Migrantes-Transiti: la condizione psicologica degli expat, la nostalgia di casa

14 Aprile 2022 – Roma – La condizione psicologica degli italiani nel mondo durante il Covid-19.  Nel Capitolo sulla condizione psicologica degli expat del Rapporto Italiani nel Mondo 2021 della Fondazione Migrantes emerge un’altra fonte di sofferenza specifica legata alla nostalgia di casa, dovuta alla lontananza dagli affetti familiari (74%) e amicali (48,5%) e all’impedimento a muoversi o a viaggiare (65%) per poterli incontrare. In questi anni di lavoro con gli espatriati abbiamo avuto modo di comprendere quanto il tema del rapporto con la terra di origine sia centrale nella dinamica di espatrio. Per molte persone significa “poter tornare a casa”, per altre vuol dire “visitare gli affetti” e “rimanere connessi alle origini”. Il rientro ciclico in Italia, comunque, rappresentava prima del Covid-19 un ancoraggio di grande importanza per poter sentire un equilibrio emotivo tra le origini lasciate e la vita attuale.

La pandemia ha spezzato questo filo di riconnessione: ha impedito ai nonni di passare del tempo con i nipoti, ha impedito ai figli di occuparsi dei genitori, ha impedito di salutare i defunti rimettendo in circolo sentimenti negativi di incertezza, disagio e senso di colpa che le persone pensavano di essere riuscite a fronteggiare, archiviare, dribblare e, nel migliore dei casi, superare.

Un dato su cui abbiamo riflettuto molto è quello relativo alla percezione esperita dai genitori in merito al disagio osservato nei figli. Se da un lato i bambini e i ragazzi sono percepiti dai loro caregivers come forti e capaci di fronteggiare i disagi della pandemia – solo il 9% ha risposto “soffrono molto” e il 6% “destano preoccupazione” – la risposta “stanno bene” è espressa solo dal 36%.

Per una possibile interpretazione di questo dato, può essere utile ricordare il concetto di “pensieri non pensati” di Bion. Quando qualcosa è difficile da digerire per la propria mente, come nel caso dell’angoscia per il futuro e della relativa paralisi, diventa difficile poter osservare con chiarezza ciò che accade nelle persone accanto e comprendere quanto queste, per esempio, siano realmente in grado di “digerire” la situazione e fronteggiarla.

Si inizia quindi ad oscillare inconsapevolmente tra la speranza che l’altro sia più in grado di farvi fronte rispetto a noi e l’angoscia che possa stare male (o che si stia entrambi male). A maggior ragione se l’altro è una persona con la quale esiste un legame affettivo profondo e per la quale si sente di avere una responsabilità di crescita, come nel caso dei propri figli.

Un ulteriore elemento che può aiutarci a comprendere il quadro delle risposte è che il 60% della popolazione ha un figlio tra 0 e 6 anni. Interpretare se la manifestazione del disagio in un bambino piccolo sia una conseguenza della vita in pandemia non è semplice. Il mondo del bambino è definito dalle relazioni familiari: se la famiglia sta attraversando un momento di disorientamento o fragilità, anche il bambino ne verrà coinvolto nel suo sviluppo.

Come ha  espresso Alice Miller, «Ogni bambino ha il legittimo bisogno di essere guardato, capito, preso sul serio e rispettato dalla propria madre […] [dai caregivers NdA]. Un’immagine di Winnicott illustra benissimo la situazione: la madre guarda il bambino che tiene in braccio, il piccolo guarda la madre in volto e vi si ritrova […] a patto che la madre guardi davvero quell’esserino indifeso nella sua unicità, e non osservi invece le proprie attese e paure, i progetti che imbastisce per il figlio, che proietta su di lui. In questo caso nel volto della madre il bambino non troverà sé stesso, ma le esigenze della madre. Rimarrà allora senza specchio, e per tutta la vita continuerà invano a cercarlo».

Abbiamo raccolto alcune voci degli expat che hanno sentito rafforzato il sentimento di nostalgia. In 48 risposte aperte, circa il 5% del campione esprime questo sentimento della nostalgia, che però non è correlato con una voglia di tornare nel paese d’origine. 114 sono le frasi, nelle risposte aperte, legate alla forte voglia di rientrare in Italia, espressa dal 14,5% del nostro campione. In queste, le parole più ricorrenti sono: Famiglia, lavoro, amici e casa. Parole usate per raccontarci di:

Ricongiungimento con il partner” (FRANCIA); “Nuove opportunita’ LAVORATIVE” (BURKINA FASO); “Per vicinanza a AMICI e FAMIGLIA” (SPAGNA); “Perché Dubai è un luogo di transizione. Impossibile costruire una vita. Uno è qui solo per il LAVORO” (EAU); “Non mi sento tutelata nel diritto alla salute, in aggiunta dopo così tanti anni all’estero stiamo rivalutando le priorità nella nostra vita” (IRLANDA); “Mio marito andrà in pensione tra 4 anni e vorremmo trascorrere in Italia il resto della nostra vita” (IRLANDA); “L’Italia ha molto da offrire, non ci si annoia mai” (IRLANDA); “Mi mancano gli affetti e il clima mediterraneo” (UK); “Mi manca tutto, FAMIGLIA, relazioni” (GERMANIA); “Perché sono stanco di vivere lontano dalla FAMIGLIA” (LIBANO); “Era un progetto che avevamo da ben prima della pandemia. Italia perché è CASA e dopo anni passati all’estero abbiamo voglia di tornare alle nostre radici” (EMIRATI ARABI); “Mi manca il nostro modo di vivere, AMICI, parenti” (UK); “Perché mi manca tutto dell’Italia, eccetto la disoccupazione” (BELGIO)

 

Trovate questo articolo pubblicato anche nella sezione Articoli del sito di Transiti – Psicologia d’espatrio.

 

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