Tag: Immigrati e rifugiati

Mons. Perego: una solidarietà che si allarghi a tutti i confini e le frontiere del mondo

21 Giugno 2021 - Città del Vaticano - “I dati parlano chiaramente: 82 milioni di sfollati, richiedenti asilo e rifugiati. Il Papa ha fatto cenno anche al Myanmar dove moltissimi sono gli sfollati a causa di quanto sta accadendo, a causa della fame come in altri 35 Paesi che vivono altre situazioni di disastri ambientali. Il mondo dei rifugiati ci ricorda questa drammatica realtà della fame, della miseria, della guerra, dei cambiamenti climatici e dei disastri ambientali e al tempo stesso ci ricorda questo mondo di persone che sono in cammino, che stanno attraversando in questo momento il Mediteranneo e che muoiono in mare come 700 persone quest'anno o sono rimandati indietro o sono rifiutati”. Così mons. Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes, in una intervista ieri alla Radio Vaticana commentando le parole di Papa Francesco all’Angelus. “In questo momento – ha aggiunto - in cui  viviamo una rinascita dopo la pandemia, credo che sia necessario ripensare a un piano di soccorso in mare europeo e ripensare veramente ad un piano di accoglienza che ci faccia sentire fratelli e sorelle, sulla scia dell'appello del Papa quando andò in visita a Lampedusa e si domando: ‘Dov'è tuo fratello?’. Credo che questa sia la cosa più urgente”. “Serve uno scatto di umanità che metta al centro la tutela di ogni persona e serve anche una solidarietà che si allarghi sempre di più, che dall'Italia si allarghi a tutta l'Europa, che si allarghi a tutti i confini e le frontiere del mondo dove tante volte anziché creare corridoi umanitari, anziché creare accoglienza, c'è il rischio di ricreare quei muri, quelle distinzioni, quelle divisioni pensando che la divisione, la distinzione, la separazione, il rifiuto possa essere la nostra sicurezza. In realtà è una grande integrità perché soltanto la capacità del riconoscere l'altro e dell'accoglienza può generare un mondo diverso”. Il prossimo oggi è – ha detto ancora il presidente Migrantes - soprattutto “la persona che si mette in cammino, lasciando il proprio Paese, alla ricerca di una storia nuova, di comunità, di vita e quindi l'accoglienza diventa veramente uno dei segni del cristiano di riconoscere in chi è in cammino il volto di Cristo. Quindi educare a camminare nella carità certamente è uno degli impegni più importanti che oggi siamo chiamati, anche come Chiesa, a compiere, in questo tempo in cui il rifiuto, l'egoismo, l'individualismo rischiano di segnare anche quei principi democratici e costituzionali che hanno al centro il rispetto della dignità di ogni persona, di ogni richiedente asilo o rifugiato”.

Vescovi cattolici e anglicani di Francia e Regno Unito per migranti di Calais: “sono nostri fratelli e meritano di essere aiutati”

21 Giugno 2021 - Roma - Dal nord e dal sud della Manica, sei vescovi cattolici e anglicani di Francia e Regno Unito, da Dover a Calais, hanno unito le voci pubblicando una dichiarazione comune in occasione della Giornata mondiale del rifugiato delle Nazioni Unite, che si è celebrata ieri. I migranti, scrivono nel testo pubblicato sul sito della diocesi di Lille e ripreso dal Sir, “sono nostri fratelli e sorelle in umanità e meritano di essere aiutati a trovare luoghi dove possano vivere con dignità e contribuire alla società civile”. Questo nuovo appello a favore dei rifugiati arriva a pochi giorni dal salvataggio di 80 migranti da parte dei servizi francesi mentre tentavano di attraversare la Manica. Secondo l’Afp, nel 2020 si sono verificati più di 9.500 tentativi di questo tipo per raggiungere il Regno Unito, quattro volte di più rispetto al 2019. A marzo, il vescovo di Arras (Calais), mons. Olivier Leborgne, si era unito, a Véronique Fayet, presidente del Secours Catholique, per denunciare la gravissima situazione dei migranti a Calais in attesa di attraversare il canale. Lanciando un appello a “porre fine alla negazione della realtà” e creare una vera base umanitaria. Appello al quale poi hanno aderito i vescovi inglesi e francesi per la Giornata mondiale del rifugiato. “Con tristezza osserviamo la mancanza di speranza che spinge le persone in difficoltà a essere sfruttate dai trafficanti e ad aumentare così i profitti del loro commercio illegale. Siamo incoraggiati da tutti coloro che, indipendentemente dal loro credo religioso, offrono generosamente sostegno finanziario e materiale, tempo e capacità, riparo e alloggio. Queste persone ignorano la retorica del pregiudizio e della paura che impedisce la creazione di nuove politiche costruttive e alternative alla chiusura delle frontiere e al rafforzamento della sicurezza. Le storie di tutti dovrebbero essere ascoltate prima di prendere decisioni sul loro futuro. Esortiamo tutti coloro che si riuniscono nei luoghi di culto lungo i confini degli Stati europei a pregare e a offrire un migliore trattamento a tutte le donne, gli uomini e i bambini vulnerabili. Noi, incoraggiamo gli abitanti delle nostre regioni a creare un clima di accoglienza e comprensione per questi esuli che condividono speranze e bisogni di tutta l’umanità”. A firmare l’appello sono i vescovi cattolici mons. Lode Aerts (Bruges), mons. Olivier Leborgne (Arras),  mons. Laurent Ulrich (Lille), mons. John Wilson (Southwark) e i vescovi anglicani Rose Hudson Wilkin (Dover), Robert Innes (Gibilterra in Europa).  

Garante Detenuti: “scarsa efficacia dei Centri di permanenza”

21 Giugno 2021 -   Roma -  “I rimpatri nel 2020 sono stati 3.351. Naturalmente, il dato deve tenere conto del periodo di lockdown e quindi di chiusura delle frontiere”. È quanto si legge, in merito all’“area migranti”, nella Relazione al Parlamento 2021, presentata stamattina, alla Camera dei deputati, dal garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (Gnpl), Mauro Palma. Tuttavia, “si conferma la scarsa efficacia dei Centri di permanenza per i rimpatri, con solo il 50,88% delle persone in essi trattenute effettivamente rimpatriati”. Un dato questo, secondo il garante, che “pone seri interrogativi circa la legittimità di un trattenimento finalizzato a un obiettivo che si sa in circa nella metà dei casi non raggiungibile. La percentuale di rimpatri negli anni è stata la seguente: 50% nel 2011, 2012 e 2013; 55% per nel 2014; 52% nel 2015; 44% nel 2016; 59% nel 2017; 43% nel 2018; 49% nel 2019; 50% nel 2020”. (Sir)  

Bologna: oggi la preghiera ecumenica “Morire di speranza” con il card. Zuppi

21 Giugno 2021 - 

 Bologna – Questa sera, alle ore 19.00, nella Basilica dei Santi Bartolomeo e Gaetano, l’arcivescovo di Bologna, il card. Matteo Zuppi, presiederà la preghiera ecumenica “Morire di speranza” nell’ambito della Giornata mondiale del Rifugiato. L’iniziativa, in memoria di quanti perdono la vita nei viaggi verso l’Europa, è proposta dalla Comunità di Sant’Egidio e dall’ Ufficio diocesano Migrantes, Caritas diocesana, Cooperativa sociale DoMani e Acli Bologna. Alla preghiera, durante la quale saranno ricordati i nomi e le storie di chi è morto nel viaggio, parteciperanno comunità e associazioni di immigrati, rifugiati e organizzazioni di volontariato.

Scalabriniane: anche l’esperienza di Dante Alighieri insegna l’importanza delle “porte aperte”

21 Giugno 2021 -
Roma - “Settecento anni. Tanti sono passati dalla morte di Dante Alighieri, il poeta della Divina Commedia. Dante era un rifugiato, e questo suo essere esule ricorda tutti quei rifugiati che ancora oggi sono costretti a muoversi da una parte all’altra del mondo. Per l’edizione 2021 della Giornata mondiale del rifugiato - che si è celebrata ieri - ricordiamo anche attraverso lui, padre della lingua italiana, quelle tantissime persone che chiedono aiuto e vengono accolte”. E’ quanto afferma in una nota suor Neusa de Fatima Mariano, superiora generale delle Suore Scalabriniane: “davanti a un particolare contesto dell’epoca, Dante trovò ospitalità all’estero, fuggendo praticamente per larga parte della sua vita". Dall’esilio iniziò a scrivere i canti di Inferno, Purgatorio e Paradiso, producendo "un’arte senza tempo. Se non ci fosse stata l’accoglienza forse non avremmo mai avuto una delle opere letterarie più belle e straordinarie. La vita di Dante ci conferma che aprire le porte ai rifugiati e coloro i quali migrano è un gesto, che un giorno potrebbe renderci testimoni di storie integrate, potremmo incontrare uno scrittore che ha abitato l'esilio".

Vescovi Argentina: dall’esperienza della pandemia nasca un nuovo modo di prendersi cura di migranti e rifugiati

21 Giugno 2021 - Buenos Aires - “E’ passato più di un anno dall'inizio della crisi globale causata dalla pandemia di Covid-19 che ha colpito tutta l'umanità. È passato più di un anno da quando le persone più colpite sono state quelle che si trovano in situazioni vulnerabili, come rifugiati e migranti, in particolare donne, bambini e adolescenti” ricorda la Commissione episcopale per i migranti e gli itineranti della Conferenza Episcopale Argentina che, in occasione della Giornata mondiale dei rifugiati che si è celebrata iewri  “vuole rendere visibile la situazione di milioni di rifugiati che sono costretti a lasciare le loro case e i loro affetti, a causa dei conflitti armati, della violenza e delle persecuzioni a cui sono sottoposti nei loro paesi d'origine”. Nel messaggio, riferisce l’Agenzia Fides, si ricorda che almeno 79,5 milioni di persone in tutto il mondo sono state costrette a fuggire dalle loro case. Tra questi ci sono quasi 26 milioni di persone come rifugiati, più della metà delle quali ha meno di 18 anni. “La pandemia, che ha messo a nudo la nostra vulnerabilità globale, è un'opportunità per reinventare una nuova modalità di prendersi cura di loro” prosegue il testo. “Ciò significa che la nostra collaborazione/servizio ai rifugiati si deve collegare sempre più ai loro sogni e progetti come persone. E’ necessario che le nostre mani, le nostre comunità ecclesiali, le nostre società diventino l'espressione sensibile e concreta dell'accoglienza, dell'ospitalità, della fraternità”. Infine il messaggio invita a chiedere a Dio, con la preghiera di Papa Francesco, che migranti e rifugiati abbiano ampio accesso ai diritti della salute, dell'alloggio, dell'istruzione e del lavoro.

Migrantes Civitavecchia-Tarquinia: oggi celebrazione in lingua romena

20 Giugno 2021 -

L'Ufficio Migrante della diocesi di Civitavecchia-Tarquinia oggi pomeriggio promuove nella chiesa di Santa Maria dell’Orazione e Morte,  una celebrazione eucaristica in lingua romena. La Messa, che per la prima volta vedrà riunita la comunità cattolica di rito latino di fedeli originari della Romania, sarà presieduta da padre Isidor Iacovici, direttore nazionale per la pastorale dei migranti rumeni romano-cattolici; concelebreranno don Isidor Mirt parroco della comunità dei migranti romano-cattolici e don Valentin Marco, parroco dei migranti greco-cattolici nella diocesi di Porto- Santa Rufina. La nascita della comunità etnica romena - si legge oggi su Lazio Sette - si affianca all’esperienza della comunità linguistica di lingua spagnola che già da due anni vede riunite oltre venti famiglie provenienti dall’America Latina e dalla Spagna. "La nostra diocesi - spiega il diacono Carlo Campetella, responsabile della Migrantes - è notevolmente impegnata con la Caritas e con la Comunità di Sant’Egidio nella pastorale della carità. L’Ufficio Migrantes  si affianca a quest’opera occupandosi essenzialmente dell’aspetto spirituale e quindi sociale, cercando di favorirne l’integrazione". "La priorità - sottolinea Campetella - è promuovere la formazione di piccole comunità etniche per fedeli che provengono dalle stesse origini culturali; guidati da sacerdoti che possono garantire celebrazioni e catechesi nella loro lingua, per iniziare o approfondire la fede cristiana, anche nel rispetto delle tradizioni".

Mattarella: la protezione della vita umana e il salvataggio dei profughi sono impegni cui la Repubblica Italiana non si è mai sottratta

20 Giugno 2021 -
Roma  - "Il diritto internazionale prevede protezione per coloro che sono costretti ad abbandonare la propria casa e il proprio Paese in ragione di conflitti, persecuzioni, condizioni climatiche, calamità naturali e carestie". Lo ha ricordato questa mattina il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in una dichiarazione in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato. Il Capo dello Stato ha ricordato gli oltre 80 milioni di persone in fuga, secondo l’Alto Commissario delle Nazioni Unite che, ad oggi, si trova a proteggere quasi 100 milioni di individui. La Giornata  - ha detto Mattarella - impone una riflessione per rendere effettivo l’esercizio di questa responsabilità internazionale. Storie individuali e di popoli, anche geograficamente vicini, fanno appello al nostro senso di solidarietà, ancorato ad alti doveri morali e giuridici". Per il presidente della Repubblica Italiana "la protezione della vita umana, il salvataggio dei profughi, il sostegno ai sofferenti nelle crisi umanitarie, l’accoglienza dei più vulnerabili, sono impegni cui la Repubblica Italiana, in collaborazione con l’Unione Europea e le organizzazioni internazionali, non si è mai sottratta, anche nei tempi recenti segnati dalla pandemia". Da qui il ringraziamento "sentito" alle donne e agli uomini delle "varie amministrazioni che, con dedizione e spirito di servizio, assicurano quotidianamente l’operatività della protezione internazionale". E poi il ricordo della "generosità con cui privati cittadini, organizzazioni della società civile e istituzioni religiose si prodigano nel nostro Paese per assistere i rifugiati, anche promuovendo esperienze innovative quali i corridoi umanitari, significativo esempio in materia di accoglienza a livello europeo". (Raffaele Iaria)
 

Papa Francesco: aprire “il nostro cuore ai rifugiati” facendo “nostre le loro tristezze e le loro gioie”

20 Giugno 2021 - Città del Vaticano - Oggi si celebra la Giornata Mondiale del Rifugiato, promossa dalle Nazioni Unite, sul tema “Insieme possiamo fare la differenza”. Lo ha ricordato, questa mattina, al termine della preghiera dell'Angelus, papa Francesco che ha invitato ad aprire "il nostro cuore ai rifugiati; facciamo - ha detto - nostre le loro tristezze e le loro gioie; impariamo dalla loro coraggiosa resilienza! E così, tutti insieme, faremo crescere una comunità più umana, una sola grande famiglia". Il papa ha anche parlato del Myanmar unendosi ai vescovi di quel Paese  che la scorsa settimana hanno lanciato un appello "richiamando all’attenzione del mondo intero l’esperienza straziante di migliaia di persone che in quel Paese sono sfollate e stanno morendo di fame", ha detto il papa citando anche parole "'Noi supplichiamo con tutta la gentilezza di permettere corridoi umanitari' e che 'chiese, pagode, monasteri, moschee, templi, come pure scuole e ospedali' siano rispettati come luoghi neutrali di rifugio". "Che il Cuore di Cristo tocchi i cuori di tutti portando pace nel Myanmar!", è stata la preghiera del Pontefice. (R.Iaria)

Migrantes Modena-Nonantola: garantire i diritti di tutti

20 Giugno 2021 -

Modena - Oltre alle parole, sono i numeri ad essere stanchi. Nel 2018, sulla Preda ringadora, abbiamo letto i nomi di oltre 34.000 persone morte in mare per sfuggire alle torture, alle guerre e alle violenze. Nel 2019 abbiamo coperto la piazza di scarpe. Ma è almeno dal 2013, dalla “più grande tragedia in mare” accaduta a Lampedusa, che la nostra città è percorsa da testimonianze, da giovani che vanno sul posto (a Lampedusa), da veglie funebri in memoria, mostre fotografiche… Ma alla “più grande” ne succede un’altra ancora “più grande”, senza che si possa intravedere quale sarà l’ultima. Non sappiamo più come dirlo che un mondo con 80 milioni di persone costrette a fuggire dalla propria casa, separati dai famigliari, dagli amici, dalla comunità, non è più sostenibile, 80.000.000 di volti con un nome e un cognome. La maggior parte dei quali sfollati interni, situazioni incancrenite come in Palestina o andate fuori controllo come in Colombia. Una realtà, quella dei rifugiati, talmente vasta che non rientra nelle categorie tradizionali del bene e del male. Non è proprio sostenibile, schiaccia il minimo di senso di umanità che alberga in ogni essere umano. L’unica cosa che rimane è la non rassegnazione, il non abituarsi alla violenza sui rifugiati ed alla morte dei rifugiati, per mare, per terra, attraverso i confini. Con mentetestarda (testardamente), in direzione ostinata e contraria, anche quest’anno saremo alle 18 di oggi nella piazza principale della città, «Garantire diritti e accoglienza» piazza Grande, per la Giornata mondiale del rifugiato. Lo facciamo in buona compagnia. Tanti dicono che deve intervenire l’Europa: bene! Raccogliamo anche a Modena l’appello del comitato nazionale di #ioaccolgo: «Per un nuovo Patto europeo per i diritti e l’accoglienza». Lo facciamo con le parole del cardinale Pietro Parolin che ancora echeggiano nella preghiera in memoria dei migranti che perdono la vita nelle rotte verso l’Europa, promossa il 15 giugno: «Morire di Speranza». Lo facciamo insieme alle tante iniziative promosse nel nostro Paese dall’Unhcr, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Lo facciamo insieme alle persone e alle famiglie che qui a Modena, nonostante tutto, sono rimaste aperte all’accoglienza dei migranti ed in particolare col progetto «WelcHome» e i «Corridoi umanitari». Lo facciamo con i nostri fratelli e sorelle immigrati a Modena che trepidano di preoccupazione per quello che succede ai famigliari e agli amici nei loro Paesi di origine. Lo facciamo con la testimonianza di Ebrima Kuyateh, che insieme a Giulia Bassoli ha fissato in un libro dal titolo "Io e i miei piedi nudi" (edito nella collana "Testimonianze e esperienze delle Migrazioni" curata dalla Fondazione Migrantes, ndr) la sua esperienza di migrante accolto a Modena, pubblicazione presentata venerdì sera in Vescovado a Carpi alla presenza del vescovo, mons. Erio Castellucci. Era il gennaio del 2019 quando, esaminando i resti di uno degli ennesimi naufragi, in un sacco contenente i resti di un ragazzo africano venne trovato un plico con la sua pagella, cucito agli indumenti. Qualcuno ha detto che portava quel documento per dimostrare la sua serietà. Carissimo migrante-ignoto, senza nemmeno la consolazione di un monumento a piedi del quale venirti a piangere, non devi dimostrare proprio niente. Siamo noi che dobbiamo verificare se siamo ancora umani. Fino a quando? (Giorgio Bonini - direttore Migrantes Modena-Nonantola)

Naufragi e morti: il dramma continuo

20 Giugno 2021 - Madrid - «Sono stati gli stessi abitanti a dare l’allarme e a lanciarsi in acqua per soccorrere i migranti. Nel buio della notte si sentivano le grida disperate di aiuto, i pianti dei bambini. Il gommone è andato a sbattere contro la scogliera e si è ribaltato, quando ormai erano a un passo dalla salvezza, a soli 600 metri dalla riva». Con gli altri volontari della Cruz Roja, il coordinatore José Antonio Rodriguez si è fatto in quattro, assieme a pescatori e residenti del piccolo porto di Órzola, a nord di Lanzarote, per strappare donne, bambini e uomini subsahariani alla morte in mare. È stato all’alba di venerdì, quando il dramma dell’immigrazione è tornato a mostrarsi in tutta la sua crudeltà alle Canarie. Il naufragio di un precario gommone sul quale erano stipate una cinquantina di persone, partite martedì dalla costa marocchina, per coprire in condizioni estreme i 270 km d’oceano, che le separavano dalla terra promessa. Fra le quattro vittime recuperate, un bambino e due donne, di cui una in gravidanza avanzata. A causa del maltempo, il minore di 10 anni è stato ritrovato soltanto nel primo pomeriggio di venerdì, quando i servizi di soccorso su moto acquatiche hanno avvistato il corpicino fra gli scogli. E si teme per altri ' desaparecidos'. Manca all’appello una bambina di 5 anni la cui madre è riuscita a salvarsi con il fratellino di un anno. «È ricoverata sotto choc, assistita dagli psicologi, ma non è ancora stato possibile ricostruire la sua storia e identificare il paese e la famiglia d’origine», spiegano alla Cruz Roja. Sono fra i 41 sopravvissuti, di cui circa la metà donne e 7 minori, inclusi due bebè e due piccoli di 4 anni. Hanno raccontato di essersi imbarcati a Tan-an, al sud del Marocco, senza nemmeno i giubbotti salvagente. «Giovedì pomeriggio ci hanno contattati telefonicamente dall’imbarcazione in difficoltà e abbiamo lanciato l’allarme per i soccorsi», racconta ad Avvenire Helena Maleno, della Ong Camminando Fronteras, per la protezione dei diritti delle persone migranti. «Si sentivano grida e c’era paura a bordo. Avevano problemi al motore, che funzionava a singhiozzo. Abbiamo allertato immediatamente la Guardia Civil e il Salvamento Marittimo, che hanno inviato un aereo per le ricerche. Dal gommone dicevano di aver avvistato terra, una collina, ma non sono riusciti a mandare la localizzazione. Poi, alle otto di sera abbiamo perduto i contatti telefonici ». Maleno ricorda che la zona di Lanzarote dove è avvenuto il naufragio è la stessa dove il 24 novembre scorso affondò un’altra ' patera' carica di migranti, provocando la morte di 7 magrebini. Ricorda anche che la rotta occidentale verso le Canarie è la più battuta, dopo aver rilevato il drammatico testimone a Italia e Grecia sul corridoio centrale Mediterraneo. La più mortale al mondo per quanti fuggono da miseria, persecuzioni e conflitti in Africa e Medio Oriente, secondo l’ultimo rapporto della Commissione Spagnola di Aiuto al Rifugiato (Cear). Almeno 850 migranti hanno perso la vita l’anno scorso nel tentativo di raggiungere l’arcipelago canario: «Sono il 60% del totale dei rifugiati, 1.417, annegati tentando di sbarcare sulle coste europee», assicurano alla Ong. Le forti correnti e le enormi distanze da coprire dal continente africano - dal sud del Sahara occidentale, dalla Mauritania o dal Senegal - fino alle isole, la convertono nell’itinerario più duro e rischioso. Prova ne è che la percentuale di annegati sul totale degli sbarchi alle Canarie è quattro volte superiore a quella delle rotte marittime centrale e orientale verso l’Europa. Il 30 aprile scorso su una barca persa nell’oceano a 570 km dalle Canarie, furono recuperati 3 sopravvissuti su una distesa di cadaveri, in mare da 22 giorni. La crisi pandemica, la chiusura delle frontiere, gli accordi di collaborazione con i paesi magrebini e i maggiori controlli hanno ridotto nel 2020 del 23% gli arrivi da Libia, Tunisia o Algeria lungo il Mediterraneo centrale. Il ’tappo’ del Maghreb, spiegano alla Cear, ha avuto come effetto immediato quello di spostare le migrazioni verso zone meno blindate, come le coste saharawi o mauritane. Il risultato è stato un aumento in Spagna del 54% degli sbarchi irregolari, con circa 40mila rifugiati, pari al 42% del totale nel continente europeo. Epicentro della crisi umanitaria, le Canarie hanno ricevuto oltre la metà - 23mila - dei migrati sbarcati sulle coste iberiche. Ma giocarsi la vita in mare non equivale a un biglietto per il paradiso: l’asilo o lo status di rifugiato è stato negato in Spagna l’anno scorso a 68.435 persone, stando al rapporto Cear. Che tuttavia riconosce lo sforzo fatto dalle autorità per raddoppiare le richieste accolte rispetto a quelle nel 2019. Ma il rubinetto resta chiuso, se solo 1 domanda su 20 di quelle presentate è stata accolta. (Paola Del Vecchio - Avvenire)  

La Giornata Mondiale del Rifugiato

18 Giugno 2021 -
Roma - La Giornata Mondiale del Rifugiato che si celebra il 20 giugno, è stata istituita dall’ONU nel 2000 per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla condizione di migliaia di uomini, donne e bambini costretti a lasciare il proprio paese e i propri affetti per colpa di guerre, catastrofi, fame e persecuzioni. L’Agenzia ONU per i rifugiati, l’UNHCR, riporta che nella prima metà del 2020 i profughi e i richiedenti asilo nel mondo hanno raggiunto la cifra record di quasi 80 milioni, quasi l’1% della popolazione. Ma cosa si intende per rifugiato? Si tratta di una particolare categoria di migranti a cui viene riconosciuta una speciale protezione internazionale secondo quanto riportato dall’articolo 1 della Convenzione di Ginevra. Non tutti quelli che arrivano sulle nostre coste sono quindi considerati rifugiati. Per ricevere questo speciale status infatti è necessario fare richiesta d’asilo che deve essere accettata da un’apposita commissione territoriale. Attraverso un colloquio preliminare con il candidato la commissione deve capire se è meritevole di una qualche forma di protezione: internazionale (status di rifugiato), sussidiaria o per casi speciali. Dei circa 18.000 migranti che sono sbarcati sulle nostre coste nei giorni scorsi, come riportano i dati del Viminale, solo ad una piccola parte verrà riconosciuto lo status di rifugiato.
I dati Eurostat riportano che nel 2020 l'Italia ha registrato un incremento del numero dei dinieghi che sono circa il 70% delle decisioni totali: 10 punti sopra la media europea. La difficoltà nell'assegnare questa speciale protezione a chi arriva nel nostro paese risiede nel fatto che non viene riconosciuta a chi proviene da paesi in “pace” o stabili economicamente e socialmente. E’ la difficile situazione che Sophia Impresa Sociale - nata a Roma nel 2013 per opera di tre giovani italiani e un rifugiato politico - ha potuto conoscere ascoltando le testimonianze dei giovani migranti sostenuti in questi anni. “Lasciati a loro stessi i giovani che arrivano in Italia non riescono ad integrarsi”, spiega Marco presidente di Sophia. “Ottenere lo status di rifugiato è difficile e molti finiscono vittime di spirali negative che li portano ai margini della società. Proprio per questo noi offriamo sostegno ai giovani migranti indipendemente dal loro status di partenza, creando progetti che abbracciano ogni aspetto di una reale integrazione: formazione professionale, corsi di lingua e sostegno sanitario, legale e psicologico”. (Alessio Mirtini)

Rifugiati: nel 2020 meno beneficiari del sistema di accoglienza rispetto al 2019

18 Giugno 2021 -   Roma - Una leggera contrazione del numero di posti e beneficiari, dal 2019, ha interrotto il trend di forte crescita iniziato dal 2012. La fotografia dell’accoglienza in Italia di titolari di protezione internazionale e di minori stranieri non accompagnati viene restituita dal rapporto annuale Siproimi/Sai a cura di Anci e ministero dell’Interno: il sistema di accoglienza, nei primi 10 anni di attività (2003-2012), ha fatto registrare un incremento dei posti e degli accolti progressivo, triplicando l’offerta l’iniziale. Nel 2013, l’anno dell’“emergenza nord-africana”, si è registrato un notevole incremento di posti (+161%) e beneficiari (+61%), che è continuato piuttosto sostenuto fino al 2018. L’anno successivo, è iniziata la contrazione dei posti (33.625 unità, -6,3% rispetto al 2018) e dei beneficiari accolti (39.686 unità, -3,5% rispetto al 2018). Inversione di tendenza proseguita anche nel 2020, quando i posti ammontano a 31.324 unità e a 37.372 il numero dei beneficiari accolti. Dal report emerge, però, che nel corso dell’anno il coefficiente di rapporto tra accolti e posti (1,19/1) è rimasto sostanzialmente invariato rispetto all’anno precedente (1,18/1). “Questo a dimostrazione del fatto che, malgrado una diminuzione dei progetti della rete – si legge nel rapporto -, il Sistema ha confermato la sua capacità di accoglienza, procedendo in maniera sistematica a nuovi inserimenti di beneficiari, compatibilmente con le disposizioni sanitarie anti-Covid che hanno caratterizzato praticamente tutto il 2020”. In particolare, dei 37.372 beneficiari il numero dei minori stranieri non accompagnato è il 15,2%. Dei 31.324 posti a disposizione, la Sicilia è la regione che ne mette a disposizione di più con 4.672 (il 14,9%). Da analisi delle relazioni annuali relative alle attività svolte nel 2020 dai progetti che hanno accolto sia adulti che minori, emerge una presenza rilevante di beneficiari di condizioni di vulnerabilità. La quota più significativa si riferisce alle vittime di tortura e/o violenze (pari al 5,8% del totale degli accolti), seguono le vittime di tratta (4,8%) e i beneficiari con problemi di disagio mentale (3,1%). I minori stranieri non accompagnati accolti nella rete Siproimi/Sai nel corso del 2020 sono stati complessivamente 5.680 (+19,5% rispetto al 2019), un dato che “conferma il costante incremento degli accolti che è andato crescendo parallelamente all’ampliamento dei progetti e dei posti specificatamente dedicati a questa categoria di beneficiari”. Nel corso del 2020 i posti dedicati ai minori stranieri non accompagnati sono stati 4.437 distribuiti su 148 progetti. Per quanto riguarda la distribuzione di genere, è prevalente la componente maschile, che nel 2020 ammonta a 5.527 beneficiari, pari al 97,3% degli accolti. Per quanto riguarda, invece, le principali nazionalità dei minori stranieri soli, la maggior parte arriva in Italia dal Bangladesh (914 minori, pari al 16,1%) e dall’Albania (684 minori, 12%), a cui seguono i tunisini (10%), gli egiziani (9,5%) e i pakistani (7,3%). Rispetto al 2019, i minori tunisini e bangladesi fanno registrare l’incremento maggiore, a cui seguono gli albanesi e i pakistani: da questi quattro Paesi proviene quasi il 48% degli accolti. Nel 2020, il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo ha finanziato complessivamente 794 progetti (-5,9% rispetto all’anno precedente). Tre su quattro sono stati dedicati all’accoglienza di persone che fanno capo alla categoria “ordinaria” (602 progetti, pari al 75,8%), mentre circa uno su cinque è stato destinato all’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati (148 progetti “Msna”, pari al 18,6%). La quota restante ha interessato progetti specificatamente deputati all’accoglienza di persone affette da disagio mentale e/o disabilità fisiche (44 progetti, 5,5%). In calo anche il numero degli enti locali titolari di progetti. Sono stati 679 nel 2020, il 4,8 in meno rispetto al 2019. Si tratta di 586 Comuni, 26 Unioni di Comuni/Comunità montane, 18 Province e 49 altri enti. La maggior parte dei 586 Comuni titolari di 686 progetti della rete Sai è caratterizzata da dimensioni particolarmente contenute. “Ciò a conferma che il Sistema di accoglienza e integrazione è presente in realtà territoriali diversificate, dai grandi centri metropolitani a quelli caratterizzati da una bassa densità abitativa e da bassi tassi di urbanizzazione e sviluppo”. Il 62,7% dei Comuni titolari di progetto ha meno di 15.000 abitanti e offre oltre 10.000 posti, pari al 39% del totale. Un terzo dei Comuni rientra nella fascia 15-100.000 abitanti e mette a disposizione della rete il 32% dei posti totali, mentre i grandi comuni con oltre 100.000 abitanti sono 38 e arrivano a coprire oltre un/quarto (più precisamente il 28,5%) dell’offerta di posti. Nella rete per la sistemazione alloggiativa dei beneficiari sono stati impiegati, anche nel 2020, soprattutto appartamenti (85%), con una sensibile crescita rispetto all’anno precedente (+19%). Il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, presentando il rapporto annuale Siproimi/Sai, scrive che “il sistema di accoglienza in Italia si è andato evolvendo e perfezionando negli anni, privilegiando un modello diffuso sul territorio nazionale e orientato all’inclusione sociale dei migranti, nonché aperto alla più ampia collaborazione con le realtà locali valorizzando la capacità progettuale dei territori”. Un modello, fondato su tre caratteristiche – “diffuso, inclusivo, partecipato” -, che, durante l’esplosione dell’emergenza sanitaria mondiale, ha permesso di “fronteggiare adeguatamente l’effetto pandemico sulle comunità di accoglienza”. Comunità interessate, fin dall’ingresso nel territorio nazionale dei migranti, dalle “misure sanitarie della quarantena applicate sulle navi appositamente noleggiate o in strutture dedicate”. La sfida indicata rimane “quella della coerenza del modello di accoglienza con gli obblighi costituzionali e internazionali che il nostro Paese ha assunto”. “Nonché con l’esigenza imprescindibile di coniugare sempre l’osservanza delle leggi dello Stato da parte dei migranti con il controllo ordinato dei flussi migratori. Seguendo un progetto politico e sociale che abbia come fine la capacità di integrare lo straniero”. (Filippo Passantino -Sir)

Riscopriamo il volto dell’ospitalità: un incontro del Centro Astalli

18 Giugno 2021 -
Intervengono il card. Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena – Colle di Val d’Elsa – Montalcino, Lucio Caracciolo, direttore di Limes, P. Camillo Ripamonti, presidente Centro Astalli, modera Maria Cuffaro, giornalista Rai, testimonianza di Wail Halou, rifugiato siriano in Italia. Celebrare la Giornata del Rifugiato 2021, a 70 anni dalla nascita della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato del 1951, è l’occasione - spiega il Servizio dei Gesuiti per i rifugiati - per ripensare la nostra visione del mondo, per promuovere una nuova definizione di protezione internazionale che si basi su un rinnovato desiderio di pace tra i popoli e sostanzi le nostre relazioni con i migranti. Per riscoprire quanti volti ha l’ospitalità il Centro Astalli ha lanciato la campagna social dal titolo #unnuovonoi. Per partecipare basta pubblicare entro il 20 giugno su Facebook, Instagram o Twitter una foto che racconti piccoli o grandi gesti di ospitalità. Serve l’aiuto di tutti per costruire #unnuovonoi #conirifugiati.

Consiglio d’Europa e Ue per proteggere i diritti alle frontiere

18 Giugno 2021 - Roma - Consiglio d’Europa e Agenzia dell’Ue per i diritti fondamentali (Fra) insieme stanno preparando una pubblicazione su “Standard europei sui ricorsi legali, meccanismi di denuncia e indagini efficaci alle frontiere”. Il documento servirà per “definire gli standard dei diritti umani, derivanti sia dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo che dal diritto dell’Ue”, spiega una nota del Consiglio nella Giornata mondiale del rifugiato. Il testo indicherà anche le strade da percorrere efficacemente in caso di violazioni, oltre che i meccanismi di denuncia e gli obblighi di indagini su presunte violazioni. “Ci auguriamo che questo strumento consenta agli Stati membri di accedere a una panoramica completa degli standard europei” nel momento critico in cui migranti, rifugiati e richiedenti asilo attraversano le frontiere, ha auspicato lo speciale rappresentante del segretario generale per la migrazione e i rifugiati, Drahoslav Štefánek. Per il direttore della Agenzia Ue Michael O’Flaherty, “ognuno ha diritto a un ricorso effettivo e a un processo equo” e i Paesi devono “garantire l’accesso alla giustizia per le persone i cui diritti sono stati violati”. Le due istituzioni hanno già pubblicato un precedente documento su “Diritti fondamentali dei rifugiati, dei richiedenti asilo e dei migranti alle frontiere europee”.    

Migrantes: uno scatto di umanità e di solidarietà europea

18 Giugno 2021 - Roma - La Giornata mondiale del rifugiato quest’anno riporta alla nostra attenzione il cammino di 80 milioni di persone, di cui 50 milioni di sfollati interni in diversi Paesi a causa delle guerre e dei conflitti in atto e dei disastri ambientali, 26 milioni di rifugiati e oltre 4 milioni di richiedenti asilo. E’ un popolo in cammino che lascia un Paese, una casa e non trova sempre una casa e un Paese ad accoglierlo. Davanti ai nostri occhi, quasi ogni giorno, vengono ripresentati i volti, le storie, le sofferenze e i drammi di chi cerca di attraversare il Mediterraneo, il Mare nostrum che sembra che l’Europa ignori, come dimostrano le morti sempre più numerose - oltre 700 dall’inizio del 2021 – i respingimenti continui, le omissioni di soccorso, ma soprattutto gli abbandoni di persone al di là del Mediterraneo, in Libia: fratelli tutti, tutte sorelle abbandonate al loro destino. Una strage sotto gli occhi di tutti, ma che sembra interessi solo a pochi. Una passione che dalla Libia arriva anche alle porte di casa nostra in Bosnia che non può essere dimenticata in questa giornata dove affermiamo un diritto, il diritto d’asilo, che però di fatto è ancora negato. In questo giorno si alza forte il grido per una nuova operazione europea di soccorso in mare che abbia ancora una volta l’Italia come protagonista e per un nuovo sistema di accoglienza europeo. Al tempo stesso, è urgente ripensare gli accordi con la Turchia e la Libia, perché il diritto d’asilo sia al centro e, attraverso i corridoi umanitari, possa estendersi anche alle persone più fragili e deboli. Uno scatto di umanità e di solidarietà sarebbe un segno di un’Europa che riparte e si rinnova dopo la pandemia proprio a partire dalla tutela dei richiedenti asilo e rifugiati.  

Mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo

Presidente della Fondazione Migrantes e della CEMi​​

Le Chiese europee per i migranti

18 Giugno 2021 - Ginevra - Informazioni, materiali liturgici consistenti in preghiere, canti e meditazioni, proposte di azione e riferimenti bibliografici, con l’aggiunta anche di alcune fotografie che ritraggono alcuni luoghi simbolo come un cimitero improvvisato al confine greco-turco e quello di Lampedusa. È quanto contenuto in un documento congiunto inviato da Conferenza delle Chiese europee (Kek) e Commissione delle Chiese per i migranti in Europa (Ccme) per esortare le Chiese membro a celebrare la Giornata mondiale del rifugiato, in programma il 20 giugno, commemorando in particolare le migliaia di persone morte nel tentativo di trovare un futuro nel vecchio continente. Nel ricordo dell’iniziati - va di una «Giornata di intercessione in memoria di coloro che hanno perso le loro vite ai confini dell’Europa» istituita nel 2009 dalla Kek riunita a Lione: un impegno poi ripreso anche dalle successive assemblee di Budapest (2013) e Novi Sad (2018) dove si è sottolineata la necessità per il continente europeo di fare sempre di più per chi ha sacrificato l’esistenza in cerca di un mondo migliore, un continente invitato nel documento “a essere più umano”. Come Chiese e cristiani, è scritto nel documento, «la nostra chiamata divina è quella di essere testimoni e servitori della risurrezione e di una nuova vita in giustizia e pace per tutti, indipendentemente dall’etnia, dalla nazionalità o dalla religione. Ricordiamo insieme coloro che sono morti vicino ai nostri confini, cercando salvezza dalla violenza, dalla guerra o dalla disperazione economica. Condividiamo il nostro dolore nella preghiera». Nel testo sono presenti specifiche riflessioni tra cui un’analisi dell’importanza del ricordo, del “fare memoria” in una prospettiva biblica, che è «molto più di un esercizio mentale. È un riconoscimento che può sia portare che derivare da un’azione appropriata». La commemorazione, si legge in un altro passaggio, è la risposta attuata per risvegliare le coscienze e accrescere la consapevolezza delle persone, per suscitare una reazione positiva, attiva, che in nome della giustizia, del rispetto della dignità delle persone, prevenga future perdite umane. A tal proposito vengono citate le iniziative realizzate in vari Paesi dalle diverse Chiese, come quella evangelica in Germania (Ekd), le comunità di fede finlandesi, il Consiglio delle Chiese cristiane svedesi e la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei), di cui vengono ricordati gli appelli alla comunità internazionale e ai governi e le varie collaborazioni di solidarietà con le organizzazioni umanitarie impegnate nelle attività di soccorso e salvataggio in mare. Commentando i dati sui morti degli ultimi tre decenni, il documento rimarca come la migrazione non sia «un peccato, ma molti continuano a descriverla come una minaccia per le comunità europee» con i rischi connessi alla propaganda di alcuni movimenti populisti contro i profughi. Alcuni leader, viene osservato, usano apertamente discorsi d’odio, contribuendo a diffondere «un’immagine negativa del fenomeno, dando nomi disumanizzanti a migranti e rifugiati, ricordando che “l’Europa è piena”», e spingendo l’acceleratore su campagne contro i cosiddetti migranti illegali presenti sul loro territorio. «Tali dichiarazioni — lamentano gli estensori del testo — creano stereotipi che si diffondono in modo crescente tra i cittadini europei, e possono portare ad abusi e atti violenti contro rifugiati e migranti». (Osservatore Romano)  

Migrantes Padova: la protezione è un diritto

17 Giugno 2021 - Padova - La Convenzione di Ginevra del 1951 traccia le forme di protezione legale, assistenza e diritti sociali, che il rifugiato dovrebbe ricevere dagli Stati aderenti alla Convenzione. All'articolo 1 il rifugiato è colui che «temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese». Uno dei principi essenziali della Convenzione è il principio di non respingimento (no refoulement): chi chiede protezione non può essere in nessun caso respinto verso luoghi dove la sua libertà e la sua vita sarebbero minacciati. La Costituzione italiana, all'articolo 10, così si esprime sul diritto di asilo: «Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge». Nell'Unione Europea sono attualmente accolti 3,6 milioni di rifugiati, di cui 1 milione in Germania e mezzo milione in Francia. Sono invece i Paesi in via di sviluppo ad avere l'85 per cento dei rifugiati: la Turchia è il Paese che ne ospita il maggior numero (3,6 milioni), seguita da Colombia (1,8 milioni), Pakistan (1,4 milioni), Uganda (1,4 milioni). L'incidenza sulla popolazione europea è dello 0,7 per cento; in Italia è ancor più bassa, lo 0,4. Bastano queste cifre per capire che gli Stati europei sono più impegnati a limitare gli ingressi che a proteggere le persone costrette a fuggire o ad agire sulle cause che le obbligano alla fuga. L'Europa è più interessata a rafforzare le politiche delle porte chiuse, più che a mostrare segni di impegno con la ridistribuzione dei migranti e la revisione del "sistema Dublino", due snodi importanti per la gestione del fenomeno, ma che ancora rimangono lettera morta. Nonostante il "Nuovo patto su asilo e migrazioni", presentato nel settembre dello scorso anno, che raccomanda una gestione più umana, solidale e coerente con i diritti umani nei confronti dei richiedenti asilo e dei migranti, continuano le stragi nel Mediterraneo, diventato il cimitero più grande d'Europa. Eppure, per evitare i viaggi della morte lungo la rotta mediterranea e balcanica, già nel 2015 sono stati indicati i "corridoi umanitari" nei Paesi di transito, vale a dire la concessione di visti umanitari per raggiungere regolarmente e in sicurezza l'Europa. (Gianromano Gnesotto - Vice direttore Migrantes Padova)  

Cies: un percorso di inserimento lavorativo e sociale a partire dai sogni dei giovani migranti

17 Giugno 2021 - Roma - Un percorso di inserimento lavorativo e sociale di rifugiati attraverso un approccio innovativo e originale che parte dai “saperi formali e informali” dei migranti e i loro sogni e desideri. Centinaia di ragazzi e ragazze sono stati formati e molti hanno trovato collocamento lavorativo in grandi aziende come Eataly, Fassi, Samas, Ginger. È quanto propone il Cies onlus (Centro informazione educazione allo sviluppo) per la Giornata mondiale del rifugiato (20 giugno) attraverso Sofel, lo Spazio di orientamento alla formazione e al lavoro che ha come obiettivo promuovere spazi di inclusione socio-economica e percorsi individuali di inserimento lavorativo per giovani, con una specializzazione nel campo dei migranti forzati. Un luogo dove si possono mettere a fuoco le potenzialità e le vocazioni lavorative senza mai rinunciare ai sogni. Dal 2017 a oggi sono stati orientati 500 giovani in percorsi di inserimento lavorativo o di formazione di questi, circa il 20% nel settore ristorazione. “Sofel non è un ufficio di collocamento – dichiara Etta Melandri, presidente del Cies onlus -, è uno spazio collocato dentro al nostro ‘Centro giovani e Scuola d’arte Matemu’, che prende in carico a 360 gradi il ragazzo o la ragazza che si vuole avviare al lavoro, partendo dall’aiuto a recuperare fiducia in sé e mettere a fuoco le proprie potenzialità e le progettualità”. Si avvia - scrive oggi il Sir - un percorso formativo che vede il migrante accompagnato nelle sedi lavorative con un tutoraggio che instaura un colloquio stabile anche con i datori di lavoro che imparano a vedere questi nuovi cittadini come un prezioso patrimonio non da sfruttare ma da valorizzare. Orientamento, sviluppo delle competenze, empowerment, formazione professionale, efficaci collaborazioni con le aziende, ma soprattutto focus sulla persona, la sua storia, i suoi saperi formali e informali, i suoi desideri. Sono gli ingredienti con i quali il Cies presenta il suo servizio e festeggia la Giornata mondiale del rifugiato 2021 dedicata alla piena inclusione dei rifugiati in ogni ambito della società, dal lavoro allo studio allo sport. “C’è un tesoro nascosto nelle nostre società – conclude Melandri – che è il patrimonio migrante. È la chiave di volta non solo per un rilancio umanitario e il rispetto dei diritti, ma per la ripartenza della nostra stessa economia. Al di là del diritto, l’esperienza di questi anni a Sofel ci dice che smettere di sfruttare, legalizzare, regolarizzare e in modo particolare puntare sul migrante e le sue abilità, conviene, non è buonismo, fa bene a tutti, a cominciare dal mercato”.

 

Ordine di Malta: “noi in mare perché ogni vita in pericolo merita impegno, speranza, umanità”

17 Giugno 2021 -   Roma - I rifugiati sono tra le persone più vulnerabili al mondo: lo ricorda un messaggio delle Nazioni Unite, a cui si deve l’istituzione, nel 1951, della Giornata Mondiale loro dedicata (20 giugno). Alla vigilia del 70° anniversario della ricorrenza, il CISOM, il Corpo Italiano di Soccorso dell'Ordine di Malta, "riafferma il suo impegno quotidiano, sin dal 2008, per la salvaguardia di tutte le vite umane in pericolo in mare, in particolare nel Canale di Sicilia". In base ai dati ONU, ogni minuto 20 persone lasciano tutto per sfuggire a un destino di dolore e miseria e in tutto il mondo sono 70,8 milioni le persone costrette ad abbandonare la propria terra, la casa e gli affetti a causa di conflitti e persecuzioni. Tra questi vi sono quasi 30 milioni di rifugiati, di cui più della metà ha meno di 18 anni. Il CISOM si occupa di primissima assistenza sanitaria in mare sin dal 2008, avendo partecipato attivamente ai progetti europei che si sono susseguiti nel corso di oltre un decennio, da Mare Nostrum a Triton, fino all’Operazione Sophia. Oggi l’impegno quotidiano - sottolinea una nota - si dispiega nel contesto del Progetto Passim 3 (Primissima Assistenza Sanitaria in Mare), a bordo delle unità navali della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza, con team sanitari formati da un medico ed un infermiere. Nel solo 2020 il CISOM ha effettuato 570 interventi in mare e ha messo in salvo 9.196 esseri umani. E il primo semestre del 2021 non ha visto diminuire l’impegno: 4.914 i migranti recuperati in 83 operazioni di soccorso, effettuate tutte nel Canale di Sicilia. “Dinanzi a una vita in pericolo, il CISOM non si volterà mai dall’altra parte. – spiega il Presidente Gerardo Solaro del Borgo – Quando un essere umano, indebolito da un viaggio di settimane, in condizioni al limite della sopravvivenza, rischia di rimanere inghiottito dalle acque, non vi sono considerazioni da fare se non quelle dettate dai nove secoli di tradizione umanitaria dell’Ordine di Malta, da cui il nostro Corpo di Soccorso discende. Il Canale di Sicilia non può essere il mare della disperazione, vogliamo che sia mare di speranza, futuro, vita e umanità”. Ogni mese il CISOM impiega 5 medici e 5 infermieri nelle operazioni di salvataggio e prima accoglienza, team dislocati sull’Isola di Lampedusa poiché è da qui che le motovedette partono per i soccorsi in emergenza. Inoltre un medico del CISOM è presente 24 ore su 24 a bordo degli aeromobili presso la base volo della Guardia Costiera di Catania, pronto per effettuare soccorsi in emergenza (MEDEVAC). Come racconta il dottor Danilo Tolomeo, medico in pensione e volontario del CISOM di stanza a Catania, con all’attivo decine di missioni di soccorso in mare: “Quello che non puoi dimenticare è l’espressione di terrore nei loro occhi. Il nostro intervento a bordo di un elicottero arriva nella fase più drammatica, quella dove si decide tra la vita e la morte, e leggere il terrore nei loro occhi ti può bloccare, riesci a vedere tutta la loro storia, quella che li ha portati ad abbandonare la propria casa e a intraprendere un viaggio pieno di pericoli. Una mamma che affronta il deserto, la prigione, eventuali torture, angherie e poi il viaggio in mare con condizioni meteo particolarmente avverse per dare un futuro migliore al proprio figlio o figli, ti porta a vedere le cose da una prospettiva diversa.”