“Migranti, la religione sia ponte”: ieri la presentazione di una ricerca

26 Settembre 2020 – Roma – Gestire le migrazioni in Europa partendo dalle persone e dalla loro dignità e non dai “flussi” degli sbarchi o dalla distribuzione nei territori di chi arriva dal Mediterraneo o dai Balcani per sfuggire a guerre, miseria e persecuzioni. Serve un processo di «riumanizzazione dell’ospitalità » fuori dai numeri e dalle strumentalizzazioni. Ma l’obiettivo è raggiungibile solo con un riconoscimento delle religioni, capaci per loro natura di promuovere conoscenza, dialogo e ascolto dell’altro. Così si costruisce una nuova etica dell’accoglienza che coinvolga istituzioni, comunità civile e singoli cittadini. L’urgenza emerge dalla ricerca “Migrazioni e appartenenze religiose” elaborata da 20 studiosi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e presentata ieri durante il convegno “La religione del migrante: una sfida per la società e per la Chiesa”, svoltosi a Roma presso il dicastero per il Servizio dello sviluppo umano, iniziativa a cui ha collaborato la Conferenza Episcopale Italiana alla vigilia della 106esima Giornata Mondiale del migrante e del rifugiato indetta da Papa Francesco e che sarà celebrata domani.

Il documento scientifico – 800 pagine redatte da sociologi, politologi, giuristi, psicologi e filosofi europei e mediorientali – mette in evidenza, attraverso il racconto di storie delle persone migranti, le attuali criticità del sistema internazionale di accoglienza e suggerisce come rimedio per evitare ulteriori tragedie il recupero dei valori su cui si fonda la cultura d’Europa. La “soluzione umanizzante” sta proprio nel «ridare ai migranti il diritto di parola riconoscendone anche la dimensione religiosa perché solo attraverso l’identità passa la dignità dell’uomo e si può creare, appunto, una nuova etica dell’ospitalità » spiega Laura Zanfrini, coordinatrice del progetto e docente di Sociologia delle migrazioni e della convivenza interetnica alla Cattolica. «Proprio in questi giorni a Bruxelles si discute dell’accordo di Dublino sul diritto di asilo – aggiunge la professoressa – ma nessuno ha pensato di chiedere ai migranti qual è la loro opinione ». Il pregiudizio religioso è molto forte in Europa: come combatterlo? Innanzitutto con la conoscenza. Lo ha ricordato, nell’introdurre il convegno, monsignor Stefano Russo, segretario generale della Cei, richiamando il messaggio del Pontefice per la Giornata del Migrante: «Conoscere per comprendere: Papa Francesco spiega questo movimento ideale verso l’altro per mezzo dell’episodio che accosta Gesù ai discepoli incamminati lungo la strada verso Emmaus. Applicarlo al mondo della mobilità, come fa il Santo Padre è importante: molto spesso ci si riferisce a migranti e a sfollati, più raramente alle persone migranti e sfollate. Può forse sembrare una distinzione di poco conto, quasi un gioco di parole – aggiungemonsignor Russo – ma in realtà si tratta di una differenza fondamentale, che dai numeri ci conduce alle persone, dai fenomeni da studiare alle storie di vita da ascoltare. E, attraverso di esse, comprendere davvero». Perché «riumanizzando le persone si costruisce il dialogo».

Partire dall’appartenenza religiosa, contro ogni riserva mentale. «È qui che si gioca l’identità delle società europee: nelle richieste d’asilo ad esempio, le istanze religiose diventano tangibili – dice Zanfrini – ma spesso i migranti non citano la loro religione, o il fatto di essere fuggiti da persecuzioni per la loro fede, perchéconvinti che non influisca ai fini dell’ottenimento dell’asilo, anzi, che a volte sia controproducente » .

La sfida principale, per la Chiesa e il mondo, è contrastare l’analfabetismo religioso nella società italiana ed europea. «Non solo si sta perdendo la conoscenza del cristianesimo – afferma la docente della Cattolica – ma anche dei culti “altri”». Un esempio? «Non è accettabile che a scuola lo studente copto egiziano sia definito musulmano dagli insegnanti». Ci vuole un approccio umanista e non politico che valorizzi e faccia crescere le esperienze di cooperazione e di dialogo interreligioso già in atto. «Mantenere viva la fede nel cuore di tutti è responsabilità di ogni credente e la condizione per intensificare un dialogo quotidiano tra le religioni» ha precisato padre Fabio Baggio, sottosegretario della sezione migranti e rifugiati del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale del Vaticano.

Punto di partenza resta dunque il riconoscimento della dimensione religiosa della persona. «Pensata come una questione meramente privata da confinare ai margini della convivenza, la religione sarebbe una miopia intellettuale oppure una forma di laicismo senza laicità – ha detto il cardinale Angelo Bagnasco, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee nel suo intervento –. Il laicismo vive di pregiudizi mentre la laicità usa la ragione aperta cioè nella totalità delle sue funzioni». (Fulvio Fulvi – Avvenire)

 

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