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Rapporto Italiani nel Mondo: lo Speciale 2021 dedicato alla mobilità italiana e Covid-19

9 Novembre 2021 - Roma - Il tema portante dell’edizione 2021 del RIM è l’emergenza sanitaria che attraversa tutte le sezioni. Il volume è costruito, inoltre, sul continuo rimando tra mobilità italiana interna e mobilità italiana all’estero. Dallo scoppio della pandemia tutta una serie di costanti hanno cambiato aspetto e nuovi elementi si sono palesati. È quanto i 75 autori dell’edizione 2021, presentata oggi a Roma, hanno messo in risalto nei 54 saggi che compongono il volume. Per la prima volta dal 2005 coloro che scrivono dall’estero sono più numerosi di quelli che lo hanno fatto dall’Italia. Una redazione, quindi, sempre più transnazionale, multidisciplinare e multisituata. Sono state coinvolte 16 diverse realtà accademiche dell’Italia (da Sud a Nord) e del mondo (Europa, Australia e America del Sud), oltre che molteplici altre realtà, istituti di ricerca, associazioni, strutture istituzionali, pubbliche e private, mondo sindacale e patronati. Un volume corale arricchito dall’analisi di 34 città del mondo – Algeri, Barcellona, Berlino, Bruxelles, Buenos Aires, Casablanca, Colonia, Dakar, Dublino, Ginevra, Johannesburg, Libreville, Londra, Madrid, Manchester, Mar del Plata, Marrakech, Melbourne, Monaco di Baviera, Montevideo, Montreal, Nairobi, New York, Osaka, Oslo, Parigi, Pechino, Perth, Rabat, San Paolo del Brasile, Sidney, Tokyo, Toronto, Vienna – e di come gli italiani residenti in queste città, ufficialmente o meno, hanno affrontato l’epidemia mondiale vivendo l’isolamento, il paradosso di dover essere immobili nella mobilità e l’avvento delle nuove forme di digitalizzazione e virtualità diffusa. Ne emerge un viaggio intorno al mondo ma, cosa più importante, dalla lettura si ha la possibilità di mettere a confronto gli interventi messi a punto da ciascuna realtà geografica a seguito dell’esplosione della pandemia e le reazioni che questi interventi hanno prodotto nella comunità degli italiani lì residenti. Ogni città analizzata presenta un caso a sé. Ogni saggio parte dal mettere insieme i dati e si arricchisce della raccolta di soggettività continuando a scrivere la storia di un paese, l’Italia, e di un popolo, gli italiani, in mobilità e sempre più in crescita fuori dei confini nazionali anche e nonostante la pandemia. Per gli italiani in mobilità il Covid-19 ha significato fare una verifica a tutto tondo: immersi nell’immobilità obbligata dovuta ai lockdown, riscoprirsi con la testa e la personalità stabilmente in movimento.

Rapporto Italiani nel Mondo: italiani in mobilità precaria, recente, non ufficiale

9 Novembre 2021 - Roma - A metà settembre 2020, secondo i dati del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI), la Farnesina aveva ricondotto in patria quasi 111 mila connazionali attraverso oltre mille operazioni terrestri, aeree e navali che avevano interessato ben 180 paesi del mondo. Un’operatività che ha richiesto un impegno senza precedenti da parte delle sedi diplomatiche in coordinamento col MAECI, sorprese dal virus come tutti e interessate esse stesse da possibili contagi. E' quanto emerge dal Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes presentato questa mattina. Il quadro dei rientri è molto complesso ed è possibile individuare diversi profili. Il blocco totale degli spostamenti ha fatto collassare il settore turistico soprattutto per quei luoghi che vivono, quasi esclusivamente, della presenza di viaggiatori e turisti come il Marocco, la Spagna e diversi altri. Gli italiani residenti più ufficiosamente che ufficialmente all’estero e occupati nei settori connessi al turismo – agenzie di viaggi, tour operator, ma anche il mondo alberghiero e della ristorazione – sono stati travolti dall’emergenza sanitaria che per loro è diventata anche emergenza di sopravvivenza. Moltissimi italiani proprietari di ristoranti nel mondo sono riusciti a resistere, alcuni si sono dovuti reinventare l’attività oltre la riconversione verso l’asporto come tutti, ma chi lavorava come dipendente in questo settore specie se da poco tempo perché di recente arrivo all’estero o inserito con contratto a tempo determinato, o non regolare, o a nero, non ha avuto scampo ed è stato falcidiato dall’epidemia. In tantissimi hanno perso il lavoro e l’unica strada percorribile era fare ritorno a casa. In generale, comunque, il progetto migratorio acerbo unito a un inserimento occupazionale non certo, instabile o irregolare sono state due delle caratteristiche che hanno spinto fortemente al rientro sia dall’estero sia per chi si trovava in un’altra regione d’Italia rispetto a quella di origine. Al ritorno dei lavoratori precari che si trovavano nella condizione di mobilità interna, si è unito quello dei lavoratori pendolari e la grande questione dei frontalieri. Il caso del Canton Ticino è in questo senso emblematico, con i lavoratori costretti a dover scegliere tra salute e lavoro, tra affetti e responsabilità professionale in un momento in cui la Lombardia era piegata e sconvolta dal virus e la Svizzera sembrava essere immune. Alcuni datori di lavoro ticinesi hanno messo gratuitamente a disposizione dei loro dipendenti stanze d’albergo, lasciando loro la libertà di scegliere tra il rientro a casa e la permanenza nel Cantone, ma altri non hanno dato alcuna scelta, anzi li hanno invitati a non rientrare. Tra ricatti morali e opportunità ricevute con l’ospitalità di familiari o conoscenti quello che è emerso con forza è quanto il Ticino sia legato indissolubilmente al lavoro frontaliero, in quanto nelle mani di questi lavoratori si trovano alcuni dei settori nevralgici – e resi ancora più decisivi dalla pandemia – quali la sanità e la grande distribuzione. Il Ticino è solo un esempio, forse il più vicino geograficamente parlando, ma la questione frontalieri italiani ed europei è uno dei grandi temi della mobilità di oggi.

Rapporto Italiani nel Mondo: le pensioni degli italiani all’estero

9 Novembre 2021 - Roma - In tema di pensioni, l’effetto pandemia si è riscontrato con riferimento all’incremento del numero di pensioni eliminate per decesso nel 2020 rispetto al 2019. In Italia tale aumento è stato pari al 15,2%; all’estero, invece, la variazione percentuale si attesta a circa il 2%. È ragionevole presumere che la variazione più significativa sarà colta nel corso dell’anno 2021 quando saranno consolidati i dati relativi alle verifiche dell’esistenza in vita. E' quanto si legge nel rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes, presentato questa mattina Roma. Nel corso del 2020, comunque, l’INPS ha pagato in tutto 13.816.971 pensioni e quelle all’estero (330.472) rappresentano circa il 2,4% del totale. Questa percentuale, che può sembrare poco significativa, per l’INPS ha un valore molto importante perché si è ben consapevoli che si tratta di un fenomeno in continua espansione considerando il costante aumento di partenze di italiani per l’estero, si legge nel Rapporto. Questo trend genererà nuove pensioni da liquidare in regime di totalizzazione internazionale e da erogare non solo per chi torna in Italia dopo l’esperienza maturata altrove, ma anche a favore di chi decide di rimanere nel paese estero che l’ha ospitato. Non si tratta di una previsione a lungo termine: molti degli attuali emigrati, infatti, rientrano nella fascia d’età 40-50 e 50-60 anni. Ciò vuol dire che il numero delle pensioni interessate dalla totalizzazione internazionale è destinato molto presto ad aumentare in maniera considerevole. Aumentano, inoltre, i pagamenti attribuiti a coloro che decidono di emigrare in altri paesi da pensionati (negli ultimi 5 anni +21,1%), scelta motivata da differenti obiettivi: seguire i figli che hanno trovato lavoro fuori dall’Italia, beneficiare dei vantaggi fiscali offerti da altri Stati, o, semplicemente, godere di un clima o di un ambiente differente da quello che si è lasciato alle spalle. Già oggi si assiste ad un primo passaggio di consegne: la platea dei pensionati all’estero che deriva da migrazioni del passato, viene integrata da quella che appartiene ad una nuova e più recente ondata migratoria. Questa si differenzia dalla prima sotto vari aspetti: le destinazioni di pagamento, le tipologie di pensione e, non da ultimo, la nazionalità dei percettori. Mentre, infatti, le migrazioni più antiche stanno dando luogo principalmente al pagamento di pensioni ai superstiti, soprattutto a donne di origine italiana e in paesi quali Nord America, Argentina, Brasile, Australia, ma anche Francia, Germania, Belgio e Svizzera, quelle più recenti si caratterizzano per essere riscosse presso nuovi Stati di destinazione, sia in Europa, in particolare nell’Est europeo, sia nel continente africano e asiatico, luoghi che, fino a qualche tempo fa, non erano registrati negli archivi INPS.  

Rapporto Italiani nel Mondo: le destinazioni scelte dagli italiani sono state 180

9 Novembre 2021 - Roma - Degli oltre 109 mila connazionali che hanno spostato la loro residenza dall’Italia all’estero lungo il corso del 2020, il 78,7% lo ha fatto scegliendo l’Europa come continente. Nel loro complesso, le destinazioni scelte nell’ultimo anno sono state 180 e, tra le prime dieci, ben sette sono nazioni europee. E' quanto emerge dal Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes presentato oggi a Roma. Tuttavia, l’unica nazione con saldo positivo, rispetto all’anno precedente, è il Regno Unito: +8.358 iscrizioni in più rispetto al 2020, +25,1% di variazione dal 2020 che diventa un aumento, in un anno, del 33,5%. Delle oltre 33 mila iscrizioni nel Regno Unito, il 45,8% riguarda italiani tra i 18 e i 34 anni, il 24,5% interessa i minori e il 22,0% sono giovani-adulti tra i 35 e i 44 anni. Si tratta, quindi, della presenza italiana tipica per il Regno Unito: giovani e giovani adulti, nuclei familiari con minori che la Brexit ha obbligato a far emergere – da qui la spiegazione dell’incremento registrato anche nell’ultimo anno nonostante la pandemia – attraverso la procedura di richiesta del settled status, un permesso di soggiorno a tempo indeterminato per chi può comprovare una residenza continuativa su territorio inglese da cinque o più anni, arco temporale che non deve essere stato interrotto per più di sei mesi su dodici all’interno del quinquennio di riferimento. Gli italiani, quindi, durante l’annus horribilis della pandemia si sono trovati costretti a dover decidere se partire o no, se affrontare o meno i rischi di un’emergenza sanitaria globale raggirando gli ostacoli imposti dai protocolli rigidi attuati dalle diverse nazioni e relative ai limiti di spostamento intra ed extra un determinato territorio, sottolinea lo studio. Una parte ha preferito procrastinare il progetto migratorio – e da questo deriva la riduzione del numero complessivo delle partenze – e un’altra parte ha deciso comunque di non rinviare la decisione e, quando possibile, rispettando le disposizioni limitanti gli spostamenti, ha scelto di “restare vicino” – e quindi in Europa – più che andare oltreoceano.    

Rapporto Italiani nel Mondo: nel 2020 oltre 109mila le partenze nonostante la pandemia

9 Novembre 2021 - Roma - La mobilità degli italiani con la pandemia non si è arrestata, ma ha subito un ridimensionamento che non riguarda, però, le nuove nascite all’estero da cittadini italiani, ma piuttosto le vere e proprie partenze, il numero cioè dei connazionali che hanno materialmente lasciato l’Italia recandosi all’estero da gennaio a dicembre 2020. In valore assoluto, si tratta di 109.528 italiani, oltre 21 mila persone in meno rispetto all’anno precedente. Il 54,4% (59.536) sono maschi, il 66,5% (72.879) celibi o nubili, il 28,5% (31.268) coniugate/i, il 2,2% divorziate/i (2.431). Lo si legge nel Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes presentato questa mattina a Roma. Nel generale calo delle partenze (-16,3% rispetto all’anno precedente), le diminuzioni maggiori si riscontrano per gli anziani (-27,8% nella classe di età 65-74 anni e -24,7% in quella 75-84 anni) e per i minori al di sotto dei 10 anni (-20,3%). Crescono, invece, i giovani tra i 18 e i 34 anni (42,8%): nell’anno della pandemia, il protagonismo dei giovani italiani in mobilità aumenta, ma il “rischio” di uno spostamento è stato volutamente evitato dai profili più fragili, anziani e bambini.  

Rapporto Italiani nel Mondo: l’unica Italia che continua a crescere è quella che risiede strutturalmente all’estero

9 Novembre 2021 - Roma - Al 1° gennaio 2021 la comunità strutturale dei connazionali residenti all’estero è costituita da 5.652.080 unità, il 9,5% degli oltre 59,2 milioni di italiani residenti in Italia. Mentre l’Italia ha perso quasi 384 mila residenti sul suo territorio (dato Istat), la presenza all’estero è aumentata del 3% nell’ultimo anno. Lo evidenzia il Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes presentato oggi a Roma.  La Sicilia con oltre 798 mila iscrizioni è la regione con la comunità più numerosa di residenti all’estero. La seguono, a distanza, la Lombardia (+561 mila), la Campania (quasi 531 mila), il Lazio (quasi 489 mila), il Veneto (+479 mila) e la Calabria (+430 mila). Sono tre le grandi comunità di cittadini italiani iscritti all’AIRE: nell’ordine, Argentina (884.187, il 15,6% del totale), Germania (801.082, 14,2%) Svizzera (639.508, 11,3%). Seguono a distanza le comunità residenti in Brasile (poco più di 500 mila, 8,9%), Francia (circa 444 mila, 7,9%), Regno Unito (oltre 412 mila, 7,3%) e Stati Uniti (quasi 290 mila, 5,1%).      

Rapporto Italiani nel Mondo: l’Italia e gli italiani alla prova del Covid-19

9 Novembre 2021 - Roma - Leggendo i dati sulla mobilità da e verso l’Italia emerge come la pandemia ha avuto importanti ripercussioni sulla popolazione italiana e su quella straniera presente nel nostro Paese. Secondo l’ISTAT, a inizio 2021, gli stranieri residenti in Italia ammontano a poco più di 5 milioni: dopo un ventennio di crescita ininterrotta anche la popolazione straniera si ridimensiona e non riesce più a compensare l’inesorabile inverno demografico italiano. E' quanto emerge da Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes presentato oggi a Roma. Considerando i diversi mesi di lockdown vissuti a livello nazionale, europeo e internazionale, per molti è stato praticamente impossibile spostarsi e questo ha inciso fortemente sui dati relativi all’andamento migratorio italiano, sia interno che verso l’estero. L’Italia, in sintesi, è oggi uno Stato in cui la popolazione autoctona e la popolazione immigrata non crescono. L’unica Italia a crescere è quella che mette radici (e residenza) fuori dei confini nazionali in modo ufficiale – e quindi iscrivendosi all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) – o in modo ufficioso non ottemperando all’obbligo di iscrizione. A partire sempre più numerosi sono gli italiani di nascita e quelli per scelta, quindi naturalizzati, coloro che chiedono di diventare italiani e che, una volta ottenuta la cittadinanza, tecnicamente vengono chiamati “nuovi” italiani. Questi italiani, in realtà, di “nuovo” non hanno nulla, in quanto, per l’Italia e gli italiani le persone di origine non italiana arrivati nel nostro Paese o nati e cresciuti in Italia non sono né una realtà recente né appena conosciuta.          

Missione oltre confine

8 Novembre 2021 - Roma - “Perché l’emigrazione non sia dannosa agli emigranti e raggiunga il fine provvidenziale non deve essere abbandonata a sé stessa. Essa deve essere protetta, guidata da quelli che ne hanno il potere e il dovere ora legale, ora soltanto morale”. Sono trascorsi 125 anni da quando il vescovo Bonomelli, uno o dei pionieri della pastorale con gli italiani all’estero, scriveva queste parole in una lettera pastorale per la Quaresima. Tema di particolare attualità. Una presenza, quella della Chiesa italiana accanto ai nostri emigranti, che non è mai mancata. E i numeri di oggi ne sono ancora una conferma: centinaia le Missioni cattoliche Italiane nel mondo ed in particolare in Europa con altrettanti sacerdoti impegnati nell’accompagnamento pastorale. “Gli italiani in Europa e la missione cristiana. Radici che non si spezzano ma che si allungano ad abbracciare ciò che incontrano” è il tema di un convegno che si svolgerà a Roma la prossima settimana su iniziativa della Fondazione Migrantes e che farà il punto su questa realtà. Come ogni anno certifica il Rapporto Italiani nel Mondo fuori dai nostri confini vive un’altra Italia. Una Italia che cresce ogni anno. Il 9 novembre verrà presentata la XVI edizione dedicata ad un tema che ci ha coinvolti negli ultimi due anni: la pandemia. Cosa ne è stato dei progetti di chi aveva intenzione di partire? Come hanno vissuto coloro i quali, invece, all’estero già risiedevano? Domande alle quali cercano di rispondere 75 autori da ogni parte del mondo con diverse indagini specifiche, molte riflessioni tematiche e con un viaggio tra gli italiani in 34 città del mondo. Non solo numeri ma storie e volti di persone… (Raffaele Iaria)

Migrantes: domani la presentazione del Rapporto Italiani nel Mondo

8 Novembre 2021 - Roima - Martedì 9 novembre, alle ore 10, sarà presentato a Roma, presso l’Auditorium V. Bachelet del TH Roma Carpegna Palace (via Aurelia, 481, Fermata Cornelia Metropolitana A), il Rapporto “Italiani nel Mondo 2021” della Fondazione Migrantes. Giunto alla XVI edizione, questo progetto della Chiesa che è in Italia ha coinvolto anche quest’anno diversi autori, misurandosi con la crisi pandemica che ha coinvolto anche la mobilità degli italiani e la vita dei nostri connazionali residenti all’estero. All’incontro interverranno mons. Stefano Russo, Segretario Generale della Conferenza  Episcopale Italiana; mons. Gian Carlo Perego,  Presidente della Commissione Episcopale per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes; Massimo Vedovelli,  Università per Stranieri di Siena; Maria Cuffaro, giornalista e conduttrice Rai; don  Antonio Serra,  Coordinatore nazionale della Missioni Cattoliche Inghilterra e Galles e Delfina Licata della Fondazione Migrantes. L’incontro si terrà in presenza nel rispetto della normativa sanitaria vigente. Sarà comunque possibile seguire la presentazione in diretta streaming, sul canale YouTube e sulla pagina Facebook della Conferenza episcopale italiana.

Mons. Perego: il festival delle Migrazioni “vetrina di dialogo e incontro”

6 Novembre 2021 -

Modena - Il festival della Migrazione vuole essere una "vetrina in cui il mondo ecclesiale e sociale cercano di presentare l’esperienza dell’incontro coi migranti e una cultura che si crea in questo incontro, che vuole rigenerare relazioni e rigenerare la città". Lo ha detto oggi mons. Gian Carlo Perego, presidente della Commissione Cei per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes intervenuto ad una sessione del festival della Migrazione che si conclude oggi a Modena, promosso fra gli altri, dall'organismo pastorale della Cei. Questo appuntamento - ha aggiunto - vuole “ripensare insieme l’incontro con l’altro, per una politica che non si fermi all’identificazione dell’altro ma cerca di conoscerlo per costruire un viaggio insieme per una città rigenerata. C’è bisogno di incontri come questo per far crescere la cultura dell’accoglienza nella città". Il migrante è per "antonomasia un giovane: uno studente, lavoratore, un figlio di un ricongiungimento familiare. Sono gli 862mila studenti delle nostre scuole, gli 80mila studenti universitari. Questo mondo non può rimanere ai margini della città ma esserne protagonista", ha concluso mons. Perego parlando poi del ruolo delle religioni nel dialogo e nell'accoglienza. “La cittadinanza - ha detto -  entro la vita della Chiesa, è innanzitutto una benedizione come ci dice Papa Francesco in ‘Fratelli tutti’. Il migrante è una benedizione, un dono da accogliere con una preghiera di riconoscenza per quello che di nuovo e buono genererà”. “Quando arriva un altro fedele è un regalo con il quale costruire una storia di fede, in quanto attraverso lui riconosciamo che la chiesa è ‘una Santa, Cattolica, Apostolica’, universale, senza confini. La sua chiesa è anche la nostra chiesa” ha detto il presidente di Migrantes. “Gli immigrati portano una storia di fede – ha aggiunto mons. Perego – un cammino, un linguaggio, una spiritualità che sono differenti ma che rientrano in un’unità di chiesa cattolica. Il volto del migrante è quello di un fedele di un’altra esperienza religiosa: si pensi agli ortodossi, i più numerosi (oltre 1 milione su 5 milioni di migranti). Ma possiamo incontrare anche persone di chiese riformate, come gli evangelici o anche di altre esperienze religiose come i musulmani, cui ancora non è stata riconosciuta la possibilità di avere un luogo di culto, la moschea, in un luogo sociale ma solo in periferia, negando così un loro diritto fondamentale. E poi ancora possiamo incontrare buddisti, induisti”. “Questo dono delle migrazioni interpella la chiesa, non solo sotto l’aspetto delle comunità, ma anche per il cammino ecumenico, interreligioso, e di evangelizzazione. Sotto questo aspetto – ha concluso – sono quattro i verbi da coniugare, propri dello stile pastorale migratorio: accogliere, tutelare, promuovere, integrare”. (Raffaele Iaria)

R.Iaria).

Mons. Castellucci in dialogo coi giovani delle seconde generazioni al Festival della Migrazione

6 Novembre 2021 -

Modena - Un dialogo fecondo e stimolante con i giovani delle seconde generazioni della consulta per l’immigrazione di Carpi. Mons. Erio Castellucci, vice presidente della Cei, arcivescovo di Modena e vescovo di Carpi, ha partecipato al Festival della Migrazione ‘Cittadini tutti’ confrontandosi con i giovani figli di migranti e col sindaco di Carpi, Alberto Bellelli. “Le religioni devono ascoltare le seconde generazioni, devono ascoltare i giovani. Non pensiamo a come parlare ai giovani, ma come ascoltarli – ha esordito Castellucci -. Il ruolo delle religioni? Ricordare che in ciascuno c’è l’impronta di Dio”. Il vescovo ha ricordato che papa Francesco in più occasioni ha invitato a evitare le categorie per arrivare a considerare tutti prima di tutto persone e che il tema dell’identità è un problema soprattutto per chi ha una identità debole: “Spesso associamo questa parola a difesa, salvaguardia, a qualcosa che protegge contro qualcuno. Ma l’identità o è dialogica e aperta, o diventa settarismo e chiusura. Chi ha una consapevolezza matura della propria identità è sereno nei confronti di quella degli altri, sono quelli che incerti e timorosi che erigono muri”. Le religioni sono state richiamate dai giovani come opportunità di dialogo e confronto: “Il luogo del dialogo interreligioso è la casa, la scuola, l’ospedale, il carcere, il campo sportivo… Il dialogo non ha a che fare con delle idee, ma con volti e storie. Non c’è solo chi erige argini e si chiude, ma anche chi annega tutto nel relativismo e produce indifferenza. Il ponte per superare questi due opposti è trovare dentro la propria identità motivi di apprezzamento dell’altro. Una identità religiosa matura trova le ragioni per apprezzare quanto di bello e di vero c’è dovunque. Dobbiamo passare dalla tolleranza all’accoglienza”. Mons. Castellucci ha anche messo al centro la situazione libica: “Due settimane fa ho parlato con David, un giovane che si trova a Tripoli nella zona custodita dall’Onu insieme a circa 3mila persone. Sono bloccati e circondati dalle milizie libiche. Il tema della cultura del respingimento è abbastanza trasversale alla politica. Una delle poche voci che denuncia le alleanze con la cosiddetta guardia costiera libica è quella del Papa. Il consenso arriva a prevalere sui principi fondamentali. La politica è agire sulle cause, troppe volte, anche nella Chiesa, ci impastiamo nella burocrazia e ci dimentichiamo che dell’accoglienza delle persone in difficoltà”.

Il sindaco di Carpi, Alberto Bellelli, ha confermato l’impegno personale per lo ius culturae (“Va fatto senza dubbio”) e ha confermato la necessità di superare la polarizzazione tra fondamentalismo e relativismo anche attraverso gesti e iniziative concrete. “Ambisco a società etiche, né chiuse né basate su valori generici. La nostra guida è la Costituzione”.

Scuola: in arrivo le nuove linee guida del Ministero per l’integrazione nella scuola degli studenti stranieri

5 Novembre 2021 -

Modena - Saranno presto disponibili le nuove linee guida sull’integrazione degli alunni stranieri con un aggiornamento di quelle datate 2014. La notizia è stata resa nota dai dirigenti del Ministero dell’Istruzione nel corso del seminario ‘Costruttori di ponti – Di generazione in generazione’ al Festival della Migrazione di Modena in corso fino a domani. Il Ministro Patrizio Bianchi ha dettato chiaramente la linea: “Il concetto di integrazione prevede che cambiamo tutti e due, non solo uno dei due. La nostra idea è che si è cittadini perchè lo era il mio babbo, o per una procedura burocratica: invece si è cittadini se accettiamo valori comuni e allora dobbiamo trovare i valori comuni di un Paese, di una nazione, di una comunità. E per trovare questi valori abbiamo una guida che non invecchia mai, la nostra Costituzione. Questa dice che i diritti individuali nel nostro Paese si devono sposare col dovere della solidarietà. Dobbiamo ribadire i valori fondanti della nostra Repubblica e qui si innesta il diritto di cittadinanza e questo non riguarda solo chi giunge da fuori, ma anche quelle che sono dentro: tutti dobbiamo chiederci se siamo a pieno titolo cittadini di questo Paese, se condividiamo gli stessi valori”. Maurizio Certini, direttore del centro studi Giorgio La Pira e membro della Consulta Nazionale per le Migrazioni della Fondazione Migrantes, ha ricordato l’importanza dello scambio interculturale e intergenerazionale: “Oggi comprendiamo che i muri non servono, servono ponti di unità e di dialogo. Il mondo o si unisce o perisce”. Albertina Soliani, presidente della Fondazione Cervi, ha fissato l’obiettivo: “La coesione, l’essere comunità, vogliamo continuare a lavorare per questo. La scuola e la società cosa stanno diventando e cosa pensano delle migrazioni? La scuola è competente sulle dinamiche culturali e sull’integrazione? Forse devono cambiare alcuni parametri culturali, la scuola deve essere competente e pensare a una nuova educazione civica. Noi abbiamo ragazzi aperti al mondo, che studiano e che viaggiano e a cui dobbiamo dare risposte”. Tra gli ospiti del seminario alcune esperienze delle seconde generazioni. Il rapper italo egiziano Amir Issaa, ad esempio, ha spiegato: “Durante l'infanzia e l'adolescenza mia madre mi ha fatto cambiare nome in ‘Massimo’ per rendere le cose più facili agli altri, e intorno al nome italiano in contrasto a quello straniero si costruisce un'identità. Noi italiani di seconda generazione abbiamo tutti storie diverse, quello che dico ai ragazzi è di non vergognarsi della propria identità. Quando vado all’estero, ad esempio a New York dove mi reco spesso per lavoro, tutti mi considerano un artista italiano: purtroppo in Italia c’è una legge che non è ancora adeguata". Marwa Mahmoud, del centro culturale Mondinsieme, ha confermato: “Tanti ragazze e ragazzi si sentono e sono italiani senza aver riconosciuto questo diritto: non dobbiamo dimenticare che essere o meno cittadini fa molta differenza. La scuola è il luogo privilegiato per coltivare la costruzione continua di ponti, è il luogo dove si crea il senso di appartenenza e cittadinanza”. E’ intervenuta anche Yiyun Zhang, una madre di origine cinese: "Durante la pandemia molti problemi hanno colpito l'istruzione, sia per quanto riguarda i bambini stranieri che gli italiani. Tutto questo ha aumentato il peso sulle famiglie e sui bambini", mentre Saadia Parveen ha ricordato che “i migranti di seconda generazione si confrontano con una realtà diversa da quella dei propri genitori e perciò manca loro una guida nelle difficoltà". Simohamed Kaabour ha chiosato: "È importante indagare il rapporto generazionale per evitare conflittualità. Da una parte ci sono i genitori immigrati, dall'altra i figli che crescono in un nuovo Paese".

Certini: “occorrono buoni maestri

4 Novembre 2021 -
Modena - “Oggi, sebbene assistiamo drammaticamente all’innalzamento di tanti muri, credendo così di proteggere la nostra integrità, comprendiamo anche che i muri non servono, ma che servono i Ponti. In un mondo che può trovare la propria sicurezza solo nel cammino faticoso dell’unità e del dialogo tra tanti, in un mondo che o si unisce o perisce”. Lo ha detto Maurizio Certini, Membro della Consulta Nazionale per le Migrazioni della Fondazione Migrantes, che oggi ha portato il saluto della Fondazione  alla tavola inaugurale della VI edizione del Festival della Migrazione, “Cittadini tutti” che si è aperto oggi a Modena (fino a sabato). L’intervento di Certini, che ricopre anche la carica di direttore del Centro Internazionale Studenti “Giorgio La Pira” di Firenze, si è inserito all’interno del seminario “Costruttori di ponti: Di generazione in generazione”. Si tratta, ha aggiunto, di “una idea che ci sollecita come scuola che interagisce vantaggiosamente con la società civile, che collabora con il territorio di cui è parte, e che ci spinge a riflettere per elaborare visioni nuove di fronte al mutamento costante della società; oggi una società sempre più oggettivamente multiculturale che vuole costruire ponti relazionali”. “Non muri ma ponti”: a fare di questa metafora il suo “cavallo di battaglia” (battaglia di pace), ha ricordato Certini, fu proprio Giorgio La Pira, proclamato venerabile da Papa Francesco. “Questa stessa idea – ha proseguito – è a fondamento della nostra Carta Costituzionale: il dialogo tra diversi per una meta comune fu la forza dei nostri Costituenti che seppero darci nuovi strumenti di democrazia, di cura di cultura e di saperi. Ed ecco ancora l’educazione e la scuola come diritto di tutti entrare in gioco da protagonista. Occorre conoscere, occorre studiare la realtà e la storia, capire l’interdipendenza in tutti i campi, occorrono buoni maestri, che sappiano credere nel proprio lavoro, e che sappiano interrogarsi di fronte alle cose nuove. Perché la capacità nel costruire Ponti relazionali – ha concluso Certini – non si improvvisa, come non si improvvisa la capacità di dialogare. Occorre farne esperienza, occorre, oltre alla capacità di vedere e di comprendere le tante crisi, il gusto di scoprire e sostenere i fenomeni positivi che abbiamo intorno e che portano il mondo verso la costruzione di ponti”.

Migrantes: dal 9 al 12 novembre il convegno europeo delle Missioni Cattoliche Italiane

29 Ottobre 2021 - Roma - "Gli italiani in Europa e la missione cristiana. Radici che non si spezzano ma che si allungano ad abbracciare ciò che incontrano”: è questo il tema del convegno delle Missioni Cattoliche Italiane in Europa che si svolgerà a Roma - TH Carpegna Palace, Via Aurelia 481 Roma - che vedrà la partecipazione, tra gli altri, dei Cardinali Gualtiero Bassetti e Anders Arborelius, di Mons. Gian Carlo Perego e Mons. Jean Kockerols oltre a testimonianze da diversi Paesi d'Europa. Il convegno si aprirà il 9 pomeriggio con il saluto di Mons. Perego, Presidente della Commissione CEI per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes e don Giovanni De Robertis, Direttore generale della Fondazione Migrantes, Seguirà una relazione su “Le persone migranti nella prima evangelizzazione dell’Europa” affidata a Saverio Xeres della Facoltà Teologica di Milano. La giornata terminerà con la celebrazione eucaristica presieduta dal Card. Gualtiero Bassetti, Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana. In Serata il Docufilm: “Non far rumore. La storia nascosta dei bambini clandestini”. Saranno presenti: Mario Maiellaro (regista), Alessandra Rossi (autrice RAI 3) e Toni Ricciardi (storico, Università di Ginevra). Il Giorno successivo una relazione su “La mobilità umana: fermento della nuova evangelizzazione dell’Europa” affidata al card. Anders Arborelius, Vescovo di Stoccolma e Responsabile della Sezione Migrazioni della Commissione per la Pastorale Sociale del CCEE. Seguirà mons. Perego che si soffermerà su “La mobilità italiana: fermento della nuova evangelizzazione dell’Europa” e la Testimonianza di Lorenzo Mannelli, emigrato in Belgio. Nel pomeriggio lavori di gruppo e celebrazione eucaristica presieduta dal Card.  Arborelius. In serata “La profezia di don Tonino Bello e i migranti” affidata a Giancarlo Piccinni, Presidente Fondazione don Tonino Bello. Giovedì 11 novembre due interventi su “Quali comunità di lingua italiana per la missione cristiana oggi?” affidate a Mons. Jean Kockerols, Vescovo ausiliare di Bruxelles-Malines e a p. Antonio Grasso, responsabile della Missione Cattolica di lingua italiana di Berna. Al termine la celebrazione eucaristica affidata a mons. Kockerols. Venerdì 12 novembre la celebrazione conclusiva presieduta da mons. Perego seguita dalle relazione dei gruppi di studio e dalla consegna del mandato. (Raffaele Iaria)  

“Gli italiani nel mondo. E la Chiesa con loro”: seconda puntata oggi su Radio Mater

26 Ottobre 2021 - «Gli italiani nel mondo. E la Chiesa con loro» è il titolo di una trasmissione mensile – in diretta su Radio Mater dalle ore 17.30 alle ore 18.30, l’ultimo martedì di ogni mese – nata per presentare alcune Missioni cattoliche italiane, soprattutto europee. Esse, sono animate da circa 700 operatori tra laici ed laiche, consacrati e non, sacerdoti diocesani e religiosi e religiose. Lo spazio radiofonico di ottobre, questa sera, ospiterà la testimonianza della Comunità cattolica italiana che vive nella Svizzera tedesca. Si racconteranno: don Carlo De Stasio, Coordinatore Nazionale delle Missioni Cattoliche Italiane in Svizzera e i coniugi Chiara e Oreste Concepito, entrambi ingegneri, residenti all’estero da una ventina di anni. Nella introduzione – di Massimo Pavanello, sacerdote della diocesi di Milano – si accennerà pure alla questione linguistica. Con focus sulla preghiera nella lingua madre, l’idioma preferito dagli emigrati per esprimere la propria spiritualità. Lo si farà, riprendendo un paragrafo, espressamente dedicato al tema, presente nel Rapporto Italiani nel mondo 2020, curato della Fondazione Migrantes, consulente della trasmissione radio.

Migrantes: il prossimo 9 novembre la presentazione del Rapporto Italiani nel Mondo 2021

25 Ottobre 2021 - Roma – Martedì 9 novembre, alle ore 10, sarà presentato a Roma, presso l’Auditorium V. Bachelet del TH Roma Carpegna Palace (via Aurelia, 481, Fermata Cornelia Metropolitana A), il Rapporto Italiani nel Mondo 2021 della Fondazione Migrantes. Giunto alla XVI edizione, questo progetto della Chiesa italiana ha coinvolto anche quest'anno diversi autori dall’Italia e dall’estero misurandosi con la crisi pandemica che ha coinvolto anche la mobilità degli italiani e la vita dei nostri connazionali residenti all’estero. L’incontro si terrà in presenza - solo dietro iscrizione - nel rispetto della normativa sanitaria vigente. Sarà comunque possibile seguire la presentazione in diretta streaming, sul canale YouTube e sulla pagina Facebook della Conferenza Episcopale Italiana.    

Migrantes: non cadano nel vuoto le parole del Santo Padre

25 Ottobre 2021 - Roma - La Fondazione Migrantes fa proprie le parole pronunciate dal Santo Padre ieri durante l'Angelus: “Esprimo la mia vicinanza alle migliaia di migranti, rifugiati e altri bisognosi di protezione in Libia: non vi dimentico mai; sento le vostre grida e prego per voi. Tanti di questi uomini, donne e bambini sono sottoposti a una violenza disumana”. E si unisce alla Sua richiesta “alla comunità internazionale di mantenere le promesse di cercare soluzioni comuni, concrete e durevoli per la gestione dei flussi migratori in Libia e in tutto il Mediterraneo. E quanto soffrono coloro che sono respinti! Ci sono dei veri lager lì. Occorre porre fine al ritorno dei migranti in Paesi non sicuri e dare priorità al soccorso di vite umane in mare con dispositivi di salvataggio e di sbarco prevedibile, garantire loro condizioni di vite degne, alternative alla detenzione, percorsi regolari di migrazione e accesso alle procedure di asilo. Sentiamoci tutti responsabili di questi nostri fratelli e sorelle, che da troppi anni sono vittime di questa gravissima situazione”. La Migrantes auspica che queste parole del Santo Padre non cadano nel vuoto e che si rinnovi l'impegno nella preghiera e nel fare tutto quello che è nelle nostre possibilità perché esse trovino attuazione.  

Rapporto Immigrazione Caritas Italiana e Fondazione Migrantes: effetto pandemia sociale sui migranti

15 Ottobre 2021 - Roma - Pandemia sociale sugli stranieri regolari in Italia. I lavoratori stranieri si sono impoveriti in media più degli italiani, sono stati più sfruttati e più esposti al virus sul luogo di lavoro e meno aiutati dallo Stato. Lo denuncia l’edizione trentennale del Rapporto Immigrazione di Caritas italiana e Fondazione Migrantes presentata a Roma ieri che analizza la condizione dei lavoratori migranti e delle loro famiglie nell’ Italia della pandemia. Che in un quadro globale di mobilità regolare ridotta continuano a diminuire. Nel 2021 la popolazione di origine straniera è infatti calata del 5%, passando dai 5.306.548 del 2020 agli attuali 5.035.643, l’8,5% sulla popolazione nazionale. Sono 3.696.697 i permessi di soggiorno nel Belpaese, in netta crescita i ricongiungimenti famigliari ( il 49%, +9,1% rispetto al 2019), seguiti da quelli per lavoro (43,4% e +12,1%). Tutti segnali di integrazione. Quindi i rifugiati e richiedenti asilo (5%). Anche i permessi di soggiorno a minori non accompagnati e a neomaggiorenni sono in picchiata per il calo degli arrivi, dai quasi 18 mila del 2019 ai 3.774 del 2020. La geografia dell’Italia dei migranti resta immutata. Vivono sempre nelle aree più ricche, al Nord (58,5%) - in particolare nel Nord Ovest (34%) mentre Nord Est e Centro assorbono circa il 24,5 -, mentre nel Sud e nelle Isole risiedono appena il 12,1% e il 4,8%. Le prime 5 regioni nelle quali si attesta la maggior presenza di stranieri sono Lombardia (nella quale risiede il 23% della popolazione straniera in Italia) seguita da Lazio, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte. Roma resta la prima città. La presenza femminile è sempre maggioritaria (51,9% del totale) e sfiora l’80% fra i soggiornanti provenienti da Ucraina, Georgia e da diversi Paesi dell’Est Europa impegnati soprattutto nel lavoro domestico. Pesanti secondo lo studio le conseguenze della pandemia. La condizione occupazionale dei lavoratori stranieri presenti in Italia ha subito un 'forte contraccolpo' sia per la chiusura di molte attività sia per la prosecuzione di quelle essenziali da svolgere in presenza esponendoli a sfruttamento lavorativo o a contagio da Covid-19. Le forme contrattuali mediamente più precarie hanno determinato un tasso di disoccupazione del 13,1%, superiore a quello degli italiani (8,7%), mentre il tasso di occupazione (60,6%) si è ridotto in maniera consistente ed è oggi inferiore a quello degli autoctoni (62,8%). Più colpite dalla crisi le donne - impegnate in servizi alla persona, turismo e ristorazione con un tasso di disoccupazione due volte maggiore rispetto ai maschi. La pandemia sociale si tocca nell’aumento della povertà assoluta nelle famiglie di soli stranieri. Nel corso di un anno il numero di nuclei poveri è salito a 568 mila, più della metà con figli minori. Fino al 2019 quasi un nucleo su quattro, secondo i parametri Istat, non raggiungeva un livello di vita dignitoso, mentre oggi risulta povera in termini assoluti più di una famiglia su quattro (il 26,7%), a fronte di un’incidenza del 6% registrata tra le famiglie di soli italiani. Tra le persone aiutate dai due enti della Cei gli stranieri rappresentano il 52%. L’età media degli assistiti è 40 anni per gli uomini e 42 per le donne contro i 52 degli italiani. Se la povertà degli immigrati nel 42% dei casi è causata dalla disoccupazione, molto elevata è l’incidenza degli occupati (30,9% contro il 19,2% dei cittadini italiani), conseguenza di una occupazione precaria, sotto-retribuita e irregolare. Poco visibili anche violenza e sfruttamento sulle donne migranti. 'Le straniere - sostiene l’indagine rappresentano all’incirca la metà delle donne assistite nei centri antiviolenza ed un 55%-60% delle ospiti delle case rifugio. Le forme di violenza subìte dalle donne straniere sono principalmente fisiche, di grave entità, e si registrano sia nelle relazioni iniziate nel Paese d’origine (68,5%) sia nel contesto di relazioni avviate in Italia (19,4%). Il principale tipo di sfruttamento subito è quello sessuale (77%). Nel 16% dei casi le donne sono state vittime di sfruttamento sia di tipo sessuale che lavorativo. L’1% è stata vittima di matrimonio forzato'. Il rapporto Caritas-Migrantes denuncia anche l’inefficacia delle misure straordinarie 'frammentarie e complesse' per fronteggiare l’emergenza, utilizzate solo dal 9-10% degli extracomunitari. Anche il 'Reddito di cittadinanza' presenta limiti enormi legati alla copertura degli stranieri, dal momento che uno dei requisiti di accesso prevede la residenza in Italia di 10 anni, di cui gli ultimi due in via continuativa. Scrivono quindi gli autori: «Gli interventi messi in atto per fronteggiare la pandemia si sono caratterizzati per elevato livello di frammentazione, complessità amministrativa, deboli azioni di supporto all’accesso, che non hanno fatto altro che compromettere la capacità di raggiungimento della popolazione straniera, diventando un’ulteriore fonte di divaricazione con quella italiana». Per quanto riguarda la tutela della salute, il 13,9% delle denunce all’Inail di contagi sul luogo di lavoro riguarda stranieri, concentrati soprattutto tra i lavoratori rumeni (pari al 21,0% dei contagiati stranieri), peruviani (13,0%), albanesi (8,1%), moldavi (4,5%) ed ecuadoriani (4,2%). La mancanza di tessera sanitaria ha escluso interi gruppi dalla possibilità di prenotarsi nei portali regionali anche quando per età sarebbe stato possibile. In assenza di indicazioni puntuali, Regioni e Province autonome si sono attivate in modo non omogeneo e coordinato producendo un ritardo 'strutturale' a scapito della popolazione immigrata. Infine a proposito delle fake news messe in giro sugli stranieri untori, il rapporto sottolinea come l’Italia ha fatto affidamento anche su 22 mila medici, 38 mila infermieri, 1.000 psicologi di origine straniera in prima linea contro la pandemia. Fra gli oltre 350 medici morti in Italia durante la pandemia, almeno 18 erano stranieri. Molti di più i contagiati e i ricoverati in terapia intensiva. Non dimentichiamolo. (Paolo Lambruschi – Avvenire) ​

Mons. Perego: “calo stranieri significa che Italia ha perso capacità attrattive”

14 Ottobre 2021 -
Roma - “Il drammatico calo di almeno 150.000 persone straniere significa che l’Italia non ha più capacità attrattive e questo mi preoccupa”: lo ha detto oggi a Roma mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente della Fondazione Migrantes, durante la presentazione del Rapporto Immigrazione di Caritas e Migrantes. “Il Rapporto vuole essere una forte provocazione alla razionalità – ha precisato -, per leggere l’immigrazione a partire da questi 5 milioni di persone che vivono in Italia. Speriamo che questo studio aiuti profondamente la nostra società e classe politica a partire dai dati e dalle situazioni, perché il nostro Paese possa andare avanti e non tornare indietro, visto che siamo il Paese più anziano e manca manodopera”.

Sottosegretario Sileri: “più del green pass mi interessa la vaccinazione di chi non so dove sia”

14 Ottobre 2021 -   Roma - “Il green pass mi interessa ma mi interessa ancora di più la vaccinazione di chi non so dove sia”. Lo ha detto oggi a Roma, durante la presentazione del Rapporto Immigrazione di Caritas e Migrantes, il sottosegretario di Stato al Ministero della Salute Pierpaolo Sileri, riferendosi in particolare alle campagne di vaccinazione degli immigrati, di 10 punti percentuali in meno rispetto agli italiani e in ritardo, come riportato nello studio. “Mi interessa prima di tutto la sicurezza della persona – ha sottolineato, riferendosi agli immigrati e alle persone bisognose non vaccinate -. Sarei più contento di avere 500.000 persone vaccinate e censite per sapere dove allocare le risorse e consentire il miglioramento delle condizioni di salute”. “È innegabile che non sono i migranti che portano il virus – ha aggiunto -. Semmai si ammalano qui”.