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Papa: da oggi tornano le Udienze Generali

4 Agosto 2021 - Città del Vaticano - Tornano da mercoledì 4 le udienze generali di papa Francesco. Tradizionalmente, le udienze generali del Papa vengono sospese a luglio per concedere un periodo di riposo ai Pontefici. Quest'anno, la pausa ha coinciso anche con la convalescenza del Pontefce  che il 4 luglio scorso è stato sottoposto ad un intervento chirurgico al Policlinico Gemelli. A un mese esatto dall'intervento quindi, fatta eccezione per gli Angelus domenicali, uno tenuto proprio da un balconcino dell'ospedale romano, il Papa riprende le consuete attività.

La domenica del Papa: perché cerchiamo il Signore?

2 Agosto 2021 - Città del vaticano - Torna il tema del pane in questa prima domenica di agosto. La folla, che aveva assistito al miracolo, lo cercava, forse per farlo re. Gesù, però, non è più sul monte, non ci sono nemmeno i suoi discepoli. Quel giovane profeta li aveva affascinati con la sua parola, e poi li aveva saziati con il pane, per questo non volevano separarsi da lui; così salgono sulle barche e lo trovano a Cafarnao, “al di là del mare”. Il Signore è sempre oltre i nostri confini, le nostre parole, al di là delle nostre abitudini e delle nostre convinzioni; invito a guardare oltre il nostro naso, lasciare le cose spesso effimere per un qualcosa di duraturo. Nella Bibbia il tema del pane è presente e accompagna il pellegrinare del popolo di Israele – la manna, termine ebraico man hu, che corrisponde alla domanda “cos’è” – quel vagare nel deserto, in un ambiente dove scarsissime sono le risorse di cibo. Il pane è importante anche nella storia dei cristiani perché è proprio il suo spezzare, cioè condividere, che identifica il discepolo; il pane della moltiplicazione, dell’ultima cena. Il pane. Papa Francesco, parlando all’Angelus dalla finestra del Palazzo apostolico, ci dice subito che non basta cercare Dio, “bisogna anche chiedersi il motivo per cui lo si cerca”. Cercarlo per il pane che ha fatto distribuire, perché “avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”, come leggiamo nel quarto Vangelo, o accoglierlo perché egli è “il pane della vita”. La gente si era fermata al miracolo esteriore, si era fermata al pane materiale. “Perché cerchiamo il Signore”, chiede Francesco. Quella gente ha dato più importanza, più valore al dono del pane che a colui che lo ha loro donato. Di fronte alle preoccupazioni quotidiane del mangiare e vestire, certo importanti, per venire ai nostri giorni le preoccupazioni del successo e della carriera, il Vangelo di questa domenica ci invita a guardare oltre. “Perché cerchiamo il Signore?” Il Papa ci chiede di riflettere sulle motivazioni della nostra fede. Abbiamo bisogno – ha detto - di discernere, perché tra le tante tentazioni che abbiamo nella vita ce n’è una che potremmo chiamare tentazione idolatrica. È quella che ci spinge a cercare Dio a nostro uso e consumo, per risolvere i problemi, per avere grazie a lui quello che da soli non riusciamo a ottenere. Per interesse. Ma in questo modo la fede rimane superficiale e miracolistica: cerchiamo Dio per sfamarci e poi ci dimentichiamo di lui quando siamo sazi. Al centro di questa fede immatura non c’è Dio, ci sono i nostri bisogni, i nostri interessi”. “Al di là del mare”. Il Signore, ricorda il vescovo di Roma, “agisce ben oltre le nostre attese”; il suo è “amore vero, è disinteressato, è gratuito: non si ama per ricevere un favore in cambio”. Quelle folle – siamo anche noi stessi – sono preoccupate soprattutto di mantenere ciò che hanno avuto, e non sanno guardare “al di là del mare”; hanno attraversato il lago, magari rischiando, durante la traversata, ma alla fine si sono accontentate di una richiesta semplice, cioè saziare la propria fame materiale. Come fare, allora, per passare da una fede magica, che pensa solo ai propri interessi, a una fede “che piace a Dio”? Ecco la seconda domanda, che il Papa propone alle persone presenti in piazza, ma in fondo a tutti noi: “che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?”. È la stessa domanda posta dalla folla a Gesù. La strada, ricorda Francesco, non è “aggiungere pratiche religiose o osservare speciali precetti”, ma “accogliere Gesù nella vita, vivere una storia d’amore con lui. Sarà lui a purificare la nostra fede. Da soli non siamo in grado […] prima delle cose che riceviamo e facciamo, c’è Lui da amare”. Il Papa ricorda che questo vale “nei riguardi di Dio, ma anche nelle nostre relazioni umane e sociali: quando cerchiamo soprattutto il soddisfacimento dei nostri bisogni, rischiamo di usare le persone e di strumentalizzare le situazioni per i nostri scopi”. È brutto “usare le persone per il proprio profitto”, afferma Francesco, che aggiunge: “una società che mette al centro gli interessi invece delle persone è una società che non genera vita”. Gesù è “il pane della vita”; dall’amicizia con lui, “impariamo ad amarci tra di noi. Con gratuità e senza calcoli […] senza usare la gente, con gratuità, con generosità, con magnanimità”. (Fabio Zavattaro - Sir)

Ecologia del cuore

19 Luglio 2021 - Città del Vaticano - Li aveva inviati in coppia, due a due, per le città, i villaggi della Galilea; aveva detto loro di non prendere nulla con sé, né pane, né bisaccia, né denaro. Li aveva inviati dicendo di consolare, guarire, aiutare chiunque avesse bisogno. Nella pagina di Marco leggiamo che i dodici sono tornati e hanno voglia di parlare, di raccontare la loro soddisfazione per le cose fatte. Certo non mancava loro la stanchezza, la stessa che accompagna ogni missionario che dimentica se stesso per servire la Parola e essere accanto a donne e uomini che incontra lungo la strada. Gesù li invita a “venire in disparte”, a seguirlo perché possano riposare un po’. Scrive Paolo agli abitanti di Efeso, la seconda lettura, Cristo “è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne”. Sempre nel testo paolino leggiamo che Gesù ha “abolito la legge fatta di prescrizioni e di decreti” per creare un “solo uomo nuovo facendo la pace”. È il “no” a una legge strumento di discriminazione, a servizio del rifiuto, del respingimento dell’altro; una legge che separa il pagano dal popolo eletto. Ecco la novità del messaggio di Cristo, per cui vedendo “una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno un pastore”; non divide il suo messaggio, non allontana, abbatte i muri di divisione, elimina inimicizie e discordie. Vista la folla, il riposo salta, ma resta l’invito, anzi l’insegnamento prezioso al riposo, dice papa Francesco all’Angelus. “Gioisce nel vedere i suoi discepoli felici per i prodigi della predicazione”, ma “si preoccupa della loro stanchezza fisica e interiore” perché “li vuole mettere in guardia da un pericolo, che è sempre in agguato, anche per noi: il pericolo di lasciarsi prendere dalla frenesia del fare, cadere nella trappola dell’attivismo, dove la cosa più importante sono i risultati che otteniamo e il sentirci protagonisti assoluti”. Accade anche nella Chiesa: “siamo indaffarati, corriamo”, e “alla fine rischiamo di trascurare Gesù”. Non basta “staccare la spina”, ci vuole “riposo fisico e anche riposo del cuore”. Fermarsi, “stare in silenzio, pregare”; non passare “dalle corse del lavoro alle corse delle ferie”. Gesù, non si sottrae “ai bisogni della folla”; no all’efficientismo, ci dice il Papa: “fermiamo la corsa frenetica che detta le nostre agende. Impariamo a sostare, a spegnere il telefonino, a contemplare la natura, a rigenerarci nel dialogo con Dio”. Domenica prossima troveremo Gesù che, per sfamare questa folla, moltiplica i cinque pani e i due pesci. Oggi però Gesù vede questa moltitudine e si preoccupa di essere loro accanto: “ebbe compassione”. Per il Papa, “lo stile di Dio è vicinanza, compassione e tenerezza”. Gesù “si dedica alla gente e riprende a insegnare”. Solo il cuore “che non si fa rapire dalla fretta è capace di commuoversi, cioè di non lasciarsi prendere da sé stesso e dalle cose da fare, e di accorgersi degli altri, delle loro ferite, dei loro bisogni. La compassione nasce dalla contemplazione”. Dobbiamo imparare a riposare davvero, a scegliere il silenzio, la preghiera, dice il Papa; no, dunque, all’atteggiamento “rapace di chi vuole possedere e consumare tutto; se restiamo in contatto con il Signore e non anestetizziamo la parte più profonda di noi – afferma ancora il vescovo di Roma – le cose da fare non avranno il potere di toglierci il fiato e di divorarci. Abbiamo bisogno di una ‘ecologia del cuore’, che si compone di riposo, contemplazione e compassione”. All’inizio del testo di Marco c’è un verbo, vedere, che ci aiuta a focalizzare meglio l’azione narrata nel Vangelo. Gesù aveva visto i suoi stanchi fisicamente, e con loro aveva attraversato il mare di Galilea per farli riposare, sostando in un luogo deserto, tranquillo; come dire, li invita a prendere le distanze da ciò che hanno fatto, o meglio a far calare nei loro cuori le azioni compiute, ad uscire dall’impegno del fare, dall’agitazione di compiere delle azioni, allontanandosi dalle folle; si potrebbe dire allontanandosi dal clamore, dal rischio di sentirsi importanti. Ma erano stati visti dalle persone, che li avevano preceduti al punto di approdo. Di nuovo il verbo vedere, perché Gesù nota quella folla, sceso dalla barca, ha compassione, “e si mise a insegnare loro molte cose”. (Fabio Zavattaro – SIR)

Papa Francesco: la vicinanza alle popolazioni di Belgio, Germania e Olanda

19 Luglio 2021 - Città del Vaticano – Vicinanza alle popolazioni del Belgio, Olanda e Germania che in questi giorni hanno subito danni e morti a causa di forti temporali e inondazioni. E’ arrivata ieri mattina, al temine dell’Angelus, da papa Francesco. “Esprimo la mia vicinanza alle popolazioni di Germania, Belgio e Olanda colpite da catastrofiche alluvioni. Il Signore accolga i defunti e conforti i familiari”, ha detto il Papa: “sostenga l’impegno di tutti per soccorrere chi ha subito gravi danni”. Il pensiero di Papa Francesco ha ricordato le notizie, giunte in questa settimana, di “episodi di violenza che hanno aggravato la situazione di tanti nostri fratelli del Sudafrica, già colpiti da difficoltà economiche e sanitarie a causa della pandemia. Unitamente ai Vescovi del Paese” il papa ha rivolto un “accorato appello a tutti i responsabili coinvolti, perché lavorino per la pace e collaborino con le Autorità per fornire assistenza ai bisognosi. Che non sia dimenticato il desiderio che ha guidato il popolo del Sudafrica per rinascere nella concordia tra tutti i suoi figli!”. Papa Francesco si è detto “vicino al caro popolo cubano in questi momenti difficili, in particolare alle famiglie che maggiormente ne soffrono. Prego il Signore che lo aiuti a costruire in pace, dialogo e solidarietà una società sempre più giusta e fraterna. Esorto tutti i cubani ad affidarsi alla materna protezione della Vergine Maria della Carità del Cobre. Ella li accompagnerà in questo cammino”.

Papa Francesco: Bruni, è in buone condizione “vigile e in respiro spontaneo”

5 Luglio 2021 - Città del Vaticano - "Sua Santità Papa Francesco è in buone condizioni generali, vigile e in respiro spontaneo". Lo afferma questa mattina il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni spiegando che l’intervento chirurgico per la stenosi diverticolare effettuato nella serata di ieri  ha "comportato una emicolectomia sinistra ed ha avuto una durata di circa 3 ore". Si prevede una degenza di circa 7 giorni "salvo complicazioni", conclude Bruni.

La preghiera e gli auguri della CEI a Papa Francesco

5 Luglio 2021 - Roma - "Vicinanza" della Chiesa in Italia, delle comunità e dei fedeli a papa Francesco "con l’augurio di una buona convalescenza e pronta guarigione" arriba dal presidente della Conferenza Episcopale Italiana il card. Bassetti dopo l'intervento chirurgico subito dsa Pontefice ieri sera al Policlinico Gemelli. "Nell’apprendere la notizia del Suo ricovero al Policlinico Gemelli per un intervento chirurgico - scrive il card. bassetti in un messaggio -  abbiamo pregato per Lei affidando al Padre la Sua salute. Ci siamo lasciati guidare dalle parole del Salmo che abbiamo proclamato nella liturgia domenicale: 'I nostri occhi sono rivolti al Signore'. Affidiamo al Signore i medici e tutto il personale sanitario che, con passione e amore, si stanno prendendo cura di Lei e di tutti i pazienti e gli ammalati". "Anche in questa occasione - conclude il porporato - ci ha insegnato come affrontare la sofferenza. Lo sguardo rivolto agli impegni dei prossimi mesi (il viaggio in Ungheria e in Slovacchia a settembre) e il sorriso abituale dalla finestra del Palazzo Apostolico, con cui ci dà appuntamento ogni domenica, sono una grande testimonianza. Non bisogna mai cedere allo sconforto anche nelle ore della fatica più dura. Grazie, Padre Santo! La attendiamo domenica prossima, dalla finestra del Palazzo Apostolico, per pregare insieme l’Angelus e ascoltare la Sua parola".

Papa Francesco ha “reagito bene” all’intervento chirurgico al Gemelli

5 Luglio 2021 - Roma - Si è concluso ieri, in tarda serata,  l'intervento chirurgico al quale è stato sottoposto Papa Francesco al Policlinico Gemelli di Roma. In una dichirazione ai giornalisti il  direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni ha dettoi che il papa , ricoverato nel pomeriggio di ieri  al Policlinico romano, è "stato sottoposto in serata all'operazione chirurgica programmata per stenosi diverticolare del sigma". Il Pontefice, ha spiegato Bruni, "ha reagito bene all'intervento condotto in anestesia generale ed eseguito dal professor Sergio Alfieri, con l'assistenza del professor Luigi Sofo, del dottor Antonio Tortorelli e della dottoressa Roberta Menghi". L'anestesia "è stata condotta dal professor Massimo Antonelli, dalla professoressa Liliana Sollazzi e dai dottori Roberto De Cicco e Maurizio Soave. Erano altresì presenti in sala operatoria il professor Giovanni Battista Doglietto e il professor Roberto Bernabei". Papa Francesco si è sottoposto ad "un intervento chirurgico programmato" per una stenosi diverticolare sintomatica del colon, aveva detto bruni nel primo pomeriggio. Papa Francesco a mezzogiorno hava presieduto la preghiuera mariana dell'Angelus in Piazza San Pietro e non avava fatto accenno al suo ricovero ospedaliero. Aveva annunciato "a Dio piacendo"un suo viaggio, dal 12 al 15 settembre prossimo, in Slovacchia per una visita pastorale. Un viaggio che inizierà domenica 12 a Budapest con la celebrazione della Messa conclusiva del Congresso Eucaristico Internazionale. "Ringrazio di cuore quanti stanno preparando questo viaggio e prego per loro. Preghiamo tutti per questo viaggio e per le persone che stanno lavorando per organizzarlo", ha detto il Papa. (R.Iaria)

Lo “scandalo” dell’Incarnazione

5 Luglio 2021 - Città del Vaticano - “Venne nella sua patria”. Con queste parole Marco, nel suo Vangelo, scrive il ritorno a Nazareth di Gesù. Partito dalla sua città natale, aver percorso le strade della Galilea, e di quella che chiamiamo la terra santa, compiuto miracoli e parlato alle folle, ecco che in questa domenica il cerchio si chiude: il luogo familiare della sua nascita e crescita lo accoglie, ma per lui è un po’ una delusione, tanto da fargli dire: “un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua”. Che cosa è accaduto? Dopo la donna guarita perché ha toccato il lembo del mantello, dopo aver ridato vita alla figlia del capo della sinagoga, essendo sabato, Gesù va nella sinagoga che lo ha visto fanciullo, là dove, come ogni giovane ebreo, ha compiuto il bar mitzvah, per diventare a pieno titolo membro della comunità, e si mette a insegnare. “Molti, ascoltando, rimanevano stupiti”, leggiamo in Marco. E scatta la curiosità, anche l’invidia in chi lo ascolta, come dire i suoi concittadini, gli amici di alcuni anni prima: “da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani?” Già, come è mai possibile che quel ragazzo, figlio del falegname e della giovane Maria, che hanno visto crescere, che tutti conoscevano, e con tutti aveva magari giocato e parlato, è capace di dire tutte quelle cose? Lo “conoscono” ma non lo “riconoscono”, dice papa Francesco all’Angelus; possiamo conoscere molte cose di una persona, “farci un’idea, affidarci a quello che ne dicono gli altri, magari ogni tanto incontrarla nel quartiere, ma tutto questo non basta. Si tratta di un conoscere direi ordinario, superficiale, che non riconosce l’unicità di quella persona”. Un rischio che corriamo tutti: “pensiamo di sapere tanto di una persona, e il peggio è che la etichettiamo e la rinchiudiamo nei nostri pregiudizi. Allo stesso modo, i compaesani di Gesù lo conoscono da trent’anni e pensano di sapere tutto!” C’è una sorta di rimozione: troppo impegnative quelle parole ascoltate, troppo innovativo quell’insegnamento echeggiato all’interno della sinagoga. E poi, lo conoscono, sanno tutto della sua vita, della sua storia, è vissuto nel loro stesso ambiente, e, dunque, perché ascoltarlo? Meglio pensare alle cose di tutti i giorni. Gli abitanti di Nazareth si sono fermati “all’esteriorità e rifiutano la novità di Gesù” dice Francesco. Una lezione anche per noi: “quando facciamo prevalere la comodità dell’abitudine e la dittatura dei pregiudizi, è difficile aprirsi alla novità e lasciarsi stupire. Noi controlliamo, con l’abitudine, con i pregiudizi”, e nella vita delle persone “cerchiamo solo conferme alle nostre idee e ai nostri schemi, per non dover mai fare la fatica di cambiare”. Questo succede anche alla nostra fede: “senza apertura alla novità e soprattutto apertura alle sorprese di Dio, senza stupore, la fede diventa una litania stanca che lentamente si spegne e diventa un’abitudine, un’abitudine sociale”. Lo stupore è quell’incontro che ti fa riconoscere il Signore, “è come il certificato di garanzia che quell’incontro è vero, non è abitudinario”, dice ancora il vescovo di Roma. Il motivo di questa non conoscenza, per Francesco, è l’incapacità di accettare “lo scandalo dell’Incarnazione”; per gli abitanti di Nazareth “è scandaloso che l’immensità di Dio si riveli nella piccolezza della nostra carne, che il Figlio di Dio sia il figlio del falegname, che la divinità si nasconda nell’umanità, che Dio abiti nel volto, nelle parole, nei gesti di un semplice uomo”. Lo scandalo è la concretezza, la “quotidianità” dell’incarnazione di Dio. È uomo concreto, compagno di strada, uno di noi, Gesù di Nazareth. “È più comodo un dio astratto, e distante, che non si immischia nelle situazioni e che accetta una fede lontana dalla vita, dai problemi, dalla società. Oppure ci piace credere a un dio ‘dagli effetti speciali’, che fa solo cose eccezionali e dà sempre grandi emozioni”. Invece, afferma il Papa, “Dio si è incarnato: Dio è umile, Dio è tenero, Dio è nascosto, si fa vicino a noi abitando la normalità della nostra vita quotidiana. E allora, succede a noi come ai compaesani di Gesù, rischiamo che, quando passa, non lo riconosciamo”. (Fabio Zavattaro- Sir)

Rifugiati: una nuova donazione di papa Francesco per il campo di Lipa

1 Luglio 2021 - Roma - Con una donazione personale, Papa Francesco ha deciso di sostenere la realizzazione di 2 sale polifunzionali e sale da pranzo per famiglie e minori accolti nel campo permanente di Lipa, attualmente in costruzione. Oggi, 1° luglio, alla presenza del nunzio apostolico in Bosnia Erzegovina, mons. Luigi Pezzuto, la cerimonia della posa della prima pietra. Secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa cattolica Kta, alla realizzazione e alla gestione dei nuovi ambienti contribuiranno anche la Caritas diocesana di Banja Luka, quella Ambrosiana e l’ong delle Acli, Ipsia. Attraverso la nunziatura a Sarajevo il Papa ha voluto esprimere “la sua vicinanza e cura per le condizioni dei campi nella zona di Lipa, luogo abbastanza isolato e ancora privo di alcuni servizi infrastrutturali di base, soprattutto per i minori e le famiglie”, ha spiegato il nunzio. “La donazione del Santo Padre – ha aggiunto – rappresenta un importante contributo per rendere il nuovo campo permanente di Lipa un luogo più umano e ospitale. Questo sostegno rappresenta la seconda donazione di Papa Francesco a favore dei migranti che si spostano lungo la Bosnia Erzegovina e segue la prima donazione dello scorso ottobre che ha permesso la creazione di due ‘Angoli sociali’ nei campi profughi di Usivak e Sedra”.

Papa Francesco: “non essere ammiratori ma imitatori di Gesù”

30 Giugno 2021 - Città del Vaticano -  “Questo interessa al Signore: stare al centro dei nostri pensieri, diventare il punto di riferimento dei nostri affetti; essere, in poche parole, l’amore della nostra vita. Non le opinioni che noi abbiamo su di Lui: non interessa, a Lui. Gli interessa il nostro amore, se Lui è nel nostro cuore”. Lo ha detto il Papa prima della recita dell’Angelus nella solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo: “I Santi che festeggiamo oggi hanno fatto questo passaggio e sono diventati testimoni. Il passaggio dall’opinione ad avere Gesù nel cuore: testimoni. Non sono stati ammiratori, ma imitatori di Gesù. Non sono stati spettatori, ma protagonisti del Vangelo. Non hanno creduto a parole, ma coi fatti. Pietro non ha parlato di missione, ha vissuto la missione, è stato pescatore di uomini; Paolo non ha scritto libri colti, ma lettere vissute, mentre viaggiava e testimoniava. Entrambi hanno speso la vita per il Signore e per i fratelli. E ci provocano”. “Gesù vuole che noi ci mettiamo in gioco”, ha aggiunto il Papa: “Quante volte, ad esempio, diciamo che vorremmo una Chiesa più fedele al Vangelo, più vicina alla gente, più profetica e missionaria, ma poi, nel concreto, non facciamo nulla! È triste vedere che tanti parlano, commentano e dibattono, ma pochi testimoniano. I testimoni non si perdono in parole, ma portano frutto. I testimoni non si lamentano degli altri e del mondo, ma cominciano da sé stessi”. “Il Signore può fare grandi cose per mezzo di noi quando non badiamo a difendere la nostra immagine, ma siamo trasparenti con Lui e con gli altri”, ha concluso.

La donna e la bambina

28 Giugno 2021 - Una donna anziana e una bambina. Il Vangelo di Marco si sofferma, in questa domenica, su queste due figure che, in qualche modo, escono dall’anonimato della folla che circonda Gesù. Lo avevamo lasciato sulla barca mentre attraversava il lago di Tiberiade per raggiungere la riva opposta e scendere in terra di Galilea. Anche qui trova folla che si accalca attorno a lui; folla anonima, persone semplici, mendicanti, gente malata, toccata dalla sofferenza e dal dolore. Un po’ come le folle che quotidianamente troviamo lungo le nostre strade, nelle nostre città, e che, magari, facciamo di tutto per evitarle. In questa folla anonima molti lo toccano, lo sfiorano; tutti gesti anonimi, meno uno, quello di una persona che ha una grande fede e una richiesta da fare, ma non trova il coraggio di farla. Ecco che sfiora il lembo polveroso del mantello di Gesù: è convinta che il solo contatto con la stoffa del mantello potrà guarirla da quelle perdite di sangue che l’affliggono da tanto tempo. Quel tocco non è casuale, nasconde una volontà precisa, una richiesta di aiuto. Gesù – “essendosi reso conto della forza che era uscita da lui” – coglie quella richiesta e si ferma. Marco nel suo Vangelo scrive: “egli guardava attorno per vedere colei che aveva fatto questo”. Per i discepoli era strano che, stretto da tanta folla, potesse rendersi conto di quella mano che aveva sfiorato il mantello. Gesù, invece, sa che si tratta di una mano di donna, che così voleva comunicare la sua richiesta di aiuto. Trenta anni fa il gesto di quella donna diventa icona simbolo della seconda lettera pastorale dell’arcivescovo di Milano, Carlo Maria Martini: “ma, a differenza di altre volte in cui la comunicazione è diretta (Gesù parla, comanda, tocca), qui è sufficiente un lembo del mantello, sfrangiato e impolverato, per stabilire la possibilità di un incontro”. La lettera è una riflessione sulla comunicazione, e, partendo dalle parole di Marco, mette in evidenza, nella scelta di sfiorare la tunica, il tema della fiducia nel Signore, della forza della fede. Nella pagina di Marco non c’è solo la donna emorroissa che tocca il lembo del mantello. C’è la sorte di una bambina malata, anzi morta quando Gesù arriva al suo capezzale, figlia del capo della sinagoga, Giairo. Una donna anziana e una bambina, due persone fragili, deboli. La malattia più grave per Francesco è la “mancanza di amore, non riuscire a amare. E la guarigione che più conta è quella degli affetti”, dice all’Angelus. Gesù, afferma, “si imbatte nelle nostre due situazioni più drammatiche, la morte e la malattia”. In questo tempo segnato dalla pandemia il vescovo di Roma si sofferma proprio sulla malattia, e sottolinea che in questa “donna senza nome” possiamo vederci tutti: “era una donna emarginata, non poteva avere relazioni stabili, non poteva avere uno sposo, non poteva avere una famiglia” perché “impura. Viveva sola, con il cuore ferito”. Storia esemplare: aveva fatto molte cure, “spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio”. Anche noi, sottolinea Francesco, “quante volte ci buttiamo in rimedi sbagliati per saziare la nostra mancanza di amore? Pensiamo che a renderci felici siano il successo e i soldi, ma l’amore non si compra, è gratuito. Ci rifugiamo nel virtuale, ma l’amore è concreto. Non ci accettiamo così come siamo e ci nascondiamo dietro i trucchi dell’esteriorità, ma l’amore non è apparenza. Cerchiamo soluzioni da maghi da santoni, per poi trovarci senza soldi e senza pace, come quella donna”. Lei sceglie Gesù “e si butta tra la folla per toccare il mantello”, quella donna “cerca il contatto diretto”; in questo tempo sospeso, “abbiamo capito quanto siano importanti il contatto, le relazioni”. Così “il Signore attende che lo incontriamo, che gli apriamo il cuore, che, come la donna, tocchiamo il suo mantello per guarire”. Gesù “non guarda all’insieme, come noi, ma guarda alla persona. Non si arresta di fronte alle ferite e agli errori del passato, ma va oltre i peccati e i pregiudizi”. Egli “guarda per guarirle”. E chiede a tutti noi di vedere tante persone “si sentono ferite e sole e hanno bisogno di sentirsi amate”. Chiede “uno sguardo che non si fermi all’esteriorità, ma vada al cuore”; chiede, ancora, uno sguardo “non giudicante, ma accogliente”. Perché “solo l’amore risana la vita”. (Fabio Zavattaro - Sir)

Papa Francesco: ascoltiamo la dolorosa lezione di vita dei rifugiati

28 Giugno 2021 - Città del Vaticano - “Non possiamo convivere tranquillamente con le guerre in corso come fossero fatali. Sarebbe un ottundimento della coscienza!”. Purtroppo questo avviene, specie nei Paesi non toccati dai conflitti, ma solo da qualche conseguenza come l’arrivo dei profughi. LO scrive papa Francesco nel volume, in uscita oggi in un testo inedito nel volume dal titolo “Pace in terra” (che evoca la storica enciclica di Giovanni XXIII), con sottotitolo “La fraternità è possibile”. Si tratta – scrive Vatican News - di un libro della collana ecumenica della Libreria Editrice Vaticana “Scambio dei doni”, che vuole evidenziare i legami tra i cristiani delle varie confessioni. Per il papa i profughi sono i “testimoni della guerra, dolenti ‘ambasciatori’ dell’inascoltata domanda di pace” che “ci fanno toccare con mano quanto la guerra sia disumana". “Ascoltiamo – è l’appello - la loro dolorosa lezione di vita! Accogliere i rifugiati è anche un modo di limitare le sofferenze della guerra e di lavorare per la pace”. Nel volume il papa – anticipa il sito vaticano – parla di milioni di esseri umani che aspirano alla pace ma che sono ancora “minacciati dalla guerra, costretti a lasciare le loro case, colpiti dalla violenza”. “La dimenticanza dei dolori delle guerre – scrive - rende indifesi verso la logica dell’odio: facilita lo sviluppo del bellicismo. L’oblio soffoca la genuina aspirazione alla pace e porta a ripetere gli errori del passato”.

Gesù dorme per provocare noi

21 Giugno 2021 - Città del Vaticano - La scena si svolge sul lago di Tiberiade. Gesù ha appena terminato di raccontare, con due parabole, il mistero del Regno di Dio e l’importanza dell’ascolto della parola. Ai suoi chiede di passare all’altra riva. La barca attraversa il mare di Galilea, immagine della vita e invito a passare assieme al Signore all’altra riva, cioè andare oltre noi stessi, i nostri orizzonti ristretti. E come nella vita, nelle nostre vite, c’è il momento della tempesta: il tempo difficile in cui ci sentiamo smarriti, il tempo della malattia, della privazione dell’essenziale; il tempo delle difficoltà e della paura. Il maestro ha chiesto ai suoi di mettere in acqua la barca e di navigare, e loro hanno obbedito anche se l’ora è tarda; improvvisamente arriva la tempesta. E Gesù? “Se ne stava a poppa, sul cuscino e dormiva”, scrive l’evangelista. Quante volte, siamo assaliti dalla paura, dai problemi della vita che si fanno così grandi che sembrano impossibili da risolvere, quasi acque impetuose di un mare in tempesta. Come gli apostoli “abbiamo gridato al Signore: perché resti silenzio e non fai nulla per me? Soprattutto quando ci sembra di affondare – dice papa Francesco all’Angelus – perché l’amore o il progetto nel quale avevamo riposto grandi speranze svanisce; o quando siamo in balia delle onde inesistenti dell’ansia”. Come giudicare quel dormire del Signore? Gesù è nella barca, in mezzo ai suoi, nella tempesta che si è improvvisamente scatenata; ma, dice Francesco, “anche se dorme, Gesù c’è e condivide con i suoi tutto quello che sta accadendo. Il suo sonno, se da una parte ci stupisce, dall’altra ci mette alla prova”. Riflettiamo sul racconto di Marco, che scrive: Gesù stava a poppa. Come dire, il luogo in cui il pilota si trova per governare la barca, e dorme su un cuscino. Insomma, non è proprio il luogo giusto per riposare, per di più con il rischio di creare problemi a chi tiene il timone. Angelus in una piazza San Pietro che torna a accogliere fedeli e turisti, che ascoltano l’appello del Papa sulla situazione del Myanmar, dove migliaia di persone stanno morendo di fame; per questo Francesco chiede corridoi umanitari per aiutare queste persone, e chiede che chiese, pagode, monasteri, moschee, templi, come scuole e ospedali siano rispettati come luoghi neutrali di rifugio. L’appello è al termine della preghiera mariana, nella giornata dedicata dall’Onu ai rifugiati: “tanti che vengono in barconi e nel momento di annegare gridano: salvaci. Anche nella nostra vita succede lo stesso: Signore, salvaci, e la preghiera diventa un grido”. Gesù dorme nella barca. Dorme, quando non siamo più capaci di farci interrogare dalla sua parola, dorme per la nostra inerzia. Il Signore, dice Francesco, attende che noi lo coinvolgiamo, invochiamo, che lo mettiamo “al centro di quello che viviamo. Il suo sonno provoca noi a svegliarci. Perché, per essere discepoli di Gesù, non basta credere che Dio c’è, che esiste, ma bisogna mettersi in gioco con lui, bisogna anche alzare la voce con lui”. Chiede il Papa: “quali sono i venti che si abbattono sulla mia vita, quali sono le onde che ostacolano la mia navigazione e mettono in pericolo la mia vita spirituale, la mia vita di famiglia, la mia vita psichica pure?” Gesù desidera, “vuole che ci aggrappiamo a lui per trovare riparo contro le onde anomale della vita”. Cosa fanno allora i discepoli, si avvicinano a Gesù, lo svegliano: “non ti importa che siamo perduti?”, come leggiamo in Marco. “Ecco l’inizio della nostra fede: riconoscere che da soli non siamo in grado di stare a galla, che abbiamo bisogno di Gesù come i marinai delle stelle per trovare la rotta. La fede comincia dal credere che non bastiamo a noi stessi, dal sentirci bisognosi di Dio”. La risposta che da Gesù ai suoi – “perché avete ancora paura, non avete ancora fede?” – ci deve far riflettere; i discepoli hanno avuto paura “perché erano rimasti a fissare le onde più che guardare Gesù”. Quante volte “restiamo a fissare i problemi anziché andare dal Signore e gettare in lui i nostri affanni”; quante volte, dice ancora il Papa, “lasciamo il Signore in un angolo, in fondo alla barca della vita, per svegliarlo solo nel momento del bisogno!” (Fabio Zavattaro - Sir)

Papa Francesco: aprire “il nostro cuore ai rifugiati” facendo “nostre le loro tristezze e le loro gioie”

20 Giugno 2021 - Città del Vaticano - Oggi si celebra la Giornata Mondiale del Rifugiato, promossa dalle Nazioni Unite, sul tema “Insieme possiamo fare la differenza”. Lo ha ricordato, questa mattina, al termine della preghiera dell'Angelus, papa Francesco che ha invitato ad aprire "il nostro cuore ai rifugiati; facciamo - ha detto - nostre le loro tristezze e le loro gioie; impariamo dalla loro coraggiosa resilienza! E così, tutti insieme, faremo crescere una comunità più umana, una sola grande famiglia". Il papa ha anche parlato del Myanmar unendosi ai vescovi di quel Paese  che la scorsa settimana hanno lanciato un appello "richiamando all’attenzione del mondo intero l’esperienza straziante di migliaia di persone che in quel Paese sono sfollate e stanno morendo di fame", ha detto il papa citando anche parole "'Noi supplichiamo con tutta la gentilezza di permettere corridoi umanitari' e che 'chiese, pagode, monasteri, moschee, templi, come pure scuole e ospedali' siano rispettati come luoghi neutrali di rifugio". "Che il Cuore di Cristo tocchi i cuori di tutti portando pace nel Myanmar!", è stata la preghiera del Pontefice. (R.Iaria)

Pane che risana

7 Giugno 2021 - Città del Vaticano - La liturgia di questa domenica, festa del Corpo e del Sangue di Gesù, ci fa fare un passo indietro e ci riporta in quella “camera alta”, la Sala del Cenacolo, già pronta per la cena pasquale, dove troviamo Gesù con i dodici; e dove ritroviamo quello spezzare il pane “carta d’identità” del credente, come diceva Benedetto XVI. Messaggio solidale e gesto di condivisione che già nei profeti dell’Antico Testamento indicava la volontà di compiere quel gesto per condividere il pane con i poveri, i bisognosi, gli affamati. Le feste della Chiesa, come quelle ebraiche, fanno riferimento al ritmo dell’anno solare, alla semina e al raccolto. Così il Corpus Domini, al cui centro sta il segno del pane. Pane eucaristico, in primo luogo, cioè l’amore che trasforma ogni cosa, la speranza che proviene da Cristo e dà forza. Un Dio, ricordava ancora Benedetto XVI“ che si è rivelato nascondendosi nel segno del pane spezzato”. Pane della vita, di cui tutti abbiamo bisogno; frutto della terra e del cielo. E pane che, ancora oggi nel mondo, non riesce a saziare tutti i popoli, dal punto di vista spirituale. Poi pane concreto, frutto del lavoro dell’uomo; anche questo non consegnato a tutti. Milioni nel mondo le persone che soffrono la fame. Torna ad affollarsi piazza San Pietro per il consueto appuntamento dell’Angelus. Francesco commenta le letture soffermandosi su due concetti: donarsi e fragilità. Sono gli insegnamenti che Gesù ha dato nell’ultima cena, quando ha spezzato il pane: “il traguardo della vita sta nel donarsi”, dice il Papa, e “la cosa più grande è servire”. In quella sala Gesù, “con semplicità ci dona il sacramento più grande. Il suo è un gesto umile di dono, un gesto di condivisione. Al culmine della sua vita, non distribuisce pane in abbondanza per sfamare le folle, ma spezza sé stesso nella cena pasquale con i discepoli”. Un gesto che permette di ritrovare “oggi la grandezza di Dio in un pezzetto di pane, in una fragilità che trabocca amore e condivisione”. Fragilità è la parola sulla quale Francesco ferma la sua attenzione, per dire che Gesù “si fa fragile come il pane che si spezza e si sbriciola. Ma proprio lì sta la sua forza. Nell’eucaristia la fragilità è forza: forza dell’amore che si fa piccolo per poter essere accolto e non temuto; forza dell’amore che si spezza e si divide per nutrire e dare vita; forza dell’amore che si frammenta per riunirci in unità”. In quella cena è presente anche colui che lo tradirà, ma nella fragilità dell’eucaristia c’è anche “c’è anche la forza di amare chi sbaglia”. Proprio in quella notte in cui viene tradito “ci regala il dono più grande, mentre prova nel cuore l’abisso più profondo”, cioè il tradimento del discepolo, e questo, dice Francesco, “è il dolore più grande per chi ama”. Come risponde Gesù? “Reagisce al male con un bene più grande. Al ‘no’ di Giuda risponde con il ‘sì’ della misericordia. Non punisce il peccatore, ma dà la vita per lui. Paga per lui. Quando riceviamo l’eucaristia, Gesù fa lo stesso con noi: ci conosce, sa che siamo peccatori e sbagliamo tanto, ma non rinuncia a unire la sua vita alla nostra. Sa che ne abbiamo bisogno, perché l’eucaristia non è il premio dei santi, ma il pane dei peccatori. Per questo ci esorta: ‘non abbiate paura, prendete e mangiate’”. Già al Concilio, nella Costituzione sulla Sacra liturgia, la Sacrosanctum Concilium, i Padri avevano sottolineato la “centralità della celebrazione eucaristica e Paolo VI, nel giugno 1968, dirà: togliamo l’eucaristia “dal segreto dei nostri Tabernacoli” e “la portiamo fuori, in faccia alla società laica e profana, in mezzo alle piazze, alle vie, alle case, dove si svolge la vita terrena”. Nell’eucaristia “Gesù ci ripete che la sua misericordia non ha paura delle nostre miserie”, dice Francesco, e soprattutto “ci guarisce con amore da quelle fragilità che da soli non possiamo risanare: quella di provare risentimento verso chi ci ha fatto del male”. L’eucaristia guarisce “perché unisce a Gesù: ci fa assimilare il suo modo di vivere, la sua capacità di spezzarsi e donarsi ai fratelli, di rispondere al male con il bene. Ci dona il coraggio di uscire da noi stessi e di chinarci con amore verso le fragilità altrui”. Nascendo, Gesù, dice Francesco, “si è fatto compagno di viaggio nella vita; nella cena si è dato come cibo; nella croce, nella sua morte, si è fatto prezzo: ha pagato per noi”. (Fabio Zavattaro - Sir)  

GMMR: un nuovo video per un “noi” sempre più grande

4 Giugno 2021 -
Città del Vaticano - In vista della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato (Gmmr), che si celebrerà domenica 26 settembre, la campagna comunicativa della Sezione migranti e rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale propone un nuovo video sul tema scelto da Papa Francesco per la Giornata: “Verso un ‘noi’ sempre più grande”. Nel nuovo video papa Francesco invita ogni battezzato a sentirsi parte di un’unica Chiesa, un’unica casa, un’unica famiglia. La testimonianza diretta di alcuni migranti che, grazie all’accoglienza ricevuta in parrocchia, si sentono parte di questo “Noi”, dimostra che il sogno di Papa Francesco si può realizzare. https://youtu.be/GIr2K_TgOYQ  

Papa Francesco celebra per il Myanmar: “consolazione grande”, dice Claudio, “sapere che il papa non ha dimenticato questi popoli”

15 Maggio 2021 - Roma –  Domani mattina Papa Francesco celebrerà una liturgia eucaristica con per i fedeli del Myanmar a Roma. Una celebrazione che segue i numerosi appelli al dialogo e alla riconciliazione espressi dal pontefice. Una celebrazione per questi popoli da lui incontrati nel viaggio apostolico del novembre 2017. “Ero lì quel giorno, fin dalle prime ore dell’alba, in quello stadio strapieno di colori di etnie diverse, con tantissime persone arrivate da tutte le parti della Birmania”, ci dice Claudio Pacion: “il silenzio assoluto nell’ascolto delle sue parole e l’atmosfera di gioia, di preghiera e di unità che la sua presenza sollecitava, sono indimenticabili. È perciò consolazione grande per tutti sapere che il papa non ha dimenticato questi popoli e chiede a gran voce la pace per questo paese ferito nel profondo da decenni di abusi e soprusi e, dal primo febbraio, giorno del colpo di stato, da una violenza brutale”. In questo periodo sono state 800 le vittime di cui almeno 50 bambini. “Sparare sulla gente che protesta è divenuta la norma. Fra i morti tantissimi sono i giovani e giovanissimi. Migliaia le persone arrestate, picchiate, torturate, solo per aver partecipato a dimostrazioni pacifiche o anche solamente per trovarsi per strada al momento sbagliato. Un ragazzino è stato arrestato mentre andava a fare la spesa. Dei paramedici picchiati a sangue mentre stavano andando a soccorrere dei feriti. Sempre di più le forze speciali della polizia entrano arbitrariamente nelle case, sequestrano persone, rubano effetti personali, distruggono proprietà. La vita quotidiana è semi-paralizzata, con il movimento di disobbedienza civile che rende difficile il funzionamento di ospedali, uffici, banche, ferrovie, e i militari che possono apparire da un momento all’altro. Sulle montagne – ci spiega Claudio -  delle diverse etnie, soprattutto Chin, Kachin e Karen, la giunta attacca con jet militari, bombardamenti mai visti prima, attacchi e distruzioni di interi villaggi. Decine di migliaia di persone (vecchi e bambini inclusi) vivono da due mesi nella foresta, per riparo solo qualche telo di plastica. Le scorte di cibo finiscono e la stagione delle piogge incalza. Gli aiuti hanno difficoltà ad arrivare”. Il cardinale di Rangoon/Yangon, Charles Bo ha condannato duramente la violenza della giunta militare invitando al dialogo e alla non-violenza . Ma le persone “si stanno stancando di andare al macello, vedono che nessuno risponde ai loro appelli accorati, che nessuno interverrà ad aiutarle, e alcuni cominciano ad armarsi. I militari spargono terrore e morte, i civili spargono speranza e ferrea determinazione a non mollare. Ma la paura di una guerra civile cresce”. Claudio ringrazia papa Francesco per essersi fatto “fratello di chi si sente solo ed abbandonato” e per “farsi prossimo di chi sta sanguinando a morte sul ciglio della strada”. (R.Iaria)

A maggio maratona di preghiera nei santuari

22 Aprile 2021 - Città del Vaticano - Papa Francesco ieri, al termine dell’udienza generale tenuta nella Biblioteca del Palazzo apostolico,  ha auspicato che «il tempo pasquale» favorisca in tutti «la rinascita nello Spirito Santo, per vivere una vita nuova, piena di amore e di entusiasmo». Un clima che verrà alimentato giorno per giorno durante il mese di maggio che, come indica una nota della Sala Stampa vaticana, «per vivo desiderio» del Papa «sarà dedicato a una maratona di preghiera sul tema “Da tutta la Chiesa saliva incessantemente la preghiera a Dio (At 12,5)”». L’iniziativa, prosegue il comunicato, «coinvolgerà in modo speciale tutti i santuari del mondo, perché si facciano promotori presso i fedeli, le famiglie e le comunità della recita del Rosario per invocare la fine della pandemia. Trenta santuari rappresentativi, sparsi in tutto il mondo, guideranno la preghiera mariana, che verrà trasmessa in diretta sui canali ufficiali della Santa Sede alle 18 di ogni giorno». Papa Francesco aprirà questa grande preghiera il 1° maggio e la concluderà il 31 maggio.

Papa Francesco: “la luce del Risorto sia fonte di rinascita per i migranti”

4 Aprile 2021 - Città del Vaticano - «La luce del Risorto sia fonte di rinascita per i migranti, in fuga da guerra e miseria». E' l'augurio rivolto da Papa Francesco, questa mattina, prima della benedizione "Urbi et Orbi" pronunciata nella basilica di San Pietro (per il secondo anno consecutivo a causa della pandemia, ndr), al termine della celebrazione eucaristica di Pasqua. «Nei loro volti riconosciamo - ha detto il pontefice - il volto sfigurato e sofferente del Signore che sale al Calvario. Non manchino -è stato l'appello di papa Francesco - loro segni concreti di solidarietà e di fraternità umana, pegno della vittoria della vita sulla morte che celebriamo in questo giorno». Il Papa ha quindi voluto ringraziare i Paesi che «accolgono con generosità i sofferenti che cercano rifugio, specialmente il Libano e la Giordania, che ospitano moltissimi profughi fuggiti dal conflitto siriano». (R.Iaria)

Papa Francesco in Aula Paolo VI per assistere alla vaccinazione dei senza dimora

2 Aprile 2021 -

Città del Vaticano - Questa mattina, Venerdì Santo, poco prima delle 10.00, Papa Francesco si è recato in visita nell’atrio dell’Aula Paolo VI, mentre si svolgevano le vaccinazioni di alcune persone senza dimora o in difficoltà, accolte e accompagnate da alcune associazioni romane. Tra questi anche molti stranieri.  Il Papa - riferisce il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, ha salutato i medici e gli infermieri, ha seguito la procedura di preparazione delle dosi di vaccino e si è intrattenuto con le persone in attesa della vaccinazione. Ad oggi - aggiunge - sono state vaccinate con la prima dose circa 800 delle circa 1200 persone bisognose a cui sarà somministrato il vaccino questa settimana. (R.I.)