24 Gennaio 2022 - Città del Vaticano - "Quanto dolore sentiamo nel vedere i nostri fratelli e sorelle morire sul mare perché non li lasciano sbarcare! E questo, alcuni lo fanno in nome di Dio". Lo ha detto, con sofferenza e sconcerto papa Francesco ieri mattina nell'omelia della Messa celebrata nella Basilica di San Pietro in occasione della III Giornata della Parola di Dio rivolgensosi alla tragedia delle stragi di migranti. Una Parol, quella di Dio, che "ci mette in crisi. Non ci lascia tranquilli, se a pagare il prezzo di questa tranquillità è un mondo lacerato dall'ingiustizia e dalla fame, e a farne le spese sono sempre i più deboli. Sempre pagano i più deboli".
Ieri, durante la liturgia, il Pontefice ha celebrato, per la prima volta, il rito di conferimento del ministero di lettore (a sei laiche e laici da varie parti d'Italia e da Corea, Pakistan e Ghana) e di catechista (a otto laiche e laici dall'Amazzonia peruviana, dal Brasile, Italia, Ghana, Polonia e Spagna) ed ha chiesto di rimettere "la Parola di Dio al centro della pastorale e della vita della Chiesa. Ascoltiamola, preghiamola, mettiamola in pratica", avvertendo che essa "non ci astrae dalla vita, ma ci immette nella vita, nelle situazioni di tutti i giorni, nell'ascolto delle sofferenze dei fratelli, del grido dei poveri, delle violenze e delle ingiustizie che feriscono la società e il pianeta, per non essere cristiani indifferenti, ma operosi, creativi, profetici". (R.Iaria)
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Papa Francesco stanzia 100mila euro per migranti bloccati ai confini della Polonia
18 Gennaio 2022 -
Città del Vaticano - Il Papa ha stabilito di inviare un contributo di 100mila euro in favore dei gruppi di migranti bloccati tra Polonia e Bielorussia "per affrontare l'emergenza migratoria al confine fra i due Paesi, dovuta alla situazione di conflitto che si protrae ormai da oltre 10 anni", scrive in una nota il Dicastero per lo Sviluppo umano integrale. (R.I.)
Papa Francesco: raccontare la fraternità che si apre a migranti e rifugiati
17 Gennaio 2022 - Città del Vaticano - "Raccontare la fraternità ecclesiale che si apre ai migranti, agli sfollati e ai rifugiati, per restituire loro la dignità di cui sono stati privati quando hanno dovuto lasciare la loro patria in cerca di un futuro per sé e per i figli". Lo ha detto questa mattina Papa Francesco durante l'udienza con una delegazione di giornalisti della Custodia di Terra Santa nel centenario della rivista "La Terra Santa". Il Pontefice ha incoraggiato i comunicatori a "raccontare la fraternità possibile: quella tra cristiani di Chiese e confessioni purtroppo ancora separate, ma che in Terra Santa sono spesso già vicine all'unità, come io stesso ho avuto occasione di constatare. Raccontare la fraternità possibile tra tutti i figli di Abramo, ebrei, cristiani e musulmani". Per il papa far conoscere la Terra Santa vuol dire trasmettere il 'Quinto Vangelo', cioè "l'ambiente storico e geografico in cui la Parola di Dio si è rivelata e poi si è fatta carne in Gesù di Nazaret, per noi e per la nostra salvezza. Vuol dire anche far conoscere la gente che vi abita oggi, la vita dei cristiani delle varie Chiese e denominazioni, ma anche quella di ebrei e musulmani, per cercare di costruire, in un contesto complesso e difficile com'è quello mediorientale, una società fraterna". "Attraverso i mezzi di comunicazione sociale - ha concluso - voi potete arricchire la fede di tanti, anche di quelli che non hanno la possibilità di fare un pellegrinaggio nei luoghi santi. Lo fate mediante il vostro impegno professionale, svolto ogni giorno con competenza al servizio del Vangelo". (R.I.)
Papa Francesco: eroi padri e madri famiglie profughi e migranti
14 Gennaio 2022 - Città del Vaticano – “Sento molto vicino il dramma di quelle famiglie, di quei padri e di quelle madri che stanno vivendo una particolare difficoltà, aggravata soprattutto a causa della pandemia. Credo che non sia una sofferenza facile da affrontare quella di non riuscire a dare il pane ai propri figli, e di sentirsi addosso la responsabilità della vita degli altri. In questo senso la mia preghiera, la mia vicinanza ma anche tutto il sostegno della Chiesa è per queste persone, per questi ultimi”. Lo dice papa Francesco in una intervista ai media vaticani a cura di Andrea Monda, direttore dell’Osservatore Romano e Alessandro Gisotti, vice-direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione, sull'essere genitori al tempo del Covid e sulla testimonianza di San Giuseppe, esempio di forza e tenerezza per i padri di oggi. “Penso anche – ha aggiunto il Pontefice - a tanti padri, a tante madri, a tante famiglie che scappano dalle guerre, che sono respinte ai confini dell’Europa e non solo, e che vivono situazioni di dolore, di ingiustizia e che nessuno prende sul serio o ignora volutamente. Vorrei dire a questi padri, a queste madri, che per me sono degli eroi perché trovo in loro il coraggio di chi rischia la propria vita per amore dei propri figli, per amore della propria famiglia”. Anche Maria e Giuseppe – ha quindi aggiunto papa Francesco - hanno “sperimentato questo esilio, questa prova, dovendo scappare in un paese straniero a causa della violenza e del potere di Erode. Questa loro sofferenza li rende vicini proprio a questi fratelli che oggi soffrono le medesime prove. Questi padri si rivolgano con fiducia a san Giuseppe sapendo che come padre egli stesso ha sperimentato la stessa esperienza, la stessa ingiustizia. E a tutti loro e alle loro famiglie vorrei dire di non sentirsi soli! Il Papa si ricorda di loro sempre e per quanto possibile continuerà a dare loro voce e a non dimenticarli”. (R.Iaria)
Papa Francesco: “Ue trovi coesione interna nella gestione delle migrazioni”
10 Gennaio 2022 -
Città del Vaticano - Papa Francesco, ricevendo questa mattina, il Corpo Diplomatico accreditato in Vaticano ha sottolineato che è di "fondamentale importanza che l’Unione Europea trovi la sua coesione interna nella gestione delle migrazioni, come l’ha saputa trovare per far fronte alle conseguenze della pandemia” ed ha chiesto di “dare vita a un sistema coerente e comprensivo di gestione delle politiche migratorie e di asilo, in modo che siano condivise le responsabilità nel ricevere i migranti, rivedere le domande di asilo, ridistribuire e integrare quanti possono essere accolti”. “La capacità di negoziare e trovare soluzione condivise è uno dei punti di forza dell’Unione Europea e costituisce un valido modello per affrontare in prospettiva le sfide globali che ci attendono”, ha detto sottolineando che “le migrazioni non riguardano solo l’Europa, anche se essa è particolarmente interessata da flussi provenienti sia dall’Africa sia dall’Asia”. “In questi anni abbiamo assistito, tra l’altro, all’esodo dei profughi siriani, a cui si sono aggiunti nei mesi scorsi quanti sono fuggiti dall’Afghanistan. Non dobbiamo neppure dimenticare gli esodi massicci che interessano il continente americano e che premono sul confine fra Messico e Stati Uniti d’America. Molti di quei migranti sono haitiani in fuga dalle tragedie che hanno colpito il loro Paese in questi anni. La questione migratoria, come anche la pandemia e il cambiamento climatico, mostrano chiaramente che nessuno si può salvare da sé, ossia che le grandi sfide del nostro tempo sono tutte globali”. (R.I.)
Papa Francesco: i migranti non sono “merce di contrattazione”
10 Gennaio 2022 - Città del Vaticano - "Occorre vincere l’indifferenza e rigettare il pensiero che i migranti siano un problema di altri. L’esito di tale approccio lo si vede nella disumanizzazione stessa dei migranti concentrati in hotspot, dove finiscono per essere facile preda della criminalità e dei trafficanti di esseri umani, o per tentare disperati tentativi di fuga che a volte si concludono con la morte". Lo ha etto questa mattina papa Francesco ricevedo il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Purtroppo - ha quindi aggiunto - occorre anche rilevare che i migranti stessi "sono spesso trasformati in arma di ricatto politico, in una sorta di 'merce di contrattazione' che priva le persone della dignità".Nel suo discorso il Pontefice ha ricordato la sua recente visita a Cipro e in Grecia evidenziando che "una parte toccante di questo viaggio ha avuto luogo nell'isola di Lesbo, dove ho potuto constatare la generosità di quanti prestano la propria opera per fornire accoglienza e aiuto ai migranti, ma soprattutto ho visto i volti dei tanti bambini e adulti ospiti dei centri di accoglienza". "Nei loro occhi - ha osservato - c'è la fatica del viaggio, la paura di un futuro incerto, il dolore per i propri cari rimasti indietro e la nostalgia della patria che sono stati costretti ad abbandonare. Davanti a questi volti non possiamo rimanere indifferenti e non ci si può trincerare dietro muri e fili spinati con il pretesto di difendere la sicurezza o uno stile di vita. Quello non si può". Papa Ferancesco ha quindi ringraziato quanti, individui e governi "si adoperano per garantire accoglienza e protezione ai migranti, facendosi carico anche della loro promozione umana e della loro integrazione nei Paesi che li hanno accolti". "Sono consapevole - ha aggiunto - delle difficoltà che alcuni Stati incontrano di fronte a flussi ingenti di persone. A nessuno può essere chiesto quanto è impossibilitato a fare, ma vi è una netta differenza fra accogliere, seppure limitatamente, e respingere totalmente". (Raffaele Iaria)
Papa Francesco: non si venga discriminati per la fede
5 Gennaio 2022 - Città del Vaticano - "Discriminazione e persecuzione religiosa" è il tema dell’intenzione di preghiera per questo mese di gennaio diffusa attraverso la Rete Mondiale di Preghiera del Papa. "Come può essere che attualmente molte minoranze religiose subiscano discriminazioni o persecuzioni? Come permettiamo, in questa società tanto civilizzata, che ci siano persone che vengono perseguitate semplicemente perché professano pubblicamente la propria fede? Non è soltanto inaccettabile: è disumano, è una follia" dice papa Francesco nel video di presentazione dell’intenzione di preghiera. "La libertà religiosa non si limita alla libertà di culto, ovvero al fatto che si possa avere un culto nel giorno prescritto dai propri libri sacri, ma ci fa valorizzare l’altro nella sua differenza e riconoscere in lui un vero fratello" continua il Pontefice, "Come esseri umani, abbiamo tante cose in comune da poter convivere, accogliendo le differenze con la gioia di essere fratelli. E una piccola differenza, o una differenza sostanziale com’è quella religiosa, non offuschi la grande uniformità di essere fratelli, la grande unità dell’essere fratelli. Scegliamo il cammino della fraternità. Perché o siamo fratelli o perdiamo tutti".
"Preghiamo – sono le parole conclusive di Bergoglio – perché tutte le persone che subiscono discriminazione e persecuzione religiosa trovino nelle società in cui vivono il riconoscimento e la dignità che nasce dall’essere fratelli e sorelle".
Papa Francesco: “penso alle giovani madri e ai loro bambini in attesa nei campi per i rifugiati, sono tanti”
3 Gennaio 2022 - Città del Vaticano - Papa Francesco, il primo dell'anno, è tornato a porre l'attenzione sui migranti. "Guardando a Maria con in braccio il suo Figlio, penso alle giovani madri e ai loro bambini in fuga da guerre e carestie o in attesa nei campi per i rifugiati, sono tanti", ha detto il Papa durante l'omelia della Messa nella Basilica di San Pietro. "Gesù ci tocca il cuore nascendo piccolo e povero”, ha detto il Pontefice evidenziando che "la sua povertà è una bella notizia per tutti, specialmente per chi è ai margini, per i rifiutati, per chi al mondo non conta”. “Dio viene lì: nessuna corsia preferenziale, nemmeno una culla!”. Ecco "la bellezza di vederlo adagiato in una mangiatoia”, ha aggiunto papa Francesco. Ma per Maria, la Madre di Dio, non è stato così: “Lei ha dovuto sostenere lo scandalo della mangiatoia. Che cosa c’è di più duro per una madre che vedere il proprio figlio soffrire la miseria? C’è da sentirsi sconfortati”. “Non si potrebbe rimproverare Maria se si fosse lamentata di tutta quella inattesa desolazione”: “Ma lei non si perde d’animo. Non si sfoga, ma sta in silenzio. Sceglie una parte diversa rispetto alla lamentela: ‘Maria, da parte sua, – dice il Vangelo – custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore’. È un modo di fare diverso da quello dei pastori e della gente. Loro raccontano a tutti ciò che hanno visto: l’angelo apparso nel cuore della notte, le sue parole intorno al Bambino. E la gente, all’udire queste cose, è presa da stupore: parole e meraviglia. Maria, invece, appare pensosa. Custodisce e medita nel cuore”. “Sono due atteggiamenti diversi che possiamo riscontrare anche in noi”, ha osservato il Papa: “Il racconto e lo stupore dei pastori ricorda la condizione degli inizi nella fede. Lì è tutto facile e lineare, si è rallegrati dalla novità di Dio che entra nella vita, portando in ogni aspetto un clima di meraviglia. Mentre l’atteggiamento meditante di Maria è l’espressione di una fede matura, adulta. Di una fede che non è appena nata, ma è diventata generativa. Perché la fecondità spirituale passa attraverso la prova. Dalla quiete di Nazaret e dalle trionfanti promesse ricevute dall’angelo – il suo inizio – Maria si trova ora nella buia stalla di Betlemme. Ma è lì che dona Dio al mondo. E mentre altri, di fronte allo scandalo della mangiatoia, sarebbero stati presi dallo sconforto, lei no: custodisce meditando”. Maria, in altre parole, “non seleziona, ma custodisce. Accoglie, non tenta di camuffare, di truccare la vita”. (R.I.)
Papa Francesco: san Giuseppe, migrante perseguitato e coraggioso
29 Dicembre 2021 - Città del Vaticano - "San Giuseppe, migrante perseguitato e coraggioso". Questo il tema trattato oggi da Papa Francesco nella consueta Udienza generale del mercoledì. Ne pubblichiamo integralmente il testo:
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Oggi vorrei presentarvi San Giuseppe come migrante perseguitato e coraggioso. Così lo descrive l’Evangelista Matteo. Questa particolare vicenda della vita di Gesù, che vede come protagonisti anche Giuseppe e Maria, è conosciuta tradizionalmente come “la fuga in Egitto” (cfr Mt 2,13-23). La famiglia di Nazaret ha subito tale umiliazione e sperimentato in prima persona la precarietà, la paura, il dolore di dover lasciare la propria terra. Ancora oggi tanti nostri fratelli e tante nostre sorelle sono costretti a vivere la medesima ingiustizia e sofferenza. La causa è quasi sempre la prepotenza e la violenza dei potenti. Anche per Gesù è accaduto così.
Il re Erode viene a sapere dai Magi della nascita del “re dei Giudei”, e la notizia lo sconvolge. Si sente insicuro, si sente minacciato nel suo potere. Così riunisce tutte le autorità di Gerusalemme per informarsi sul luogo della nascita, e prega i Magi di farglielo sapere con precisione, affinché – dice falsamente – anche lui possa andare ad adorarlo. Accorgendosi però che i Magi erano ripartiti per un’altra strada, concepì un proposito scellerato: uccidere tutti i bambini di Betlemme dai due anni in giù in quanto, secondo il calcolo dei Magi, quello era il tempo in cui Gesù era nato.
Nel frattempo, un angelo ordina a Giuseppe: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò. Erode, infatti, vuole cercare il bambino per ucciderlo» (Mt 2,13). Pensiamo oggi a tanta gente che sente questa ispirazione dentro: “Fuggiamo, fuggiamo, perché qui c’è pericolo”. Il piano di Erode richiama quello del Faraone di gettare nel Nilo tutti i figli maschi del popolo d’Israele (cfr Es 1,22). E la fuga in Egitto evoca tutta la storia d’Israele a partire da Abramo, che pure vi soggiornò (cfr Gen 12,10), fino a Giuseppe, figlio di Giacobbe, venduto dai fratelli (cfr Gen 37,36) e poi divenuto “capo del paese” (cfr Gen 41,37-57); e a Mosè, che liberò il suo popolo dalla schiavitù degli egiziani (cfr Es 1; 18).
La fuga della Santa Famiglia in Egitto salva Gesù, ma purtroppo non impedisce a Erode di compiere la sua strage. Ci troviamo così di fronte a due personalità opposte: da una parte Erode con la sua ferocia e dall’altra parte Giuseppe con la sua premura e il suo coraggio. Erode vuole difendere il proprio potere, la propria “pelle”, con una spietata crudeltà, come attestano anche le esecuzioni di una delle sue mogli, di alcuni dei suoi figli e di centinaia di oppositori. Era un uomo crudele: per risolvere dei problemi, aveva una sola ricetta: “fare fuori”. Egli è il simbolo di tanti tiranni di ieri e di oggi. E per loro, per questi tiranni, la gente non conta: conta il potere, e se hanno bisogno di spazio di potere, fanno fuori la gente. E questo succede anche oggi: non dobbiamo andare alla storia antica, succede oggi. E’ l’uomo che diventa “lupo” per gli altri uomini. La storia è piena di personalità che, vivendo in balìa delle loro paure, cercano di vincerle esercitando in maniera dispotica il potere e mettendo in atto disumani propositi di violenza. Ma non dobbiamo pensare che si vive nella prospettiva di Erode solo se si diventa tiranni, no! In realtà è un atteggiamento in cui possiamo cadere tutti noi, ogni volta che cerchiamo di scacciare le nostre paure con la prepotenza, anche se solo verbale o fatta di piccoli soprusi messi in atto per mortificare chi ci è accanto. Anche noi abbiamo nel cuore la possibilità di essere dei piccoli Erode.
Giuseppe è l’opposto di Erode: prima di tutto è «un uomo giusto» (Mt 1,19), mentre Erode è un dittatore; inoltre si dimostra coraggioso nell’eseguire l’ordine dell’Angelo. Si possono immaginare le peripezie che dovette affrontare durante il lungo e pericoloso viaggio e le difficoltà che comportò la permanenza in un paese straniero, con un'altra lingua: tante difficoltà. Il suo coraggio emerge anche al momento del ritorno, quando, rassicurato dall’Angelo, supera i comprensibili timori e con Maria e Gesù si stabilisce a Nazaret (cfr Mt 2,19-23). Erode e Giuseppe sono due personaggi opposti, che rispecchiano le due facce dell’umanità di sempre. È un luogo comune sbagliato considerare il coraggio come virtù esclusiva dell’eroe. In realtà, il vivere quotidiano di ogni persona – il tuo, il mio, di tutti noi – richiede coraggio: non si può vivere senza coraggio! Il coraggio per affrontare le difficoltà di ogni giorno. In tutti i tempi e in tutte le culture troviamo uomini e donne coraggiosi, che per essere coerenti con il proprio credo hanno superato ogni genere di difficoltà, sopportando ingiustizie, condanne e persino la morte. Il coraggio è sinonimo di fortezza, che insieme alla giustizia, alla prudenza e alla temperanza fa parte del gruppo delle virtù umane, dette “cardinali”.
La lezione che ci lascia oggi Giuseppe è questa: la vita ci riserva sempre delle avversità, questo è vero, e davanti ad esse possiamo anche sentirci minacciati, impauriti, ma non è tirando fuori il peggio di noi, come fa Erode, che possiamo superare certi momenti, bensì comportandoci come Giuseppe che reagisce alla paura con il coraggio di affidarsi alla Provvidenza di Dio. Oggi credo ci voglia una preghiera per tutti i migranti, tutti i perseguitati e tutti coloro che sono vittime di circostanze avverse: che siano circostanze politiche, storiche o personali. Ma, pensiamo a tanta gente vittima delle guerre che vuole fuggire dalla sua patria e non può; pensiamo ai migranti che incominciano quella strada per essere liberi e tanti finiscono sulla strada o nel mare; pensiamo a Gesù nelle braccia di Giuseppe e Maria, fuggendo, e vediamo in Lui ognuno dei migranti di oggi. E’ una realtà, questa della migrazione di oggi, davanti alla quale non possiamo chiudere gli occhi. E’ uno scandalo sociale dell’umanità.
San Giuseppe,
tu che hai sperimentato la sofferenza di chi deve fuggire
tu che sei stato costretto a fuggire
per salvare la vita alle persone più care,
proteggi tutti coloro che fuggono a causa della guerra,
dell’odio, della fame.
Sostienili nelle loro difficoltà,
rafforzali nella speranza e fa’ che incontrino accoglienza e solidarietà.
Guida i loro passi e apri i cuori di coloro che possono aiutarli. Amen.
Papa Francesco: “la migrazione di oggi uno scandalo sociale dell’umanità”
29 Dicembre 2021 - Città del Vaticano - “Giuseppe è l’opposto di Erode: prima di tutto è ‘un uomo giusto’; inoltre si dimostra coraggioso nell’eseguire l’ordine dell’Angelo”. Lo ha detto Papa Francesco nella catechesi dell’udienza generale di stamani. Riprendendo il ciclo di catechesi su San Giuseppe, ha incentrato la sua riflessione sul tema: “San Giuseppe, migrante perseguitato e coraggioso”. “Erode e Giuseppe sono due personaggi opposti, che rispecchiano le due facce dell’umanità di sempre – ha detto il Papa -. È un luogo comune sbagliato considerare il coraggio come virtù esclusiva dell’eroe. In realtà, il vivere quotidiano di ogni persona richiede coraggio per affrontare le difficoltà di ogni giorno”. Guardando alla storia, il Papa ha poi ribadito che “in tutti i tempi e in tutte le culture troviamo uomini e donne coraggiosi, che per essere coerenti con il proprio credo hanno superato ogni genere di difficoltà, sopportando ingiustizie, condanne e persino la morte”. “Il coraggio è sinonimo di fortezza, che insieme alla giustizia, alla prudenza e alla temperanza fa parte del gruppo delle virtù umane, dette ‘cardinali’”. E, ancora, la lezione che “ci lascia oggi Giuseppe”, cioè che “la vita ci riserva sempre delle avversità, e davanti ad esse possiamo anche sentirci minacciati, impauriti, ma non è tirando fuori il peggio di noi, come fa Erode, che possiamo superare certi momenti, bensì comportandoci come Giuseppe che reagisce alla paura con il coraggio di affidarsi alla Provvidenza di Dio”. Infine, la preghiera per tutti i migranti, tutti i perseguitati e tutti coloro che sono vittime di circostanze avverse politiche, storiche e personali. Il riferimento è alle persone vittime delle guerre che vogliono fuggire dalla loro patria e non possono, i migranti che “cominciano quella strada per essere liberi e invece finiscono sulla strada o nel mare”. “Una realtà quella della migrazione di oggi davanti alla quale non possiamo chiudere gli occhi, è uno scandalo sociale dell’umanità”.
Papa Francesco: migranti “vittime della violenza dei potenti”
29 Dicembre 2021 - Città del Vaticano - Papa Francesco dedica l'Udienza generale di questa mattina su "San Giuseppe, migrante perseguitato e coraggioso" riprendendo il ciclo di catechesi su San Giuseppe. "Ancora oggi tanti nostri fratelli e tante nostre sorelle - ha detto - sono costretti a vivere la medesima ingiustizia e sofferenza. La causa è quasi sempre la prepotenza e la violenza dei potenti" ed ha ricordato che la Sacra Famiglia fu costretta per un periodo a rifugiarsi in Egitto per sfuggire alla violenza di Erode.
Papa Francesco: “non ci lasciare indifferenti di fronte al dramma dei migranti, dei profughi e dei rifugiati”
27 Dicembre 2021 - Città del Vaticano - "Bambino di Betlemme, consenti di fare presto ritorno a casa ai tanti prigionieri di guerra, civili e militari, dei recenti conflitti, e a quanti sono incarcerati per ragioni politiche". Lo ha chiesto Papa Francesco il giorno di Natale nel suo Messaggio natalizio 'Urbi et Orbi'. Il Pontefice ha chiesto di lasciarci "indifferenti di fronte al dramma dei migranti, dei profughi e dei rifugiati. I loro occhi ci chiedono di non girarci dall'altra parte, di non rinnegare l'umanità che ci accomuna, di fare nostre le loro storie e di non dimenticare i loro drammi".
Un appello forte, l'ennesimo, del Pontefice mentre le cronache ci pongono davanti agli occhi altri drammatici sbarchi, naufragi o tentativi di approdo in terre più sicure. Nel suo messaggio Papa Francesco ha toccato le varie situazioni del mondo: i numerosi conflitti, le crisi internazionali, le guerre che costellano il pianeta, cui solo avendo "la forza di aprirci al dialogo" si possono dare soluzioni. Ma anche l'inasprirsi incalzante della pandemia, per cui occorre trovare al più presto le risposte "più idonee", non ultime le vaccinazioni per le "popolazioni più bisognose". E poi il pensiero va al popolo siriano che vive da "oltre un decennio una guerra che ha provocato molte vittime e un numero incalcolabile di profughi". All'Iraq, "che fatica ancora a rialzarsi dopo un lungo conflitto". Al grido dei bambini dello Yemen, "dove un'immane tragedia, dimenticata da tutti, da anni si sta consumando in silenzio, provocando morti ogni giorno". Bergoglio non dimentica "le continue tensioni tra israeliani e palestinesi, che si trascinano senza soluzione, con sempre maggiori conseguenze sociali e politiche", la Terra Santa, il Libano. E l'Afghanistan e la sua popolazione "che da oltre quarant'anni è messo a dura prova da conflitti che hanno spinto molti a lasciare il Paese". E ancora il Myanmar, l'Ucraina, i conflitti in Africa, come quelli in Etiopia, nel Sahel, in Sudan e Sud Sudan. “Verbo eterno che ti sei fatto carne, rendici premurosi - ha pregato - verso la nostra casa comune, anch’essa sofferente per l’incuria con cui spesso la trattiamo, e sprona le autorità politiche a trovare accordi efficaci perché le prossime generazioni possano vivere in un ambiente rispettoso della vita”, ha proseguito: "tante sono le difficoltà del nostro tempo, ma più forte è la speranza, perché un bambino è nato per noi. Lui è la Parola di Dio e si è fatto infante, capace solo di vagire e bisognoso di tutto. Ha voluto imparare a parlare, come ogni bambino, perché noi imparassimo ad ascoltare Dio, nostro Padre, ad ascoltarci tra noi e a dialogare come fratelli e sorelle. O Cristo, nato per noi, insegnaci a camminare con te sui sentieri della pace”. (Raffaele Iaria)
Papa Francesco saluta un bambino del campo di Lesbo
22 Dicembre 2021 - Città del Vaticano - Questa mattina, al termine dell’Udienza Generale, Papa Francesco ha salutato un bambino incontrata nel campo Mavrovouni di Lesbo, insieme alla sua famiglia, venuti a Roma "per curarsi grazie all’intervento del Pontefice e agli sforzi della Comunità di Sant’Egidio". Lo ha detto questa mattina il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni che ha precisato che il bambino ha un anno e mezzo ed è di origine afghana. (R.I.)
Papa Francesco: profughi con me in Italia sono uno stimolo per altri Paesi Ue
22 Dicembre 2021 - Città del Vaticano – Questa mattina papa Francesco, al termine dell’Udienza Generale, ha richiamato nuovamente il tema dell’accoglienza dei migranti. Nel viaggio a Cipro e in Grecia “ho potuto toccare con mano ancora una volta l'umanità ferita dei profughi e dei migranti”, ha detto il Pontefice: “ho anche constatato come solo alcuni Paesi europei stiano sopportando la maggior parte delle conseguenze del fenomeno migratorio nell'area mediterranea, mentre in realtà esso richiede una responsabilità condivisa di tutti, dalla quale nessun Paese può esimersi, perché è un problema di umanità". In particolare, “grazie alla generosa apertura delle autorità italiane, ho potuto portare a Roma – ha aggiunto - un gruppo di persone, che ho conosciuto durante il mio viaggio: oggi sono qui in mezzo a noi alcuni di loro. Benvenuti! Ce ne faremo carico, come Chiesa, nei prossimi mesi. È un piccolo segno, che spero serva da stimolo per gli altri Paesi europei, affinché permettano alle realtà ecclesiali locali di farsi carico di altri fratelli e sorelle che vanno urgentemente ricollocati, accompagnati, promossi e intregrati”. Papa Francesco ha evidenziato che sono le Chiese locali, le congregazioni religiose e le organizzazioni cattoliche “pronte ad accoglierli e accompagnarli verso una feconda integrazione. Serve solo aprire una porta, la porta del cuore! Non manchiamo di farlo in questo Natale!”. (Raffaele Iaria)
Papa Francesco: l’impatto della crisi sull’economia informale, che “spesso coinvolge i lavoratori migranti, è stato devastante”
21 Dicembre 2021 - Città del Vaticano - L’impatto della crisi sull’economia informale, che “spesso coinvolge i lavoratori migranti, è stato devastante”. Lo scrive oggi papa Francesco nel messaggio per la 55ma Giornata Mondiale della Pace che si celebrerà il prossimo 1 gennaio sul tema “Dialogo fra generazioni, educazione e lavoro: strumenti per edificare una pace duratura”. Molti migranti – scrive il Papa – “non sono riconosciuti dalle leggi nazionali, come se non esistessero; vivono in condizioni molto precarie per sé e per le loro famiglie, esposti a varie forme di schiavitù e privi di un sistema di welfare che li protegga. A ciò si aggiunga che attualmente solo un terzo della popolazione mondiale in età lavorativa gode di un sistema di protezione sociale, o può usufruirne solo in forme limitate. In molti Paesi crescono la violenza e la criminalità organizzata, soffocando la libertà e la dignità delle persone, avvelenando l’economia e impedendo che si sviluppi il bene comune. La risposta a questa situazione non può che passare attraverso un ampliamento delle opportunità di lavoro dignitoso”. La pandemia da Covid-19 – ha aggiunto papa Francesco nel messaggio presentato oggi nella sala Stampa della Santa Sede - ha “aggravato la situazione del mondo del lavoro, che stava già affrontando molteplici sfide. Milioni di attività economiche e produttive sono fallite; i lavoratori precari sono sempre più vulnerabili; molti di coloro che svolgono servizi essenziali sono ancor più nascosti alla coscienza pubblica e politica; l’istruzione a distanza ha in molti casi generato una regressione nell’apprendimento e nei percorsi scolastici. Inoltre, i giovani che si affacciano al mercato professionale e gli adulti caduti nella disoccupazione affrontano oggi prospettive drammatiche”. (Raffaele Iaria)
La Domenica del Papa: alzarsi, in fretta
20 Dicembre 2021 - Città del Vaticano - La liturgia di questa quarta domenica di Avvento già ci accompagna nel cuore del mistero di un Dio che non solo visita il suo popolo, ma sceglie di dimorare stabilmente in mezzo ad esso; che opera una sorta di capovolgimento dei criteri e delle attese dell’uomo, di ieri e di oggi. Betlemme è un piccolo borgo della Giudea che ha dato i natali a re Davide che riunirà tutte le tribù di Israele in un’unica realtà politica. È in questa borgo, “così piccolo per essere tra i villaggi di Giuda”, che vede la luce “colui che deve essere il dominatore di Israele” come leggiamo nel testo del profeta Michea. Natale, allora, “non è una favola per bambini, ma la risposta di Dio al dramma dell’umanità in cerca della vera pace”, diceva Benedetto XVI, per il quale c’è “un disegno divino che comprende e spiega i tempi e i luoghi della venuta del figlio di Dio nel mondo”, disegno di pace, come leggiamo in Michea.
La domenica di papa Francesco è incontro con i bambini assistiti al dispensario pediatrico Santa Marta in Vaticano; è messaggio all’università cattolica, inaugurazione dell’anno accademico nel centenario della sua nascita, appello ai giovani a non avere paura di porre domande, di cercare risposte, e combattere così la deriva individualista. È incontro con le ventimila persone in piazza per l’Angelus, invito a imitare Maria che, dopo il suo “sì”, dopo l’annuncio dell’angelo, “si alzò e andò in fretta” da Elisabetta. Due donne in attesa, due bambini non ancora nati, immagini del disegno di Dio che agisce nella storia.
Alzarsi e camminare in fretta, dice papa Francesco, “sono i due movimenti che Maria ha fatto e che invita anche noi a fare in vista del Natale”. Per Maria, ricorda il vescovo di Roma, “si profilava un periodo difficile: la sua gravidanza inattesa la esponeva a incomprensioni e anche a pene severe, anche alla lapidazione, nella cultura di quel tempo. Immaginiamo quanti pensieri e turbamenti aveva. Tuttavia, non si scoraggia, non si abbatte, ma si alza. Non volge lo sguardo in basso, verso i problemi, ma in alto, verso Dio. E non pensa a chi chiedere aiuto, ma a chi portare aiuto”. Anche Dante, nella sua Divina Commedia, esalta questo andare verso l’altro, perché “la sua benignità” non solo viene in aiuto a chi chiede il suo intervento, ma spontaneamente anticipa la domanda, o, come scrive il poeta, “molte fiate liberamente al dimandar precorre”.
Francesco chiede, nelle parole che precedono la preghiera mariana, di imparare da Maria a reagire in questo modo: “alzarci, soprattutto quando le difficoltà rischiano di schiacciarci”. Alzarsi, afferma ancora, “per non rimanere impantanati nei problemi, sprofondando nell’autocommiserazione e in una tristezza che paralizza”. Alzarsi perché “Dio è grande ed è pronto a rialzarci se noi gli tendiamo la mano. Allora gettiamo in lui i pensieri negativi, le paure che bloccano ogni slancio e impediscono di andare avanti”. Di più guardiamoci attorno, dice il Papa, “cerchiamo qualche persona cui possiamo essere di aiuto”, qualche anziano “cui posso fare un po’ di compagnia, un servizio, una gentilezza, una telefonata? Aiutando gli altri, aiuteremo noi stessi a rialzarci dalle difficoltà”.
Poi il secondo movimento: andò in fretta. “Maria si mette in viaggio con generosità, senza lasciarsi intimorire dai disagi del tragitto, rispondendo a un impulso interiore che la chiama a farsi vicina e a dare aiuto. Una lunga strada, chilometri e chilometri, e non c’era un bus che andava: è dovuta andare a piedi. Lei esce per dare aiuto, condividendo la sua gioia”.
Andare in fretta non significa “procedere con agitazione, in modo affannato: si tratta invece di condurre le nostre giornate con passo lieto, guardando avanti con fiducia, senza trascinarci di malavoglia, schiavi delle lamentele, che rovinano la vita, sempre alla ricerca di qualcuno da incolpare”.
Papa Francesco chiede di pensare ai nostri passi, positivi “oppure mi attardo nella malinconia. Vado avanti con speranza o mi fermo per piangermi addosso? Se procediamo con il passo stanco dei brontolii e delle chiacchiere, non porteremo Dio a nessuno. Soltanto porteremo amarezza e cose oscure”. Fa bene, invece, “un sano umorismo”, perché “il primo atto di carità che possiamo fare al prossimo è offrirgli un volto sereno e sorridente”. (Fabio Zavattaro – SIR)
Papa Francesco riceve un gruppo di profughi arrivati in questi giorni in Italia
17 Dicembre 2021 - Città del Vaticano - Questa mattina, nel giorno del suo compleanno, Papa Francesco ha ricevuto al Palazzo Apostolico un primo gruppo di una decina di rifugiati giunti in Italia ieri grazie a un accordo tra la Santa Sede, le Autorità italiane e quelle cipriote, come già anticipato durante il recente Viaggio Apostolico a Cipro e in Grecia. Lo riferisce oggi il direttore della sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni. Il gruppo sarà sostenuto direttamente dal Pontefice mentre la Comunità di Sant’Egidio si occuperà del loro inserimento in un programma di integrazione della durata di un anno.
Il Papa ha accolto i rifugiati nella sala del tronetto e ha ascoltato le loro storie e quelle del loro viaggio dal Congo-Brazzaville, dalla Repubblica Democratica del Congo, dal Camerun, dalla Somalia e dalla Siria. Alcuni di loro sono medici e tecnici informatici. “Ci hai salvato!” ha detto, commosso, un ragazzo congolese, rivolgendosi a lui. Il Papa - ha aggiunto Bruni - ha rivolto loro individualmente alcune parole di benvenuto e di affetto, e li ha ringraziati della visita.
Nell’augurargli “lunga vita e tanta salute” per il suo compleanno, i rifugiati hanno dato in dono al Papa un quadro di un rifugiato afgano, raffigurante il tentativo dì attraversare il Mediterraneo da parte di alcuni migranti.
Papa Francesco si è informato su una bambina incontrata nel campo di Mavrouni, a Lesbo, che verrà in Italia nei prossimi giorni insieme alla famiglia per curarsi, e dopo una foto insieme, ha salutato il gruppo e chiesto a tutti di pregare per lui. (R.I.)
La domenica del papa: la concretezza della fede
13 Dicembre 2021 - Città del Vaticano - In piazza San Pietro ci sono i bambini con le statuette del bambinello del presepio nelle loro mani, a ricordare che la nostra gioia è in quella mangiatoia. La terza domenica di Avvento, posta com’è a metà del percorso verso il Natale, ci fa riflettere non solo su chi è il festeggiato, Gesù, ma anche sul fatto che la venuta del Signore non può provocare altro che gioia nel credente: “siate sempre lieti nel Signore” scrive Paolo ai Filippesi, “il Signore è vicino”. Domenica gaudete, dunque, dedicata alla letizia, alla gioia – non l’effimera allegria – attesa dell’incontro con il Signore che nasce.
Festa che nelle nostre strade è anticipata dalle luci, dalle vetrine con richiami spesso difficili da ignorare, anche in tempi di crisi. Papa Francesco all’Angelus ci invita a gioire ma anche a non dimenticare drammi e difficoltà dei nostri fratelli. Subito l’Ucraina, appello e preghiera “perché le tensioni siano risolte attraverso un serio dialogo internazionale e non con le armi. Che questo Natale porti pace all’Ucraina”. E nuova richiesta affinché si fermi la corsa agli armamenti: “le armi non sono la strada”, afferma Francesco.
Le parole di Paolo agli abitanti di Filippi “siate sempre lieti nel Signore”, e “il Signore è vicino”, sono invito che deve scuoterci dal torpore di una vita triste, vuota e vissuta senza entusiasmo. Il Natale, ricordava Papa Benedetto “ci aiuta a riscoprire il senso e il gusto della gioia cristiana, così diversa da quella del mondo”. Per gioire, affermava ancora, abbiamo bisogno “non solo di cose, ma di amore e di verità: abbiamo bisogno di un Dio vicino, che riscalda il nostro cuore, e risponde alle nostre attese profonde”.
Nel Vangelo di questa domenica, Luca ci porta di nuovo ad ascoltare le parole di Giovanni Battista, uomo austero, senza compromessi, che ha scelto il deserto come sua dimora. Eppure, la gioia è stata, come dire, la cifra della sua esistenza, il tono della sua vita. Non invita a fuggire nel deserto, a ricoprirsi di pelli di animali; il luogo della conversione è la vita in cui deve prendere forma la parola di Dio, che dona salvezza. Un Dio che viene e che è più forte di lui, ricorda, al quale non è degno di slegale i lacci dei sandali.
Le parole di Giovanni non contrastano, dunque, con l’invito alla gioia di questa domenica, perché a ben vedere il suo invito alla conversione, è messaggio di speranza, ricerca di un volto al di là e sopra ogni giustizia, il volto della misericordia. Così papa Francesco che ripropone la domanda che è stata rivolta a Giovanni il Battista: “che cosa dobbiamo fare?”. È un interrogativo, ha commentato, che “non parte da un senso del dovere”, ma dall’entusiasmo per la venuta del Signore. Domanda che ha un significato più alto: “cosa fare della mia vita? A cosa sono chiamato? Che cosa mi realizza?”. Interrogativi che ci ricordano che “la vita ha un compito per noi. Non è senza senso, non è affidata al caso”. In questo tempo siamo “indaffarati in tanti preparativi, per regali e cose che passano, ma chiediamoci che cosa fare per Gesù e per gli altri”. Così Giovanni Battista dà risposte diverse alle folle – “chi ha due tuniche, ne dia a chi non ha” – ai pubblicani – “non esigente nulla di più di quanto vi è stato fissato” – ai soldati, alle loro domande; a “ciascuno è rivolta una parola specifica, che riguarda la situazione reale della sua vita”. Perché la fede, dice il Papa, “non è una teoria astratta, una teoria generalizzata, no, la fede tocca la carne e trasforma la vita di ciascuno”. Quale, allora, la concretezza della nostra fede, chiede Francesco: “è una cosa astratta o è concreta? La porto avanti nel servizio agli altri, nell’aiuto?”. Chiediamoci, “cosa posso fare concretamente? In questi giorni, mentre siamo vicini al Natale. Come posso fare la mia parte? Prendiamo un impegno concreto, anche piccolo, che si adatti alla nostra situazione di vita, e portiamolo avanti per prepararci a questo Natale. Ad esempio: posso telefonare a quella persona sola, visitare quell’anziano o quel malato, fare qualcosa per servire un povero, un bisognoso. Ancora: forse ho un perdono da chiedere o un perdono da dare, una situazione da chiarire, un debito da saldare. Magari ho trascurato la preghiera e dopo tanto tempo è ora di accostarmi al perdono del Signore. Fratelli e sorelle, troviamo una cosa concreta e facciamola!”. (Fabio Zavattaro – Sir)
Mon. Perego: il viaggio del Papa a Cipro e in Grecia è anche un appello concreto all’Europa
9 Dicembre 2021 - Roma - Il viaggio a Cipro e in Grecia è anche un appello concreto all’Europa, a tutti i Paesi che formano la “casa comune” europea, a "superare interessi nazionali e considerazioni politiche per rimettere al centro, nella politica migratoria, la dignità della persona migrante". Lo scrive oggi mons. Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes, in un editoriale per il settimanale "Famiglia Cristiana" in uscita oggi. Il viaggio diventa - scrive mons. Perego - così "una critica aperta allo scandalo di 10 muri che si sono alzati ai confini dei Paesi europei e a un accordo continuamente rimandato per rivedere il regolamento di Dublino con l’impegno alla distribuzione dei richiedenti asilo e rifugiati in tutti i 27 Paesi europei. Da Lesbo, in comunione con le altre Chiese cristiane, può rinascere l’Europa della solidarietà". Il presidente della Migrantes evidenzia come il viaggio sia stato preceduto dall’incontro in Santa Marta con 12 rifugiati accompagnati dall’elemosiniere e dall’incontro con 15 profughi ospitati presso la parrocchia di Santa Maria degli Angeli di Fiumicino e come il papa, nell'Angelus di domenica 28 novembre abbia ricordato con "sofferta partecipazione i migranti morti nel Canale della Manica e i migranti che continuano a morire nelle acque del Mediterraneo, come anche la situazione drammatica al confine tra Polonia e Bielorussia che si unisce al dramma dei migranti della Rotta balcanica". Il Papa "unisce sempre alle parole i fatti, i gesti ai discorsi, per rendere credibile il messaggio della Chiesa. Laddove ci sono sofferenza, un’umanità ferita per le privazioni, le violenze, la fuga da guerre e cambiamenti climatici, ha ricordato il Papa sempre all’Oim, non possono prevalere le considerazioni diplomatiche, non si possono semplicemente 'difendere le agende politiche'". (R.Iaria)
Papa Francesco ha pregato per i popoli che soffrono duramente per le guerre e la crisi climatica
9 Dicembre 2021 -
Roma - Ha pregato per i popoli che soffrono duramente per le guerre e la crisi climatica papa Francesco ieri mattina, poco prima dell'alba, davanti alla statua dell'Immacolata Concezione in a Piazza di Spagna. "Questa mattina, nella Solennità dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, poco prima delle 6.15, Papa Francesco si è recato in Piazza di Spagna per un atto di venerazione a Maria Immacolata, anche quest’anno in forma privata", ha etto il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni. "Mentre attorno era notte, il Papa ha deposto un cesto di rose bianche alla base della colonna sulla cui sommità si trova la statua della Madonna e si è fermato in preghiera, chiedendoLe il miracolo della cura, per i tanti malati; della guarigione, per i popoli che soffrono duramente per le guerre e la crisi climatica; e della conversione, perché sciolga il cuore di pietra di chi innalza muri per allontanare da sé il dolore degli altri", ha spiegato Bruni.
Il Papa, poi, si è recato a Santa Maria Maggiore dove ha continuato la preghiera davanti all’icona di Maria Salus Populi Romani. (R.I.)