le persone per stare bene hanno lo stesso bisogno di relazioni plurime, assidue e continuative. Le strutture di personalità introverse, per esempio, hanno beneficiato della dilatazione del tempo, dell’autorganizzazione, della rarefazione delle relazioni in quantità e presenza. Queste sono, nei fatti, le persone che, a parità di condizioni, sono riuscite meglio a organizzarsi nello smart working e che vorrebbero, almeno in parte, continuare a lavorare attraverso questa modalità. E’ il caso anche di alcuni studenti che hanno mostrato un miglioramento durante il periodo di didattica a distanza (DAD). Questa riflessione apre un tema complesso per chi si occupa di salute e benessere psicologici e non solo. Ci suggerisce la possibilità di osservare senza patologizzare, di asserire che il concetto di normalità è ampio. Questa situazione, occorsa nella vita di tutti contemporaneamente, ci insegna che ci possono essere modi diversi per ottenere risultati soddisfacenti negli obiettivi lavorativi e scolastici. (Anna Pisterzi, Presidente di Transiti Psicologia d'Espatri)     Trovate questo articolo pubblicato anche nella sezione Articoli del sito di Transiti - Psicologia d’espatrio.

Migrantes-Transiti: la condizione psicologica degli expat, la nostalgia di casa

14 Aprile 2022 - Roma - La condizione psicologica degli italiani nel mondo durante il Covid-19.  Nel Capitolo sulla condizione psicologica degli expat del Rapporto Italiani nel Mondo 2021 della Fondazione Migrantes emerge un’altra fonte di sofferenza specifica legata alla nostalgia di casa, dovuta alla lontananza dagli affetti familiari (74%) e amicali (48,5%) e all’impedimento a muoversi o a viaggiare (65%) per poterli incontrare. In questi anni di lavoro con gli espatriati abbiamo avuto modo di comprendere quanto il tema del rapporto con la terra di origine sia centrale nella dinamica di espatrio. Per molte persone significa “poter tornare a casa”, per altre vuol dire “visitare gli affetti” e “rimanere connessi alle origini”. Il rientro ciclico in Italia, comunque, rappresentava prima del Covid-19 un ancoraggio di grande importanza per poter sentire un equilibrio emotivo tra le origini lasciate e la vita attuale. La pandemia ha spezzato questo filo di riconnessione: ha impedito ai nonni di passare del tempo con i nipoti, ha impedito ai figli di occuparsi dei genitori, ha impedito di salutare i defunti rimettendo in circolo sentimenti negativi di incertezza, disagio e senso di colpa che le persone pensavano di essere riuscite a fronteggiare, archiviare, dribblare e, nel migliore dei casi, superare. Un dato su cui abbiamo riflettuto molto è quello relativo alla percezione esperita dai genitori in merito al disagio osservato nei figli. Se da un lato i bambini e i ragazzi sono percepiti dai loro caregivers come forti e capaci di fronteggiare i disagi della pandemia – solo il 9% ha risposto “soffrono molto” e il 6% “destano preoccupazione” – la risposta “stanno bene” è espressa solo dal 36%. Per una possibile interpretazione di questo dato, può essere utile ricordare il concetto di “pensieri non pensati” di Bion. Quando qualcosa è difficile da digerire per la propria mente, come nel caso dell’angoscia per il futuro e della relativa paralisi, diventa difficile poter osservare con chiarezza ciò che accade nelle persone accanto e comprendere quanto queste, per esempio, siano realmente in grado di “digerire” la situazione e fronteggiarla. Si inizia quindi ad oscillare inconsapevolmente tra la speranza che l’altro sia più in grado di farvi fronte rispetto a noi e l’angoscia che possa stare male (o che si stia entrambi male). A maggior ragione se l’altro è una persona con la quale esiste un legame affettivo profondo e per la quale si sente di avere una responsabilità di crescita, come nel caso dei propri figli. Un ulteriore elemento che può aiutarci a comprendere il quadro delle risposte è che il 60% della popolazione ha un figlio tra 0 e 6 anni. Interpretare se la manifestazione del disagio in un bambino piccolo sia una conseguenza della vita in pandemia non è semplice. Il mondo del bambino è definito dalle relazioni familiari: se la famiglia sta attraversando un momento di disorientamento o fragilità, anche il bambino ne verrà coinvolto nel suo sviluppo. Come ha  espresso Alice Miller, «Ogni bambino ha il legittimo bisogno di essere guardato, capito, preso sul serio e rispettato dalla propria madre [...] [dai caregivers NdA]. Un’immagine di Winnicott illustra benissimo la situazione: la madre guarda il bambino che tiene in braccio, il piccolo guarda la madre in volto e vi si ritrova [...] a patto che la madre guardi davvero quell’esserino indifeso nella sua unicità, e non osservi invece le proprie attese e paure, i progetti che imbastisce per il figlio, che proietta su di lui. In questo caso nel volto della madre il bambino non troverà sé stesso, ma le esigenze della madre. Rimarrà allora senza specchio, e per tutta la vita continuerà invano a cercarlo». Abbiamo raccolto alcune voci degli expat che hanno sentito rafforzato il sentimento di nostalgia. In 48 risposte aperte, circa il 5% del campione esprime questo sentimento della nostalgia, che però non è correlato con una voglia di tornare nel paese d’origine. 114 sono le frasi, nelle risposte aperte, legate alla forte voglia di rientrare in Italia, espressa dal 14,5% del nostro campione. In queste, le parole più ricorrenti sono: Famiglia, lavoro, amici e casa. Parole usate per raccontarci di: “Ricongiungimento con il partner” (FRANCIA); “Nuove opportunita' LAVORATIVE” (BURKINA FASO); “Per vicinanza a AMICI e FAMIGLIA” (SPAGNA); “Perché Dubai è un luogo di transizione. Impossibile costruire una vita. Uno è qui solo per il LAVORO” (EAU); “Non mi sento tutelata nel diritto alla salute, in aggiunta dopo così tanti anni all'estero stiamo rivalutando le priorità nella nostra vita” (IRLANDA); “Mio marito andrà in pensione tra 4 anni e vorremmo trascorrere in Italia il resto della nostra vita” (IRLANDA); “L'Italia ha molto da offrire, non ci si annoia mai” (IRLANDA); “Mi mancano gli affetti e il clima mediterraneo” (UK); “Mi manca tutto, FAMIGLIA, relazioni” (GERMANIA); “Perché sono stanco di vivere lontano dalla FAMIGLIA” (LIBANO); “Era un progetto che avevamo da ben prima della pandemia. Italia perché è CASA e dopo anni passati all'estero abbiamo voglia di tornare alle nostre radici” (EMIRATI ARABI); “Mi manca il nostro modo di vivere, AMICI, parenti” (UK); “Perché mi manca tutto dell’Italia, eccetto la disoccupazione” (BELGIO)   Trovate questo articolo pubblicato anche nella sezione Articoli del sito di Transiti - Psicologia d’espatrio.  

Migrantes-Transiti: la condizione psicologica degli expat, voci degli expat

7 Aprile 2022 - Roma - Il campione di italiani intervistati da Transiti per la ricerca sulla condizione psicologica nel Rapporto Italiani nel Mondo 2021 vive attualmente all’estero (95%) e solo il 5% è rientrato stabilmente in Italia. Di questi, l’80% è da considerarsi di fatto “expat”, con più di tre anni di vita all’estero. Pochi (5%) sono i neoemigrati negli ultimi 12 mesi. Un dato a cui ha certamente contribuito la pandemia. Il tema della salute psicologica è percepito più facilmente dalla popolazione femminile. Questo spiega il fatto che il 73,4% del campione sia costituito da donne. È un dato assolutamente discordante rispetto alla distribuzione per sesso degli expat italiani. Così come è discordante il dato del profilo formativo: il 65% del campione ha almeno la laurea magistrale. Un campione prevalentemente giovane (il 61,4% è under 40), colto, emancipato, con un progetto di espatrio ben costruito e riuscito sia sul piano personale (il 75,5% ha una relazione stabile) che sul piano professionale: si tratta di persone soddisfatte del proprio lavoro (71%). Un universo fortemente diverso da quello caratteristico della popolazione italiana ma che rispecchia bene l’esodo dei cervelli, l’uscita dall'Italia della popolazione giovane, colta e femminile che non riesce a trovare nel nostro paese la giusta collocazione sociale ed economica. È una popolazione molto più attenta della media dei connazionali al tema dei disagi psicologici (il 40% è attualmente in terapia o lo è stato, contro il 15% della media italiana), capace di aprirsi e rispondere su temi delicati, desiderosa di esporsi per trovare delle soluzioni per sé, la propria famiglia e le persone che hanno lasciato l’Italia negli ultimi 10-15 anni. Una popolazione, questa, che ha vissuto il primo anno di pandemia con un certo livello di benessere grazie a spazi adeguati e confortevoli in casa (68,3%), ma che ha visto insorgere, per sé e per la propria famiglia, nuove difficoltà. La rilevazione ha fatto emergere che questa popolazione di expat italiani, prima del Covid-19, sentiva di avere una “buona” (38,5%) se non addirittura “molto buona” (48,2%) salute psicologica (per un totale di 86,7%). Dopo dodici mesi di restrizioni e disagi causati dalla pandemia, il 71,5% ha osservato un peggioramento della propria condizione psicologica, che imputa “principalmente al Covid-19” (31,8%) o “fortemente al Covid-19” (39,8%). Approfondendo la sintomatologia del disagio provato, emergono elementi evidenti quali ansia e insonnia (20%) e tristezza/depressione (35%). Si tratta di sintomi che si evidenziano anche nella perdita di prospettiva e nel senso di oppressione (entrambe al 30%). Da questi primi dati e dalle parole che abbiamo raccolto per gli italiani nel mondo, risulta evidente come il Covid-19 abbia implicato lo stravolgimento della vita costruita attorno all’espatrio, imponendo alle persone di “osservarsi” e fare un bilancio della propria esistenza rimettendo in discussione le priorità, senza però ancora essere in grado di riprogettare il futuro nel tempo e nello spazio. Abbiamo raccolto alcune voci degli expat che hanno visto peggiorata la propria situazione psicologica a causa del Covid-19, frasi in cui  ritornano molto frequentemente le parole Famiglia, Lavoro, Incertezza, Solitudine, Ansia, Viaggiare, Isolamento, Lontanza e Depressione. Di seguito, le loro parole: I rapporti sociali al di fuori della Famiglia  sono diminuiti notevolmente, mio marito pauroso del Covid ha stressato tutta la Famiglia". (Germania) "Isolamente, mancanza di opportunità, servizio sanitario locale non adeguato, paura per la mia Famiglia, reperibilità costante in smart working". (Albania) "Ho sempre paura di ammalarmi o che si ammali uno dei miei cari e di non poterlo rivedere. Ora che sono iniziate le riaperture mi sento a disagio in mezzo alla gente". (Francia) "Sono infermiera. Il mio Lavoro è diventato la mia vita. Ho avuto un burn out e sono caduta in Depressione. Non ho più potuto svolgere le attività ricreative e sociali che svolgevo precedentemente per cui il peso psicologico del mio Lavoro è diventato quasi insopportabile". (Germania) "Mi sento prigioniero". (Canada) "Il mio compagno ha perso il Lavoro a causa della crisi e non sono riuscita a Lavorare  come avrei voluto, inoltre ho sentito molta nostalgia dei miei genitori". (Uk) "Sono lontana da casa, in un paese straniero che per quasi un anno ha gestito la pandemia in modo pessimo, senza sapere quando riuscirò a tornare a vedere la mia Famiglia". (Uk) "Le restrizioni in Irlanda sono state particolarmente severe e il fatto di essere vicini ma con pochissimi voli e la quarantena in hotel per un periodo mi ha veramente messo delle preoccupazioni assurde". (Irlanda) "Perché qui è come stare in carcere e senza diritti". (Cuba) -  Anna Pisterzi, Presidente di Transiti Psicologia d'Espatrio Coop Soc.   (Trovate questo articolo pubblicato anche nella sezione Articoli del sito di Transiti - Psicologia d’espatrio).    

Migrantes: domani la presentazione del Rapporto Italiani nel Mondo a cura dell’Istituto di Cultura di Berlino

30 Marzo 2022 - Berlino - Sarà presentato domani, 31 marzo alle ore 19 - a cura dell’Istituto italiano di cultura di Berlino - l''edizione 2021 del “Rapporto Italiani nel Mondo 2021” della Fondazione Migrantes. Alla presentazione interverranno la curatrice Delfina Licata, Edith Pichler, docente di politologia presso l’Università di Potsdam e membro del Rat für Migration e Luciana Degano-Kieser, medico psichiatra e psicoterapeuta, presidente dell’associazione “Salutare e.V.”. Il Rapporto Italiani nel Mondo da 16 ani si occupa di studi sulla mobilità italiana nel mondo e raccoglie cxontributi di studiosi provenienti da tutto il mondo. L'ultima edizione è dedicata all'epidemia di Covid-19 e ha visto la partecipazione di 75 autori che, dall’Italia e dall’estero, hanno lavorato a 54 saggi.

RIM: il ricordo di Sassoli

11 Gennaio 2022 - Roma - "Avresti tanto voluto essere con noi a novembre scorso... Ma ci hai consegnato un grande messaggio che diventa per noi oggi una strada da percorrere con ancora più tenacia e caparbietà, seguendo il tuo esempio di rettitudine e serietà". Così la redazione del Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes.  La redazione del RIM "ti saluta con gratitudine per la tua costante vicinanza alla nostra attività di studio, ricerca e sensibilizzazione al fenomeno della mobilità umana e italiana in particolare".

Migrantes Brescia: il 16 dicembre la presentazione del Rapporto Italiani nel mondo

13 Dicembre 2021 - Brescia – Su iniziativa della Migrantes di Brescia sarà presentato, Giovedì 16 dicembre alle ore 18, il “Rapporto Italiani nel mondo” della Fondazione Migrantes. A presentarlo la curatrice Delfina Licata mentre durante la serata porteranno una testimonianza le Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth della comunità di Peterborough (Inghilterra). Modererà l’incontro Giuseppe Ungari, vicedirettore dell’Ufficio Migrantes della diocesi di Brescia. L’evento sarà trasmesso sul Canale YouTube e sulla pagina Facebook del settimanale diocesano “La Voce del Popolo”.

Rai Italia: oggi puntata dedicata al Rapporto Italiani nel Mondo

12 Novembre 2021 - Roma - La puntata di oggi di "Italia con Voi" su Rai Italia avrà un approfondimento sul Rapporto Italiani nel Mondo presentato nei giorni scorsi a Roma. Nella puntata interverranno don Antonio Serra, Coordinatore Nazionale delle Missioni Cattoliche nel Regno Unito e Delfina Licata, curatrice del Rapporto. Tra gli ospiti della puntata anche il Ministro Plenipotenziario Luigi Maria Vignali, tornato per ricordare le elezioni dei Comitati per gli Italiani all’Estero che si terranno il 3 dicembre mentre la rubrica Le Storie dal Mondo sarà dedicata agli Emirati Arabi Uniti: sarà un incontro con  Giulia Pantone, appassionata di calcio e manager della Juventus Academy Dubai. Poi, Negli Stati Uniti, a Los Angeles, Andrea Marchetti, che lavora in un centro di accoglienza per giovani senzatetto.    

Mattarella: italiani nel mondo “presenza di valore inestimabile”

9 Novembre 2021 -

Roma - “La portata umana, culturale e professionale” degli italiani nel mondo “è di valore inestimabile nell’ambito di quel soft-power che consente di collocare il nostro Paese tra quelli il cui modello di vita gode di maggior attrazione e considerazione”. Lo scrive il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel messaggio inviato alla Fondazione Migrantes in occasione della presentazione oggi a Roma del Rapporto Italiani nel mondo 2021. Mattarella ha ricordato la presenza degli italo-discendenti, stimata in circa 80 milioni, a cui si aggiungono “gli oltre sei milioni di cittadini italiani residenti all’estero”. “Le reti che animano e costituiscono questo valore di italicità – sottolinea il capo dello Stato – meritano riconoscimento e sostegno”.

Mons. Russo : “Chiesa italiana preoccupata per nuove emigrazioni giovanili, sia priorità”

9 Novembre 2021 -
ROMA - “La Chiesa in Italia ha in questo momento una priorità che è allo stesso tempo una preoccupazione pastorale: le nuove emigrazioni giovanili. Gli italiani emigrano oggi massicciamente e i giovani sono i protagonisti principali. Cosa siamo chiamati a fare per i tanti fedeli di lingua italiana che arrivano all’estero oggi spinti dalla necessità di trovare una realizzazione personale e lavorativa? Non basta la sola assistenza morale e spirituale. La Chiesa deve essere compagna di vita per ciascuno di loro, la parrocchia una casa”. Lo ha sottolineato oggi a Roma mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei, aprendo la presentazione della XVI edizione del Rapporto italiani nel mondo 2021 curato dalla Fondazione Migrantes. “C’è un’altra Italia che non va dimenticata, della quale dobbiamo sentirci responsabili tutti, la Chiesa in Italia ma non solo – ha proseguito -. Mi riferisco agli italiani che sono all’estero da più tempo, magari in età avanzata e di quelle generazioni nate e/o cresciute all’estero ma che continuano ad avere legami profondi con il nostro Paese. Parlo delle comunità di lingua italiana più strutturate, da tempo ormai insediate in territori fuori dei confini italiani, ma che sentono forte la necessità di rinvigorire i legami rinnovando sentimenti di amicizia e affetto reciproci” . Ha perciò invitato a “lavorare per una Chiesa sinodale, preparata all’incontro, ma anche al transito del migrante perché solo una parte resta nel primo luogo raggiunto con il percorso di mobilità, molti altri continuano nella loro ‘ricerca della felicità’”. La presentazione del Rapporto “Italiani nel mondo” è quindi “occasione di incontro, dialogo e confronto anche con le istituzioni”. “Per noi è un impegno a essere pienamente in dialogo con le istituzioni, nazionali, europee e internazionali, per il benessere comune precedentemente richiamato”, ha precisato, richiamando la necessità del “riconoscimento del primato della persona sulle strutture. Un riconoscimento che si deve tradurre in agire istituzionale, in linguaggio inclusivo e non divisivo, in capacità di comunicare dando alle parole il peso che meritano”. “La persona al centro del pensiero e del nostro agire sempre – ha sottolineato -. Nonostante la pandemia, le emergenze inaspettate e le nuove sofferenze, viene sempre valorizzata la persona, in questo specifico caso, italiane e italiani in mobilità”.

Rapporto Italiani nel Mondo: italiani in mobilità precaria, recente, non ufficiale

9 Novembre 2021 - Roma - A metà settembre 2020, secondo i dati del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI), la Farnesina aveva ricondotto in patria quasi 111 mila connazionali attraverso oltre mille operazioni terrestri, aeree e navali che avevano interessato ben 180 paesi del mondo. Un’operatività che ha richiesto un impegno senza precedenti da parte delle sedi diplomatiche in coordinamento col MAECI, sorprese dal virus come tutti e interessate esse stesse da possibili contagi. E' quanto emerge dal Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes presentato questa mattina. Il quadro dei rientri è molto complesso ed è possibile individuare diversi profili. Il blocco totale degli spostamenti ha fatto collassare il settore turistico soprattutto per quei luoghi che vivono, quasi esclusivamente, della presenza di viaggiatori e turisti come il Marocco, la Spagna e diversi altri. Gli italiani residenti più ufficiosamente che ufficialmente all’estero e occupati nei settori connessi al turismo – agenzie di viaggi, tour operator, ma anche il mondo alberghiero e della ristorazione – sono stati travolti dall’emergenza sanitaria che per loro è diventata anche emergenza di sopravvivenza. Moltissimi italiani proprietari di ristoranti nel mondo sono riusciti a resistere, alcuni si sono dovuti reinventare l’attività oltre la riconversione verso l’asporto come tutti, ma chi lavorava come dipendente in questo settore specie se da poco tempo perché di recente arrivo all’estero o inserito con contratto a tempo determinato, o non regolare, o a nero, non ha avuto scampo ed è stato falcidiato dall’epidemia. In tantissimi hanno perso il lavoro e l’unica strada percorribile era fare ritorno a casa. In generale, comunque, il progetto migratorio acerbo unito a un inserimento occupazionale non certo, instabile o irregolare sono state due delle caratteristiche che hanno spinto fortemente al rientro sia dall’estero sia per chi si trovava in un’altra regione d’Italia rispetto a quella di origine. Al ritorno dei lavoratori precari che si trovavano nella condizione di mobilità interna, si è unito quello dei lavoratori pendolari e la grande questione dei frontalieri. Il caso del Canton Ticino è in questo senso emblematico, con i lavoratori costretti a dover scegliere tra salute e lavoro, tra affetti e responsabilità professionale in un momento in cui la Lombardia era piegata e sconvolta dal virus e la Svizzera sembrava essere immune. Alcuni datori di lavoro ticinesi hanno messo gratuitamente a disposizione dei loro dipendenti stanze d’albergo, lasciando loro la libertà di scegliere tra il rientro a casa e la permanenza nel Cantone, ma altri non hanno dato alcuna scelta, anzi li hanno invitati a non rientrare. Tra ricatti morali e opportunità ricevute con l’ospitalità di familiari o conoscenti quello che è emerso con forza è quanto il Ticino sia legato indissolubilmente al lavoro frontaliero, in quanto nelle mani di questi lavoratori si trovano alcuni dei settori nevralgici – e resi ancora più decisivi dalla pandemia – quali la sanità e la grande distribuzione. Il Ticino è solo un esempio, forse il più vicino geograficamente parlando, ma la questione frontalieri italiani ed europei è uno dei grandi temi della mobilità di oggi.