23 Giugno 2020 - Nampula - "La gente è terrorizzata e scappa dai villaggi. Ormai sono duemila solo a Namialo, più di 300 qui a Nampula. Fuggono dalle violenze e dalle distruzioni che stanno scuotendo da diversi mesi la provincia settentrionale di Cabo Delgado. La situazione è delicata". Così Arlain Pierre, missionario scalabriniano a Nampula, descrive all'Agenzia Fides la delicata situazione politica, militare e sociale del Nord del Mozambico.
"Chi siano, in realtà, gli autori di questi attacchi, nessuno lo sa - continua padre Arlain -. Si sono proclamati miliziani jihadisti appartenenti allo Stato islamico. Alcuni analisti hanno affermato che siano una pedina di una lotta per il controllo dei pozzi petroliferi di cui è ricca la regione. Difficile dire qual è la verità. Attualmente si è diffusa la tesi secondo la quale siano miliziani legati al traffico di droga. Tesi che potrebbe avvicinarsi alla realtà perché il Nord del Mozambico potrebbe diventare un’area strategica per il traffico degli stupefacenti provenienti dall’Asia centrale".
Il presidente Filipe Nyusi ha "riconosciuto l’emergenza e ha inviato, riferisce il missionario, alcuni reparti militari di rinforzo. Si è parlato della presenza di mercenari russi e di militari sudafricani, personalmente non ho visto militari stranieri passare dal nostro territorio. Però non mi sentirei di escludere che ci siano combattenti stranieri. Lo stesso presidente ha chiesto aiuto ai Paesi confinanti parlando di questa minaccia come di un pericolo comune".
I profughi arrivano nella provincia di Nampula in condizioni difficili. Molti sono scampati alle violenze e sono fuggiti di casa con quel poco che potevano portare via. Mancano quindi di tutto. "La comunità di Nampula – osserva padre Arlain – si è mobilitata. Nella parrocchia della Santa Croce, gestita dai comboniani, sono state accolte 300 persone. Altre sono state ospitate dalle famiglie che vivono in città, ma sono originarie di Cabo Delgado. Gli sfollati hanno veramente bisogno di tutto. Anche di assistenza medica perché hanno subito gravi traumi psicologici".
Anche nella popolazione di Nampula c’è paura. «Questa zona – conclude lo Scalabriniano – è stata uno dei centri della lunghissima guerra civile che si è combattuta in Mozambico negli anni Ottanta e all’inizio dei Novanta. È ancora vivo il ricordo dei combattimenti e delle privazioni. Quindi c’è il timore che le nuove violenze arrivino anche qui e coinvolgano la popolazione locale. Nessuno vuole sprofondare in un nuovo conflitto".
Tag: Immigrati e rifugiati
Migrantes Caltanissetta: casa in parrocchia per chi cerca asilo
23 Giugno 2020 - Caltanissetta - Casa Santa Barbara: nell’ex villaggio degli zolfatai di Caltanissetta è nato un progetto di accoglienza per giovani migranti richiedenti asilo, a cura di Migrantes, Caritas diocesana,
parrocchia e suore dell’Uisg che operano in questa zona. Avviato in pieno lockdown, il progetto offre un segno di speranza mettendo in pratica quel "nessuno si salva da solo" pronunciato da papa Francesco nel deserto di piazza San Pietro la sera del 27 marzo.
Una giovane coppia di sposi nigeriani e una bimba di sei mesi con un sorriso che conquista il cuore, sei giovani africani di Paesi non sempre amici tra loro (Nigeria, Mali e Camerun) che parlano lingue diverse e professano differenti religioni, hanno trovato accanto alla parrocchia Santa Barbara una casa in cui vivere dignitosamente, seguendo percorsi di formazione e lavoro per vivere l’integrazione, circondati dall’affetto solidale della comunità guidata da don Marco Paternò, giovane sacerdote che ha coinvolto intorno a loro tutto il villaggio.
Due famiglie-tutor nissene accompagnano le persone immigrate promuovendo la loro autostima per recuperare lo sradicamento di chi ha dovuto abbandonare in un altro continente famiglia e affetti per tentare un futuro possibile a migliaia di chilometri. Mantenendo aperto il cuore tutto può succedere.(Fiorella Falci - Avvenire)
“Morire di Speranza”: veglie di preghiera a Genova e Trieste
22 Giugno 2020 - Roma - Sono tante le diocesi dove in questi giorni vengono ricordati coloro che sono morti nei viaggi verso l’Europa. Questa sera a Genova sarà il card. Angelo Bagnasco, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa a presiedere, nella Basilica della Santissima Annunziata, una veglia di preghiera dal titolo “Morire di Speranza”. A promuoverla la Comunità di Sant’Egidio di Genova, l’Ufficio Migrantes diocesano, la Fondazione Auxilium e il Ceis. Alla preghiera, trasmessa in streaming sul canale YouTube della Comunità di Sant’Egidio Liguria, parteciperanno numerosi immigrati di diversa origine e saranno presenti anche familiari e amici di chi ha perso la vita in mare.
Veglia di preghiera, sempre questa sera, anche a Trieste presso la chiesa di San Giuseppe. A Presiederla don Francesco Bigatti, presidente della Commissione diocesana Migrantes.
R.Iaria
Bergamo: le iniziative di solidarietò delle comunità straniere al tempo del Covid-19
22 Giugno 2020 - Bergamo – In questo tempo di pandemia sono state tante le iniziative di solidarietà che hanno coinvolto anche le comunità migranti. “Molte iniziative sono state avviate spontaneamente, e alcune in collaborazione con la parrocchia. Sono un bel segno dell’impegno delle comunità straniere a favore della città in cui vivono e lavorano”, dice al quotidiano “L’Eco di Bergamo” don Mario Marossi, parroco di San Francesco. Sono stati i boliviani residenti in città che “si sono resi disponibili come volontari nelle iniziative promosse dal Comune per portare la spesa, i medicinali, questo indica un’integrazione nel tessuto cittadino delle seconde generazioni”. Molto attiva è stata anche la Missione Santa Rosa de Lima che, grazie alle macchine da cucire donate dalla Casa dei Boliviani, hanno prodotto mascherine in tessuto. Una produzione che continua. Pacchi alimentari sono stati confezionati con l’aiuto della parrocchia San Francesco. Due sottoscrizioni (Todos por
Bergamo e Bolivia por Bergamo), allargate anche a persone originarie del Perù ed Ecuador, sono state lanciate – scrive ancora il quotidiano di Bergamo - per raccogliere fondi da destinare alla Protezione Civile, come hanno fatto anche le comunità africane. Accanto all’impegno concreto - aggiunge don Mario – sono nati gruppi di preghiera riuniti in streaming con “l’intenzione di ricordare chi soffriva per la malattia e per la perdita di qualcuno di caro”. Aiuti sono arrivati anche dai filippini. Aiuti che continuano anche adesso.
Viminale: nel 2020 sbarcate in Italia 6.184 persone sulle coste italiane
22 Giugno 2020 - Roma - Sono finora 6.184 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane da inizio anno. Il dato è stato aggiornato dal ministero degli Interni questa mattina alle 8. Dei circa 6.200 migranti sbarcati in Italia nel 2020, 1.098 sono di nazionalità bengalese (18%). Gli altri provengono da Tunisia (989, 16%), Costa d’Avorio (776, 12%), Sudan (457, 7%), Algeria (378, 6%), Marocco (334, 5%), Guinea (233, 4%), Somalia (228, 4%), Mali (167, 3%), Nigeria (123, 2%) a cui si aggiungono 1.401 persone (23%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione.
Migrantes: il Rapporto Asilo 2019 online
22 Giugno 2020 - Roma - Per la Giornata mondiale del rifugiato 2020 va on line il testo integrale del Report 2019 sul diritto d’asilo “Non si tratta solo di migranti. L’Italia che resiste, l’Italia che accoglie” (Tau Editrice).
La Fondazione Migrantes, che ha promosso la pubblicazione e ne desidera la massima diffusione, ha deciso di offrire a tutti il volume in formato digitale per la difficoltà di organizzare, in questi mesi, veri incontri di presentazione nelle città italiane: incontri reali tra persone, idee, esperienze, che sarebbero sicuramente il modo più costruttivo per diffondere conoscenze e sensibilità sui temi delle migrazioni forzate.
Il Report 2019 è disponibile sia in un unico file che suddiviso per capitoli.
Il 24 giugno, intanto, il rapporto sarà presentato sul canale YouTube dell’Ufficio Migrantes di Asti alle 21.00 su iniziativa dellla Migrantes diocesana e Piam onlus: interverranno mons. Marco Prastaro, vescovo di Asti e Mariacristina Molfetta della Fondazione Migrantes e Alberto Mossino, presidente del Piam.
Il card. Bo: includere migranti e sfollati in Myanmar nella risposta alla crisi del Covid-19
22 Giugno 2020 - Myangon - Migranti e sfollati in Myanmar e in tutta l'Asia affrontano sempre più situazioni difficili: "Sono spesso in fuga, vivono in luoghi sovraffollati e con un'assistenza sanitaria inadeguata" ha detto il card. Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon e Presidente della Federazione delle Conferenze episcopali dell'Asia. I conflitti rimangono la causa principale della migrazione forzata in Asia, ha rilevato in un messaggio ripreso dall’agenzia Agenzia Fides, aggiungendo che "in Myanmar guerra, tensioni interetniche, scelte politiche causano lo spostamento di migliaia di persone che ora muoiono di fame nel nord dello stato di Rakhine e in altri stati come il Chin". Il porporato ha lanciato un appello, auspicando che "qualsiasi conflitto che causa sofferenza alle persone sia risolto attraverso il dialogo e una costruttiva ricerca della pace".
Riferendosi al contesto birmano e all'intero continente, ha aggiunto: "Occorre dare priorità ai principi riconosciuti del diritto internazionale, propri dei paesi civili per quanto riguarda la protezione degli sfollati", ricordando che "i migranti e gli sfollati in Asia non devono affrontare discriminazioni causate dalla crisi legata alla pandemia del Covid-19". "È urgente includere le esigenze di rifugiati, richiedenti asilo e sfollati interni in tutte le politiche di risposta al Covid-19, dal soccorso agli aiuti economici per la sopravvivenza" ha affermato; “se l'umanità è divisa, la crisi pandemica non può essere superata. Se nessuno è escluso, è possibile curare un pianeta. Per il bene di tutti, prendiamoci cura dei rifugiati. Se le persone continuano a essere costrette ad abbandonare le proprie case, rimarremo un mondo in crisi".
"Per porre fine alla crisi sanitaria, alleviare la fame e la povertà indotte dalla pandemia e per prevenire lo sradicamento delle persone come rifugiati e sfollati bisogna affrontare le vere cause dei conflitti, fermare le offensive militari e consentire agli sfollati di tornare alla loro villaggi ", ha detto il Card. Bo che ha lanciato un accorato monito ai leader politici e religiosi asiatici perché "prestino particolare attenzione alla difficile situazione di migranti, rifugiati e richiedenti asilo privi di documenti, e perché li aiutino con tutto il sostegno di cui hanno bisogno".
Papa Francesco: “assicurare la necessaria protezione anche alle persone rifugiate”
22 Giugno 2020 - Città del Vaticano - “La crisi provocata dal coronavirus ha messo in luce l’esigenza di assicurare la necessaria protezione anche alle persone rifugiate, per garantire la loro dignità e sicurezza”. Papa Francesco, ieri, la termine della preghiera mariana dell’Angelus ha ricordato la Giornata Mondiale del Rifugiato che si è celebrata il 20 giugno su iniziativa dell’Onu. Il papa ha esortato ad “un rinnovato ed efficace impegno di tutti a favore della effettiva protezione di ogni essere umano, in particolare di quanti sono stati costretti a fuggire per situazioni di grave pericolo per loro o per le loro famiglie”.
R.I.
Viminale: quasi 11mila le richieste di asilo in Italia nel 2020
20 Giugno 2020 -
Roma - Sono quasi 11mila (10.972) le richieste di asilo presentate all'Italia dal 1° gennaio al 12 giugno 2020. Le principali aree geografiche di provenienza dei richiedenti sono l'Asia (40%), l'Africa (37%, l'America (17% e l'Europa (6%). Lo rende noto oggi il Ministero degli Interni in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato.
La classifica dei Paesi d'origine vede in testa il Pakistan con il 18% delle domande e la Nigeria con il 10%. Il 76% dei richiedenti nel periodo considerato sono uomini, il 24% donne. La maggior parte di loro (62%) ha un'età compresa tra i 18 e i 34 anni, il 13% sono bambini da 0 a 13 anni, il 3% ragazzi minorenni dai 14 ai 17.
Dal 1° gennaio 2020, tenuto conto delle limitazioni imposte nella fase acuta dell'emergenza Covid-19, la Commissione nazionale per il diritto di asilo ha adottato 21.144 decisionim si legge nella nota del Viminale. I numeri della Commissione “rispecchiano quanto ad aree e Paesi di provenienza quelli dell'anno precedente, nel quale le domande sono state in tutto 43.783, confermando Pakistan (20%) e Nigeria (8%) in cima alla lista dei Paesi d'origine”.
A livello globale il fenomeno dei rifugiati risulta in aumento, secondo i numeri del rapporto annuale Global Trends pubblicato dall'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unchr). Alla fine del 2019 risultavano 79,5 milioni le persone in fuga nel mondo: il dato più alto registrato finora dall'Agenzia, che ha lanciato la campagna di sensibilizzazione #WithRefugees.
L'Italia – spiega il Ministero degli Interni - si conferma tra i Paesi più attivi nei programmi di reinsediamento, portato avanti con l'Unhcr. Dal 2015 a oggi, secondo i dati del dipartimento per le Libertà civili e l'Immigrazione, sono stati reinsediati in Italia 2.510 rifugiati e per le annualità 2020-2021 è previsto un contributo aggiuntivo pari a 700 persone. Per molti rifugiati questo continua a rappresentare uno "strumento salvavita", spiegano Unhcr e OIM, sottolineando il divario tra il numero di rifugiati che hanno bisogno di accedere al reinsediamento e i posti messi a disposizione dai governi, con l'appello affinché anche altri Paesi partecipino ai programmi.
Papa Francesco: “Maria conforto dei migranti” nelle Litanie Lauretane
20 Giugno 2020 - Città del Vaticano - Tre nuove Litanie che si aggiungono a quelle tradizionali che concludono la recita del Rosario. Tra queste una dedicata ai migranti: “Solacium Migrantium”, “Conforto dei Migranti” da aggiungere dopo “Refugium peccatorum”, “Rifugio dei peccatori”. Le altre due sono “Mater Misericordiae” e “Mater Spei”, cioè “Madre della Misericordia” e “Madre della Speranza”.
“Pellegrina verso la Santa Gerusalemme del cielo, per godere della comunione inseparabile con Cristo, suo Sposo e Salvatore, la Chiesa cammina lungo i sentieri della storia affidandosi a Colei che ha creduto alla parola del Signore”, scrive il Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e Disciplina dei Sacramenti, card. Robert Sarah: “conosciamo dal Vangelo che i discepoli di Gesù hanno infatti imparato, fin dagli albori, a lodare la ‘benedetta tra le donne’ e a contare sulla sua materna intercessione. Innumerevoli – prosegue - sono i titoli e le invocazioni che la pietà cristiana, nel corso dei secoli, ha riservato alla Vergine Maria, via privilegiata e sicura all’incontro con Cristo. Anche nel tempo presente, attraversato da motivi di incertezza e di smarrimento, il devoto ricorso a lei, colmo di affetto e di fiducia, è particolarmente sentito dal popolo di Dio”.
“Interprete di tale sentimento – spiega ancora il porporato nella lettera ai presidenti delle Conferenze Episcopali - il Sommo Pontefice Francesco, accogliendo i desideri espressi, ha voluto disporre che nel formulario delle litanie della beata Vergine Maria, chiamate 'Lauretane', siano inserite le invocazioni ‘Mater misericordiae’, ‘Mater spei’ et ‘Solacium migrantium’”.
R.Iaria
Migrantes Cerignola – Ascoli Satriano: parte il progetto “co-happiness felici e sicuri nella comunità”
20 Giugno 2020 - Cerignola – In occasione della Giornata mondiale del rifugiato gli uffici Migrantes e pastorale familiare della diocesi di Cerignola-Ascoli-Satriano raccolgono l’appello del segretario generale della Cei, mons. Stefano Russo: “Nessun cristiano dimentichi i luoghi del dolore” e propongono un percorso formativo sul tema dell’abuso e dei maltrattamenti sui minori attraverso un progetto educativo “co-happiness felici e sicuri nella comunità” pensato e realizzato assieme all’Associazione di Volontariato “S. Giuseppe Onlus” che si avvale della partnership di alcune associazioni europee.
Uno di questi luoghi è la “nazione dei profughi” con tutto il carico di sofferenza dei bambini: 79,5 milioni di persone, più di quanti la storia delle Nazioni Unite ne abbia mai conosciuti. Il doppio di quanti se ne contavano nel 2010. Soprattutto è una nazione errante fatta di bambini, fino a 34 milioni, più degli abitanti di Australia, Danimarca e Mongolia messe insieme. A volerli mettere in fila indiana si coprirebbe per due volte la circonferenza del nostro pianeta.
Mattarella: la pandemia aggrava la situazione già critica dei rifugiati
20 Giugno 2020 - Roma – “L’impatto della pandemia aggrava ancor di più la critica condizione di quanti, a causa di conflitti o per la violazione di diritti fondamentali, sono costretti a fuggire dal proprio Paese”. Lo ha detto, questa mattina, il Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nella Giornata Mondiale del Rifugiato. L’Italia mostra “continuamente e con senso di responsabilità la sua vicinanza a coloro che affrontano tali drammatiche vicende, offrendo accoglienza e protezione. La nostra attiva partecipazione al primo Forum Globale dei Rifugiati costituisce una concreta testimonianza”, ha aggiunto il Capo dello Stato sottolineando che “il fenomeno delle migrazioni conta su un approccio italiano basato su strumenti importanti quali il programma nazionale di reinsediamento e i corridoi umanitari per rifugiati particolarmente vulnerabili, privi della protezione statale del paese d’origine e colpiti in misura considerevole dalle restrizioni determinate dall’attuale emergenza sanitaria”. Per Mattarella la ostra azione di protezione e assistenza “non può deflettere” o “indebolirsi” ma deve “rafforzarsi, con l’elaborazione di un nuovo corso dell’Unione Europea in materia di migrazioni e asilo, nel segno di un più incisivo e condiviso impegno comune”.
Il presidente della Repubblica Italiana ha quindi rivolto un “sentito” ringraziamento alle donne e agli uomini delle Forze dell’ordine e delle amministrazioni dello Stato e a tutti gli operatori che “forniscono i servizi necessari a garantire protezione internazionale a chi ne ha diritto. In questo sforzo – ha evidenziato - si contraddistinguono anche le Organizzazioni Internazionali – e specialmente l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati – cui l’Italia assicura il massimo sostegno in coerenza con la propria storica vocazione multilaterale”.
Raffaele Iaria
Scalabriniane: numeri senza precedenti di sfollamenti forzati
19 Giugno 2020 - Roma - Oggi nel mondo ci sono 70,8 milioni di persone costrette a fuggire, vittime di conflitti, di persecuzioni, di violenza o per disastri naturali. Di questi 25,9 milioni sono rifugiati riconosciuti. Numeri la cui complessità testimonia che “gli sfollamenti forzati hanno raggiunto un livello senza precedenti e le risposte ancora non sono sufficienti ad offrire soluzioni alle persone affinché possano ricostruire la loro vita”. Così suor Neusa de Fatima Mariano, superiora generale delle Suore Missionarie Scalabriniane, in occasione della Giornata internazionale del rifugiato del 20 giugno, indetta dall’Onu. Papa Francesco, prosegue suor Neusa, ci ricorda che “in ogni persona rifugiata è presente Gesù, costretta a fuggire, come ai tempi di Erode, per salvarsi. Nei loro volti siamo chiamati a riconoscere il volto di Cristo”. “Tre quarti dei rifugiati nel mondo e molti migranti vivono in nazioni in sviluppo, dove gli organi deputati alla cura della salute sono sovraccarichi e, con la pandemia del Covid-19, sono collassati – prosegue - Molti rifugiati vivono in accampamenti sovraffollati, rifugi improvvisati o centri di accoglienza dove non possono accedere ai servizi sanitari, servizi igienici oppure usare acqua potabile. Molti di essi si trovano in centri di detenzione riconosciuti o informali in condizioni di isolamento e di igiene particolarmente preoccupante. Migranti e rifugiati sono in misura sproporzionata esposti alla vulnerabilità dell’esclusione, della stigmatizzazione e della discriminazione, soprattutto quando si trovano in situazione di irregolarità. Il pensiero della Chiesa colloca al centro l’esperienza di Gesù, sfollato e profugo insieme ai suoi genitori”. “Non sono numeri, ma persone, conoscendo le loro storie riusciremo a comprenderli”, aveva scritto il Pontefice in un suo messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. “Quando le persone rifugiate diventano numeri l’umanità diventa inumanità”, prosegue suor Neusa. Le suore scalabriniane chiedono alla politica, ai responsabili locali, nazionali e internazionali di “non assistere passivamente alla distruzione di tante vite minacciate. E’ urgente individuare soluzioni appropriate, mezzi umani e degni per garantire che le persone non mettano a repentaglio la loro vita e quella delle famiglie, ricorrendo a trafficanti senza scrupolo o usando barche fragili, tentando di raggiungere luoghi dove trovare sicurezza a vari livelli”.
Migrantes Messina: domani celebrazione per la Giornata Mondiale del Rifugiato
19 Giugno 2020 - Messina – Domani, sabato 20 giugno 2020 alle ore 18.30, in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato indetta dall’ONU, nella Chiesa di Sant’Elia a Messina, su invito dell’Ufficio Migrantes della diocesi di Messina- Lipari-Santa Lucia del Mela per pregare e riflettere sul fenomeno delle migrazioni forzate e sul dramma di tante persone costrette a scappare in cerca di protezione. Con la celebrazione eucaristica, presieduta dal vescovo ausiliare, mons. Cesare Di Pietro, affideremo al Signore “la vita di questi nostri fratelli e pregheremo affinché la comunità internazionale prenda a cuore la loro condizione, individuando percorsi e fornendo mezzi per assicurare ad essi la protezione di cui hanno bisogno, una condizione dignitosa e un futuro di speranza”.
Quest’anno la Giornata Mondiale del Rifugiato cade in “un momento critico per l’umanità, segnato dalla pandemia da COVID-19 e dal protrarsi dei conflitti in tutto il mondo che aggravano l’attuale crisi umanitaria. Un motivo in più – spiega la Migrantes diocesana - come chiedono le Nazioni Unite, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla condizione di oltre 70 milioni di rifugiati, richiedenti asilo e sfollati nel mondo che, costretti a fuggire da guerre e persecuzioni, lasciano i propri affetti, la propria casa e tutto ciò che un tempo era la loro vita per cercare salvezza altrove. In questo contesto l’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati, ha deciso di promuovere la campagna #WithRefugees, che vuole diffondere un messaggio di solidarietà ed inclusione, ricordando che tutti possiamo fare la differenza per rendere il mondo un posto più sicuro e solidale”. L’Ufficio Migrantes invita le parrocchie della diocesi a ricordare, durante le celebrazioni, il dramma dei rifugiati e dedicare loro un’intenzione nella “preghiera dei fedeli”.
Viminale: 5.832 le persone sbarcate sulle coste italiane nel 2020
19 Giugno 2020 -
Roma - Sono 5.832 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane in questo 2020. Il dato è del ministero degli Interni aggiornato alle 8 di questa mattina.
Degli oltre 5.700 migranti sbarcati in Italia nel 2020, 1.098 sono di nazionalità bengalese (19%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Tunisia (959, 16%), Costa d’Avorio (776, 13%), Sudan (457, 8%), Algeria (378, 6%), Marocco (334, 6%), Guinea (233, 4%), Somalia (228, 4%), Mali (167, 3%), Nigeria (123, 2%) a cui si aggiungono 1.079 persone (19%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione.
Giornata Mondiale del Rifugiato: un dossier di Caritas Italiana sugli sfollati
19 Giugno 2020 - Roma - Alla vigilia della Giornata mondiale del Rifugiato (20 giugno 2020) Caritas Italiana dedica il suo 57° Dossier con Dati e Testimonianze (DDT) agli "Sfollati. Uomini, donne e bambinivprofughi nel proprio Paese". Un focus specifico è dedicato alla situazione dell’Iraq, paese in cui Caritas Italiana sostiene da anni interventi in favore degli sfollati ed altre fasce vulnerabili della popolazione in collaborazione con Caritas Iraq ed altre realtà della Chiesa locale.
Sempre oggi alle 11:00 si svolgerà in streaming la conferenza stampa di chiusura del Festival Sabir Oltre – Edizione Straordinaria Online, del quale Caritas Italiana è stata tra gli organizzatori insieme ad Arci, Acli e Cgil. I promotori, oltre ai dati di partecipazione di questa edizione online, illustreranno i contenuti del documento finale “Sabir, un nuovo lessico comune per un Mediterraneo dei diritti”, con le principali proposte e richieste emerse dai 38 incontri, dibattiti e formazioni.
Secondo il rapporto dell’UNHCR (Global trends 2019) sono quasi 80 milioni le persone costrette a lasciare le proprie terre e trovare rifugio in uno stato estero o all’interno del loro Paese. Un incremento notevole rispetto all’anno precedente, quando erano 70,4 milioni.
Moltissimi vivono situazioni di sfollamento prolungato che possono tramutarsi in una condizione cronica”, spiega l’organismo pastorale della Cei: gli sfollati interni in particolare sono nel mondo 50,8 milioni. Il numero più alto di sempre. Nel linguaggio umanitario sono chiamati Internal Displaced People (IDP), profughi costretti ad abbandonare le loro case ma che restano nella propria nazione. Di queste oltre 45 milioni lo sono a causa di conflitti armati e violenze. Il numero di profughi interni a causa delle guerre supera di gran lunga rifugiati e richiedenti asilo (i profughi accolti all’estero).
Il dossier, riprendendo anche i dati di indagini di Caritas Iraq sui giovani, analizza nello specifico la situazione dei 1,6 milioni di profughi interni in Iraq, sfollati a causa dell’Isis che nel 2014 conquistò la città di Mosul e la Piana di Ninive, generando all’apice del conflitto circa 6 milioni gli sfollati. Sono persone che hanno paura a tornare nelle loro case, se ancora esistono, e che a fatica immaginano un futuro felice. Durante gli ultimi quaranta anni “hanno inoltre subito quattro guerre, dieci anni di embargo, otto anni disoccupazione militare straniera e nove anni di terrorismo interno sfociato in una vera e propria guerra civile, non ancora del tutto sopita. Il DDT, anche attraverso le storie di queste persone, vuole dare voce alla loro sofferenza, spesso dimenticata dalla comunità internazionale, concentrata a difendersi dai profughi che oltrepassano i confini”.
Ed è proprio a loro, agli sfollati interni, che papa Francesco ha scelto di dedicare la 106° Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, che si celebrerà il prossimo 27 se
Pentecoste africana
19 Giugno 2020 - La processione di entrata nella cattedrale di Nampula (Mozambico) è una lenta e solenne immersione in un’enorme folla nera. Questa riempie tutta la vasta e bianchissima cattedrale di stile coloniale. Volti neri, allineati, fittissimi, con gente in piedi alle tre porte di entrata. Cantano tutti in portoghese, ma il loro volto è di un bel colore ebano-scuro, africano. Con in più i tamburi che colorano ancor meglio l’atmosfera di qui...
Si avanza con la processione tra due lunghissime ali di confirmandi che oggi sono quasi duecento. Danzano, pur restando fermi. Ancheggiano ritmicamente, con quella stupenda eleganza che ti fa avanzare come in un viale di giovani piante, belle e ondeggianti. “La messa da noi è sempre una festa!” mi ricordava in sacrestia un prete africano. Verissimo. Arrivati all’altare, trecento occhietti su sfondo scuro ci attendevano, puntati verso l’assemblea. Tutti i bambini sono ammucchiati, assiepati nello spazio absidale. Attentissimi.
Terminato il canto, le prime parole dell’arcivescovo monsignor Tomé cadono sulla folla come le prime, attese gocce di un acquazzone africano. Parole benefiche. “In queste due-tre ore insieme, non tanto di folclore, ma di intimità con Dio, vogliamo pregare per questi giovani cresimandi. E portiamo nella nostra preghiera anche le migliaia di rifugiati nella nostra diocesi e i migranti del Mozambico”. La folla assorta in questa domenica di Pentecoste, festa delle lingue e delle culture, assorbe le sue parole come una spugna. Mentre mi dico, tra me e me: “Qui siamo veramente in Africa, il tempo non si conta mai...”
E così comincia il canto: i tamburi, le voci, le mani, il loro ritmo con due colpi e due pause, un lunghisssimo grido corale al suo acme, al punto più alto... si spengono, infine, d’incanto. E si piomba subito in un silenzio perfetto, immobile. La miriade di volti neri ti fissa dall’assemblea con gli occhi ben aperti. Lunghi momenti di attesa... e una vera emozione mi prende.
Poi, la parola esce dalla bocca del lettore. Viene offerta con gesto lento, come gustandola prima, ruotandola nel palato, assaporandola. Parola calma, sonora e solenne. Vedi subito dagli occhi e dal silenzio come ognuno la riceve: la attende, la gusta, gli risuona nelle tempie, gli fa brillare lo sguardo, scende nell’anima, in profondità. Comprendi, allora, concretamente che cosa vuol dire una “civiltà della palabra" come questa africana. La parola qui è sacra. È sintesi di cuore, di corpo e di mente. E ancor più dell’amore di Dio, fattosi Parola lui stesso. Essa si posa nella vita di ognuno subito dopo l’ascolto e la penetra per darne forza, bellezza e coraggio.
E corro con il pensiero alle nostre liturgie: letture non proclamate, ma lette semplicemente, spesso in fretta, come una vecchia poesia a scuola. Senza a volte neanche averle precedentemente assaporate, comprese o interiorizzate... Le parole scorrono veloci e il lettore, pure, che sparisce subito dopo con movimento rapido.
A qualche chilometro di distanza dalla nostra splendida cattedrale, nella povertà estrema di un campo di quasi 5.000 rifugiati, padre Rodenei, missionario scalabriniano, celebra la Parola di Dio con loro. È un missionario brasiliano di fronte a un’assemblea di congolesi, di burundesi, di ruandesi... rifugiati in un Paese straniero. Egli anima così la speranza e l’esistenza di uomini e di donne, che vivono ormai solo di esilio e di Dio. Anche il popolo ebreo, per lunghissimo tempo, si nutriva così. Oggi, per questi immigrati la parola del Signore diventa fuoco. Si fa spirito di fortezza e di resistenza nelle loro esistenze fragili e tormentate. Spirito di coraggio e perfino di amore, nonostante tutto. Sì, spirito di Dio. Per loro, oggi, è veramente Pentecoste.
p. Renato Zilio
Mons. Russo: “fare emergere tanti ‘nuovi europei’ dalla condizione di invisibili”
18 Giugno 2020 - Roma - “Oggi siamo insieme a numerosi amici e amiche che hanno varcato il Mediterraneo o sono giunti in Europa attraverso vie di terra: molti fra voi hanno dolorosamente perso amici e parenti”. Lo ha detto questa sera il segretario generale della Cei, mons. Stefano Russo, nell’omelia della veglia di preghiera “Morire di Speranza” nella Basilica di Santa Maria in Trastevere promossa dalla Fondazione Migrantes, la Caritas Italiana, la Comunità di Sant’Egidio, il Centro Astalli, la Federazione Chiese Evangeliche in Italia, lo Scalabrini Migration International Network, le Acli, l’Associazione Papa Giovanni XXIII, l’Associazione Comboniana Migranti e Profughi. “Sigle – ha detto mons. Russo - che possono apparire distanti a chi non ha familiarità con queste realtà, ma in verità ad ognuna di queste sigle corrispondono persone che si spendono ogni giorno per vivere quella prossimità che diventa un obbligo del cuore quando come cristiani ci rendiamo conto che questa può diventare una risposta importante alla chiamata che il Signore fa agli uomini e alle donne del nostro tempo. Questa assemblea liturgica si allarga ai tanti che sono collegati e alle altre veglie che hanno luogo a Roma, in Italia e nel mondo”.
Il presule ha invitato a riascoltare le parole di papa Francesco sul sagrato deserto di Piazza S. Pietro nel periodo pasquale: parole “rimaste impresse in modo indelebile nel nostro cuore ed hanno raggiunto i confini della terra caratterizzando particolarmente questo nostro tempo che oserei dire ‘fuori del tempo’. Riascoltiamo le sue parole, portando nel cuore non solo le attese personali, ma facendo nostre quelle dei profughi, dei rifugiati, dei migranti che, lungo quest’anno e ancor più nel tempo eccezionale della pandemia, muoiono e vivono nella disperata ricerca della salvezza”.
“I venti contrari sono certo forti e chi più ne soffre sono i poveri: nel tempo della pandemia, come non pensare a chi è costretto nei campi profughi sovraffollati, a chi non vede alcuna via di uscita? In Africa, in Asia - pensiamo ai Rohingya -, nel campo di Moira a Lesbo, già Europa, o chi si accalca alle sue frontiere. Lontano da noi, a Tapachula, di fronte al confine con il Messico. O ai siriani, nei campi libanesi”, ha detto il segretario generale della Cei: “luoghi di dolore, dove, più di prima, mancano cibo, vestiti, tende, cure sanitarie. Il lockdown inasprisce condizioni già invivibili, con uomini, donne e bambini impossibilitati al distanziamento fisico e senza accesso all’acqua per lavarsi, con il terrore di essere sterminati dal coronavirus. Quante preghiere salgono dai 50 milioni di sfollati interni che popolano i diversi continenti? Quante dai profughi detenuti in Libia, sottoposti a ogni genere di abusi, e da quelli che fuggendo vengono nuovamente respinti?”. “Di questo tutti abbiamo responsabilità, nessuno può sentirsi dispensato”, ha ricordato papa Francesco, domenica scorsa parlando della situazione in Libia al termine della preghiera dell'Angelus. “Se siamo qui è perché non solo non ci sentiamo dispensati, ma perché sappiamo che Gesù non è mai indifferente, anzi: salì sulla barca dei suoi amici e la sua presenza calmò le acque”, ha quindi aggiunto mons. Russo: “è quindi la sua presenza a donarci nuovamente l’audacia e la forza: della preghiera e del gesto. E non dimentichiamo, in questo tempo dopo la Pentecoste, che, non il vento del Mar di Galilea, ma il vento dello Spirito spinse i discepoli frastornati incontro ai popoli allora conosciuti, parlando una lingua nuova che tutti potevano intendere. La lingua dell’amore, che particolarmente nel tempo della pandemia ha visto molti soccorrere i più soli e i più esposti. Fra essi abbiamo presenti i volti di tanti e tante badanti, delle colf, di immigrate e rifugiate che si sono prese cura degli anziani impedendo che fossero abbandonati alla solitudine e preda del contagio negli Istituti. Sono stati tanti quelli che hanno avuto compassione e hanno portato il loro contributo per sfamare chi era senza casa”.
Prima della preghiera il saluto del vescovo ausiliare di Roma, mons. Daniele Libanori e poi il ricordo di alcuni fra i nomi di coloro che sono morti nel tentativo di raggiungere l’Europa. Sono, secondo alcuni dati, 40.900 persone morte, dal 1990 a oggi, nel mare Mediterraneo o nelle altre rotte dell’immigrazione verso l’Europa. Un conteggio drammatico, che si è ulteriormente aggravato nei primi mesi del 2020, quando, nonostante la situazione di emergenza causata dal Covid-19 sono state 528 - per metà donne e bambini - le persone che hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere il nostro continente, soprattutto dalla Libia attraverso la rotta del Mediterraneo centrale. “È una tragedia dell’umanità di cui occorre fare memoria” sottolineano i promotori della veglia. “Ciascuno di loro è prezioso agli occhi di Dio, e lui, che non dimentica nessuno, aiuti noi, le nostre comunità di fede, il nostro Paese, la speranza di chi cerca un approdo di bene, di vita, di pace”, ha concluso mons. Russo che ha anche speso una parla sull’“occasione propizia che ci è data di fare emergere tanti stranieri, ‘nuovi europei’ dalla condizione di invisibili, valorizzando il loro lavoro e la loro presenza, preziosa per l’Italia e per loro stessi”.
Alla veglia hanno partecipato anche il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi, il direttore generale della Fondazione Migrantes don Gianni De Robertis e quello della Migrantes di Roma il direttore di Avvenire Marco Tarquinio e il presidente del Centro Astalli, p. Camillo Ripamonti e per gli scalabriniani, p. Gabriele Beltrami.
Raffaele Iaria
Migrantes Vicenza: iniziative per la Giornata Mondiale del Rifugiato
18 Giugno 2020 - Vicenza - In occasione della Giornata mondiale del rifugiato 2020, a Vicenza due eventi specifici sul tema per ricordare coloro che hanno perso la vita cercando di raggiungere l’Europa e per continuare a “confrontarci e ad approfondire le situazioni legate ai flussi migratori” promossi da diverse associazioni e movimenti. Tra queste l’Ufficio Migrantes della diocesi.
Nel pomeriggio di sabato 20 giugno video-presentazione del libro “Strade rotte. Settemila chilometri in ciabatte dall’Africa occidentale all’Italia”, edito da Infinito. A dialogare sul libro saranno l’autrice vicentina Cristiana Venturi e Igor Brunello. Il volume percorre, rielaborandole narrativamente, le tappe reali di viaggio di due ragazzi sedicenni partiti dal Gambia e giunti in Italia quasi due anni dopo. Gli incontri, i drammi, il valore della parola “abarakà - grazie”, le violenze subite e l’intensità di un sogno, la forza dell’ospitalità”. Mercoledì 24 giugno la veglia ecumenica di preghiera "Morire di speranza”, in una formula nuova nel rispetto delle disposizioni sanitarie legate alla pandemia. Si intitola “Ricorda, accendi, prega”, e seguendo questi verbi ciascuno avrà la possibilità di vivere un momento di preghiera libero e personale, guidato dalla Parola di Dio e da un gesto simbolico. Ciascuno si recherà liberamente nella chiesa di Santa Bertilla (via Ozanam 1, Vicenza) all’orario che preferisce tra le 18.00 e le 20.00, sostando in preghiera per il tempo che desidera. Le iniziative siono promossedall’Ufficio Migranes di Vicenza, Centro Astalli Vicenza, Associazione Presenza Donna, Caritas diocesana vicentina, Chiesa evangelica metodista di Vicenza, ACLI Vicenza, Unità pastorale Porta Ovest in Vicenza, Cooperativa Pari Passo, Non Dalla Guerra, e con la partecipazione di Comunità di Sant'Egidio, La Voce dei Berici, Centro Culturale San Paolo.
Scalabriniani: cinque anni della Casa Scalabrini 634
18 Giugno 2020 - Roma - Era il 20 giugno 2015 quando il primo ospite varcava la soglia di Casa Scalabrini 634. “Quel giorno diveniva realtà la risposta concreta e puntuale della Regione Europa-Africa di noi Missionari Scalabriniani all’appello all’accoglienza che papa Francesco aveva rivolto anche a noi durante l’estate del 2013”, ricorda Fratel Gioacchino Campese, direttore generale di Casa Scalabrini 634. “Quella che era stata la casa di formazione dei religiosi studenti scalabriniani si è trasformata in una casa radicata nel territorio dove la cultura dell’incontro diventa realtà, diventa carne, generando relazioni umane tra le persone che siano rifugiati, migranti o italiani. Così si costruisce gradualmente, e con i talenti di tutti, la comunità, seguendo l’itinerario dei quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere, integrare”, aggiunge Fr. Campese.
Per questo il prossimo 22 giugno alle 11,30 è previsto un incontro in streaming con p. Fabio Baggio, sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero sullo Sviluppo Umano ed Integrale della Santa Sede, p. Camillo Ripamonti del Centro Astalli e Andrea Zampetti. A loro si uniranno alcune testimonianze di operatori e ospiti della Casa.
Altro punto chiave della buona riuscita di Casa Scalabrini 634 – si legge in una - è stato il giovane team che da 5 anni porta avanti con “passione” e “dedizione l’idea iniziale”.
“Siamo un gruppo eterogeneo, ma proprio per questo funzioniamo bene”, afferma Emanuele Selleri, direttore esecutivo del programma. “Nel quartiere siamo dei vicini di casa aperti e trasparenti, offrendo a chiunque bussasse alla porta molteplici occasioni di venire e vedere la quotidianità che viviamo dentro le nostre mura. Oggi possiamo dire di essere una parte attiva del quartiere, riconosciuti e stimati per il segno, magari piccolo, che diamo assieme ai nostri ragazzi. Fin dall’inizio siamo stati sorretti dal network solido creato prima di aprire fisicamente le porte della struttura. Abbiamo da subito condiviso l’originalità del programma, perché quello che stavamo iniziando ci sembrava, e ne siamo ancora convinti, la giusta sintesi per colmare la “zona grigia” del sistema di accoglienza in Italia. Da noi nessuno è straniero, o meglio ciascuno di noi è un po’ straniero per qualcun altro e per questo motivo qualsiasi evento o iniziativa si svolga in casa è sempre aperto a tutti”.
Nei primi cinque anni Casa Scalabrini 634 ha accolto 160 persone, tra le quali, qualche famiglia con minori, per un tempo variabile dai 6 mesi ad un anno, tempo congruo per consentire alla persona di recuperare la propria autonomia e “riprendere le forze” ed i mezzi necessari per affrontare una nuova vita in Italia. A parte un'occupazione, iniziale o stabile che sia, le giornate di chi vive in Casa Scalabrini 634 sono riempite anche dalla attiva collaborazione nella gestione della casa, come pure dalla presenza di tanti volontari che, con la loro disponibilità, offrono occasioni di formazione o di relazione personale. Tutto questo rende sempre più autentico il senso di “casa” che la struttura porta nel nome. A questi numeri, nel primo quinquennio, si aggiungono le 11.500 persone che hanno partecipato ad eventi di sensibilizzazione e 1.500 per la formazione specifica.