Primo Piano

Viminale: finora oltre 144.838 profughi hanno raggiunto l’Italia

4 Luglio 2022 -
Roma - Sono 144.838 le persone in fuga dal conflitto in Ucraina arrivate finora in Italia, 137.452 alla frontiera e 7.386 controllate dal compartimento Polizia ferroviaria del Friuli Venezia Giulia. Ne dà notizia il Viminale precisando che “rispetto al totale, 76.692 sono donne,22.748 uomini e 45.398 minori”. Le principali città di destinazione dichiarate all’ingresso in Italia sono sempre Milano, Roma, Napoli e Bologna.

Inps-Migrantes: Italia, Pensioni e Mobilità, Storie di partenze e di ritorni

4 Luglio 2022 - Roma - “Italia, pensioni e mobilità: storie di partenze e di ritorni”. Questo il tema del convegno che si è svolto oggi, lunedì 4 luglio, presso Palazzo Wedekind, organizzato da Inps e Fondazione Migrantes  con un confronto sul tema dei pensionati italiani all’estero. A introdurre i lavori è stato il Presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, che ha ricordato come i flussi migratori interessino ogni parte del mondo, incluso il nostro Paese, e che la scelta di emigrare non è più necessariamente legata alla necessità o al bisogno, ma può anche essere un’opzione derivante dal perseguire un interesse, un miglioramento della qualità di vita. L’Italia, ha sottolineato Tridico, oltre a disporre politiche di accoglienza, assiste alla partenza di lavoratori giovani e meno giovani, nonché di pensionati che spendono altrove il proprio trattamento pensionistico. Pertanto, dall’analisi dei pagamenti delle pensioni all’estero si possono trarre interessanti spunti di analisi sulle evoluzioni socioeconomiche nel nostro Paese. Rispetto ai fenomeni migratori rilevati, si evidenzia che il mondo delle pensioni Inps in questo momento si trova in una fase di transizione. I trattamenti corrisposti ai protagonisti dei flussi migratori del secolo scorso sono infatti in fase di diminuzione, specie in alcuni Paesi verso cui il flusso migratorio si è esaurito o fortemente limitato in epoca recente. Appare verosimile che tale situazione sia destinata a cambiare nei prossimi anni quando – man mano che i nuovi migranti raggiungeranno i requisiti di legge per l’accesso al pensionamento – anche da un punto di vista numerico le pensioni in regime internazionale e quelle in generale in pagamento all’estero aumenteranno in modo consistente. In prospettiva tali prestazioni non si potranno più considerare una categoria eccezionale o residuale rispetto alla pensione nazionale: si porranno semmai come una componente rilevante dell’universo pensionistico italiano. “Eravamo soliti dire – ha detto Delfina Licata, della Fondazione Migrantes, – che l’Italia contava uguale numero di immigrati soggiornanti nel Paese ed emigrati italiani all’estero. Questa affermazione, stando alle statistiche di oggi, non è più vera: oggi il numero di connazionali che hanno scelto l’estero come luogo di residenza è superiore a quello degli immigrati che risiedono regolarmente nella Penisola. L’unica Italia a crescere è, oggi, quella che mette radici all’estero. L’Italia è uno Stato in cui la popolazione autoctona tramonta inesorabilmente e la popolazione immigrata - complice la crisi economica, la pandemia, i divari territoriali e l’impossibilità di entrare legalmente - non cresce più”. Al 1° gennaio 2021, la comunità dei connazionali residenti all’estero è costituita da 5.652.080 unità, il 9,5% degli oltre 59,2 milioni di italiani residenti in Italia. Mentre l’Italia ha perso quasi 384 mila residenti sul suo territorio (dato ISTAT), ha registrato un aumento del 3% nell’ultimo anno di coloro che risiedono stabilmente all’estero. La mobilità degli italiani con la pandemia non si è arrestata, ma ha sicuramente subito un ridimensionamento che non riguarda, però, le nuove nascite all’estero da cittadini italiani, ma piuttosto le vere e proprie partenze: il numero dei connazionali che hanno materialmente lasciato il Paese recandosi all’estero da gennaio a dicembre 2020. In valore assoluto, si tratta di 109.528 italiani, -21.408 persone rispetto all’anno precedente. Nonostante la generale riduzione, le caratteristiche complessive restano invariate rispetto al 2020: si tratta, cioè, di una mobilità prevalentemente maschile, giovane (il 42,8% ha tra i 18 e i 34 anni, percentuale in rialzo di 2 punti rispetto all’anno precedente) e giovane adulta (il 23,1% ha tra i 35 e i 49 anni). I minori si attestano al 20,2%, confermando i dati delle rilevazioni passate. Degli oltre 109 mila connazionali che hanno spostato la loro residenza dall’Italia all’estero lungo il corso del 2020, il 78,7% lo ha fatto scegliendo l’Europa come continente. Lo scegliere una meta di destinazione vicina risponde a una “strategia di contenimento dei rischi”: non solo per prevenire la possibilità di contrarre il virus, ma per le condizioni del sistema sanitario del luogo prescelto e delle prescrizioni ivi adottate. Nel generale calo registrato nel numero delle partenze, pari a -16,3%, le diminuzioni maggiori si riscontrano per gli anziani (-28,7% nella classe di età 65-74 anni e -24,7% in quella 75-84 anni) e per i minori al di sotto dei 10 anni (-20,3%): nell’anno della pandemia, il “rischio” di uno spostamento è stato volutamente evitato dai profili più fragili. Se nell’ultimo anno l’aumento della popolazione AIRE è stato del 3%, questo dato diventa il 6,9% dal 2019, il 13,6% negli ultimi cinque anni, ben l’82% dal 2006, anno della prima edizione del Rapporto Italiani nel Mondo edito dalla Fondazione Migrantes. A inizio 2021 è ancora più evidente il processo di assottigliamento della differenza di genere iniziato già sedici anni fa quando le connazionali iscritte all’AIRE erano il 46,2% (1.435.150 in valore assoluto), per poi arrivare al 47,8% dieci anni fa nel 2011 (1.967.563 in valore assoluto). Attualmente si registrano 2.718.678 iscrizioni, il 48,1% del totale AIRE. Se i cittadini italiani residenti oltre confine negli ultimi sedici anni sono aumentati dell’82%, le donne in particolare lo hanno fatto dell’89,4%. Un processo che è, allo stesso tempo, di femminilizzazione e di familiarizzazione. A partire, infatti, sono sicuramente tante donne alla ricerca di realizzazione personale e professionale, ma vi sono anche tanti nuclei familiari con figli al seguito, legati o meno da matrimonio. Le donne italiane in mobilità si distinguono essenzialmente in tre profili: le vedove, che a volte rientrano per medio-lunghi periodi prima di fare ritorno all’estero (solitamente nello stesso paese in cui sono state emigrate per diversi anni oppure in nuovi paesi dove sono residenti figli e nipoti); le nonne, che raggiungo figlie, figli e nipoti; e le giovani/giovani adulte che partono da altamente qualificate o con titoli di studio medio-alti. Gabrieli Uselli, Direttore centrale Pensioni Inps, ha approfondito il tema delle pensioni liquidate alle donne, analizzando come si sia evoluta, nel tempo, la domanda di tutela previdenziale della migrante. Le donne, infatti, sono passate dall’essere, nella maggioranza dei casi, prive di forme di assicurazione, destinatarie solo di pensioni ai superstiti, al diventare un soggetto autonomo e indipendente che dà il via a vere e proprie catene migratorie al femminile. Le motivazioni sono principalmente quelle che spingono anche un uomo a partire: la prospettiva di una vita indipendente, un maggior benessere economico e una carriera professionale più gratificante. Oggi le donne emigrano quasi quanto gli uomini. Lo sviluppo di questo fenomeno si traduce nell’aumento delle pensioni di vecchiaia percepite dalle donne, rispetto al trend negativo di quelle ai superstiti. Secondo la Fondazione Migrantes, l’attuale fotografia della popolazione italiana residente all’estero è così costituita: su 5,6 milioni di iscritti il 45,5% ha tra i 18 e i 49 anni d’età (oltre 2,5 milioni), il 15% è minore (848 mila circa di cui il 6,8% ha meno di 10 anni) e il 20,3% ha più di 65 anni (oltre 1,1 milioni e di questi, il 10,7% cioè circa 600 mila, ha più di 75 anni). La longevità femminile appare in tutta la sua evidenza. Su 1.148.612 residenti italiani all’estero di età superiore ai 65 anni, il 52,2% sono donne; il 47,2% hanno 65-74 anni, il 31,6% si colloca nella fascia 75-84 anni. Il 21,2% supera gli 85. Dal 2006 al 2021 la presenza degli anziani italiani in mobilità è cresciuta del 91,5%. Le comunità più numerose si trovano in Argentina, Brasile, Svizzera e Germania. La storia dell’emigrazione italiana, unita al processo di longevità delle donne, porta a rintracciare alcuni paesi in cui il numero delle italiane è superiore a quello degli italiani. Questi paesi sono tutti collocati, e non è un caso, in America Latina: Argentina, Uruguay, Cile, Perù a cui segue il Sudafrica. La narrazione della recente mobilità condiziona anche il tema degli anziani, a volte resi ingiustamente protagonisti di un trend che ha avuto il suo culmine nel 2008 con oltre 9 mila partenze e che si è poi assestato sulle 6 mila unità. “Quello dei pensionati che decidono di emigrare all’estero è un tema di grande attualità. Questi – ha sottolineato Susanna Thomas, della Direzione Centrale Pensioni Inps – si possono suddividere in tre grandi categorie: gli immigrati che, conseguito il diritto a pensione, decidono di far ritorno nel loro Paese; i genitori di persone emigrate, che decidono di raggiungere i figli per aiutarli nella gestione dei nipoti o, più semplicemente, per evitare il senso di solitudine; infine chi lo fa per conseguire vantaggi economico–fiscali previsti da alcuni Paesi. A questi vanno poi aggiunti quei casi sporadici di cittadini che emigrano semplicemente perché cercano luoghi più esotici o maggiormente confortevoli rispetto alle personali esigenze. In questa sede, vengono analizzati i trend delle principali direttrici di emigrazione dei pensionati anche alla luce dell’introduzione di particolari elementi di favore nel trattamento fiscale della pensione”. Lo storico delle migrazioni, Toni Ricciardi, si è quindi soffermato sui principali paesi meta dei flussi migratori, confrontando le pensioni pagate dall’estero in Italia e le pensioni liquidate dall’Italia all’estero. I numeri delle pensioni e le somme di denaro erogate dall’estero in Italia – sebbene le cifre siano da ritenersi ben più alte di quelle ufficiali– confermano il processo migratorio che storicamente ha interessato la penisola. Non è un caso che i principali contributori esteri siano i paesi più attrattivi del secondo dopoguerra. In questa fase si sperimenta la cosiddetta emigrazione assistita e disciplinata dallo Stato, che trova nella stagione d’oro degli accordi di emigrazione la sua consacrazione massima. Cronologicamente, all’accordo con il Belgio del 1946, seguono quello con la Francia nel 1947 e quello con la Svizzera nel 1948, il più significativo del periodo, fino all’accordo del 1955 con l’allora Repubblica federale tedesca, che si inserisce nell’ampio ed articolato processo di integrazione europea. Non è un caso che le direttrici dell’epoca siano anche le stesse che oggi contribuiscono, in una sorta di rimborso postumo, ad accrescere il monte delle pensioni erogate dall’estero a cittadini e cittadine che hanno scelto di rientrare al momento della pensione (Belgio 97 milioni di euro, Francia 279 milioni, Germania 1,1 miliardi di euro, Svizzera 2 miliardi). Inoltre, in paesi specifici ritroviamo fasce sociali che, una volta maturato il diritto alla pensione, scelgono il rientro in Italia per numerose ragioni, tra le quali il differenziale del potere di acquisto (Svizzera e Germania). Se Germania e Svizzera sono i primi contributori in termini di erogazioni, nel caso svizzero, considerato il sistema pensionistico in vigore a partire dal 1986 (secondo pilastro contributivo), la cifra complessiva, con ogni probabilità, è almeno 2-3 volte superiore al monte complessivo. Infine, anche le pensioni erogate dall’Italia all’estero, in termini di monte complessivo, mostrano una mobilità in linea con un processo che si sta stratificando. “Operando un confronto con alcuni Paesi sul numero di pensioni che questi erogano nel nostro territorio e che al contrario l’Inps paga nel loro – ha evidenziato Daniele Russo, dirigente della Direzione Centrale Pensioni Inps – si è rilevato che i paesi che storicamente hanno rappresentato le mete privilegiate dei migranti italiani e che sono vicini ai luoghi di origine - come Germania, Francia, Svizzera, Belgio, ma anche Olanda e Austria - sono quelli che pagano un rilevante numero di pensioni in Italia, a coloro che conclusa l’esperienza lavorativa all’estero hanno deciso di far rientro nei nostri confini. Al contrario, nei paesi più lontani, come Australia, Stati Uniti e Canada, dove gli italiani migrati hanno preferito rimanere perché la lontananza ha contribuito a ridurre i legami con il nostro Paese, l’Inps registra un consistente numero di pensioni da pagare”. Le conclusioni sono state affidate al Presidente della Commissione CEI per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes, l’arcivescovo Mons. Gian Carlo Perego che ha ribadito come siano importanti le occasioni di riflessione e di collaborazione tra enti che hanno il compito di accompagnare le persone. “Il nostro paese vive un momento molto delicato e saranno decisivi i passi che saranno compiuti alla luce della dinamica demografica che ci sta condizionando sempre di più e della strutturalità della mobilità, in uscita e in entrata, che condiziona i nostri territori. Per questo diventa essenziale l’analisi e la lettura di questo legame, rendendo ancora più marcata e ufficiale la collaborazione tra l’Inps e la Fondazione Migrantes attraverso una ricerca nazionale che viene annunciata oggi, aprendosi anche ad altre eventuali realtà nazionali ed estere. L’obiettivo è far emergere quanto il contributo dato, ieri come oggi, dalle lavoratrici e dai lavoratori italiani all’estero e dalle attuali pensionate e pensionati rientrati in Italia sia da sempre ricchezza fondamentale in alcune aree del nostro paese, a maggior ragione nel quadro socio-demografico di cui si è parlato. Così come ricchezza inestimabile è il lavoro oggi di cittadini di altre nazionalità che diventano o potrebbero diventare italiani in futuro, restando in Italia o ritornando nei loro luoghi di origine. Una nuova Italia non potrà che essere figlia della mobilità: giovani che scelgono l’Europa non solo per il lavoro, ma per scrivere una nuova storia familiare, una nuova partecipazione alla vita delle città, una democrazia da costruire e sperimentare”. È seguita poi una tavola rotonda su pandemia, guerra e movimenti migratori alla quale hanno partecipato Pasquale Tridico, presidente INPS, mons. Gian Carlo Perego, Presidente della Fondazione Migrantes, Giovanni Maria De Vita, consigliere del MAECI, e Gabrieli Uselli, Direttore centrale Pensioni Inps. Il convegno è stato moderato da Federico Luperi, giornalista ADNKronos.

Cei: domani sessione straordinaria del Consiglio Permanente

4 Luglio 2022 - Roma - Domani, Martedì 5 luglio, dalle ore 9.30, si svolgerà una sessione straordinaria del Consiglio Episcopale Permanente, in videoconferenza. Dopo l’Introduzione del Cardinale Matteo Maria Zuppi, Presidente della Cei, i lavori prevedono la valutazione e l’approvazione del “testo di lavoro” per il secondo anno del Cammino sinodale, che sarà dedicato sempre all’ascolto. Il percorso italiano è, infatti, caratterizzato da tre fasi definite come “narrativa” (2021-2022; 2022-2023), “sapienziale” (2023-2024) e “profetica” (2025). Nel biennio della prima fase viene dato spazio, dunque, alle narrazioni, ai racconti e alle esperienze. Il discernimento sulle sintesi del primo anno di Cammino ha permesso di focalizzare l’ascolto del secondo anno lungo alcuni assi o “cantieri”: necessità di uno stile sinodale permanente, capacità di mettersi in ascolto dei “mondi” anche più distanti, corresponsabilità dei laici nella Chiesa e importanza di snellire le strutture materiali, pastorali e burocratiche.    

Migrantes: unica Italia a crescere è quella con radici estero

4 Luglio 2022 - Roma -  "Italia, pensioni e mobilità: storie di partenze e di ritorni". Questo il tema del convegno organizzato da Inps e Fondazione Migrantes in corso a Roma. "Eravamo soliti dire - ha detto Delfina Licata, della Fondazione Migrantes nel suo intervento - che l'Italia contava uguale numero di immigrati soggiornanti nel Paese ed emigrati italiani all'estero. Questa affermazione, stando alle statistiche di oggi, non è più vera: oggi il numero di connazionali che hanno scelto l'estero come luogo di residenza è superiore a quello degli immigrati che risiedono regolarmente nella Penisola. L'unica Italia a crescere è, oggi, quella che mette radici all'estero. L'Italia è uno Stato in cui la popolazione autoctona tramonta inesorabilmente e la popolazione immigrata - complice la crisi economica, la pandemia, i divari territoriali e l'impossibilità di entrare legalmente - non cresce più". Al 1° gennaio 2021, la comunità dei connazionali residenti all'estero è costituita da 5.652.080 unità, il 9,5% degli oltre 59,2 milioni di italiani residenti in Italia. Mentre l'Italia ha perso quasi 384 mila residenti sul suo territorio, ha registrato un aumento del 3% nell'ultimo anno di coloro che risiedono stabilmente all'estero. La mobilità degli italiani con la pandemia non si è arrestata, ma ha sicuramente subito un ridimensionamento che non riguarda, però, le nuove nascite all'estero da cittadini italiani, ma piuttosto le vere e proprie partenze: il numero dei connazionali che hanno materialmente lasciato il Paese recandosi all'estero da gennaio a dicembre 2020. In valore assoluto, si tratta di 109.528 italiani, -21.408 persone rispetto all'anno precedente. TU

Incendio campo nomadi Al Karama: “trovare una dignitosa sistemazione per chi vive lì”

4 Luglio 2022 -
Latina - “Auspichiamo che le forze dell’ordine e gli specialisti dei vigili del fuoco facciano quanto prima chiarezza sulle cause dell’incendio, che dalle prime ricostruzioni non ufficiali sembra partito dai terreni circostanti il campo Al Karama”. Lo ha dichiarato la diocesi di Latina in merito a quanto accaduto al campo nomadi Al Karama, a Borgo Montello, dove l’incendio di sabato ha distrutto le abitazioni e costretto all’evacuazione di coloro che vi abitano da anni: 87 persone in tutto, 28 sono bambini, per un totale di 18 nuclei familiari. Tra gli sfollati vi sono anche cinque donne incinte, e due di loro con la gravidanza a termine. La diocesi pontina sin da subito si è attivata per il supporto necessario. “Per questo – si legge in una nota –, ringraziamo i nostri operatori e volontari della Caritas diocesana e dell’Ufficio Migrantes, i quali coordinandosi con le Istituzioni pubbliche stanno fornendo agli sfollati per questi primi giorni i pasti, attraverso la nostra mensa cittadina di Latina, e ogni altra assistenza materiale”. “Analogo ringraziamento va alle Istituzioni pubbliche e al volontariato per quanto hanno fatto e faranno con professionalità per il soccorso e la sicurezza delle persone coinvolte nell’incendio. Tuttavia, trascorsa la prima fase emergenziale, deve tornare al centro della discussione, nelle sedi proprie, oltre che nel dibattito pubblico, il tema della sistemazione di queste famiglie, che da troppo vivono nel degrado nel campo Al Karama”. La diocesi ricorda che “attualmente queste persone sono sistemate nell’area Ex Rossi Sud, ma urge quanto prima un serio, concreto e valido progetto che punti alla loro integrazione, nel rispetto della loro tradizione e cultura”. “D’altronde, molti dei ‘residenti’ di Al Karama, lavorano con regolari contratti, specie nell’agricoltura, provvedendo così al sostentamento delle loro famiglie. La loro dignitosa sistemazione sarà un passo importante per il superamento di una condizione di emarginazione e di degrado che sconta anche il pregiudizio di tanti”.

Papa Francesco: a San Pietro celebra Messa per comunità congolese di Roma

3 Luglio 2022 - Città del Vaticano - Il Congo in San Pietro. Papa Francesco ha celebrato questa mattina, nella basilica di San Pietro, in Vaticano, una liturgia eucaristica con la comunità congolese in Italia. Con lui, tra i concelebranti, anche mons. Benoni Ambarus, vescovo ausiliare di Roma incaricato per la pastorale Migrantes e segretario della Commissione Cei per le migrazioni. Tra i sacerdoti presenti anche il direttore Migrantes di Roma, mons. Pierpaolo Felicolo. La basilica vaticana si è riempita di congolesi che hanno animato una liturgia eucaristica con canti  e balli etnici. Oggi il Papa avrebbe dovuto celebrare la Messa a Kinshasa, in Congo, ma ha rinviato il viaggio in Africa per problemi al ginocchio. In questi giorni in Africa il segretario di Stato, il card. Pietro Parolin. La celebrazione di questa mattina ha seguito il rito zairese con alcune particolarità rispetto al rito romano, proprie della cultura congolese, approvate dalla Santa Sede. Nell’omelia papa Francesco ha invitato i cristiani ad essere "missionari" e a non accontentarsi di "vivacchiare". "Se ci chiediamo qual è il nostro compito nel mondo, che cosa dobbiamo fare come Chiesa nella storia, la risposta del Vangelo è chiara: la missione. Andare in missione, portare l'annuncio, far sapere che Gesù è venuto dal Padre. Da cristiani - ha detto il Papa - non possiamo accontentarci di vivacchiare nella mediocrità, e questa è una malattia di tanti cristiani, anche noi abbiamo il pericolo di vivacchiare nella mediocrità, facendo i conti con le nostre opportunità e convenienze, vivendo alla giornata. No, siamo missionari di Gesù". Per la missione non serve "praticamente nulla: nessun bagaglio, nessuna sicurezza, nessun aiuto. Spesso pensiamo che le nostre iniziative ecclesiali non funzionino a dovere perché ci mancano strutture, ci mancano soldi, ci mancano mezzi: questo non è vero. La smentita - ha sottolineato il Papa - viene da Gesù stesso. Fratelli, sorelle, non confidiamo nelle ricchezze e non temiamo le nostre povertà, materiali e umane. Più siamo liberi e semplici, piccoli e umili, più lo Spirito Santo guida la missione e ci fa protagonisti delle sue meraviglie". I discepoli furono inviati da Gesù come missionari: "Non avevano fatto studi di teologia, eppure li manda", ha sottolineato Papa Francesco. (R.Iaria)

Mons. Perego: su Ius scholae non prevalgano polemiche ideologiche

3 Luglio 2022 - Roma - Lo ius scholae "è un tema da 15 anni, che è nato dal 'basso', dalla campagna nel 2011 di 19 Associazioni laiche e cattoliche e che attende un'attenzione trasversale delle forze politiche, perché alla base della cultura democratica, liberale e popolare". Lo ha detto mons. Gian Carlo Perego, presidente della commissione Cei per le migrazioni e della Fondazione Migrantes in una intervista pubblicata oggi sul quotidiano "La Stampa£ a firma di Domenico Agasso. "Questa modifica della legge sulla cittadinanza corrisponde all'attualità indiscutibile di una popolazione che sta mutando - dice - e, guarda al mondo dei 900.000 studenti, di cui il 65% è nato in Italia, favorisce il riconoscimento e la partecipazione alla vita del Paese delle seconde generazioni". L'alto prelato si augura "che le ragioni e la constatazione di una società profondamente diversa rispetto al passato prevalgano sulle polemiche di natura ideologica". Secondo il presule "la legge sullo Ius scholae viene interpretata con pregiudizi e parametri strumentali, identitari e non constatando invece lo stato delle generazioni di oggi e le proiezioni di quelle future". E poi snocciola i dati: "Un milione e quattrocentomila ragazzi, dei quali 900 mila alunni delle nostre scuole e gli altri che hanno più di 18 anni, aspettano legittimamente di poter chiedere di essere cittadini italiani". (R.Iaria)

Cittadinanza: le norme all’estero

3 Luglio 2022 -
Roma - Lo Ius scholae si distingue e può affiancarsi ad altri criteri per l' acquisizione della cittadinanza, come lo Ius sanguinis e lo Ius soli. Il primo è attualmente in vigore in Italia: è infatti cittadino italiano per 'diritto di sangue' chi nasce da almeno un genitore in possesso della cittadinanza (ad esempio da madre italiana e padre tedesco, il figlio comunque può divenire, per via materna, cittadino italiano). Invece, in base al principio dello Ius Soli, il diritto di cittadinanza si ha al momento della nascita sul territorio di un determinato Stato, indipendentemente dalla nazionalità di appartenenza dei genitori (ad esempio, una coppia italiana ha un figlio a Parigi, il bimbo può divenire cittadino francese). Diversi paesi europei e non (fra i quali Regno Unito, Germania e Francia) adottano varianti dello Ius soli (prevedendo cioè, oltre alla nascita sul territorio dello Stato, altre condizioni variabili da Paese a Paese). In Nord e Sud America, ad aver adottato lo Ius soli sono il Canada, gli Usa, il Brasile e molte altre nazioni, per cui capita spesso che i figli di emigrati italiani in quei Paesi abbiano doppia nazionalità (e doppio passaporto), assommando a quella ereditata dal genitore quella conseguita nascendo nello Stato estero.

Ius scholae: mons. Perego, “l’Italia è cambiata”

2 Luglio 2022 - Roma - "La riforma della cittadinanza con lo Ius scholae va incontro alla realtà di un Paese che sta cambiando. Spero che le ragioni e la realtà prevalgano rispetto ai dibattiti ideologici per il bene non solo di chi aspetta questa legge ma anche dell'Italia che è uno dei Paesi più vecchi". Lo ha detto oggi all'Ansa mons. Gian Carlo Perego, Presidente della Commissione episcopale per le migrazioni della Cei e Presidente della Fondazione Migrantes. Per mons. Perego Le contrapposizioni politiche sono legate al fatto che la legge sullo Ius scholae "viene letta con parametri ideologici e non guardando invece alla realtà. Quella di un milione e quattrocentomila ragazzi, dei quali 900mila alunni delle nostre scuole e gli altri che hanno più di 18 anni, che aspettano di essere cittadini italiani", sottolinea aggiungendo che "la realtà, e di questo dovrebbe tenere conto tutta la politica, è quella di un'Italia che è cambiata, con cinque milioni e mezzo di migranti che sono un mondo di famiglie, di studenti, di lavoratori. Occorre leggere la situazione e utilizzare lo strumento della cittadinanza per rendere partecipi di questa trasformazione le persone che attendono ma anche gli italiani che sempre si sono dette favorevoli, nei sondaggi sono oltre il 70 per cento, a questo provvedimento". Per mons. Perego non si tratta di "mettere in contrapposizione lo Ius scholae allo Ius sanguinis che tutela soprattutto i nostri emigranti all'estero. Ma di tutelare e riconoscere una presenza e una risorsa importante sul piano scolastico e lavorativo, per costruire il futuro del Paese. Se le persone non partecipano alla vita delle città, se non vengono riconosciuti cittadini, rischiano di non sentirsi parte del Paese". Il presidente della Migrantes  spiega anche che questo "potrebbe favorire una maggiore mobilità in Europa. Il poter diventare cittadini italiani in un contesto europeo aiuterebbe anche una circolarità del mondo migratorio in Europa". "La Chiesa italiana continuerà a sostenere questo tipo di linea che legge una realtà che già c'è, la politica deve prenderne atto" e "non ha senso affermare che ora ci sono altre emergenze perché questo tema non esiste da oggi ma da anni, almeno quindici". "Ora spetta alla politica fare uno scatto e uscire dalla ideologia", conclude monsignor Perego. . TU

Storia di un migrante per amore

1 Luglio 2022 - Andria - In un mondo che cerca di definire i confini, per ridisegnarli o per cancellarli per propria sete, vi è poco spazio per la potenza del sentimento. Quello puro, innato, insito in ciascuno di noi, quello che viene inghiottito da un mostro più grande, l’indifferenza. Per chi fugge, chi resta, chi desidera di essere altrove, per chi apre gli occhi la prima volta o per chi si spegne, c’è sempre uno spazio per le emozioni tanto quanto ce n’è uno per il rischio di perdersi e non riconoscersi più nel proprio essere, umano come tutti gli altri. Nelle storie di chi scappa, di chi è costretto ad abbandonare e abbandonarsi, ci sono tante pagine non lette. Anche in quelle interpretate da qualcun altro, che non ne comprende il reale valore, c’è una forte componente di superficialità e ipocrisia. Essere diversi, per più di qualcuno, significa che c’è un prototipo, un “normale”, e dall’altro lato un “più debole” che, al massimo, merita di essere rispettato con pietà e con l’offerta di aiuto, ma solo per mostrare superbia, anziché aiutare ad essere, vedersi per quello che si è davvero. E quindi, se fosse davvero così, cosa sarebbe per gli altri “un migrante per amore”? Che posto avrebbero, per i nostri occhi ingenui, un uomo o una donna che fuggono perché a loro è stata privata la possibilità di provare il sentimento più semplice, che però nasconde la forza più grande di tutte? Evidentemente farebbe parte di una lista nera, in cui ci metti le persone che non hanno un reale motivo per fuggire, perché possono restare lì dove sono. L’amore non è un elemento statistico, probabilmente. Non rientra in dati raccolti per prendere finte decisioni, così come resta escluso dalle priorità degli aiuti umanitari. E a rileggere questa frase, ci vuol poco per rendersi conto di questo enorme paradosso, umanità senza amore, che è come la vita senz’acqua, la musica senza armonia, la pace senza il rispetto. Proviamo, per un attimo, ad immaginare che sia tutto diverso. C’è la storia tragica di un uomo e una donna, in una di quelle dove trionfa il dolore, piuttosto che l’amore. È anche una di quelle dove l’amore non basta, perché ci sono protagonisti in eccesso che ostacolano lo scorrere verso un lieto finale. La famiglia di lei era ripugnante, e solo questo bastava affinché il loro congiungersi fosse impossibile. Non per loro, che mai hanno smesso di lottare per aversi. Eppure, come se ci fosse bisogno di altro, gli antagonisti erano sempre più numerosi. Una serie di melanconiche sfortune li aveva portati a ricevere il veto del governo. E un potere funziona se non veicola sentimenti, almeno così scrivono in manuali astratti. La conclusione rappresenta l’epilogo per tanti come loro, che usano ciò che provano per sfidare chi li opprimono: la donna è stata uccisa, senza troppe remore né risentimento, mentre lui ha visto nel fuggire l’unico strumento per continuare ad esistere. Ciò che rende straziante questa storia è il suo essere diventata uno standard. Suona quasi un ossimoro: una storia che ti colpisce non perché è unica, ma perché la vivono in tanti, senza via di uscita se non quella di dimenticarsi di amare. Come quella in cui un uomo, condannato a morte, è riuscito a scappare e a vivere l’inganno altrove, mentre la sua amata moriva abbandonata nel luogo in cui si sono incontrati e avrebbero continuato a incontrarsi. Creiamo, anche in questo caso, una classifica. Illudiamoci della veridicità delle categorie. Un migrante per amore non è un migrante. Su di lui, o su di lei, pesano le differenze dalle altre. Nulla di cui potersi lamentare, a meno che non si tratti di una guerra mondiale, di un territorio invaso, al massimo di una catastrofe naturale. E se già lì si esula dal riconoscere le emozioni dei volti, un migrante per amore diventa un fantasma che vaga tra i confini da cui viene respinto. In queste storie c’è un minimo comune denominatore, oltre al destino infelice: la voglia di continuare a provare quel sentimento, di restare a galla e non lasciarsi sprofondare dall’apatia che regna sull’oggi, la forza di restare anche quando si deve partire per sopravvivere. Perché nella perdita si lascia un pezzo di sé, anche se si calpestano i piedi altrove (ammesso che venga accolto). Un migrante per amore è un migrante come tutti gli altri. Come tutti noi. Con una sola differenza: noi abbiamo bisogno di amare per vivere, lui, spesso, per amore è costretto a morire. (Don Geremia Acri - Dir. Migrantes Andria)

Inps-Migrantes: lunedì il convegno su “pensioni e mobilità”

1 Luglio 2022 - Roma - "Italia, pensioni e mobilità: storie di partenze e di ritorni”. Questo il tema del convegno che si svolgerà a Roma il prossimo 4 luglio, alle ore 11, presso Palazzo Wedekind (Piazza Colonna, n. 366). Al convegno, promosso dall’Inps (Istituto Nazionale di Previdenza Sociale) e dalla Fondazione Migrantes, interverranno, fra gli altri, il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, il Presidente della Fondazione Migrantes, S.E. Mons. Gian Carlo Perego, il Direttore Generale dell’INPS, Vincenzo Caridi, il Direttore Generale per gli italiani all’estero e le politiche migratorie MAECI, Luigi Maria Vignali. Modera Federico Luperi, Giornalista ADNKRONOS.

Don Semehen: “c’è ancora bisogno di aiuti”

1 Luglio 2022 - Foto Sir/Calvarese Roma - Quando ormai sono già trascorsi oltre 4 mesi da quel 24 febbraio, data in cui la Russia ha invaso il territorio dell’Ucraina, nessuno sembra in grado di prevedere quanto ancora potrà durare la guerra in atto su quel territorio. Per questo motivo, uno dei rischi potrebbe essere quello palesato da Papa Francesco, a più riprese, durante Angelus e udienze, cioè che si dimentichi il conflitto o che ci si abitui a questo orrore che potrebbe non scandalizzare e non muovere più le coscienze delle persone, come registrato soprattutto in principio, quando tutti si sono dati da fare per offrire il loro contributo. Sull’onda dell’emotività si sono viste scene indimenticabili come quella nella basilica di Santa Sofia a Roma, dove centinaia di persone in modo volontario si sono date da fare per raccogliere, distribuire e caricare sui camion tutta la marea di cibo, medicine, vestiti e altro ancora che altre centinaia di persone consegnavano durante tutta la giornata alla comunità ucraina per farla arrivare a chi era sotto le bombe. “Il centro di raccolta si è organizzato autonomamente subito. Già al terzo giorno di guerra, la gente ha cominciato a rispondere”, dice don Marco Jaroslav Semehen, rettore della basilica di Santa Sofia a Roma e direttore Migrantes dell’Esarcato apostolico degli ucraini in Italia: “È stata una risposta del popolo italiano, dei cittadini e delle diverse realtà parrocchiali e di volontariato come la Protezione civile. Quasi tutti hanno risposto con una generosità immensa”. Durante tutto questo periodo dalla basilica di Santa Sofia sono partiti più di 60 camion di 20 tonnellate ognuno, oltre a decine di pulmini, grazie ai quali sono state raggiunte più velocemente le località più isolate e difficili in Ucraina, dove mancavano cibo, medicinali, materiale igienico ed ogni altro bene di prima necessità, a partire dai vestiti che oggi però non sono più una necessità, al contrario di tutto il resto. “Serve il cibo perché sta nascendo una crisi umanitaria, con tante persone sfollate anche internamente che hanno bisogno di mangiare. Le città sono distrutte e viene richiesto materiale igienico, medicine e materiale sanitario di qualsiasi tipo per ospedali e persone”, aggiunge don Semehen che, tra le molte donazioni, ha ricevuto da Banco Farmaceutico 20mila pillole metformina per il diabete, che sono state immediatamente inviate a Charkiv, Buča ed altre città bombardate e che più soffrono. Anche Papa Francesco è intervenuto con la donazione di carichi importanti di medicinali e aiuti destinati alle persone che si trovano in Ucraina e agli sfollati, oltre che con l’idea della “Medaglia della pace”, la cui vendita servirà per raccogliere fondi utili al sostentamento della causa. “C’è stato un rallentamento molto forte ma questo è naturale, perché quando la guerra si allunga non fa più notizia, come capita per tutte le guerre che ci sono nel mondo. Noi continuiamo a bussare a diverse realtà, chiedendo un aiuto per poter continuare la nostra missione perché c’è veramente bisogno”, dichiara il rettore della basilica di Santa Sofia a Roma che, come tutti gli ucraini, si augura la fine della guerra e delle sofferenze della gente innocente, con la possibilità di rientrare nel proprio Paese per chi è dovuto fuggire, anche se questo non sarà possibile per chi non ha più dove andare, visto che le loro città sono state rase al suolo. “Grazie per quello che avete fatto. Vi chiedo, se potete, aiutate ancora l’Ucraina attraverso noi o altre comunità ucraine perché c’è ancora bisogno”. “È fisiologico che i contributi siano diminuiti tantissimo rispetto al principio, proprio per questo colgo l’occasione per ricordare che il conflitto non è finito e non sappiamo neppure quali saranno i tempi”, dichiara Ignazio Schintu, direttore operazioni emergenze e soccorsi della Croce rossa italiana, impegnata in Ucraina fin dal principio potendo contare sull’operatività di oltre 150mila volontari che in tutta Italia si formano quotidianamente ad affrontare ogni tipo di emergenza, oltre che sulla risposta della rete mondiale con sedi nazionali e locali che si coordinano tra loro. “La Croce rossa italiana ha iniziato la propria attività sul territorio ucraino alcuni giorni dopo l’inizio del conflitto. Le prime sono state fasi di assessment, dove si valutavano bisogni delle popolazioni”, prosegue Schintu che precisa come proprio le esigenze delle persone cambino nel corso del tempo, legate alle condizioni climatiche ed ambientali, come ad esempio la mancanza di acqua e corrente elettrica, e per questo risulta fondamentale lavorare con la Croce rossa ucraina. (Marco Calvarese - Sir)    

Studenti rifugiati: una borsa di studio del Centro “La Pira”

1 Luglio 2022 -

Firenze - Il Centro Studenti Internazionali "Giorgio La Pira", tramite l’Università di Firenze, concede una borsa di studio, comprensiva di alloggio, per l’immatricolazione di uno/a studente/studentessa rifugiato/a nell’Anno Accademico 2022/2023. La scadenza per presentare la propria candidatura è il 15 Luglio. E' possibile leggere tutti i dettagli qui: https://centrointernazionalelapira.org/sostieni-i-nostri-progetti/borse-unifi-cislapira-2022/.

Congolesi in Italia: domenica messa con papa Francesco

1 Luglio 2022 - Roma - Domenica 3 luglio celebrazione della comunità congolese in Italia con Papa Francesco nella Basilica di San Pietro. La celebrazione è stata annunciata dopo il posticipo del Viaggio Apostolico nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan. Il papa ha deciso, intanto di inviare, da oggi all'8 luglio, a Kinshasa e a Juba il Cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, per dimostrare la propria vicinanza "all'amato popolo congolese e sud-sudanese".

Vangelo Migrante: XIV Domenica del Tempo Ordinario | Vangelo (Lc 10,1-12.17-20)

30 Giugno 2022 - Continua il viaggio alla sequela di Gesù, iniziato domenica scorsa. Il rapporto con Gesù è quello di un discepolo che si lascia guidare ad una vita che non ha e non può darsi da solo. Come arriva questa vita? è necessario qualcuno che la porti, qualcuno che la annunci e qualcuno che la accolga. A portarla è Gesù. Nel Vangelo di questa domenica Egli dà le istruzioni ad altri 72 discepoli inviati “davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi”. In esse sono contenute le condizioni dell’annuncio che, a loro volta, sono anche le caratteristiche di chi annuncia. Gli operai chiamati, sono mandati come agnelli in mezzo ai lupi, sono istruiti a non portare con sé né borsa, né sacca, né sandali e a non fermarsi a salutare nessuno lungo la strada. Il loro ingresso in ogni casa sia fatta solo con il saluto della ‘pace’… E i discepoli partono. Vivono questa esperienza e tornano entusiasti perché hanno visto l’efficacia di questa parola. Ma Gesù sembra smontare il loro ‘successo’ perché non è quello il punto. Come a dire: “anche se avete dovuto combattere contro il demonio e avete vinto, non è questa la cosa più importante che avete fatto. Il punto è che voi siete per il cielo: il vostro nome è scritto nei cieli”. È lì la fonte della missione ed è da lì che si riceve la grazia necessaria per compierla. Si è mandati. La trasparenza del discepolo è necessaria perché si possa riconoscere, attraverso di lui, ovunque, la persona di Gesù. Questo è quello che vede e che serve a chi riceve l’annuncio, la vita da Gesù: il discepolo non è un lupo ma un agnello; non è un vincente ma un fragile. Non è un comunicatore che si impone rispondendo all’impulso del fascino delle cose terrene. Quell’annuncio non lo prevede. I discepoli sono addirittura persone ‘rifiutabili’. La loro forza non sono le cose materiali: non hanno soldi (la borsa) non hanno pane (sacca) ed hanno una sola strada da compiere (non hanno sandali). Sono persone che rinunciano ai propri progetti e non portano progetti alternativi. Stupisce il fatto che Gesù non raccomanda gesti d’amore. Perché? Perché non serve essere uomini di Cristo per farlo. Aiutare è lo specifico di tutti gli uomini e non ‘solo’ dei discepoli. Ogni uomo sa a priori, comunque, di doversi occupare dei problemi materiali e dei bisogni degli altri. Il problema è che questo non basta. L’uomo ha bisogno di qualcosa che è oltre i soldi e il pane; qualcosa che è prioritario. La semplicità, l’essenzialità e l’unitarietà dell’annuncio sono il segno che chi porta il Vangelo non viene per le futilità. Una sola è la parola che Gesù mette sulla loro bocca, all’ingresso in una casa: “pace!” Il loro saluto non è un convenevole ma la ‘pace’. Parola usata e abusata: la si chiede a chi non ce l’ha o la si intende come un insieme di accordi e compromessi, una ‘non guerra; e, invece la pace è di Dio, viene dal cielo e solo Lui può darla. Ed è tutto quello di cui gli uomini hanno bisogno. Se il Vangelo ci semplifica su quello che conta veramente, il primo frutto è la pace. Per chi la offre e per chi la riceve! (P. Gaetano Saracino)  

Decreto semplificazioni e flussi d’ingresso per lavoro in Italia

30 Giugno 2022 - Roma - Le Commissioni permanenti riunite V (Bilancio, Tesoro e programmazione) e VI (Finanze) della Camera dei Deputati stanno esaminando il ddl n. 3653 di “Conversione in legge del decreto-legge 21 giugno 2022, n. 73, recante misure urgenti in materia di semplificazioni fiscali e di rilascio del nulla osta al lavoro, Tesoreria dello Stato e ulteriori disposizioni finanziarie e sociali". Il provvedimento prevede al Titolo III alcune disposizioni riguardanti gli stranieri che risultano presenti in Italia al 1° maggio; questi potranno essere subito assunti una volta ricevuto il nulla osta dal datore di lavoro che ne ha fatto richiesta, senza attendere il visto d’ingresso, seppur nel rispetto dei limiti quantitativi previsti dal decreto Flussi. La previsione è finalizzata ad accelerare le procedure per l’assunzione. I controlli e le verifiche per il nulla osta potranno essere effettuati anche dopo l’inizio dell’attività lavorativa e l’eventuale esito negativo della verifica comporta la risoluzione del rapporto di lavoro. Le modifiche si applicano esclusivamente: al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 2021 (cd. Decreto flussi 2021) e a un successivo decreto per l’anno 2022, di prossima adozione, che viene così annunciato ufficialmente, dopo le anticipazioni da parte del presidente del Consiglio e del Ministro del lavoro. Sono esclusi dalla possibilità di essere ammessi alle procedure semplificate coloro:
  •  nei cui confronti sia stato emesso un provvedimento di espulsione
  •  che risultino segnalati ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato;
  •  che risultino condannati per uno dei reati previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale o per i delitti contro la libertà personale ovvero per i reati inerenti agli stupefacenti, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori;
  • che siano considerati una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato.
Per le annualità 2021 e 2022 la verifica di alcuni requisiti è affidata ai professionisti e alle organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale alle quali il datore di lavoro aderisce. (Alessandro Pertici)

Cisl: maturi i tempi per l’introduzione dello Ius Scholae

30 Giugno 2022 - Roma - “I tempi sono maturi nel nostro Paese per dare vita a nuovi e più inclusivi percorsi di integrazione fondati sulla responsabilizzazione e sull’inclusione sociale. Penso in particolare all’opportunità di introdurre anche in Italia quella particolare forma di ‘Ius culturae’ che è lo ‘Ius Scholae’ che permetta a bambini e bambine figli di migranti di richiedere la cittadinanza una volta compiuto in Italia un ciclo di studi”. È quanto ha sottolineato oggi il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, al Consiglio Generale dell’Anolf Cisl, riunito a Roma per eleggere Maria Ilena Rocha, nuovo presidente dell’associazione cislina che si occupa dell’accoglienza e dell’ integrazione dei lavoratori stranieri in Italia. “Maria Ilena è una giovane e preparatissima dirigente a cui va tutto il nostro sostegno. Sono certo che la sua affermazione darà all’Anolf una prospettiva nel solco del rinnovamento e della competenza”. Sbarra ha poi ringraziato Mohamed Saady per aver guidato l’Anolf Cisl per tanti anni con una “carica unica di umanità e di empatia, consolidando il protagonismo dell’Anolf, confermandola come riferimento per tante migliaia di persone. Una esperienza vera di solidarietà associativa, una rete viva e capillare che oggi conta quasi 100 strutture, anche fuori dall’Italia”. Il leader della Cisl ha sottolineato la necessità di una politica  migratoria che promuova sempre più ingressi legali nel nostro Paese. “Va cambiato il regolamento di Dublino ed incentivate le positive esperienze dei corridoi umanitari. L’Italia deve, per conto suo, adottare una politica migratoria che abbia una visione lungimirante, basata sull’accoglienza e sulla valorizzazione dell’interculturalismo, a cui tanto può dare anche la contrattazione, specialmente decentrata”. Sbarra ha altresì ricordato che “sono oltre 800 mila gli alunni con cittadinanza straniera che si formano nelle nostre scuole, parlano l’Italiano e persino il dialetto, giocano e sono amici dei nostri figli. Ragazze e ragazzi a cui fino a 18 anni è negata la possibilità di richiedere la cittadinanza italiana, con il paradosso che per i genitori bastano 10 anni. Ecco perché noi diciamo sì a una riforma di civiltà, su sui non si devono scatenare lotte ideologiche e sterili strumentalizzazioni tra le forze politiche. Un grande Paese come il nostro deve includere e non escludere. Ed i processi di inclusione ed integrazione devono passare anche attraverso la possibilità formale per bambini e bambine, ragazzi e ragazze di prima o seconda generazione di poter far parte a pieno titolo della comunità nazionale.

Morti di esclusione

30 Giugno 2022 - Roma - Morire per annegamento a bordo di un gommone sfondato invaso dall’acqua, tra le onde e le correnti, con le ustioni della benzina sul corpo, con un bambino in grembo. Morire ai piedi di una rete metallica, schiacciati dalla carica della polizia che presidia la barriera, quella barriera che si stava provando a scalare. Morire di asfissia nel vano di un camion abbandonato, senz’acqua e senz’aria, in un inizio di estate rovente. Morire addormentati, infine, nel rogo della baracca di fortuna in cui ci si ripara la notte, incastrati tra resti di lamiere carbonizzate. Morire a un anno, a venti, a trentacinque. Morire insieme ad altre trenta, trentasette, cinquanta persone, a decine, centinaia, migliaia di vittime dello stesso destino prima e – dovremmo aspettarci qualcosa di diverso? – anche dopo. Morire a questo modo, in tutti questi luoghi, di una morte dolorosamente evitabile. Non è una fatalità, non è una disgrazia, è la conseguenza perfettamente prevedibile della scelta dell’esclusione, che le regole in materia di migrazione da anni ormai persistono nell’incarnare. Escludono e respingono le politiche nazionali sugli ingressi, abbracciate dalle istituzioni europee, promosse, finanziate e replicate dall’Unione. Il connubio tra la chiusura dei canali d’entrata regolare – o la loro riduzione a quote insignificanti – e la stipula di accordi con gli Stati di origine dei flussi maggiori, incaricati di fermare le partenze ed equipaggiati perché possano riuscirvi, è ciò che spinge migliaia di persone, che alternativa non hanno, a tentare di aggirare questo blocco. Attraverso ogni spiraglio, anche a costo della propria vita. È per questo che salgono su imbarcazioni malsicure, anche se la tratta è lunga e il mare non è calmo, esponendosi a naufragi come quello del tardo pomeriggio di lunedì 27 giugno. Quando ha ricevuto l’allarme, la nave di Medici Senza Frontiere si trovava a due ore di navigazione e non è arrivata abbastanza presto. Ha salvato 71 vite, ma all’appello dei passeggeri del gommone mancano almeno una trentina di persone. Compresi alcuni neonati, spariti tra le onde. Venerdì 24 giugno, lo stesso motivo ha spinto circa duemila giovani, in prevalenza subsahariani, a tentare l’arrampicata della recinzione che divide la provincia di Nador da Melilla, il Marocco dalla Spagna. Uno dei tratti visibili del muro eretto tra Africa ed Europa. Ma le guardie marocchine sono intervenute ad impedire l’attraversamento, perché questo è il compito loro affidato dalla cooperazione – recentemente rivitalizzata – per la gestione dei flussi migratori tra Spagna e Marocco. I testimoni hanno riferito di lanci di pietre e di una calca che avrebbe schiacciato 37 persone, secondo ricostruzioni ancora solo provvisorie. Le immagini hanno mostrato distese di feriti, circa duecento. Un migliaio di migranti ha vinto la sua scommessa: saltati dall’altra parte, hanno messo piede sul suolo europeo, sono stati raccolti in campi d’accoglienza e avviati alle procedure d’asilo. La stessa scommessa hanno giocato, e perso, i cinquanta sudamericani – messicani, guatemaltechi, honduregni – ritrovati stipati nel rimorchio di un camion, fermo sotto la ferrovia di San Antonio, in Texas. Abbandonati in circostanze che ora un’indagine federale intende chiarire, lungo una via che è normalmente battuta da chi tenta di nascosto l’ingresso negli Stati Uniti, visto che, anche qui, altra via non c’è. Il sindaco di San Antonio ha parlato dopo la scoperta trattenendo le lacrime, l’ha definita una mostruosa tragedia umana. Lo stesso dramma che va in scena regolarmente in tante località di confine. Le più alte autorità, dal premier spagnolo al presidente statunitense, hanno condannato le “mafie” del traffico di esseri umani. Ma i trafficanti non sono che gli spietati approfittatori di una situazione di fatto, così plasmata dalle politiche occidentali dell’esternalizzazione e dell’esclusione. Sono queste politiche che uccidono, e questi sono i morti di un’esclusione voluta, l’unica risposta che il nord del mondo continua a dare al popolo di chi ha bisogno di migrare. Anche Yusupha Joof è morto di esclusione. Veniva dal Gambia, aveva trentacinque anni e due occhi grandissimi, era finito a raccogliere frutta e verdura come bracciante stagionale nella campagna foggiana. La sua casa era una minuscola baracca improvvisata con pezzi di lamiera, circondata da altre baracche tutte uguali, nell’insediamento per lavoratori agricoli di Torretta Antonacci. È morto mentre dormiva, all’alba di lunedì 27 giugno, ucciso da un incendio divampato chissà come e che ha impiegato poco a diffondersi nel ghetto. Vittima, lui, dell’esclusione che caratterizza il segmento successivo dell’immigrazione, la vita nei Paesi di “accoglienza”. La difficoltà di regolarizzare il soggiorno, la possibilità di perdere il permesso anche una volta ottenuto – come pare fosse successo a Yusupha – la discriminazione, tutto questo crea ostacoli aggiuntivi nell’accesso al lavoro, allo studio, alla salute, alla casa, a qualsiasi opportunità. Costringe alla povertà e all’emarginazione, mette di nuovo in gioco la sopravvivenza. Pare che neanche varcare la frontiera basti. La politica dell’esclusione continua e, al di qua e al di là del confine, le sue vittime muoiono ogni giorno. (Livia Cefaloni)    

“Talitha Kum”: il rapporto 2021

30 Giugno 2022 - Roma - Nonostante la pandemia da Covid-19 abbia reso più difficile l’azione di contrasto alla tratta, nel 2021 Talitha Kum ha registrato una crescita numerica e qualitativa delle sue attività: presente in 92 Paesi, con 55 reti nazionali (5 in più dell’anno precedente) e 6.039 persone coinvolte attivamente in azioni anti-tratta in tutti i continenti. 336.958 sono state invece le persone raggiunte da Talitha Kum in tutto il mondo; di queste 258.549 hanno beneficiato di attività di prevenzione; 19.993 sono vittime e sopravvissuti sostenuti dalla rete; 58.416 le persone coinvolte nelle attività di networking, formazione e capacity building. “Nel corso dell’anno passato abbiamo toccato il dolore causato da diverse forme di violenza, di conflitti e guerre. La violenza contro le donne è cresciuta, come hanno denunciato tutte le reti, ma soprattutto quelle in America Latina. Sono aumentate le persone che soffrono la fame. Tutto questo ha provocato grandi spostamenti di persone. La tratta di persone è profondamente interconnessa a questi processi migratori. Nel 2021 le reti di Talitha Kum hanno registrato il drammatico aumento delle ingiustizie sofferte dalle popolazioni migranti, sempre più vulnerabili allo sfruttamento e alla tratta di persone in diverse modalità di sfruttamento sessuale, lavorativo, matrimoni forzati, accattonaggio.“ ha dichiarato Suor Gabriella Bottani, SMC, coordinatrice di Talitha Kum International. “Ringrazio, a nome della UISG, i membri del Coordinamento della rete Talita Kum per l’instancabile e profetico impegno nel combattere la tratta degli esseri umani e per la sinergia e la stretta collaborazione con migliaia di persone nel mondo che quotidianamente si impegnano per combattere lo sfruttamento umano e debellare qualsiasi forma di schiavitù. L’impegno di Talitha Kum è cresciuto negli anni conseguendo traguardi importanti che riempiono il cuore di speranza e di fiducia verso il futuro, ma il cammino è ancora lungo e sono ancora tanti i passi da fare.” ha dichiarato Suor Nadia Coppa, ASC, Presidente della UISG. Oltre al dettaglio del azioni compiute dalla rete, nel rapporto sono raccontate tre iniziative particolarmente significative del 2021: il lancio della  prima“ Call to Action contro la tratta”, l’iniziativa dei Giovani Ambasciatori di Talitha Kum e  la Giornata internazionale di Preghiera e Riflessione contro la tratta. La raccolta e l’analisi dei dati del Rapporto di Talitha Kum ha coinvolto tutte le reti regionali e locali. La ricerca é stata realizzata in collaborazione con la Facoltà di Scienze Sociali dell’Università Pontificia Gregoriana, con il coordinamento del professor Peter Lah e di Suor Mayra Cuellar, MdB.  

Il Comites Londra a Bedford per incontrare la comunità italiana

30 Giugno 2022 -
Londra - Il Comites di Londra sarà a Bedford sabato 9 luglio per incontrare gli esponenti della comunità italiana dell’area. L’iniziativa rientra nella volontà del nuovo consiglio di essere sempre più presente nei luoghi in cui opera e offre il proprio supporto, spiegano i promotori.
Dalle ore 14 i consiglieri del Comites Londra saranno presso la Chiesa Italiana S. Francesca Cabrini (10 Woburn Rd, Bedford MK40 1EG) dandosi appuntamento con coloro che vivono e lavorano lì, responsabili di associazioni e organismi pubblici del luogo, tra i quali il Console Onorario a Bedford, Gaetano Moliterno.
La giornata si aprirà alle ore 11 con la seduta ordinaria che verrà trasmessa anche in diretta sul profilo Facebook del Comites Londra. Tra i punti all’ordine del giorno l’approvazione dei verbali delle sedute precedenti, aggiornamenti sui progetti in corso, discussione su nuove proposte di progetti ricevuti dal Comites, relazione del gruppo di lavoro sui servizi consolari. La chiusura dei lavori è prevista per le ore 13. Coloro che volessero prendere parte in presenza, potranno scrivere a segreteria@comiteslondra.info con i propri dati, permettendo così allo stesso Comites di organizzare al meglio l’accoglienza del pubblico.