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Ucraina: le aziende italiane in campo in aiuto dei profughi

22 Aprile 2022 - Padova - Ben 67 aziende delle province di Padova e Treviso hanno messo a disposizione 240 posti di lavoro per i profughi arrivati dall’Ucraina. È accaduto esattamente un mese fa. Gli esempi sono diversi. Il punto è che l’offerta di lavoro, uno degli aspetti inediti dell’attuale campagna di apertura ai rifugiati, non ha ancora portato a risultati concreti in termini di assunzione e inserimento del personale ucraino. Il caso Nord Est è da manuale: le imprese disponibili ci sono, ma i posti non sono ancora stati riempiti. Troppe le incertezze sulla permanenza in Italia dei profughi: è questa la ragione principale al momento sull’impasse in corso. La friulana Roncadin, un colosso delle pizze, ha aperto agli scampati dalla guerra le liste di 100 nuove assunzioni negli stabilimenti del gruppo. Altre centinaia di posti sono stati messi a disposizione nel commercio e nei servizi ricettivi. Il gruppo Fedrigoni di Verona, tra i primi al mondo nella produzione e vendita di carte speciali per packaging di lusso, editoria e grafica, e di autoadesivi per l’etichettatura, ieri ha annunciato un supporto ai cittadini ucraini: possibili eventuali assunzioni sia in Polonia, prima méta dei profughi, sia in Italia, dove è stato attivato il sostegno all’opera di Medici senza frontiere. A Verona, famiglie ucraine hanno trovato ospitalità in locali di pertinenza dell’azienda. Otb Foundation, che fa capo a Renzo Rosso, in collaborazione con l’associazionismo e 43 Comuni del Vicentino, nonché con numerose parrocchie, sta ospitando mezzo migliaio di persone; non mancano anche in questo caso le opportunità di lavoro. Tra Cordignano e Sacile, sul confine veneto-friulano, opera Itlas, una delle industrie del legno più performanti. Ne è titolare Patrizio Dei Tos, presidente anche di Confindustria Serbia. La sua esperienza l’ha portato a mettere a disposizione due alloggi, per una decina di profughi. Gli ultimi due sono appena arrivati. «Marito e moglie. Il marito fa di professione il fisico. L’avrei assunto in azienda, ma non come fisico. Devo cercargli pertanto un impiego adeguato. Spero di trovarlo» anticipa. Bottega Spa, azienda di vini e liquori con sedi fra Veneto e Friuli, ha messo a disposizione ben 50 posti. «In queste settimane abbiamo accolto fino a 35 persone, in collaborazione con la Caritas ed il volontariato – spiega Stefano Bottega, uno dei titolari –. Siamo pronti ad inserire, nelle nostre attività, gli ospiti che decidano di fermarsi, anche dopo la guerra. Per il momento abbiamo raccolto la disponibilità di uno dei pochi uomini arrivati ancora all’inizio della guerra. Fa parte del nostro ufficio commerciale e siamo veramente soddisfatti. Conosciamo tante persone in Ucraina – aggiunge –, è un mercato che per noi vale un milione di euro e che ora è ovviamente sospeso. Così abbiamo i nostri importatori, collocati in particolare nel territorio a ovest di Donetsk». La Meccanica di Cittadella, nel Padovano, produce macchinari per il legno e le biomasse. «Lavoriamo, anzi lavoravamo molto per l’Ucraina, la Bielorussia e la Russia. Adesso è tutto sospeso – ammette con preoccupazione il titolare, Roberto Reffo – . Nella nostra foresteria abbiamo accolto due famiglie, mamme con i bambini. Una è la moglie di un nostro operatore commerciale che segue il mercato in quel territorio. Una mamma con due figli, dopo un po’, è rientrata a Kiev, perché da infermiera non se la sentiva di rimanere, con le necessità che c’erano nella sua città». Complessivamente, le associazioni industriali del territorio hanno reso disponibili 24 alloggi, circa 100 posti letto. Nei Comuni di Asolo, Castelfranco, Cittadella, Conselve, Villa del Conte, Saonara, Piove di Sacco, i posti di lavoro disponibili raggiungono quota 240 posti. Le imprese appartengono ad ogni settore: metalmeccanico, arredo e design, alimentare, cartario, calzature, chimica farmaceutica, alberghi, Ict. «La risposta che sta arrivando dalle nostre imprese – sottolinea Leopoldo Destro, presidente di Assindustria Venetocentro – è di vicinanza e di speranza per que- ste persone in fuga dalla guerra e per il loro futuro». Intanto a Pordenone è stato sottoscritto da Camera di Commercio, prefettura, associazioni di categoria e organizzazioni sindacali, un accordo per permettere, in condizioni di piena garanzia legale, contrattuale e retributiva, di far accedere a occasioni lavorative i profughi che decidono di restare. Il problema è solo quello di far incontrare offerta e domanda di lavoro? No, risponde il segretario della Cisl del Veneto, Gianfranco Refosco. «Oggi il permesso di soggiorno straordinario della durata di 12 mesi rende possibile e consente senza problemi l’assunzione di una persona ucraina profuga arrivata in Italia in fuga dalla guerra – spiega –. Tanti di loro però vivono la situazione come provvisoria e si percepisce chiaro il senso di attesa e di speranza per un rientro che confidano possa avvenire prima possibile ». E poi, naturalmente, vi è l’ostacolo della lingua, che certo non aiuta un inserimento lavorativo, motivo per cui come Cisl Veneto, spiega Refosco, «abbiamo lanciato una call a insegnanti, formatori e mediatori culturali con lo scopo di avviare percorsi di prima formazione linguistica, e non solo». (Francesco Dal mas - Avvenire)    

Ucraina: il grazie di Papa Francesco alla Polonia per i rifugiati accolti

21 Aprile 2022 -

Roma - Ha preso spunto dalla festa della Divina Misericordia che si celebra domenica per ringraziare la Polonia dell’accoglienza agli sfollati ucraini. Nei saluti ai pellegrini polacchi al termine dell’udienza generale di ieri, papa Francesco ha ricordato che «Cristo ci insegna che l’uomo non solo sperimenta la misericordia di Dio, ma è anche chiamato a mostrarla al suo prossimo». Poi le parole di riconoscenza. «Vi sono particolarmente grato per la vostra misericordia verso tanti rifugiati dall’Ucraina, che hanno trovato in Polonia porte aperte e cuori generosi. Che Dio vi ricompensi per la vostra bontà».

Ucraina: circa 97mila i profughi arrivati in Italia

19 Aprile 2022 -
Roma - Sono 96.989 le persone in fuga dal conflitto in Ucraina arrivate fino a oggi in Italia, delle quali 92.666 alla frontiera e 4.323 controllate dal compartimento Polizia ferroviaria del Friuli Venezia Giulia. Il dato è stato diffuso oggi dal Ministero dell'Interno. Dei circa 97mila persone 50.154 sono donne, 11.579 uomini e 35.256 minori. Le città di destinazione dichiarate all'ingresso in Italia sono tuttora Milano, Roma, Napoli e Bologna. L'incremento, rispetto a ieri, è di 477 ingressi nel territorio nazionale.

Ucraina: attacco a Leopoli, città dei profughi

19 Aprile 2022 -
Roma - Attacco a Leopoli, attacco alla città dei profughi. È don Taras Zheplinskyi, del dipartimento di comunicazione della Chiesa greco-cattolica ucraina, ad aggiornare il Sir su quanto sta accadendo in città. “Secondo le informazioni che stiamo ricevendo – dice – questa mattina (18 aprile, ndr) Leopoli è stata attaccata da cinque missili provocando la morte di 7 persone e 11 feriti”. Il bilancio delle vittime è ovviamente provvisorio ma dalle informazioni di don Taras Zheplinskyi, due feriti si trovano in condizioni molto gravi mentre il bimbo – dato per morto da alcune agenzie – sarebbe ferito. I missili hanno colpito 3 obiettivi di infrastrutture militari, un obiettivo civile, cioè un centro meccanico per auto e la stazione centrale dei treni”. L’attacco per fortuna non ha causato vittime né tra i dipendenti delle ferrovie né tra i passeggeri. Il traffico ferroviario è stato ripristinato, anche se si registrano ritardi.  La stazione è un punto sensibile in questa parte dell’Ucraina: “è qui – spiega il sacerdote – che arriva tutto il flusso dei rifugiati che si muove dal Nord e dall’Est del Paese per riprendere poi la strada versi i diversi paesi d’Europa”. Secondo i dati dell’Unhcr, sfiorano i 5 milioni le persone costrette a lasciare l’Ucraina per sfuggire alla guerra. In pratica quasi il 5 per cento dei 44 milioni di abitanti ha dovuto fuggire all’estero. L’attacco su Leopoli arriva nel primo giorno in cui i cattolici della chiesa di rito bizantino e gli ortodossi cominciano a vivere la Settimana Santa, secondo il calendario giuliano. “Qui a Leopoli – confida il sacerdote – tante persone non avevano ancora sperimentato direttamente gli effetti della guerra.  Ora si ha paura. Non sappiamo cosa aspettarci. Abbiamo cominciato la Settimana Santa in questa incertezza”. Per stabilire gli orari delle celebrazioni pasquali e le visite nelle chiese, si è preso in considerazione gli orari del coprifuoco che differiscono da città a città, a seconda della gravità della situazione militare. Nella Regione di Leopoli, per esempio, il coprifuoco comincia alle 23 e finisce alle 6 di mattina. Sicuramente l’attacco in allerta chiedendo “prudenza e attenzione”. Don Taras Zheplinskyi ricorda l’appello lanciato  da Papa Francesco nel suo messaggio per la benedizione Urbi et Orb. “Si scelga la pace. Si smetta di mostrare i muscoli mentre la gente soffre”, ha detto il Pontefice. “Troppo sangue e violenza, è difficile credere che Cristo sia davvero risorto”. Qualche giorno fa il Consiglio panucraino delle Chiese e delle organizzazioni religiose ha lanciato un appello per una “tregua pasquale” per la sicurezza dei luoghi di culto durante le festività religiose. “Siamo convinti – hanno detto i rappresentanti religiosi – che se c’è un desiderio e una buona volontà, la parte russa insieme ai rappresentanti competenti dell’Ucraina, nel quadro del processo negoziale in corso, potrebbero raggiungere accordi che fornirebbero ai civili dell’Ucraina l’opportunità di incontrarsi e celebrare i prossimi giorni sacri senza bombardamenti e rischi per la vita. Possa l’Altissimo infondere la saggezza e la misericordia a tutti coloro da cui dipende la soluzione di questo problema”.  Ma il sacerdote di Leopoli ha dubbi sulla reale possibilità di una tregua. “Oltre 60 chiese sono state attaccate, alcune completamente distrutte, durante questi 54 giorni di conflitto”, ricorda don Taras, ripercorrendo l’attacco al seminario cattolico di Vorzel, alla Caritas di Mariupol, alla chiesa greco-cattolica di Irpin. “I russi – aggiunge – non si sono fermati di fronte a niente. Lo abbiamo visto nelle città martoriate di Sumy, Chernihiv. E’ difficile quindi oggi credere che possano accogliere questo appello e rispettare una tregua pasquale”. (Foto Ansa-Sir)

Ucraina: ragazzi ucraini presenti ieri all’incontro con papa Francesco

19 Aprile 2022 - Roma - "Purtroppo sono ancora dense le nubi che oscurano il nostro tempo. Oltre alla pandemia, l'Europa sta vivendo una guerra tremenda, mentre continuano in tante regioni della Terra ingiustizie e violenze che distruggono l'uomo e il pianeta. Spesso sono proprio i vostri coetanei a pagare il prezzo più alto: non solo la loro esistenza è compromessa e resa insicura, ma i loro sogni per il futuro sono calpestati". E' quanto ha detto ieri pomeriggio papa Frabcesco nell'incontro, in piazza San Pietro, con gli adolescenti italiani. Erano 80mila.Molti di più di quanti erano attesi in questo incontro promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana e che hanno riempito la piazza ma anche via della Conciliazione, in un tripudio di canti e allegria. Una mini Gmg (Giornata Mondiale della Gioventù), dove si è pregato ma anche ascoltato i cantanti delle nuove generazioni in una piazza che ha visto presenti un nutrito gruppo di ucraini. Le diocesi hanno voluto la loro presenza perché in questo momento di festa non può comunque essere dimenticata la tragedia che si vive a non molti chilometri dalla piazza del Papa. E al Regina Coeli - che nel Tempo di pasqua sostituisce l'Angelus - ha parlato di riconciliazione: "Le liti, le guerre, le contese lascino posto alla comprensione, alla riconciliazione. Sottolineare sempre questa parola: riconciliazione", ha detto il Pontefice invitando a rinunciare "ai nostri piani umani, convertiamoci ai Suoi disegni di pace e di giustizia".

Il perdono per la Resurrezione

14 Aprile 2022 - Ferrara - Descrivere la Pasqua 2022 degli ucraini non è semplice, perché per festeggiarla bisognerebbe vivere il tempo della Quaresima, col digiuno e la preghiera penitenziale. Quest’anno la guerra non ci permette di dedicarci come sempre alla preghiera.
La Chiesa ucraina di Ferrara ha avuto i “segni” della guerra, con i tanti pacchi ricevuti e una raccolta che ancora oggi prosegue. Questo dimostra come la Chiesa ucraina a Ferrara sia cuore dell’intera comunità degli ucraini e non solo dal punto di vista spirituale. La Pasqua di quest’anno ci deve far capire come Gesù Risorto ci dà la Sua forza e speranza. Per poter crescere nella fede, Egli ci incoraggia a capire, con gli occhi della speranza, che ogni croce, come la croce della nostra Patria, se sarà piantata nella fede in Dio, ci porterà alla Resurrezione. Pasqua è sempre stata la festa della gioia. Oggi la penso come un altro gradino di fede che dobbiamo salire. Un gradino di perdono, come Gesù quando dice «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno» (Lc 23, 34). Penso che la Pasqua quest’anno ci debba insegnare proprio a essere come Gesù, capaci di perdonare. Questo è il punto fondamentale per poter passare dalla morte alla Resurrezione. Nei giorni della Settimana Santa, facciamo la preghiera non solo a Ferrara ma anche a Bondeno alle ore 11 e a Copparo il Sabato Santo alle 14. Con i nostri nuovi compaesani così pieni di sincerità, amore, coi sorrisi e gli abbracci dei bambini che sono oggi qui da noi. È molto importante in questo periodo riuscire a dare il calore della vicinanza e a creare un ambiente domestico, per curare le loro ferite causate dalla guerra. Se riusciremo a fare ciò, potremo dire di aver festeggiato la Pasqua. Le storie delle mamme fanno tremare il cuore, ma il sorriso dei bambini ti chiede di rispondere con un sorriso. Chiediamo a Dio che ci porti non solo la pace, ma che ci incoraggi per poter essere capaci di perdono, uno dei gradini più importanti che Gesù ci insegna negli ultimi momenti della Sua vita. Buona Pasqua a tutti. (padre Vasyl Verbitskyy)

Ucraina: Mci Germania e Scandinavia, iniziative di solidarietà per i profughi

13 Aprile 2022 - Francoforte -  Nelle comunità italiane in Germania e Scandinavia si sono attivate tante iniziative di solidarietà con l’Ucraina, in proprio o con altri Enti, oltre alle numerose preghiere per la pace: collette di fondi, raccolta di oggetti, accoglienza dei profughi. La Delegazione delle Missioni Cattoliche Italiane ed i mezzi di comunicazioni propri come il Corriere d’Italia stanno ricevendo e pubblicando informazioni su queste iniziative.

Ucraina: l’accoglienza come strada per la pace

13 Aprile 2022 -
Roma - Kiev, dove "segnali di pace" e forza d'animo della popolazione si confrontano con la sofferenza e I timori per i combattimenti nell'est dell'Ucraina, e Roma, che lancia il suo messaggio di pace accogliendo e tutelando I fragili, provando a immaginare percorsi di integrazione anche in ascolto della sua comunità di origine ucraina. Un legame, quello tra Kiev e Roma, tra l'Ucraina e l'Italia, a ormai 48 giorni dall'inizio dell'offensiva militare russa il 24 febbraio, ieri al centro di un dibattito pubblico nella sede dell'agenzia di stampa Dire. I temi sono in evidenza nel titolo, 'Roma Ucraina. Gli aiuti, l'accoglienza, le diaspore: una città per la pace'. A partecipare anche anche due religiosi ucraini, uno di base a Roma, don Marco Yaroslav Semehen, rettore della basilica minore di Santa Sofia degli ucraini greco-cattolici e direttore Migrantes dell'Esarcato Apostolico dei cattolici ucraini, e uno in videocollegamento da Kiev, don Maksim Ryabukha, salesiano. Apre i lavori, sollecitato dal moderatore, il giornalista Vincenzo Giardina, proprio don Ryabukha. "Kiev sta piano piano tornando in una condizione normale, ma è pur sempre la normalità di uno stato di guerra" scandisce il sacerdote anche in riferimento al recente ritiro delle forze armate russe dai sobborghi della capitale. "La consapevolezza che il conflitto imperversa nel sud e nell'est del Paese provoca molta tristezza". Sentimenti forti, quelli che animano gli abitanti di Kiev, che come luci e ombre dialogano con "la presenza di Dio, molto forte in questi giorni qui", e con "i segnali che ci fanno credere alla pace" e che fanno pensare che "non è vero che il conflitto durerà mesi o anni, come dicono in molti". L'orizzonte temporale torna anche nelle riflessioni di don Semehen. Se è vero infatti che in circa un mese e mezzo 4,6 milioni di persone hanno già lasciato l'Ucraina e oltre 83mila sono già giunte in Italia, il sacerdote guarda anche al futuro e riflette sul presente. "Il Comune di Roma e la Regione Lazio, insieme alle comunità ecclesiastiche, stanno facendo uno sforzo immenso per accogliere" dice don Semehen, che però si chiede: "Dove alloggeranno in futuro queste persone? Perché gli alloggi al momento sono temporanei e questo crea vari problemi, per esempio le famiglie ospitate in hotel non possono iscrivere I figli a scuola". Tre le priorità da affrontare per il dopo, secondo il rettore della basilica di Santa Sofia, un riferimento per i circa 15mila cittadini ucraini residenti a Roma già da prima dello scoppio della guerra: "Assistenza psicologica, perché tante persone stanno manifestando disagio e malanni psico-somatici; tutela dei minori; alloggi permanenti". Ad attraversare trasversalmente questi tre aspetti, si intuisce, è la cura e l'assistenza dei più fragili. Di questo aspetto, inteso come "priorità", dice Barbara Funari, assessore alle Politiche sociali di Roma capitale. "Siamo felici di aver potuto fornire un rifugio sicuro a persone in condizioni di vulnerabilità, come persone non vedenti o genitori anziani con figli disabili", sottolinea la dirigente, che pure guarda alla prossima fase, quella della seconda accoglienza anche per molte delle "2mila persone ospitate in strutture alberghiere convenzionate con il Comune che fra poco si troveranno ad affrontare la stagione turistica". Riferisce Funari: "Al momento stiamo lavorando in stretto coordinamento con la Regione Lazio per provare a tutelare le persone più vulnerabili nelle fasi di trasferimento che potrebbero seguire, provando a chiedere che rimangano a Roma qualora abbiano già avviato un percorso di integrazione, iscritto i bambini a scuola o abbiano necessità sotto il profile socio-sanitario". E' una prova di accoglienza, che secondo Mario Giro, esponente della Comunità di Sant'Egidio già viceministro degli Esteri, dimostra una volta di più che "gli europei sono molto più accoglienti di quanto la politica racconti". E a confermarlo, dice Giro rispondendo implicitamente alle polemiche sul presunto "doppio standard" dell'accoglienza dei Paesi europei, anche "quello che abbiamo visto coi tanti siriani fatti arrivare con I corridoi umanitari", organizzati dal 2016 da Sant'Egidio e dale Chiese protestanti in partnership con le istituzioni italiane. "Ora - sottolinea Giro - lo vediamo ancora con i tanti ucraini accolti in Polonia e nei Paesi del continente".

Ucraina: 91 mila i profughi in Italia

12 Aprile 2022 -
Roma - Sono 91.137 a oggi le persone in fuga dal conflitto in Ucraina arrivate in Italia, 87.217 delle quali alla frontiera e 3.920 controllate dal compartimento Polizia ferroviaria del Friuli Venezia Giulia. Ne dà notizia il Viminale precisando che “si tratta di 47.112 donne, 10.229 uomini e 33.796 minori” e che “l’incremento, rispetto a ieri, è di 1.217 ingressi nel territorio nazionale”. Sono confermate come principali città di destinazione Milano, Roma, Napoli e Bologna.

Ucraina: circa 90mila i profughi in Italia

11 Aprile 2022 -
Roma - Sono 89.920 a oggi le persone in fuga dal conflitto in Ucraina arrivate in Italia, 86.048 delle quali alla frontiera e 3.872 controllate dal compartimento Polizia ferroviaria del Friuli Venezia Giulia. Si tratta di 46.491 donne, 9.984 uomini e 33. 445 minori.  Le città di destinazione dichiarate all'ingresso in Italia sono ancora Milano, Roma, Napoli e Bologna.

Ucraina, Bosnia: nel campo profughi di Usivak dove si ‘gioca’ per vivere

11 Aprile 2022 -  Ušivak - Sahim ha 11 anni e viene dal Pakistan, ma dice di non ricordare da quale città. Grandi occhi neri, come i suoi capelli, si aggira in ciabatte, nonostante il freddo e la neve, nel centro di accoglienza temporanea di Ušivak, vicino a Sarajevo, dove vive, da solo, da poco più di otto mesi. Suo padre è riuscito nel “Game” (il gioco), come viene chiamato da queste parti: il tentativo di attraversare i confini dei Paesi balcanici per cercare, a costo della vita, di entrare in territorio Ue, meta finale, percorrendo sentieri impervi, evitando freddo, fili spinati, animali selvatici, barriere, telecamere termiche, campi minati, droni, polizia, manganelli e formazioni paramilitari. Ora si pensa che sia in Germania. Sahim, invece non ce l’ha fatta: il camion dove il padre lo aveva nascosto per passare clandestinamente il confine croato è stato bloccato dalla polizia di frontiera che, scopertolo, lo ha rispedito a Ušivak. Della madre non si sa molto, “forse è in Francia”, “forse è morta”, dicono gli operatori del campo. Ora Sahim attende che il padre chieda il ricongiungimento familiare per portarlo in Germania. Ma i tempi sono lunghi, prima deve trovare un lavoro, costruirsi una nuova vita e solo allora potrà riabbracciare il figlio. Intanto il piccolo tira calci ad un pallone sgonfio e passa il suo tempo con altri bambini migranti nel ‘Social corner’ del centro, coccolato dai 5 caschi bianchi di Caritas Italiana che svolgono qui il loro servizio civile, tra lezioni di scuola, laboratori manuali, giochi e balli. Dono di Papa Francesco. Il social corner, avviato nell’ottobre del 2020, è il frutto di una donazione di Papa Francesco che ha deciso così di sostenere alcuni progetti di accoglienza lungo la Rotta Balcanica, quel percorso che dalla Grecia risale la penisola balcanica fino ad arrivare nei paesi Ue. Unica porta per migliaia di migranti per entrare in Europa. Tra questi progetti spiccano i Social Corner di due campi di accoglienza temporanea della Bosnia-Erzegovina, Ušivak (Sarajevo) e Sedra, nella zona di Bihac, al confine con la Croazia. Si tratta di un prefabbricato dentro il quale è stato arredato uno spazio per laboratori e attività manuali, corsi di lingua e giochi. Un luogo dove ogni giorno i volontari  distribuiscono tè o caffè caldo. "Game is over". Oggi al Social Corner di Ušivak si canta e si balla al ritmo dei tamburi. I volontari di Caritas Bosnia e i caschi bianchi di Caritas Italiana hanno organizzato una festa sia per i più piccoli e le loro famiglie che per i più grandicelli. Poi pizza per tutti. La gradinata in cemento del vecchio teatrino all’aperto, decorata con i colori della pace, si riempie di persone richiamate dalla musica. I tratti dei volti ne rivelano la provenienza, Iran, Afghanistan, Pakistan, Siria, Iraq, Africa e persino da Cuba. “In questo periodo – dice al Sir Gorana Lovric, coordinatrice del Social Corner – ospitiamo circa 200 persone. Il campo di Ušivak è destinato a ricevere famiglie e minori non accompagnati, fino a un totale di 800 persone. Il nostro compito al Social Corner? Accogliere i migranti, aiutarli, rispettando la loro dignità di esseri umani, come ci insegna Papa Francesco. Lo facciamo con gesti semplici, come offrire loro una tazza di tè o di caffè. In questo modo parliamo, condividiamo le loro storie, capiamo ciò di cui hanno bisogno. Siamo orecchi pronti ad ascoltarli e braccia aperte pronte a stringerli. Sono persone con storie di povertà e di disperazione alle spalle che non ti chiedono nulla, solo essere ascoltati”. In questi anni di attività al Social Corner, Gorana ha conosciuto tanti giovani. Tutti hanno provato il Game, ma solo qualcuno ce l’ha fatta come il ragazzo iraniano di soli 15 anni, con alle spalle tutta la Rotta Balcanica: dalla Turchia alla Bosnia, passando per Grecia, Albania, Montenegro e Serbia. “Dopo aver sostato qui al campo per oltre un anno aveva deciso di seguire alcuni suoi amici più grandi. Voleva provare il Game. Di lui nessuna notizia per molto tempo. Un giorno una telefonata: ‘Teacher, game is over’, “Maestra, il gioco è finito!”, era il suo modo per dirmi che ce l’aveva fatta, era arrivato in Inghilterra. Ho pianto di gioia. Sono giovani che hanno diritto a vivere con dignità, a un futuro. Quando vedo questi giovani che provano il Game penso a mio fratello, a mio figlio, e piangi. Piangi perché sai quanto sia importante per loro arrivare in Europa, lasciarsi dietro povertà e guerra".Bosnia, nel 1992. Sono sopravvissuta. Ma il loro presente oggi è più pesante del mio passato. Così ci mettiamo nei loro panni e siamo pronti ad aiutarli a riavere la dignità che hanno tolto loro”. Una vita di inferno. Gorana parla e Sahim continua a tirare calci al pallone mentre si gusta il suo trancio di pizza. È ora di pranzo a Ušivak. Si avvicina un giovane iraniano, Daniel Hozhabri, viene da Teheran. Con i suoi 34 anni è il veterano del centro di Ušivak. Ha voglia di parlare e racconta di essere qui da 4 anni: “sono scappato dal mio Paese senza portare nulla con me, in tasca solo un sogno, la musica. In Iran ci sono tanti problemi che nessuno vuole risolvere. Non c’è libertà, i cittadini vivono sotto dittatura. Da quando poi nel confinante Afghanistan sono tornati i talebani i problemi sono aumentati”. Racconta di aver trascorso 10 anni in diversi Paesi di transito, “muovendomi in gran parte a piedi, con il rischio di essere respinto ogni volta. Una vita di inferno – dice con voce strozzata – ma non siamo animali, siamo esseri umani. Cerchiamo solo pace e futuro, ne abbiamo diritto”. Per questo Daniel ha provato tante volte il Game senza riuscire mai ad arrivare alla meta. “Mi hanno sempre preso. L’ultima volta pochi giorni fa. Le guardie di frontiera in Croazia mi hanno fermato e sequestrato il cellulare e il power bank. Me li hanno fatti a pezzi sotto i mei occhi. Eravamo in undici, con noi c’erano anche delle donne con sei bambini piccoli. Ci hanno rispedito tutti a Bihac in Bosnia. Da Bihac poi sono tornato qui a Ušivak”. “Questo campo non è la migliore soluzione ma ci adattiamo” afferma il giovane iraniano che dall’alto dei suoi 4 anni a Ušivak conosce ogni centimetro del campo: “Questa è l’area riservata ai contagiati dal Covid, mentre più in basso ci sono i laboratori di sartoria e il centro clinico”. Gli alloggi sono tutti allineati uno dietro l’altro, le finestre parzialmente oscurate con delle coperte per non far filtrare la luce solare. Un campo di calcetto pieno di buche con porte improvvisate ricavato da un vecchio parcheggio, poco distante un container adibito a palestra. Incontriamo alcuni giovani ospiti intenti a scrivere al cellulare. Uscire da Ušivak per andare a Sarajevo chiede tempo, pertanto preferiscono restare all'interno della struttura. Problemi di lingua e la mancanza di soldi, fanno il resto. Uno di loro è salito sopra una collinetta “perché lì c'è più segnale”, rivela  Daniel. La visita termina davanti al suo alloggio: un container con tre letti a castello, una finestra malmessa che lascia passare aria. I pochi effetti personali sparsi sul letto. “Adesso ci vivo da solo, e ho spazio, ma fino a qualche mese fa eravamo in sei. Non ci si poteva muovere". "Nonostante tutte le difficoltà continuo a credere nell’umanità e che ci sarà un futuro dignitoso anche per me”. La voce dell'Oim. Negli ultimi anni la pandemia ha rallentato gli arrivi in Bosnia rendendo più gestibile il flusso dei migranti. “Oggi nei 5 centri di accoglienza temporanea in Bosnia sono ospitate circa 2000 persone – spiega Margherita Vismara, coordinatrice dei programmi Oim (International Organization for Migration) –. La loro permanenza nei campi è varia. A Ušivak, per esempio, il 20% dei migranti si trattiene per sei mesi-un anno, il 20% più di un anno, il restante 60% per meno di sei mesi. Le famiglie attendono di ricongiungersi con i parenti che sono già in Europa, ma le procedure possono essere molto lunghe. Per questo motivo sono in molti a provare il Game. Come Oim cerchiamo di evitare che bambini e donne debbano affrontare camminate notturne in foreste, in terreni pericolosi, in mezzo al freddo e alla neve, per entrare nell’Ue. Questa gente arriva a camminare fino a 20 o 30 km. in una notte portandosi dietro i bambini anche in tenera età. Tante volte si sono smarriti e ci hanno rintracciato al telefono per chiedere aiuto. In alcuni casi Protezione civile e Soccorso alpino sono intervenuti con le moto slitte. Non è facile arrivare anche perché la Croazia non è ancora in Schengen e quindi devono raggiungere la Slovenia”. In lotta per un sogno. Ne sa qualcosa Mazar Sharif, che il Game lo ha provato diverse volte. “Sono afgano – racconta il giovane ospite - ho frequentato fino alla sesta classe, la prima media. Sono fuggito che ero ancora un bambino, insieme a mia sorella e a suo marito, perché non vedevo un futuro. Nel mio Paese non c’è libertà, non c’è lavoro solo tanta povertà. Con i talebani la situazione è peggiorata: ti entrano in casa e ti portano via, come si fa a vivere così. Sono fuggito prima in Iran per cercare di aiutare la mia famiglia, poi in Turchia e in Grecia dove mi sono separato da mia sorella. Ho proseguito per il Montenegro, la Serbia, fino a qui, in Bosnia. Dalla Grecia alla Bosnia ho camminato. Sono stati tre lunghi anni durante i quali ho cercato di vivere con piccoli lavori, con qualche aiuto da casa. Vorrei andare in Francia, mi piacerebbe studiare". "Ricordo sempre quello che mi disse un mio amico, che ora vive in Germania: dobbiamo lottare per il nostro futuro e per realizzare i nostri sogni. È ciò che farò ogni giorno fino a quando avrò la forza”. Si è fatta sera, Daniel e Mazar rientrano nei loro prefabbricati. Lo stesso fa Sahim ma non prima di aver ripreso il suo pallone sgonfio finito sotto un'auto di un addetto alla sicurezza del campo. Giusto il tempo di salutare i suoi piccoli amici. La partita la finiranno domani. In attesa del prossimo Game... (Daniele Rocchi - Sir)

Ucraina: Acli, “gli ucraini che hanno lavorato in Italia e che ora sono costretti a rientrare qui continueranno a godere della pensione”

11 Aprile 2022 - Roma - "Gli ucraini che hanno lavorato per un’intera vita in Italia e che ora sono costretti a rientrare nel nostro Paese potranno continuare a godere della pensione". Lo ha stabilito il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, che ha accolto una delle proposte Acli, presentate ufficialmente lo scorso 17 marzo alla Camera dei Deputati. "Un mese fa l’associazione ha chiesto che per l’intera durata dell’emergenza in Ucraina, l’Inps continuasse ad erogare la pensione da espatriati, quella cioè che spetta a chi abbia regolarmente lavorato in Italia e sia poi espatriato in Ucraina, e che si potesse ritirare la pensione presso le Poste Italiane e su altri canali bancari diffusi a livello internazionale", affermano le Acli. In base all’articolo 18 della legge n. 189/2002, la pensione di espatrio viene erogata solo a chi decide di rientrare nel proprio Paese di origine: il venire meno della condizione di rimpatrio definitivo comporta la revoca della prestazione pensionistica. Ma a partire dal 24 febbraio 2022, a causa della guerra, molti cittadini ucraini, titolari di pensione italiana, sono stati costretti a lasciare l’Ucraina per stabilirsi nuovamente in Italia o in altri Stati. Il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha comunicato all’Inps che “fino a quando non verranno a crearsi le condizioni per un rientro nel Paese in sicurezza, le pensioni già in essere potranno continuare ad essere erogate anche in Paesi diversi dall’Ucraina e in Italia”.

Alice e il Circus di Kiev adottati dall’Italia, il Paese delle meraviglie

8 Aprile 2022 -

Milano - Il teatro ha salvato la vita ai trenta artisti del Circus-Theatre Elysium di Kiev. Erano venuti in Italia dall’Ucraina il 5 febbraio per raccontare cantando, ballando, facendo acrobazie, la fiaba “Alice nel paese delle meraviglie” e quando è cominciata la guerra, con le bombe sganciate dai russi sulla capitale ucraina, si trovavano a Bologna. E sono rimasti bloccati. Adesso si sentono al sicuro, avvolti in una rete di solidarietà imbastita dal mondo dello spettacolo e dalle istituzioni, ma cosa sarebbe successo se Yuliia Palaida (Alice), Yuliia Oshchepkova (Regina), Ruslan Gorobets (il cappellaio matto) e gli altri ballerini, clown e acrobati del circo fossero tornati nelle loro case, in patria? La prima reazione, per tutti, è stata di sgomento e paura. «Non sapevamo come stavano i nostri familiari a Kiev, se si fossero salvati dai bombardamenti, se erano ancora vivi: i collegamenti con l’Ucraina si sono interrotti spesso nei primi quindici giorni del conflitto e non potevamo avere contatti con loro perché si erano rifugiati nei bunker antiaerei». Poi la situazione si è chiarita. Stanno tutti bene. «In seguito i nostri cari si sono trasferiti nella parte occidentale del Paese – precisa Palaida, che in Ucraina ha lasciato il marito e il padre, arruolati nell’esercito – dove i combattimenti non sono ancora arrivati». Ma l’andamento della guerra, purtroppo, non lascia sperare in un “cessate il fuoco” entro breve.

Grazie alla disponibilità di diversi teatri italiani e all’impegno del produttore Roberto Romaniello, il tour del circo Elysium, che si doveva concludere il 14 marzo a Brescia, è potuto proseguire. Stasera (inizio ore 21) la compagnia ucraina si esibisce con Alice in wonderland all’Arcimboldi di Milano, dove resterà anche domani e domenica (l’ultima replica è alle ore 16).

Al seguito del cast costituto da grandi professionisti a livello internazionale ci sono anche due tecnici, il direttore esecutivo Aleks Sakharov e la moglie Yuliia, coreografa. Romaniello, oltre a cercare i contatti con gli enti teatrali per garantire i prossimi spettacoli, almeno fino a metà maggio, si è interessato dell’ospitalità da offrire ai parenti degli artisti, una quindicina tra mamme e bambini fatti arrivare in Italia con un viaggio speciale. «Tra loro c’è anche una nonna – precisa l’impresario –, tutti sono stati accolti in alloggi nella zona di Reggio Emilia, dove il sindaco e il teatro municipale “Romolo Valli” si sono prodigati, insieme a noi, anche per il disbrigo delle pratiche burocratiche necessarie alla permanenza in Italia». Un’adozione speciale. «Siamo grati a tutti gli italiani che ci hanno dato la possibilità di prolungare il nostro tour e di rimanere in questo periodo di emergenza» ha commentato Sakharov, che adesso è ospite con la moglie e la figlia di 5 anni e mezzo in un appartamento di Montevecchia, in provincia di Lecco. La consorte di Sakharov aveva lasciato il marito e gli altri artisti del gruppo a Roma il 13 febbraio, dopo l’allestimento dello spettacolo al Brancaccio per tornare dalla bambina a Kiev: una settimana dopo però è scoppiata la guerra e lei si è trovata nel mezzo degli scontri armati. È stata costretta quindi a rifugiarsi nelle cantine della scuola della figlia e, passato il primo momento critico, dopo una settimana, è stata accompagnata da amici, insieme con la piccola, fino in Polonia e da qui ha raggiunto Dresda, in Germania, dove mamma e figlia hanno preso un volo per Milano e si sono ricongiunte a papà Aleks. «Lavorare, per questi artisti, è assolutamente fondamentale in questo momento – sottolinea Romaniello –, anzi possiamo dire che rappresenta la vita, perché possono restare concentrati, ancorati al presente, e così guadagnare il necessario per aiutare le loro famiglie a sopravvivere: i guai peggiori, anche dal punto di vista psicologico, cominciano invece quando non si lavora più». Comunque non è facile stare sul palcoscenico senza pensare a quello che sta succedendo nella propria città dilaniata dai bombardamenti e senza preoccuparsi per il futuro della patria. C’è tensione tra gli artisti dietro le quinte, ma anche la gioia di potersi esprimere con la propria arte di fronte a un pubblico generoso con il quale si è creata una forte empatia. «Alla fine dello show c’è sempre un momento assai commovente – racconta Romaniello –, un abbraccio ideale con gli spettatori dove la bandiera gialla e blu dell’Ucraina sventola sul palco». I biglietti per le repliche del’TAMm, a Milano stanno andando a ruba: «Lo spettacolo faceva “sold out” anche prima – ricorda il produttore – ma adesso, in più, c’è anche una spinta emotiva». Il Circus-Theatre Elysium è nato nel 2012 e lo spettacolo ispirato alla fiaba di Lewis Carroll – 100 sfavillanti minuti di puro divertimento con musica, effetti speciali, atmosfere oniriche e scene in 3D – è un progetto artistico del regista Oleg Apelfed portato avanti con il contributo della direttrice del Circo Nazionale dell’Ucraina, Maria Remneva.

Alla rete di solidarietà a favore dei circensi di Kiev hanno finora aderito, oltre al teatro milanese della Bicocca, ERT Fondazione, Accademia Perduta/Romagna Teatri, il Teatro Regio di Parma. Le date di aprile: Teatro Del Giglio di Lucca (il 13), Teatro Sociale di Mantova (14), Teatro “Diego Fabbri” di Forlì (15), Creberg di Bergamo (22), Gran Teatro Geox di Padova (24), Politeama di Genova (26) e, infine, Gran Teatro Morato di Brescia (1° maggio) e Manzoni di Pistoia, il 6 maggio.  (Fulvio Fulvio - Avvenire)

Ucraina: le iniziative a Santa Sofia con il supporto di Migrantes

7 Aprile 2022 - Roma - Cinquanta Tir – ultimo questo fine settimana - carichi di aiuti umanitari sono partiti per l’Ucraina dalla Basilica di Santa Sofia di Roma, uno dei due luoghi di preghiera degli ucraini nella Capitale e da oltre un mese centro di solidarietà e di raccolta per dare aiuto a chi fugge dalla guerra. Insieme agli aiuti, ci dice il rettore, don Marco Yaroslav Semehen, che è anche il direttore Migrantes dell’Esarcato dei greco cattolici ucraini in Italia,  da ieri sono iniziati corsi intensivi di italiano affidati ad insegnanti coordinati da Felicia d'Alessandro di Atena, Formazione e Sviluppo. «Saranno – spiega  il sacerdote – per il momento circa 150 persone, soprattutto donne» mentre i loro bambini «li stiamo aiutando ad inserirsi nelle scuole romane». I corsi sono supportati dalla Fondazione Migrantes e dall’Ufficio Migrantes della diocesi di Roma: “una iniziativa - spiega il direttore Migrantes di Roma, mons. Pierpaolo Felicolo - che stiamo sostenendo come aiuto concreto a queste donne arrivate in Italia da sole, con loro i bambini senza i mariti rimasti in Ucraina e che hanno bisogno di imparare subito la lingua per vivere al meglio la loro situazione, che rimane precaria, nel nostro Paese”. I corsi, infatti – come racconta don Semehen – nascono, dopo le prime settimane di raccolta di aiuti alimentari, medicine, kit igienici ed altro da far arrivare in Ucraina, su richiesta delle stesse donne ucraine che vogliono imparare l’italiano. In tutto ciò non è mai mancata – evidenzia il sacerdote ucraino – la solidarietà degli italiani e dei romani. Anche il presidente della Repubblica Mattarella, lo scorso 6 marzo, ha voluto partecipare alla liturgia della comunità ucraina a Santa Sofia. «Abbiamo sentito concretamente la vicinanza dell’Italia che  non ha mancato di esprimere solidarietà in tanti modi», aggiunge il sacerdote che ringrazia anche papa Francesco per il sostegno alla popolazione ucraina e per i «continui appelli alla pace e la disponibilità a recarsi, come pellegrino, a Kiev». Una vicinanza «molto concreta» con la visita dell’elemosiniere che «a nome del Santo Padre ha portato anche viveri e medicinali che noi abbiamo inviato in Ucraina». Il lavoro qui non si ferma: ogni giorno – racconta don Semeneh – «siamo ‘invasi’ da gesti di solidarietà e di vicinanza» mentre continua la collaborazione con il Comune, la Protezione Civile e con la Asl per avviare – spiega – “un centro dove effettuare tamponi anti-Covid, garantire visite mediche urgenti, soprattutto pediatriche per i bambini e distribuire tessere sanitarie temporanee. In Italia la solidarietà si è fatta anche molto vicina attraverso le 150 comunità cattoliche ucraine nel nostro Paese, assistite da oltre 60 sacerdoti, in collaborazione con la Fondazione Migrantes e gli uffici diocesani Migrantes. Oltre un centinaio i camion partiti per l'Ucraina e in tante comunità sono iniziati corsi di lingua italiana. Una guerra questa che «viviamo da dentro e non alla finestra, mediata da persone che lavorano nelle nostre case, frequentano le nostre chiese, vivono nelle nostre città»» dice la Fondazione Migrantes evidenziando anche le tante iniziative di accoglienza messe in campo nelle diocesi italiane. (Raffaele Iaria)

Ucraina: a Rimini oltre 4mila i profughi accolti, “qui i miei figli hanno iniziato la scuola”

7 Aprile 2022 -

Rimini - La guerra? «Milioni di persone in fila, la tua vita in uno zaino e fuggi dal paese». La sintesi di Olga Kramha, rifugiata a Rimini dall’Ucraina insieme al figlio minore, è straziante. E il rischio di dover rifare quello zaino appena disfatto, è perlomeno paradossale. «Molti di noi hanno parenti, i bambini hanno iniziato ad andare a scuola, c’è una rete di amicizie, ci danno una mano, non vogliamo spostarci da Rimini». Decine di profughi ucraini, prevalentemente donne, hanno lanciato questo appello davanti alla Prefettura di Rimini. In modo composto, davanti al Palazzo del Governo una piccola folla ha intonato l’inno della loro patria e poi ha consegnato al Prefetto Giuseppe Forlenza una lettera. La missiva è chiarissima: chiedono di non essere trasferiti, con i loro bambini, in altre località. Appena possibile, spiegano, torneranno in Ucraina ma fino ad allora vorrebbero restare nella Rimini che hanno scelto. Molti di loro qui hanno parenti, una rete amicale, stanno cercando di integrarsi. La bandiera della Pace e quella gialloblù dell’Ucraina issate da numerosi bagnini della riviera, sembra uno sventolante benvenuto. Sono circa 4.000 i profughi che nell’ultimo mese hanno scelto Rimini come destinazione in Italia. Nonostante le piccole dimensioni (149.000 abitanti, 339.000 in tutta la provincia), è la città italiana che ne ospita di più in assoluto. Non si tratta di un caso: lungo la Riviera romagnola vive una delle più grandi comunità ucraine d’Italia, circa 5.000 persone, in gran parte donne, la maggior parte badanti che vivono in casa degli anziani di cui si prendono cura. «Molte di queste donne hanno visto arrivare una figlia, una sorella, i nipotini» fa notare don Viktor Dvykalyuk, il cappellano della comunità greco-catttolica di Rimini, San Marino-Marino e Ravenna. Sta svolgendo il ruolo di mediatore per conto della Prefettura e tutti i giorni tiene uno sportello Ucraina. Bogdan ha 17 anni, è ucraino di origine ma nato a Rimini. Traduce i suoi connazionali. Lavora all’Hotel Margherita dove hanno trovato ospitalità 167 profughi, ora diventati 110. C’è chi è stato trasferito in montagna a 100 km dalla Riviera, isolati, chi nelle colline della provincia, altri ancora in Piemonte, Molise, Sicilia. Dei 57 profughi trasferiti, 27 la prefettura li ha collocati a Misano Adriatico, «gli altri attraverso una rete solidale sono stati distribuiti in famiglie e conoscenti, a Jesolo e in Austria, dove hanno trovato lavoro – racconta il titolare dell’Hotel Margherita, Stefano Lanna – Ho accolto queste persone, senza ricevere alcun contributo dello Stato, e continuerò a farlo. Non faccio business con chi scappa dalla guerra. Se le istituzioni mi aiuteranno bene, altrimenti proseguiremo con la solidarietà della comunità riminese». I volontari della mensa francescana di Santo Spirito provvedono al cibo, l’hotel si è persino dotato di Pronto soccorso interno. Il piano trasferimenti da Rimini va avanti. La Prefettura valuterà alcuni casi particolari, ma la linea è: non più rifugiati negli hotel. Potrà restare solo chi vanta sistemazioni autonome, con un contributo di 300 euro al mese per tre mensilità. «Siamo venuti qui con bimbi di 6 anni – racconta una giovane mamma ucraina – Vorremmo tornare a casa ma ora non è possibile, e adesso dobbiamo andare via anche da qui. Ho la mamma a Rimini, abbiamo fatto i documenti e i bambini hanno iniziato a frequentare l’asilo: chiediamo solo un’accoglienza temporanea». Tre donne hanno pagato l’hotel dove erano accolte per restare a Rimini. Dopo quattro giorni, però, hanno fatto le valigie. Chi intende restare, lo fa a spese proprie, rinunciando dunque agli aiuti di Stato. «Lavoro a Rimini da 16 anni e pago i contributi – è la testimonianza accorata di una donna ucraina – Ho trovato lavoro per le figlie arrivate e asilo per i nipotini di 2 e 6 anni: perché li mandano altrove?». (Paolo Guiducci - Avvenire)

Ucraina: Ue, 3,5 miliardi ai Paesi che accolgono rifugiati

6 Aprile 2022 -
Roma - Tre miliardi e mezzo per l’accoglienza dei rifugiati ucraini. “Nell’ambito degli sforzi volti a sostenere l’Ucraina in seguito all’invasione della Russia, gli ambasciatori presso l’Ue hanno approvato oggi una proposta che consente agli Stati membri l’accesso immediato a maggiori finanziamenti iniziali a titolo di React-Eu” (assistenza alla ripresa per la coesione e i territori d’Europa) “e rende più semplice soddisfare le necessità di base dei rifugiati provenienti dall’Ucraina e fornire loro sostegno”. È quanto spiega una nota del Consiglio Ue. Che puntualizza: “Quest’anno sarà erogato un totale di 3,5 miliardi di euro come aumento del prefinanziamento iniziale a titolo di React-Eu, uno dei principali programmi post-pandemia volto a rafforzare i fondi della politica di coesione e il Fondo di aiuti europei agli indigenti”. La quota più elevata sarà versata agli Stati membri che registrano un maggior numero di arrivi, sia come Paesi di transito che come Paesi di destinazione finale. “La proposta consente di ridurre l’onere sui bilanci pubblici degli Stati membri affinché – viene chiarito – possano gestire l’afflusso di rifugiati provenienti dall’Ucraina”. A tal fine, il prefinanziamento della quota per il 2021 a titolo di React-Eu sarà aumentato dall’11% al 15% per tutti gli Stati membri e al 45% per i Paesi dell’Unione in cui l’afflusso di rifugiati dall’Ucraina superava l’1% della rispettiva popolazione alla fine del primo mese successivo all’invasione russa. I Paesi che riceveranno quindi un prefinanziamento del 45% sono l’Ungheria, la Polonia, la Romania e la Slovacchia, che hanno frontiere comuni con l’Ucraina, nonché l’Austria, la Bulgaria, la Cechia, l’Estonia e la Lituania, che al 23 marzo 2022 avevano accolto un numero di sfollati superiore all’1% della rispettiva popolazione. La proposta introduce inoltre l’opzione di un “costo unitario per persona”, il che “facilita e velocizza l’attuazione dei fondi”. In particolare, il costo unitario “faciliterà il finanziamento delle necessità di base e del sostegno alle persone provenienti dall’Ucraina che ricevono protezione temporanea dall’Ue o un’altra protezione adeguata prevista dal diritto nazionale”. Tale costo unitario è pari a 40 euro per settimana e può essere utilizzato per la durata massima di 13 settimane a partire dalla data di arrivo della persona interessata nell’Unione europea.

Ucraina: “Nessuno ha il diritto di distruggere le città!”, manifestazione del Centro La Pira domani a Cassano Ionio

6 Aprile 2022 - Cassano allo Ionio - Risuoni forte dalla Calabria l’affermazione: "Nessuno ha il diritto di distruggere le città!". Promosso dal Centro Studi “Giorgio La Pira”, della città delle terme con l’ANCI Calabria, con il Comune e la Diocesi di Cassano, domani, giovedì 7 aprile, alle ore 17.30, presso il teatro comunale, i sindaci si ritroveranno per la pace, nella profezia di La Pira: “le città non vogliono morire”. Prenderanno parte, il Vescovo Mons. Francesco Savino, il Presidente dell’Anci, Marcello Manna e il sindaco della cittadina ionica, Giovanni Papasso. Nel corso della serata, interverranno in videoconferenza, il sindaco di Firenze, Dario Nardella e il presidente della Fondazione "Giorgio La Pira", Patrizia Giunti. “In questi momenti per Mario Primicerio, già sindaco del capoluogo fiorentino e stretto collaboratore di La Pira, è proprio necessario mobilitarsi per gli aiuti umanitari alla popolazione ucraina, ma anche fare un passo piu' avanti e svolgere una riflessione politica sulla attuale tragedia. Una riflessione che non puo' limitarsi alla ferma e indiscutibile condanna della violazione del diritto internazionale che e' stata commessa con la aggressione all'Ucraina, ma che deve spingerci a domandarsi quali mezzi politici debbono essere messi in campo per sanare questa ferita nel cuore dell'Europa. Perche' sappiamo bene che le armi non risolvono i problemi; semmai li creano o li aggravano. Occorre tornare allo spirito della Conferenza di Helsinki, rifiutare la politica di potenza e garantire una sicurezza che non puo' essere garantita dalla appartenenza contrapposta ad alleanze militari. E percio' e' necessario che le citta' facciano sentire forte la loro voce, perche' sono le citta' che sopportano​ le piu' gravi conseguenze dei conflitti, in Ucraina come In Yemen o in Siria.  Bisogna fermare subito la guerra in Ucraina, o almeno una tregua umanitaria per fermare una catastrofe”, spiega  Francesco Garofalo, presidente del centro studi “Giorgio La Pira”, di Cassano All’Jonio, evidenziando che “si leverà una sola grande voce per la pace per porre fine allo scempio contro il popolo ucraino. La nostra è un’iniziativa nazionale che parte dal basso, per reclamare subito la pace. Facciamo sentire la voce delle città”.  

Ucraina: salesiani, un webinar su come accogliere famiglie e minori sfollati

6 Aprile 2022 -

Roma - “L’accoglienza delle famiglie e minori ucraini in risposta all’emergenza: aspetti normativi e strategie operative”: questo il titolo del webinar in programma domani alle 17.30 su iniziativa dall’Osservatorio salesiano per i diritti dei minori insieme all’Associazione Salesiani per il sociale – Aps. Due gli obiettivi: evidenziare gli aspetti normativi legati all’accoglienza, a garanzia della protezione delle famiglie e dei minorenni in fuga dall’Ucraina; riflettere sull’accoglienza di famiglie e minori provenienti da situazioni di guerra, con particolare riguardo ai possibili effetti su bambine, bambini e adolescenti. Interverranno, tra gli altri, Titti Postiglione (Protezione civile), Luca Pacini (Anci), don Francesco Preite (Aps), Giuseppe Lococo (Unhcr); Nicoletta Goso (Altri-Legami). Il webinar si potrà seguire sulla pagina Facebook di Minori di diritto e sul canale Youtube dell’Ispettoria dell’Italia Centrale.

Ucraina: 83mila gli ucraini arrivati in Italia

5 Aprile 2022 -
Roma - Sono complessivamente 83.100 le persone in fuga dal conflitto in Ucraina giunte finora in Italia, 79.612 delle quali alla frontiera e 3.488 controllate dal compartimento Polizia ferroviaria del Friuli Venezia Giulia. Nel dettaglio sono 42.879 donne, 8.551 uomini e 31.670 minori. Le città di destinazione dichiarate all'ingresso in Italia continuano a essere Milano, Roma, Napoli e Bologna. Rispetto al giorno precedente - spiega il Ministero degli Interni -  l'incremento è di 1.361 ingressi nel territorio nazionale.

Ucraina: l’arcivescovo di Cagliari a Leopoli

5 Aprile 2022 -
Cagliari - Nella giornata di ieri, lunedì 4 aprile, Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e vice presidente della Conferenza episcopale italiana, si è recato in Ucraina, nella città di Leopoli, per una visita all’arcivescovo latino, mons. Mieczysław Mokrzycki. Con lui era presente anche don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italia. I due vescovi sono legati da un rapporto di profonda amicizia fin dai tempi degli studi a Roma. Mons. Baturi ha portato al confratello ucraino la solidarietà spirituale della chiesa cagliaritana, impegnandosi ad assicurare atti concreti di sostegno per le urgenti necessità umanitarie. “Mi sono recato in questa terra martoriata – afferma mons. Baturi – per incontrare un caro amico e assicurargli la vicinanza della nostra diocesi. Ho constatato le ferite di questa nazione, il senso di paura e precarietà che si avverte quando si attivano gli allarmi nella città, il bisogno di un supporto fraterno per lenire le sofferenze di una popolazione duramente provata. È stato bello vedere una chiesa, e i sacerdoti in particolare, mobilitata, come il buon samaritano, a dare aiuto alle persone sofferenti, senza distinzione di appartenenza politica e religiosa. Il dolore presente si somma alla preoccupazione già avvertita per il futuro, tempo di ricostruzione materiale e spirituale. Ho potuto respirare una grande determinazione a conservare la dignità di nazione e a resistere all'ingiusta aggressione”. Il presule della chiesa latina di Leopoli ha inviato un messaggio alla diocesi di Cagliari per esprimere la sua riconoscenza. “Sono molto grato – dice mons. Mieczysław Mokrzycki – a sua eccellenza Giuseppe Baturi, e sono contento che sia venuto qui, come pastore, in una terra che soffre, provata dalla guerra, per mettere la sua umanità a servizio della sofferenza di questa nazione. Qui monsignor Baturi ha potuto parlare con tanta gente e ascoltare le nostre difficoltà, e spero che la vicinanza della diocesi di Cagliari continui a dare sostegno e speranza al popolo ucraino che soffre tanto e che ha bisogno di questi gesti di amore. Vi siamo molto grati e vi ricorderemo sempre nelle nostre preghiere”. "La gratitudine di quella chiesa – ha sottolineato l’arcivescovo di Cagliari accogliendo le parole del confratello ucraino – non riguarda solo l'invio, da parte nostra, di beni materiali, ma soprattutto la vicinanza fraterna e orante. Sono certo che – ha concluso Baturi – poiché Cristo è la nostra pace, ogni gesto di amore costruisce la pace”