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Papa Francesco: “inaccettabile” respingere migranti

26 Settembre 2020 - Città del Vaticano - “Il progresso tecnologico è utile e necessario, purché serva a far sì che il lavoro delle persone sia più dignitoso, più sicuro, meno gravoso e spossante”. Lo dice il Papa, che nel videomessaggio inviato all’Onu torna a chiedere “un quadro di riferimento etico più forte” per superare la “cultura dello scarto”, alla base della quale c’è “una promozione ideologica con visioni riduzioniste della persona”. I diritti fondamentali, infatti, “continuano a essere violati impunemente”, denuncia Francesco, che parla di “umanità violata” e cita per “persecuzioni” a cui sono sottoposti i credenti, “compreso il genocidio dovuto alle loro credenze”, come accade ai cristiani. Poi il riferimento a rifugiati, migranti, sfollati interni: “In migliaia vengono intercettati in mare e rispediti con la forza in campi di detenzione dove sopportano torture e abusi. Molti sono vittime della tratta, della schiavitù sessuale o del lavoro forzato, sfruttati in compiti umilianti, senza un salario equo. Tutto ciò è intollerabile, ma oggi è una realtà che molti ignorano intenzionalmente!”. Ciononostante, sostiene il Papa, “la crisi attuale è un’opportunità: è un’opportunità per l’Onu, è un’opportunità per generare una società più fraterna e compassionevole”, superando il “rapido aumento delle disuguaglianze tra i super ricchi e i permanentemente poveri”. Condonare il debito dei Paesi poveri e chiudere i paradisi fiscali, le altre richieste di Francesco in ambito economico e finanziario. Tra le questioni più urgenti da affrontare, i cambiamenti climatici.

“Migranti, la religione sia ponte”: ieri la presentazione di una ricerca

26 Settembre 2020 - Roma - Gestire le migrazioni in Europa partendo dalle persone e dalla loro dignità e non dai “flussi” degli sbarchi o dalla distribuzione nei territori di chi arriva dal Mediterraneo o dai Balcani per sfuggire a guerre, miseria e persecuzioni. Serve un processo di «riumanizzazione dell’ospitalità » fuori dai numeri e dalle strumentalizzazioni. Ma l’obiettivo è raggiungibile solo con un riconoscimento delle religioni, capaci per loro natura di promuovere conoscenza, dialogo e ascolto dell’altro. Così si costruisce una nuova etica dell’accoglienza che coinvolga istituzioni, comunità civile e singoli cittadini. L’urgenza emerge dalla ricerca “Migrazioni e appartenenze religiose” elaborata da 20 studiosi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e presentata ieri durante il convegno “La religione del migrante: una sfida per la società e per la Chiesa”, svoltosi a Roma presso il dicastero per il Servizio dello sviluppo umano, iniziativa a cui ha collaborato la Conferenza Episcopale Italiana alla vigilia della 106esima Giornata Mondiale del migrante e del rifugiato indetta da Papa Francesco e che sarà celebrata domani. Il documento scientifico – 800 pagine redatte da sociologi, politologi, giuristi, psicologi e filosofi europei e mediorientali – mette in evidenza, attraverso il racconto di storie delle persone migranti, le attuali criticità del sistema internazionale di accoglienza e suggerisce come rimedio per evitare ulteriori tragedie il recupero dei valori su cui si fonda la cultura d’Europa. La “soluzione umanizzante” sta proprio nel «ridare ai migranti il diritto di parola riconoscendone anche la dimensione religiosa perché solo attraverso l’identità passa la dignità dell’uomo e si può creare, appunto, una nuova etica dell’ospitalità » spiega Laura Zanfrini, coordinatrice del progetto e docente di Sociologia delle migrazioni e della convivenza interetnica alla Cattolica. «Proprio in questi giorni a Bruxelles si discute dell’accordo di Dublino sul diritto di asilo – aggiunge la professoressa – ma nessuno ha pensato di chiedere ai migranti qual è la loro opinione ». Il pregiudizio religioso è molto forte in Europa: come combatterlo? Innanzitutto con la conoscenza. Lo ha ricordato, nell’introdurre il convegno, monsignor Stefano Russo, segretario generale della Cei, richiamando il messaggio del Pontefice per la Giornata del Migrante: «Conoscere per comprendere: Papa Francesco spiega questo movimento ideale verso l’altro per mezzo dell’episodio che accosta Gesù ai discepoli incamminati lungo la strada verso Emmaus. Applicarlo al mondo della mobilità, come fa il Santo Padre è importante: molto spesso ci si riferisce a migranti e a sfollati, più raramente alle persone migranti e sfollate. Può forse sembrare una distinzione di poco conto, quasi un gioco di parole – aggiungemonsignor Russo – ma in realtà si tratta di una differenza fondamentale, che dai numeri ci conduce alle persone, dai fenomeni da studiare alle storie di vita da ascoltare. E, attraverso di esse, comprendere davvero». Perché «riumanizzando le persone si costruisce il dialogo». Partire dall’appartenenza religiosa, contro ogni riserva mentale. «È qui che si gioca l’identità delle società europee: nelle richieste d’asilo ad esempio, le istanze religiose diventano tangibili – dice Zanfrini – ma spesso i migranti non citano la loro religione, o il fatto di essere fuggiti da persecuzioni per la loro fede, perchéconvinti che non influisca ai fini dell’ottenimento dell’asilo, anzi, che a volte sia controproducente » . La sfida principale, per la Chiesa e il mondo, è contrastare l’analfabetismo religioso nella società italiana ed europea. «Non solo si sta perdendo la conoscenza del cristianesimo – afferma la docente della Cattolica – ma anche dei culti “altri”». Un esempio? «Non è accettabile che a scuola lo studente copto egiziano sia definito musulmano dagli insegnanti». Ci vuole un approccio umanista e non politico che valorizzi e faccia crescere le esperienze di cooperazione e di dialogo interreligioso già in atto. «Mantenere viva la fede nel cuore di tutti è responsabilità di ogni credente e la condizione per intensificare un dialogo quotidiano tra le religioni» ha precisato padre Fabio Baggio, sottosegretario della sezione migranti e rifugiati del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale del Vaticano. Punto di partenza resta dunque il riconoscimento della dimensione religiosa della persona. «Pensata come una questione meramente privata da confinare ai margini della convivenza, la religione sarebbe una miopia intellettuale oppure una forma di laicismo senza laicità – ha detto il cardinale Angelo Bagnasco, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee nel suo intervento –. Il laicismo vive di pregiudizi mentre la laicità usa la ragione aperta cioè nella totalità delle sue funzioni». (Fulvio Fulvi - Avvenire)  

Mons. Russo: “la religione può fungere da elemento aggregante”

25 Settembre 2020 - Roma - “Fra le coppie di verbi proposte dal Santo Padre nel messaggio scritto in occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che celebreremo fra due giorni, domenica 27 settembre, una – non a caso la prima – si adatta molto bene al mondo della ricerca: conoscere per comprendere”. Lo ha detto Mons. Stefano Russo, Segretario generale della CEI, aprendo il convegno “La religione del migrante: una sfida per la società e per la Chiesa”, in corso presso il Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale della Santa Sede e promosso dall’Università Cattolica, in collaborazione con la CEI, alla vigilia della 106a Giornata mondiale del migrante e del rifugiato che si celebra domenica 27 settembre. Riferendosi alla ricerca su “Migrazioni e appartenenze religiose”, Mons. Russo ha affermato che “non solo la crisi dei rifugiati, ma anche i flussi umani che caratterizzano ormai da decenni l’immigrazione verso l’Italia e l’Europa hanno posto queste di fronte alla necessità di fare i conti con un duplice scenario sociale e religioso: quello, talvolta complesso, dei Paesi d’origine dei flussi migratori e quello, anch’esso delicato, dei Paesi di destinazione. Questi ultimi, in particolare, sono chiamati a confrontarsi con un profondo cambiamento nella composizione etnica, linguistica e religiosa della propria popolazione residente”. In questo contesto, secondo Russo, la religione “può fungere da elemento aggregante, di dialogo e di cooperazione nella costruzione delle comunità”.  

Centro Astalli: “non c’è solidarietà nell’impedire il diritto a migrare”

24 Settembre 2020 -
Roma - Il Centro Astalli esprime preoccupazione rispetto alle misure contenute nel Migration pact presentato ieri dalla Commissione europea: “Ci si aspettava un nuovo corso su politiche di accesso alla protezione e accoglienza per i migranti forzati”, afferma, “ma il testo presentato purtroppo in gran parte disattende le dichiarazioni che lo hanno preceduto”. L’esigenza primaria, osserva, “rimane per l’Unione europea di chiudere le frontiere, limitare e gli ingressi e favorire i rimpatri”. Il Centro Astalli osserva che “la ricollocazione obbligatoria dei migranti per il superamento del trattato di Dublino, che da tempo le organizzazioni umanitari e gli enti di tutela chiedono, non è stata inserita tra le misure”. In particolare preoccupa che la procedura rapida alla frontiera “vada a detrimento delle persone vulnerabili: sappiamo infatti che l’emersione della vulnerabilità durante la procedura di asilo può richiedere tempi e modi tali da configgere con una valutazione rapida in frontiera”. Il testo, inoltre, “non stabilisce l’istituzione di canali umanitari che invece è misura urgente per evitare il traffico e la morte di esseri umani”. “Ci sembra che la parola solidarietà, molte volte usata riferendosi al Migration Pact – sottolinea –, sia stata svuotata di significato: non c’è solidarietà nell’impedire l’esercizio del diritto a migrare a chi rischia la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa”. Il Centro Astalli chiede a istituzioni nazionali e sovranazionali “uno sforzo nella direzione di una maggiore corresponsabilità nella gestione dei flussi migratori ispirata al rispetto dei diritti umani e della dignità dei migranti. Per questo ci sembrano necessari significati correttivi al testo proposto”. (Sir)

Viminale autorizza sbarco dalla nave Alan Kurdi ad Arbatax: avviata procedura di ricollocamento

24 Settembre 2020 -

Roma - “La nave tedesca Alan Kurdi ha chiesto di poter sbarcare le persone a bordo e, in considerazione del previsto peggioramento delle condizioni meteo marine, ha inoltre chiesto di ridossarsi nella rada di Arbatax, riparo più vicino alla sua attuale posizione”.

Ne ha dato notizia il ministero degli Interni spiegando che “contestualmente all’autorizzazione a tali richieste, è stata avviata la procedura europea di ricollocamento dei 133 migranti soccorsi in mare di cui 125 sono ancora presenti a bordo. L’80% dei migranti soccorsi verrà trasferito in altri Paesi europei”.

Mons. Russo: su migranti “significativo che l’Europa si stia muovendo, è inizio di un percorso”

24 Settembre 2020 -
Roma - “È significativo che la Commissione europea si stia muovendo”. Così mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei, durante la conferenza stampa a chiusura del Consiglio permanente dei vescovi italiani, svoltosi a Roma in questi giorni, ha risposto alle domande dei giornalisti in materia di immigrazione, e in particolare alla proposta del superamento del regolamento di Dublino. “È una cosa buona che il tema dell’accoglienza dei migranti venga affrontato non solo in via di principio, ma con cose concrete”, ha proseguito Russo: “È necessario che sia l’Europa intera a prendersi cura dei migranti. Il superamento di Dublino è interessante, può essere migliorato. La cosa importante è che è un percorso che continua e che ci sia la volontà di arrivare soluzioni condivise”. Secondo il segretario generale della Cei, inoltre, “è importante l’affermazione di principio per cui le persone che vanno per mare vanno comunque accolte. Quello dell’accoglienza responsabile è un tema da approfondire, così come i tempi giusti per valutare le diverse situazioni”. Riguardo alla proposta di togliere le sanzioni a quelle Ong che soccorrono le persone in mare, Russo ha commentato: “Anche le Ong svolgono un ruolo importante, se partecipano all’interno di un progetto e di un programma, così come tutti coloro che accolgono responsabilmente. Se alcune deviazioni ci sono state, e ci sono, sono legate a interessi e vanno attenzionate e risolte, se ci si prende cura in modo condiviso dell’accoglienza, e non solo da parte dei Paesi più prossimi”.

Don Roberto Malgesini: al funerale l’elemosiniere del Papa

21 Settembre 2020 - Como - Quella di don Roberto è stata “una vita consumata fino al dono totale di sé”. Lo ha affermato il vescovo di Como, Mons. Oscar Cantoni, nell’omelia della messa in suffragio di don Roberto Malgesini, il sacerdote ucciso in città lo scorso 15 settembre. A partire dalla prima mattina di sabato una folla si è radunata in cattedrale – dove a causa delle misure di prevenzione dovute al Covid è stato consentito l’accesso a solo 500 persone – e nei tre maxischermi allestiti nelle piazze adiacenti per partecipare a questo forte momento di vita comunitaria. A presiedere il rito è intervenuto il Card. Konrad Krajewksi, elemosiniere di Sua Santità, mentre hanno concelebrato diversi vescovi delle diocesi lombarde e oltre un centinaio di sacerdoti diocesani e religiosi. “Condividiamo – ha detto il vescovo – il dolore per la tragica morte di don Roberto, ma nello stesso tempo ci rendiamo conto che il suo sacrificio d’amore spalanca alla Chiesa e a tutta la società la possibilità di una straordinaria, inimmaginabile fecondità, che tocca a noi tutti però sviluppare con determinato coraggio evangelico, perché l’esempio di don Roberto non sia vano!”. Il segreto della vita di don Roberto – ha proseguito il vescovo – spiega il “suo sorriso che affascinava, stupiva e interrogava quanti lo incontravano”. Con uno “stile di sapore evangelico”, uno “speciale ‘tocco di delicatezza’”, don Roberto “serviva i poveri ogni giorno, con una serenità e una semplicità davvero invidiabile”, ha ricordato Mons. Cantoni, ricordando dove tutto trovava alimento: la “fedeltà nella preghiera”, a cui don Roberto dava lungo spazio prima di iniziare il suo servizio. A conclusione dell’omelia il vescovo, rivolgendosi ai presenti – tra loro anche moltissimi giovani che condividevano con don Roberto il suo impegno – ha detto: “Il Signore conceda a noi tutti di continuare, con rinnovato impegno, l’opera di misericordia che don Roberto ci ha abbondantemente testimoniato con la sua vita”. “Papa Francesco è con noi e si unisce al dolore dei familiari di don Roberto, si unisce ai fedeli della sua parrocchia, ai fratelli bisognosi, che ha servito fino all’ultima mattina, e a tutta la Comunità comasca”, ha detto al termine della messa il Card. Konrad Krajewski, elemosiniere di Sua Santità. Il porporato ha portato ai familiari, ai sacerdoti e agli amici, riuniti, il cordoglio di Papa Francesco. “Don Roberto è morto, quindi vive – ha detto il cardinale –. L’amore, infatti, non muore mai, neppure con la morte. La pagina del Vangelo che noi spesso leggiamo e che don Roberto ci ricorda proprio oggi, quella pagina che non si può strappare mai dal Vangelo ci ricorda che ‘non c’è amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici’ (Gv 15,13). I poveri erano gli amici di don Roberto. Non si può essere cristiani fino in fondo se questa pagina non è fatta nostra”. In dono dal Santo Padre il cardinale ha portato “i rosari per tutti i volontari e per i bisognosi di don Roberto. E anche per quell’uomo sfortunato che sta in carcere e chiedo alle autorità di portarglielo, perché io non posso andarci”. Infine guardando verso i fratelli e la sorella di don Roberto, seduti in prima fila, un’ultima carezza: “Ho portato da parte del Santo Padre una corona di rosario particolare, in perla, per i genitori di don Roberto, che non potevano venire. Dopo la celebrazione andrò al loro paese a portarle ai genitori e a baciare le loro mani a nome del Santo Padre”. Un’attenzione che ha commosso i presenti. Al termine della celebrazione in cardinale, insieme al vescovo di Como, Oscar Cantoni, si è recato a San Rocco nel luogo dove don Roberto Malgesini è stato ucciso per un momento privato di preghiera.    

Don Malgesini: domani pomeriggio i funerali

17 Settembre 2020 -
Como - La diocesi di Como ha annunciato, pochi minuti fa, i dettagli circa le esequie di don Roberto Malgesini, il sacerdote ucciso a Como il 15 settembre scorso. “Accogliendo il desiderio della famiglia – si legge nella nota inviata alla stampa –, venerdì 18 settembre, alle 17, nella chiesa parrocchiale di Sant’Ambrogio, la comunità di Regoledo di Cosio (So) si riunirà per l’ultimo saluto a don Roberto. I funerali saranno presieduti dal vescovo monsignor Oscar Cantoni e concelebrati, per comprensibili esigenze di spazio, da un ristrettissimo numero di sacerdoti, designati in rappresentanza del presbiterio diocesano”. All’interno della chiesa e anche nello spazio esterno, precisano dalla diocesi, le norme di prevenzione e contenimento del coronavirus impongono una severa limitazione dei posti e il rispetto del distanziamento. Sarà possibile seguire il rito via streaming sul canale YouTube de “Il Settimanale della diocesi di Como”. La comunità diocesana – continua la nota – si ritroverà “sabato 19 settembre, alle 9.30, in cattedrale, a Como, per la santa messa di suffragio”. Questa mattina la salma di don Roberto Malgesini è stata riconsegnata ai suoi famigliari, ai fratelli Mario, Caterina ed Enrico. Nell’ultimo viaggio verso Regoledo di Cosio, paese valtellinese di cui don Roberto era originario, il feretro si è fermato per un’ultima volta nei pressi della chiesa di San Rocco, accanto alla quale viveva e dove martedì mattina ha trovato la morte, accoltellato da un uomo che conosceva e che spesso aveva aiutato. Don Gianluigi Bollini, parroco della Comunità pastorale Beato Scalabrini e vicario foraneo della città, ha guidato un breve momento di preghiera a cui era presente anche don Antonio Fraquelli. Tanti anche i ragazzi del gruppo di volontari che aiutavano don Roberto nel suo servizio ai poveri e agli ultimi della città, che pure non hanno voluto mancare, per dare un ultimo saluto al loro don.

Ucciso dove morirono i primi cristiani

17 Settembre 2020 - Como  - Martedì, memoria dell’Addolorata che stava insieme ad altre donne ai piedi della Croce, è stato ucciso don Roberto Malgesini. Anche lui stava vicino a tante croci, anche lui c’era, stava in mezzo, condivideva. Il luogo in cui è stato ucciso è vicinissimo al luogo del martirio dei primi cristiani della diocesi di Como, era l’anno 303 d.C. Erano soldati che in nome del Vangelo fuggivano dalla violenza delle armi e per questo raggiunti e uccisi da altri soldati. L’altra mattina sono entrato nella casa di don Roberto e sul tavolo sul quale aveva fatto colazione c’era il breviario che aveva recitato e sopra di questo il libro del cardinale Carlo Maria Martini dal titolo “La pratica del testo biblico” alla pag. 111, al capitolo intitolato "Gesù medico misericordioso" e nella sua camera dove con altri mi sono recato in cerca delle chiavi della macchina c’era una stuoia, luogo di preghiera, con tanti testi di Madre Teresa. Sulla scrivania della camera una grande croce.  Roberto era un prete secondo il Vangelo, capace di grande cura e delicatezza con chiunque. L’immagine del buon pastore che va in cerca, cura, fascia le persone può aiutarci a comprendere don Roberto e a prenderlo come punto di riferimento. Curava e accudiva anche le "pecore cattive", coloro che hanno fatto sbagli grossi e sono finiti in carcere: in questa sua capacità io ho sempre visto la "giustizia superiore" del Vangelo, la follia di voler bene a chi proprio non se lo merita. Nella città di Como, ricca di uomini e donne vere manca ora don Roberto, la sua freschezza evangelica. Roberto lascia orfani anche tanti stranieri che in lui avevano un punto di riferimento di premura e di cura delicata. Siamo in tanti a condividere il suo progetto di umanità ma c’è un operaio in meno, quindi bisogna fare gli straordinari. Sono queste ultime, le parole con cui don Renzo Scapolo ricordava l’uccisione di don Renzo Beretta. P:S non conosco il movente dell’uccisore ma Gesù medico misericordioso pensi con altri anche a lui. (Don Giusto Della Valle – direttore Migrantes Como e Migrantes Lombardia)

«Ho visto dei fratelli»: nei testi della Via Crucis la scelta di vivere la strada di don Roberto Malgesini

17 Settembre 2020 -

Milano - Una delle caratteristiche più coraggiose, “ostinate” verrebbe voglia di dire, che emerge dalla vita di don Roberto Malgesini, è la capacità di fare silenzio. Quello interiore naturalmente, porta d’ingresso alla preghiera. Ma anche il più banale “tacere” esteriore, che non si perde in recriminazioni e proteste, tanto meno in proclami clamorosi. Di lui non si trovano interviste, dichiarazioni, battaglie verbali. Nessuna reazione polemica neppure dopo essere stato multato, l’anno scorso, per aver portato la colazione ai senza dimora. Il suo vocabolario era la strada, la sua denuncia erano le mani usate per sollevare il bisognoso di tutto, erano gli occhi piantati negli occhi del povero per restituirgli la dignità di persona, di amico, di fratello. Non a caso per trovare anche solo qualcosa di scritto bisogna attraversare i cammini che percorreva lui, fianco a fianco degli ultimi cui aveva scelto di dedicare l’esistenza. Volti, voci raccolti nelle meditazioni della Via Crucis del Venerdì Santo di due anni fa, il 30 marzo 2018. La loro sintesi in un titolo dalla semplicità rivoluzionaria, “Ho visto dei fratelli....”. che poi sarebbero «le persone sole, senza fissa dimora, fragili che abitano la strada». Ma persino qui in verità la firma di don Malgesini la si può solo intuire, perché insieme a lui i testi sono stati preparati dai volontari, soprattutto giovani che lo accompagnavano nella ricerca degli abbandonati cui assicurare una parola, una bevanda calda, una coperta.

Recita la cronaca che la preghiera sulla Via Dolorosa quel Venerdì Santo a causa del maltempo si svolse al chiuso, nella chiesa di Torre Santa Maria e che vi presero parte le sei parrocchie della comunità pastorale della Valmalenco, provincia di Sondrio e diocesi di Como. Eppure a sfogliare i testi ci si trova dentro un mondo dai territori molto più larghi, popolati dalle storie di migranti, di disperati, di uomini e donne derubati di tutto. I protagonisti delle stazioni della Via Crucis sono Roberto e il suo desiderio di poter incontrare di nuovo il figlio di 4 anni, sono il ghanese Zakaria, sono Abraham e la sua canzone che racconta la fuga dalla Nigeria, sono Itohan che è straniera, immigrata, africana ma soprattutto è una ragazza. Perché il segreto sta proprio lì, nel vedere nell’altro non solo un povero e un bisognoso ma una persona. Lo capisce e lo testimonia chi a maggior ragione oggi, malgrado i richiami di luci e lustrini, non si riconosce in una realtà che «esclude, emargina e allontana i sofferenti». Chi crede che la soluzione al disagio sociale sia tornare ad ascoltare con il cuore, che l’unica scelta davvero di giustizia sia «ripartire da chi è ultimo», fosse pure un vicino di casa o chi abita con noi. «Non esiste il benefattore e il bisognoso di aiuto. Esistono solo la fraternità, la cura e l’affetto reciproci», recita la presentazione della Via Crucis. È quella la linea di demarcazione dell’umanità, della condivisione, del Vangelo. «Ho visto emettere una ordinanza per scacciare senza tetto che chiedevano un po’ di attenzioni ai turisti e alla gente ricca che festeggiava Natale e il nuovo anno – si legge poco oltre –. Ma ho visto anche dei fratelli continuare ad aiutare gli scacciati, passando silenziosi oltre le minacce delle autorità o della maggioranza del popolo». Per loro, al termine della preghiera, come piccolo dono e insieme richiesta di impegno, alcuni quadratini di stoffa colorata, «simbolo dell’amore e della misericordia di Dio, infinita, sconfinata, immeritata». Se cuciti insieme quei pezzettini possono formare una coperta. Con cui portare calore, affetto, comprensione a chi ne ha bisogno. Senza dire troppe parole. Anzi magari scegliendo il silenzio. Come don Roberto. (Riccardo Maccioni - Avvenire)

“Migrazioni e appartenenze religiose”: una ricerca che sarà presentata a Roma il 25 settembre

17 Settembre 2020 - Roma - “La religione del migrante: una sfida per la Società e per la Chiesa”. Questo il tema di un incontro che si svolgerà  venerdì 25 settembre al Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale della Santa Sede. L’evento sarà aperto dai saluti del card. Michael Czerny, Sotto-Segretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano integrale; ,mons. Stefano Russo, Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana; mons. Claudio Giuliodori, Assistente Ecclesiastico Generale Università Cattolica del Sacro Cuore, a cui faranno seguito gli interventi istituzionali del Angelo Bagnasco, Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee e David Sassoli, Presidente del Parlamento Europeo. Durante il Convegno verrà presentata la ricerca “Migrazioni e appartenenze religiose”, promossa dall’Università Cattolica e realizzata da una équipe multidisciplinare di esperti. “Nonostante la drammatica diffusione, a livello globale, di discriminazioni, persecuzioni e conflitti di origine religiosa, sia i dati ufficiali che la letteratura accademica tendono a sottovalutare il loro ruolo nella genesi delle migrazioni contemporanee”, si legge in una nota. Lo studio “Migrazioni e appartenenze religiose” mira a colmare questo deficit di conoscenze, superando al tempo stesso “la tradizionale ambivalenza con cui l'Europa approccia il fenomeno religioso, in particolare se associato alla migrazione”. Si tratta di una ricca raccolta di analisi speculative e di evidenze empiriche originali, che offre dati e approfondimenti sul ruolo della religione nelle traiettorie dei richiedenti asilo e dei migranti, la geografia religiosa dei paesi d’origine, la spiritualità come fattore di resilienza e adattamento, la trasmissione dei valori religiosi all’interno delle famiglie migranti, il contributo delle organizzazioni religiose e del dialogo interreligioso nel processo d’integrazione e per la coesione sociale, l’educazione religiosa nella scuola pubblica come strumento di rafforzamento della cittadinanza democratica. La presentazione dello studio sarà affidata al direttore scientifico della ricerca, Laura Zanfrini, ordinario di Sociologia delle migrazioni e della convivenza interetnica in Università Cattolica, e a p. Fabio Baggio, Sotto-Segretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Seguirà il dibattito avviato dagli interventi del card. Jean-Claude Hollerich, Presidente della Commissione delle Conferenze Episcopali della Comunità Europea (COMECE); Chiara Cardoletti-Carroll, Rappresentante Regionale UNHCR per il Sud Europa; Laurence Hart, Direttore dell’ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e mons. Guerino Di Tora, Presidente della Fondazione Migrantes.  

Morte don Malgesini: le condoglianze delle Comunità islamiche d’Italia per il “prete degli ultimi”

17 Settembre 2020 - Roma - Anche i musulmani d’Italia esprimono dolore per la morte di don Roberto Malgenisi, accoltellato  da un tunisino affetto però da problemi psichici. “Ci giunge la triste notizia dell’uccisione di Don Roberto Malgesini, parroco di Como, conosciuto come il prete degli ultimi, ucciso per mano di un senzatetto affetto da gravi problemi psichici che lo stesso Don assisteva”, si legge in una nota arrivata al Sir dal presidente dell’Unione delle Comunità islamiche in Italia (Ucoii), Yassine Lafram. “Esprimiamo le nostre più sentite condoglianze ai suoi cari, a tutta la comunità comasca e agli amici cristiani impegnati verso il prossimo, in un cammino di pace e fratellanza”.

Papa Francesco ricorda don Roberto Malgesini, ucciso ieri a Como

16 Settembre 2020 - Città del vaticano – “Desidero ricordare in questo momento don Roberto Malgesini, il sacerdote della diocesi di Como che ieri mattina è stato ucciso da una persona bisognosa che lui stesso aiutava, una persona malata di testa”. Lo ha detto questa mattina papa Francesco al termine dell’Udienza generale ricordando al figura del sacerdote ucciso ieri mentre si apprestava a portare la colazione ai più bisognosi della città. “Mi unisco al dolore e alla preghiera dei suoi familiari e della comunità comasca e – ha aggiunto il papa - come ha detto il suo Vescovo, rendo lode a Dio per la testimonianza, cioè per il martirio, di questo testimone della carità verso i più poveri”. E poi l’invito ad un momento di preghiera “in silenzio” per don Roberto Malgesini e per “tutti i preti, suore, laici, laiche che lavorano con le persone bisognose e scartate dalla società”.  

Von Der Leyen: al lavoro su patto per salvataggi in mare

16 Settembre 2020 - Bruxelles - Un nuovo Patto sulle migrazioni annunciato per la settimana prossima, con alla base il principio dei salvataggi in mare: questo l'annuncio di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, durante il discorso sullo Stato dell'Unione in Parlamento a Bruxelles. "Gli Stati più esposti devono sapere di poter contare sulla solidarietà di tutti: le migrazioni devono essere gestite insieme", ha chiarito Von der Leyen. La presidente della Commissione si è' poi concentrata sul campo profughi di Moria, nell'isola greca di Lesbo, rivelando un "progetto pilota congiunto con le autorità locali per costruire un nuovo campo". Infine, la presidente ha esortato a garantire migliori condizioni di vita per i migranti che si trovano in territorio europeo: "sono pieni di capacità e talenti, hanno un futuro qui in Europa". (Dire)  

Michel (Consiglio europeo) in visita al campo di Moria a Lesbo: “Situazione drammatica, tutti gli Stati Ue devono mobilitarsi”

16 Settembre 2020 - Lesbo - “Vorrei esprimere la nostra solidarietà ai migranti, alla gente di Lesbo e a tutti gli operatori umanitari. E vogliamo sostenere gli sforzi compiuti dalle autorità greche”. Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, che ha visitato ieri il campo di Moria a Lesbo, è apparso particolarmente toccato dalla drammatica realtà nella quale vivono sull’isola i rifugiati, e non solo. Durante il breve soggiorno Michel ha incontrato le autorità locali e nazionali greche. “Questa è una situazione difficile e molto complessa”. La sfida migratoria non può essere negata o trascurata, perché “è una sfida europea comune. Entro la fine del mese, la Commissione europea intende mettere sul tavolo nuove proposte concrete. E dobbiamo impegnarci di più per essere più efficienti”. “Sono altresì convinto che dobbiamo compiere ulteriori progressi per migliorare i nostri controlli alle frontiere. Abbiamo anche bisogno di più partenariati con i Paesi terzi. Dobbiamo compiere progressi per avere una maggiore convergenza nel quadro della nostra politica in materia di asilo”. Michel ha aggiunto: “Sono qui perché mi rifiuto di lasciare che l’Unione europea abbassi gli occhi di fronte alle sfide della migrazione. Tutti gli Stati europei devono mobilitarsi. Dobbiamo sostenere Paesi come la Grecia che sono in prima linea. Dobbiamo assumerci la responsabilità”. Il presidente del Consiglio europeo ha osservato: “Penso che dobbiamo continuare a lavorare per migliorare il controllo dei nostri confini. I confini della Grecia sono i confini dell’Unione europea”. Infine, “dobbiamo definire le modalità di effettiva solidarietà in modo da essere tutti mobilitati per rendere più efficace il nostro approccio a questo difficile tema della migrazione, e ciò, in conformità con i valori che hanno fondato questo progetto europeo unico nella storia e che riunisce 450 milioni di cittadini con tutti i leader che guidano gli Stati membri”. (Sir)    

Unicef: un mini gioco on line con i bambini rifugiati nei panni degli eroi

16 Settembre 2020 - Roma - Un cortometraggio e un mini gioco on line che presenta i bambini rifugiati e migranti nei panni degli eroi. È la nuova iniziativa lanciata dall’Unicef per cambiare l’immaginario e le idee sbagliate sui bambini rifugiati e migranti, mostrando invece le loro capacità e la loro creatività. Gli spettatori e i giocatori sono spinti a guardare oltre le circostanze e le vulnerabilità di questi bambini per vedere il loro potenziale e aiutarli a raggiungere i loro obiettivi. Il video racconta le storie di vita reale di Nora, Sama e Pouya – tre bambini rifugiati e migranti provenienti rispettivamente dalla Somalia, dall’Egitto e dall’Afghanistan – che ora vivono in Grecia e condividono il sogno di diventare un medico, uno scrittore e un pilota. Il video simula un videogioco, posizionando i bambini come eroi del gioco e il pubblico come giocatore. “I giochi sono uno sbocco per i bambini e i giovani con integrazione e opzioni di gioco altrimenti limitate in un mondo che affronta il Covid-19”, ha dichiarato Gary Stahl, direttore dell’Unicef per la raccolta di fondi e le partnership fra privati: “I giochi possono essere un equalizzatore sociale, permettendo a bambini e adolescenti di diversi background di concentrarsi su ciò che li rende simili, piuttosto che diversi. I giochi creano un ambiente divertente e confortevole per iniziare a imparare ad accettare l’altro”. La crisi provocata dal Covid-19 – ha aggiunto Francesco Samengo, presidente dell’Unicef Italia – “è una crisi dei diritti dei bambini. I costi della pandemia per i bambini sono immediati e, se non vengono affrontati, possono persistere per tutta la vita. Senza finanziamenti urgenti e interventi chiave per salvare vite umane, altri 6.000 bambini potrebbero morire ogni giorno nei prossimi sei mesi, poiché la pandemia continua a indebolire i sistemi sanitari e a interrompere i servizi di routine”. L’iniziativa fa parte della campagna Reimagine dell’Unicef, per garantire che la pandemia non diventi una crisi duratura per i bambini, compresi quelli provenienti da gruppi emarginati come i rifugiati e i migranti.  

CEI: cordoglio per la morte di don Malgesini

15 Settembre 2020 - Roma - La Chiesa italiana esprime cordoglio e vicinanza alla comunità diocesana di Como per la morte di don Roberto Malgesini, assassinato questa mattina alle prime luci dell’alba”: lo si legge in una nota della Conferenza Episcopale Italiana dopo l’uccisione, questa mattina, di don Malgesini a Como. “Preghiamo perché il Signore possa accoglierlo nel Suo Regno, che don Roberto ha contribuito a costruire su questa terra”, si legge nella nota. La CEI si “stringe al vescovo Oscar Canton”, facendo sue le parole con le quali ha descritto don Roberto: “Un Santo della porta accanto per la sua semplicità, per l’amorevolezza con cui è andato in contro a tutti, per la stima che ha ricevuto da tanta gente anche non credente o non cristiana, per l’aiuto fraterno e solidale che ha voluto dare a tutti”.  

Migrantes: il cordoglio e la vicinanza alla diocesi di Como per la morte di don Malgesini

15 Settembre 2020 - Roma - "La morte di don Malgesini, prete accanto agli ultimi, ci addolora e siamo vicini alla sua diocesi e al vescovo, mons. Oscar Cantoni". Lo scrive in una nota la Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Cei. La figura di don Malgesini rappresenta, come ha detto mons. Cantoni ,"il santo della porta accanto", al servizio dei più deboli ed emarginati. "Ha lavorato e si è prodigato - aggiunge la nota - con opere di solidarietà mettendo al centro il primato e la dignità della persona con attività di accoglienza di migranti e senza fissa dimora. Preghiamo il Signore per questo sacerdote che ha dato la vita per il bene del prossimo e che la sua testimonianza di vita non venga dimenticata".

Migrantes Porto Santa Rufina: “non ospiti ma fratelli”

15 Settembre 2020 - Porto Santa Rufina - Doveva essere un semplice incontro organizzativo per preparare la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che sarà celebrata il 27 settembre. Ma, l’incontro dei giorni scorsi con i cappellani e i responsabili dei gruppi etnici cattolici di Porto–Santa Rufina è stato un momento di ascolto e dialogo con il vescovo Mons. Gino Reali e tra i partecipanti. Trattandosi di un pomeriggio lavorativo non tutti hanno potuto essere presenti, anche se chi non c’era ha inviato dei messaggi. C’erano sacerdoti e laici rappresentanti la Nigeria, lo SriLanka, la Romania, la Slovacchia e l’America latina, che conta soprattutto peruviani. Un veloce giro di saluti e di presentazione da parte del direttore Migrantes Enzo Crialesi e poi le congratulazioni a Fatima, dello SriLanka, appena laureatasi in neurobiologia, con l’augurio di trovare presto un impiego adeguato. Il vescovo ha condiviso la riflessione generale e quella dell’episcopato laziale, riunitosi da poco nella Conferenza episcopale regionale, precisando che la storia della Chiesa è fatta di presenza concreta nel tessuto della vita quotidiana, soprattutto accanto a chi più è nel bisogno. Ed ha ribadito una sua giustissima “idea fissa”: “se c’è un luogo dove non dovete sentirvi ‘ospiti’ questa è la Chiesa. Anche la famiglia di Gesù è stata una famiglia migrante, è necessario prendersi cura della famiglia, di ogni famiglia e soprattutto adoperarsi per una completa integrazione dei figli”. In questo il presule rileva l’apporto dei migranti, rispetto alla disgregazione della famiglia qui in occidente: “I nostri fratelli immigrati possono darci un esempio ed un aiuto per tenere alti i veri valori dell’unione familiare e dell’incontro fra generazioni. È una delle ricchezze che possono condividerci nella pratica dell’accoglienza, che è sempre un’esperienza di incontro reciproco. Io accolgo te, tu accogli me”. Poi il vescovo ha parlato della differenza che esiste fra fede e religione, di come le manifestazioni legate alla tradizione debbano sempre riscoprire di essere espressione di fede, ma di come anche sia bene partire da esse per seminare la gioia del Vangelo. E da qui ha raccontato del funerale celebrato poche giorni prima a Santa Marinella di padre Emanuele Mwanapenzi, sacerdote congolese vero testimone gioioso del Vangelo, che per una decina di anni è stato ospite della casa di riposo delle Suore benedettine del santo volto per cure che non poteva più ricevere nel suo Paese. È stato amato e ben voluto da tutti, tanto che al suo funerale sono stati presenti ben 40 sacerdoti e il vescovo della sua diocesi di origine, quella di Butembo–Beni (ove prima di ammalarsi era stato impegnato in ruoli di responsabilità, era stato anche vicario generale) ha scritto una bellissima lettera di ringraziamento al vescovo Reali per l’ospitalità e l’aiuto fraterno dato a padre Emanuele. Infine alcuni spunti riguardo alla programmazione della Giornata, che prevede l’eucaristia in Cattedrale alle 18.30 con la presenza dei soli rappresentanti delle comunità etniche cattoliche per il rispetto della misure anti–Covid 19. (Maria Grazia Pennisi – Migrantes diocesi Porto Santa Rufina)  

Sepoltura, migranti e border deaths

14 Settembre 2020 - RomaLa morte non è uguale per tutti. Chi muore fuori dal proprio Paese, in condizioni disperate, come i border deaths, le vittime della frontiera, non torna a casa. Che ne è allora delle migliaia di corpi di migranti deceduti nelle acque del Mediterraneo in questi anni e recuperate dalla nostra guardia costiera? Il volume di Silvia Omenetto "Migrazioni e (dis) continuità spaziale nella morte", edito da Tau editrice per la collana Testimonianze ed esperienze" della Fondazione Migrantes fornisce una ricognizione scientifica sul post mortem dei migranti, ricavata dalla ricerca geografica e antropologica. Gran parte delle vittime del Mare Nostrum giacciono nei cimiteri italiani, sepolte in spazi appositamente ritagliati per essi (e per tutti coloro che, stranieri, muoiono in Italia), chiamati “reparti speciali”. I border deaths che non ritornano in patria, sono uomini, donne e bambini non identificati e da nessuno riconosciuti. Una complessa e attenta procedura consente a questi morti di ricevere finalmente sepoltura. Il libro di Omenetto è una “metodica ed esaustiva” panoramica geografica della cura che i cimiteri italiani riservano alle salme. Ma è anche il punto di partenza per capire cosa abbiamo a disposizione sul territorio (cimiteri acattolici ed islamici, oltre che reparti speciali e spazi per altre religioni) e cosa è possibile sviluppare ulteriormente. Pur trattando un tema tanto crudo quanto quello della sepoltura, questo libro non è affatto arido. Silvia Omenetto riesce a rendere umano ed intelligibile il discorso attorno alla morte. Anche perché vi unisce considerazioni antropologiche sul perché il 95% delle salme dei migranti deceduti nel nostro Paese compiono invece il percorso inverso. E su richiesta dei parenti, vengono rimpatriate. Il rimpatrio della salma è ancora oggi molto praticato poiché la morte nei Paesi d’origine dei migranti non è una questione privata, ma attiene all’intera collettività. Ecco perché anche la Fondazione Migrantes ha attivato un fondo per aiutare le famiglie nel rimpatrio delle salme dei loro parenti. Il libro è una lettura piacevole oltre che utile, perché discorsiva e ricca di citazioni, e fornisce spunti di riflessione inediti per ragionare attorno alla migrazione.