Tag: Immigrati e rifugiati
Viminale: da inizio anno sbarcate 12.096 migranti sulle coste italiane
Anci: più posti per i minori non accompagnati
Roma - L’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati rimane il tema che più preoccupa i sindaci. Secondo Matteo Biffoni, delegato Anci alle Politiche migratorie e sindaco di Prato, "i Comuni fanno la loro parte ma è fondamentale incrementare strumenti appropriati e ordinari, così da non mettere in difficoltà sindaci e comunità coinvolte. C’è piena collaborazione tra Comuni e prefetti – prosegue Biffoni – ma è necessario allargare l’accoglienza dei minori soli". E per "rispondere alle effettive esigenze, consentendo ai Comuni di poter offrire una concreta e qualificata presa in carico – conclude il delegato Anci – occorre aumentare i posti Sai a loro dedicati di almeno 4.000 unità".
Onu: “L’Italia ritiri il decreto Ong”
Terremoto Turchia e Siria: il dramma della famiglia Hassan partita da Varese
Più irregolari in mare e su terra
Viminale: da inizio anno sbarcate 6.460 persone migranti sulle coste italiane
Ultimatum e barriere: il summit sui migranti inizia in salita
Milano - Nuovi muri e barriere “fisiche” finanziate con i fondi dell’Unione europea: lo continuano a ripetere come un mantra alcuni Paesi (in particolare gli otto che hanno scritto una lettera informale alla Commissione e al Consiglio Ue in vista del vertice che si terrà oggi a Bruxelles). Rischia così di cadere nel vuoto l’appello lanciato alla vigilia del summit dei 27 da Dunja Mijatovic, commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, che chiede ai leader che partecipano al Consiglio europeo straordinario «di usare questa opportunità per esprimere un chiaro impegno a porre fine alle violazioni dei diritti umani». Intanto, fonti da Bruxelles confermano che «è probabile che il dossier del finanziamento dei muri sia sul tavolo del summit europeo». Dal Consiglio infatti è stato già chiarito che è possibile usare finanziamenti europei per le barriere se è previsto un punto di ingresso. «La questione va chiarita dal punto di vista politico». E il punto di vista politico lo chiarisce subito, senza perdere tempo, oltre all’ungherese Viktor Orbán, anche il cancelliere austriaco.
Karl Nehammer si dice pronto a bloccare le conclusioni del Consiglio Europeo, se non verranno raggiunti accordi concreti per contrastare le migrazioni irregolari. Le parole non bastano, dice in un’intervista pubblicata ieri al quotidiano tedesco Die Welt , chiedendo un impegno «chiaro e inequivoco» per rafforzare la protezione dei confini esterni dell’Ue e l’uso di fondi comunitari allo scopo. In gennaio Nehammer aveva chiesto di usare 2 miliardi di euro del bilancio Ue per ampliare la barriera esistente al confine tra Bulgaria e Turchia. Nell’ottobre 2021, 12 Paesi Ue, tra cui Austria, Polonia e Ungheria, hanno chiesto alla Commissione Europea di finanziare la costruzione di barriere fisiche usando risorse tratte dal bilancio Ue. La Commissione e alcuni altri Paesi membri, tra cui la Germania, sono contrari. In vista del vertice che inizierà oggi, l’Austria e altri sette Paesi (Danimarca, Estonia, Lituania, Lettonia, Malta, Grecia e Slovacchia) hanno inviato una lettera ai presidenti della Commissione e del Consiglio Europeo per esercitare pressioni per aumentare il contrasto all’immigrazione illegale. Nella lettera si afferma che l’attuale sistema di asilo è fallito e avvantaggia principalmente i trafficanti. È molto probabile quindi che nelle conclusioni del vertice straordinario sia inserita una “formulazione specifica” da adottare. Intanto anche dalla Germania (primo Paese europeo per numero di richiedenti accolti in rapporto alla popolazione) ieri ha messo le mani avanti: «Chi non riceve il diritto di restare, deve lasciare di nuovo la Germania» ha detto in parlamento il cancelliere Olaf Scholz, parlando di immigrazione. Scholz ha citato l’idea di collegare l’immigrazione legale alla disponibilità dei Paesi a riprendere i richiedenti asilo invece respinti, sottolineando quanto sia importante un’immigrazione professionale in Germania.
I leader europei discuteranno della protezione dei confini con l’obiettivo di rafforzare la cooperazione con i Paesi terzi di origine e transito in materia di rimpatri e riammissione dei migranti, attraverso un sistema di incentivi che faccia leva ad esempio sui visti come un mezzo per imporre ai Paesi d’origine di accettare più rimpatri. Rimpatri che, secondo la commissaria Mi-jatovic, rischiano di essere dei veri e propri «respingimenti su larga scala e spesso violenti». Come ad esempio , al negato accesso alle procedure di asilo o «all’intercettazione di persone in mare e del loro ritorno in condizioni di orribile abuso». La commissaria chiede quindi l’impegno a mettere fine al sostegno alle pratiche di controllo della migrazione degli Stati membri o dei paesi terzi che violano i diritti umani e a rafforzare i meccanismi di trasparenza e responsabilità. L’ Alto commissario Onu per i rifugiati, Filippo Grandi, invita i leader europei a «riaffermare la solidarietà e il sostegno a tutti i rifugiati», attuando il Nuovo Patto. ((D. Fas. - Avvenire)
Senza fissa dimora: a S. Maria Trastevere tanti per ricordare Modesta Valenti
6 Febbraio 2023 - Roma - In tanti, tra volontari e senza fissa dimora - molti anche straneiri - hanno partecipatoi, ieri mattina, , nella basilica di Santa Maria in Trastevere, ad una celebrazione in ricordo di Modesta Valenti, la donna che morì 40 anni fa alla stazione Termini perché, essendo sporca, l’ambulanza si rifiutò di portarla in ospedale. Insieme a lei, durante la celebrazione, promossa come ogni anno dalla Comunità di Sant’Egidio, sono stati ricordati i nomi di alcune tra le tante persone che sono morte in strada a Roma negli ultimi anni. Per ognuna di loro è stata accesa una candela davanti all’icona dipinta in onore di Modesta.
Nell’omelia, in un clima di grande commozione, mons. Vincenzo Paglia ha ricordato la storia di Modesta e quella del movimento di solidarietà cresciuto in questi anni attorno a chi vive per strada: “La sua memoria - ha detto - è diventata una benedizione perché ha messo in moto uomini e donne, credenti e non credenti che hanno scelto di fermarsi ai bordi delle strade, delle piazze, dei binari delle stazioni, offrendo un’amicizia calda e fedele che non lascia mai più soli, creando una singolare e bella amicizia tra chi serve e chi è servito”. Al termine tutti sono usciti dalla basilica con un fiore, benedetto per divenire segno di protezione per la vita di ognuno, in particolare di chi è più povero e fragile.
Richiesta di protezione: il caso degli irregolari lasciati nel limbo
Roma - Dopo la decisione del Tribunale di Ancona – che ha accolto il ricorso di un cittadino pachistano e stabilito con un’ordinanza che Questura e Prefettura sono tenute a trovare soluzioni per l’accoglienza in città entro 5 giorni dalla presentazione della domanda di protezione internazionale – ecco che sulla materia dei migranti irregolari, costretti ad attese interminabili per veder riconosciuti i propri diritti, interviene il Tribunale di Bologna. Con una sentenza che ha dato torto alla Questura e alla Prefettura di Parma imponendo agli enti pubblici il rilascio, stavolta entro 20 giorni, di un permesso di soggiorno per richiesta d’asilo e l’accesso all’accoglienza per i migranti. La decisione è arrivata grazie al lavoro del Ciac (Centro immigrazione asilo e cooperazione internazionale) di Parma e al sostegno dell’avvocato Calogero Musso, di concerto con gli avvocati soci Asgi di Parma. «È una grande vittoria dei diritti – commentano dall’ente di tutela –: il Tribunale ha chiarito che tutti i richiedenti asilo hanno diritto alla formalizzazione della domanda di protezione internazionale e all'accesso all'accoglienza senza se e senza ma».
Il caso su cui è intervenuto il giudice bolognese nasce nella scorsa estate con l’arrivo a Parma, come in diverse altre città italiane, di alcuni cittadini stranieri a cui era stata impedita la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno per richiesta asilo e di accedere alle misure di accoglienza. Alla loro domanda, infatti, si era opposto un vero e proprio muro di gomma da parte dell’amministrazione pubblica e i profughi erano stati costretti a vivere per strada per diversi mesi creando enormi disagi. Alla fine dell’estate 2022, visto che la situazione non si sbloccava, alcuni di loro hanno deciso di far sentire la propria voce, stabilendosi davanti alla sede di Ciac in via Cavestro a Parma. È stata proprio l’associazione parmigiana ad interessarsi della loro situazione prima lanciando un appello all’accoglienza e successivamente promuovendo una serie di incontri con le istituzioni. Contemporaneamente la decisione insieme ad Asgi di procedere col ricorso contro la Prefettura e la Questura di Parma. La sentenza del Tribunale di Bologna è chiarissima nel decretare che è «illegittimo ogni comportamento tenuto dalla pubblica amministrazione diretto a ritardare/impedire la formalizzazione dell’istanza di protezione».
Migranti: l’Europa ha rialzato i muri. Oltre 2mila chilometri di “barriere”
Bruxelles - Tornano a crescere i flussi migratori e riappare la parola «magica»: muri alle frontiere esterne. Il tema è tornato alla ribalta, sulla scorta dei dati diffusi da Frontex (l’agenzia delle frontiere esterne Ue): il 2022 ha registrato 330.000 ingressi irregolari, il «più elevato numero dal 2016». Il tema è stato evocato ieri al Consiglio informale dei ministri dell’Interni Ue a Stoccolma e lo sarà al Consiglio europeo informale del 9 e 10 febbraio. Partiamo subito da un punto: i «muri» sono già ampiamente realtà. Secondo un documento pubblicato dal Parlamento Europeo lo scorso ottobre, a fine 2022 si contavano 2.048 chilometri di barriere ai confini Ue in 12 Stati membri, nel 2014 erano appena 315, nel 1990 zero. A dare l’esempio fu la Spagna, che tra il 1993 e il 1996 realizzò 20,8 chilometri di recinzione intorno alle sue exclave in Marocco di Ceuta e Melilla.
Pochi anni dopo è stato il turno della Lituania, che ha costruito barriere (71,5 chilometri) con la Bielorussia già tra il 1999 e il 2000, dunque prima di entrare nell’Ue (muri poi «ereditati» dall’Ue). In seguito alla crisi dei profughi “inviati” da Minsk in Europa, la repubblica baltica ha ampliato la recinzione a 502 chilometri. Possiamo citare i 37,5 chilometri di barriera (con pali d’acciaio alti cinque metri) al confine tra Grecia e Turchia lungo il fiume Evros, Atene ha già annunciato che costruirà altri 35 chilometri. Anche la Bulgaria ha eretto al confine turco una recinzione a partire dal 2014, che oggi conta 235 chilometri. Come dimenticare l’Ungheria, che tra il 2015 e il 2017 ha costruito 158 chilometri di recinzione al confine serbo e 131 al confine con la Croazia (oggi membro Ue e di Schengen). Muri li troviamo anche ai confini esterni in Polonia, Estonia, Lettonia, in Francia all’imbocco del tunnel della Manica, per non parlare dell’Austria che nel 2015 ha «innovato», costruendo la prima recinzione (3,7 km) al confine con uno Stato Schengen, la Slovenia.
I muri insomma “crescono” e molti Stati membri vogliono che a finanziarli sia l’Ue (il primo a chiederlo fu il premier ungherese Viktor Orbán). Ed è di questi giorni la richiesta del cancelliere austriaco Karl Nehammer che Bruxelles eroghi due miliardi di euro per rafforzare la barriera eretta dalla Bulgaria al confine con la Turchia. Richiesta ribadita ieri a Stoccolma dal suo ministro dell’Interno Gerhard Karner. «So che è oggetto di dibattiti accesi – ha detto ottimista - ma penso anche che recentemente ci sia stato un movimento sul tema, perché molti Paesi sono coinvolti e le frontiere esterne hanno bisogno di aiuto». L’Austria è sotto forte pressione migratoria, come lo è l’Olanda (soprattutto per i flussi secondari da altri Stati Ue), che ha dato man forte a Vienna. A suo sostegno anche il presidente del Partito Popolare Europeo, Manfred Weber. «A nessuno piace costruire recinzioni – ha dichiarato - ma dov’è necessario, deve essere fatto». Già nell’ottobre 2021, dodici Stati membri (Austria, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Grecia, Ungheria, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Slovacchia) hanno inviato alla Commissione una lettera chiedendo finanziamenti Ue per i “muri”. « Barriere fisiche – scrivevano – appaiono un’efficace misura di protezione dei confini che servono gli interessi di tutte l’Ue» e dunque «devono essere oggetto di fondi aggiuntivi adeguati dal bilancio Ue con la massima urgenza ». La Commissione per ora ha resistito. « Non ci saranno fondi per fili spinati e muri» replicò allora la presidente Ursula von der Leyen. Il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, è stato però più morbido, parlando di «finanziamento giuridicamente possibili». E ieri a Stoccolma la commissaria agli Affari Interni Ylva Johansson è apparsa più sfumata. «Gli Stati membri – ha detto - sono quelli che meglio sanno quali sono le misure più efficaci per proteggere le frontiere esterne». Quanto ai soldi, «gli Stati membri hanno tagliato i fondi proposti dalla Commissione per il bilancio 2021-27 per la gestione delle frontiere e la migrazione, se si vogliono finanziare nuove misure bisogna tagliare altrove». E l’Italia? La premier Giorgia Meloni, che all’opposizione chiedeva il “blocco navale” davanti alla Libia, oggi parla di resuscitare la missione navale Ue nel Mediterraneo antiscafisti Sofia (chiusa nel 2020, per volontà dell’allora governo italiano), in particolare la “fase tre” mai attuata, che prevede il pattugliamento nelle acque libiche. Ci vorrebbe il via libera della autorità di Tripoli. (Giovanni Maria del Re - Avvenire)
Eurostat: domande di asilo in aumento
Migrantes Messina-Lipari-Santa lucia del Mela: per la giunta regionale “governare l’immigrazione è uno spreco”
Una decisione che è arrivata nella stessa giornata in cui la dott.ssa Nuccia Albano, assessora alla Famiglia, alle Politiche sociali e al Lavoro, da cui dipende l’Ufficio, con un comunicato stampa aveva annunciato la pubblicazione dell’elenco dei “mediatori culturali”, con la gestione e l’aggiornamento affidato proprio all’Ufficio Speciale Immigrazione (che poche ore più tardi si decide di sopprimere).
Se governare l’immigrazione è ritenuto uno spreco vuole dire privilegiare una visione emergenziale del fenomeno, una narrazione politica che, spesso, si basa su elementi propagandistici e in parte strumentale. Noi riteniamo che lo spreco sarebbe quello di perdere quanto di buono è stato portato avanti dall’Ufficio Speciale Immigrazione nella ricerca, nel confronto, nell’ascolto del territorio, nella progettazione e nella costruzione di una rete tra tutti gli attori coinvolti dal fenomeno della mobilità
umana. (Santino Tornesi - Direttore Migrantes Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela)
Migranti morti a Borgo Mezzanone, mons. Pelvi: “sono lavoratori e vanno riconosciuti come persone”
Foggia - Dopo la morte, la notte tra domenica e lunedì, di Ibrahim e Queen, una coppia di immigrati da Gambia e Ghana che abitavano nel “ghetto” di Borgo Mezzanone, nel foggiano, dove vivono in condizioni di degrado altri 1500 braccianti, il vescovo di Foggia-Bovino, mons. Enzo Pelvi lancia un appello: “Sono lavoratori, hanno bisogno dell’essenziale e di essere riconosciuti come persone”. E invita le Chiese cristiane “a ritrovarsi uniti nella carità” a partire da queste situazioni, cercando di “essere da stimolo e incoraggiamento alle istituzioni locali, per suggerire loro comportamenti virtuosi, perché le emergenze sono tante”. I due trentenni avevano acceso un braciere nella baracca per cercare di riscaldarsi ma sono morti a causa delle esalazioni di monossido di carbonio. “Ieri sera ci siamo riuniti per un incontro di preghiera con evangelici, battisti e ortodossi e cattolici – racconta al Sir monsignor Pelvi -. Il dolore per la morte di questi due giovani ci ha uniti come Chiesa, invitandoci ad assumere una condotta più coerente e a non voltare le spalle alle persone più fragili”. “Foggia non è solo un territorio con tanti problemi", ha aggiunto il presule: "Ci sono anche tanti sforzi e dedizione nella promozione della carità, si stanno creando delle reti virtuose. La carità a partire da un evento luttuoso può essere una strada verso l’ecumenismo" aggiungendo che come accaduto in passato la Chiesa foggiana si preoccuperà di essere vicina alle vittime.
Commissione Ue: “contribuire a ridurre la migrazione irregolare e non sicura”
Due migranti intossicati in una baracca, Francescani secolari: “Nessuno sia considerato materiale di scarto”
Ginese è tra le persone che hanno sfidato paure, pregiudizi e sospetti e hanno iniziato a dare fiducia, a partire dal primo sconosciuto che chiedeva ospitalità, fino ai tanti, odierni, mendicanti di prossimità agli angoli di periferia. Con un frate francescano e un gruppo di francescani secolari, 36 anni fa ha contribuito a fondare la “Casa d’accoglienza Sant’Elisabetta d’Ungheria” struttura che nel 1986 ha avviato l’esperienza dell’accoglienza dedicata a persone indigenti, senza casa e senza sostentamento. Tra loro, fin dall'inizio vi furono, e vi sono ora, numerosi migranti con le loro famiglie, che vengono accompagnati nell’inserimento nel tessuto sociale, con la conoscenza della lingua, corsi di avviamento al lavoro, laboratori artigianali, tirocini formativi. Alla rivista "Francesco il Volto Secolare" Ginese racconta cosa significhi la morte dei due immigrati, uomo e donna, nel quadro di una situazione di indifferenza, sfruttamento, emarginazione sociale: "Per chi ha avuto la fortuna, il desiderio, la grazia di essere condotto tra questi fratelli, di entrare nelle loro baracche di condividere un pezzetto della loro vita, la morte di Ibrahim e Queen è una tristezza infinita, una perdita enorme, un dolore senza tempo. Ma, insieme, è la conferma di una sola necessità: non si può rimanere indifferenti, non è umano non lasciarsi smuovere dalla tiepidezza salottiera, non è possibile non sentirsi interpellati da 'questo povero che grida'. È perfino indecente, per un cristiano, non provare a fare qualcosa per chi ci è evangelicamente prossimo. È tempo di usare misericordia, di “stare” con questi fratelli, per conoscere le situazioni, per sensibilizzare le coscienze, per spingere la promozione di norme giuste, per sollecitare interventi politici adeguati per cambiare ciò che non è giusto perché «nessun uomo sia oggi considerato materiale di scarto". Per Ginese è "tempo di uscire dal mondo delle comode abitudini delle nostre fraternità, dei rigidi schemi che intrappolano l’intraprendenza dei desideri e riconducono nei solchi della pigrizia. È davvero il tempo del “tutti fuori”, verso quelle periferie ferite dell’esistenza da riempire di umanità e illuminare di speranza. Non è un sogno, è semplicemente la nostra vocazione". (R.Iaria)