Tag: Immigrati e rifugiati

Bilancio 2021 Fondo Asilo Migrazione e Integrazione: impegnato il 94,5% delle risorse

4 Febbraio 2022 - Roma - Presentato nei giorni scorsi  il bilancio sull'attività al 2021 del Fondo Asilo Migrazione e Integrazione (Fami) 2014-2020. I dati sono stati illustrati durante la riunione del Comitato di sorveglianza aperta dall'autorità responsabile del fondo, il prefetto Mara Di Lullo, con la partecipazione, per la Commissione europea, della capo Unità Katerina Wolfova e del programme manager Guido Castellano, dell'autorità delegata Tatiana Esposito, direttore generale Immigrazione e Politiche di integrazione del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, e dell'autorità di audit Patrizia Tramparulo. Durante l'incontro sono stati illustrati livelli di spesa, stato di avanzamento e ambito tematico dei 660 progetti effettivamente finanziati al 31 dicembre 2021 per un totale di 706.157.482,21 sui complessivi 717 progetti finanziari dal 2015 alla stessa data, al netto di 57 revocati o che hanno rinunciato al finanziamento. Dei 660 progetti finanziati, oltre la metà (il 53%) si è concluso e il 46% è in corso, mentre solo l'1% è ancora da avviare. A un anno dalla chiusura del Fondo, ha sottolineato il prefetto, sono state impegnate quasi tutte le risorse, il 94,5%, ed è stato speso il 69%, come evidenziato nel resoconto dettagliato al 31 dicembre 2021 dal quale emerge, tra i diversi piani di analisi, che circa la metà del totale dei progetti interessa principalmente 3 ambiti di intervento, capacity building (170 progetti), formazione linguistica (85 progetti) e accoglienza dei minori (69 progetti), mentre i primi 4 ambiti di intervento per stanziamenti finanziari riguardano l'accoglienza dei minori, il capacity building, la formazione linguistica e i rimpatri. Inoltre, 320 dei progetti FAMI prevedono la formazione di 95.020 operatori, attualmente conclusa, secondo gli ultimi monitoraggi, per il 76% degli stessi. Nel resoconto sono disponibili maggiori dettagli e informazioni sugli ambiti d'intervento e gli obiettivi specifici del Fami, oltre che sulla programmazione 2021-2027.

Sr. Bottani: “una maratona di preghiera contro la tratta” 

4 Febbraio 2022 - Milano - "La tratta di persone è una delle ferite più profonde della nostra società. Da anni il Papa sprona tutti a reagire schierandosi al 'a fianco degli uomini, delle donne e dei bambini ridotti in schiavitù, sfruttati, abusati come strumenti di lavoro o di piacere, spesso torturati e mutilati'. L’8 febbraio è stata organizzata una maratona di preghiera che dalle 9 alle 17 abbraccerà i vari continenti. È prevista la testimonianza di alcune vittime. Ed è atteso un messaggio del Santo Padre". Alla vigilia dell’evento, nel numero in edicola Famiglia Cristiana pubblica una riflessione di suor Gabriella Bottani, religiosa comboniana, coordinatrice della Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta. "È necessario e urgente interrompere le dinamiche" che generano questa tragica piaga, scrive suor Bottani: "dobbiamo realizzare un cambiamento radicale, passando da modelli economici e stili di vita basati sullo sfruttamento e sulla tratta a quelli fondati sulla cura delle persone e della nostra casa comune. E siamo proprio noi donne a essere chiamate a guidare con coraggio questa trasformazione". Secondo l’Onu, puntualizza la religiosa comboniana, proprio "le donne e le bambine rappresentano il 72% delle vittime della tratta e la percentuale aumenta significativamente nel contesto dello sfruttamento sessuale. La pandemia ha incrementato questo business, amplificando i meccanismi socio-economici che ne sono alla base, aumentando le disuguaglianze ed esponendo a rischi maggiori chi già si trovava in contesti di vulnerabilità e discriminazione". "In questo tempo di crisi, conclude suor Gabrielle Bottani, fermarsi a pregare insieme diventa essenziale perché, come ci ricorda papa Francesco, 'c’è bisogno di pregare per sostenere le vittime della tratta e le persone che accompagnano i processi di integrazione e di reinserimento sociale. C’è bisogno di pregare perché impariamo ad avvicinarci con umanità e coraggio a chi è segnato da tanto dolore e disperazione, tenendo viva la speranza. Pregare per essere sentinelle capaci di discernere e fare scelte orientate al bene. La preghiera tocca il cuore e spinge ad azioni concrete, ad azioni innovative, coraggiose, che sanno assumere il rischio confidando nella potenza di Dio'".

Il sorriso del piccolo Mustafà che abbraccia l’Italia

[caption id="attachment_26866" align="alignnone" width="300"] Foto SIR/Marco Calvarese[/caption] 4 Febbraio 2022 - Siena - Dalle braccia del papà a quelle della mamma, in un gioco continuo fatto di sorrisi e di urla gioiose dove anche un carrello per la spesa diventa un giocattolo da condividere con le due sorelline più piccole. Ti abbraccia con il sorriso: ti accoglie così Mustafà al-Nazzal, il bambino siriano di 5 anni, immortalato con suo padre Munzir (33 anni), dal fotografo turco Mehmet Aslam, nello scatto vincitore del concorso Siena International Photo Awards (Sipa) facendo così il giro del mondo. La foto li ritraeva mentre giocavano in un campo profughi in Turchia: il papà privo di una gamba che librava in alto suo figlio nato senza arti. La famiglia di Mustafà era fuggita in Turchia da Idlib, nella regione nord-occidentale della Siria, nel 2019, dopo che suo padre Munzir aveva perso una gamba in un attacco chimico del regime siriano. Sua moglie Zeynep, all’epoca incinta di pochi mesi di Mustafà, inalò il gas che provocò nel piccolo la sindrome di tetra-amelia, per questo nato privo di arti. Grazie a quella foto che scatenò una vera e propria corsa alla solidarietà, la famiglia di Mustafà è arrivata a Siena, accolta dalla locale arcidiocesi guidata dal card. Augusto Paolo Lojudice, dove vive in uno dei quattro appartamenti del Centro Caritas di Arbia, un vero e proprio polo della solidarietà, aperto ai bisogni di tutti. Qui, con l’aiuto di tanti volontari, come Anna, Paolo, Maria, la famiglia di Mustafà sta ricominciando una nuova vita. “Grazie”, “ciao”, “Italia” e soprattutto “ciaccino”, la tipica focaccia farcita senese, sono le prime parole che Mustafà e le sue sorelline hanno imparato a pronunciare e che ripetono spesso sotto lo sguardo divertito dei loro genitori. La mamma Zenyep, 26 anni, ripete il suo “grazie” all’Italia e agli italiani: “avevamo bisogno di aiuto e qui lo abbiamo trovato, ora possiamo curare Mustafà, le nostre bambine potranno andare a scuola e imparare l’italiano”. Finita la sua quarantena, il piccolo Mustafà in questi giorni sta completando un primo ciclo di visite mediche e di accertamenti. Sia lui che il papà, infatti, sono attesi per inizio marzo nel Centro Protesi Vigorso dell’Inail a Budrio, vicino a Bologna, dove inizieranno la riabilitazione. Nel centro Inail sono stati assistiti campioni e atleti paralimpici come Alex Zanardi e Bebe Vio. Ma se per il padre Munzir, spiega Anna Ferretti del team di Caritas Siena, “la riabilitazione sarà una cosa breve, quella di Mustafa sarà più complessa perché il bambino non ha mai avuto gli arti e ciò rende tutto più difficile". Seppur con lo sguardo rivolto al futuro, la famiglia del piccolo Mustafà non dimentica la Siria. Racconta Munzir: “prima della guerra la mia famiglia aveva delle terre che coltivavo con i miei genitori. Poi la guerra ci ha tolto tutto". Oggi è in atto un conflitto contro il popolo siriano e se la comunità internazionale non si muoverà questa strage è destinata a durare ancora a lungo. Bisogna fermare tutti gli attori in lotta a cominciare dal regime”. Il pensiero corre anche ai familiari rifugiati in Turchia: “siamo in contatto con loro tutti i giorni – dice Zeynep – sono felici per quanto è accaduto e sono riconoscenti all’Italia per la generosità mostrata nei nostri confronti. Tanto riconoscenti da avere – rivela la donna – la bandiera italiana nello status di WhatsApp”. Poco lontano il card. Lojudice gioca e scherza con Mustafà e le sorelline: “Come Diocesi – spiega - abbiamo dato disponibilità ad accogliere questa famiglia. Abbiamo dato loro un alloggio ed abbiamo pensato ad un percorso di vita, umano e sociale da fare insieme”. “Spero che questa esperienza possa servire a riportare attenzione sulla guerra in Siria, oramai scomparsa dai radar dell’informazione, e sulla sofferenza dei bambini che sono le prime vittime della violenza. Mustafà – aggiunge il cardinale - sia un apripista, un punto di riferimento per altre situazioni simili. Perché anche dal male si può trarre il bene, e dalla disperazione  speranza”. “La diocesi di Siena sta mostrando un grande cuore – conferma Anna Ferretti – stanno arrivando fondi e regali. Pochi giorni fa una parrocchia di Montalcino ha donato un cellulare a Mustafà. Anche le Contrade stanno fremendo per fare qualcosa. La solidarietà è nel Dna dei senesi”. Lo racconta anche la storia di questa città dove già nel 1090 era operativo il più antico ospedale d’Europa per i pellegrini. Santa Maria della Scala accoglieva i pellegrini che percorrevano la Via Francigena, ospitava e sosteneva i poveri, i bambini abbandonati detti “gettatelli” e curava gli ammalati. I poveri di ieri e i rifugiati di oggi. (Daniele Rocchi)

Congo: assalto al campo profughi

3 Febbraio 2022 -

Li hanno sorpresi nella notte, invadendo il campo profughi di Savo, vicino alla cittadina di Bule, nella provincia nord-orientale congolese dell’Ituri. Approfittando del buio, un gruppo di miliziani è entrato nel campo e provocato l’ennesimo massacro compiuto con armi da fuoco e machete: almeno sessanta sfollati sono rimasti uccisi, un’altra quarantina feriti per mano del gruppo Codeco, che da alcuni anni pretende di difendere gli agricoltori Lendu nella faida con la comunità di pastori Hema. «Ho sentito delle urla mentre stavo ancora dormendo, poi una sparatoria durata diversi minuti – ha raccontato Lokana Bale Lussa, residente nel campo –. Sono scappato vedendo che c’era chi appiccava fuoco nel campo, mentre la gente chiedeva aiuto. Ho capito che i miliziani Codeco avevano invaso la nostra zona. Abbiamo bisogno di maggiore sicurezza: già non avevamo accesso alle nostre terre, ora veniamo perseguitati anche nei campi». Secondo alcune ricostruzioni, militari dell’esercito congolese avrebbero incrociato i miliziani dopo il massacro, ma il gruppo armato sarebbe comunque poi riuscito a fuggire. L’area in cui ha avuto luogo il massacro è quella di Djugu, al confine con il Lago Albert e l’Uganda che si trovano ad est, area che già da tempo è teatro degli scontri tra le comunità Lendu e Hema. I combattimenti tra i due gruppi sono esplosi tra il 1999 e il 2003, causando decine di migliaia di vittime prima di essere frenati da una forza di interposizione dell’Unione Europea, Artemis. La violenza è poi ripresa nel 2017, attribuita all’emergere di Codeco (Cooperativa per lo sviluppo del Congo) che punta a difendere i Lendu e che, secondo le Nazioni Unite, ha già provocato centinaia di vittime e costretto alla fuga migliaia di civili. Il gruppo – che ultimamente ha più volte preso di mira i campi profughi – è una delle tante formazioni armate che operano nella provincia, tra le più turbolente dell’intera Repubblica democratica del Congo. Il campo profughi di Savo ospita attualmente circa 24mila persone rispetto a un totale di 1,7 milioni di sfollati in tutta la provincia del-l’Ituri, provincia in cui nel 2021 le vittime civili sono state oltre 1.200.

Sia nell’Ituri che nel vicino Nord Kivu sono peraltro sempre più frequenti le segnalazioni di incursioni di formazioni anche di stampo jihadista. Non a caso proprio nel Nord Kivu, nel territorio di Beni, nei giorni scorsi è stato arrestato un noto jihadista di nazionalità keniana, Salim Mohamed, inviato nella regione dal Daesh. A riferirlo l’Agenzia Fides, che ha riportato la nota di Cepadho, una Ong congolese con base a Goma. (Paola M. Alfieri) 

L’odissea degli ultimi

3 Febbraio 2022 -

Milano - Li hanno trovati nel villaggio turco di Pasakoy. Dodici corpi privi di scarpe e vestiti, stesi sul terreno a meno di dieci chilometri dalla frontiera greca, da sette anni porta principale della “fortezza Europa”. Là, giorno dopo giorno, sfilano, nascosti nella boscaglia, uomini, donne, bambini in fuga dal Medio Oriente o dall’Asia in fiamme. Obiettivo: attraversare il fiume Evros, in bilico tra Turchia e Grecia, e varcare la soglia del Vecchio Continente. La gran parte delle volte non ci riesce. Come i dodici di Pasakoy, nel distretto di Ipsala, nell’Edirne. Secondo le autorità turche, le vittime facevano parte di un gruppo più ampio, di ventidue persone. Il ministro dell’Interno Suleyman Soylu ha denunciato sui social che i profughi sarebbero riusciti a raggiungere la Grecia ma sarebbero stati bloccati e ricacciati indietro della guardie di confine. Non prima, però, di essere privati dei pochi averi, inclusi gli indumenti indispensabili per proteggersi dal freddo che, dunque, li ha stroncati. Quando la polizia di Ankara li ha trovati, undici erano già morti congelati. Il dodicesimo si è spento poco dopo in ospedale. «Ancora una volta, l’Europa si è dimostrata priva di soluzioni, debole e insensibile», ha tuonato Soylu che non ha precisato la nazionalità, il genere o l’età dei profughi.

Dalle foto, diffuse dallo stesso ministro su Twitter, uno sembra un ragazzino. Gli ha fatto subito eco il capo della Comunicazione del governo turco, Fahrettin Altun, che ha definito l’Unione Europea «complice» di Atene. Bruxelles «non sa cosa significhi accogliere chi cerca di salvarsi la vita», ha affermato il presidente Recep Tayyp Erdogan. La Grecia, da parte sua, non ha risposto alle accuse, per altro non nuove. Da tempo Ankara, che ha chiesto più fondi all’Ue per i profughi, sostiene che Atene faccia respingimenti sistematici. Una pratica illegale perché impedisce loro di presentare richiesta di asilo, come garantito dal diritto internazionale. Affermazioni confermate da vari attivisti e associazioni. Appena tre settimane fa, l’Aegean monitor reporter ha rivelato l’espulsione di oltre 26mila profughi in due anni dalla guardia costiera greca lungo la rotta dell’Egeo. È di poco tempo fa, inoltre, la vicenda dell’interprete di Frontex scambiato per migrante e ricacciato in Turchia. Quest’ultima, dalla guerra in Siria, si è ritrovata al centro dell’esodo: nel suo territorio ci sono circa 3,7 milioni di profughi. Il braccio di ferro con la Grecia è cominciato due anni fa quando Erdogan ha spinto questi ultimi a sconfinare.

Le immagini dei profughi nella morsa delle polizie dei due Stati che li rimpallavano come merce hanno fatto il giro del mondo. Poi di nuovo il silenzio. Eppure, intrappolati tra i conflitti fra Stati e l’indecisione europea, i migranti muoiono. Di malattie e di fame. Annegati o congelati. Corpi in genere senza nome, a volte perfino senza vestiti, abbandonati lungo le linee di faglia della geopolitica. (Lucia Capuzzi - Avvenire)

Memorandum Italia-Libia: un appello firmato da diverse associazioni ed organizzazioni umanitarie per la revoca

2 Febbraio 2022 - Roma - Oggi, 2 febbraio 2022, giorno del quinto anniversario del Memorandum Italia Libia, decine di organizzazioni italiane, libiche, africane ed europee – fra le quali anche Fondazione Migrantes – presentano un documento di analisi e denuncia degli effetti del Memorandum e lanciano un appello al governo e alle organizzazioni internazionali: l’unica strada per tutelare le persone migranti in Libia è la revoca immediata del Memorandum. "Il blocco delle partenze determinato dall’attuazione del Memorandum attraverso gli ingenti finanziamenti garantiti dall’Italia alle autorità libiche si è rivelato un fattore che agevola la strutturazione di modelli di sfruttamento, riduzione in schiavitù e violenze, definiti come crimini contro l’umanità dalla Missione d'inchiesta indipendente delle Nazioni Unite", si legge nel testo: "al contempo, le misure previste per consentire l’uscita legale delle persone migranti dal paese - evacuazioni, corridoi umanitari e resettlement – si sono dimostrate gravemente insufficienti a garantire l’accesso ai diritti e alla protezione in maniera generalizzata, sia per la limitatezza dei mezzi, sia per l’assenza di garanzie procedurali e il carattere concessorio proprio di questi sistemi. Spesso, l’adesione a programmi di rimpatrio 'volontario' rappresenta l’unico strumento per sottrarsi alle violenze e agli abusi, anche quando il ritorno nel Paese di origine espone le persone alle medesime persecuzioni da cui sono fuggite". A fronte dell’esperienza maturata negli ultimi cinque anni e "all’aumento di violenze e repressione" a cui si assiste negli ultimi mesi, le organizzazioni firmatarie, attraverso l’appello richiedono "al governo italiano di revocare immediatamente il Memorandum. Si tratta dell’unica scelta praticabile - spiegano - di fronte all'impossibilità strutturale di apportare miglioramenti significativi alle condizioni di vita di migranti e rifugiati in Libia e di garantire loro un adeguato accesso alla protezione, come dimostrato dall’evoluzione della situazione libica" e all’UNHCR e OIM, in "ottemperanza al loro mandato di tutela dei cittadini stranieri presenti in Libia, di aderire alla richiesta di revoca del memorandum, così da evitare qualsiasi rischio di connessione tra le gravi violazioni dei diritti umani che derivano dal Memorandum e le proprie iniziative".

Accordi Italia-Libia: oggi sit-in a Roma

2 Febbraio 2022 -
Roma - Oggi, 2 febbraio, è il quinto anniversario degli accordi di cooperazione tra Italia e Libia finalizzati all’intercettamento dei migranti e dei rifugiati durante la traversata del mar Mediterraneo e al loro ritorno forzato nell’inferno libico. Per l’occasione Amnesty international Italia organizza un sit-in a Roma nei pressi del ministero degli Affari esteri (viale dei Giusti della Farnesina, area pedonale) con inizio alle 17.30. “Detenzione arbitraria, tortura, trattamenti inumani, stupri, violenze sessuali, lavori forzati e uccisioni illegali – ricorda Amnesty -. Questo è l’atroce destino cui, negli ultimi cinque anni, sono andati incontro oltre 82.000 uomini, donne e bambini intercettati in mare e riportati in Libia – 32.425 solo nel 2021 – grazie alla collaborazione dell’Unione europea con lo stato nordafricano, collaborazione in cui l’Italia è dal 2017 in prima linea”. Parteciperanno al sit-in varie organizzazioni per i diritti umani e di ricerca e soccorso in mare.

Cile: nuove tensioni e vandalismi contro i migranti venezuelani

1 Febbraio 2022 - Roma - Nuove tensioni a Iquique sulla presenza di migranti, prevalentemente venezuelani. Domenica scorsa, durante una manifestazione che ha coinvolto centinaia di persone che protestavano contro la presenza dei migranti illegali - numerosi nella città del nord, punto d’arrivo per coloro che entrano in Cile attraverso il deserto alla frontiera con la Bolivia –, un accampamento di venezuelani è stato oggetto di atti violenti e vandalici. I fatti sono accaduti mentre i manifestanti si sono imbattuti nell’accampamento, che era sorto su un terreno privato e che proprio in quel momento veniva smantellato dalle forze dell’ordine. I manifestanti hanno chiesto maggiore sicurezza, soprattutto dopo che nei giorni scorsi quattro migranti si erano scontrati con le forze dell’ordine. Secondo il procuratore di Tarapacá, la regione di Iquique, si è riscontrato nell’ultimo anno un forte aumento di atti violenti e di omicidi. Ma è forte soprattutto l’emergenza umanitaria che vede i migranti, compresi numerosi bambini, in situazione di forte precarietà. L'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha avvertito, lo scorso dicembre, che quasi 500 rifugiati e migranti venezuelani attraversano quotidianamente i valichi di frontiera irregolari tra Bolivia e Cile e arrivano nel Paese “dopo diversi giorni senza mangiare, con disidratazione, ipotermia e malessere per l’altitudine”. Sull’accaduto è intervenuta ieri, con una nota, la diocesi di Iquique, manifestando “preoccupazione per le situazioni che stiamo vivendo come società, soprattutto di fronte alla crisi migratoria che continua a trascinarsi e non trova una soluzione adeguata”. Prosegue il comunicato, firmato dall’amministratore diocesano, padre Guillermo Fajardo Rojas: “Invitiamo tutti i cittadini che vivono e amano la nostra città, in particolare le autorità attuali e future, a insistere su un atteggiamento di dialogo fruttuoso”, creando le condizioni per “una risposta congiunta e umanitaria all'attuale migrazione”. Conclude l’amministratore diocesano: “È estremamente urgente non continuare a rimandare soluzioni reali che tengano conto del bene comune e del sostegno di tutti per una sana e ordinata convivenza tra i cittadini”.

Viminale: da inizio anno sbarcate 3.035 persone migranti sulle nostre coste

31 Gennaio 2022 -
Roma - Sono  3.035 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane da inizio anno. Di questi  713 sono di nazionalità bengalese (24%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Egitto (405, 13%), Tunisia (339, 11%), Costa d’Avorio (151, 5%), Afghanistan (91, 3%), Guinea (84, 3%), Eritrea (71, 2%), Camerun (68, 2%), Algeria (56, 2%), Siria (31, 1%) a cui si aggiungono 1.026 persone (34%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione. Fino ad oggi sono stati 195 i minori stranieri non accompagnati ad aver raggiunto il nostro Paese via mare. Il dato è aggiornato ad oggi, 31 gennaio. I minori stranieri non accompagnati sbarcati sulle coste italiane lungo tutto il 2021 sono stati 10.053, 4.687 nel 2020, 1.680 nel 2019, 3.536 nel 2018 e 15.779 nel 2017. Per quanto riguarda la presenza di migranti in accoglienza, i dati parlano di 77.075 persone su tutto il territorio nazionale di cui 423 negli hot spot (361 in Sicilia e 62 in Puglia), 50.714 nei centri di accoglienza e 25.938 nei centri Sai. La Regione con la più alta percentuale di migranti accolti è la Lombardia (13%, in totale 9.751 persone), seguita da Emilia Romagna (10%), Piemonte, Lazio e Sicilia (9%), Campania e Toscana (6%).

Migranti: 6 morti al largo della Tunisia

28 Gennaio 2022 - Roma - Sei migranti morti e trenta dispersi. È l’ultima tragedia del Mediterraneo: l’ennesimo naufragio. Questa volta al largo della Tunisia. Un barcone è affondato appena preso il largo alla volta dell’Europa. Altre 34 persone sono state salvate dalle unità della guardia costiera dopo che l’imbarcazione è affondata al largo di Zarzis vicino al confine libico. Secondo il racconto dei sopravvissuti, sulla barca c’erano 70 persone, tra cui egiziani, sudanesi e un marocchino, quando è salpata dalla Libia. Proseguono intanto le operazioni di ricerca dei dispersi. Intanto è ancora senza un porto la nave Geo Barents di Medici senza frontiere con a bordo 439 persone soccorse in sei distinte operazioni nel Mediterraneo centrale. Tra loro tantissimi sono i minori (circa il 25 per cento) e nel 90 per cento dei casi hanno viaggiato da soli. Il naufrago più giovane ha appena due mesi di vita. Già sei le richieste inoltrate alle autorità maltesi e italiane. «La situazione a bordo è veramente difficile» spiega Riccardo Gatti, responsabile delle operazioni di soccorso.

Card. Lojudice: “pronti a dare un futuro al piccolo Mustafà e alla sua famiglia”

28 Gennaio 2022 - Siena - “La storia del piccolo Mustafà e della sua famiglia rappresenta un vero miracolo. Non basta, però, fare collette di generosità: adesso dobbiamo dare loro gli strumenti per costruirsi una nuova strada verso il futuro”. Lo afferma lʼarcivescovo di Siena, il cardinale Augusto Paolo Lojudice, in un editoriale che Famiglia Cristiana pubblica nel numero in edicola. Mustafà è un bambino di cinque anni nato senza arti per colpa di un bombardamento aereo con armi chimiche in Siria diventato famoso per una foto in cui è ritratto insieme al padre. Ora è accolto nell’arcidiocesi di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino insieme al padre Munzir, la mamma Zeynep e le due sorelline. “Quella foto del padre e figlio nel gesto di guardare il cielo è stato uno scossone”, scrive il cardinale Lojudice. “La loro storia è ormai planetaria, ma per la nostra diocesi è un segno insieme ad altri segni. Una condivisione, unʼesperienza come altre di accoglienza che stiamo vivendo e che veramente vorremmo portasse al bene loro e di tutte le persone che incontriamo. È la Chiesa che li accoglie e in questo caso mi sento di rappresentarla con profondo senso di responsabilità. Si tratta di un dramma umano di una famiglia che è diretta conseguenza della guerra, quella in Siria, follia distruttiva ed efferata. Il risvolto positivo è che, grazie a una foto, si è potuto conoscerli, intercettarli e mettere in piedi una rete di solidarietà e accoglienza che ancora è tutta da costruire nei suoi particolari”. “La nostra prima missione ora è capire le loro aspettative”, conclude il cardinale Lojudice. “Papà Munzir, Mustafà, le sorelline e la mamma parlano solo arabo (anche se già Mustafà pronuncia qualche parolina in italiano), ma spero di potere al più presto conversare con loro ascoltandoli. Con lʼaiuto di mediatori linguistici o di app cercheremo di conoscerli e cercare di capire cosa sentono nel loro cuore. In una famiglia si fa così”.  

Mons. Staglianò: dobbiamo ritrovare il “noi” che ci precede

27 Gennaio 2022 -

Noto - Ieri l’urlo che riempiva società pervase da ideologie totalitarie nazional-razziste era “Via gli ebrei”, oggi è “Via i migranti”! Nella nostra società di massa manipolata da poteri forti e da logiche di nuovo rischiosamente nazional- razziste, la categoria del “noi”, che dice comunione, viene deformata e resa divisiva: ci sono i “nostri” e ci sono gli “altri” che, a motivo di paure alimentate ad arte, diventano subito i “nemici”. E così il mondo viene diviso in “razze” superiori e inferiori. Con questi schemi volgari, nazismo, fascismo e stalinismo hanno reso il Novecento il “secolo del male”. Oggi, populismi di diversa matrice continuano ad alimentare odio e a trovare capri espiatori. C’è di più: le “politiche dell’antipolitica” – che hanno giocato e giocano con il disagio, cresciuto in tempi di crisi – hanno diseducato interi popoli e intere generazioni, facendo avanzare il deserto dentro il cuore dell’uomo. Hanno gettato l’umanità in una guerra devastante, ieri totale, oggi “infinita”. Per non parlare dei genocidi condotti con un cinismo che ancora oggi lascia attoniti, se ci si pensa con cuore sensibile e intelligenza lucida.

Come è stato possibile? Dove era la gente comune quando avvenivano le retate? Non si vedevano i vagoni piombati con “merce” umana? Da qualche anno, queste domande risuonano mentre si continua a recuperare la memoria della Shoah, perché mai più accadano crimini così efferati contro l’umanità. Ora, però, sappiamo che non sarebbe bastato (e che non basta) “guardare” per restare uomini che reagiscono, difendono, condividono, pensano alla comune umanità. Oggi lo sappiamo meglio, perché ci arrivano in presa diretta le immagini dei barconi e dei morti che annegano e diventano pezzi di carne in sacchi neri, come accaduto a Lampedusa o a Pozzallo, o l’immagine della mamma che, lungo i confini dei Balcani, muore assiderata perché con le sue calze aveva cercato di scaldare i figli. Mentre si mette in mare per salvare vite, da “Mediterranea” giunge un appello che ci chiede di rinnovare quella liberazione degli ebrei del 27 gennaio di settantasette anni fa nella liberazione dei migranti, non solo dalle acque minacciose del mare, ma anche dalle prigioni libiche – che “Avvenire” ha raccontato anche con immagini toccanti e strazianti – e da retate volte a eliminare quei migranti che cercano di diventare protagonisti del loro riscatto: «Non sappiamo come aiutare i fratelli di Gesù ad andare in Egitto per sfuggire alla persecuzione di Erode – scrive don Mattia Ferrari - Però dobbiamo salvarli: se le milizie li troveranno, molto probabilmente li giustizieranno, come avviene spesso ai migranti rivoltosi in Libia». Oggi vengono denunciate da gente coraggiosa (volontari di Ong, missionari, giornalisti, migranti che riescono a raccontarci cosa hanno visto) le violenze in nuovi campi di concentramento come quelli della Libia, dentro oscure manovre con la complicità di poteri economici e politici forti, o campi di raccolta, come quelli di Lesbo dove si vive di stenti. Oggi sappiamo anche che il lavoro forzato si rinnova nel nostro Paese nelle piaghe del caporalato che usa i migranti come merce a basso costo, migranti che si riparano poi sotto lamiere che diventano “forni” che evocano quelli dei campi di concentramento, roventi in estate e incapaci di riparare d’inverno.

Oggi non solo sappiamo di tanta sofferenza, ma anche ci viene chiarito come tutto questo sia disumano.

Ce lo dice con forza e tenacia papa Francesco che, nella “Fratelli tutti”, spiega anche come si crei un meccanismo perverso che ci spinge a “guardare” senza “vedere” e senza decidere quei gesti necessari per restare umani: «I “briganti della strada” hanno di solito come segreti alleati quelli che passano per la strada “passando dall’altra parte”. Si chiude il cerchio tra quelli che usano e ingannano la società per prosciugarla e quelli che pensano di mantenere la purezza nella loro funzione critica, ma nello stesso tempo vivono di quel sistema e delle sue risorse [...] In tal modo, si alimenta il disincanto e la mancanza di speranza, e ciò non incoraggia uno spirito di solidarietà e generosità» (FT,75).

Non basta “guardare”, occorre vedere e occorre agire! Solo così la memoria diventa memoriale, che ci interpella nell’oggi della storia e rende onore alle vittime. E ci sono dati tanti esempi in coloro che si espongono in prima persona. E in questi giorni ha parlato al cuore di molti la testimonianza e lo stile del presidente del Parlamento europeo Davide Maria Sassoli che, in uno dei suoi ultimi messaggi, quello per il Natale, ripreso dal cardinale Zuppi e dalla figlia al funerale, diceva con estrema chiarezza: «Abbiamo visto nuovi muri, i nostri confini in alcuni casi sono diventati confini tra morale e immorale, tra umanità e disumanità. Muri eretti contro persone che chiedono riparo dal freddo, dalla fame, dalla guerra, dalla povertà [...] Il periodo del Natale è il periodo della nascita della speranza e la speranza siamo noi quando non chiudiamo gli occhi davanti a chi ha bisogno, quando non alziamo muri ai nostri confini, quando combattiamo tutte le ingiustizie».

In una vignetta pubblicata dopo i funerali di Sassoli si vede una figura che, girando le spalle alla realtà concreta di un migrante mentre affonda, dice: «Continueremo sulle orme di David Sassoli », quando il migrante invoca e grida «Voltati». Ecco, in questo imperativo categorico, in questo “voltarsi” c’è la via per non continuare con emozioni e parole astratte, ma per aprire – nella cura che accoglie, protegge, promuove, integra, protegge (cfr. FT,129) – cammini nuovi in cui il “noi” viene ritrovato, non solo inclusivo e concreto, ma anche capace di dare pienezza e verità alla nostra vita. Scrive ancora il Papa: «Prendersi cura del mondo che ci circonda e ci sostiene significa prenderci cura di noi stessi. Ma abbiamo bisogno di costituirci in un “noi” che abita la Casa comune » (FT,17). Nel “noi” che diventiamo accogliendo il migrante, cifra dell’umanità tutta in cammino, riscopriamo la comune e originaria co-appartenenza che ci fa insieme uomini.

“Fratelli tutti”, l’appello che papa Francesco ci dona, non è un appello emotivo o solo etico, ma teologale: è verità e sostanza della vita, è l’unico futuro degno dell’umanità, coerente con la conoscenza del volto vero di Dio, Padre che tutti ci abbraccia. Il filo della memoria lega allora i giusti di ieri, con i coraggiosi di oggi, e invoca dalla Chiesa anzitutto una presenza che aiuti, non solo a “guardare” ma a “vedere” («Dacci occhi per vedere», invochiamo nella preghiera eucaristica!) e così, come amava dire don Tonino Bello, «organizzare la speranza e forzare l’aurora». (mons. Antonio Stagliano - Vescovo di Noto e Vescovo delegato Migrantes della Conferenza Episcopale Siciliana)

Comunità S.Egidio: non è accettabile morire di freddo a pochi passi dall’Europa

25 Gennaio 2022 -

Roma - L’ennesima tragedia del mare "obbliga tutti a non restare indifferenti: non è accettabile morire di freddo a pochi metri dall’Europa". La Comunità di Sant’Egidio esprime il suo "cordoglio" per i sette cittadini del Bangladesh che hanno perso la loro vita per ipotermia - alcuni sul barcone in cui viaggiavano, altri subito dopo lo sbarco a Lampedusa - e "si stringe attorno alle loro famiglie". Occorre che "il nostro continente esca dal suo torpore e si preoccupi di salvare i tanti che sono ogni giorno in pericolo nel mare Mediterraneo. Ma è necessario, al tempo stesso, incrementare i corridoi umanitari - che hanno già offerto a oltre 4.300 profughi un preciso progetto di integrazione in Europa - e predisporre l’apertura di nuove vie di ingresso regolare per motivi di lavoro, come richiedono ormai da tempo molti imprenditori nel settore agricolo come in quello industriale e dei servizi alla persona".

Mazara del Vallo: Vescovo telefona a capomissione nave “Mare Ionio”

25 Gennaio 2022 - Mazara del Vallo - «Seppur lontano fisicamente sono con voi con l’affetto". Lo ha detto il vescovo di Mazara del Vallo, mons. Domenico Mogavero a Sheila Melosu, 35 anni, palermitana e capomissione della nave “Mare Jonio” della flotta civile europea “Mediterranea Saving Humans”. «Parlare di accoglienza dovrebbe essere scontato – ha detto Mogavero – ma non sempre è così». Rivolgendosi alla Melosu il vescovo ha detto che «insieme dobbiamo scardinare logiche e ideali di chi non vuole sentirne di accoglienza dei nostri fratelli, di prendersi cura di chi ha bisogno, anche di salvezza». Qualche settimana fa, prima che la “Mare Jonio” mollasse gli ormeggi del porto di Trapani, l’equipaggio aveva incontrato a bordo i vescovi di Trapani e Palermo, mons. Pietro Maria Fragnelli e Corrado Lorefice.

Sbarco Lampedusa: i morti salgono a 7

25 Gennaio 2022 - Lampedusa - Salgono a sette le vittime dell'ultimo sbarco avvenuto nella notte a Lampedusa: tre cadaveri sono stati trovati sul barcone, dai militari della Guardia di finanza e della Capitaneria di porto, al momento del soccorso. Altri quattro migranti, riferisce l'Ansa -  sono morti poco prima di arrivare sulla terraferma. Tutti sarebbero deceduti per ipotermia. Il barcone era stato avvistato a circa 24 miglia dalla costa di Lampedusa quando è scattato il soccorso.

Chiesa cilena: un progetto di accoglienza e integrazione dei migranti di ampio respiro

25 Gennaio 2022 - Roma - Prosegue l’impegno della Chiesa cilena nell’accoglienza e integrazione dei numerosi migranti che giungono nel Paese, cercando di dare vita a progetti dettati non solo dall’emergenza. Ultima in ordine di tempo è l’iniziativa della fondazione sociale Novo Millennio, appartenente all’arcidiocesi di Concepción, che – come segnala direttamente al Sir l’arcivescovo, mons. Fernando Chomali – ha lanciato sabato scorso il progetto “Accogliere, proteggere, integrare e promuovere”, con l’obiettivo di fornire spazi ai migranti e alle loro famiglie che sono arrivati nella regione.
La campagna, finanziata con i fondi del governo regionale, fornirà sostegno finanziario alle comunità e alle parrocchie dove sono state avviate le iniziative di orientamento, alloggio, aiuto alimentare e consulenza e che hanno richiesto l’uso risorse, a causa dei bisogni che si presentano. L’assistente sociale Valentina Vergara, che opera nell’ambito della Pastorale sociale, ha spiegato che è stata costituita una triade di professionisti, assistente sociale, psicologa e consulente legale, che fornirà consulenza, inizialmente, a cinque parrocchie che si sono fatte carico dell’accoglienza. “Siamo chiamati non solo a parlare, ma soprattutto ad agire – ha spiegato l’arcivescovo Chomali -. Attraverso questo progetto mettiamo in atto un intervento complessivo e spero che altre istituzioni di aggiungano”.

Lampedusa: 280 migranti sbarcati a Lampedusa, tre morti

25 Gennaio 2022 - Lampedusa - Tre migranti che erano su un'imbarcazione diretta a Lampedusa sono morti. Il barcone con 280 persone a bordo, la maggior parte provenienti dal Bangladesh e dell'Egitto, è approdato - riferisce l'Ansa - in nottata sull'isola dopo essere stato soccorso dalle motovedette. "Ancora una tragedia, ancora una volta piangiamo vittime innocenti - dice il sindaco di Lampedusa e Linosa Totò Martello - qui continuiamo a fare la nostra parte tra mille difficoltà".

Papa Francesco: dolore per morti in mare

24 Gennaio 2022 - Città del Vaticano -  "Quanto dolore sentiamo nel vedere i nostri fratelli e sorelle morire sul mare perché non li lasciano sbarcare! E questo, alcuni lo fanno in nome di Dio". Lo ha detto, con sofferenza e sconcerto papa Francesco ieri mattina nell'omelia della Messa celebrata nella Basilica di San Pietro in occasione della III Giornata della Parola di Dio rivolgensosi alla tragedia delle stragi di migranti. Una Parol, quella di Dio,  che "ci mette in crisi. Non ci lascia tranquilli, se a pagare il prezzo di questa tranquillità è un mondo lacerato dall'ingiustizia e dalla fame, e a farne le spese sono sempre i più deboli. Sempre pagano i più deboli". Ieri, durante la liturgia, il Pontefice ha celebrato, per la prima volta, il rito di conferimento del ministero di lettore (a sei laiche e laici da varie parti d'Italia e da Corea, Pakistan e Ghana) e di catechista (a otto laiche e laici dall'Amazzonia peruviana, dal Brasile, Italia, Ghana, Polonia e Spagna) ed ha chiesto di rimettere "la Parola di Dio al centro della pastorale e della vita della Chiesa. Ascoltiamola, preghiamola, mettiamola in pratica", avvertendo che essa "non ci astrae dalla vita, ma ci immette nella vita, nelle situazioni di tutti i giorni, nell'ascolto delle sofferenze dei fratelli, del grido dei poveri, delle violenze e delle ingiustizie che feriscono la società e il pianeta, per non essere cristiani indifferenti, ma operosi, creativi, profetici". (R.Iaria)

Migrantes e Caritas Calabria: lunedì visita alla tendopoli di San Ferdinando con il vescovo Schillaci

21 Gennaio 2022 - San Ferdinando - Lunedì 24 gennaio alle ore 10 una delegazione della Caritas e della Migrantes Regionale visterà la tendopoli di San Ferdinando a Rosarno per esprimere solidarietà a chi vive in quell’area, specie dopo l'incendio dei giorni scorsi. Una visita - spiega una nota - che "non vuole essere mera apparenza, ma concreta vicinanza a chi è costretto a vivere lontano dalla propria terra". Situazione simile, come ha detto papa Francesco alla famiglia di Nazaret che “ha subito tale umiliazione e sperimentato in prima persona la precarietà, la paura, il dolore di dover lasciare la propria terra. Ancora oggi tanti nostri fratelli e tante nostre sorelle sono costretti a vivere la medesima ingiustizia e sofferenza. La causa è quasi sempre la prepotenza e la violenza dei potenti. Anche per Gesù è accaduto così”. A volere fortemente questa visita il vescovo della diocesi di Lamezia Terme, monsignor Giuseppe Schillaci, delegato Caritas e Migrantes della Conferenza Episcopale Calabra, che non manca di rimarcare che “l’umanità oggi cresce nella misura in cui sa guardare verso chi è più piccolo”. Insieme a monsignor Schillaci, sarà presente Oliviero Forti, referente nazionale dell'Ufficio Immigrazione di Caritas Italiana e i direttori diocesani Caritas e Migrantes della Calabria. (R.I.)

SIRIA: accolti dalla diocesi di Siena padre e figlio con tutta la famiglia

21 Gennaio 2022 - Siena - Munzir e Mustafa, padre e figlio siriani senza arti a causa della guerra e protagonisti dello scatto "Hardship of Life", che ha fatto il giro del mondo diventando immagine simbolo del dramma siriano, saranno accolti dalla diocesi di Siena-Colle di Val D'Elsa-Montalcino guidata dal card. Paolo Lojudice, membro della Commissione Episcopale per le Migrazioni della Cei.  Dell'intera famiglia  (composta da padre, madre e tre bambini) la diocesi ha messo a disposizione un appartamento e verranno forniti loro il vitto e i pocket money. E' già stato anche individuato un mediatore linguistico. All'arrivo l'intera famiglia dovrà seguire la quarantena prevista delle vigenti leggi italiane.