Primo Piano

Farnesina: il 13 luglio primo Forum sulla libertà religiosa

11 Luglio 2023 -
Roma - Si svolgerò a Roma, il prossimo 13 giugno, il primo dei forum sulla libertà religiosa promosso dall’Inviato speciale del Ministro degli affari esteri e della Cooperazione internazionale per la promozione della libertà religiosa e per la tutela delle minoranze religiose nel mondo (con particolare riferimento a quelle cristiane), Davide Dionisi. Si partirà da un focus sul Pakistan. Ad aprire i lavori  il Ministro degli esteri italiano, Antonio Tajani. Seguiranno gli interventi dell’Ambasciatore del Pakistan in Italia, Ali Javed, di Tabassum Yousaf, Avvocata presso l’Alta Corte della provincia del Sindh, Alessandro Monteduro,  Direttore Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) – Italia, Valeria Martano della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Benzo, Coordinatore della Farnesina per il dialogo interreligioso, Daniela Canclini, coordinatrice dei Programmi di formazione del Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, Sara Fumagalli, Direttore esecutivo di Umanitaria Padana Onlus e Mobeen Shahid docente presso la Pontificia Università Urbaniana. Obiettivo delle conferenze, spiegano gli organizzatori, “è mantenere un dialogo aperto, trasparente e regolare con le confessioni religiose e con i governi, fondato sul riconoscimento della loro identità e del loro contributo specifico. Tale dialogo è necessario per rispettare i principi di un autentico pluralismo e per la costruzione di una autentica democrazia”. Con tali iniziative, inoltre, “si vuole aiutare a far sì che ci sia un più equilibrato rapporto tra società civile e comunità dei credenti, nel segno di una accresciuta armonia e di un mutuo arricchimento di libertà e cosciente partecipazione”.

Il neo cardinale Marchetto: “continuare a garantire i diritti”

11 Luglio 2023 - Roma - Tra i nuovi cardinali nominati domenica da papa Francesco mons. Agostino Marchetto, per anni segretario dell’allora Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti. 83 anni il neo cardinale è stato nunzio apostolico in Madagascar e Mauritius, poi in Tanzania e infine in Bielorussia prima di essere nominato, da Giovanni Paolo II, segretario del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti che svolse fino al 2010. “Il movimento dei popoli c’è sempre stato, solo che adesso è affinato dal riconoscimento della dignità di ciascun essere umano, dalla necessità di rispettarne i diritti, i nuovi e quelli fondamentali”, dice oggi al quotidiano “Avvenire” rispondendo ad una domanda di Riccardo Maccioni sul tema dei migranti oggi. Il giornalista poi si sofferma sui rom e sinti sottolineando l’impegno di Marchetto per il loro riconoscimento come vittime della Shoah: “In Europa sembra siano dieci milioni, cioè la minoranza più numerosa della realtà del continente. Sono stati vittime di genocidio come gli ebrei, e come loro hanno diritto a una riparazione”. Il card. Marchetto evidenzia la necessità di incontrarsi “anche ci sono difficoltà. La loro cultura porta dei valori molto belli. Penso ad esempio all’importanza della famiglia”. Oggi “bisogna continuare a garantire i diritti, le necessità delle persone in movimento, in tutte le loro espressioni. Umane, spirituali e cristiane”. (R.Iaria)

Muti in Giordania anche per i profughi

11 Luglio 2023 -

 

Amman ( Giordania) - Ha il suo volto. Ha i suoi occhi. Ha le sue mani la Giordania. Il volto, le mani, gli occhi di questo metro e dieci di ragazzino. Chi lo sa il suo nome. “Una moneta italiana” ti dice scandendo bene le parole. Glielo deve aver insegnato il padre. Che oltre la Porta sud del sito archeologico di Jerash, «questa bella porta» dice mentre al tramonto ti indica il passaggio che porta verso il colonnato e poi al Tempio di Zeus, ha un banchetto: calamite, ventagli, cappelli di paglia per ripararsi dal sole, kefiah che ti mette in testa senza fare troppi complimenti – «questo regalo» insiste mentre i vicini di bancarella fanno partire L’italiano di Toto Cotugno a tutto volume. «Una moneta italiana» ti dice invece, inseguendoti sulle strade di polvere, quel ragazzino di sette o otto anni al massimo, allungandoti un pacchetto di cartoline avvolte nella plastica, foto di Jerash un po’ sbiadite dal sole. Lo fa con quelle mani – e guardandoti con quegli occhi un po’ sfuggenti – che sono il presente e il futuro della Giordania. Che sa di speranza.

«Un paese e un popolo straordinari che siamo venuti ad onorare perché offrono rifugio e accoglienza a chi scappa dalla guerra» dice Riccardo Muti davanti al muro di pubblico in piedi sui gradoni del teatro romano di Jerash. Nord della Giordania, nazione dove il 30% della popolazione è costituito da rifugiati. Siriani, prevalentemente. A Jerash ci sono anche quindici di loro che abitano nel campo profughi dell’Acnur-Unhcr di Zaatari, a una manciata di chilometri dalla Siria, sono arrivati grazie a un permesso speciale del ministro dell’Interno. Qui, nel sito archeologico che parla anche un po’ italiano (nostri sono gli scavi al Tempio di Artemide), il maestro ha voluto portare l’edizione 2023 de “Le vie dell’amicizia” di Ravenna festival, invitato dal governo di questo paese ancora giovane – Amman, la capitale, è una città cantiere, sterminata, dove si continuano a costruire case. Il ponte di fratellanza in musica da Ravenna (venerdì il concerto nella città romagnola) è approdato nell’antica città romana distrutta dal terremoto, che chiamano la Pompei d’Oriente. E a Pompei “Le vie dell’amicizia” approdano stasera. Distrutta, Jerash, ma ancora bellissima nei suoi frammenti di templi, piazze, cardi e decumani – e anche qui, carabinieri italiani lavorano ad un progetto europeo per insegnare ai giordani la conservazione del patrimonio culturale.

« Perché anche qui affondano le nostre radici. Che sono radici spirituali e culturali » non si stanca di ricordare Muti. Il Giordano scorre a pochi chilometri rendendo fertile il deserto di pietra della Giordania. La Terra Santa e Gerusalemme te le sei lasciate alle spalle atterrando ad Amman su un volo con una carovana di musicisti (duecento tra ragazzi dell’Orchestra giovanile Luigi Cherubini e voci del coro Cremona Antiqua di Antonio Greco) partita da Ravenna e approdata domenica (ancora una volta, dici guardando l’elenco delle ventisette tappe de “Le vie dell’amicizia”) in Medio Oriente. Israele e Palestina perennemente inquieti, da una parte. Dall’altra la Siria, con le ferite della guerra e del terremoto che (ormai) in troppi hanno dimenticato. Ferite che, dal 1997, quando fece rotta verso la Sarajevo in ginocchio per il conflitto dei Balcani, Muti prova a medicare attraverso la musica. Nel Teatro romano di Jerash, Gluck con il secondo atto di Orfeo ed Euridice – e il racconto di Orfeo (che è il controtenore Filippo Mineccia) che riporta in vita la sposa non può non farti pensare alla forza dell’amore che, forse, potrebbe riportare la pace dove oggi si combatte. Poi il Casta diva della Norma di Bellini affidato a Monica Conesa, «un inno del Mediterraneo» per Muti, e Il canto del destino di Brahms. Pagine che si impastano a melodie tradizionali di Giordania e Siria – le cantano Razek-François Bitar, Mirna Kassis, Zain Awad e Ady Naber, le suonano Saleh Katbeh e Elias Aboud. Il tramonto infuoca la sera di Jerash. Muti attacca l’introduzione dell’aria più celebre della Norma. E parte il canto del muezzin. Il maestro posa la bacchetta. Aspetta. Come già successo a El Djem, in Tunisia, nel 2005, in un altro Viaggio dell’amicizia.

« Perché è una preghiera». Poi attacca un’altra preghiera. «Spargi in terra quella pace che regnar tu fai nel ciel» canta la sacerdotessa. «Per dire ancora una volta – spiega Muti – che la musica può insegnare un metodo per provare a risolvere i problemi del mondo. Lo vediamo, non senza commozione, facendo musica con ragazzi italiani, giordani e siriani che suonano insieme e si capiscono benissimo. La dimostrazione che c’è una parte positiva del mondo che ci dà speranza mentre un’altra parte del mondo continua a pensare a fare la guerra».

La guerra che dalla Siria ha portato nel campo profughi di Zaatari 80mila persone. Vivono oltre il filo spinato e i carri armati nella cittadella costruita dal 2012, subito dopo lo scoppio della guerra, dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati: dodici distretti distribuiti su 5.3 km quadrati, ospedali (uno è affidato all’Italia in collaborazione con la Giordania), scuole, centri commerciali e la via dello shopping. Un sistema bancario interno, tante attività gestite dai rifugiati per promuovere un’economia di sostentamento del campo. Una città che produce l’energia necessaria grazie a una grande distesa di pannelli solari. «La metà della popolazione qui ha meno di 18 anni. Ogni settimana nascono tra i sessanta e i settanta bambini. Ventitremila quelli nati dal 2012» dice Adam Nord, coordinatore del campo. Saluta Riccardo Muti arrivato nel cam-po profughi attraversando la Giordania, un deserto di pietra soffocato dalla plastica – brandelli se ne vedono ovunque, attaccati alle cancellate, avvolti intorno agli alberi, fatti viaggiare dal vento. Prima di suonare a Jerash Muti ha voluto essere a Zaatari, per un concerto con musiche siriane organizzato mettendo delle sedie sull’erba sintetica del campo di calcio. Musiche intrise di malinconia che il maestro segue attento, tra un selfie e una stretta di mano con i profughi che gli si fanno attorno. A loro Muti e Ravenna festival regalano strumenti musicali: oud, la tipica chitarra mediorientale, migwiz, una specie di flauto, e violini.

A Zaatari la sera si fa musica insieme. Poca televisione, ma tanti social. « Ma non so se facciamo il loro bene mostrandogli questo volto dell’Occidente» sorride Muti. Per lui e per Ravenna festival il campo è rimasto aperto in via eccezionale fino a sera per il concerto dei musicisti del campo, tanti che suonano per passione, qualcuno lo fa di mestiere insegnando a scuola o dando lezioni. Ahmad appena ha ricevuto il suo migwiz lo estrae dalla custodia e si mette a suonarlo. E parte una danza con gli ospiti del campo che si danno la mano e girano in cerchio, coinvolgendo gli italiani in questo ritmo mediorientale. Uomini da una parte, donne dall’altra perché siamo in un paese dove oltre il 90% degli 11 milioni di abitanti è musulmano, i cristiani sono l’1.4%. «Però con le ragazze ci scriviamo tramite social» racconta Akram, vent’anni, che studia ingegneria elettronica. Per molti il futuro è incerto. Vivono da undici anni in un limbo. Anche se escono per studiare e lavorare. Il governo giordano concede permessi di lavoro a seconda delle esigenze del mercato. Permessi temporanei che durano al massimo sei mesi. Attualmente ce ne sono 4mila.

Tagriz sogna la Germania. Ha 42 anni e un figlio, Baatol, di 16 che segue corsi di fotografia. Firas ha 23 anni, è di Homs. Muti ha regalato un oud al padre, Mahmood, 62 anni “il maestro” del campo. Che tutti conoscono e stimano. «La vita è dura. Si lavora per piccoli periodi» racconta Firas. Sorride il suo amico Mohammed, 24 anni di Dar’a. Lui studia musica. Suona (benissimo) il violino. Mentre suona lo riprende con il cellulare Quais, arrivato anche lui da Dar’a nel 2015. Si muove su una carrozzina per un problema genetico. «Mi piace la musica, specialmente quella inglese. Il mio sogno? Viaggiare. E lavorare come programmatore di computer». Sogni. Che servono a coltivare una speranza. Quella della Giordania. Quella della Siria. E, forse, del mondo. Una speranza cha oggi ha il volto, gli occhi, le mani piagate dalla malattia di Quais. (PierAchille Dolfini - Avvenire)

 

Cei: approvate le Linee guida per la “fase sapienziale” del Cammino sinodale

10 Luglio 2023 -
(Foto Siciliani - Gennari/SIR)
Roma - Una “sessione breve ma intensa” quella del Consiglio episcopale permanente che si è riunito straordinariamente sabato 8 luglio, con 10 vescovi in presenza a Roma e 21 in video collegamento (2 assenti giustificati), per condividere, discutere e approvare le Linee guida per la “fase sapienziale” del Cammino sinodale delle Chiese in Italia. La riunione è stata presieduta dal card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, che in apertura dei lavori ha espresso gratitudine per la vicinanza e l’affetto manifestatigli in occasione delle visite compiute a Kiev e Mosca quale Inviato del Santo Padre. Nel comunicato finale della Cei, si precisa che il cardinale si è detto “commosso per la partecipazione e la preghiera delle comunità ecclesiali e di tante persone”, definendo questi sentimenti “una conferma di quanto la Chiesa faccia propria l’ansia di pace che è di tutti”. Nella situazione attuale, ha affermato facendo riferimento al contesto di conflitto, “è predominante l’aspetto umanitario che, liberato da qualsiasi strumentalizzazione, rappresenta una via per proteggere i più deboli e favorire una grammatica di dialogo e di pace”. I vescovi hanno rinnovato al presidente la loro solidarietà orante, ribadendo “la volontà di pace e il desiderio di essere operatori di riconciliazione con la preghiera, l’accoglienza e la carità operosa”. Il Consiglio permanente si è quindi concentrato sul documento per la tappa sapienziale del percorso sinodale, mettendo in luce la bellezza del camminare e la necessità di farlo secondo indicazioni chiare, utili a procedere nella direzione auspicata da Papa Francesco. Dopo i primi due anni di ascolto narrativo, che hanno coinvolto centinaia di migliaia di fedeli in tutta Italia, il Cammino dovrà ora proseguire con la fase dedicata alla lettura spirituale delle narrazioni emerse per poi culminare in quella profetica (2024-2025). In quest’ottica, il tempo del discernimento aiuterà a individuare quali dinamiche ecclesiali devono essere modificate per promuovere la missione, rendendo alcuni meccanismi più snelli e più capaci di annuncio del Vangelo. Nei diversi interventi è stato sottolineato come il frutto più importante di questi anni sia proprio la riscoperta della bellezza della comunità cristiana e di dirsi appartenenti al popolo di Dio in cammino per annunciare il Vangelo. Secondo i vescovi, “tale bellezza deve diventare sempre di più giudizio comune e azione di evangelizzazione”. Il Consiglio permanente ha dunque approvato le Linee guida con le integrazioni emerse durante i lavori, insieme al cronoprogramma che scadenzerà le tappe successive del Cammino. Entrambi i testi verranno consegnati alle Chiese in Italia nei prossimi giorni.

Ismu: la maggioranza degli stranieri continua ad essere cristiana

10 Luglio 2023 - Milano - Nonostante una lieve contrazione in termini assoluti rispetto all’inizio del 2022, l'Ismu stima che al 1° gennaio 2023 gli stranieri residenti in Italia di religione cristiana (prevalentemente ortodossi, cattolici, evangelici e copti) si confermano ancora una volta come il gruppo maggioritario per appartenenza religiosa: ISMU stima che nel complesso siano poco meno di 2,7 milioni (al 1° gennaio 2022 erano circa 2,8 milioni), contro i quasi 1,5 milioni di stranieri residenti di fede musulmana (stabili in numerosità rispetto a dodici mesi prima). Passando all’analisi delle singole appartenenze religiose, al 1° gennaio 2023 al primo posto si posizionano gli ortodossi, che rappresentano il 29,9% del totale delle appartenenze religiose tra gli immigrati (l’anno precedente erano il 28,9%). Essi ritornano a superare in numerosità i musulmani la cui quota d’incidenza al 1° gennaio 2023 è del 29,8% (in lieve aumento rispetto al 1° gennaio 2022, data in cui si attestavano al 29,5%). In terza posizione troviamo i cattolici con il 16,8% d’incidenza (contro il 17,2% di dodici mesi prima).  In termini assoluti la componente ortodossa torna così a superare la cifra di 1,5 milioni di stranieri residenti in Italia al 1° gennaio 2023, mentre i musulmani risultano ancora un poco al di sotto di tale quota. In diminuzione invece i cattolici che si fermano a 844mila unità (contro le 892mila del 2022).  Per quanto riguarda le provenienze si stima che più di un quarto dei musulmani residenti in Italia al 1° gennaio 2023 sia di cittadinanza marocchina, per un totale di 413mila persone. Seguono gli albanesi (154mila), i bangladeshi (130mila) e i pakistani (129mila). Per quanto riguarda i cattolici, tra le nazionalità più numerose si contano i filippini (137mila) e gli albanesi (86mila). Tra i cristiani ortodossi primeggiano invece i rumeni (876mila), che da soli rappresentano quasi tre quinti di tale componente religiosa tra gli stranieri, seguiti da ucraini (213mila) e moldovi (95mila). Per quanto riguarda gli ucraini la loro presenza è stimata a circa 242mila. Tra di loro si contano in particolare 213mila ortodossi e 13mila cattolici.  Secondo le informazioni diffuse dal Dipartimento della Protezione Civile, tuttavia, sono stati quasi 174mila gli ingressi in Italia dall’Ucraina durante il 2022 e se, per chi non si è iscritto in anagrafe in Italia, "ipotizziamo la medesima distribuzione religiosa dei loro connazionali residenti, è realistico calcolare in particolare ulteriori 136mila ucraini ortodossi sul territorio nazionale, per un totale di 349mila ucraini con tale fede religiosa", si legge nel Reporto dell'Ismu.  

Ucraina, card. Zuppi: “la preghiera aprirà nei cuori degli uomini propositi e soluzioni di pace”

10 Luglio 2023 -
Roma - “La pace richiede l’impegno di ciascuno. Inizia nei nostri contesti, dal non disprezzare nessuno fino al rispetto dell’altro, dall’essere sempre ognuno fratello di tutti. La preghiera, infine, aprirà nei cuori degli uomini propositi e soluzioni di pace. Il terribile conflitto in Ucraina c’è lo chiede in maniera impellente”. Lo ha scritto il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nel messaggio inviato al vescovo di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, mons. Gerardo Antonazzo, per la celebrazione di ringraziamento alla Madonna Assunta che si è tenuta ieri nella concattedrale di Cassino-Città della pace. “Desidero far giungere la mia partecipazione al vostro ricordo della Madonna Assunta, e unirmi alla preghiera, con l’intercessione di Maria, perché si venga presto alla ‘desideratissima’ pace”, ha affermato il porporato, sottolineando che “quello per la pace è un impegno che prendiamo nel nome di Gesù che c’è l’ha affidata e conquistata a caro prezzo, e anche in nome di tutte le vittime uccise dalla guerra”. “Voi di Cassino lo sapete bene”, il tributo del card. Zuppi, per il quale “le migliaia di ragazzi e giovani che sono sepolti ci ammoniscono a non sciupare il dono della pace e a cercarla per chi ne è stato privato”. “Come Chiesa – ha proseguito il presidente della Cei – iniziamo dal proteggere i più deboli dei deboli, i bambini. Come la povera vedova del Vangelo chiediamo pace e giustizia dal giudice iniquo della guerra che rende tutti vulnerabili”. “Siate operatori di pace”, l’esortazione conclusiva del card. Zuppi.

La nostra vita è piena di miracoli

10 Luglio 2023 -
Città del Vaticano - La sorpresa dell’Angelus di domenica, XIV del tempo ordinario, è nell’annuncio del prossimo Concistoro che Papa Francesco presiederà il 30 settembre. Saranno creati 21 i nuovi cardinali, tre ultraottantenni, portando così a 136 il numero dei porporati in un possibile Conclave, 16 votanti in più rispetto al tetto fissato da Paolo VI e confermato da Giovanni Paolo II. Tra i nomi alcune sorprese: monsignor Víctor Manuel Fernández, appena nominato prefetto del Dicastero per la dottrina della fede, monsignor Stephen Chow Sau-Yan, Vescovo di Hong Kong, nomina importante, ponte con le autorità di Pechino, e monsignor Stephan Ameyu Martin Mulla arcivescovo di Juba, Sud Sudan, paese visitato lo scorso febbraio, dove la pace, disse il Papa il 4 febbraio, “è un cammino tortuoso ma non più rimandabile”. Due gli italiani: monsignor Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le chiese orientali e monsignor Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, il primo a ricevere la berretta porpora in una terra dove continuano le violenze, come ricorda Francesco nel dopo Angelus, auspicando tra israeliani e palestinesi la ripresa di un “dialogo diretto al fine di porre termine alla spirale di violenze e aprire strade di riconciliazione e di pace”. Angelus nella domenica in cui leggiamo, in Matteo, che Gesù prega il Padre e lo ringrazia “perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”. Quanto è diversa dalla nostra la logica di Dio che chiama beati i “poveri di spirito”, i sofferenti, i perseguitati, gli operatori di pace. Nell’Antico Testamento è il profeta Zaccaria – è la prima lettura – che annuncia la salvezza messianica operata da un re “giusto e vittorioso, umile”, che cavalca un asino. L’immagine di Gesù che entra in Gerusalemme su un umile asino. Ma cosa sono le cose per cui Gesù loda il Padre, e chi sono i piccoli che le accolgono. Innanzitutto, il Signore ricorda le opere, ovvero i ciechi che riacquistano la vista, i lebbrosi purificati, i poveri ai quali è annunciato il Vangelo. Dice Francesco: “Dio si rivela liberando e risanando l’uomo, e lo fa con un amore gratuito, un amore che salva”. Per questo Gesù loda il Padre, perché “la sua grandezza consiste nell’amore e non agisce mai al di fuori dell’amore”. Grandezza che “non è compresa da chi presume di essere grande e si fabbrica un dio a propria immagine: potente, inflessibile, vendicativo. In altre parole, questi presuntuosi non riescono ad accogliere Dio come Padre; chi è pieno di sé, orgoglioso, preoccupato solo dei propri interessi convinto di non aver bisogno di nessuno”. Corazìn, Betsàida e Cafarnao sono tre città dove Gesù ha compiuto molte guarigioni. Lo ricorda il Papa per dire che gli abitanti “sono rimasti indifferenti alla sua predicazione”, per loro i miracoli sono stati “eventi spettacolari” ma “esaurito l’interesse passeggero, li hanno archiviati, magari per occuparsi di qualche altra novità del momento. Non hanno saputo accogliere le grandi cose di Dio”. Non così i piccoli e Gesù loda il Padre “per i semplici che hanno il cuore libero dalla presunzione e dall’amor proprio”. I piccoli ricorda Papa Francesco sono come i bambini “si sentono bisognosi e non autosufficienti, sono aperti a Dio e si lasciano stupire dalle sue opere”. I piccoli, afferma ancora il Papa, “sanno leggere i suoi segni, meravigliarsi per i miracoli del suo amore”. La nostra vita ricorda il vescovo di Roma “è piena di miracoli, è piena di gesti d’amore”, ma un “cuore chiuso, un cuore blindato” non ha la capacità di stupirsi; dobbiamo lasciarci impressionare come “la pellicola di un fotografo”. L’atteggiamento del giusto “davanti alle opere di Dio: fotografarle nella mente le sue opere perché si imprimano nel cuore, per poi svilupparle nella vita, attraverso tanti gesti di bene”. Così chiede: “mi lascio meravigliare come un bambino dal bene […] oppure ho perso la capacità di meravigliarmi?”. Non è mancata, nel dopo l’Angelus, la preghiera per l’Ucraina e la gratitudine per quanti operano “per il salvataggio di migranti in mare”; parole all’indomani della lettera a dieci anni dal viaggio a Lampedusa: “la morte di innocenti, principalmente bambini … è un grido doloroso e assordante che non può lasciarci indifferenti. È la vergogna di una società”. (Fabio Zavattaro - Sir)

Card. Montenegro a Lampedusa: “accogliamo sorridenti Gesù nei fratelli che vengono dall’altro continente”.

9 Luglio 2023 - Lampedusa - “Sono passati dieci anni dal primo viaggio apostolico di papa Francesco. Viaggio, secondo me, iniziato a Lampedusa ma non ancora concluso. Venne per piangere le vittime della migrazione, della cultura dello scarto e dell’indifferenza”. Lo ha detto questa mattina il card. Francesco Montenegro, nella celebrazione eucaristica, nella parrocchia di Lampedusa, a conclusione di tre giorni in ricordo del X° anniversario della visita nell’Isola, di papa Francesco. L’iniziativa – promossa dall’Apostolato del Mare della Cei, dalla Fondazione Migrantes e dalla diocesi di Agrigento – si inserisce nelle celebrazioni per la Domenica del Mare che si celebra oggi. Molto spesso, “voi di Lampedusa e Linosa – ha detto il porporato -  avete visto queste donne e uomini piangere e avete pianto con loro, e non solo il 3 ottobre di dieci anni fa; li avete soccorsi ravvisando in loro fame e sete di speranza e desiderio di vita migliori; avete persino aperto le vostre case perché avessero il ristoro di una doccia, il tepore di un tè… e la consolazione di un abbraccio. Avete condiviso il pesce pescato da voi stessi con loro, coi quali lo avete arrostito e mangiato. Avete pregato insieme, pur nel rispetto di altre fedi e altri riti. E, con i loro sguardi ricchi di speranza ma carichi di orrore, avete ascoltato le loro storie di persecuzioni, di stupri e vessazioni, di percosse violente e molestie di ogni genere… insieme alla struggente nostalgia di casa e degli affetti più cari”. Per il card. Montenegro la fraternità è “la festa della paternità di Dio. Invochiamo lo Spirito perché ciò avvenga. È vero che la fraternità la vogliamo e costruiamo noi, ma è vero che è dono dello Spirito. Senza lo Spirito che è Pace, Giustizia, Amore, Libertà, Verità, la fraternità rischia di essere semplice velleità.  Continuiamo perciò con Papa Francesco il viaggio della speranza, cominciato da qui; non stanchiamoci; il Crocifisso sopra l’altare che il Papa ci ha regalato ce lo ricordi; osiamo come Papa Francesco, non lasciamolo solo ma soprattutto accogliamo sorridenti Gesù nei fratelli che vengono dall’altro continente”. (Raffaele Iaria - www.migrantesonline.it)

Vangelo Migrante: Domenica 9 luglio – Vangelo Mt 11,25-30

9 Luglio 2023 -
Per conoscere il Signore bisogna ri-conoscere la propria povertà e smettere di vivere in adorazione del proprio ego: il centro non sei tu. Si racconta che San Francesco, dopo il bacio al lebbroso, quel giorno, per la prima volta, smise di adorare se stesso: in altri termini cominciò a conoscere tutto e tutti, non secondo la carne, ma secondo lo Spirito, come ci dice la Seconda Lettura. È lo Spirito che ci mostra la nostra debolezza, ovvero che da soli non riusciamo a fare il bene. In nome della nostra ragione, spesso, diventiamo piuttosto violenti, perché stanchi e oppressi.  La Prima Lettura parla di un re giusto e umile che cavalca l’asina e rialza chiunque è caduto: “Egli rigetta le armi della guerra e sceglie le armi della pace”. Ebbene, la seconda parte di questo Vangelo ci esorta a prendere il “giogo” di Cristo (è una parola molto bella, da cui vengono i termini “coniuge”, “coniugio”), che è la Legge con cui non si entra nel dovere, ma nella vera obbedienza: è la sottomissione, l’arte di entrare nella vita: non si può sempre solo dire che non va bene; non si può solo oscillare tra il subire tutto e il distruggere tutto. La vita ti mette un giogo sulle spalle: o lo porti con Dio o lo porti con la tua umanità. Con la nostra ragione creeremo solo l’oppressione nostra o l’oppressione dell’altro. Il “giogo” è, invece, andare al ritmo di Cristo e con Lui portare il peso della realtà. Non riusciremmo, da soli, neanche a fare il bene, perché anche il bene potrebbe diventare pesante e potremmo ribellarci al bene nella vita. Il problema non è essere uguali o pensarla allo stesso modo. Spesso il giogo era portato da un bue più grande e da un bue più piccolo: non si riesce mai a portarlo da soli. Il problema non è la diversità, ma, potremmo dire, è la comunione: rigare dritto, imparando da Colui che è “mite e umile di cuore”, da Colui che è dolce e sa cercare il ristoro di colui che Lui ama. Dio, nell’ entrare nella nostra povertà, è delicato: apriamoGli la porta e allora righeremo dritti. È un invito non è una pretesa:” Venite a me”, dice il Signore. È questo il passaggio dal vivere da soli al vivere da coniugi. È questa la frase meravigliosa che Enrico Petrillo si sentì pronunciare da sua moglie Chiara Corbella negli ultimi attimi della sua vita sulla terra: “Chiara è veramente così dolce questo giogo?” – “Sì, Enrico, perché lo portiamo con Cristo”. Da Cristo impariamo: la vera mitezza, l’arte di scegliere la giusta battaglia; la vera umiltà, l’arte di fare da soli ma non da soli, cioè da coniugi, sposati da Cristo per sposare la realtà. Se il giogo lo portiamo con Lui non ci schiaccia, ma in Lui troveremo il vero riposo e il vero ristoro. Apriamoci al vero riposo. (Francesco Buono)

Migrantes: visita e celebrazione nell’hotspot di Lampedusa

9 Luglio 2023 - Lampedusa - Si concluderà oggi, con una solenne celebrazione eucaristica nella chiesa parrocchiale di Lampedusa, presieduta, in lingua francese, da mons. Alexis Leproux, vicario generale della diocesi di Marsiglia e concelebrata dal card. Francesco Montenegro, mons. Giancarlo Perego, mons. Pier Paolo Felicolo, la tre giorni in ricordo del 10 anniversario della visita nell’Isola, di papa Francesco. L’iniziativa – promossa dall’apostolato del Mare della Cei, dalla Fondazione Migrantes e dalla diocesi di Agrigento – si inserisce nelle celebrazioni per la Domenica del Mare.  Ieri pomeriggio il card. Montenegro, e l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio, mons. Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes, hanno officiato una messa all'interno dell'hotspot di Lampedusa e hanno pregato, assieme a numerosi immigrati cattolici presenti nella struttura di prima accoglienza di contrada Imbriacola, per quanti hanno perso la vita nei tanti viaggi per raggiungere l’Europa. Prima della celebrazione una visita all’hot spot di Lampedusa insieme al Direttore generale della Fondazione Migrantes, mons. Pierpaolo Felicolo, del Vicario episcopale per i migranti di Marsiglia Mons. Alex Leproux e del direttore Migrantes di Agrigento, don Aldo Sciabbarasi. Una visita – dice a www.migrantesonline.it il presidente della Fondazione Migrantes, mons. Perego  - che  ha “regalato un incontro con i volti di tanti giovani africani, molti dei quali minorenni, in una struttura che conserva tutta la sua precarietà, nonostante gli sforzi della Croce rossa e la presenza continua di un viceprefetto. Precarietà unità ad emergenza  sono le due caratteristiche di una gestione degli sbarchi che non è cambiata in dieci anni”. I volti dei 1400 migranti del centro di Lampedusa – aggiunge il presule – “portano con se i segni, le ferite di un’indifferenza che da dieci anni l’Europa non ha superato e che continua a segnare la sua politica.  Senza uno scatto di umanità e di solidarietà il Mediterraneo continuerà ad essere il Mare della morte e non il mare della vita. La Messa che abbiamo celebrato con i nostri fratelli e sorelle migranti è stato il segno di condivisione del Pane di vita che solo può costruire fraternità”. E' stata un’esperienza "forte, emozionante  che apre il cuore al fratello e alla sorella che chiede aiuto a Dio e a noi". ha detto il direttore Migrantes di Agrigento; abbiamo pregato per loro e con loro ci siamo sentiti abbracciati da Dio  che è misericordia. I fratelli migranti erano contenti per questa opportunità che è stata loro offerta, hanno partecipato anche in maniera attiva cantando in francese, leggendo le letture desiderosi di Gesù, della sua Parola e del suo Corpo spezzato. Aver celebrato la Messa – conclude don Aldo Sciabbarasi – nel giorno del X anniversario della visita del Papa a Lampedusa ci ha fatto sì di ricordare ancora una volta quel monito 'Dov’è tuo fratello?'" (Raffaele Iaria)  

Lampedusa: il ricordo della visita di papa Francesco e la Giornata del Mare

8 Luglio 2023 -
Lampedusa - Rammentare, ricordare, fare memoria e trasformare in memoriale ciò che si vuole mantenere vivo. Il saluto di mons. Alessandro Damiano, arcivescovo di Agrigento, ha aperto il percorso commemorativo della Giornata del Mare in corso a Lampedusa, organizzata dall’Apostolato del mare della Conferenza episcopale italiana, dalla Fondazione Migrantes e dalla diocesi di Agrigento a dieci anni dalla visita di Papa Francesco nell’Isola. Il suo intervento davanti al sagrato della chiesa parrocchiale San Gerlando è stato dedicato al significato della memoria e quello che comporta oggi nella vita dell’uomo e del cristiano il decidere di volere ricordare. “‘Fare memoria’ o, il meno usato, ‘rammentare’, rimandano alla mente, all’intelligenza, ma non coinvolgono il cuore. Il verbo ‘ricordare’, invece, etimologicamente racchiude in sé la parola ‘cuore’, ed è quindi un ritornare al passato, pensandolo ‘con cuore’, ‘cordialmente’. Ma noi non siamo qui solo per ‘rammentare’ – ha detto il presule -, cioè un ripensare mentalmente un evento passato, ma che poi ci lascia indifferenti. Nemmeno possiamo fermarci a ‘ricordare’, ossia a un tornare indietro nel tempo ricordando, appunto, un fatto passato ‘con sentimento’, ma di un sentimento ‘da salotto’, che si tramuta in un sentimentalismo che non ci scomoda, alla fin fine, più di tanto. V’è un terzo significato – ha aggiunto mons. Damiano – e lo troviamo nella Bibbia: nelle Scritture Sacre si parla, più che di memoria, di ‘memoriale’. Non è un semplice ritornare con la mente – ‘fare memoria’ – e nemmeno un ritornare con il cuore – ‘ricordare’ – al passato, ma è un far vivere il passato, un rinverdirlo, un renderlo presente qui ed ora, un – si direbbe oggi – ‘implementarlo’”. Allora l’augurio dell’arcivescovo, pastore della Chiesa agrigentina: “Questo decennale non sia solo ‘memoria’, ma ‘memoriale’ biblicamente inteso; ovvero un far emergere e riemergere nella nostra mente, nel nostro cuore, nella nostra volontà, nelle nostre azioni concrete, tutto quanto Papa Francesco ci ha detto in quell’occasione e renda attuali ancora oggi, la nostra capacità d’accoglienza, di prontezza nel dare un aiuto concreto, nel mostrare un sorriso sincero a chi approda a questa “porta d’Europa”, quale è divenuta Lampedusa in questi anni. Sì, perché, come ha detto Gesù: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40). Solamente così le acque salate, salmastre del mare non saranno rese più salate e più amare dalle lacrime di chi v’è morto e di chi, rimasto in vita, piange i suoi cari. E – ha aggiunto citando il titolo dell’iniziativa – chi di noi ha pianto?”.  Davanti al porto di Lampedusa, seconda tappa prima dell'arrivo a "Porta d'Europa"  la riflessione su “Il mare è vita”, cuore della Giornata del Mare. A raccontare del “grido del mare che è già grido dell’uomo e viceversa” è stato don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale Cei dell’Apostolato del mare: “L’indifferenza nei confronti dei migranti, denunciata più volte da papa Francesco sia in Laudato si’ che in Fratelli tutti, non è che la punta di un iceberg di un modello etico e sociale. Il paradosso è lampante: se dal mare arrivano merci è segno di prosperità economica, ma se arrivano persone ci si allarma fino a chiudere occhi e cuore. I recenti casi di Cutro e del Mar Egeo ce lo ricordano, così come non sappiamo più contare le tragedie ripetutesi nel tempo”. Don Bignami ha evidenziato come “il mare fa sentire l’uomo straniero, mentre dovrebbe farci vivere lo straniero come uomo” e ha denunciato che “l’indifferenza di fronte al fenomeno migratorio va di pari passo con l’indifferenza di fronte ai temi ambientali”: “il mare – ha detto – raccoglie l’eco del grido della terra e del grido dei poveri. I cambiamenti climatici hanno aumentato la precarietà del mare. Cresce la temperatura, cambiano le specie viventi che emigrano da un mare all’altro, la maggiore acidità delle acque marine mette in pericolo la fauna, la biodiversità è a rischio. Ecco il grido della terra”.  
 

Don Sciabbarasi: “serve una Europa più accogliente”

8 Luglio 2023 -
Lampedusa - Il percorso commemorativo, a 10 anni dalla visita di papa Francesco a Lampedusa, si è snodato in tre tappe per “incontrare l’uomo”, un andare che ricordi ad ognuno “la nostra condizione di pellegrini in questo mondo, di migranti”, un “richiamare alla coscienza i nostri doveri di esseri umani, di cittadini e di credenti e i diritti di ogni altro uomo che abita questa terra”, ha detto don Aldo Sciabbarrasi, direttore Migrantes della diocesi di Agrigento. Un percorso iniziato dal sagrato della Chiesa parrocchiale di San Gerlando e arrivato al monumento "Porta d’Europa", passando per il porto. Una commemorazione voluta dall'Ufficio dell'Apostolato del mare della Conferenza episcopale italiana, dalla Fondazione Migrantes e dalla diocesi agrigentina sul tema “Chi di noi non ha pianto? Il mare luogo di vita”. La "Porta d'Europa" rappresenta "la speranza di avere - ha detto il direttore Migrantes - un’Europa più umana, più sensibile, più accogliente nel senso più bello e vero del termine, un’Europa che abbia veramente aperta la porta che si affaccia sul Mediterraneo e che dia pronta e dignitosa accoglienza ai fratelli e alle sorelle che arrivano da noi senza colpa se non quella di cercare una vita dignitosa se non addirittura la salvezza della loro stessa vita”. "Partire dal sagrato della chiesa parrocchiale di Lampedusa - ha spiegato al Sir -  ha significato uscire dal tempio per andare incontro all’uomo,  portare fuori l’annuncio di salvezza agli uomini e donne di questo nostro tempo dentro questa nostra storia segnata da aspetti positivi e aspetti negativi”.

Papa Francesco: “morte di innocenti è grido assordante”

  8 Luglio 2023 - Lampedusa – “In questi giorni in cui stiamo assistendo al ripetersi di gravi tragedie nel Mediterraneo, siamo scossi dalle stragi silenziose davanti alle quali ancora si rimane inermi e attoniti. La morte di innocenti, principalmente bambini, in cerca di una esistenza più serena, lontano da guerre e violenze, è un grido doloroso e assordante che non può lasciarci indifferenti. E' la vergogna di una società che non sa più piangere e compatire l'altro". Dieci anni fa papa Francesco compiva il suo primo viaggio apostolico. In occasione di questo anniversario il Pomtefice ha inviato un messaggio dicendosi "vicino con l'affetto, la preghiera e l'incoraggiamento", all'arcivescovo di Agrigento Alessandro Damiano, che ne ha dato lettura alla “Porta d’Europa” in occasione dell’incontro promosso nell’Isola delle Pelagie promosso dall’Ufficio Nazionale per l’Apostolato del Mare della Cei, dalla Fondazione Migrantes e dala diocesi di Agrigento. "Sono trascorsi 10 anni dal viaggio che ho voluto compiere nella comunità lampedusana per manifestare il mio sostegno e la paterna vicinanza a chi dopo penose peripezie, in balia del mare, è approdato sulle vostre coste”, si legge nel testo: “il consumarsi di sciagure così disumane deve assolutamente scuotere le coscienze. Dio ci chiede: 'Adamo dove sei? Dov'è tuo fratello?'. Vogliamo perseverare nell'errore, pretendere di metterci al posto del Creatore, dominare per tutelare i propri interessi, rompere l'armonia costitutiva tra lui e noi? Bisogna cambiare atteggiamento. Il fratello che bussa alla porta è degno di amore, di accoglienza e di ogni premura. E' un fratello che, come me, è stato posto sulla terra per godere di ciò che vi esiste e condividerlo in comunione". In tale contesto per papa Francesco “tutti siamo chiamati ad un rinnovato e profondo senso di responsabilità, dando prova di solidarietà e di condivisione. È necessario quindi che la Chiesa, per essere realmente profetica, si adoperi con sollecitudine per porsi sulle rotte dei dimenticati, uscendo da sé stessa, lenendo con il balsamo della fraternità e della carità le piaghe sanguinanti di coloro che portano impresse nel proprio corpo le medesime ferite di Cristo”. L’esortazione del Papa è quella di “non restare imprigionati nella paura o nelle logiche di parte”, ma essere “cristiani capaci di fecondare con la ricchezza spirituale del Vangelo codesta Isola, posta nel cuore del Mare Nostrum, affinché ritorni a splendere nella sua originaria bellezza”. (Raffaele Iaria - www.migrantesonline.it)

Card. Montenegro: “Sogniamo che si scelga la civiltà dell’amore e non il suo naufragio”

  8 Luglio 2023 - Lampedusa - “Immigrati morti in mare”. Dieci anni fa papa Francesco, “pellegrino a Lampedusa, iniziava così la sua omelia, tracciando poi una linea di distinzione tra le acque della morte e quelle della vita. Se dovesse tornare, purtroppo, ripeterebbe le stesse parole”. Lo ha detto, questa mattina, il card. Francesco Montenegro, arcivescovo emerito di Agrigento, davanti alla “Porta d'Europa” nel decimo anniversario della visita, la prima del suo pontificato, papa Francesco a Lampedusa l'8  luglio 2013. A Lampedusa, ieri, l’inizio di una tre giorni in occasione dell’anniversario del viaggio e della Domenica del Mare che l’ufficio nazionale dell’Apostolato del Mare della Cei ha voluto celebrare nell’Isola delle Palagie. Un serie di eventi, promossi insieme alla Fondazione Migrantes e alla diocesi di Agrigento,  sul tema “Chi di noi ha pianto? Il mare luogo di vita”. Nel Libro dell’Esodo – ha detto il card. Montenegro - la libertà degli oppressi “non prevede la costruzione dei lager, o dei container adibiti a luoghi di inumana detenzione. Invece, nelle acque delle tante Lampeduse politiche, prima che fisiche, si assiste all'opera malefica di smarrimento, di cancellazione della memoria dei ‘nomi’ - sono solo migranti non esseri umani - trasformando la nostra in una civiltà senza memoria e una società senza dolore”. Così nelle Lampeduse che sono Cutro, Lesbo, Lampedusa…naufragano insieme il nome di Dio e i nomi delle sue figlie e dei suoi figli, delle sue bambine e dei suoi bambini…naufraga la civiltà”. La “Porta d'Europa” di Lampedusa, come il molo Favarolo, sono “testimoni silenti del processo che va contro la creazione di Dio. Sono testimoni di una guerra non meno fratricida della guerra in Ucraina e delle altre guerre che insanguinano il mondo solo che qui gli arsenali sono costituiti  non da armi dai corpi dei migranti. Corpi che la politica esibisce come numeri, se restano vivi; corpi di reato, che non meritano neppure di essere contati, se muoiono per annegamento nel Mediterraneo o  nell'Egeo e/o di stenti nella rotta balcanica, di sete nel deserto del Niger, di stupri e violenze nei lager della Libia”. Per il porporato, nella “triste vicenda delle migrazioni questo nostro porto da luogo di vita è diventato approdo di salme e/o di esseri ‘mezzi vivi’: avamposto della tumulazione per i primi, primo luogo di ‘trattenimento’ per i secondi, considerati subito stranieri irregolari”. Un porto, questo di Lampedusa, “testimone tanto del transito pietoso di numerosi morti,  quanto delle vite estratte dalla morsa della morte. Vite salvate, nutrite, curate… da sanitari, forze dell'ordine, volontari, cittadini e cittadine mossi, non importa se dalla fede o dal senso del dovere,  certamente da compassione e tenerezza che sottraggono i corpi dei migranti defunti al ludibrio e allo scempio custodendoli prima nella pietà e poi nei loculi dei cimiteri”. “Sogniamo” qui con tutti, perché “si scelga la civiltà dell’amore e non il suo naufragio”, ha concluso il porporato. Questa mattina, prima dell’arrivo alla “porta d’Europa”, il percorso commemorativo dal sagrato della chiesa parrocchiale di Lampedusa con interventi, durante il percorso, di Filippo Mannino, sindaco di Lampedusa, di mons. Alessandro Damiano, arcivescovo di Agrigento e di don Bruno Bignami, direttore nazionale dell’Apostolato del mare della Cei. Alle 21.00 è prevista inoltre una tavola rotonda a cui prenderanno parte mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente della Fondazione Migrantes, don Stefano Nastasi, già parroco di Lampedusa, Enzo Riso, pescatore, e i rifugiati Fardusa Osman Ahmed e Moussa Modibo Camara del Centro Astalli. Domani una celebrazione eucaristica nella chiesa parrocchiale presieduta dal card. Montenegro. All'incontro è presente anche il direttore generale della Fondazione Migrantes, mons. Pierpaolo Felicolo. (Raffaele Iaria- Migrantesonline)  

Mons. Perego: decreto flussi “non basta senza politiche”

8 Luglio 2023 -
Roma - «Il decreto flussi triennale di 452.000 lavoratori stranieri - circa 150mila lavoratori annualmente - va certamente incontro a esigenze di settori sempre più diversi del mondo del lavoro italiano. Ci sono però alcuni aspetti non considerati e che chiedono assolutamente una attenzione per evitare tempi lunghi di irregolarità e irregolarità diffuse». Lo sottolinea l'arcivescovo di Ferrara-Comacchio, mons. Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes, analizzando il decreto flussi. Il presule segnala in particolare criticità da superare. «I tempi lunghi di irregolarità - spiega mons. Perego - sono dettati da almeno sei mesi di attesa dalla domanda all'appuntamento in Questura e altri tre mesi per avere il permesso: nove mesi di attesa per un permesso stagionale di un anno. L'irregolarità che continua a diffondersi riguarda un impianto strutturale che non considera l'incontro fra domanda e offerta di lavoro. Anche le conversione dei permessi che valgono per stagionali e studenti universitari e tirocinanti sono positivi, ma non considerano anche la necessità degli alloggi per chi lascia uno studentato universitario o appartamenti affittati annualmente per studenti: il tema casa non è affrontato». L'irregolarità si diffonde «perché non è prevista una conversione in permesso per lavoro per chi ha un permesso di protezione temporanea o ha fatto una richiesta d'asilo. In altre parole - sottolinea il presidente della Migrantes - non basta aumentare i flussi se la struttura burocratica di esame delle domande non funziona e se manca una politica migratoria che coniughi casa, lavoro, ricongiungimenti familiari e inserimento sociale».

Viminale: da inizio anno sbarcate 69.137 persone migranti coste italiane

7 Luglio 2023 -
Roma - Sono finora 69.137 le persone migranti sbarcate sulle coste da inizio anno. Di questi  8.123 sono di nazionalità ivoriana (12%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Guinea (7.410, 11%), Egitto (7.364, 11%), Bangladesh (6.260, 9%), Pakistan (5.964, 8%), Tunisia (4.567, 6%), Siria (3.893, 6%), Burkina Faso (3.259, 5%), Camerun (2.219, 3%), Mali (2.024, 3%) a cui si aggiungono 18.054 persone (26%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione.

A Lampedusa la Giornata del Mare: a dieci anni dalla visita di Papa Francesco

7 Luglio 2023 - Roma - A dieci anni dalla visita di Papa Francesco a Lampedusa, la Giornata del mare 2023 fa memoria e rilancia il valore del mare come luogo di vita. In linea con l’appuntamento internazionale che ogni anno, la seconda domenica di luglio, unisce il mondo nella preghiera per i marittimi, le loro famiglie e per quanti nella Chiesa offrono loro supporto, come i cappellani e i volontari, l’Apostolato del mare nazionale e la Fondazione Migrantes promuovono una serie di eventi nell’isola della Sicilia, luogo di accoglienza per moltissimi migranti, nell’anniversario del primo viaggio del Pontefice. “Vogliamo ricordare l’appello del Papa ad accogliere la vita umana e a promuovere una cultura del mare come opportunità di lavoro, di incontro, di reciprocità. Il Mediterraneo, da cimitero, si trasformi in terra di mezzo, spazio conviviale delle differenze”, afferma don Bruno Bignami, direttore dell’Apostolato del mare della CEI. Le celebrazioni – che avranno per tema “Chi di noi ha pianto? Il mare luogo di vita” – prenderanno il via questa sera alle 21, nella chiesa parrocchiale S. Gerlando, con il concerto del Maestro Ulrich von Wrochen, già prima viola della Scala di Milano, e con un momento artistico curato dall’attore Michele La Ginestra. Sabato 8 luglio, alle 9.30, partirà il percorso commemorativo dal sagrato della chiesa parrocchiale alla Porta d’Europa, che sarà scandito dagli interventi di Filippo Mannino, sindaco di Lampedusa, di Mons. Alessandro Damiano, arcivescovo di Agrigento, di don Bignami, e del Card. Francesco Montenegro, arcivescovo emerito di Agrigento e amministratore apostolico “sede vacante” di Piana degli Albanesi. Alle 21.00 è prevista inoltre una tavola rotonda a cui prenderanno parte Mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente della Fondazione Migrantes, don Stefano Nastasi, già parroco di Lampedusa, Enzo Riso, pescatore, e i rifugiati Fardusa Osman Ahmed e Moussa Modibo Camara (Centro Astalli). Modera Nello Scavo, giornalista di Avvenire. Domenica 9 luglio, alle 11, il Card. Montenegro presiederà la celebrazione eucaristica.  

Decreto flussi: via libera a 452mila ingressi in tre anni

7 Luglio 2023 - Roma - Nella tarda serata di ieri, il Consiglio dei ministri ha approvato, in esame preliminare, il dpcm con la "Programmazione dei flussi d'ingresso legale in Italia dei lavori stranieri per il triennio 2023-2025". Il governo prevede complessivamente 452mila ingressi, rispetto a un fabbisogno rilevato di 833mila unità, con 136mila ingressi nel 2023, 151mila nel 2024 e 165mila nel 2025. Estese le categorie professionali e i settori produttivi coinvolti: assieme a elettricisti e idraulici, una quota specifica viene riattivata per gli addetti ai settori dell'assistenza familiare e socio-sanitaria. Aggiunti anche «lavoratori per il trasporto passeggeri con autobus e per la pesca». Si confermano, per il lavoro autonomo e subordinato non stagionale, i settori dell'autotrasporto merci per conto terzi, dell'edilizia, turistico-alberghiero, della meccanica, delle telecomunicazioni, dell'alimentare, della cantieristica navale; per il lavoro subordinato stagionale i settori agricolo e turistico-alberghiero. Nell'ambito dell'agricoltura e del turismo, si riservano specifiche quote per i lavoratori provenienti da Paesi di origine o di transito che sottoscrivono accordi per facilitare la migrazione regolare e contrastare quella irregolare e le cui istanze di nulla osta all'ingresso in Italia per lavoro stagionale, anche pluriennale, siano presentate dalle organizzazioni di lavoro indicate nel decreto e maggiormente rappresentative a livello nazionale. Tali organizzazioni assumono l'impegno a sovraintendere alla conclusione del procedimento di assunzione dei lavoratori fino alla effettiva sottoscrizione dei contratti di lavoro, comprese le comunicazioni obbligatorie. Inoltre il Cdm ha approvato, come consentito dalla legislazione vigente, un decreto Flussi integrativo al dpcm del 29 dicembre 2022, relativo alla programmazione transitoria dei flussi d'ingresso legale in Italia dei lavori stranieri per l'anno 2022, avendo preso atto che le domande d'ingresso per lavoro sono risultate in eccesso rispetto alle quote autorizzate. Nel decreto integrativo, si prevede una quota aggiuntiva pari a 40mila unità, interamente destinata agli ingressi per lavoro stagionale nei settori agricolo e turistico-alberghiero, a valere sulle domande già presentate nel click-day del marzo scorso.

Card. Parolin: sui migranti le divisioni aumentano le difficoltà

7 Luglio 2023 - Città del Vaticano - "Sappiamo che il problema dei migranti oggi è uno dei grandi problemi globali. A noi sembra che la via della soluzione sia proprio quella solidarietà e dell'assunzione comune di questa problematica. Credo che le divisioni non servano e aumentano le difficoltà di gestire in modo umano e ordinato questo fenomeno". E’ quanto ha detto ieri sera il card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, in un'intervista al Tg1.

Mons. Perego: le Migrantes luoghi che sappiano aprire occhi e orecchi dei credenti per saper toccare le ferite dei migranti

7 Luglio 2023 - Roma - “Le nostre Migrantes siano luoghi che sappiano aprire occhi, orecchi dei credenti per sapere toccare le ferite dei migranti, ma anche per saper cogliere il desiderio di Dio nei migranti”. È quanto ha chiesto ieri sera l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio, mons. Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes, durante la celebrazione eucaristica al termine della quarta giornata del corso di pastorale migratoria in corso a Roma e che si concluderà questa mattina. La nostra fede – ha detto mons. Perego - deve “avere occhi, orecchi per vedere e ascoltare la vita dei migranti, perché in essa spesso c’è la ricerca non solo di una casa, di un lavoro, ma anche di un senso per la loro vita. Il cammino di vita si può trasformare in cammino di fede”. E parlando della figura di Abramo mons. Perego ha detto che nella sua storia di migrante “c’è da parte di Dio il dono della vita, il dono di un figlio”. Ieri i corsisti hanno ascoltato diverse relazioni su aspetti della pastorale della mobilità umana: don Mirko Dalla Torre, direttore della Migrantes di Vittorio Veneto e responsabile della Migrantes regionale del Triveneto per il settore dello spettacolo viaggiante, ha approfondito il tema della pastorale con i circhi; Lidia Di Pietro, direttore Migrantes Abruzzo-Molise sulla pastorale con i rom e sinti; don Egidio Todeschini, coordinatore nazionale delle Missioni cattoliche italiane in Svizzera si è soffermato sul ruolo dei sacerdoti a fianco dei nostri connazionali. Don Marco Semehen, direttore Migrantes dell’Esarcato apostolico per gli ucraini cattolici residenti in Italia cha parlato del ruolo dei coordinatori etnici mentre Antonio Bonifacio, direttore regionale Migrantes della Campania ha evidenziato il ruolo degli uffici della Migrantes regionale e diocesana. Oggi la conclusione con una riflessione sulla Fondazione Migrantes “impegno culturale e advocacy nel contesto nazionale e internazionale” affidata a mons. Perego. (Raffaele Iaria)