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Papa Francesco: il diavolo distrugge l’uomo perché Dio si è fatto come noi

12 Novembre 2019 - Città del Vaticano - Il diavolo esiste e per la sua invidia per il Figlio di Dio che si è fatto uomo, semina l’odio nel mondo, che provoca morte. Papa Francesco lo ribadisce, come riferisce Vatican News, nell’omelia della Messa del mattino a Casa Santa Marta, che dedica al brano del Libro della Sapienza (Sap 2,23-3,9) proposto dalla liturgia nella Prima lettura. Il Papa analizza il primo versetto, nel quale il profeta ricorda che “Dio ci ha creati a immagine sua, siamo figlio di Dio”, ma subito dopo aggiunge “ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo”. Papa Francesco spiega che “l’invidia di quell’angelo superbo che non ha voluto accettare l’incarnazione” lo portò “a distruggere l’umanità”. E così nel nostro cuore entra qualcosa: “la gelosia, l’invidia, la concorrenza” elenca il Pontefice, mentre invece “potremmo vivere come fratelli, tutti, in pace”. Così inizia “la lotta e la voglia di distruggere”. Papa Francesco riprende i suoi “dialoghi” con i fedeli: “Ma, padre -  io non distruggo nessuno”. “No? E le chiacchiere che tu fai? Quando tu sparli di un altro? Lo distruggi”. E cita l’apostolo Giacomo: “La lingua è un’arma feroce, uccide”. “Il chiacchiericcio uccide, la calunnia uccide”. “Ma, padre, io sono stato battezzato, sono cristiano praticante, come posso diventare un assassino?”. Perché, ricorda ancora il Papa “dentro di noi abbiamo la guerra”, fin dall’inizio. “Caino e Abele erano fratelli – sottolinea –  ma la gelosia, l’invidia di uno distrusse l’altro”. E’ la realtà, basta guardare un telegiornale: “le guerre, le distruzioni, gente che per le guerre muore anche di malattie". Il Pontefice ricorda la Germania e l’anniversario della caduta del Muro di Berlino, ma anche i nazisti e “le torture contro tutti coloro che non erano di ‘pura razza’”. E altri orrori delle guerre: “Dietro questo c’è qualcuno che ci muove a fare queste cose. E’ quello che noi diciamo la tentazione. Quando noi andiamo a confessarci, diciamo al padre: ‘Padre, io ho avuto questa tentazione, quest’altra, quell’altra...’. Qualcuno che ti tocca il cuore per farti andare sulla strada sbagliata. Qualcuno che semina la distruzione nel nostro cuore, che semina l’odio. E oggi dobbiamo dirlo chiaramente, ci sono tanti seminatori di odio nel mondo, che distruggono”. “Tante volte - commenta ancora Papa Francesco - mi viene da pensare che le notizie sono un racconto di odio per distruggere: attentati, guerre”.  E’ vero che “tanti bambini muoiono di fame, di malattie” perché non hanno acqua, istruzione, educazione sanitaria. “Ma perché i soldi che servirebbero per questo – denuncia - vanno per fabbricare le armi e le armi sono per distruggere”. Questo è quello che succede nel mondo, ma anche “nella mia anima, nella tua, nella tua”. Per il “seme di invidia del diavolo, dell’odio”. “E di cosa ha invidia il diavolo? – si chiede il Papa – Della nostra natura umana”: “E voi sapete perché? Perché il Figlio di Dio si è fatto uno di noi. Questo non può tollerarlo, non riesce a tollerarlo”. E allora distrugge. “Questa –  spiega il Papa –  è la radice dell’invidia del diavolo, è la radice dei nostri mali, delle nostre tentazioni, è la radice delle guerre, della fame, di tutte le calamità nel mondo”. Distruggere e seminare odio, prosegue il pontefice, “non è una cosa abituale, anche nella vita politica”, ma “alcuni lo fanno”. Perché un politico ha spesso “la tentazione di sporcare l’altro, di distruggere l’altro”, sia con bugie, sia con verità e non fa così un confronto politico sano e pulito “per il bene del Paese”. Preferisce l’insulto, per “distruggere l’altro”. “Io sono bravo, ma questo sembra più bravo di me?”, pensa, e allora “lo butto giù, con l’insulto”: “Vorrei che oggi ognuno di noi pensasse questo: perché oggi nel mondo si semina tanto odio? Nelle famiglie, che a volte non possono riconciliarsi, nel quartiere, nel posto di lavoro, nella politica... Il seminatore dell’odio è questo. Per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo, alcuni dicono: ma padre, il diavolo non esiste, è il male, un male così etereo... Ma la Parola di Dio è chiara. E il diavolo se l’è presa con Gesù, leggete il Vangelo: che abbiamo fede o che non ne abbiamo, è chiara”. Preghiamo il Signore, è l’invocazione finale di Francesco, “che faccia crescere nel nostro cuore la fede in Gesù Cristo, suo Figlio”, che ha preso la nostra natura umana, “per lottare con la nostra carne e vincere nella nostra carne” il diavolo e il male. E che questa fede “ci dia la forza per non entrare nel gioco di questo grande invidioso, il grande bugiardo, il seminatore di odio”.  

Papa Francesco prega per la Bolivia

11 Novembre 2019 - Città del Vaticano - Papa Francesco prega per la Bolivia. Lo fa nel dopo Angelus in Piazza San Pietro. "Desidero affidare alle vostre preghiere anche la situazione dell’amata Bolivia. Invito tutti i boliviani ha detto il pontefice -  in particolare gli attori politici e sociali, ad attendere con spirito costruttivo, in un clima di pace e serenità, i risultati del processo di revisione delle elezioni, che è attualmente in corso".  

Papa Francesco: serve “rivoluzione culturale” per combattere “mali sociali” come tratta e xenofobia

8 Novembre 2019 - Città del Vaticano - Serve una vera e propria “rivoluzione culturale” per combattere “mali sociali” come la tratta degli esseri umani e la xenofobia. Ne è convinto papa Francesco, che, ricevendo ieri in udienza i partecipanti all’incontro del Segretariato per la giustizia sociale e l’ecologia della Compagnia di Gesù, ha esortato i suoi confratelli ad “annunciare la fede e promuovere la giustizia”, dedicandosi in primo luogo al servizio dei poveri e degli emarginati. “Costruire ponti affinché l’incontro umano permetta a ciascuno di noi di scoprire negli ultimi il volto bello del fratello nel quale noi ci riconosciamo e la cui presenza, anche senza parole, reclama per le sue necessità la nostra attenzione e solidarietà”, ha detto il papa evidenziando che tra le “situazioni di ingiustizia e di dolore umano che tutti conosciamo”, c’è “la tratta di persone, le espressioni di xenofobia e la ricerca egoistica dell’interesse nazionale, la disuguaglianza tra i Paesi e all’interno di uno stesso Paese”.  

Papa Francesco: intenzione di preghiera novembre per “dialogo, incontro e riconciliazione in Medio Oriente”

6 Novembre 2019 - Città del Vaticano -  “Preghiamo perché in Medio Oriente nasca uno spirito di dialogo, di incontro e di riconciliazione”. È l’invito che il Papa rivolge ai cristiani nel videomessaggio di novembre, realizzato dalla Rete mondiale di preghiera del Papa per diffondere le sue intenzioni di preghiera, mese per mese. “In Medio Oriente la convivenza e il dialogo tra le tre religioni monoteiste si basano su legami spirituali e storici”, ricorda il pontefice, Francesco, sottolineando che “oggi molte comunità cristiane, insieme e ad altre ebree e musulmane, lavorano qui per la pace, la riconciliazione e il perdono”. “Questo mese Papa Francesco ci invita ad aprire il cuore e la preghiera al Medio Oriente”, commenta padre Frédéric Fornos, direttore internazionale della Rete mondiale di preghiera del Papa, sottolineando come questa sia la terra in cui sono nate le tre grandi religioni monoteiste, la terra di Abramo, Isacco e Giacobbe, la terra dei profeti, la terra di Gesù. E come la Chiesa stessa sia nata lì e dove i cristiani, da allora, sono presenti.

Papa Francesco: rifiutare la gratuità del Signore è il peccato di tutti noi

5 Novembre 2019 - Città del VaticanoL’evangelista Luca, nel brano del Vangelo proposto oggi dalla liturgia, racconta di un uomo che vuole dare una grande festa, ma gli invitati con diverse scuse non accettano il suo invito. Allora manda i servi a chiamare i poveri e gli storpi perché riempiano la sua casa e gustino la cena. Papa Francesco nell’omelia alla messa mattutina a Casa santa Marta, riferisce VaticanNews, dice che questo racconto può dirsi un riassunto della storia della salvezza e anche la descrizione del comportamento di tanti cristiani. “La cena, la festa, è figura del cielo, dell’eternità con il Signore”, spiega papa Francesco e dice che ad una festa non si sa mai chi si incontra, si conoscono persone nuove, si trovano anche persone che non si vorrebbero vedere, ma il clima della festa è la gioia e la gratuità. Perché, dice, una vera festa deve essere gratuita: “E in questo il nostro Dio ci invita sempre così, non ci fa pagare l’entrata. Nelle vere feste, non si paga l’entrata: paga il padrone, paga quello che invita”. Ma c’è chi anche davanti alla gratuità mette al primo posto i propri interessi: “Davanti a quella gratuità, a quella universalità della festa, c’è quell’atteggiamento che rinchiude il cuore: ‘Io non ci vado. Preferisco stare da solo, con la gente che piace a me, chiuso’. E questo è il peccato; il peccato del popolo di Israele, il peccato di tutti noi. La chiusura. ‘No, per me è più importante questo che questo. No, il mio’. Sempre il mio”. Questo rifiuto, prosegue il pontefice, è anche disprezzo verso chi invita, è dire al Signore: “Non disturbarmi con la tua festa”. E’ chiudersi “a quello che il Signore ci offre: la gioia dell’incontro con Lui”: “E nel cammino della vita tante volte saremo davanti a questa scelta, a questa opzione: o la gratuità del Signore, andare a trovare il Signore, incontrarmi con il Signore o chiudermi nelle mie cose, nel mio interesse. Per questo il Signore, parlando di una delle chiusure, diceva che è molto difficile che un ricco entri nel regno dei cieli. Ma ci sono ricchi bravi, santi, che non sono attaccati alla ricchezza. Ma la maggioranza è attaccata alla ricchezza, chiusi. E per questo non possono capire cosa è la festa. Ma hanno la sicurezza delle cose che possono toccare”. La reazione del Signore davanti al nostro rifiuto è decisa: vuole che alla festa venga chiamata ogni sorta di persone, condotti, addirittura costretti, cattivi e buoni. “Tutti sono invitati. Tutti, nessuno può dire: ‘Io sono cattivo, non posso … ‘. No. Il Signore perché tu sei cattivo ti aspetta in un modo speciale”.  E il Papa ricorda l’atteggiamento del padre con il figliol prodigo che ritorna a casa: il figlio aveva cominciato un discorso, ma lui non lo lascia parlare e lo abbraccia. “Il Signore – dice - è così. È la gratuità”. Riferendosi poi alla Prima Lettura dove l’apostolo Paolo mette in guardia dall’ipocrisia, Papa Francesco afferma che ai Giudei, che rifiutavano Gesù perché si credevano giusti, il Signore una volta disse: “Ma Io vi dico che le prostitute e i pubblicani vi precederanno nel regno dei cieli”. Il Signore, prosegue il Papa, ama i più disprezzati, ma chiama noi. Di fronte però alla nostra chiusura si allontana e si adira come dice il Vangelo appena letto. E conclude: “Pensiamo a questa parabola che ci dà il Signore oggi. Come va la nostra vita? Cosa preferisco io? Accettare sempre l’invito del Signore o chiudermi nelle mie cose, nelle mie piccolezze? E chiediamo al Signore la grazia di accettare sempre di andare alla Sua festa che è gratuita”.

Migrantes: Mons. Di Tora tra i Membri della Congregazione delle Cause dei Santi

4 Novembre 2019 -   Città del Vaticano – Papa Francesco ha annoverato tra i Membri della Congregazione delle Cause dei Santi Mons. Guerino Di Tora, Vescovo Ausiliare di Roma  e Presidente della Fondazione Migrantes e della Commissione CEI per le Migrazioni. Nato a Roma il 2 agosto 1946; ordinato sacerdote il 14 marzo 1971 Mons. Di Tora è stato eletto alla Chiesa titolare di Zuri e nominato vescovo ausiliare di Roma il 1° giugno 2009. L’11 luglio dello steso anno è stato ordinato vescovo. A Mons. Di Tora gli auguri si un proficuo lavora da parte della Fondazione Migrantes e della nostra testata.

Papa Francesco ringrazia la diocesi e il comune di San Severo per aver dato la possibilità ai braccianti di avere la residenza presso le parrocchie

4 Novembre 2019 - Città del Vaticano - “Desidero porgere il mio sentito ringraziamento al Comune e alla Diocesi di San Severo in Puglia per la firma del protocollo d’intesa avvenuta lunedì scorso 28 ottobre, che permetterà ai braccianti dei cosiddetti ‘ghetti della Capitanata’, nel foggiano, di ottenere una domiciliazione presso le parrocchie e l’iscrizione all’anagrafe comunale”. E’ quanto ha detto ieri Papa Francesco, dopo la preghiera dell’Angelus, dopo che nei giorni scorsi era stata data notizia che i braccianti di San Severo potranno avere il loro domicilio nelle parrocchie della diocesi e non essere più “invisibili”. Una iniziativa, la prima di questo genere, stata firmata dal Comune e dalla Diocesi pugliese alla presenza anche dell’elemosiniere apostolico, il cardinale Konrad Krajewski. Il porporato nella sua visita tra i campi della Capitanata a fine settembre aveva promesso ai braccianti che li avrebbe aiutati. E cosi è  stato. “La possibilità di avere i documenti d’identità e di residenza offrirà loro – ha detto papa Francesco - nuova dignità e consentirà di uscire da una condizione di irregolarità e sfruttamento. Grazie tante al Comune e a tutti coloro che hanno lavorato a questo piano”, ha concluso il pontefice. L’area della Capitanata, a prevalente vocazione agricola, è interessata da una forte presenza di lavoratori stagionali che si aggregano in insediamenti informali, occupando casolari abbandonati o costruendo baraccopoli.

Papa Francesco: per un cristiano la speranza è come l’aria che respira

29 Ottobre 2019 - Città del Vaticano - La speranza è come buttare l’ancora all’altra riva. Usa quest’immagine Papa Francesco alla Messa mattutina a Casa Santa Marta per esortare a vivere “in tensione” verso l’incontro con il Signore altrimenti si finisce corrotti e la vita cristiana rischia di diventare una “dottrina filosofica”. La riflessione, riferisce Vatican News, parte dalla Prima Lettura della Liturgia di oggi, tratta dalla lettera di San Paolo ai Romani (Rm 8,18-25) nella quale l’Apostolo “canta un inno alla speranza”. Sicuramente “alcuni dei romani” sono andati a lamentarsi e Paolo esorta a guardare avanti. “Ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi”, dice parlando anche poi della Creazione “protesa” verso la rivelazione. “Questa è la speranza: vivere protesi verso la rivelazione del Signore, verso l’incontro con il Signore”, sottolinea quindi il Papa. Ci possono essere sofferenze e problemi ma “questo è domani”, mentre oggi “tu hai la caparra” di tale promessa che è lo Spirito Santo che “ci aspetta” e “lavora” già da questo momento. La speranza è infatti “come buttare l’ancora all’altra riva” e attaccarsi alla corda. Ma “non solo noi”, tutta la Creazione “nella speranza sarà liberata”, entrerà nella gloria dei figli di Dio. E anche noi che possediamo le “primizie dello Spirito”, la caparra, “gemiamo interiormente aspettando l’adozione”: “La speranza è questo vivere in tensione, sempre; sapere che non possiamo fare il nido qui: la vita del cristiano è ‘in tensione verso’. Se un cristiano perde questa prospettiva, la sua vita diventa statica e le cose che non si muovono, si corrompono. Pensiamo all’acqua: quando l’acqua è ferma, non corre, non si muove, si corrompe. Un cristiano che non è capace di essere proteso, di essere in tensione verso l’altra riva, gli manca qualcosa: finirà corrotto. Per lui, la vita cristiana sarà una dottrina filosofica, la vivrà così, lui dirà che è fede ma senza speranza non lo è”. Papa Francesco nota poi come sia “difficile capire la speranza”. Se parliamo della fede, ci riferiamo alla “fede in Dio che ci ha creato, in Gesù che ci ha redento e recitare il Credo e sappiamo cose concrete della fede”. Se parliamo della carità, riguarda il “fare del bene al prossimo, agli altri", tante opere di carità che si fanno agli altri. Ma la speranza è difficile comprenderla: è "la più umile delle virtù” che “soltanto i poveri possono avere”: “se noi vogliamo essere uomini e donne di speranza, dobbiamo essere poveri, poveri, non attaccati a niente. Poveri. E aperti verso l’altra riva. La speranza è umile, ed è una virtù che si lavora – diciamo così – tutti i giorni: tutti i giorni bisogna riprenderla, tutti i giorni bisogna prendere la corda e vedere che l’ancora sia fissa là e io la tengo in mano; tutti i giorni è necessario ricordare che abbiamo la caparra, che è lo Spirito che lavora in noi con piccole cose”. Per far capire come vivere la speranza, il Papa fa poi riferimento all’insegnamento di Gesù nel brano del Vangelo odierno (Lc 13,18-21) quando paragona il Regno di Dio al granello di senape gettato nel campo. “Aspettiamo che cresca”, non andiamo tutti i giorni a vedere come va, perché altrimenti “non crescerà mai”, evidenzia il Papa riferendosi alla “pazienza” perché, come dice Paolo, “la speranza ha bisogno di pazienza”. E’ “la pazienza di sapere che noi seminiamo, ma è Dio a dare la crescita”. “La speranza è artigianale, piccola”, prosegue, è “seminare un grano e lasciare che sia la terra a dare la crescita”. Per parlare della speranza, Gesù, nel Vangelo odierno, usa anche l’immagine del “lievito” che una donna prese e mescolò in tre misure di farina. Un lievito non tenuto in frigo ma “impastato nella vita”, così come il granello viene sotterrato sotto terra: “per questo, la speranza è una virtù che non si vede: lavora da sotto; ci fa andare a guardare da sotto. Non è facile vivere in speranza, ma io direi che dovrebbe essere l’aria che respira un cristiano, aria di speranza; al contrario, non potrà camminare, non potrà andare avanti perché non saprà dove andare. La speranza – questo sì, è certo – ci dà una sicurezza: la speranza non delude. Mai. Se tu speri, non sarai deluso. Bisogna aprirsi a quella promessa del Signore, protesi verso quella promessa, ma sapendo che c’è lo Spirito che lavora in noi. Che il Signore ci dia, a tutti noi, questa grazia di vivere in tensione, in tensione ma non per i nervi, i problemi, no: in tensione per lo Spirito Santo che ci getta verso l’altra riva e ci mantiene in speranza”.

Papa Francesco: appello per dialogo e convivenza pacifica in Libano

28 Ottobre 2019 - Città del Vaticano - Un appello per il Libano è arrivato ieri mattina da Papa Francesco al termine dell’Angelus. “Rivolgo un pensiero speciale al caro popolo libanese, in particolare ai giovani, che nei giorni scorsi hanno fatto sentire il loro grido di fronte alle sfide e ai problemi sociali, morali ed economici del Paese”, ha detto papa Francesco esortando “tutti a ricercare le giuste soluzioni nella via del dialogo, e prego la Vergine Maria, Regina del Libano, affinché, con il sostegno della comunità internazionale, quel Paese continui ad essere uno spazio di convivenza pacifica e di rispetto della dignità e libertà di ogni persona, a beneficio di tutta la Regione mediorientale, che soffre tanto”.

Papa Francesco: appello per “trovare soluzioni alla crisi” in Cile

23 Ottobre 2019 - Città del vaticano - “Seguo con preoccupazione quanto sta accadendo in Cile. Mi auguro che, ponendo fine alle violente manifestazioni, attraverso il dialogo ci si adoperi per trovare soluzioni alla crisi e far fronte alle difficoltà che l’hanno generata, per il bene dell’intera popolazione”. È l’appello rivolto dal Papa al termine dell’udienza generale, prima dei saluti ai fedeli di lingua italiana che, come di consueto, concludono l’appuntamento del mercoledì in piazza San Pietro.

Salire senza pesi superflui

21 Ottobre 2019 - Roma - In questa domenica in cui la Chiesa celebra la giornata missionaria, Papa Francesco mette in primo piano proprio il verbo salire. Salire il monte: è il luogo dove Dio da appuntamento all’umanità intera, dice il Papa nella basilica di san Pietro. “È il luogo dell’incontro con noi, come mostra la Bibbia dal Sinai al Carmelo fino a Gesù, che proclamò le Beatitudini sulla montagna, si trasfigurò sul monte Tabor, diede la vita sul Calvario e ascese al cielo dal Monte degli Ulivi”. Sul monte Moria Abramo conduce Isacco per il sacrificio, Dio si rivela come potenza. Sul monte Sinai, a Mosè Dio si rivela come legge. Un monastero, Santa Caterina, custodisce nel tempo la memoria di quella storia, il popolo di Israele in fuga verso la terra promessa, il deserto. E Dio che si rivela al suo popolo. Su una montagna, appunto. Sul monte Hira, dove Maometto riceve la scrittura, Dio si rivela come parola. Sul monte Calvario, Dio si rivela nella sua umanità. È il Dio della croce, dell’amore, del perdono. Ma il figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra? Ci interpella questa domanda, anche in questo nostro tempo, afferma ancora Francesco; un tempo “segnato da una globalizzazione che dovrebbe essere solidale e rispettosa della particolarità dei popoli, e invece soffre ancora della omologazione e dei vecchi conflitti di potere che alimentano guerre e rovinano il pianeta”. In questo tempo “i credenti sono chiamati a portare ovunque, con nuovo slancio, la buona notizia che in Gesù la misericordia vince il peccato, la speranza vince la paura, la fraternità vince l’ostilità”. E torna il monte nelle parole del Papa: “ci ricorda che i fratelli e le sorelle non vanno selezionati, ma abbracciati, con lo sguardo e soprattutto con la vita. Il monte lega Dio e i fratelli in un unico abbraccio, quello della preghiera. Il monte ci porta in alto, lontano da tante cose materiali che passano; ci invita a riscoprire l’essenziale, ciò che rimane”. Per questo, sottolinea il vescovo di Roma nell’omelia per la giornata missionaria, bisogna salire, “bisogna lasciare una vita orizzontale, lottare contro la forza di gravità dell’egoismo, compiere un esodo dal proprio io”. Salire senza pesi superflui. L’annuncio, la missione, non è “belle parole” ma “vita buona: una vita di servizio, che sa rinunciare a tante cose materiali che rimpiccioliscono il cuore, rendono indifferenti e chiudono in sé stessi; una vita che si stacca dalle inutilità che ingolfano il cuore e trova tempo per Dio e per gli altri”. Salire il monte, raggiungere la meta: tutti. “Il Signore è ostinato nel ripetere questo tutti”, afferma Francesco, perché “ciascuno è un tesoro prezioso e il senso della vita è donare agli altri questo tesoro. Ecco la missione: salire sul monte a pregare per tutti, e scendere dal monte per farsi dono a tutti”, e condividere così “con gli altri la gioia del discepolato. Non conquistando, obbligando, facendo proseliti, ma testimoniando. La missione è “donare aria pura, di alta quota, a chi vive immerso nell’inquinamento del mondo; portare in terra quella pace che ci riempie di gioia ogni volta che incontriamo Gesù sul monte, nella preghiera; mostrare con la vita e persino a parole che Dio ama tutti e non si stanca mai di nessuno”. (Fabio Zavattaro)

Conferenza mondiale Marittimi: messaggio di Papa Francesco

21 Ottobre 2019 - Città del Vaticano - “Continuare, con rinnovato spirito ecumenico, il vostro servizio alla gente del mare”. È l’invito rivolto dal Papa ai membri dell’International Christian Maritime Association, nella ricorrenza del cinquantesimo anniversario della sua fondazione e all’apertura dei lavori dell’XI Conferenza mondiale, che si svolge a Kaohsiung (Taiwan) dal 21 al 25 ottobre 2019, sul tema “50 anni di lavoro insieme per i marittimi, i pescatori e le loro famiglie. “Continuare, con rinnovato spirito ecumenico, il vostro servizio alla gente del mare” e “individuare forme sempre più efficaci di assistenza ai marittimi, ai pescatori e alle loro famiglie”, tra le richieste del pontefice che definisce “ancora carica di attualità” la Lettera apostolica Stella maris del 1997, con la quale papa Giovanni Paolo II “delineava le linee fondamentali per la cura pastorale delle tante persone che lavorano sul mare e dei loro familiari, come pure di quanti viaggiano per mare”. “In quel documento – scrive Papa Francesco – il mio predecessore invitava ad adoperarsi ‘affinché la gente del mare abbia abbondantemente i mezzi necessari per condurre una vita santa’. Questo invito lo rinnovo anch’io a tutti voi che rappresentate diverse tradizioni cristiane: possiate aiutare la gente di mare a conoscere Gesù Cristo e a vivere secondo i suoi insegnamenti, nel rispetto e nell’accoglienza reciproca”.

Papa Francesco saluta la comunità peruviana e i partecipanti alla marcia “Restiamo umani”

21 Ottobre 2019 - Città del Vaticano - “Saluto e benedico con affetto la comunità peruviana di Roma, qui radunata con la venerata Immagine del Señor de los Milagros – ¡conserven siempre la fe y las tradiciones de su pueblo!”. Così Papa Francesco ha salutato, ieri, al termine dell’Angelus, i partecipanti alla processione dell’immagine del Senor de lo Milagros presenti in Piazza San Pietro. Durante i saluti anche un pensiero ed  un ringraziamento ai partecipanti alla marcia “Restiamo umani” a favore dell’accoglienza, promossa dall’attivista italo congolese John  Mpaliza, partita il 20 giugno da Trento e che si è conclusa ieri a Roma , in San Pietro. “Ringrazio i partecipanti alla marcia ‘Restiamo umani’, che negli ultimi mesi ha percorso città e territori dell’Italia per promuovere  un confronto costruttivo sui temi dell’inclusione e dell’accoglienza”, ha detto il Papa: “Grazie per questa bella iniziativa!”.

Papa Francesco: sapersi accusare davanti a Dio ci libera dall’ipocrisia

15 Ottobre 2019 - Città del Vaticano - E’ l’ipocrisia il tema intorno a cui ruota l’omelia di Papa Francesco oggi alla Messa mattutina a Casa Santa Marta, come riferisce VaticanNews. Lo suggerisce l’odierno brano del Vangelo in cui si racconta che Gesù, invitato a pranzo da un fariseo, viene criticato dal padrone di casa perché, prima di mettersi a tavola, non aveva fatto le abluzioni rituali. E il Papa commenta: “C’è un atteggiamento che il Signore non tollera: l’ipocrisia. E’ questo che succede oggi nel Vangelo. Invitano Gesù a pranzo, ma per giudicarlo, non per fare amicizia”. L’ipocrisia, prosegue, “è proprio apparire di un modo ed essere di un altro”. E’ pensare di nascosto diversamente da come appare. Gesù non sopporta l'ipocrisia. E spesso chiama i farisei ipocriti, sepolcri imbiancati. Non è un insulto quello di Gesù, è la verità. “Da fuori tu sei perfetto, anzi inamidato – dice ancora Papa Francesco – proprio con la correttezza, ma da dentro sei un’altra cosa”. E afferma che “l’atteggiamento ipocrita nasce dal grande bugiardo, il diavolo”. Lui è il “grande ipocrita” e gli ipocriti sono i suoi “eredi”: “l’ipocrisia è il linguaggio del diavolo, è il linguaggio del male che entra nel nostro cuore e viene seminato dal diavolo. Non si può convivere con gente ipocrita ma ce ne sono. A Gesù piace smascherare l’ipocrisia. Lui sa che sarà proprio questo atteggiamento ipocrita a portarlo alla morte, perché l’ipocrita non pensa se usa dei mezzi leciti o no, va avanti: la calunnia? ‘Facciamo la calunnia’; il falso testimone? “Cerchiamo un falso testimone”. Il Papa continua dicendo che qualcuno potrebbe obiettare “che da noi non esiste l’ipocrisia così”. Ma pensare questo è un errore: “Il linguaggio ipocrita, non dirò che sia normale, ma è comune, è di tutti i giorni. L’apparire di un modo e l’essere in un altro. Nella lotta per il potere, per esempio, le invidie, le gelosie ti fanno apparire un modo di essere e da dentro c’è il veleno per uccidere perché sempre l’ipocrisia uccide, sempre, prima o poi uccide”. E’ necessario guarire da questo atteggiamento. Ma qual è la medicina, si domanda papa Francesco. La risposta è dire “la verità, davanti a Dio. E’ accusare sé stessi: “Noi dobbiamo imparare ad accusarci: “Io ho fatto questo, io la penso così, cattivamente… Io ho invidia, io vorrei distruggere quello…”, quello che è dentro, nostro, e dircelo, davanti a Dio. Questo è un esercizio spirituale che non è comune, non è abituale, ma cerchiamo di farlo: accusare noi stessi, vederci nel peccato, nelle ipocrisie, nella malvagità che c’è nel nostro cuore. Perché il diavolo semina malvagità e dire al Signore: ‘Ma guarda Signore, come sono!’, e dirlo con umiltà”. Impariamo ad accusare noi stessi, ripete il Papa, aggiungendo “una cosa forse troppo forte ma è così: un cristiano che non sa accusare sé stesso non è un buon cristiano” e rischia di cadere nell’ipocrisia. E Francesco ricorda la preghiera di Pietro quando disse al Signore: allontanati da me perché sono un uomo peccatore. “Che noi impariamo ad accusarci – conclude - noi, noi stessi”.

Papa Francesco: all’Angelus appello per Siria ed Ecuador

14 Ottobre 2019 - Città del Vaticano – Un forte appello per la Siria e per l’Ecuador è stato lanciato ieri da Papa Francesco durante l’Angelus al termine della celebrazione eucaristica per la canonizzazione di cinque nuovi santi. "Il mio pensiero va ancora una volta al Medio Oriente" ed in particolare “all’amata e martoriata Siria da dove giungono nuovamente – ha detto il Papa - notizie drammatiche sulla sorte delle popolazioni del nord-est del Paese, costrette ad abbandonare le proprie case a causa delle azioni militari: tra queste popolazioni vi sono anche molte famiglie cristiane”. A tutti gli “attori coinvolti” e anche alla “comunità internazionale” l’invito: “per favore, rinnovo l’appello ad impegnarsi con sincerità, con onestà e trasparenza sulla strada del dialogo per cercare soluzioni efficaci”. “Insieme a tutti i membri del Sinodo dei vescovi per la Regione Panamazzonica, specialmente a quelli provenienti dall'Ecuador, seguo con preoccupazione quanto sta accadendo nelle ultime settimane in quel Paese”, ha poi aggiunto parlando dell’Ecuador: “Lo affido alla preghiera comune e all'intercessione dei nuovi Santi, e mi unisco al dolore per i morti, i feriti e i dispersi. Incoraggio a cercare la pace sociale, con particolare attenzione alle popolazioni più vulnerabili, ai poveri e ai diritti umani”.  

Papa Francesco: ieri la canonizzazione di nuovi santi

14 Ottobre 2019 - Città del Vaticano - Cinque nuovi  santi per la Chiesa Cattolica. Lo ha proclamati ieri mattina Papa Francesco davanti a 50mila fedeli presenti in Piazza San Pietro. Si tratta del card. John Henry Newman (1801-1890), sacerdote anglicano che si convertì al cattolicesimo; Madre Giuseppina Vannini (1859 – 1911), fondatrice delle Figlie di San Camillo, la laica Margarita Bays (1815 – 1879), svizzera; Mariam Thresia Mankidjan (1876-1926), suora indiana e Irma Dulce (1914-1992). Nella sua omelia il Papa ha detto che come cristiani occorre saper essere “luci gentili” tra “le oscurità  del mondo” ma anche , e anche guarire da “vizi, paure, chiusure”. Il cristiano – ha detto Papa Francesco – “possiede una pace profonda, silenziosa, nascosta, che il mondo non vede. Il cristiano è gioioso, tranquillo, buono, amabile, cortese, ingenuo, modesto; non accampa pretese, il suo comportamento è talmente lontano dall’ostentazione e dalla ricercatezza che a prima vista si può facilmente prenderlo per una persona ordinaria”. (R.I.)

Sinodo Vescovi: Amazzonia terra di migrazioni

8 Ottobre 2019 - Città del Vaticano - Il Sinodo dei vescovi per la regione Pan-Amazzonica che si è aperto domenica con una celebrazione presieduta da Papa Francesco nella Basilica di San Pietro, sul tema “Amazzonia: Nuovi Cammini per la Chiesa e per una Ecologia Integrale”, questa mattina ha toccato anche il tema delle migrazioni. Nel dibattito della seconda giornata, presieduto da Papa Francesco, alcuni interventi hanno evidenziato le Migrazioni sia quelle dei popoli indigeni verso le grandi città, sia quelle delle popolazioni che attraversano l’Amazzonia per raggiungere altri Paesi di destinazione. Da qui deriva l’importanza di una pastorale specifica della Chiesa: la regione amazzonica come zona di flussi migratori, infatti, è una realtà emergente - si è notato in Aula - un nuovo fronte missionario che va affrontato in senso inter-ecclesiale, trovando anche una maggiore collaborazione tra le Chiese locali ed altri organismi impegnati nel settore. Si è ricordato inoltre che dramma delle migrazioni colpisce anche la gioventù dell’Amazzonia, “costretta a lasciare i Paesi originari perché sempre più minacciata da disoccupazione, violenze, tratta degli esseri umani, narcotraffico, prostituzione e sfruttamento”. È necessario, allora, che la Chiesa riconosca, valorizzi, sostenga e rafforzi la partecipazione della gioventù dell’Amazzonia negli spazi ecclesiali, sociali e politici, poiché i giovani sono “profeti di speranza”.

Papa Francesco: attenzione a non scegliere l’ideologia al posto delle fede

8 Ottobre 2019 - Città del Vaticano - C'è un modo di essere cristiani "a patto che", cioè solo a determinate condizioni, che Papa Francesco stigmatizza nell'omelia alla Messa di questa mattina a Casa Santa Marta. Parlando di quei cristiani che giudicano tutto, ma partendo "dalla piccolezza del loro cuore", ricorda, riferisce Vatican News, il Signore si avvicina con misericordia a tutte le realtà umane perché Lui è venuto per salvare, non per condannare La prima lettura liturgica del giorno, tratta dal libro del profeta Giona, prosegue il racconto iniziato ieri, e che si concluderà domani, in cui si descrive il rapporto conflittuale tra Dio e Giona stesso. Il Papa richiama alla memoria il brano precedente in cui si legge la prima chiamata del Signore che vuole inviare il profeta a Ninive per richiamare quella città alla conversione. Ma Giona aveva disobbedito al comando e se ne era andato da un’altra parte, lontano dal Signore, perché quel compito per lui era troppo difficile. Si era poi imbarcato per Tarsis e durante la tempesta suscitata dal Signore era stato gettato in mare, perché colpevole di quella sciagura, ma poi era stato inghiottito da una balena e quindi, dopo tre giorni e tre notti, rigettato sulla spiaggia. “E Gesù, nota Francesco, prende questa figura di Giona nel ventre del pesce per tre giorni come immagine della propria Resurrezione”. Nella lettura di oggi la seconda chiamata: Dio parla di nuovo a Giona e questa volta Giona obbedisce, va a Ninive e quella gente crede alla sua parola e vuole convertirsi tanto che Dio ‘si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece’. “Il testardo Giona, perché questa è la storia di un testardo, il testardo Giona ha fatto bene il proprio lavoro – commenta Francesco – e poi se n’è andato”. Domani vedremo come la storia va a finire e cioè come Giona si arrabbia contro il Signore perché troppo misericordioso e perché compie il contrario di ciò che aveva minacciato di fare per bocca dello stesso profeta. Giona rimprovera il Signore: “Signore, non era forse questo che dicevo quando ero nel mio Paese? Per questo motivo mi affrettai a fuggire a Tarsis, perché so che tu sei un Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore e che ti ravvedi riguardo al male minacciato. Or dunque, Signore – prosegue il Papa - , toglimi la vita: io con te non voglio lavorare più, perché meglio è per me morire che vivere”. E’ meglio morire che continuare questo lavoro di profeta con te, che alla fine fai il contrario di quello che mi hai mandato a fare. E Giona se ne va fuori dalla città, si costruisce una capanna e da lì aspetta di vedere che cosa farà il Signore, Giona sperava che Dio distruggesse la città. Il Signore allora gli fa crescere vicino una pianta di ricino per fargli ombra. Ma presto fa in modo che quel ricino si secchi e muoia. Giona è nuovamente sdegnato nei confronti di Dio per quel ricino. Tu hai pietà per una pianta, gli dice il Signore, per la quale non hai fatto nessuna fatica e io non dovrei avere pietà di una grande città come Ninive? Quello tra il Signore e Giona è un dialogo serrato, tra due testardi, osserva il Papa. Giona, testardo con le sue convinzioni della fede e il Signore testardo nella sua misericordia: non ci lascia mai, bussa alla porta del cuore fino alla fine, è lì. Giona, testardo perché lui concepiva la fede con condizioni; Giona è il modello di quei cristiani “a patto che”, cristiani con condizioni. “Io sono cristiano ma a patto che le cose si facciano così” – “No, no, questi cambiamenti non sono cristiani” – “Questo è eresia” – “Questo non va” … Cristiani che condizionano Dio, che condizionano la fede e l’azione di Dio. I cristiani "a patto che" hanno paura di crescere.Francesco sottolinea che è questo “a patto che” che fa rinchiudere tanti cristiani “nelle proprie idee e finiscono nell’ideologia: è il brutto cammino dalla fede all’ideologia”. “E oggi ce ne sono tanti, così”, prosegue, e questi cristiani hanno paura: “di crescere, delle sfide della vita, delle sfide del Signore, delle sfide della Storia” attaccati alle “loro convinzioni, nelle loro prime convinzioni, nelle proprie ideologie”. Sono i cristiani che, afferma ancora, “preferiscono l’ideologia alla fede” e si allontanano dalla comunità, “hanno paura di mettersi nelle mani di Dio e preferiscono giudicare tutto, ma dalla piccolezza del proprio cuore”. E conclude: Le due figure della Chiesa, oggi: la Chiesa di quegli ideologi che si accovacciano nelle proprie ideologie, lì, e la Chiesa che fa vedere il Signore che si avvicina a tutte le realtà, che non ha schifo: le cose non fanno schifo al Signore, i nostri peccati non gli fanno schifo, Lui si avvicina come si avvicinava ad accarezzare i lebbrosi, i malati. Perché Lui è venuto per guarire, Lui è venuto per salvare, non per condannare.  

Papa Francesco: la carità “è il più grande antidoto contro le tendenze del nostro tempo, piene di lacerazioni e di contrapposizioni

4 Ottobre 2019 - Città del Vaticano - In un lungo messaggio inviato ai presidenti delle Conferenze episcopali d’Europa riuniti a Santiago de Compostela, Papa Francesco sottolinea come la carità “è il più grande antidoto contro le tendenze del nostro tempo, piene di lacerazioni e di contrapposizioni. Il vostro sia dunque un impegno di carità”. “I populismi che vediamo dilagare di questi tempi – scrive papa Francesco –, si nutrono della continua ricerca di contrasti, che non aprono il cuore, anzi lo imprigionano dentro muri di risentimento soffocante. Invece, la carità apre e fa respirare. Essa non contrappone le persone, ma vede riflesse nel ‘bisogno degli ultimi’ le necessità di ciascuno di noi, poiché tutti siamo un po’ indigenti, tutti un po’ fragili, tutti bisognosi di cure”. La carità deve contraddistinguere la presenza della Chiesa in Europa.  

Papa Francesco apre il Mese missionario straordinario

2 Ottobre 2019 - Città del Vaticano – “Questo Mese missionario straordinario vuole essere una scossa per provocarci a diventare attivi nel bene. Non notai della fede e guardiani della grazia ma missionari”. Papa Francesco, ieri pomeriggio, ha aperto, con i Vespri, il Mese Missionario Straordinario, da lui voluto, sul tema “Battezzati ed inviati: la Chiesa di Cristo in missione nel mondo”. Per il papa si diventa missionari “vivendo da testimoni: testimoniando con la vita di conoscere Gesù”. il Mese Missionario straordinario cade nel centenario della lettera “Maximum Illud” di Benedetto XV. Quel documento, cento anni fa, separò l’opera di evangelizzazione dall’opera di colonizzazione e pose le basi per la creazione di un clero e di una gerarchia autoctoni nelle terre di missione. “Per favore, non viviamo una fede ‘da sacrestia’”, ha detto il pontefice nell’omelia indicando tre testimoni, tre “servi” che hanno “portato molto frutto”: Santa Teresa di Gesù Bambino, “che fece della preghiera il combustibile dell’azione missionaria nel mondo”, San Francesco Saverio, “uno dei grandi missionari della Chiesa”, e la venerabile Pauline Jaricot, operaia che, “con le offerte che detraeva dal salario, fu agli inizi delle Pontificie Opere Missionarie”. Questo, osserva, “è anche il mese del Rosario”. Di qui una domanda e un monito: “Facciamo di ogni giorno un dono per superare la frattura tra Vangelo e vita? Per favore, non viviamo una fede ‘da sacrestia’”. La religiosa, il sacerdote e la laica appena richiamati “ci dicono che nessuno è escluso dalla missione della Chiesa”. In Italia i sacerdoti inviati dalle diocesi a fare una esperienza di missione ad gentes sono circa 400: negli anni 90 erano oltre 1.300. (R. Iaria)